Il Consiglio comunale recepisce “Donne migranti”
La Commissione Diritti e Pari Opportunità di Palazzo civico ha tratto ispirazione dal lavoro della Consulta femminile comunale e la presidente Elena Apollonio (Alleanza dei democratici – Demos) ha presentato una delibera d’iniziativa popolare che approva e dà attuazione al documento della Consulta femminile intitolato ’Donne migranti’ dove si invita:
– Adottare una prospettiva di genere rispetto alle dinamiche migratorie;
– Favorire la disponibilità e l’accessibilità ai servizi per le donne migranti, in particolare dei servizi e delle opportunità di carattere sociale, formativo, lavorativo e di supporto alla conciliazione vita-lavoro che la Città di Torino mette a loro disposizione;
– Promuovere la formazione e il riconoscimento delle competenze delle donne migranti, favorendo la partecipazione alla formazione linguistica e il riconoscimento dei titoli studio o professionali acquisiti nei Paesi d’origine;
– Contrastare stereotipi e pregiudizi rispetto alle donne migranti usando forme inclusive di comunicazione istituzionale di contrasto alle espressioni denigratorie e di linguaggio d’odio;
– Misurare l’impatto delle iniziative a favore dell’inclusione delle migranti con forme di monitoraggio e valutazione dei risultati delle attività della Città e dei soggetti che si occupano di accoglienza, inclusione e integrazione.
La Commissione intende arricchire il testo con alcune attenzioni specifiche su argomenti quali: donne migranti in stato di gravidanza; valorizzare l’associazionismo di secondo livello del territorio urbano; considerare clima, degrado ambientale e catastrofi naturali fattori alla radice delle migrazioni e dei movimenti dei rifugiati; prevedere raccolte di dati sulla migrazione femminile in collaborazione con gli uffici locali e nazionali.
La delibera è stata approvata all’unanimità con 28 voti favorevoli; al dibattito in Sala Rossa che ha preceduto il voto sono intervenuti Cerrato – Ahmed – Garione – Patriarca – Santiangeli – Diena – Viale – S. Damilano.
Politecnico di Torino Castello del Valentino, Viale Mattioli, 39 – venerdì 8 e sabato 9 novembre 2024
Come immaginiamo l’ambiente urbano di domani? Per quale progetto di vita? Chi è coinvolto nel progetto delle città del futuro? A chi lasceremo un pianeta largamente urbanizzato, e in quali condizioni? Domande essenziali per l’oltre 50% della popolazione mondiale (4 miliardi di persone) che già vivono in aree urbanizzate. Un numero destinato a crescere nei prossimi anni, tanto che alcuni studi stimano che nel 2030 il 70% della popolazione mondiale vivrà nelle città.
A queste domande si proverà a rispondere venerdì 8 e sabato 9 novembre 2024 nel corso dell’evento URBAN DESIRES – Immaginare, Progettare, Capire la Città che animerà gli spazi del Castello del Valentino, patrimonio UNESCO nell’ambito del sito Residenze Sabaude e sede dell’organizzatore dell’iniziativa, il Dipartimento di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST) del Politecnico di Torino e dell’Università di Torino.
Una serie di incontri sulla città “desiderabile”, tra criticità del presente e responsabilità del futuro; due giornate di interventi, talk, dialoghi, mostre, living lab e molte altre attività in cui la voce degli esperti e delle esperte del DIST si mescolerà a quella di ospiti nazionali e internazionali di prestigio. Il programma si sviluppa attraverso tre assi tematici, tre lenti di osservazione, tre orientamenti al fare, per ridisegnare il presente immaginando il futuro: Immaginare – Progettare – Capire.
- Immaginare: Proviamo a partire da questa domanda: “In quale città del passato, del presente o del futuro vorresti vivere e perché?” e tracciamo delle rotte, insieme a interlocutori e pubblico, sulle ragioni di questa scelta. Immaginare l’urbano può essere un modo per pensare in termini prospettici, propositivi, aperti, utopici e liberati dalla pesantezza del presente o dai fantasmi del passato. Nutrire la capacità immaginativa è un modo per articolare il futuro come se fosse una storia con dei finali aperti e farlo a partire da singolarità e differenze di ciascuno e ciascuna.
- Progettare: Pianificare la città, il suo uso, la sua trasformazione e la sua gestione, attraverso competenze diversificate, per operare su diversi aspetti: bilancio e investimenti, sviluppo economico, vitalità culturale e riuso del patrimonio, capacità di accoglienza e inclusione sociale, qualità della vita, sostenibilità urbana, autonomia energetica, trasporti pubblici, accessibilità. Quali figure e quali competenze sono richieste per affrontare simili questioni? Quali strumenti concettuali e operativi possono risultare efficaci?
- Capire: Comprendere e valutare la città: in che modo? Per quali esigenze? Partiamo esaminando modelli e metriche esistenti e riflettiamo criticamente su di essi, prestando attenzione agli aspetti dinamici della valutazione nel tempo e nello spazio, alle modalità di coinvolgimento e di partecipazione dei diversi stakeholder e all’impatto della valutazione in termini di politiche urbane e di sviluppo territoriale.
Venerdì 8 novembre alle ore 14.00 è previsto l’opening dell’evento. Tra le tematiche affrontate, un focus sul rapporto tra città e università e le molteplici implicazioni che la presenza della popolazione studentesca universitaria ha sulla conformazione dello spazio urbano. A seguire, due interventi sul tema della “città della notte”: a un dialogo volto a stimolare un confronto tra Torino e Londra sui temi della night-time economy e delle politiche di governo della notte, seguirà il talk di Andreina Seijas, consulente internazionale con oltre 15 anni di esperienza nello sviluppo e nelle politiche urbane in America Latina, Europa e Stati Uniti, che illustrerà esempi internazionali di strategie notturne di successo per comprendere se e come poterle adattare alla città di Torino.
A conclusione della giornata, l’evento si sposterà a Spazio Contrada Murazzi, per trascorrere una serata all’insegna di musica elettronica che attinge al corpo e all’intelligenza collettiva del territorio.
Il giorno seguente, sabato 9 novembre, ci ritroveremo nuovamente al Castello del Valentino. In apertura, un intervento di Giovanni Maria Flick sul rapporto conflittuale fra l’esigenza di tutela della natura e del paesaggio e la sperimentazione di innovazioni per la transizione energetica dei territori. Nel pomeriggio, un talk di Marco Te Brömmelstroet, membro del consiglio di amministrazione dell’Urban Cycling Institute e docente presso l’Università di Amsterdam, sulla mobilità ciclabile. Troveranno spazio nel corso della giornata anche due interventi sulle ricadute del cambiamento climatico sulla gestione dell’acqua nelle città e sulla qualità degli spazi di vita urbani e il confronto fra gli esperti e le esperte del Dipartimento e l’assessore all’urbanistica della Città di Torino Paolo Mazzoleni sulle possibili strategie di miglioramento dell’ambiente urbano di Torino Nord. In conclusione, un dialogo di eccellenza tra l’artista Tino Sehgal e gli esperti e le esperte del Dipartimento sui temi dell’immaginazione e della progettazione dello spazio urbano.
Durante le due giornate, parallelamente alle sessioni di talk e dialoghi in plenaria, sono previsti anche un living lab, due attività laboratoriali e l’esposizione di due mostre. Programma completo al link: https://www.urbandesires.it/programma/
L’iniziativa inaugura una vera e propria piattaforma di iniziative di Public Engagement del dipartimento DIST. Da inizio ottobre è attivo Urban Desires www.urbandesires.it/, il sito che raccoglie le attività di disseminazione e divulgazione del DIST. Urban Desires è uno spazio progettuale e creativo, tra ricerca e divulgazione, per ragionare insieme sulla complessità delle trasformazioni economiche, sociali e ambientali del territorio e della città.
