Ottant’anni fa, il 17 luglio del 1936 ( un torrido venerdì ) la città spagnola di Melilla, situata sulla costa orientale del Marocco,nell’Africa del Nord, venne occupata da reparti della legione spagnola al comando del colonnello Juan Yagüe
Era il primo atto dell’ “Alzamiento”, la ribellione di alcuni generali nazionalisti (Francisco Franco, Emilio Mola, Gonzalo Queipo De Llano e José Enrique Varela) nei confronti del legittimo governo repubblicano. “Rivolta in Spagna e nel protettorato del Marocco”, titolò in prima pagina il “Corriere della sera” del 19 luglio 1936. Il generale Franco, preso il controllo delle Canarie, volò in Marocco e assunse il comando dell’Esercito d’Africa, composto da 47 mila uomini. Da lì fece partire, con un messaggio in codice – “su tutta la Spagna il cielo è senza nubi” – l’ordine d’insurrezione per tutte le guarnigioni della penisola iberica. L’obiettivo era di occupare subito Madrid, la capitale e rovesciare il governo. Nel febbraio di quell’anno, alle elezioni politiche, le forze di sinistra avevano conquistato la maggioranza grazie al primo esperimento di Fronte
popolare (repubblicani moderati, socialisti, comunisti e cattolici baschi autonomisti). I rivoltosi confidavano di ottenere in pochi giorni un successo pieno, ma le forze governative, appoggiate da operai e contadini, stroncarono la ribellione a Madrid, Barcellona e in molti centri industriali del Nord e dell’Est. Ciononostante i ribelli riuscirono ad imporsi in Navarra, Galizia e Nuova Castiglia e ad occupare le principali città dell’Andalusia come Cadice, Cordoba e Siviglia. Migliaia di uomini e donne accorsero volontariamente ad ingrossare i reparti della milizia popolare in difesa della Repubblica e in quasi tutte le fabbriche si crearono battaglioni di operai. Il peso dei primi combattimenti fu sostenuto da questi reparti non addestrati e male armati ma furono proprio quest’ultimi ad impedire il compimento del colpo di stato, attaccando, spesso disarmati, le caserme, recuperando armi, convincendo i soldati di leva a passare dalla parte del popolo. Iniziò così la sanguinosa guerra civile che durò tre anni, fino al 1939.Francisco Franco chiese aiuto a Italia e Germania, che non si fecero pregare, inviando immediatamente una flotta aereo-navale in grado di fare da ponte tra il Marocco e il sud della Spagna. I falangisti del Generalísimo, furono così in grado di sostenere una guerra di lunga durata, grazie all’aiuto delle truppe italo-tedesche e degli ingenti mezzi militari e denaro. Il contingente inviato da Benito Mussolini arrivò a sessanta mila soldati nel gennaio 1937. Un numero ben superiore ai seimila tedeschi della divisione Condor ( gli esecutori del bombardamento della città basca di Guernica, episodio che venne immortalato nel
celebre ed omonimo quadro di Pablo Picasso). A fianco del legittimo governo, presieduto dal socialista Francisco Largo Caballero, si schierarono solo l’Unione Sovietica e il Messico che, seppur non entrando ufficialmente in guerra, cercarono di sostenere i repubblicani di Spagna con ogni mezzo. Le grandi democrazie europee (Gran Bretagna e Francia in testa) mantennero invece una posizione ambigua e di sostanziale neutralità che finì per favorire tragicamente i franchisti.Lo sdegno per quanto avveniva in terra iberica scosse le coscienze di gran parte dell’opinione pubblica democratica e migliaia di volontari accorsero da tutto il mondo per dare vita alle Brigate Internazionali, combattendo in difesa della Repubblica. Carlo Rosselli, socialista e antifascista (che nel 1937 venne ucciso in Francia insieme al fratello Nello da sicari legati al regime fascista ) pronunciò una frase rimasta nella storia: “Oggi a Madrid domani a Roma, siamo antifascisti poiché non misuriamo la patria a cannoni e a frontiere, la nostra patria corrisponde con quella di tutti gli uomini liberi”. I volontari “internazionali” furono sessantamila ( dei quali quattromila italiani) , provenendo da più di cinquanta nazioni dei cinque continenti. Uomini che, attraversando i confini, solcando i mari e rischiando la propria vita si impegnarono su diversi fronti in oltre due anni di battaglie come quelle di Madrid e Guadalajara, nelle grandi offensive repubblicane su Belchite, Teruel e sull’Ebro. Tra questi, intellettuali del calibro di George Orwell, Ernest Hemingway, John
Dos Passos, che combatterono, scrissero romanzi e reportages, osservarono e raccontarono. Nel tardo autunno del 1938, pressato dalle democrazie occidentali impegnate nella politica del “non intervento“, il governo repubblicano decise il ritiro dal fronte delle Brigate internazionali, che tennero una memorabile parata di addio – la “despedida” – il 29 ottobre del 1938 a Barcellona,salutati da Dolores Ibárruri, la “pasionaria” con un memorabile discorso di commiato. Pochi mesi dopo, il 28 marzo 1939, i nazionalisti – dopo la caduta di Barcellona e della Catalogna – occuparono Madrid e Valencia. La guerra civile, dopo tre anni di violenti combattimenti e più di un milione di morti, finiva con la caduta della Repubblica e l’inizio della lunga dittatura del “Caudillo” Francisco Franco. Si era ormai alla vigilia della seconda guerra mondiale e la guerra civile spagnola ne aveva rappresentato, nei fatti, la prova generale. In quei giorni Adolf Hitler intimava la “restituzione” di Danzica e di lì a poco avrebbe ordinato alla Wehrmacht di varcare i confini della Polonia, invadendola. Al secondo conflitto mondiale la Spagna, dilaniata dal conflitto interno, non prese parte, permettendo al regime franchista di sopravvivere fino al 1975, a differenza di quelli fascista e nazista, continuando a reprimere gli oppositori con la “feroz matanza“.
