Dopo la vittoria della Coppa Piemonte della Provincia di Torino, prosegue l’avventura dell’Usd Salsasio in Coppa, portando a casa anche la vittoria in campionato e passando così in Seconda Categoria. In campionato i rossoneri hanno trionfato a casa dello SportInsieme Piobesi Torinese con uno straordinario 7 a 0 con triplette di Falconi, Manescotto e rete di Beltrame. Perse invece le ultime due partite, con un 2 a 0 contro l’Atletico Volvera e 1 a 3 in casa contro il Cumiana, quando però ormai il campionato si era già tinto di rossonero. In conclusione dell’ultima giornata di campionato, domenica 20 maggio si è tenuta la premiazione della vittoriosa Salsasio da parte della Delegazione FIGC Lnd di Pinerolo nella persona di Giuliano Miegge. In Coppa Piemonte il Salsasio, squadra rappresentante la provincia di Torino, dopo la netta vittoria contro il Virtus Saluggia con reti di Falconi, Dellunto e Manescotto, i rossoneri hanno poi passato il turno e vinto il triangolare, grazie al pareggio che ha dato la vittoria al Salsasio per via della differenza reti, contro la squadra rappresentate la provincia di Aosta la Montjovet Champdepraz, giocata in casa mercoledì 23 maggio e finita 4 a 4 con goal di Dallunto, Audisio, Falconi e Manescotto. Ora si proseguirà con le semifinali regionali.
Ivan Quattrocchio


la tela, ma il polistirene espanso, quest’ultimo diventa materiale scultoreo tridimensionale lavorato inciso bruciato colorato ad olio e resine, tale in alcuni passaggi, da trasformarlo in qualche cosa di non immediatamente percepibile che dispone nell’osservatore la necessità di toccarlo per capirne la natura e il segreto. Nascono così questi lavori ridefiniti dall’artista come ”OOPART “ dall’acronimo inglese “Out of Place Artifact “acronimo che raggruppa tutte quelle opere archeologiche misteriose, di cui non si riesce a stabilire con certezza , provenienza , datazione e significato.
Sabato 19 maggio alle ore 16 nella sala Kolbe, Convento di San Francesco, I piano, piazza San Francesco 3
La parola alle stelle














in bocca …sputandola, disgustato, un attimo dopo. Nella carta della “Golia“, il perfido Dante, aveva avvolto una piccola pallina di cacca di capra. A prima vista sembrava proprio una caramella e la golosità aveva tradito l’anziano che diede fondo, in breve, al suo repertorio di parolacce e bestemmie, giocandosi le residue “chance” di poter accedere – se non proprio al paradiso – quantomeno al purgatorio. Una sera entrò tutto trafelato anche Quintino, con il volto e le mani “sgarbellate“, cioè graffiate. Aveva lasciato da meno di un’ora l’osteria, salutando tutti, ubriaco da far paura, ed insieme a Berto Grada erano partiti alla volta di Oltrefiume. I due, traditi dal vino e dall’asfalto bagnato, erano finiti con la Vespa giù dritti per la scarpata della ferrovia, infilandosi tra i rovi sul greto del torrente. Berto, più per lo spavento che per la botta, era svenuto. E Quintino, dopo averlo cercato al buio, gridando il suo nome, spaventatosi per il silenzio dell’amico, era tornato all’osteria – barcollando – per chiedere aiuto. Erano una coppia di “originali“. Berto lavorava come muratore e a tempo perso dava una mano ad Alfonso che di mestiere faceva il becchino al cimitero di Baveno, in cima al viale dei Partigiani. Lavorava come una ruspa e capitava spesso che bisognava intimargli “l’alt” mentre scavava una
fossa perché, se stava per lui, non era mai abbastanza profonda, con il rischio di rimanere lui stesso sepolto vivo se gli franava addosso l’enorme cumulo di terra. All’osteria lo prendevano in giro perché era tanto buono ma anche un pò tontolone. Mario il Milanese l’aveva preso di mira con i suoi scherzi. Quando Berto comandava un piatto di trippa in umido o di minestra di fagioli, lo faceva distrarre per allungargliela con un mestolo d’acqua tiepida. Il Berto continuava a mangiare finché nel piatto restava solo un brodo insipido e leggero come l’acqua. Per fortuna c’era Maria, cuoca dal cuore d’oro, a difenderlo quando s’esagerava. Brandendo il grosso mestolo che serviva per girare la polenta, minacciava i burloni gridando: “Basta adesso. Il gioco è bello se dura poco. Lasciate stare il Berto, altrimenti vi faccio assaggiare questo bastone sulla gobba e vi assicuro che sono di mano pesante”.Maria metteva d’accordo tutti. Aveva un certo stile, deciso e convincente. Ma, essendo d’animo buono, perdonava tutti. A volte capitava che si venisse accolti per una rapida visita alla cucina esterna dell’osteria. Era quello il suo vero “regno“, ricavato dall’antica stalla. Accedervi era un privilegio. Il pavimento era stato ribassato rispetto al resto della costruzione. Il grande camino veniva utilizzato per l’essiccazione delle castagne ed i ganci appesi al soffitto servivano per asciugare i salami, che dopo la macellazione venivano appesi per una decina di giorni a “sudare”, sgocciolando il grasso. Nella cucina Maria aveva conservato diversi attrezzi che venivano utilizzati in passato: la
cassetta per la conservazione della farina per la polenta o per quella di castagne; le terracotte, i
Per sensibilizzare i cittadini sui temi della
Franchino, Evandro Gabrieli, Sara Galizio, Gian Genta, Sonia Girotto (da ammirare questa maschera d’uccellaccio piumato), Nadia Giuffrida, Ezio Gribaudo (deriva forse da qualche scavo archelogico, carica di anni, questa sua “Grande Madre”?), Susanna Locatelli, Caterina Mandirola, Marcello Mannuzza, Manuz, Guglielmo Marthyn, Paolo Pastorino, Brenno Pesci, Ylli Plaka, Ermes Ricci, Federico Rivetti (i suoi strumenti), Guido Roggeri, Carlo Sipz, Michelangelo Tallone, Sergio Unia, Nino Ventura, Vittorio Zitti.
albori della nostra storia: anche quest’anno ci verrà regalata l’emozione di ritrovare fragili e bellissimi oggetti creati da importanti maestri e da più giovani artisti, uniti dalla passione per la materia e per le possibilità che essa consente”. 






Due opere dell’artista sono presenti nella Raccolta delle Stampe e dei Disegni della Collezione Sgarbi presso la villa Cavallini-Sgarbi di Ro Ferrarese.