Giovani, cultura e benessere mentale a YouthLAB
Giovani, cultura e benessere mentale, sono questi gli elementi al centro della terza edizione di YouthLAB, il progetto di studio esperienziale ideato dall’associazione culturale Club Silencio che ogni anno esplora un tema rilevante per i giovani under 35.
La ricerca, intitolata quest’anno YouthLAB Che Succ? e realizzata in collaborazione con MinD Mad in Design, si è concentrata sul benessere mentale, stimolando la partecipazione dei giovani al dibattito attraverso sondaggi interattivi che esplorano percezioni, pregiudizi e il concetto di “spazio del benessere” in relazione anche al concetto di spazi culturali come luoghi di rigenerazione. Da febbraio ad agosto 2024, attraverso uno stand YouthLAB, sono state registrate oltre 5.000 interazioni con il pubblico nel corso di 31 eventi, molti dei quali all’interno di istituzioni culturali che hanno ospitato il format “Una Notte al Museo”.
Salute mentale e benessere: un tema prioritario L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente “assenza di malattie o infermità”. Dimostrandosi allineati a questo modello biopsicosociale (77,9%), gli intervistati hanno permesso di far emergere i temi sociali e di attualità che maggiormente influenzano il loro benessere. Prime fra tutti le guerre (41,1%), che rappresentano una fonte di angoscia destabilizzante, seguito dal cambiamento climatico (33,2%), e dai flussi migratori (25,1%), riflettendo una sensibilità verso le questioni legate alle migrazioni e alle loro conseguenze sociali e politiche. A queste tematiche si aggiungono fattori legati alla famiglia e alle relazioni personali (87,4%), che contribuiscono ad aumentare ulteriormente il carico emotivo. Quest’ultimo dato mette in evidenza il ruolo centrale della famiglia come punto di riferimento, così come i rapporti costruiti nel percorso di vita personale. Inoltre, dalla raccolta dei dati emerge come la serenità sia anche strettamente legata al percorso scolastico o professionale (87,1%).
Riconoscere il problema e chiedere aiuto nel periodo di difficoltà Mentre il 58,5% delle persone afferma di sentir parlare di salute mentale principalmente sui social network, il 64,7% degli intervistati di fronte a un momento di difficoltà opta per la richiesta d’aiuto di una persona fidata tra le proprie relazioni con cui parlare. È un’inaspettata percentuale che da conforto e che dimostra profondità personale e collettiva, nonché una visione e consapevolezza di sé e delle proprie reazioni. Allo stesso modo, i dati confermano che la maggior parte (58,7%) degli intervistati tende a incoraggiare le persone vicine in difficoltà a chiedere aiuto, parlarne con qualcuno della sua cerchia di relazioni, ponendosi in una modalità di accoglienza e ascolto, invece che di svalutazione del problema di fronte al quale il 75,1% ritiene che chiedere aiuto, nelle sue diverse modalità, consente di creare un senso di appartenenza e di rete necessari non solo per avere consapevolezza di una situazione delicata e fragile, ma anche per provare a gestirla.
Luoghi di cultura e benessere A fronte di questi dati e del quadro emerso, qual è l’impatto della cultura sul benessere psicologico dei giovani under 35? Dai dati raccolti, la maggior parte dei partecipanti si sente fortemente connessa ai luoghi di cultura, considerandoli un potente stimolo per attivare curiosità e creatività, oltre che un’importante palestra emotiva e sensoriale. Se solo una piccola percentuale (7,2%) rimane indifferente al suo impatto trasformativo, l’84,7% degli intervistati riconosce che l’esposizione ad arte, musica e altre esperienze culturali attiva la propria sfera emotiva, permettendo di entrare in contatto con il proprio lato più profondo e sperimentare un’ampia gamma di emozioni, coinvolgendo sia il corpo che la mente e favorendo lo sviluppo delle capacità creative. Il 69,2% trova nelle esperienze culturali un modo alternativo ai percorsi istituzionali per affrontare la propria crescita personale e collettiva. La partecipazione culturale viene vissuta in modo attivo, con il desiderio di esplorare nuove esperienze, anche tecnologicamente avanzate, per costruire un’identità più solida e aperta al contesto sociale.
Prospettive future e impegno per il benessere giovanile Un calo della popolazione giovanile da un lato e un passaggio verso l’età adulta che, per ragioni sociali, lavorative e politiche attuali, viene sempre più rallentato e ostacolato nel suo naturale sviluppo verso l’autonomia dall’altro contribuiscono a far emerge il carico che la società impone ai giovani, dimostrando una difficoltà nel dialogare con questa generazione e la necessità di politiche di supporto per i giovani, inclusi incentivi all’autonomia e all’educazione. Una sfida per tutto il Paese che richiede interventi mirati per agevolare l’integrazione dei giovani nella società con strategie di ascolto, sviluppo e accompagnamento verso esperienze concrete di auto-riflessione e apprendimento, rinforzando il messaggio che progetti come YouthLAB Che Succ? mirano a veicolare e diffondere e promuovendo un senso di responsabilità personale nel prendersi cura del proprio benessere e di quello altrui, favorendo una comprensione completa e sfaccettata di queste tematiche.
“Il progetto YouthLAB è nato con l’obiettivo di esplorare e comprendere le sfide che i giovani under 35 affrontano ogni giorno. Quest’anno, abbiamo deciso di concentrarci sul tema della salute mentale perché riteniamo che sia una delle questioni più urgenti e cruciali per il benessere della nostra società. Con questa iniziativa, vogliamo non solo raccogliere dati, ma anche sensibilizzare e coinvolgere attivamente i giovani, creando uno spazio dove possano esprimersi e riflettere su temi che li riguardano da vicino. Il nostro approccio interattivo e partecipativo è fondamentale per garantire che i giovani si sentano realmente parte del processo. Siamo convinti che i risultati di questa ricerca possano fornire indicazioni preziose per sviluppare politiche e iniziative che rispondano meglio alle loro esigenze. Attraverso YouthLAB, vogliamo contribuire a costruire una società più inclusiva e consapevole, dove il benessere mentale sia riconosciuto come una priorità per tutti.” – Beatrice Dema, Vicepresidente e Responsabile Area Progettazione, Ricerca e Sviluppo di Club Silencio.
“Le persone under 35, a differenza delle precedenti generazioni, consapevoli del fatto che salute mentale e fisica sono parti di una unità indissolubile, sono alla ricerca di un loro equilibrio che porti al benessere e sono in grado di identificare quegli elementi (su se stessi e sugli altri) che rappresentano condizioni di malessere ed espressioni di sofferenza. Hanno un’idea di salute mentale che scardina lo stigma. Si rivolgono a specialisti (ed evitano l’autodiagnosi), sono più preparati all’uso degli strumenti digitali riconoscendone le potenzialità, ma anche gli impatti negativi, chiedono aiuto e suggeriscono aiuto. Hanno sviluppato una maggiore sensibilità alle tematiche attuali e alle esperienze di vita, attraverso uno sguardo concreto ed attivo nella quotidianità, di sé stessi e della comunità. Iniziano a riconoscere nel patrimonio culturale e negli spazi dedicati alla cultura e alla creatività una componente essenziale di sentimenti identitari individuali e collettivi. Servono ancora però politiche e strategie cross-settoriali di supporto, di accompagnamento. Incentivi all’autonomia, alla formazione, all’educazione sentimentale e civile, all’abitare, alla genitorialità.” – Elena Varini, psicologa, Co-fondatrice di MinD Mad in Design.
