“Una panca per due omicidi perfetti” di Eleonora Calvi (Guida editori, euro 18, disponibile anche sul web) narra della storia della morte del padre dell’autrice, nel 1985. Allora il pubblico si divise tra innocentisti e colpevolisti, come sempre accade quando i contorni di una grave vicenda non sono chiari. Alfredo Calvi fu un imprenditore di successo, importò nel dopoguerra i primi entrobordo, le prime Jeep americane, il kevlar (materiale isolante multifunzionale). Fu il primo a metter su strada in Svizzera un’auto elettrica. Nato da una famiglia ricchissima di Milano già nella prima guerra, si ritrovò povero.
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“Mio nonno spiega Eleonora calvi – ricostruì il patrimonio ma nella seconda guerra, a seguito dei bombardamenti su Milano, persero nuovamente tutto. Fu mio padre, che aveva avuto occasione di studiare diplomandosi, a ricostruire una ‘fortuna’. Memore del passato, cercò di dislocare le sue attività in più Stati. Da ciò ebbe modo di frequentare ambienti diversi. Rilevante fu la conoscenza di lingue straniere, delle leggi diverse ma in primo luogo, l’istinto del buon venditore. E già nel dopoguerra, quando non esistevano grandi Società di ricerca di mercato, egli da solo intuiva le potenzialità future dei suoi investimenti. Non da ultimo una corretta visione politica complessiva, lo aiutò nel suo successo. Quello che comunemente si suole affermare come ‘un precursore dei tempi’. Uomo schivo, amava tutto ciò che viene definito ‘ bello’ sempre mantenendo una misura adeguata nel gustarsi i benefit che il suo status sociale gli consentiva. Era affascinato nell’evoluzione dei motori e i suoi pochi amici prediletti, erano del settore in America. Aveva una curiosità spasmodica per ciò che sarebbe accaduto dopo il 2000 nei confronti della tecnologia. Seppur appartenesse a una famiglia molto longeva (sua sorella morì a 102 anni) e fosse già anziano benché agile e sportivo, non ebbe modo di soddisfare quel desiderio dato che fu barbaramente assassinato per danaro. Non gli fu mai resa Giustizia”.
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“Dopo molti anni dallo sconvolgente omicidio di mio padre – aggiunge Eleonora – fatto che allora fu oggetto di acceso dibattito sui media internazionali – vengo a scoprire una realtà completamente diversa a seguito di una frase proferita al telefono da parte di mia sorella nel 2007 e da un articolo pubblicato al tempo da La Stampa di Torino”. Lungo il percorso per scoprire la verità e la realtà giuridica tristemente poco soddisfacente. Nel 2015 suscita la mia curiosità un omicidio – molto simile a quello di mio padre- di un avvocato di Milano: l’avvocato Cosima Corinna Schutterle. Dopo indagini, ne scopro il nesso”. Un libro avvincente, di cui non sveliamo i misteri, e la cui trama si dipana tra luoghi prestigiosi del bel mondo internazionale. Da St. Moritz, a Montecarlo, al Liechtestein. Sullo sfondo delle vicende la giustizia divisa tra la verità e la necessità di una Sentenza, l’interesse di Stato. Il lettore viene coinvolto nell’analisi di ogni singola prova, senza mai aver la sensazione di arrivare a una conclusione certa.
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Così, dopo il primo omicidio, anche il
secondo, assi simile, conferma ai lettore la sensazione che gli accordi internazionali, seppur sottoscritti, non vengano rispettati nell’ interesse nazionalistico degli Stati che appartengono all’Unione europea. Conclude l’autrice: “Se un omicidio imperfetto diviene perfetto, c’e’ certamente qualche cosa da cambiare dato che e’ sul sangue dei morti dell’ultima guerra mondiale che e’ stata firmata una Carta sulla quale e’ nata l’Unione europea…o almeno cosi’ e’ in apparenza. Il mio racconto quindi non e’ una critica ai Magistrati che han fatto parte di questi eventi ma una critica a Leggi che mancano. Cosi’ tanto lontano siamo andati dal ricordo di quell’originario sangue versato che noi cittadini europei occupandoci del nostro orticello, abbiamo perso di vista l’importanza di migliorare la Legge per la vita e la pace. Spero tanto che la nostra tanto desiderata Unione Europea non cada dalla base di marmo candida che la sorregge: la difesa della vita umana.” Un libro tutto da leggere, che lascerà anche un po’ di amaro in bocca. Senza mai però tralasciare ironia, umorismo e fiducia in un futuro migliore.

La Fondazione Crescere Insieme al Sant’Anna, in collaborazione con il Comune di Torino, ha organizzato per la prima volta la proiezione del proprio logo sulla cupola della Mole Antonelliana di Torino
Torino e la ricerca e il potenziamento delle strutture nel campo della Neonatologia. Il progetto è stato sostenuto grazie alla generosità, alla disponibilità e all’aiuto di molte grandi aziende, tra le quali Juventus Football Club, FCA, Gruppo Crai, e soprattutto grazie al sostegno di tante affezionate persone, che hanno reso possibile il finanziamento di ricerche e iniziative e l’acquisto di nuove attrezzature. Il 9 maggio 2016, dopo dieci anni di grande impegno e di grandi sforzi, è stato finalmente inaugurato il nuovo Reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale Sant’Anna, che può vantare spazi e attrezzature all’avanguardia: una struttura efficiente, moderna e funzionale, dotata delle strumentazioni mediche più evolute. “E’ emozionante vedere il nostro logo proiettato sulla Mole Antonelliana, simbolo di Torino, immagine dell’impegno che in questi anni la Fondazione Crescere Insieme al Sant’Anna Onlus ha profuso per raggiungere gli obiettivi che si è posta. Nulla sarebbe e sarà possibile senza l’aiuto di tanti piccoli e grandi benefattori; l’apertura della nuova Terapia Intensiva Neonatale, la nuova casa per i nostri piccolissimi pazienti, è uno straordinario risultato di cui non saremo mai abbastanza riconoscenti per tutta la generosità ricevuta – afferma Daniele Farina, Vice Presidente della Fondazione Crescere Insieme al Sant’Anna ONLUS.”
