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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Camille Kouchner “La famiglia grande” -La Nave di Teseo- euro 18,00

Questo libro autobiografico di Camille Kouchner ha avuto un effetto deflagrante e provocato uno scandalo nelle alte sfere della cultura e della politica francesi, perché racconta le perversioni esercitate dal famoso politologo Olivier Duhamel, sui figliastri della moglie Evelyne Pisier. Lei è scrittrice, ma soprattutto, una rinomata politologa, una delle prime donne docenti di Scienze politiche e Diritto Pubblico.

Questo è il primo romanzo di Camille Kouchner, nata a Parigi nel 1975 da Evelyne Pisier e dall’ex ministro Bernard Kouchner: medico, co-fondatore di “Médecine sans Frontiere” e “Médecine du Monde”, ministro nel governo Sarkozy-
La madre Evelyne è una donna fuori dagli schemi; negli anni giovanili a Cuba aveva avuto una relazione amorosa col leader maximo Fidel Castro; poi aveva fatto carriera come saggista femminista.
Dopo aver sopportato dal marito abbondanti tradimenti e distanza siderale, lo lascia.
Si risposa con Duhamel; famoso conduttore televisivo e commentatore di notizie politiche: eurodeputato dal 1997 al 2004; autore di un testo sacro per migliaia di studenti di giurisprudenza, “La Constitution de la Cinquiéme République”.

La storia al centro del romanzo di Camille è torbida, ma raccontata con lucidità e bravura estreme.
Siamo alla fine degli anni Ottanta in una colta famiglia di intellettuali di avanguardia. Evelyne ha portato con sé i figli avuti dal primo matrimonio: Colin e i gemelli Camille e Victor che all’epoca del divorzio avevano 6 anni. Poi lei e Duhamel adotteranno altri due bambini più piccoli.
E’ questa la famiglia grande che ogni estate a Sanary sur Mer, (tra Tolone e Marsiglia), in un’immensa villa con piscina, trascorre vacanze indimenticabili e pullulanti di amici altolocati e brillanti, ospiti variamente assortiti.
Una sorta di festa mobile in cui girare nudi è normale, insieme a promesse di libertina socialità.
Famiglia decisamente atipica, aperta a nuove idee liberali, di emancipazione e rottura delle regole borghesi.
Però non è tutto oro quello che luccica, perché il nuovo compagno della madre (10 anni più giovane di lei) sembra amarli come fossero figli suoi e in questo eccede. Di notte, furtivo, entra nella stanza di Victor e lo molesta sessualmente. Il gemello racconta tutto alla sorella «…nella stanza è venuto nel mio letto e mi ha detto “te lo faccio vedere io. Vedrai, lo fanno tutti” Mi ha accarezzato e poi sai…»
Incesto, perversione e traumi che saranno permanenti in Victor e Camille, che all’epoca del fattaccio avevano tra i 10 e i 15 anni. Giovani, travolti da qualcosa di incomprensibile e molto più grande di loro, custodiscono il terribile segreto, che riusciranno a raccontare alla madre solo 20 anni dopo.
Ma si troveranno davanti il muro invalicabile della reazione di Evelyne che difende il marito, minimizza il fatto e mantiene il segreto.
L’unico appoggio lo avranno dalla zia, sorella di Evelyne. La famosa attrice di teatro e cinema Marie-France Pisier, ex compagna del regista François Truffaut, che nel 2011 viene trovata morta nella sua piscina con la testa incastrata in una sedia. Morte misteriosa: suicidio -che è ricorrente in questa famiglia in cui i nonni materni si erano tolti la vita- o omicidio?
Camille Kouchner inizia questo potente romanzo partendo dal funerale della madre, morta nel 2017, dopo aver tagliato i ponti con figli e sorella, rimasta ancorata al suo legame con Duhamel. L’ “l’orco”, l’uomo potente che ora ha lasciato il suo incarico di Presidente della National Foundation for Political Science in seguito all’uscita del libro.
Pagine che puntano il dito anche contro il clima di omertà; sembra che tanti sapessero cosa accadeva tra patrigno e figliastri, ma si erano guardati bene dal rompere il silenz

Therese Anne Fowler “Un bel quartiere” – Neri Pozza- euro 18,00

In questo romanzo la scrittrice americana racconta l’amore tra due adolescenti dalla pelle diversa. Juniper bianca, Xavier di colore; una sorta di Romeo e Giulietta contemporanei che si trovano a combattere contro le loro famiglie che sono vicine di casa e si detestano. E’ anche un ritratto impietoso dei pregiudizi che ancora serpeggiano in America.
Tutto ha inizio quando nel tranquillo quartiere borghese di Oak Knoll, nella Carolina del Nord, si trasferiscono i Whitman; bianchi e decisamente benestanti. Il patrigno di Juniper, Brad, ha fatto fortuna con la sua ditta di climatizzatori ed ora è un pasciuto riccone. Con lui vivono la sportiva, tonicissima e provocante moglie Julia, e le figlie Lily e la timida ed insicura Juniper alle prese con una difficile adolescenza.
Il loro arrivo non passa inosservato, anche perché Brad ha fatto costruire una sontuosa piscina al posto degli alberi che regalavano un po’ di ombra ai vicini, gli Alston-Holt. Famiglia di colore formata dalla madre Valerie, professoressa di silvicoltura ed esperta botanica, amante della natura rigogliosa fatta di alberi maestosi, fiori e piante da frutta. Con lei vive il figlio Xavier, talentuoso giovane appassionato di chitarra classica che in autunno partirà per il San Francisco Conservatory of music.

Due famiglie che più diverse non potrebbero essere e due giovani alle prese con lo scatto dall’infanzia all’ adolescenza piena di sogni e insicurezze.
Gli adulti si detestano fin da subito.
Brad incarna tutto quello che Valerie detesta: arricchito, privo di buon gusto, sbruffone che si ritiene superiore agli altri perché è riuscito a fare i soldi partendo dal nulla, privo di sensibilità ed ironia.
I due ragazzi invece, fin dal primo sguardo, si attraggono come calamite. Javier è di una bellezza mozzafiato, ha talento da vendere ed è piacevolmente estroverso. Juniper con questo crescente affetto lenisce le sue insicurezze e trova rimedio allo smisurato bisogno di affetto.

Poi qualcosa accade tra i due ragazzi che vengono scoperti da Brad e sarà l’inizio di una faida. Dolorosamente scandita da denunce, accuse ingiuste, tonnellate di pregiudizi verso i neri, ai quali basta un dito puntato contro da un bianco per finire alla gogna ed avere la vita, con i suoi grandi sogni, totalmente sfracellata.

Emily Itami “Ballata malinconica di una vita perfetta” – Mondadori- euro 18,00

L’autrice -che è anche giornalista e scrittrice di viaggi- è nata da madre giapponese e padre britannico. Cresciuta a Tokyo, ora vive a Londra con il marito e due figli maschi. Si definisce “ibrida”, ovvero a cavallo tra due culture che hanno codici differenti.
In questo suo primo romanzo imbastisce una storia che svela quanto siano strette le maglie della società nipponica, e lo fa in pagine scorrevoli, dai toni ironici, ma anche amari.

Apparentemente è la storia di una relazione extraconiugale, ma la verità è che Itami la usa come pretesto per raccontarci come in Giappone la famiglia sia al centro di tutto, e come ci si aspetti che le donne svolgano un ruolo fondamentale di accudimento a marito e figli.
La protagonista Mizuki è una quarantenne che sembra avere il meglio: un bel marito e splendidi figli, denaro, una bella casa nel centro di Tokyo. Una privilegiata che di fatto però è attanagliata dall’infelicità.
Ha rinunciato ai suoi sogni giovanili di realizzazione, accarezzati quando viveva a New York e avrebbe tanto voluto diventare una cantante.
Poi lo step del matrimonio, un marito parecchio assente per motivi di lavoro, e lei che di fatto è colf, baby sitter, infermiera, autista e fondamentalmente una sorta di giocoliere dedito a 360° alla famiglia, 24 ore al giorno per tutta la settimana.
Il romanzo pullula di divertenti sketch di piccoli momenti di vita familiare che testimoniano quanto Mizuki ami la sua famiglia; però c’è anche il rovescio della medaglia. Stanchezza, frustrazione, e smarrimento.
«La mia vita aveva una protagonista che non ero io. A volte non mi capacito di come sia finita in questa situazione: ho scelto con cura un uomo, ho scelto con cura di avere dei figli, senza però rendermi conto che avrebbe comportato dire addio a tutto il resto». E’ questa la sintesi che la protagonista traccia del suo malessere e il resto vi dirà ancora tanto altro.