“Nelle illustrazioni che ho creato per lo YouthLAB, ho dato vita a personaggi e mascotte che comunicano in modo ironico, ma anche sensibile e delicato. Questi amici fantastici rappresentano amore, rispetto e complicità, portando un messaggio di aiuto e tenerezza. La salute mentale riguarda tutte le persone, e attraverso queste illustrazioni voglio invitare ciascuno a riflettere e connettersi, perché prendersi cura di se stessi significa anche prendersi cura degli altri.” – Lorenzo Miola, Art Director e Illustratore |
Il report è stato realizzato da un team multidisciplinare dell’associazione MinD Mad in Design con la supervisione di Elena Varini, Psicologa e Co-fondatrice di MinD Mad in Design e Giulia Mezzalama, Ricercatrice del DIST – Politecnico di Torino, Co-fondatrice di MinD Mad in Design.
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Anvur promuove il Politecnico di Torino
L’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR) ha giudicato “Pienamente Soddisfacente” nel rapporto di valutazione del Politecnico di Torino, redatto dalla Commissione di Esperti Valutatori. È il primo Ateneo in Italia a raggiungere il livello più alto del modello di valutazione
Il rapporto 2024 redatto dall’ANVUR sulla visita di Accreditamento periodico delle Sedi e dei Corsi di Studio per il sistema di Assicurazione della Qualità negli Atenei ha attribuito al Politecnico di Torino la massima valutazione: “Pienamente Soddisfacente”. “Siamo il primo Ateneo a ricevere la valutazione più alta del modello ANVUR (AVA3) – precisa il Rettore del Politecnico di Torino Stefano Corgnati – e questo è motivo di grande orgoglio per la nostra comunità, che ha fatto della Qualità un principio cardine per raggiungere l’eccellenza nelle sue missioni istituzionali”.
La pubblicazione del Rapporto segna la conclusione di un percorso che ha coinvolto, a vari livelli e con diverse strutture, l’intero Ateneo per più di un anno, culminato nella visita di accreditamento iniziata a febbraio scorso, con le interviste online da parte della CEV, che hanno preceduto la visita in sede del mese di marzo.
In particolare, sono stati coinvolti 6 Corsi di Studio (Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio L-7, Ingegneria Aerospaziale LM-20, Design e Comunicazione L-4, Mechatronic Engineering LM-25, Ingegneria Chimica e dei Processi Sostenibili LM-22 e Matematica per l’Ingegneria L-35), 2 Corsi di Dottorato (Ingegneria Civile e Ambientale, Ingegneria Aerospaziale) e 2 Dipartimenti (Ingegneria dell’ambiente, del territorio e delle infrastrutture, Ingegneria Meccanica e Aerospaziale). È stata valutata anche la qualità del Campus PoliTo e delle sue infrastrutture.
Il sistema AVA (Autovalutazione – Valutazione – Accreditamento), come previsto da ANVUR, ha l’obiettivo di migliorare la qualità della didattica, della ricerca, della terza missione/impatto sociale e delle altre attività istituzionali e gestionali svolte negli Atenei, attraverso l’applicazione di un modello di Assicurazione della Qualità (AQ) fondato su procedure interne di progettazione, gestione, autovalutazione e miglioramento delle attività formative e scientifiche e su una verifica esterna effettuata in modo chiaro e trasparente, verifica che si traduce in un giudizio di Accreditamento.
La sintesi della valutazione all’interno del rapporto ha riconosciuto all’Ateneo un ruolo centrale nei processi di sviluppo territoriale: “La CEV ha rilevato in linea generale alcuni tratti dominanti che caratterizzano i temi chiave della Sede in riferimento agli Ambiti di valutazione, quali il ruolo dell’Ateneo nel territorio e l’attitudine a individuare e interagire con i principali portatori di interesse (interni ed esterni), la coerenza tra i documenti di pianificazione ai vari livelli ed il loro utilizzo fattivo nella gestione, una tradizione nell’utilizzo, da parte degli organi di governo e delle diverse strutture di Ateneo, di dati e analisi a supporto delle decisioni con particolare attenzione e riguardo ai processi di programmazione strategica, che ha portato ad un solido sistema di controllo direzionale articolato su diverse funzioni, un profondo senso di appartenenza e l’incisiva partecipazione all’insieme dei processi da parte del personale tecnico-amministrativo e bibliotecario”.
“Ringrazio tutta la comunità per questo eccellente risultato collettivo che poggia le sue basi nel precedente mandato rettorale ed un grazie particolare tutte/i coloro che hanno collaborato in prima persona e a vario titolo per rendere possibile questo importante traguardo di Ateneo; nonché le singole strutture valutate e le squadre di Governo che con la Direzione Generale hanno coordinato le attività insieme al supporto operativo del Presidio della Qualità. – continua il Rettore Stefano Corgnati – La conclusione di questo processo di valutazione è un’occasione per radicare sempre più la cultura della qualità in un percorso di valorizzazione di tutti gli ambiti del nostro sistema politecnico.”
Fondazione Agrion coordina il progetto finanziato da Banca d’Alba per dare risposte immediate alla crisi climatica che colpisce i vigneti del territorio
È stato avviato il progetto “Viticoltura Resiliente” finanziato da Banca d’Alba e realizzato e coordinato da Fondazione Agrion. A promuovere e rappresentare maggiormente il progetto, insieme a Banca d’Alba, sono Giacomo Ballari, Presidente di Fondazione Agrion, Luca Luigi Tosa, Sindaco di Santo Stefano Belbo e Vicepresidente dell’Associazione Comuni del Moscato, e Pietro Cirio, Presidente dell’Associazione Comuni del Moscato e Sindaco di Loazzolo.
Il progetto, della durata triennale, nasce con l’obiettivo di trovare soluzioni immediate per fare in modo che i vigneti possano resistere a un clima sempre più impattante con ondate di calore anomalo e lunghi periodi di siccità intervallati da vere e proprie bombe d’acqua.
Il progetto pilota si sviluppa in tre aziende pioniere, ma i risultati saranno utili e significativi per tutto il comparto vitivinicolo piemontese.
Le aziende Tojo vini e Cascina delle Rocche di Moncucco situate a Santo Stefano Belbo e l’azienda vinicola Domanda di Calosso, caratterizzate da vigneti inerpicati sui Sorì, terreni in forte pendenza e con una particolare esposizione al sole, si trovano nelle condizioni di massima pressione per i fattori climatici sopra citati. Individuate con il supporto del Consorzio dei Comuni del Moscato, promotore con Agrion di questa iniziativa, le imprese sono state coinvolte in diverse tesi di valutazione in funzione anche delle criticità che hanno dovuto affrontare in questi ultimi anni.
L’AZIENDA AGRICOLA TOJO VINI
L’azienda vinicola Tojo è una cantina a conduzione familiare, fondata agli inizi del 1900 e situata a Santo Stefano Belbo, territorio collinare parte del patrimonio UNESCO. Impresa ben predisposta alla produzione vinicola e in particolar modo a quella del Moscato bianco, è condotta dai proprietari Francesco e Delia Bocchino.
La Cantina ha deciso di prendere parte al progetto e cominciare una collaborazione con Fondazione Agrion in seguito alle gravi problematiche riscontrate negli ultimi anni, causate dalla siccità e dalle temperature particolarmente elevate, che hanno danneggiato e “scottato” la produzione in vigneto.
La sperimentazione proposta da Agrion, Fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese, è l’utilizzo del caolino, un’argilla bianca che va a proteggere e limitare gli effetti del sole sulle viti grazie all’elevato potere riflettente. Si procederà all’applicazione del caolino a blocchi randomizzati alla dose scelta a partire dall’invaiatura ogni qual volta si prospettino temperature pari o superiori a 35°C. Il trattamento verrà svolto più volte nel corso della stagione in funzione dell’andamento climatico e pluviometrico. Verrà monitorato lo stato di salute dei grappoli, la cinetica di maturazione e differenze nei principali parametri delle uve alla maturità, con un focus sul quadro acidico e sull’accumulo di molecole aromatiche. Inoltre, verranno eseguite prove di micro vinificazioni per verificare che l’applicazione tardiva di caolino non abbia effetti indesiderati in vinificazione sulle componenti polifenoliche e aromatiche.