“Africa, la Grande Madre”, con opere della collezione Albertino-Alberghina
Picasso, Matisse, Braque, Derain e Brancusi, pronti ad attingere “alla grande lezione formale offerta da quegli idoli, maschere e feticci, per tradurla in una nuova e vitale stagione estetica”, come sottolineano le parole di presentazione alla mostra. Un percorso lungo quello della valorizzazione, che ha trovato un favore incondizionato e supportato dai sentimenti della passione e della consapevolezza da parte dei viaggiatori, dei collezionisti, degli etnografi pronti a guardare con un occhio diverso l’Art nègre, sino a svelarne in tutta la propria completezza l’eredità culturale arrivata sino a noi. Un collezionismo che nella mostra consegna un invidiabile bagaglio (maschere e preziose statuette nei diverse materiali, immagini) ad opera di Bruno Albertino e Anna Alberghina, medici entrambi e viaggiatori nei più diversi paesi del territorio africano (per tutti, la Costa d’Avorio e il Mali, l’Angola e il Mozambico e il Ghana), e non soltanto, un occhio particolarmente attento lui alla scultura dell’antico continente, indagatrice lei, attraverso il mezzo fotografico, nel ritrasmettere ad un pubblico lontano volti e ambienti, tradizioni e costumi, momenti catturati alla vita quotidiana, i villaggi, il lavoro, le acconciature, i colori delle vesti, istantanee di una cultura che va aiutata a mantenere una genuinità da sempre messa in pericolo da fattori esterni (“i nostri studi, i viaggi che compiamo, gli scambi che da sempre sviluppiamo con altri appassionati e studiosi ci dicono la necessità di testimoniare di un’Africa che lentamente si dilegua, travolta dal vortice della globalizzazione, dall’economia di mercato, dalle religioni importate e dal neocolonialismo economico”, sottolineava ancora Albertino presentano la sua
importante partecipazione alla mostra di Rivoli). Per l’occasione, nella volontà di ripercorrere la lunga strada fatta sino qui dall’arte dell’Africa, vengono altresì esposti alcuni calchi dei celebri graffiti preistorici della valle del Bergiug nel Sahara libico, risalenti a circa 11.000 anni fa, documentati dalla spedizione denominata “Fiumi di pietra” condotta da Alfredo e Angelo Castiglioni, celebri ricercatori, con Giancarlo Negro e Luigi Balbo. La ricostruzione di importanti sezioni pittoriche di tombe egizie, realizzate da Gianni Moro, illustranti i temi della vita quotidiana, delle attività agricole e artigianali, sono messe a confronto con un filmato girato dagli stessi Castiglioni nel cuore delle società africane, a dimostrazione del mantenimento di certi atteggiamenti culturali nel tempo; e ancora un grande diorama che fa parte della ricostruzione di un insediamento minerario per lo sfruttamento del quarzo aurifero da cui veniva estratto l’oro per i faraoni dell’Antico Egitto. A lato dei “reperti”, le opere di vari artisti contemporanei, Raffaella Brusaglino, Giuliana Cusino, Ezio Gribaudo, Isidoro Cottino, Giancarlo Laurenti, George Lilanga, Ugo Nespolo, Nino Ventura, Pietro Weber, sono lì a testimoniare le contaminazioni o i ponti di dialogo disposti negli anni più recenti tra l’arte nostra di oggi e le radici che per molti versi l’hanno generata.
È partito ad ottobre il Progetto Ulisse ideato e curato dalla Fondazione Cosso di San Secondo di Pineroloin collaborazione con il progetto Avant-dernière pensée, a cura di Roberto Galimberti
E’ la donna più anziana al mondo, si chiama Emma Morano, e compirà domani 117 anni. Ha trascorso il giorno del compleanno nella sua casa di Verbania, dove il sindaco è andato a trovarla
Nasce in un giardino di via Legnano 20 a Torino ISI & FRIENDS, un laboratorio-show room interamente dedicato alla produzione artigianale di accessori per cani.
E’ questione di ore e all’ex Moi potrebbero già arrivare i primi 150 soldati a presidiare una zona ormai in preda al degrado e all’insicurezza
richiedenti asilo e presidieranno anche la zona attorno al cantiere del Filadelfia e via Giordano Bruno. E’ stato il premier Renzi a garantire un primo stanziamento del Viminale che permetterebbe di accelerare il piano di sgombero. Dopo le polemiche scaturite dall’assalto al villaggio con petardi e bombe carta da stadio mercoledì notte, che ha dato il via alla rivolta degli occupanti, la tensione era troppo elevata e qualcosa andava fatto.
Il ricavato sarà interamente devoluto all’ABIO, l’Associazione per il Bambino in Ospedale, che si occupa di aiutare i bambini a superare l’impatto con la degenza