 

S.J. Bennett “Il nodo Windsor” -Mondadori- euro 18,00

E’ divertentissima l’idea della regina Elisabetta II di Inghilterra trasformata in detective dal fiuto infallibile.
E’ quello che accade in questo libro, il primo di una serie che proseguirà a novembre con un altro caso intricato al quale la sovrana più longeva della storia applicherà tutto il suo acume.

In “Il nodo Windsor” Elisabetta è una sorta di Miss Marple, acuta e perspicace, alle prese con un imbarazzante delitto avvenuto proprio tra le mura dell’amato Castello di Windsor; una sorta di oasi di pace e libertà in cui la regina ospita e intrattiene in modo informale gli amici più cari.
Il fattaccio ha luogo nel 2016, pochi giorni prima del novantesimo compleanno di Elisabetta, quando viene trovato morto il giovane pianista russo Maskim Brodskij che aveva suonato per lei e i suoi ospiti.

Le modalità dell’assassinio sono peculiari perché il musicista viene scoperto cadavere nella sua stanza, completamente nudo. La cosa non scandalizza più di tanto la sovrana che si mette ad indagare su una serie di piccoli indizi. Ed è talmente scaltra ed osservatrice che finisce per risolvere lo spinoso caso prima che riesca a farlo il capo dei servizi segreti incaricato delle indagini.

Una curiosità che pochi sanno: pare che Elisabetta II sia davvero dotata della straordinaria capacità di risolvere i misteri, e si dice che il primo l’abbia svelato quando aveva 12-13 anni. Questo perché mentre tutti si concentrano sulla sua augusta persona, lei vede dettagli fondamentali che agli altri sfuggono.

 

Bill Clinton James Patterson “La figlia del presidente” -Longanesi- euro 22,00

In questo thriller si amalgamo perfettamente l’esperienza e le conoscenze della macchina politica dell’ex presidente degli Stati Uniti d’America Bill Clinton con la bravura di uno scrittore cult come James Patterson che garantisce ritmo e azione.

Matthew Keating è un ex Navy Seal che alla patria ha dedicato gli anni migliori della sua vita.
Soprattutto è l’ex presidente degli Stati Uniti d’America; ha mancato la rielezione dopo il primo mandato a causa delle manovre subdole del suo stesso partito. Così è stato spodestato dalla Casa Bianca, mentre al suo posto è stata eletta la sua vice, l’ambiziosa Pamela Barnes.
Amareggiato e deluso si è ritirato in una magnifica tenuta in mezzo alla natura, sul Lake Marie, nel New Hampshire.
La moglie Samantha -dopo essergli sempre stata vicina come Fist Lady- in accordo col marito, torna alla sua passione: gli scavi archeologici e la carriera universitaria presso la Boston University.

Poi c’è la loro giovanissima figlia adolescente, Melanie: brillante negli studi, sveglia, intelligente, più che matura per i suoi 19 anni. Ed è lei che viene coinvolta in un fattaccio, due anni dopo lo scadere del mandato presidenziale del padre.
Mel non ha più diritto alla scorta, in quanto per i figli degli ex presidenti è assicurata dal governo federale solo fino al compimento dei 16 anni. E da quando è libera di girare da sola come le pare e piace è decisamente più contenta e rilassata.

Con il suo ragazzo e compagno di studi Tim Kenyon decide di fare una gita in montagna. Mentre fa il bagno nuda con Tim in mezzo ai boschi di Mount Rollins nel New Hampshire, viene intercettata dal drone di un sanguinario terrorista, accompagnato da uno spietato killer.
Il giovane viene ucciso davanti ai suoi occhi e lei caricata a forza su un Suv nero che parte ad alta velocità rischiando un incidente con l’auto di una coppia che sterza al momento giusto, e scopre il cadavere del ragazzo.

Ecco avverarsi uno degli incubi peggiori per un genitore. Ma Matthew Keating non è un padre qualunque.
Esercita tutto il potere che gli è rimasto presso le alte sfere per ritrovare la figlia, che nel frattempo è rinchiusa in un bunker, imbavagliata e legata.
Più che altro Keating è un uomo di azione che non può stare fermo ad aspettare gli eventi.
Rispolvera le sue abilità di Navy Seals e si imbarca in una missione speciale e ad altissimo rischio.
In gioco ci sono la sicurezza nazionale e soprattutto sua figlia nelle mani di un criminale psicopatico. Azione e suspense sono garantiti fino all’epilogo.

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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Laura Lippman “La donna del lago” -Bollati Boringhieri- euro 18,00

Laura Lippman è un ex reporter, diventata scrittrice di successo, annoverata tra i migliori autori di crime, ed ha al suo attivo moltissimi premi prestigiosi. La sua bravura emerge a 360 gradi in questo romanzo corale, in cui anche i morti parlano. E’ un thriller letterario avviato a diventare un classico e sarà anche una fiction tv con Natalie Portman e Lupita Nyong’o.

La storia è ambientata a Baltimora negli anni 60, dove avvengono due sparizioni misteriose. Intanto, una giovane donna rivolta la sua vita, aspira a diventare reporter e si mette a indagare sulle scomparse delle due donne.

Maddie Schwarz ha 36 anni, è bianca, affascinante, vagamente somigliante a Jacqueline Kennedy ed appartiene alla buona borghesia ebrea della città. Da 18 anni è la mogliettina perfetta di Milton -che si bea di conoscenze altolocate- e madre dell’adolescente Seth, che lei capisce poco e in un certo senso pregusta il fatto che tra due anni se ne andrà al college.
Una sera Milton invita a cena il famoso anchormen della tivù Wallace Wright, che ai tempi del liceo conosceva Maddie e ne era innamorato.
E’ la svolta improvvisa, senza ritorno. Perché la notte stessa lei decide di lasciare marito e figlio; ricomincia tutto daccapo, partendo con zero soldi e nessun luogo in cui stare.
In pochi mesi cambia quartiere, pettinatura e abiti. Nuove saranno anche le frequentazioni intime; con un uomo di colore, anche se sa che è proibito dalle leggi americane.
Soprattutto ha messo a fuoco la strada che vuole percorrere e la direzione da dare alla sua vita: diventare reporter, fare carriera e avere una, ….ancora meglio due…. storie da raccontare.

Da mesi non si hanno più notizie di Cleo Sherwood, e nessuno si è dato da fare per cercarla.
Era una giovane afroamericana, madre di due bambini e lavorava in un night club. Sembra svanita nel nulla, fino a quando il suo cadavere, quasi irriconoscibile, viene ritrovato in un lago. La notizia passa quasi inosservata dal momento che Cleo era di colore e in quegli anni a Baltimora imperavano razzismo e classismo.
Ma il fattaccio attira l’attenzione di Maddie che aspira ad una carriera da prima pagina e sa che le occorre un colpo magistrale. Così è la sola a indagare sulla sorte di Cleo, Venere nera sfortunata.
Maddie si trasforma in una tenace e inarrestabile detective capace di rimuovere tutti gli ostacoli sul suo cammino.

Tippie Fine è una 11enne con capelli rossi e lentiggini e pure lei scompare senza lasciare traccia. Il colore della sua pelle bianca fa la grande differenza, perché subito si scatenano le ricerche a tutto campo. Maddie fiuta un’altra occasione da non perdere per arrivare dove vuole con articoli-scoop; ed è proprio lei che troverà una traccia importante …….

 

Anna Hope “Le nostre speranze” -Ponte alle Grazie- euro 18,00

Anna Hope, nata a Manchester e laureata a Oxford, attrice oltre che scrittrice, in questo suo secondo romanzo (dopo “La sala da ballo” del 2017) racconta il legame di tre ragazze nella Londra a cavallo tra anni Novanta e i Duemila. Inizia da quando erano giovani amiche e poi segue lo srotolarsi delle loro vite nell’età adulta.
Sono Cate, Hannah e Lissa, cresciute negli anni 70-80 quando gli orizzonti femminili sembravano spalancarsi a inedite opportunità di realizzazione personale; quelle che erano state negate alle loro madri.
Le conosciamo ragazzine ribelli che condividono un appartamento, costruiscono un’amicizia che durerà gran parte delle loro vite e sognano in grande. Passano dal college all’università, tra feste, primi amori e infatuazioni, bisticci tra amiche e passi continui per consolidare il loro legame.
Poi la vita -e le sue subdole trappole- si mette di mezzo.