L’AZIENDA AGRICOLA DOMANDA
L’azienda vitivinicola a conduzione familiare Domanda è situata a Calosso, in provincia di Asti, tra le Langhe e il Monferrato. Un’impresa che, anch’essa facente parte dei Sorì, ha origine alla fine dell’Ottocento con Massimo Domanda e oggi è condotta dai pronipoti, Maurizio ed Eleonora Domanda.
L’azienda ha deciso di aderire al progetto “Viticoltura Resiliente” per affrontare le sfide sempre più pressanti imposte dal cambiamento climatico, date le gravi difficoltà affrontate negli ultimi anni nella gestione dei vigneti, messi a dura prova da temperature estremamente elevate e siccità persistente.
Per l’azienda Domanda, la proposta sperimentale di Fondazione Agrion è stata l’installazione di reti ombreggianti che hanno effetti sulla maturazione delle uve: queste, infatti, preservano il contenuto di acidità totale, riducono l’accumulo zuccherino, diminuiscono i danni da scottature sui grappoli e aumentano il tenore in clorofilla della chioma, riducendo al contempo lo stress fotochimico che sempre più spesso si verifica nei mesi di luglio e agosto, e infine, in alcuni casi, possono offrire anche protezione da danni da grandine. Verranno applicati due diversi tipi di rete con differente potere ombreggiante a blocchi randomizzati su porzioni di filari lunghe 30 m. Le reti saranno mantenute in posizione dalla completa allegagione fino alla raccolta. Verranno monitorate nel corso della stagione le differenze in termini di stato fitosanitario della chioma e dei grappoli, e le differenze relative alle cinetiche di maturazione e del tenore di clorofilla.
Le reti avranno una tessitura specifica al fine di riflettere al meglio i raggi solari, proteggere i grappoli dalle alte temperature e ridurre così il rischio di danni da scottatura. L’obiettivo è difendere e ottenere un prodotto finale di qualità superiore.
Oltre alle reti ombreggianti, Fondazione Agrion ha previsto l’installazione di sensori all’interno della chioma delle viti per monitorare in tempo reale la temperatura e l’umidità. Saranno proprio i dati registrati da questi sensori, insieme all’analisi delle curve di maturazione, delle molecole aromatiche e del monitoraggio delle malattie fungine, a dimostrare l’efficacia di queste soluzioni innovative.
LA CASCINA DELLE ROCCHE
Cascina delle Rocche di Moncucco è la terza azienda vitivinicola facente parte del progetto “Viticoltura Resiliente”. L’azienda, anch’essa a conduzione familiare, è situata sulla collina di Moncucco a Santo Stefano Belbo, e oggi è condotta da Beppe Scavino insieme ai figli Luca e Laura.
Proprio come per le aziende Tojo Vini e Domanda, anche Cascina delle Rocche ha riscontrato negli ultimi anni le stesse difficoltà nei propri vigneti e, di conseguenza, importanti scottature sui grappoli e siccità.
La soluzione proposta da Fondazione Agrion per questa azienda è invece l’uso di Biochar, un ammendante di origine vegetale da distribuire sul terreno nel periodo autunnale.
L’impiego di Biochar è una pratica agronomica sostenibile che migliora la fertilità chimica, fisica e biologica del terreno con importanti effetti sulla capacità di ritenzione idrica del suolo. Queste caratteristiche derivano dalla sua struttura che si contraddistingue per una superficie interna molto elevata. Questo ammendante verrà impiegato a blocchi randomizzati a una dose di 20 t/ha. Sarà distribuito con uno spandiletame e interrato a una profondità di 20 cm. Verranno svolti rilievi sul suolo durante la stagione per verificare le differenze in termini di contenuto idrico, conducibilità idraulica, densità apparente e resistenza a penetrazione. Il contenuto idrico nel suolo verrà anche monitorato continuamente attraverso l’installazione di sonde lungo il profilo del suolo stesso utilizzando sensori capacitivi posti a diverse profondità. Una stazione agrometeorologica sarà installata nei pressi del vigneto per la misura delle principali variabili meteorologiche (precipitazione, temperatura e umidità dell’aria). Inoltre, per ogni diversa tesi verranno svolti rilievi sulla quantità e qualità della produzione.
Ciò che ci si aspetta, come afferma Simone Bussotti, ricercatore di Fondazione Agrion e Responsabile della sede vitivinicola di Carpeneto, è “una migliore capacità di ritenzione idrica del suolo, un migliore risultato nello scambio cationico e anionico da parte del terreno e, infine, una minore riflettanza attraverso il colore nero dell’ammendante, e, dunque, una riduzione della luce riflessa dal suolo”.
Nel caso dell’azienda Cascina delle Rocche di Moncucco, ad avere un ruolo chiave è inoltre la collaborazione di Fondazione Agrion con il CNR STEMS, Istituto di Scienze e Tecnologie per l’Energia e la Mobilità Sostenibili del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che mira a fornire risposte efficaci alle sfide legate a clima, energia e mobilità. Grazie al suo supporto, si andranno a monitorare il contenuto idrico, la capacità di infiltrazione e la risposta del terreno all’ammendante, con il quale sarà inoltre possibile diminuire la riflettanza sui grappoli attraverso il suo colore nero.
I RISULTATI ATTESI
Giacomo Ballari, Presidente della Fondazione Agrion, afferma che “la ricerca svolge oggi un ruolo quanto mai importante nel settore viticolo. La vite si trova ad affrontare stress multipli dovuti a variazioni climatiche totalmente inedite: da diversi anni si alternano eventi di pioggia estrema e lunghi periodi di siccità e temperature elevate per i nostri areali.
Quello che ci si aspetta dal progetto ‘Viticoltura Resiliente’ è fornire un sostegno concreto alle aziende vitivinicole in difficoltà, messe a dura prova da un clima sempre più ostile. Spesso si parla di spostare i vigneti ad altitudini maggiori o a diverse latitudini: gli effetti sarebbero devastanti, perché si andrebbe a perdere una storia antica, con danni incredibili anche a livello paesaggistico e sociale, oltre che ovviamente per il settore agricolo. L’implementazione di innovazioni in vigneto per fronteggiare i cambiamenti climatici diventa quindi estremamente importante”.
L’obiettivo del progetto è non solo risolvere definitivamente i problemi messi in evidenza dalle aziende, ma anche e soprattutto, come afferma Francesco Bocchino dell’azienda Tojo Vini,“sviluppare strategie per aiutare i vigneti a reagire alle sfide climatiche”.
Entra qui in gioco Fondazione Agrion, che abbraccia il progresso e che, mediante ricerca e innovazione tecnologica, si impegna a implementare sul territorio piemontese nuove strategie, tra cui l’uso di ammendanti come il Biochar, l’impiego di reti ombreggianti e l’utilizzo del caolino per ridurre l’impatto climatico e al contempo garantire un prodotto finale di qualità.
Da sempre territorio di sperimentazione, Torino si conferma città all’avanguardia nell’innovazione. Il riconoscimento arriva direttamente alla Commissione Europea che ha scelto Torino tra le tre finaliste – le altre sono Espoo (Finlandia) West Midlands (Regno Unito) – del premio Capitale europea dell’innovazione 2024 (iCapital) che intende celebrare le città europee che sono all’avanguardia nella fornitura di soluzioni innovative a vantaggio dei loro cittadini.