Marco Travaglini
Le trame dei film
Hathaway, Mia Wasikowska e Helena Bonham Carter. Alice, attraversato uno specchio magico, si ritrova nel Sottomondo dove incontra gli amici di sempre, lo Stregatto, il Bianconiglio e il Cappellaio Matto, quest’ultimo del tutto in crisi avendo perso la sua “moltezza”. Mirana manderà Alice alla ricerca della Chronosphere, un oggetto metallico che regola il trascorrere del tempo. Dovrà salvare il Cappellaio prima dello scadere del tempo. Durata 108 minuti. (Uci)
Angry Birds – Il film – Animazione. Regia di Fergal Reilly e Clay Keytis. Un’isola dove vi sono uccelli che quasi non sanno volare, tre di essi – il collerico Red, il velocissimo Chuck, l’esplosivo Bomb – vivono emarginati dal resto dei pennuti. Ma quando l’isola verrà invasa da una masnada di maiali verdi che la vorrebbero fare da padroni, non dovranno i tre dimostrare il loro coraggio e la disperata ricerca della salvezza comune? Durata 97 minuti. (Ideal, Massaua, Lux sala 2, The Space, Uci)
Gueros – Drammatico. Regia di Alonso Ruizpalacios, con Tenoch Huerta, Ilse Salas e Sebastiàn Aguirre. A Città del Messico, alla fine del secolo scorso. Il giovane Tomàs spinge il fratello Federico a correre in ospedale non appena viene a sapere che quello che da sempre è il suo cantante preferito, Epigmenio Cruz, è in fin di vita. Ma non appena arrivati, scoprono che l’uomo è scomparso. Con l’amico Santos e con la giovane e ribelle Ana, antico amore di Federico, inizieranno un’avventura attraverso il Messico alla ricerca del loro idolo. Miglior opera prima al Festival di Berlino di due anni fa, un viaggio di formazione, di ribellione, di giovinezza. Durata 106 minuti. (Centrale v.o.)
It follows – Horror. Regia di David Robert Mitchell, con Maika Monroe, Jake Weary e Daniel Zovatto. “Per la lucidità con cui elabora uno schema classico del genere horror, offrendo una scansione psicologica del tema della fine dell’adolescenza che si connota come riflessione sui sensi di colpa nutriti dalla società. In un’opera marcata da una struttura ad altissima tensione…”: così si esprime il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani nella propria segnalazione. Un film da non perdere, specialmente per gli amanti del genere. Girato con appena due milioni di dollari, il film ha portato anche in primo piano il nome della protagonista: lei è la giovane Jay, in una Detroit notturna e piena di pericoli, che all’improvviso si ritrova legata a una sedia, nell’oscurità di un capanno. Il ragazzo con cui ha appena fatto sesso le confessa che una “cosa” si è impossessata di lei, una creatura del male che le si potrà presentare sotto le più diverse apparenze, un famigliare, un individuo incrociato tra la folla, un conoscente fidato. Durata 100 minuti. (Massaua, Classico, Ideal, The Space, Uci)
Dragon Blade – La battaglia degli imperi – Avventura. Regia di Daniel Lee, con John Cusack, Adrien Brody e Jackie Chan. Quando la Cina e la Roma degli imperatori s’incontrano. Chiedendo perdono per gli ingredienti storici che vacillano quando non rovinano al suolo più che ignominiosamente, siamo nel 48 a.C. e il generale romano Lucio si presenta al potente Huo An: ha il compito di proteggere il giovane Publio dal fratello maggiore Tiberio assetato di potere. Tra i due uomini nasce un’amicizia che li farà contrastare insieme l’assalitore. Durata 101 minuti. (Uci)
La pazza gioia – Commedia drammatica. Regia di Paolo Virzì, con Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, Tommaso Ragno e Marco Messeri. “Clinicamente pazze”, Beatrice Morandini Valdirana e Donatella Morelli sono ospiti di Villa Biondi, un centro per malattie mentali sulle colline pistoiesi, l’una egocentrica e logorroica, l’altra tatuatissima e fragile, solitaria, cui la legge ha tolto il figlio per affidarlo in adozione ad una coppia. Nonostante le diversità che le dividono, le due donne fanno amicizia, sentono il bisogno l’una dell’altra, fuggono, vivono appieno “una breve vacanza”, provano a inseguire una vita nuova sul filo sottile della “loro” normalità. Grande successo alla Quinzaine di Cannes per le interpreti e per l’autore del “Capitale umano”. Durata 118 minuti. (Ambrosio sala 2, Due Giardini sala Nirvana)