Cate che aspirava ad una carriera accademica e avrebbe tutti i numeri per realizzare il suo progetto, invece, nel giro di pochi mesi si ritrova incinta, a dividere la vita con un uomo in una nuova città che proprio non le corrisponde.
Hannah si costruisce una carriera di successo e spartisce la sua esistenza con un compagno che ama profondamente. Ma il buco della sua anima è l’impossibilità di avere un figlio; nonostante aborti spontanei e pesantissime cure per la fertilità che finiranno per esaurire il marito e il loro legame.
Lissa è la più bella delle tre: ambiziosa, insegue una carriera come attrice, e per realizzarla è disposta a enormi rinunce, compreso l’amore.

Ciascuna ha ottenuto quello che l’altra inseguiva, in una sorta di simmetria beffarda che metterà alla prova – e in modo decisamente pesante- anche la loro amicizia.
Profonde crisi personali e incomprensioni si stagliano sullo sfondo.
Flash back continui ci riportano ai loro 20 anni – carichi di grandi ideali di realizzazione-… e alle sconfitte affrontate o mai assorbite.
Al centro del romanzo ci sono concetti come maternità, carriera, rapporti con l’altro sesso, emancipazione e suoi costi, e come vengono affrontate e metabolizzate le insoddisfazioni.

 

Matteo Codignola “Cose da fare a Francoforte quando sei morto” -Adelphi- euro 18,00

Lo scrittore ed editore Matteo Codignola traccia un ironico diario della celebre Buchmesse tedesca, e sciorina un divertente catalogo di aneddoti e personaggi che a volte hanno dell’incredibile.
E’ una finestra sul backstage dell’editoria, della fiera letteraria tedesca che si tiene a fine ottobre e concentra il Gotha delle maggiori case editrici europee. Tappa d’obbligo per autori, agenti ed editori che qui impostano le loro strategie di mercato future.
Codignola raccoglie ricordi e aneddoti gustosi che spesso mettono in risalto tic e bassezze del mondo editoriale; e imbastisce una sorta di bestiario di personaggi sui generis.
Mappa il mestiere di editore che richiede cultura, buona preparazione, intelligenza e verve brillante. A questi requisiti, che dovrebbero essere imprescindibili, pare non guasti anche l’aggiunta di doti istrioniche fuori dal comune.
Nelle pagine del libro emergono flash divertenti dei tanti tic ricorrenti degli editor alle prese con continue verifiche sul vocabolario per le correzioni da apporre alle bozze degli scrittori.

Sharon Stone “Il bello di vivere due volte” -Rizzoli- euro 18,00

E’ proprio il caso di dire che nel caso di Sharon Stone, sotto il vestito c’è ben altro che niente. Perché emerge che, oltre al fisico mozzafiato, è dotata di un quoziente intellettivo da primato (già a 15 anni frequentava i corsi universitari) ed una sensibilità a 360 gradi, modellata anche da alcune pesantissime esperienze a cui la vita l’ha sottoposta.
Leggendo questa onestissima autobiografia scopriamo che la sua non è stata una vita facile. Lei, una delle donne più belle e desiderate del pianeta; quella che ha scatenato desideri bollenti con la famosa scena delle gambe accavallate senza biancheria intima nel film cult “Basic Instinct”, girata con l’inganno e per la quale schiaffeggiò il regista.
Questa icona di 63 anni -portati splendidamente- ha vissuto davvero più vite …e spesso decisamente in salita.
Qui la conosciamo ragazzina della Pennsylvania mentre cerca di domare un puledro selvaggio che la disarciona, scaraventandola sul filo del bucato che per un pelo non la sgozza e le lascia una cicatrice che tenterà di nascondere per tutta la vita.

Poi ci sono retroscena tragici. Come le molestie perpetrate dal nonno materno nei confronti della sorellina Kelly di 5 anni e alle quali lei è stata costretta ad assistere impotente, trattenuta a forza dalla nonna, subdola “vittima – complice” del mostro.
E ancora, il difficile inserimento negli anni della scuola, la fatica di stabilire amicizie e le incomprensioni in famiglia che hanno minato per anni i suoi legami con i genitori.
Un rapporto con la madre che ha recuperato solo nel periodo della maturità e con fatica.
Planata a New York 20enne ha iniziato come modella, e scopriamo che l’ingresso nel mondo del cinema è stato tutt’altro che semplice. E sembra surreale che questa creatura meravigliosa e piena di talento non venisse considerata da produttori e registi.
E’ con un geniale colpo di mano che è riuscita ad assicurarsi il personaggio ambiguo e affascinate della protagonista di “Basic instinct”, Catherine Tramell, che l’ha catapultata nell’olimpo delle dive hollywoodiane.

Altro capitolo difficile della sua esistenza, l’impossibilità di diventare madre e lo strazio degli aborti spontanei. Due matrimoni falliti, poi ha perso l’affido esclusivo del primo figlio adottivo, e in seguito ne ha adottati altri due che ha cresciuto da sola e in modo egregio.
Determinante è il versante salute che l’ha vista sulla soglia della morte nel 2001,quando è stata ricoverata d’urgenza in ospedale per un ictus ed un’emorragia subaracnoidea. Racconta di essere scivolata in un’esperienza pre-morte durante la quale avrebbe visto la nonna Lela (defunta da 30 anni) che le avrebbe intimato di non muovere il collo, salvandole la vita.
Scrive che da allora «Ho imparato a guardare le cose in modo diverso. E per riuscirci sono morta, ho vissuto e sono stata, come mi hanno definito, The Last Living Movie Star, l’ultima stella del cinema in carne e ossa».
Questo e molto altro lo trovate nel libro; inclusi incontri importanti con icone del cinema e l’impegno in cause umanitarie. Per esempio il prezioso aiuto che offre ai tanti senza fissa dimora che vagano disperati nella Los Angeles che tanto brilla, ma lascia indietro chi non ce l’ha fatta.

Green pass, Lega e Governo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Dopo un lungo viaggio in Freccia Rossa di molte ore con la mascherina obbligatoria perchè  l’impianto di aerazione non è stato modificato e potenziato, sarei portato a capire chi contesta il Green pass secondo le modalità stabilite dal Governo Draghi e votate in Parlamento.

Il prof. Quaglieni

Invece sono ancora più contrario di ieri  a chi si sottrae ad un dovere civico ed attenta alla vita degli altri, rifiutando il vaccino. E sono anche furente contro Ferrovie italiane che non hanno fatto altro che verificare burocraticamente  il Green pass e non hanno posto in essere delle migliorie  per  consentire un viaggio sicuro e non così intollerabile come quello a cui mi sono sottoposto. Sono stremato, ma non posso non evidenziare che le regole stabilite dal Governo sono lacunose e pasticciate. Già l’ottenimento  del certificato al primo vaccino è un’emerita stupidaggine che priva di valore il documento. Il fatto che siano esentati dal Green pass gli studenti appare un’altra vistosa incongruenza : non obbligati ad esibirlo a scuola, anche se tenuti ad averlo fuori dalla scuola. Nei tribunali l’obbligo riguarda i magistrati, ma non gli avvocati i quali sono tenuti invece  ad averlo nei loro studi a contatto dei clienti. Anche i periti, i consulenti, i testimoni, le parti del processo sono esentati . Capisco che diversamente ci potrebbero essere persone interessate ad approfittare della situazione per bloccare un processo, ma chi si comportasse in questo modo infame andrebbe sanzionato,  seduta stante,  in modo severo  anche con la privazione della libertà  personale. Non è chiaro inoltre  che diritti abbia un avventore di ristorante a poter verificare di essere servito da personale vaccinato , per non parlare dei taxisti che a Roma, in alcuni casi,   sono addirittura  senza mascherina. Ci sono altri pasticci nel decreto approvato alla Camera,  ma credo che bastino questi  esempi per comprendere i limiti vistosi di un provvedimento che dovrebbe evitarci le chiusure dello scorso anno. Io addebito ai ministri della Lega delle colpe politiche  gravi  nell’aver contribuito ad annacquare il decreto votato alla Camera con l’assenza vergognosa di 51 parlamentari leghisti al momento del voto. La Lega scherza con il fuoco e non si può più considerare un partito di governo. Fa demagogia come la Meloni sulla salute degli italiani, una cosa intollerabile. Queste demagogie avranno ripercussioni sul prossimo  voto  amministrativo , ma nel senso di far perdere consensi a certi partiti irresponsabili che confondono la licenza con la libertà. Se le cose rimarranno così, prepariamoci a richiudere tutto. Già la riapertura della scuola si sta rivelando un azzardo con dei primi segnali allarmanti. Un Green  pass a macchia di leopardo rappresenta una beffa e un premio agli irresponsabili che rifiutano il vaccino che vanno isolati  socialmente a tutela della salute collettiva. Questo dovrebbe essere chiaro a tutti e mi rifiuto di credere che un uomo come Draghi non colga la necessità di governare con la fermezza necessaria di fronte ad una pandemia che ha sconvolto le nostre vite e le minaccia quotidianamente. Forse occorre un ministro degli Interni politico e non una semplice burocrate, che abbia il polso necessario per affrontare una situazione eccezionale senza precedenti.