Attraverso iCapital, l’Unione Europea premia le città con ecosistemi di innovazione inclusivi. Il premio identifica le città che riescono a connettere i cittadini con il mondo accademico, il settore privato e quello pubblico per migliorare il benessere dell’intera società, promuovendo allo stesso tempo l’innovazione rivoluzionaria.
“I finalisti di iCapital di quest’anno dimostrano che le città più innovative in Europa sono quelle che pensano oltre la tecnologia e mettono i cittadini al centro dell’innovazione – ha commentato Iliana Ivanova, commissaria europea per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù – . Attraverso politiche verdi, programmi di inclusione sociale o tecnologie urbane pionieristiche, queste città hanno dimostrato che l’innovazione è un potente strumento per creare ambienti più giusti, più sostenibili e vivibili”.
Sono città che hanno adottato misure per rimodellare le proprie comunità incorporando l’innovazione nel tessuto della vita quotidiana, da iniziative pionieristiche di sostenibilità alla promozione di una trasformazione digitale inclusiva. Queste città innovative non solo hanno trasformato i loro paesaggi urbani, ma fungono anche da modelli per gli altri, dimostrando come l’innovazione possa essere uno strumento per il cambiamento sistemico e il progresso sociale
“La nostra città – sottolinea l’assessora all’Innovazione della Città di Torino, Chiara Foglietta – ha saputo mostrare un approccio globale alla sperimentazione e all’innovazione, sfruttando la sua ricca storia e il suo ecosistema per affrontare le sfide urbane presenti e future. La città ha sviluppato una gamma di soluzioni innovative, dalle tecnologie per città intelligenti alle iniziative di innovazione sociale, e ha posto particolare attenzione alla collaborazione, all’inclusività e alle questioni ambientali”.
In questo processo è stato decisivo il ruolo di iniziative come la piattaforma Torino City Lab, il laboratorio di innovazione aperto e diffuso della Città di Torino che dal 2021 si è arricchito con la Casa delle Tecnologie Emergenti CTE Next. Così come la collegata piattaforma Torino Social Impact con le numerose progettualità finalizzate a creare impatto sociale sul territorio. Strumenti ma soprattutto ecosistemi di attori ed energie che hanno consentito la co-creazione e la sperimentazione di soluzioni urbane all’avanguardia in condizioni reali in settori che vanno dalla Smart Mobility, allo Smart Living verso un modello di Città a zero emissioni e generativa di opportunità per tutti.
Dopo un intenso processo di selezione, che comprendeva interviste con dodici città semifinaliste, una giuria di alto livello composta da illustri leader dell’innovazione provenienti dal mondo accademico, economico e politico ha fatto la sua scelta (per saperne di più, consulta i precedenti membri della giuria). Basandosi sulla propria esperienza in settori quali ricerca, pianificazione urbana, innovazione digitale e sostenibilità, la giuria ha valutato attentamente la candidatura di ciascuna città promuovendo alla finale Torino, Espoo e West Midlands per la categoria ‘Capitale europea dell’innovazione’ e Braga, Linz e Oulu in qualità di ‘Città innovativa emergente europea’
Il 13 novembre 2024, durante la cerimonia di premiazione che si terrà a Lisbona, Portogallo, città vincitrice del premio iCapital 2023, verranno annunciati un vincitore e due secondi classificati per ciascuna categoria.
Oltre al prestigioso riconoscimento, il vincitore della categoria European Capital of Innovation riceverà un premio di 1 milione di euro, mentre i due secondi classificati otterranno ciascuno 100mila euro. Il vincitore della categoria European Rising Innovative City sarà premiato con 500mila euro, con due città seconde classificate che riceveranno 50mila euro ciascuna.
Tra i vincitori delle edizioni passate figurano città come Barcellona (2014), Amsterdam (2016), Parigi (2017) e Atene (2018), mentre nella categoria Rising Innovative City spiccano Vantaa (2021), Haarlem (2022) e Linkoping (2023).
Tutti i finalisti saranno invitati a unirsi alla prestigiosa rete Alumni iCapital, composta dai precedenti finalisti degli iCapital Awards, creando così un ecosistema di città all’avanguardia nell’innovazione.
Il premio iCapital è uno dei quattro premi Eic concessi nell’ambito di Horizon Europe, il programma quadro dell’Ue per la ricerca e l’innovazione. La gestione del premio è affidata all’Agenzia Esecutiva del Consiglio Europeo per l’Innovazione e delle Pmi, con i vincitori scelti a seguito di una valutazione condotta da due giurie di esperti indipendenti.
TORINO CLICK
Studi contro la sclerosi multipla
Verranno presentati a Torino il 23 settembre prossimo, presso l’Aula Magna Dogliotti delle Molinette, gli studi sui due nuovi percorsi finalizzati a contrastare la Sclerosi Multipla
Nasce a Torino il primo osservatorio sull’impatto di due percorsi terapeutici finalizzati al miglioramento della qualità di vita delle persone affette da Sclerosi Multipla, malattia cronica e progressivamente invalidante che, solo in Piemonte, conta un numero di 10.000 persone che ne soffrono, 130.000 in Italia.
Due studi, basati su onde d’urto radiali e attività fisica adattata, confermano l’utilità e i benefici dei due percorsi quando sono accompagnati alle terapie già approvate. Condotti da Città della Salute e Università di Torino, saranno presentati in anteprima il 23 settembre prossimo, dalle 17 alle 19, presso l’Aula Magna A.M. Dogliotti dell’Ospedale Molinette di Torino (ingresso da C.so Bramante 88).
Gli studi sono stati realizzati grazie all’impegno dell’ex atleta Fabio Guglierminotti, in arte Fabio Wolf, colpito da Sclerosi Multipla, e al grande lavoro dell’Associazione 160CM, da egli fondata. Nasce così il primo osservatorio sull’impatto dei due iter, che prospettano nuove cure e assistenza. Per partecipare alla presentazione del 23 settembre, si può consultare: Percorsi integrativi per la Sclerosi Multipla | Torino | 2024 – 160cm. La malattia in questione rappresenta una delle più frequenti cause di disabilità nei giovani, può influenzare la funzione delle aree cognitive, emotive, motorie, sensoriali, visive. Lo studio sull’AFA (Attività Fisica Adattata) ha evidenziato miglioramenti significativi di alcuni parametri della deambulazione, della forza degli arti inferiori e della capacità aerobica, con effetti positivi sul benessere psico-fisico. Anche le onde d’urto radiali (ODU) si sono dimostrate efficaci nella riduzione dell’ipertono (ovvero contrazione continua, parziale e involontaria dei muscoli, anche a riposo). I due percorsi risultano in grado di apportare innumerevoli benefici sulla salute e sulla funzionalità fisica delle persone con SM. Gli studi, effettuati su un campione complessivo di circa 70 pazienti, sono frutto dell’impegno di Fabio Guglierminotti, fondatore, animatore e Presidente dell’Associazione 160CM che due anni fa, attraverso una raccolta fondi, ha donato il macchinario a onde d’urto radiali MP100 alle Molinette, dando parallelamente vita allo studio sulla loro efficacia, condotto dalla AOU Città della Salute e della Scienza di Torino in collaborazione con l’Università di Torino. La ricerca sugli effetti della Attività Fisica Adattata è poi frutto di una convenzione di 160CM con l’Università degli Studi di Torino – Centro Servizi SUISM (Struttura Universitaria di Igiene e Scienze Motorie). La proposta dello studio “Valutazione dell’efficacia delle Onde d’urto radiali nella riduzione della spasticità focale in pazienti affetti da Sclerosi Multipla” è stata accolta dal Direttore Generale Giovanni La Valle. Lo studio è stato portato avanti nel 2023 dalla dottoressa Paola Cavalla, Responsabile S.S. Centro Sclerosi Multipla, dal professor Adriano Chiò, Direttore