The Nice Guys – Azione. Regia di Shane Black, con Russell Crowe e Ryan Gosling. Dirige l’inventore della saga “Arma letale”, star Gibson e Glover. Per l’occasione, i due guys sono, nella Los Angeles degli anni Settanta, un investigatore privato, alcolizzato e padre single della tredicenne Holly, e un detective molto sui generis, costretti ad allearsi dal momento che hanno qualche faccenda poco pulita da sbrigare e soprattutto perché qualcuno li vuole morti. Durata 116 minuti. (Uci)
“In punta di piedi”, il racconto autobiografico di Antonio Amedeo ( pubblicato dalla novarese “Lampi di stampa”) riassume in poco più di centoventi pagine la storia “straordinariamente normale” dell’autore
sindacale. E’ veramente bravo e dalla Lombardia al Veneto, dalla Toscana all’Umbria, il suo lavoro gli fa guadagnare stima e affetto di molti. Un’esperienza preziosa e gratificante ( sulla quale scrive anche un libro che la riassume: “La testa, le braccia e il cuore” ), nonostante qualche “boccone amaro” che dovrà mandar giù e che lo riporterà, poco prima della pensione, a varcare di nuovo i cancelli della Candy. I ricordi di Amedeo fluiscono nel suo racconto, alternandosi tra i momenti belli e quelli tristi e difficili, come nel caso della morte dei propri cari. Ci fa partecipare alla vita della sua famiglia e, nello stesso tempo, di una comunità con le speranze e i sogni, le preoccupazioni e le difficoltà di tanti. Se posso dare un consiglio spassionato, invito tutti a leggerlo perché strapperà sorrisi e farà riflettere, consentendo ai più di paragonare la propria vita a quella dell’autore che, ancora oggi, tra gli impegni di famiglia, le passeggiate in montagna e il volontariato alla Casa della Resistenza, trova il tempo per dare qualcosa agli altri. “In punta di piedi” è un regalo che Antonio Amedeo ci ha fatto. Un bel regalo da parte di una bella persona.
Si sentiva nell’aria, anche i maggiorenti Pd che abbiamo incontrato in queste ultime ore percepivano chiaramente che il vento stava girando
dichiaratamente o no hanno votato per Appendino anche per affossare il cosiddetto “sistema Torino” ha certamente giovato alla candidata pentastellata. Una giovane “madamin” fresca e rassicurante, dalle caratteristiche anche un po’ borghesi che ai torinesi piacciono tanto. Non ha spaventato i torinesi moderati come fece Raffaele Costa nel 1997, che perse per un soffio contro Castellani, proprio per la sua irruenza che non piacque ai “bogia nen” sabaudi
. Onore alle armi per Fassino: politico e amministratore di rango, che nel bene e nel male ha governato una città che si è trasformata dal punto di vista urbanistico e turistico. Una metropoli con i problemi (come tutte le altre) legati alla disoccupazione e all’immigrazione. Ma l’ondata popolare, quando esplode – un po’ come avvenne 20 anni fa con il trionfo del berlusconismo o a fine anni 80 con l’avanzata leghista – è inarrestabile. In bocca al lupo alla nuova sindaca e alla sua squadra. Ora dovranno dimostrare di sapere amministrare al di là degli slogan e di (almeno alcune) proposte velleitarie, con provvedimenti che incidano realmente sulla vita dei cittadini. Che chiedono sì onestà, ma altrettanta capacità da parte di chi li governa.
La guerra di Liberazione delle Forze Armate Italiane
Il documento porta la firma del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio e dal segretario di stato francese per i trasporti Alan Vidalies. Hollande: “Matteo può essere quello che ha messo fine a tutte le discussioni propedeutiche a questi lavori”




COSA SUCCESSE IN CITTA’ 