scrivere a quaglieni@gmail.com

Dal 17 al 19 settembre il Mufant organizza la seconda edizione del festival del fantastico e della fantascienza “Loving the Alien“

Una mostra dedicata alla “rivincita” delle supereroine, «Women of Wonder. Donne superpotenti», e un programma con 90 ospiti, tra cui Wu Ming 4, Maurizio Manzieri, David Messina, Claudia Durastanti, Franco Brambilla, Pier Luigi Gaspa

 

 

“Loving the Alien” è in programma venerdì 17 settembre (online dalle 21 sui canali social), e sabato 18 e domenica 19 settembre dalle 11 alle 19,30 in presenza (nella sede del Mufant di piazza Riccardo Valla 5). Il tema di quest’anno è la parità di genere: dalla rappresentanza femminile nel mondo della cultura di oggi alla presenza delle donne nei fumetti, manga e serie televisive. Prendendo in prestito il titolo della canzone di David Bowie, l’evento è dedicato non solo agli alieni fantascientifici, ma anche a quelli simbolici, e a tutte le forme di alterità sulle quali è necessario portare l’attenzione.

 

La mostra “Women of Wonder. Donne superpotenti” 

La prima supereroina è stata Wonder Woman, che quest’anno festeggia i suoi 80 anni. L’icona contemporanea del femminismo è stata creata a tavolino nel 1941 dalla DC Comics, e in particolare dallo psicologo William Moulton Marston e dal disegnatore Harry G. Peters, perché al tempo non esisteva nessuna supereroina donna. Poi sono arrivate tutte le altre, che in mostra ci raccontano la carica e la rivincita delle “donne delle meraviglie”. Ed ecco le cattive Harley QuinnGoblin Queen e X23, la versione femminile di Wolverine degli X-Men. C’è Supergirl, inizialmente considerata la controparte femminile di Superman e poi diventata un personaggio più determinante nell’universo della DC, Black Widow, protagonista del recentissimo film della regista Cate Shortland, e ancora le “X-Women” come Mistica ed Emma Frost, fino a Spider Woman, la Donna Invisibile, e Wasp degli Avangers. Senza dimenticare Scarlett Witch e Captain Marvel, l’ultima arrivata. Una sezione speciale della mostra è dedicata alle copertine realizzate dall’illustratore Maurizio Manzieri per le principali riviste di fantascienza italiane e straniere. Manzieri, quest’anno candidato al Premio Hugo – ad oggi l’unico italiano ad essere candidato al prestigioso e più importante premio internazionale del settore – è noto per le raffigurazioni di donne fantascientifiche nelle più svariate forme: cyborg, androidi, personaggi fantasy. Maurizio Manzieri sarà anche protagonista di un incontro al festival domenica alle 18.

Women of Wonder – aperta al pubblico da sabato 18 settembre alle 11 e visitabile fino al 28 febbraio 2022, curata da Silvia Casolari e Davide Monopoli – è quindi un viaggio alla scoperta delle principali supereroine dell’immaginario fantastico tra fumetti, cinema e serie tv. In esposizione le prime edizioni di fumetti, tavole originali, toys vintage, action figures, statue in scala 1:1, merchandising da collezione. Una parte importante del percorso è la “sezione Italia”, una sorta di “mostra nella mostra” curata dal fumettista e sceneggiatore Andrea Cavaletto. Si tratta di una personale di 15 tavole originali disegnate da David Messina, fumettista, che è stato il disegnatore italiano ufficiale di Wonder Woman e Catwoman per la DC Comics statunitense, insieme ad altre 10 tavole ispirate alla supereroina di Daniele Statella, Attila Schwanz, Cristiano Sartor, Barbara Astegiano, Cristiano Spadavecchia, Toni Viceconti, Claudio Montalbano, Massimiliano Bertolotti, Federica Di Meo, Elena Chiappini. David Messina incontrerà il pubblico sabato pomeriggio alle 17,30 con una performance di live drawing.

 

La seconda mostra in programma dal 19 settembre alle 11 al 28 febbraio è “Simboli della trasformazione. Robot trasformabili dalla collezione Marzia Mastroianni”: un percorso espositivo dedicato al tema dei robot trasformabili di produzione giapponese. La mostra è dedicata alla celebre saga dei Transformers e delle loro evoluzioni, con una serie di pezzi di grande rarità e unicità prodotti dalle storiche case di produzione giapponesi come Takara e Tomy, fino a quelli della Hasbro.

 

Il festival è sostenuto dalla Città di Torino, Fondazione per la Cultura e da Compagnia di San Paolo attraverso il bando Space. Ènato nell’ambito di uno dei progetti di inclusione sociale di Torino Social Innovation e concepito in partnership con la cooperativa sociale Altra Mente di Torino. Fa parte anche quest’anno della grande festa cittadina Torino a Cielo Aperto – Festival d’Estate 2021. Rai 4 è media partner dell’evento.

 

Il programma del Festival

L’inaugurazione online sui canali social del museo è venerdì 17 settembre alle 21, con Yilun Fan e Mu Ming, pluripremiate scrittrici cinesi di fantascienza che si collegheranno da New York e da Chengdu. Durante l’incontro sarà presentata la mostra “Born Again. Primo Levi and the endless rebirths of Social Science Fiction“, curata dai codirettori del museo Silvia Casolari e Davide Monopoli, che la Città di Torino porterà il prossimo autunno a Chengdu, in Cina, per il festival Europe Culture Season.

Sabato 18 e domenica 19 oltre 90 ospiti si alterneranno sui due palchi in piazza Riccardo Valla per talk, interviste, presentazioni di libri, tavole rotonde, postazioni di gioco, performance. Nel parco del fantastico ci saranno 20 stand, che ospiteranno diverse realtà tra cui CS_libri, Doctor Who Italian Fan Club, Gruppo Italiano Appassionati Gundam, Libreria del Golem, Jedi Generation Show Academy, e l’associazione culturale Leiji Matsumoto.

Tra gli ospiti, Wu Ming 4 parteciperà a in un incontro sabato 18 alle 16 dedicato a Tolkien. In occasione del ventennale dall’uscita del primo film de Il Signore degli Anelli, Wu Ming 4 ci aiuterà a comprendere come la saga di J.R.R. Tolkien sia da catalogare tra i classici della letteratura contemporanea. Sabato dalle 14 è invece previsto l’incontro con Franco Forte, direttore editoriale delle collane di genere di Mondadori che presenterà “Resurrezione”, il romanzo vincitore dell’ultimo Premio Urania, con l’autrice Elena Di Fazio. Sempre da “casa Mondadori”, ospite del festival – domenica alle 15,30 – anche Franco Brambilla, principale illustratore delle copertine della rivista Urania da oltre 20 anni. Domenica alle 16 c’è Claudia Durastanti, scrittrice e traduttrice di opere del calibro di Chthulucene di Donna Haraway, condotta da Chiara D’Ippolito (redattrice de L’indice dei Libri del Mese, media partner del festival) per parlare del gender gap culturale. Alle 11,30 di sabato si affronterà lo stesso tema con Carola Messina di “Torino Città per le Donne”, Nicoletta Vallorani, scrittrice noir e di fantascienza, Tiffany Vecchietti, divulgatrice digitale e feminist influencer, e il gruppo di attiviste “Non una di Meno”. Tutta al femminile anche la tavola rotonda di sabato alle 16,30 curata dalla cooperativa sociale Altra Mente, dedicata al videogame, con le giornaliste Alessandra Contin e Fabrizia Malgieri, e la psicoterapeuta Viola Nicolucci.