della SC Neurologia 1 Universitaria e del Centro Sclerosi Multipla e dai professori Giuseppe Massazza, Direttore del Dipartimento Ortopedia Traumatologia e Riabilitazione e Marco Alessandro Minetto, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa. Lo studio, in corso di pubblicazione, ha coinvolto 30 persone con SM e spasticità, trattate con un ciclo di 4 applicazioni di ODU, una volta alla settimana e seguite per i 6 mesi successivi con scale validate della spasticità e della capacità di movimento. È stata dimostrata una riduzione dell’ipertono in tutti i tempi e fino a 6 mesi. È stato riscontrato inoltre un miglioramento sulla velocità nel percorrere brevi tratti di cammino (test degli 8 metri) e nel test di equilibrio e movimento detto TUG (tempo necessario per alzarsi, camminare 3 metri e risedersi) con un picco dopo 1 mese dal ciclo di ODU, ma effetti ancora obiettivabili a 3 mesi. Un ulteriore studio potrebbe pertanto andare a valutare se l’effetto del ciclo di ODU (realizzato come nel presente studio) può essere mantenuto con una seduta ogni 2 mesi. Lo studio sull’AFA, anch’esso in corso di pubblicazione, denominato “Fattibilità ed effetti di un programma di Esercizio Fisico Adattato”, è stato condotto dai professori Anna Mulasso e Alberto Rainoldi, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino, e dal professore Andrea Benso, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico, Dipartimento di Scienze Mediche, Università di Torino. Lo studio ha previsto sessioni di valutazione pre e post percorso con esame obiettivo, test funzionali e questionari validati. L’esercizio fisico si è basato sulla prescrizione medica (principio FITT – frequenza, intensità, tempo, tipologia) ed è stato articolato in sessioni di allenamento intervallato ad alta intensità (HIIT) e/o di allenamento multicomponente. I dati hanno confermato l’efficacia del programma (ad es. incremento della capacità aerobica e della forza, miglioramento di alcuni parametri della deambulazione ecc.) ed evidenziato l’importanza di promuovere strategie per incrementare la pratica di attività fisica e l’adozione di stili di vita attivi nelle persone con SM, suggerendo un approccio interdisciplinare e proposte individualizzate. L’efficacia dei due percorsi, evidenziata dagli studi, mostra nuove prospettive: da una parte la valutazione di un iter di integrazione tra l’impiego di onde d’urto radiali e AFA, dall’altra la possibilità che entrambe le terapie possano essere prescritte nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), ossia le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), tenendo conto che le Regioni sono chiamate a garantire servizi e prestazioni ulteriori rispetto a quelle incluse nei LEA, utilizzando risorse proprie. Oltre a proporre, e ottenere, l’avvio degli studi, l’Associazione 160CM ha cercato i fondi per realizzarli e proposto le terapie ai propri associati. La sostenibilità dei percorsi è stata resa possibile da tutti i donatori e dai finanziamenti che sono arrivati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dalla Regione Piemonte, dai Club Rotary Torino Europea, Torino 150, Torino Contemporanea, Torino Lagrange, Torino Palazzo Reale, Torino Superga e Susa e Val Susa, che hanno permesso di acquistare l’attrezzatura per l’AFA, da Fondazione CRT, da aziende private, tra le quali Storz Medical, produttrice dell’apparecchiatura per le onde d’urto radiali. Fondamentale, inoltre, il supporto dell’ALS TO3.
“Nel corso degli ultimi due anni abbiamo avviato numerosi servizi, oltre a onde d’urto radiali e AFA, anche supporto psicologico individuale e di gruppo, counseling, yoga, mindfulness, danza-movimento-terapia, supporto legale, rivolti sia alle persone con SM che ai caregiver – spiega Fabio Guglierminotti – La sigla SM che sta per Sclerosi Multipla la vivo e la propongo come Sempre in Movimento, per non fermarsi davanti alla malattia. Sclerosi infatti non significa necessariamente sedia a rotelle, anzi, lo sport può fare molto: dal 2014 ho percorso più di 100.000 chilometri in bicicletta, con 160CM voglio diffondere questa consapevolezza. Così come voglio testimoniare l’importanza di affiancare al metodo farmacologico un sistema terapeutico integrato, che comprenda servizi di supporto psico-fisico oltre a iniziative di aggregazione e inclusione sociale che facciano sentire il malato meno solo”.
Testimone dell’efficacia di entrambi i trattamenti, Guglierminotti, in arte Fabio Wolf, lotta per creare le condizioni affinché altri pazienti possano avere accesso a queste terapie e rimanere autonomi più a lungo, a vantaggio della loro qualità di vita fisica e psicologica, e con un conseguente beneficio anche in termini di costi sociali. Attraverso l’Associazione 160CM, Wolf dà quindi voce a chi vive la Sclerosi Multipla in prima persona o al fianco di una persona cara, e contribuisce alla definizione di servizi territoriali concreti.
Mara Martellotta
Torino, task force internazionale su salute e cultura
Alla Cavallerizza Reale esperti nazionali e internazionali hanno dibattuto e documentato l’impegno a cercare nuovi percorsi per la salute delle persone, attraverso i linguaggi e le pratiche culturali, la promozione della ricerca, la valutazione e lo sviluppo di competenze. Lanciata la prima task force internazionale sulla partecipazione culturale e l’espressione creativa per il ben-essere, promossa dalla Rete HPH: sarà a guida italiana
Sarà la prima task force internazionale a promuovere e studiare gli impatti della cultura sulla salute: è stata lanciata a Torino nella mattinata di ieri, mercoledì 5 giugno, all’evento intitolato “La cultura come risorsa per la salute. Salute & Cultura – L’altra dimensione della cura”, nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale.
La giornata di studi, organizzata dalla Rete Piemontese HPH – Health Promoting Hospitals & Health Services, con le Reti Italiane e internazionali HPH, in collaborazione con CCW-Cultural welfare center, ha visto la partecipazione di esperti nazionali e internazionali per dibattere e documentare l’impegno a ricercare nuovi percorsi per la salute, la qualità e dignità di vita delle persone, riconoscendo il valore attestato da un corpo crescente di evidenze e di raccomandazioni di policy OMS dei linguaggi e delle pratiche culturali.
“La Rete piemontese HPH ha proposto al network internazionale la creazione di una task force della Rete HPH su Salute e Cultura, che è stata approvata dall’assemblea generale il 17 maggio scorso, contestualmente a una seconda, centrale, sul ben-essere dei professionisti della sanità, che sarà sempre a guida italiana”, spiega Giuseppina Viola, referente Comunicazione e Formazione della Rete HPH Italia. La Rete HPH è stata fondata dall’OMS nel 1988 per orientare le organizzazioni sanitarie: promuove e diffonde principi raccomandazioni e standard riconosciuti a livello internazionale per gli ospedali e i servizi sanitari territoriali, sulla base dei principi della Promozione della Salute definiti nella carta di Ottawa (1986) e nei documenti successivi.
“Le task force della Rete sono un riferimento per il supporto tecnico, organizzativo e scientifico sulla promozione della Salute” afferma Viola. “In questo caso, partendo dalla forte esperienza di progettualità sviluppate in Piemonte in alleanza e collaborazione tra i mondi della Cultura e Salute e dalle segnalazioni emerse da una recente ricerca nazionale che abbiamo condotto come rete, ci confrontiamo con i membri del network internazionale HPH. La task force internazionale HPH è quindi un salto di scala per azioni che possano rispondere a standard, con competenze mirate in medical humanities, ricerca valutativa, essere replicabili ed entrare stabilmente in protocolli di cura e prevenzione”.
La Professoressa Chiara Benedetto, presidente di MAMD-Fondazione Medicina a Misura di Donna, ente co-organizzatore della giornata di studi, dichiara: “L’Ente che presiedo, fin dagli esordi, nel proprio statuto evidenzia come asse strategico lo sviluppo di cooperazioni sistematiche e sistemiche tra ricerca scientifica, cultura e innovazione tecnologica per la creazione di contesti salutogenici di promozione della salute in una visione biopsicosociale, e nell’accompagnamento di percorsi di cura e gestione delle patologie. Dal 2011, nella Struttura Complessa Universitaria di Ginecologia e Ostetricia 1 del presidio ospedaliero S. Anna, nostra sede operativa, è stato attivato il programma di ricerca-azione ‘Culture, Health and Social Change’ con progettualità che hanno cambiato il volto e il clima operativo di un intero blocco ospedaliero: con le arti visive, sempre partecipate, e con la musica. Ne sono un esempio le “Vitamine jazz” è il più grande e longevo programma di musica dal vivo mai realizzato in un ospedale (oltre 400 appuntamenti dal 2017), grazie alla generosità della comunità di artisti di Torino”.
“Pensare alla Salute in termini di ben-essere e di qualità di vita delle persone ci permette di considerare la cultura come uno degli elementi chiave per raggiungerla, per questo dal 2017 abbiamo avviato un’indagine sul profondo rapporto tra Cultura e Salute”, afferma la responsabile della Missione Favorire partecipazione attiva, Obiettivo Cultura della Fondazione Compagnia di San Paolo, Sandra Aloia. “Questo ci ha portati allo sviluppo di un’esperienza pionieristica di progettazione collettiva, di ricerca e formazione di operatori di diversi campi sul welfare culturale, per realizzare modelli replicabili e facilitare il dialogo con le istituzioni territoriali nell’assumere idonee politiche pubbliche”.
Il Piemonte, con il network di realtà che da anni si adoperano per la promozione e la valutazione degli interventi culturali in termini di impatto sulla salute e che hanno sostenuto la due giorni torinesi di incontri e riflessioni sul tema, si può infatti considerare una sorta di laboratorio di esperienze nel settore.
Le evidenze sul ruolo della cultura nella promozione della salute
Il corpus delle evidenze scientifiche sul ruolo della Cultura nella promozione della Salute fisica e mentale, nella prevenzione delle malattie degenerative e nei percorsi di gestione e cura delle patologie è straordinariamente significativo. Nel 2019, OMS-Organizzazione mondiale della Sanità ha prodotto un report che riassume i risultati di oltre 3mila studi pubblicati fra il 2000 e il 2019, che hanno a che fare con la prevenzione delle malattie e la gestione della salute. Risultati che gettano le basi per un’efficace promozione della salute. “La partecipazione culturale e la fruizione delle arti si propongono come uno strumento potente per un nuovo welfare – sostiene il prof. Enzo Grossi, epidemiologo, ricercatore, socio di CCW-Cultural Welfare Center -, creando le basi per nuove politiche di ben-essere sociale e individuale. Il corpus delle prove scientifiche sul ruolo delle arti nella promozione della salute in soggetti sani e malati è impressionante, più di 10mila studi scientifici, oltre 3mila studi clinici randomizzati e centinaia di revisioni sistematiche e metanalisi, con i più rigorosi criteri di valutazione solitamente usati in campo farmaceutico. Tutto questo si può e deve tradurre in azioni politiche”.
In questa direzione, l’8 marzo 2020, il primo giorno del primo lockdown, per rispondere con impatto alle grandi sfide sociali acuite dalla pandemia, da esperti provenienti da diverse discipline è nato a Torino CCW-Cultural welfare center, il primo centro italiano di ricerca su Cultura e Salute, per accompagnare la ricerca valutativa, l’innovazione con la ricerca-azione e la costruzione di competenze e i decisori. Sottolinea Catterina Seia, presidente del CCW – Cultural Welfare Center. “Le politiche europee danno forti segnali di legittimazione alla relazione tra Cultura e Salute, indicata dall’Agenda Europea della Cultura 2030 come pilastro per le prossime decadi e il Piano di lavoro UE per la Cultura 2023-2026 include tra i 21 assi l’obiettivo di potenziare la partecipazione culturale. Va sostenuta la ricerca valutativa e costruite nuove competenze sulle medical humanities. CCW con la CCW School ha formato oltre 3000 professionisti in Italia e ha lanciato la terza edizione del Master Executive Cultura & Salute”.
“In questi anni il nostro Paese e più in generale il nostro Continente si stanno confrontando con fenomeni mondiali, di vasta portata, che hanno bisogno di risposte multidimensionali in termini di Salute (promozione, prevenzione, gestione e trattamento): l’invecchiamento della popolazione e la salute mentale dei giovani”, spiega Annalisa Cicerchia, Professoressa di Economia della Cultura all’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, Primo ricercatore ISTAT, Vice Presidente di CCW.
“L’invecchiamento della popolazione si accompagna in Italia all’“inverno demografico”: all’aumento della durata della vita si accompagna la denatalità. Si vive di più, ma non sempre in salute. Un numero crescente di over 75, soprattutto donne, vive in solitudine, con le conseguenze che l’isolamento comporta, dal declino cognitivo alla depressione. Tuttavia, prima che si renda necessario un trattamento medico convenzionale, ci sono lunghissime fasi in cui le risorse della comunità, la cultura possono svolgere un ruolo centrale, come indica la strategia delle Nazioni Unite per l’invecchiamento in salute: dalla musica alla lettura, ai film, al disegno, se possibile in un contesto di relazioni sociali. In Italia ci sono quasi 4mila musei e circa 9mila biblioteche: una rete di servizi culturali che è già una risorsa e non è difficile da attivare nella direzione di rispondere a queste domande.
Quanto detto per gli anziani – prosegue Cicerchia – vale per i grandi dimenticati, i ragazzi e in modo particolare le ragazze, la cui salute mentale è gravata da ipoteche oggettive di condizioni come la pandemia, la fragilità intensa, il bullismo e al cyberbullismo e ai problemi dell’ambiente, l’ansia per la guerra e l’incertezza del futuro. Una situazione che pone domande drammatiche, che non si possono trattare con la sola assunzione di un farmaco. Prima che necessitino di soluzioni di tipo psichiatrico o farmacologico, ci sono tante possibilità di intervento. L’esperienza della piattaforma di dialogo strutturato tra la Commissione Europea e il settore culturale Voices of Culture, che ha dedicato una sessione alla salute e al benessere mentale dei giovani, mostra che c’è già tanto in moto in tal senso: non solo si può fare, ma si fa”.
Come? Un possibile sviluppo è stato illustrato dal direttore del Centro nazionale per la promozione della Salute e prevenzione delle malattie dell’ISS-Istituto superiore di Sanità, Giovanni Capelli. “La prescrizione sociale, adottata nei paesi nordici e nel mondo anglosassone da tre decadi, è un mezzo che consente ai professionisti e ai servizi sanitari di utilizzare risorse non sanitarie presenti nella comunità per rispondere ai bisogni dei propri pazienti, migliorandone la salute e il ben-essere. Le prove scientifiche dimostrano che i fattori sociali, come per esempio l’istruzione, il reddito e le condizioni abitative influenzano i comportamenti sanitari e hanno un forte impatto sulla salute. È quindi necessario ripensare l’equilibrio tra il modello di cura biomedico e quello sociale e psicologico nella pratica clinica, favorendo un approccio più personalizzato alle cure.