 

Altro tema che attraversa il festival è la questione ambientale. La fantascienza è in grado di immaginare un futuro che integri le nuove tecnologie alla sostenibilità ambientale? Numerosi gli appuntamenti dedicati al modo in cui queste tematiche sono affrontate in ambito fantascientifico. A partire da Pier Luigi Gaspa (domenica alle 11), biologo e saggista esperto di fumetto, che accompagnerà il pubblico in una passeggiata “fantabotanica”. Domenica alle 14,30 è invece la volta della tavola rotonda “Ambienti urbani. Rigenerazione e clima fra realtà e fantascienza” alla quale parteciperanno, tra gli altri, Alberto Unia, assessore all’ambiente della Città di Torino e Giorgia Pagliuca, Green Content Creator. Sempre a questo proposito, attenzione particolare è riservata al Solarpunk, un genere di fantascienza contemporanea che pone al centro un futuro sostenibile con una perfetta e ideale integrazione fra tecnologie, ambiente e umanità. Uno degli appuntamenti è sabato alle 17,30 con tra gli altri Franco Ricciardiello, curatore di Atlantis, e la scrittrice Giulia Abbate.

 

Ospite del festival anche il Premio Calvino: Franco Pezzini – saggista ed esperto di letteratura fantastica -, curerà un incontro (domenica alle 18,45) dedicato al concorso per racconti brevi di genere fantastico realizzato di recente in partnership con il Mufant. Oltre alla questione femminile, alla parità di genere nella cultura e nel fantastico, e all’ambiente, il festival darà spazio anche al tema dell’identità di genere. Se ne parlerà domenica alle 12,30 nell’ambito della presentazione della raccolta di racconti Queer Fobia (D Editore) con i curatori del volume e con Marco Giusta, assessore alle pari opportunità della Città di Torino. Spazio anche al genere anime con Elisabetta Tosi, conosciuta su Youtube come Lilletta Ely, che parlerà della sulla passione per gli anime e l’universo “nerd” domenica 19 alle 17.

 

 

Serate cinema

 

Le due serate del festival sono dedicate al cinema: sabato alle 21 è prevista la proiezione di “Robolove”, regia di Maria W. Arlamovsky, a cura di TOHorror Fantastic Film Fest. Domenica sempre alle 21 c’è la première di “Futuropolis (Torino 2020)”, film di fantascienza del regista Carlo Reposo.

 

Il programma completo è su:  www.mufant.it

 

Per accedere al Loving the Alien Fest è necessario esibire il Green Pass. L’ingresso al festival è gratuito, il biglietto intero per la mostra costa 10 euro (ridotto 7 euro).

 

Dida: le illustrazioni in allegato sono le tavole in mostra degli artisti che hanno interpretato le supereroine, insieme alla locandina e ai pezzi in esposizione

Lavoro, gli artigiani chiedono politiche attive: “basta ideologia”

GIORGIO FELICI (Presidente di Confartigianato Imprese Piemonte):

“BASTA VESSILLI IDEOLOGICI: SERVONO POLITICHE ATTIVE CHE METTANO AL CENTRO LE IMPRESE”

 “Le buone notizie sul versante del Pil non devono alimentare facili illusioni nè farci dimenticare che l’economia reale è ancora in grande difficoltà ma devono essere l’occasione per una riforma complessiva delle politiche attive del lavoro, e fa davvero piacere sentire a Cernobbio il ministro dell’economia Daniele Franco promettere un ridisegno del carico fiscale “più favorevole ai fattori della produzione”, quindi riduzione del cuneo fiscale e meno tasse. Il nostro auspicio è che si chiuda con i provvedimenti ‘bandiera’, come il Reddito di cittadinanza. Un provvedimento ideologico, che ha prodotto ben pochi risultati concreti, deludendo le aspettative iniziali. Occorre anche definire un programma pensionistico che realizzi davvero la staffetta generazionale che al momento non si è vista. I numeri impietosi ci raccontano una realtà con un tasso di sostituzione dello 0,45, come dire neanche mezzo giovane al posto di un anziano, ma generando un costo di circa 6 miliardi”.

“Il reddito di cittadinanza, fiore all’occhiello dei pentastellati e fortemente voluto dal ministro Di Maio, anziché abolire la povertà ha fatto accomodare i poveri sul divano, rivelandosi in troppi casi non una forma di protezione sociale ma un disincentivo al lavoro, senza peraltro riuscire ad intercettare i veri bisognosi. Disoccupazione e mancata crescita non possono essere affrontati con strumenti ‘sperimentali’ ma solo con politiche attive ben strutturate, investimenti e un taglio delle tasse, mettendo al centro le imprese. Siamo noi imprenditori che creiamo lavoro, non certo i navigator o simili, quindi è giunto il momento di deporre i vessilli ideologici e riconnettersi con la realtà”.

Al Colle dell’Assietta la 53esima Festa del Piemonte

“Abbiamo oggi il dovere noi tutti di difendere la nostra terra, questo Piemonte ricco di storia e  tradizioni. La celebre battaglia del Còl ëd l’Assieta fu un avvenimento vitale per la nostra regione”, ha dichiarato Allasia. “L’eroica vittoria favorì infatti la formazione di un Piemonte più moderno, che acquisì maggiore autorevolezza e prestigio militare nello scenario internazionale. Rivolgo un grazie all’associazione Festa dël Piemont al Còl ëd l’Assieta per lo straordinario contributo che dà ogni anno in occasione di questa ricorrenza in cui si celebra la Festa dël Piemont. Purtroppo, anche quest’anno a causa delle misure restrittive legate alla situazione sanitaria, ci troviamo a ricordare l’evento in forma ridotta, senza la tradizionale rievocazione, che ci auguriamo però possa riprendere con la sua veste più scenografica nella prossima edizione, per dare l’opportunità di apprezzarla a tutti i piemontesi”.

“A quasi 300 anni dalla battaglia dell’Assietta, ricordiamo e onoriamo i soldati che hanno combattuto e dato la vita per il Piemonte, ricordando anche il sangue dei vinti che, come i nostri soldati, erano uomini che credevano negli ideali della Patria”, ha commentato Gavazza. “Oggi come allora noi Piemontesi conserviamo le caratteristiche di uomini e donne che sono cresciuti con una catena di vette innevate sullo sfondo: siamo dignitosi, coraggiosi, tenaci. Con orgoglio siamo Piemontesi e siamo bogianen”.

La registrazione della commemorazione verrà trasmessa in differita sui canali social dell’ Associassion Festa dël Piemont al Còl ëd l’Assieta il 18  e 19 luglio.

“Fuori. Storie dal manicomio”

Una drammatica pagina di storia nazionale rivive sul palco dell’ex ospedale psichiatrico di Collegno. Martedì 6 luglio

Fra le più importanti strutture manicomiali d’Italia, quello che fu il “Regio Manicomio” di Collegno (costruito nel 1852 e gestito dall’Ordine Certosino fino al 1890, per poi passare all’Opera Pia come nuovo ente gestore autonomo per effetto delle Leggi Crispine) rivive e racconta la sua storia sul grande palco montato nel cortile della Lavanderia dell’ex-struttura psichiatrica, attraverso lo spettacolo teatrale “Fuori.