La prescrizione sociale lavora sui determinanti sociali della salute, riducendo potenzialmente la domanda di assistenza sanitaria e i relativi costi. Essa si rivolge in particolare alle persone che richiedono un supporto emotivo e sociale superiore a quello che può essere reso disponibile nell’assistenza sanitaria, come per le persone con patologie croniche o socialmente isolate, con disturbi mentali o vulnerabili a causa dell’età o della condizione economica. Le risorse della comunità alle quali dare accesso al paziente tramite la prescrizione sociale vanno calibrate in base ai bisogni individuali, includendo l’attività fisica, le attività artistiche, occupazionali o di volontariato, il supporto per l’esercizio dei diritti sociali, al credito o all’alloggio. La prescrizione sociale ha grandi potenzialità anche per la promozione della Salute, in particolare per lo sviluppo infantile precoce e il supporto alla genitorialità. Vanno create le condizioni per attuarla, competenze e processi. Per questa ragione abbiamo tradotto con DoRS e CCW il manuale di Prescrizione sociale elaborato dall’OMS e lo stiamo diffondendo in Italia”.
È stata presentata negli uffici di Confindustria Piemonte la prima edizione del premio ‘Gli studenti raccontano le imprese sostenibili’. Rivolto ai laureandi di tutto il territorio piemontese è finalizzato a selezionare le sette migliori tesi, presentate nel corso del 2024, sul tema della sostenibilità. Il premio ha come ulteriore obiettivo la realizzazione di un catalogo con una breve presentazione delle best practices aziendali tratte dalle tesi selezionate che saranno diffuse sia tramite l’Enterprise Europe Network cui aderiscono Confindustria Piemonte e Unioncamere Piemonte, che dalla piattaforma CSR Piemonte. Ci sarà poi un focus sul tema della transizione energetica e in particolare delle Cer (Comunità Energetiche Rinnovabili).
“Siamo felici di presentare il premio ‘Gli studenti raccontano le imprese sostenibili’ che vuol fare incontrare il mondo del lavoro e gli studenti. Obiettivo è la diffusione della cultura d’impresa verso le aziende piemontesi, ecco perché gli autori delle tesi selezionate potranno lavorare direttamente con le aziende che parteciperanno alla prima edizione di questo premio. È un modo nuovo ed efficace di raccontare e capire come la sostenibilità può essere un paradigma di competitività che può portare un beneficio a tutto il territorio” ha spiegato Marco Piccolo Reynaldi, delegato alla sostenibilità di Confindustria Piemonte.
“L’iniziativa ‘Gli studenti raccontano le imprese sostenibili’ rappresenta un’importante occasione per valorizzare il ruolo centrale della sostenibilità nello sviluppo economico del Piemonte. Il premio, a cui siamo orgogliosi di partecipare, mira a selezionare le migliori tesi di laurea incentrate sul tema della sostenibilità, premiando i giovani talenti che si distinguono per originalità, rigore metodologico e capacità di ispirare nuove idee per un futuro più sostenibile. Il progetto si inserisce in un contesto in cui la sostenibilità sta assumendo un’importanza sempre maggiore, sia a livello locale che internazionale. Il premio rappresenta un contributo concreto per promuovere la cultura della sostenibilità tra le imprese piemontesi e per diffondere le migliori best practices in materia di responsabilità sociale e ambientale e la sinergia tra il mondo accademico, imprenditoriale e bancario che caratterizza il premio rappresenta sicuramente un valore aggiunto fondamentale. Nell’ambito del Premio, abbiamo voluto inserire una menzione speciale sulla Transizione energetica e sulle CER: un tema necessario a cui stiamo lavorando come Sistema camerale regionale” commenta il Presidente di Unioncamere Piemonte.
Partner fondamentali del premio saranno i tre atenei piemontesi che avranno il compito di raccogliere entro il 15 luglio le candidature degli studenti e indicare i professori che seguiranno i tesisti. I rappresentanti del mondo accademico, nella commissione di valutazione che sarà formata entro il 31 ottobre, saranno affiancati dagli imprenditori che compongono il tavolo di lavoro sostenibilità di Confindustria Piemonte; rappresentanti di Unioncamere Piemonte; rappresentanti di Confindustria Piemonte; un rappresentante di BPER Banca. La presentazione delle tesi dovrà avvenire entro il 31 gennaio 2025. La premiazione è infine prevista il successivo 31 marzo. Al primo classificato andrà un premio di 2.000 euro, al secondo premiato 1.500 euro, al terzo 1.000 euro, alle tesi che si classificheranno dal quarto al sesto posto saranno riconosciuti premi da 700 euro. Inoltre, verrà assegnato un premio di 1.000 euro per lo studente che realizzerà la miglior tesi sulla transizione energetica.
“BPER Banca vuole essere motore della transizione verso un mondo più sostenibile. Il network con importanti player del territorio come Confindustria Piemonte, Unioncamere Piemonte e le tre Università piemontesi per promuovere la cultura della sostenibilità rafforza la nostra mission in una regione strategica per la nostra banca” commenta Rosalia Spagnarisi, responsabile territoriale corporate direzione regionale Nord Ovest di BPER Banca.
“Questa iniziativa rappresenta un importante passo avanti nell’incoraggiare e riconoscere il lavoro degli studenti che si dedicano alla ricerca e all’innovazione nel campo della sostenibilità aziendale. La sostenibilità è un tema cruciale per il futuro del nostro pianeta e delle nostre comunità e crediamo fermamente che l’università abbia un ruolo fondamentale nel promuovere una cultura improntata alla responsabilità ambientale e sociale. L’Università del Piemonte Orientale è da tempo sensibile a questo tema e l’istituzione del Dipartimento per lo Sviluppo Sostenibile e la Transizione Ecologica ne è la dimostrazione concreta. Sosteniamo perciò pienamente questo premio, poiché incoraggia non solo la ricerca accademica, ma anche il suo impatto pratico sul mondo imprenditoriale e sulla società nel suo complesso. Auguro quindi il miglior successo a tutti gli studenti che parteciperanno a questa iniziativa, incoraggiandoli a continuare nel loro impegno verso la sostenibilità e l’innovazione. Ai vincitori, rivolgo i miei più sinceri complimenti e l’augurio che il loro lavoro possa contribuire in modo significativo alla promozione di pratiche aziendali sostenibili e alla costruzione di un futuro migliore per tutti” commenta il rettore dell’Università del Piemonte Orientale, Gian Carlo Avanzi.
“L’Università di Torino è orgogliosa di partecipare alla prima edizione del premio ‘Gli studenti raccontano le imprese sostenibili’. Questa iniziativa rappresenta un’opportunità unica per i nostri laureandi di esporre le loro ricerche in un contesto che valorizza la transizione verso pratiche aziendali sostenibili. Il coinvolgimento degli studenti in progetti così significativi dimostra il loro impegno e la loro capacità di contribuire concretamente agli obiettivi di sviluppo sostenibile. Siamo convinti che il dialogo tra il mondo accademico e il tessuto imprenditoriale sia essenziale per promuovere un futuro più sostenibile. Auguro a tutti i partecipanti di sfruttare appieno questa occasione per mettere in luce le loro idee innovative e per avanzare nella loro carriera con una consapevolezza rinnovata dell’importanza della sostenibilità” dichiara Paolo Biancone, docente di Business Administration dell’Università di Torino.
“In un Paese che soffre di gravi criticità collegate al forte debito, non solo finanziario, ma anche ambientale (diffuso dissesto idrogeologico, inquinamento atmosferico peggiore d’Europa) formativo (il livello di scolarità in Italia è tra più bassi d’Europa) e demografico (con un trend in cronica decrescita), la realizzazione di una ‘giusta’ transizione ecologica e digitale è ulteriormente ostacolata dalla carenza di adeguate competenze e da un forte mismatch nel mondo del lavoro. Il nostro obiettivo è quello di aiutare il Paese ad affrontare queste criticità e aiutare i manager di oggi ma soprattutto quelli di domani che, poi, sono gli studenti del presente” ha commentato Patrizia Lombardi, vice Rettrice del Politecnico di Torino e Presidente della Rete delle Università per lo Sviluppo sostenibile.