Storie dal manicomio”, firmato e prodotto da “Lab22” nella seconda serata del “Flowers Festival”. L’appuntamento, messo in scena in un luogo fortemente simbolico, è per martedì 6 luglio, a partire dalle 21. Dentro quei terribili muri di cinta, costruiti su progetto dell’inegner Luigi Fenoglio e che separavano totalmente il mondo dei “matti” dalla realtà del paese che viveva tutt’intorno, all’esterno, prende corpo una pagina orribile e disumana di storia locale e nazionale, insieme alle vite di chi – adulto o bambino – fu rinchiuso e cancellato come essere umano in quei tetri corridoi, sottoposto a crudeli terapie sperimentali e a punizioni e costrizioni vergognose, sotto l’aspetto psicologico e corporale. Il testo è stato scritto da Serena Ferrari partendo dalle inchieste dei giornalisti Alberto Papuzzi e Alberto Gaino e dal libro di Bruna Bertolo “Donne e follia in Piemonte”, ma anche dalle vite dei protagonisti del tempo, come lo spregiucato professor Giorgio Coda, vice direttore dell’Ospedale psichiatrico, processato nel 1970-1974 per “maltrattamenti” con relativa condanna a cinque anni di detenzione, al pagamento delle spese processuali e all’interdizione dalla professione medica per cinque anni. Ma la storia intreccia anche l’amore nei versi di Alda Merini e in quelli cantati da Simone Cristicchi e da Franco Battiato. Racconta quel mondo e la battaglia che nacque al suo interno e condusse, poi, nel 1978, alla promulgazione della legge n. 180 relativa agli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, comunemente nota come Legge Basaglia, che portò alla chiusura dei manicomi. Già l’anno precedente l’Amministrazione Comunale di Collegno aveva fatto abbattere il primo tratto del muro di cinta che circondava il Manicomio, precorrendo la coraggiosa misura legislativa che decretò il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici, con una conseguente e rinnovata sensibilità nei confronti del disagio psichico. Serena Ferrari, insieme a Fabrizio Rizzolo, firma anche la regia di “Fuori. Storie dal manicomio” che conta su un cast numerosissimo, fatto di attori professionisti, ballerini ma anche di un’orchestra che realizza dal vivo, sul palco, tutte le musiche di accompagnamento. “Negli ultimi anni abbiamo creato degli spettacoli su temi d’impegno civile. Ne abbiamo firmato uno sulle morti bianche e sui morti della Thyssen Krupp di Torino, uno per contrastare la violenza sulle donne, uno sulla scomparsa del ragazzo collegnese Fabrizio Catalano» spiega il presidente di “Lab 22”, Claudio Ferrari. Nessuno ha però ottenuto il riscontro di “Fuori”, che ha inanellato, dalla sua prima messa in scena, 15 repliche e 15 sold out. Uno spettacolo forte, che “urla” come suggerisce la slide che viene proiettata prima dell’inizio della pièce. Al centro storie di abusi e violenze. Di speranze e di poesia. Di muri costruiti e non più abbattuti. Di esclusione del diverso. “A tratti un pugno allo stomaco, a tratti una musica che unisce amori e storie. Uno spettacolo intenso che mescola movimento e parole, ricordi e il messaggio che escludere non porta mai a nulla”.

Biglietti in vendita al link: http://bit.ly/FUORI_STORIE_DAL_MANICOMIO

Costo 20 euro più prevendita.

g. m.

 

De Felice e la storia del Fascismo oggi

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Torino con Nicola Tranfaglia  e Giorgio Rochat fu tra le città più ostili a De Felice con un istituto di storia che era un’enclave ferocemente gramsciana  dove era interdetto l’insegnamento a chi non apparteneva alla “rossa brigata” in cui emerse anche Giovanni De Luna.

A venticinque anni dalla morte di uno dei maggiori storici del secolo scorso, Renzo De Felice ,autore di una monumentale opera su Mussolini e sul fascismo, e’ necessaria una riflessione sul significato di una presenza fondamentale come la sua nella storiografia italiana, osteggiata da fanatismi ideologici che arrivarono allo scontro fisico e alla violenza non solo verbale. A De Felice fu impedito di far lezione e si chiese persino di cacciarlo dalla cattedra di ruolo all’Università di Roma.

A livello mediatico i vari Tranfaglia  Del Boca e i nuovi Torquemada si sbizzarrirono nelle accuse e negli attacchi più violenti.  Fu accusato di revisionismo, mentre il suo intento era quello di individuare una terza via storiografica tra marxismo demonizzante e tentativi volti a riabilitare il fascismo e Mussolini.  De Felice proponeva una storia di Mussolini e del regime senza partire dall’a priori dell’antifascismo e della retorica della vulgata. Una scelta ampiamente condivisibile che partiva da lontano: Chabod, Romeo, Cantimori. Non va dimenticato che lo storico fu marxista militante e iscritto al Pci, dal quale uscì nel 1956 insieme a Cantimori dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria . Rileggere oggi la sua immensa opera consente di capire chi siano stati Mussolini e il fascismo. Peccato che la morte a 67 anni gli abbia impedito di completare e magari di rivedere il suo lavoro ciclopico (oltre 6000 pagine solo nell’opera dedicata a Mussolini ) che non poteva umanamente essere esente di qualche piccolo errore materiale. Su queste piccole cose hanno infierito i suoi critici , incapaci di comprendere l’opera defeliciana, ma attenti critici di particolari insignificanti che dimostravano  la inadeguatezza dei suoi nemici. De Felice ebbe dei nemici, non degli avversari. Potrei essere testimone di questo odio contro il Maestro che era di per se’ un uomo spigoloso e introverso, segnato nella sua vita   da grandi  dolori  e da una lunga malattia che lo portò alla morte, Riandare a De Felice ci permette anche di vedere i limiti degli storici o pseudo -storici che ci hanno invaso con una saggistica inutile perché volta solo alla propaganda politica. I critici di De Felice sono nomi già dimenticati, anche se sono ancora in vita perché il loro fine e’ stato quello di fare del fascismo un mostro da esorcizzare e utilizzare politicamente a favore del Pci e non un regime  da studiare con il distacco critico che impone ad uno studioso la ricerca storica. De Felice non ha frequentato le cellule politiche ,ma gli archivi in tempi in cui l’accesso ad essi non era agevole , se non impedito. Ha lasciato alcuni allievi che si ritengono suoi continuatori, ma rivelano limiti abbastanza vistosi. Forse solo Francesco Perfetti ha scritto pagine importanti. Emilio Gentile ha voluto andar oltre senza riuscirci a pieno. Oggi che rimonta la vulgata contro cui De Felice ha condotto la sua ricerca storica , bisogna schierarci nella difesa strenua della sua opera, opponendola ai libretti degli improvvisatori che ci ripropongono la minestra riscaldata di una storiografia obsoleta che risale al vecchio PCI. I presunti eredi del maestro hanno fallito perché sta riprendendo quota la vulgata .E hanno contribuito a confondere il maestro con un revisionismo che non fu mai suo , ma dei suoi seguaci meno importanti.  Si impone una considerazione molto amara, ma doverosa. Forse nessuno ha impegnato il suo tempo nella ricerca come lui, forse nessuno ha avuto la sua intelligenza critica  nel perseguire la terza via da lui indicata. Oggi i giovani ribaldi- soprattutto torinesi –  alzano la voce perché nessuno ha saputo portare a maturazione il magistero  defeliciano,  sviluppando la sua opera’ senza ridurla ad una litania. De Felice va distinto dai defeliciani, come Bobbio va tenuto lontano dai bobbiani. Insieme ad uno storico di razza come Gian Enrico Rusconi ricordai 25 anni fa De Felice a Torino in una sala pienissima di ex partigiani e reazionari di destra pronti a scattare nell’invettiva o nell’applauso acritico . Furono delusi perché noi parlammo di un De Felice fuori dagli schemi, dalle polemiche e dalle letture strumentali. Spero – ma non sono sicuro – che dopo un quarto di secolo si possa fare la stessa scelta di allora , liberandolo dall’etichetta di un falso  revisionismo becero e dalle interpretazioni rozze e manichee dei vecchi e nuovi maestrini e maestrucoli dalla penna rossa. Intanto Torino ha ignorato De Felice dopo aver contribuito ad oltraggiarlo. Di lui non si deve parlare. Trovano meglio proporre per legge il canto di “Bella ciao“. E’ più facile un bel coro di voci bianche che contestare le analisi storiche del Maestro – nemico.

Recovery Plan, presidio di Rifondazione

A Torino  giovedì 3 giugno presidio-conferenza stampa ore 11 davanti all’Ospedale Molinette,  ingresso principale

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO   Nell’ambito della campagna nazionale di Rifondazione Comunista per dire no alle politiche neoliberiste del governo, in difesa dell’occupazione, dei salari, dei redditi e per la ricostruzione del pubblico, a cominciare dalla sanità pubblica, giovedì 3 giugno, dalle ore 10 alle 12 si terrà un presidio davanti all’Ospedale Molinette con conferenza stampa alle ore 11 a cui interverrà Ezio Locatelli, segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Torino, Franco Cilenti direttore di Lavoro e Salute, Giorgio Pellegrinelli, dipartimento lavoro Prc-Se.

La lezione drammatica del covid non è servita a nulla: il governo Draghi continua con le politiche neoliberiste ad esclusivo sostegno dei profitti affidando il destino del paese alle stesse logiche del mercato che hanno prodotto il disastro economico e sociale che la pandemia ha messo con forza davanti agli occhi di tutti.

Il pubblico, a cominciare dalla sanità,  è stato impoverito drasticamente  nelle strutture e nelle risorse umane indispensabili  per garantire servizi di qualità sia in tempi normali che per far fronte alle emergenze che rischiano di diventare la norma in un mondo in cui il profitto prevale su tutto.

Nel Recovery Plan del governo molti sono i miliardi destinati direttamente alle imprese e ad elevare la competitività mentre non sono previsti interventi diretti sul dramma della disoccupazione, dei salari, delle protezioni sociali, tant’è che si prevede il recupero degli occupati del 2019 non prima di tre anni, che nello stesso periodo sia i salari che i consumi sono previsti in calo. Si ammette che in Italia manca un milione di dipendenti pubblici rispetto alla media europea, ma poi si prevede appena il  recupero del turnover; non solo non c’è nulla contro la precarietà, ma  si assumono lavoratrici e lavoratori precari da lasciare a casa una volta finita l’emergenza; manca totalmente una riforma fiscale che garantisca strutturalmente le entrate indispensabili  per garantire protezioni sociali, redditi dignitosi, l’universalità dei diritti, la cura delle persone e dell’ambiente .

Giovedì 3 giugno, si terrà la seconda delle tre giornate in cui si articolerà la campagna diffonderemo le nostre proposte per una buona e piena l’occupazione, un lavoro e un salario dignitosi come previsto dalla Costituzione, per il rilancio del sistema sanitario pubblico, per un fisco giusto.

Futuro sospeso: la situazione ferroviaria piemontese

“A distanza di 10 giorni dall’evento tenutosi in diretta streaming lo scorso 20 maggio non si placano le reazioni di politici ed addetti ai lavori”

Un riassunto del convegno.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO  “Il Piemonte vanta il poco piacevole record di ben 15 tratte ferroviarie sospese”, ha rilevato Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta. “Riteniamo fondamentale riaffermare il ruolo del trasporto pubblico locale ed in particolare quella su ferro, in tutta Italia e soprattutto in Piemonte, una regione notoriamente afflitta dall’inquinamento atmosferico e in un momento storico in cui il tema della lotta ai cambiamenti climatici deve essere prioritaria ed al centro del dibattito politico” ha continuato Giorgio Prino “Oggi con il PNRR abbiamo un’occasione unica, che rischiamo di sprecare, come potrebbe accadere con l’idrogeno in qualche contesto o con lo sbilanciamento verso l’alta velocità dimenticando le linee locali”.

 

Tutte le 15 linee ferroviarie sospese in Piemonte devono quindi essere riattivate al più presto per il trasporto dei pendolari. Questa la principale conclusione del convegno nazionale online “Futuro sospeso – la situazione ferroviaria piemontese” di giovedì 20 maggio, una maratona ferroviaria durata più di tre ore organizzata dall’Alleanza per la Mobilità Dolce congiuntamente con Legambiente.

Tre gli importanti risultati operativi del convegno; oltre alla già citata richiesta di riattivazione al trasporto dei pendolari e degli studenti, la riapertura per i convogli turistici ove non siano disponibili le risorse economiche per la completa riattivazione e la chiusura totale a qualsiasi ipotesi di riconversione delle linee in piste ciclabili o busvie utilizzandone il sedime.

Al convegno, organizzato nell’ambito delle giornate delle Ferrovie delle Meraviglie per la presentazione di un report nazionale sulle numerose tratte ferroviarie sospese o con grandi difficoltà, hanno partecipato studiosi dei trasporti, rappresentanti dei territori piemontesi, enti ed associazioni, portando importanti contributi di conoscenza e confronti con storie di successo come la linea Merano-Malles.

Il tema è stato introdotto da Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e valle d’Aosta, che ha ricordato come il Piemonte vanti il poco piacevole record di ben 15 tratte ferroviarie sospese. Giorgio Prino ha rilevato come il webinar sia la naturale prosecuzione della campagna social “Futuro Sospeso”, di cui si è appena conclusa la prima fase in cui sono state presentate sei tratte raccontandone la storia e le motivazioni per la riapertura. “Riteniamo fondamentale riaffermare il ruolo del trasporto pubblico locale ed in particolare quella su ferro, in tutta Italia e soprattutto in Piemonte, una regione notoriamente afflitta dall’inquinamento atmosferico e in un momento storico in cui il tema della lotta ai cambiamenti climatici deve essere prioritaria ed al centro del dibattito politico” ha affermato il Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta “Oggi con il PNRR abbiamo un’occasione unica, che rischiamo di sprecare, come potrebbe accadere con l’idrogeno in qualche contesto o con lo sbilanciamento verso l’alta velocità dimenticando le linee locali”.  Il Presidente Prino ha quindi introdotto la prima moderatrice, Alessandra Bonfanti, Responsabile nazionale Mobilità dolce di Legambiente.

 

Alessandra Bonfanti ha dato la parola a Luigi Cantamessa, direttore della Fondazione FS, che ha ricordato la lungimiranza di Cavour nel sostenere la rete ferroviaria piemontese, le opere di inizio secolo per ammodernarle, la bizzarra idea odierna di coprirne i sedimi per convertirle in piste ciclabili o busvie ed infine l’opera di riattivazione di numerose tratte sospese per permetterne la fruizione turistica, il ritorno del trasporto pubblico locale, l’intermodalità con la bicicletta, impendendone la dismissione.

Alessandra Bonfanti ha quindi presentato il dossier sulle 30 linee ferroviarie italiane da riattivare, di cui ben 12 in Piemonte, descrivendo i casi nazionali più significativi.

È quindi intervenuto Giulio Senes, dell’Università di Milano, Presidente della European Greenways Association, ponendo l’accento sul necessario recupero come ciclovie delle sole linee dismesse per preservarne l’unitarietà. Questo può accadere ad esempio per cambiamenti di tracciato, evitando che i sedimi vengano utilizzati per altri scopi e rendendo quindi possibile il successivo recupero a ferrovia quando ritenuto necessario.

 

Stefano Maggi, storico specializzato nello studio del trasporto ferroviario per l’Università di Siena, ha ricordato i primati della rete ferroviaria piemontese dall’epoca di Cavour confrontata con l’idea odierna di considerare le ferrovie minori come puri rami secchi, sospendendone il traffico invece di valorizzarne le capacità turistiche. La ferrovia non è come il bus, in quanto è permanente e non deve condividere lo spazio con il traffico automobilistico e commerciale. Costruire una pista ciclabile sul sedime della ferrovia è un danno per il territorio, ci deve essere invece una collaborazione tra autobus e treno, con il biglietto unico. Oggi è arrivato il momento di una conversione ecologica verso il treno anche per i trasporti merci. Quattro i punti su cui si basa il ragionamento: ferrovia spina dorsale del territorio, pista ciclabile a fianco della ferrovia, bus raccordati ai treni come orari e tariffe, tariffe promozionali per usare il treno in gruppo o in famiglia.

Un altro importante intervento è stato quello di Massimo Gaspardo Moro, responsabile nazionale FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) per il tema ferrovie e intermodalità, che ha ricordato la necessità di integrare il trasporto ferroviario con l’uso della bicicletta, e confermato la contrarietà di FIAB a trasformare linee ferroviarie sospese in ciclovie. La bicicletta ha bisogno del treno per ampliare i raggi di azione del turismo ciclabile, quindi la bicicletta ha bisogno del treno e il treno ha bisogno della bicicletta.

Alessandra Bonfanti ha quindi passato il testimone del moderatore ad Angelo Porta, vicepresidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta che ha brevemente introdotto la peculiare situazione del trasporto ferroviario in Piemonte, dove sono sospesi 483 chilometri di linee (un terzo dell’intera estensione regionale) che servono un bacino di 430.000 abitanti, elencato le principali tratte descritte nel rapporto e ricordato alcuni casi emblematici tra cui la linea Ivrea-Aosta, dove molte stazioni piemontesi sono state chiuse o sottoutilizzate con fermate previste solo per pochissimi dei convogli che collegano le due città .

Angelo Porta ha inizialmente dato la parola a Dimitri De Vita, Consigliere con delega ai trasporti della Città Metropolitana di Torino, che ha ricordato gli sforzi e le risorse economiche messe a disposizione dalla Città Metropolitana per migliorare il trasporto locale e si è unito nella richiesta di riattivazione delle linee piemontesi attualmente sospese.

Ed ha quindi coinvolto quattro esperti per presentare altrettanti casi emblematici:

 

Andrea Crocetta, del Circolo Legambiente Valpellice ha presentato il caso della tratta Pinerolo-Torre Pellice, sospesa dal 2012, la cui riapertura è inserita nel contratto di servizio siglato tra la Regione Piemonte e Trenitalia, ma mai riattivata e su cui è stato anzi commissionato al Politecnico uno studio per la trasformazione in busvia-ciclovia, con una spesa prevista di oltre 26 milioni di Euro per i soli costi di trasformazione e senza considerare l’acquisto dei mezzi a idrogeno e i costi di esproprio, mentre la Regione potrebbe finanziare il servizio con soli 1.5 milioni di Euro/anno.

Ha proseguito Giovanni Currado, consigliere dell’Agenzia per la Mobilità Piemontese, ricordando la storia delle ferrovie piemontesi con particolare sguardo alla Asti-Castagnole-Alba ed il ruolo fondamentale che hanno avuto nello sviluppo economico delle aziende vinicole. L’architetto Currado ha concluso affermando l’importanza della linea per uno sviluppo turistico ambientalmente sostenibile in relazione all’inclusione dei territori attraversati nei siti Unesco.

 

Helmuth Moroder, esperto di trasporti, già direttore della SBA – Infrastrutture Ferroviarie Alto Adige S.r.l., ha presentato il caso di successo della linea Merano Malles, la più grande opera di ripristino ferroviario mai realizzata in Italia: dismessa dalle Ferrovie dello Stato nel 1990, acquisita dalla Provincia di Bolzano, rimessa in esercizio nel 2005 con cadenzamento orario, ha raggiunto sin dai primi anni di esercizio 1.5 milioni di passeggeri/anno, arrivando a poco meno di 2 milioni negli ultimi anni. Questi risultati hanno imposto l’elettrificazione della linea con l’obiettivo di passare al cadenzamento di 30 minuti e in qualche caso ai 15 minuti.

Ha concluso questa parte del convegno Achille Chiari, dell’Associazione Ferrovia Internazionale Torino-Svizzera, presentando il caso della linea Santhià-Arona, ricordando che in passato era attivo un corridoio tra la Costa Azzurra ed il centro Europa passando proprio per questa tratta, di cui sono quindi evidenti le potenzialità in chiave turistica.

Angelo Porta ha quindi ceduto il testimone da moderatore ad Anna Donati, portavoce dell’Alleanza per la Mobilità Dolce.

Anna Donati ha moderato la tavola rotonda, in cui ha parlato per primo

 

Michele Torsello, Consigliere del Ministro delle Infrastrutture e mobilità sostenibili, che ha sottolineato l’impegno del Governo per l’attribuzione di ingenti risorse finanziarie derivanti dal PNRR non solo alle linee ad alta velocità, ma anche alle linee locali, e che per il Piemonte sono previsti 33 milioni di Euro per la riapertura a fini turistici di alcune linee piemontesi sospese.

Ha proseguito Alberto Sgarbi, Presidente Federazione Italiana Ferrovie Turistiche e Museali, ricordando che la ferrovia turistica nasce nell’Europa continentale per tutelare i sedimi dismessi, e che spesso la ferrovia turistica ha più successo del trasporto ordinario. In Francia alcune ferrovie turistiche sono ritornate attive per il trasporto passeggeri e merci, e che se anche la ferrovia turistica non è praticabile esiste la possibilità dei ferrocicli, quadricicli a pedali che producono reddito per le comunità ed i lavoratori locali.

 

Eraldo Botta, Presidente della Provincia di Vercelli, ricordando i risultati molto positivi ottenuti dalla riapertura ai treni turistici della linea Novara-Varallo, ed ha identificato nella riapertura delle linee sospese almeno a fini turistici un importante motore per promuovere i territori. La ferrovia rimane un mezzo di trasporto concorrenziale, le ferrovie devono essere riaperte e concorrere al trasporto pubblico locale.

 

Paolo Lanfranco, Presidente della Provincia di Asti, si è unito alla richiesta, ricordando la situazione del traffico e delle strade locali anche a fronte della sospensione delle linee ferroviarie. Ricordando il falso dilemma tra ferrovie e piste ciclabili, e l’emergenza strade nella provincia, ha sostenuto con forza che le ferrovie ritornino ad essere uno dei servizi che permettono la residenzialità fuori dalle città metropolitane. Dobbiamo ricostruire comunità vive e vivaci, e utilizzare anche nuove tecnologie per rendere nuovamente sostenibile il trasporto ferroviario, con una visione complessiva dei problemi del territorio.

 

Roberto Bava, delle Cantine Bava di Cocconato, ha affermato la valenza delle linee ferroviarie anche per il possibile traffico merci, ricordando come tutte le principali e più famose cantine vinicole piemontesi (comprese le cantine Bava) si trovino nelle immediate vicinanze delle stazioni (compresi i produttori di vermouth della cui associazione è presidente).

 

Roberto Colombero, Presidente di UNCEM Piemonte chiede un ritorno al futuro per rispondere alle necessità di comunità, con opportunità di residenzialità per mettere in pratica tutto quello che è stato affermato durante la pandemia. Scelte drastiche soprattutto da parte di chi ha la responsabilità politica ma anche da parte dei cittadini. Dalla valle Maira a Cuneo ad esempio per la frequenza scolastica, servono due ore di viaggio con l’attuale assetto del TPL, sono troppe. È necessario riattivare le linee ferroviarie sospese e forse realizzarne delle nuove. Ha ricordato infine i turisti (soprattutto stranieri) che non capiscono e non comprendono come non vi siano trasporti su ferro per raggiungere i luoghi di loro interesse.

Importanti le conclusioni di Diego De Lorenzis, membro della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, che, tornando alla sua abitazione in treno, ha ricordato le leggi sulle ferrovie turistiche e i fondi per il trasporto pubblico locale approvate nelle due ultime legislature. L’onorevole De Lorenzis ha ricordato inoltre che il criterio per l’eventuale trasformazione del sedime in una ciclovia è l’assenza dell’armamento: in caso contrario (quando sono presenti i binari e le traversine) sarebbe grave ricoprire il sedime con una pista ciclabile. De Lorenzis ha concluso affermando come sia necessaria una integrazione tariffaria per i diversi mezzi di trasporto locale, allargata all’ambito nazionale.

 

Anna Donati ha concluso l’incontro ribadendo il senso e la convinzione che le tratte sospese in Piemonte e in tutta Italia vadano riattivate e che una fetta più importante di risorse del PNRR debbano essere spostate sul trasporto ferroviario locale. La portavoce di AMODO ha anche rilevato come l’assenza al convegno dell’Assessore ai Trasporti della Regione Piemonte, Marco Gabusi, dovuta a concomitanti impegni istituzionali, abbia purtroppo impedito il confronto e di veicolare direttamente le istanza dei territori e le nuove informazioni sul PNRR verso i vertici regionali.

La registrazione del convegno si può trovare sulle pagine Facebook di Legambiente Piemonte e di Amodo.

Legambiente Onlus: è l’associazione ambientalista più diffusa in Italia con 18 sedi regionali, 1000 gruppi locali, 115.000 tra soci e sostenitori. Un’associazione senza fini di lucro, fatta di cittadini e cittadine che hanno a cuore la tutela dell’ambiente in tutte le sue forme, la qualità della vita, una società più equa, giusta e solidale. Un grande movimento apartitico fatto di persone che, attraverso il volontariato e la partecipazione diretta, si fanno promotori del cambiamento per un futuro migliore. Ha fondato la propria missione sull’ambientalismo scientifico, raccogliendo dal basso migliaia di dati sul nostro ecosistema, che sono alla base di ogni denuncia e proposta. Da 40 anni si batte per un mondo migliore, combattendo contro l’inquinamento, l’illegalità e l’ingiustizia per la bellezza, la tutela, una migliore qualità della vita.

Amodo – Alleanza per la Mobilità Dolce: nasce dal desiderio delle più importanti Associazioni nazionali ambientaliste e di settore di collaborare e attivare azioni congiunte per promuovere e far crescere la mobilità dolce in Italia, recuperando i ritardi nella pianificazione sostenibile dei territori e del paesaggio e nel sostegno al turismo lento. Le Associazioni che formano l’Alleanza si riconoscono nel Manifesto per una nuova Alleanza per la Mobilità Dolce. Tra le principali associazioni sono presenti: