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“Le donne nell’arte” in mostra alla galleria Malinpensa by La Telaccia

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Dal 18 al 31 ottobre 2023 uno sguardo tutto al femminile 

 

Un’attenzione particolare all’universo femminile è il fil rouge che Monia Malinpensa, art director della galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, ha ricercato nella mostra che si è appena aperta, intitolata “Le donne nell’arte”, visitabile fino al 31 ottobre prossimo.

Quattro le protagoniste di questa esposizione: la scultrice Barbara Lodola e le pittrici Rita Lombardi, Annalisa Macchione e Alessandra Trischitta.

La scultura dell’artista Barbara Lodola è il risultato di un’espressione originale e di un dinamismo altamente intimistico in cui i visi femminili e i samurai pulsano di vita, di annotazioni simboliche e di estro creativo. La materia su cui l’artista lavora è l’argilla semirefrattaria bianca, cotta in un forno a mille gradi. Ella fa uso della tecnica di cottura Raku, di origine giapponese, nata in sintonia con lo spirito zen, in grado di risaltare l’armonia delle piccole cose e la bellezza della semplicità nella naturalezza delle forme.

Durante il processo Raku il pezzo subisce un forte shock termico, ed è quindi necessario utilizzare un’argilla robusta e refrattaria, che possiede al suo interno granelli di sabbia, in grado di diminuire le contrazioni e evitare le fratture. Il pezzo in argilla refrattaria bianca, una volta modellato, viene cotto per la prima volta a 950/1000 gradi centigradi, successivamente avviene la decorazione per la quale si utilizzano ossidi o smalti. L’esempio di decorazione tramite riduzione si ottiene togliendo l’oggetto incandescente dal forno in base al tipo di prodotto che si utilizza, se segatura, carta o foglie sul prodotto biscottato cotto due volte, e si potranno ottenere diversi effetti di riduzione: dal nero al grigio.

 

La cottura Raku, o seconda cottura, viene effettuata sempre in un apposito forno a pozzetto o a campana. La scelta della tecnica Raku scandisce un percorso assolutamente personale, dove la continua ricerca crea un accrescimento ideativo e manuale di estrema maestria. I volti variegati da ritmi segnici e dai contrasti cromatici si muovono in una precisa linea interpretativa, conferendo all’opera un risultato finale estetico e contenutistico ricco di significato. Modellate con armonia, ricche di luci e di ombre, le sue sculture spaziano dalle modulazioni calde alla purezza del bianco assoluto, in tutta la loro carica interiore e minuziosa analisi espressiva.

Le opere dell’artista Rita Lombardi sono contraddistinte da una prospettiva geometrica, dalla padronanza della tecnica e dalla validità strutturale, che ne costruiscono in piena autonomia un modulo di base ben preciso. L’effetto visivo e le promesse concettuali definiscono un’espressione pittorica di chiara astrazione, dove a giocare sono le forme, i segni e i simboli, in una dimensione altamente suggestiva e originale. Il gioco dei pieni e dei vuoti, la geometria delle linee strutturali e il descrittivismo cromatico creano una realizzazione in cui è evidente un risultato di interessante discorso pittorico, che le consente di dare un segno pregnante al suo percorso. Attraverso il segno, la luce e lo spazio ogni singola immagine, che vive in un labirinto geometrico in costante movimento, produce effetti tra la cromia e il segno, determinandone un’espressione artistica indipendente. Le opere sono realizzate in piena libertà compositiva e testimoniano una capacità descrittiva non comune, in cui la sostanza materica, la vivacità cromatica e la resa formale rivelano una preparazione artistica ricca di temperamento. Vincente l’accostamento dei colori e l’equilibrio delle linee che dialogano con una forza comunicativa che si traduce in emozione.

Di animo sensibile l’artista Annalisa Macchione, che dipinge la visione della realtà con un’intensità contenutistica così viva da far emergere nel soggetto la forza espressiva e la resa simbolica in una linea figurativa densa di significati. La natura, da lei vissuta con forti sensazioni e la scoperta di emozioni continue, si libera nella padronanza della tecnica a olio e mista su tela, realizzata con impegno e grande ricchezza poetica. È una pittura armoniosa, ricca di una dimensione dal notevole senso interpretativo, che rivisita l’esecuzione figurativa del soggetto con la fantasia entro limiti ben definiti. L’immagine naturalistica manifesta una sensibilità che si traduce in un iter pittorico di inequivocabile partecipazione emotiva capace di riflettere una personalità che risalta in ogni dipinto. Pur restando fedele ai canoni realistici, l’artista mostra opere di particolare modernità e saliente ricerca espressiva. Vedute paesaggistiche, alberi imponenti e boschi incantati sono animati da un forte impegno tecnico e da un senso dell’operazione estetica all’insegna di una comunicabilità di chiara impostazione pittorica. Le opere dell’artista Annalisa Macchione appaiono in continua evoluzione e si valorizzano di sentimenti e contenuti universali, in cui la modulazione figurativa riesce a regalarci un messaggio di serenità. La densità cromatica, imagistrali riflessi, e la sintesi del contenuto danno completezza all’opera, costruendo una visione pittorica suggestiva.

L’arte di Alessandra Trischitta è fatta di rappresentazioni che assumono un’intensità espressiva e si avvalorano di uno scenario accurato all’insegna di una concreta comunicazione che sa elevarsi in una dimensione personale e spirituale affascinante. Le sue opere diventano motivo di analisi e di pensiero, tanto da riuscire a valorizzare le immagini di una straordinaria intonazione poetica. L’arte di Alessandra Trischitta sa far meditare e ci regala l’esatta narrazione dei propri stati d’animo, sempre pervasi dal sentimento, da un particolare stato d’animo e da una sensibilità intuitiva. Ogni composizione è concepita con vera interiorità, evoluzione stilistica e aspetto contenutistico in cui la maestria el’esigenza descrittiva vengono armonizzate fra loro, dando pieno risalto al suo operare. Il tempo passato si unisce al presente, creando un legame tra universalità e soggetto, che nasce da un’emozione libera e si esprime in un perfetto equilibrio di sintesi.

Ogni elemento nell’iter di Alessandra Trischitta desta interesse e riflessione, la realtà si fonde con la memoria, così come la parola si armonizza nell’opera esprimendo un messaggio diretto e chiaro nei confronti dello spettatore, come nell’opera “Una partita a scacchi”, realizzata in stampa giclée su tela in edizione limitata e numerata.

 

La tecnica della fotografia/arte digitale, realizzata con profondo studio e con notevole impegno di elaborazione, trova nelle sue opere una precisa compostezza compositiva che esprime un’armonia raffinata e un‘inventiva ben strutturata, in cui dominano la forza espressiva del colore, l’impronta formale di accorta prospettiva e la simbologia, nutrita di una fantasia del tutto personale.

Galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, Corso Inghilterra 51, Torino

Orario: 10:30 – 12:30 / 16:00 – 19:00

Chiusura: lunedì e festivi

 

Mara Martellotta

Graziella Porta: le indagini del vicequestore Rodolfo Guglielmetti

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Il vicequestore Guglielmetti con “Il prezzo dell’abbandono” è alla sua seconda indagine, i lettori apprezzano il suo peculiare cinismo ironico che usa per dipanare misteri venuti dal passato. Nei suoi casi si incontrano famiglie problematiche e donne offese nel corpo e nelle emozioni.”

L’AUTRICE:

Come ti definiresti? Mi piace dire di essere a metà fra una casalinga felice e una divulgatrice scientifica. Sono anche ex docente di matematica, cuoca appassionata e scrittrice amatoriale di teatro, cosa che ho fatto per oltre quindici anni.

Perché scrivere romanzi se tu hai un bagaglio scientifico alle spalle? “Scrivere mi riempie di energia, mi rende euforica. I pensieri inseguono una trama per mesi e poi è come se le parole uscissero da sole dalle dita. A volte mio marito reclama la cena e io sono ancora lì che batto frenetica la tastiera del pc. So che detto così sembra una patologia compulsiva tuttavia, vi assicuro, è una gran bella malattia. Inoltre, chi scrive gialli deve seguire un rigore logico per i tempi, gli eventi e anche per i colpi di scena che devono essere dosati, mai eccessivi. Ho anche dovuto raccogliere un minimo di conoscenza delle scienze forensi perché il lettore merita che i dettagli forniti dal medico legale siano corretti; quindi, la formazione scientifica non contrasta lo scrivere, anzi.

Da dove raccogli l’ispirazione per i temi e i personaggi? “Insegnando ormai da anni, ho incontrato situazioni familiari complesse e variegate. Il tema della famiglia mi è molto caro perché, se ci si pensa non si può negare che la formazione di un individuo inizi dalla culla. La famiglia ci plasma, che la si abbracci a vita o la si rifiuti per sopravvivere. Nei miei romanzi, quelli pubblicati e quelli nel cassetto, tutto inizia sempre da una famiglia. Alcuni dei miei personaggi sono inventati, ma i principali si ispirano a persone reali. Ne creo figure simpatiche, peculiari, strane e misteriose a cui faccio vivere storie assolutamente di fantasia. Per mia fortuna non ho mai incontrato assassini!”

Il prezzo dell’abbandono” è la tua seconda pubblicazione, nel primo romanzo “Il profumo del sapone” Guglielmetti scava nel passato di una famiglia all’apparenza normalissima ma nel profondo estremamente problematica. Hai già pronta una terza indagine e qualche progetto per il futuro? Sì, il vicequestore Guglielmetti è già impegnato nella sua ultima indagine, combattuto fra la moglie che gli chiede di andare in pensione e il suo attaccamento al dovere. All’orizzonte c’è il vicequestore Gallo, un personaggio con un gran cuore e qualche difficoltà a socializzare, ma non voglio anticipare troppo!

SINOSSI:

Ne “Il profumo del sapone” la famiglia Degliorti vive una vita anonima in un anonimo palazzo di Corso Concordia a Milano, Zona Risorgimento, non molto lontana dal centro. Gli inquilini del palazzo vi direbbero che non hanno mai sentito un litigio provenire dalla loro porta, si potrebbe dire che i Degliorti vivono nel silenzio, ma un segreto riemerso dal passato squarcerà con un grido di morte tanta pace. Lo zio d’America, presentatosi inatteso alla loro porta in una normale domenica sera, il lunedì mattina viene trovato morto dissanguato nel salotto di casa. Toccherà al vicequestore Guglielmetti e alla sua peculiare squadra, fra cui il commissario capo Crivelli, dipanare sospetti e moventi. Tra battute pungenti e lo sconforto di una indagine ostacolata da molte menzogne emerge un quadro familiare fragile e al contempo spietato. Mentire in questa famiglia è patologico. Chi ha ucciso lo zio d’America dopo vent’ anni di assenza? Un nemico del suo misterioso passato o il fratello pieno di rancore per i torti subiti, la cognata frustrata, la madre affetta da Alzheimer, il giovane nipote deluso o un estraneo che si è introdotto in casa?

Il prezzo dell’abbandono” è un intrigante giallo in cui il male si annida nei legami di sangue e il passato ritorna a tormentare il presente. In un appartamento a Milano, viene ritrovato il corpo di Andrea Scarpa, filantropo e noto imprenditore di tessuti tecnici, ucciso con un colpo di pistola alla nuca. La moglie, Eirene Villanova, è stata ridotta in fin di vita da indicibili torture. Considerato che la donna è una semplice casalinga con una vita apparentemente priva di nemici, si cerca il movente fra gli agguerriti concorrenti in affari del marito oppure da chi lo minaccia da tempo per aver aperto una casa rifugio per donne violate. In questo quadro si inserisce la sorella della vittima, Caterina Scarpa, che avvisata dalle autorità è volata a Milano da New York dove vive oltre le proprie possibilità in compagnia di un certo John Miller, noto truffatore e ladro di identità. Caterina è una donna fredda, patologicamente bugiarda e la morte di Andrea gli frutta una bella quota nell’azienda. Un movente da milioni di euro. Tutto si stravolge quando viene scoperto l’ingombrante passato di Eirene e della sorella minore Annamaria ricoverata da alcuni anni in una clinica psichiatrica vicino a Milano.

Tra depistaggi, minacce e colpi di scena, Guglielmetti e il commissario Crivelli saranno costretti a scavare nei meandri più torbidi dell’animo umano. Riuscirà a far luce sul groviglio di menzogne che avvolge il caso e a ottenere giustizia per le vittime?

DOVE TROVARE I ROMANZI:

Il profumo del sapone” e “Il prezzo dell’abbandono”, sono facilmente reperibili oppure ordinabili, nelle librerie online e in quelle fisiche. Entrambi i romanzi sono pubblicati in formato cartaceo e e-book.

CONTATTI

Pagina FB – I gialli di Graziella

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Pori dilatati sul viso: scopri i migliori trattamenti

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 Vuoi dire addio ai fastidiosi pori dilatati sul viso? Scopri i migliori metodi e suggerimenti per trattare efficacemente i pori dilatati.

Pori dilatati sul viso: come si trattano?

Hai mai desiderato stringere i pori dilatati del viso e ottenere una pelle liscia come seta? Sei stanca di lottare contro i pori evidenti che sembrano non voler scomparire? Bene, preparati a scoprire i segreti per trattare i pori dilatati viso e riacquistare un incarnato levigato e impeccabile.

Cosa sono i pori dilatati?

I pori sono piccole aperture sulla superficie della pelle che permettono all’olio e al sudore di raggiungere la superficie. Ogni poro è collegato a una ghiandola sebacea, che produce sebo per lubrificare la pelle. Normalmente, i pori sono poco visibili e non si notano a meno che non siano ostruiti o dilatati.

I pori dilatati, noti anche come pori allargati, si verificano quando i pori diventano più grandi e quindi diventano più visibili a occhio nudo. Ciò può essere dovuto a diversi fattori:

Eccesso di sebo: Un’eccessiva produzione di sebo può portare a una maggiore dilatazione dei pori. L’eccesso di sebo può essere causato da fattori come l’iperattività delle ghiandole sebacee, squilibri ormonali, stress o predisposizione genetica.

Accumulo di sporcizia e impurità: L’accumulo di sporcizia, cellule morte della pelle e altre impurità può ostruire i pori, causando un allargamento nel tentativo di espellere il materiale accumulato. L’uso di trucco pesante o di prodotti per la cura della pelle non adeguati può contribuire a questo problema.

Età: Con l’avanzare dell’età, la pelle può perdere elasticità e la capacità di mantenere i pori in posizione. Di conseguenza, i pori possono sembrare più grandi.

Fotoinvecchiamento: L’esposizione ai raggi UV dannosi del sole può danneggiare il collagene e l’elastina nella pelle, rendendo i pori più dilatati nel tempo.

I pori dilatati sono più comuni nella zona T del viso (fronte, naso e mento), ma possono comparire in altre aree del viso anche. Questo inestetismo può essere molto fastidioso, poiché i pori dilatati possono sembrare punti neri o punti bianchi e rendere la pelle meno uniforme.

Come trattare i pori dilatati

Fortunatamente, ci sono diverse misure che puoi prendere per trattare i pori dilatati e ridurne l’aspetto:

Detersione regolare: Una detersione accurata della pelle aiuta a rimuovere il sebo in eccesso, la sporcizia e le impurità che possono ostruire i pori. Utilizza un detergente delicato due volte al giorno per mantenere la pelle pulita.

Esfoliazione: L’esfoliazione regolare aiuta a rimuovere le cellule morte della pelle e a prevenire l’accumulo di sporcizia nei pori. Scegli un esfoliante chimico o meccanico adatto al tuo tipo di pelle e utilizzalo una o due volte a settimana.

Utilizzo di prodotti specifici: Esistono prodotti specifici, come tonici o sieri, che possono aiutare a ridurre l’aspetto dei pori dilatati. Cerca prodotti contenenti ingredienti come l’acido salicilico o l’acido glicolico, che possono aiutare a pulire i pori e ridurne l’aspetto.

Protezione solare: L’esposizione ai raggi UV può danneggiare la pelle e contribuire all’aggravarsi dei pori dilatati. Applica sempre una crema solare ad ampio spettro con un alto fattore di protezione per proteggere la pelle dai danni del sole.

Ricorda che la riduzione dei pori dilatati richiede tempo e pazienza. Seguire una corretta routine di cura della pelle e adottare uno stile di vita sano può aiutare a migliorare l’aspetto dei pori nel tempo. Sii costante e mantieni una routine di cura della pelle adatta alle tue esigenze specifiche per ottenere i migliori risultati.

Maria Stella: “Non ti ho mai salutato”, la storia di un grande amore

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Non ti ho mai salutato è la storia di Marco, un ragazzo dei giorni nostri che fin da piccolo vive intensamente.

Il tempo gli porta via presto alcuni affetti, lasciando il ragazzo con le prime domande senza risposte, con un’adolescenza di turbamenti e scoperte del proprio io in tutte le sue forme ed esigenze, di incomprensioni e pensieri inespressi.

Non mancano esperienze vissute con l’entusiasmo dei vent’anni, ma frenate da tristi realtà che si presentano inaspettate. È l’altalenare della vita che rende Marco, così bello grande e fisicamente forte, tanto debole interiormente. Prega perché arrivi un raggio di sole anche su di lui un giorno. Il raggio di sole arriva, ma a quel punto è a Marco che manca il coraggio di aprire le porte del proprio cuore.
La vita gli pone delle scelte da compiere e Marco non può esimersi. Si incammina in percorsi tortuosi, sofferenti, densi di vicissitudini, soffocando quel raggio di sole che non smette comunque di brillare e scaldare, tanto intenso da fare male. Non basta però a sciogliere l’inverno interiore del protagonista. Lui non lo permette.
Quando capisce quale scelta avrebbe dovuto fare da subito, è ormai troppo tardi.

In ogni famiglia può esserci un Marco. In ognuno di noi. In ogni storia d’amore non vissuta.
L’amore vero però ha una sua energia, non muore mai, sfida il tempo e gli spazi infiniti, fino ad arrivare alla sua metà, alla sua meta, continuando a illuminare chi lo ha sempre aspettato.
Accade anche tra due anime lontane in terra, ma vicine nell’immenso cielo.
Ho conosciuto Marco e gli ho promesso che avrei mantenuto in vita il suo ricordo, perché il vero Marco era la bellissima persona che tra le sue montagne si fermava ad ascoltare i sussurri dei suoi amici alberi.

Non ti ho mai salutato è la storia di un grande amore, di una vita, è una confessione, un monito e un’immensa speranza: ci sarà sempre un domani.

***

L’AUTRICE

Maria Stella nasce a Prato nel 1957. Diplomata nel settore estetico, diventa titolare di un centro tutto suo quando i suoi due figli, divenuti grandi, le lasciano tempo libero. Da sempre coltiva la passione per la scrittura. Ama lasciare ricordi di avvenimenti significativi della propria vita, ritenendo importante tutto il suo vissuto, dando ascolto sempre al cuore. Affascinata dalla lettura di molti romanzi storici, arricchisce la loro conoscenza con visite nei musei.

Vende la propria attività, diventa nonna e la sua occupazione più importante è il suo nipotino.
In questo periodo la penna diventa ancora più importante per lei :traduce in scrittura i messaggi che particolari amicizie le affidano. Un po’ come ispirata dalle stelle, pubblica il suo primo libro, mantenendo la sua promessa.

LINK UTILI:

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https://www.facebook.com/profile.php?id=100089252748396

“L’armadio dimenticato”, Venezia protagonista nell’ultimo romanzo di Roberto Carraro

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C’è molto in questo romanzo, molte atmosfere e tre epoche storiche. Una mummia, un Ispettore, un ladro, un navigatore, la Quarta Crociata, l’Arcangelo Michele, Costantinopoli, uno zoppicante legionario romano, un passaggio veloce di Unni, la malavita degli anni ottanta, tutto questo con Venezia come scenario e come protagonista

L’autore: “Parlo di me”

Mi chiamo Roberto Carraro e mi è sempre piaciuto scrivere. Il mio “esordio” risale a quando frequentavo la quinta superiore; il quotidiano locale aveva indetto un concorso per le scuole superiori per un tema su Padova. Ho partecipato e sono stato uno dei vincitori. La premiazione si è poi svolta nell’aula consiliare del Comune. Gli anni sono passati e ho un ricordo vago del momento; non c’era internet, niente smartphone ed erano poche anche le macchine fotografiche con il rullino di pellicola. Quella premiazione però non è stata un trampolino. La vita poi è andata avanti tumultuosa, come per tutti. La scrittura, quella creativa, immaginifica e libera, ha ricominciato a fluire dopo qualche anno e ho quaderni pieni di idee e racconti, completi (pochi), a metà (parecchi), abbozzi (abbastanza) e poi scarabocchi.

Ho terminato il primo romanzo, “Salami”, proprio nei giorni in cui è apparso un concorso letterario legato ad un reality sulla scrittura indetto dalla Rai. Era il 2013 e il reality si chiamava Masterpiece. Non ci ho pensato molto e ho spedito il manoscritto. Non è passato molto tempo che, sul cellulare, mi è arrivata una chiamata dalla Rai. Avevo superato le prime selezioni e mi chiedevano di andare a Roma a fare un casting per il passaggio successivo. Dopo qualche giorno ero in fila a Cinecittà assieme a decine di altri scrittori esordienti. Questa fase non l’ho superata, ma intanto su circa cinquemila manoscritti inviati, eravamo stati scelti circa in cinquecento. Una bella selezione. Il mio libro aveva colpito i lettori che avevano fatto la prima scrematura.

A quel punto avevo un libro, che mi piaceva molto, e anche la certezza che piaceva anche ad altri. Che fare? L’ho mandato a qualche editore e, come tutti gli scrittori che si rispettino, non sono stato minimamente considerato e sono passato all’autopubblicazione. Dopo ho scritto ancora e ho dato un maggior corpo alla scrittura; non ho più smesso di scrivere. Scrittura a parte, ho molti altri interessi, fra cui i più intriganti, e letterari, sono, a mio giudizio, il fatto che ballo il tango argentino e pratico voga alla Veneta. La voga è quella tipica della Laguna di Venezia, quella delle gondole per capirci. Barche pesanti, in legno, con il fondo piatto per i bassi fondali, sudore e fatica, ma anche bellezza impareggiabile dei luoghi. La voga si ritrova anche nel mio ultimo romanzo: “L’armadio dimenticato”.

C’è molto in questo romanzo, molte atmosfere e tre epoche storiche. Una mummia, un Ispettore, un ladro, un navigatore, la Quarta Crociata, l’Arcangelo Michele, Costantinopoli, uno zoppicante legionario romano, un passaggio veloce di Unni, la malavita degli anni ottanta, tutto questo con Venezia come scenario e come protagonista. I suoi canali e le sue barche di legno, la spinta dei remi, per commercio e guerra, nel passato, per tradizione ai tempi nostri. Tante indagini in tanti anni per l’Ispettore Alvise Scarpa, veneziano nel nome, nel cognome e in tutto quello che fa. Stavolta sarà un’indagine davvero inconsueta che lo porterà a spasso nella storia e nei secoli, dopo che un corpo mummificato viene ritrovato in un armadio dimenticato.

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Link al libro:

https://www.youcanprint.it/larmadio-dimenticato/b/c30d84b0-66d7-5126-b7f0-dc85b01a9b3e

Sito:

https://www.robertochescrive.it/

“Hirpu”: nel romanzo di Pierangelo Colombo valori e conflitti dell’animo umano

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“Hirpu, il cacciatore” di Pierangelo Colombo, Porto Seguro editore, un romanzo etnografico a cui si aggiungono le forti emozioni, i conflitti d’animo e i valori spirituali che sono propri degli esseri umani.

 

Hirpu è un giovane cacciatore membro di una tribù celtica, abitante della Val di Susa.

Nel corso di una battuta di caccia, Hirpu, troppo magro per il clima rigido, lotta contro la sua debolezza fisica, l’inesperienza e un destino avverso. Le ambizioni di rivalsa agli occhi del rivale Brennu e dell’intero villaggio, scettici sulle capacità del giovane, e il desiderio di meritare in sposa l’amata Abala, la figlia del re della tribù, però lo spingono e lo incoraggiano. Disobbedendo agli ordini del capo spedizione, comincia una solitaria caccia a un magnifico esemplare di cervo, che lo porterà all’incontro inaspettato dell’esercito di Annibale, in discesa dal valico delle Alpi, e alla visione di strani animali molto grandi, gli elefanti, sconosciuti alle tribù alpine dell’epoca. Seguito e protetto a distanza da un vecchio lupo, in simbiosi con lui per il suo destino, Hirpu dovrà superare esperienze estreme per dimostrare che: “Il valore e la saggezza non sono misurabili dalle dimensioni del corpo, ma dalla grandezza dello spirito”.


Torna in libreria Pierangelo Colombo, che aveva già convinto il pubblico con
Come Un Temporale Estivo, (Porto Seguro editore 2022) vincitore de XXIII Premio Letterario IL LITORALE. Questa volta con una storia ambientata ai tempi delle Guerre Puniche, che vede protagonista un giovane celta, della tribù dei Graioceli, e il suo fatale incontro con Annibale.

Scorrendo le pagine di questo libro si è improvvisamente trasportati nella realtà storica di un antico popolo stanziato sulle Alpi, precisamente nelle valli di Lanzo e nel territorio del Moncenisio, che incuriosisce e affascina sin dalle prime battute. Stiamo parlando dei Graioceli, un piccolo popolo celtico originario dell’attuale Maurienne, che abitarono le valli a ridosso delle alpi Graie presumibilmente tra il III e il I secolo a.C. Considerando le scarne fonti tramandate sul tema, assume ancora più valore il lavoro di ricerca e stesura dell’opera svolto dall’autore, che con dovizia di particolari ci introduce alla scoperta di un idioma, di credenze e riti pressoché sconosciuti, le cui radici affondano nel nostro passato quasi a implorarne il risveglio e la preservazione.

Il suono delle parole celtiche inserite da Colombo nello scritto esercita una magia che si espande sulla linea del tempo. Tornano a vivere parole come pagu (clan), sagus(pesante mantello in spessa lana grezza e infeltrita), bug (lunga lancia), torque (collare mistico ritorto a ferro di cavallo), che permeate dagli odori, dai colori ed i rumori immortali delle Alpi, ricreano sapientemente l’atmosfera di questo popolo istruito a leggere nel volo degli uccelli o fra le viscere degli animali sacrificati i segni degli dèi. Gradatamente si palesa davanti agli occhi del lettore un nuovo capitolo del connubio tra Madre Natura, fonte dei sentimenti e delle passioni più autentiche, ed i suoi figli, in cui l’uomo trova conforto, in cui si specchia e si identifica alla ricerca della pace interiore. I bramiti ed i combattimenti che i cervi ingaggiano durante la stagione degli amori suscitano  perciò una vasta eco nella rivalità amorosa dei contendenti la figlia del re. Mentre il lupo, che improvvisamente appare durante l’esperienza solitaria del giovane cacciatore Hirpu, diviene la guida del suo viaggio iniziatico attraverso le foreste, i dirupi e le scoscese montagne. In perfetta sintonia con le credenze dei Celti, che consideravano il lupo portatore di una conoscenza che viene dal regno delle ombre.

Le vicende narrate registrano una impennata emotiva quando sul palcoscenico delle Alpi fanno la loro comparsa in assetto da guerra le truppe di Annibale, il più grande esercito mai visto dai Graioceli. E qui con bravura l’autore tratteggia e suscita lo stupore dei protagonisti e del lettore con questa efficace descrizione degli elefanti, capaci di rievocare con i loro barriti i racconti terrificanti degli anziani del villaggio, leggende di animali mitologici, spiriti mostruosi mandati dagli dèi degli inferi a dispensare morte e devastazione.

Improvvisamente ad essere minacciata non è solo la vita dei Graioceli, ma la sopravvivenza della loro identità culturale fondata sul culto degli dèi, i quali sembrano giocare con le loro vite: da abili cacciatori ora sono diventati fragili prede. Il giovane cacciatore Hirpu, Brennu suo rivale in amore, Artal e gli altri valorosi compagni di caccia, dopo avere affrontato innumerevoli pericoli, tradimenti e contrarietà di ogni genere, si troveranno costretti a compiere scelte difficili e alla fine dell’avventura si scopriranno intimamente cambiati.

La narrazione non presenta pause né voli pindarici, il lettore si ritrova a camminare con passo costante e armonico lungo sentieri che parlano delle difficoltà della vita, di ritmi antichi, di rapporti e sentimenti eterni. E scopre in queste pagine un immenso rifugio, in cui vorrà tornare più volte: per avere un contatto immediato e spontaneo con Madre Natura, per riflettere alla luce delle stelle e realizzare quella libertà che il mondo reale spesso nega, per avventurarsi in luoghi incontaminati che sollevano il velo su stesso.

LINK UTILI:

https://www.portoseguroeditore.com/prodotto/hirpu-il-cacciatore/

https://www.ibs.it/hirpu-cacciatore-libro-pierangelo-colombo/e/9791254928707

https://www.facebook.com/comeuntemporaleestivo

“Destini” di Manuele Zambardi. Un amore che si tramanda nei secoli

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Il romanzo è ispirato ad una leggenda giapponese che racconta di un filo rosso che lega le anime di chi si ama all’infinito. Lo spunto per partire con questo romanzo me lo diede la notizia di un messaggio ritrovato in una bottiglia rimasta in mare per chissà quanto tempo. Anche i due protagonisti di DESTINI trovano un messaggio nascosto e per saperne di più dovranno cercarne altri sparsi per il mondo. Una specie di caccia al tesoro progettata dal destino

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L’AUTORE SI RACCONTA

Mi è sempre piaciuto leggere perché per me leggere equivale a sognare. Se ci pensate, poche parole scritte possono creare nella nostra mente mondi nuovi che prima non conoscevamo; nel momento in cui si legge o si sogna la nostra mente si distrae e confonde la realtà con quello che non lo è. La lettura ha il vantaggio di poter smettere o riprendere quel sogno e riviverlo ogni volta che si vuole. Anche quando scrivo provo la medesima sensazione di distacco dal mondo, e vivo la vita dei miei personaggi nel bene e nel male come se fossero persone vere. Mentre scrivevo il mio primo romanzo, Infinito, più volte è successo che non riuscivo a proseguire per le intense sensazioni che mi attanagliavano. Ancora oggi mi emoziono a leggere certe pagine… credo che non si possa scrivere di qualcosa se non la si sente dentro. Mi piace creare nella mente di chi mi legge il disegno di ciò che i miei personaggi vedono o sentono, ma lascio la possibilità di mettere i propri colori, affinché le emozioni arrivino più intense. DESTINI parla di un amore che si tramanda nei secoli attraverso le vicende di alcuni destinati a ritrovarsi e a ricongiungersi. Il romanzo è ispirato ad una leggenda giapponese che racconta di un filo rosso che lega le anime di chi si ama all’infinito. Lo spunto per partire con questo romanzo me lo diede la notizia di un messaggio ritrovato in una bottiglia rimasta in mare per chissà quanto tempo. Anche i due protagonisti di DESTINI trovano un messaggio nascosto e per saperne di più dovranno cercarne altri sparsi per il mondo. Una specie di caccia al tesoro progettata dal destino. Per scrivere DESTINI mi sono occorsi ben cinque anni, in quanto ho dovuto documentarmi su diverse cose, le strade, ad esempio. Alcune parti della storia si svolgono nel 1930; quali strade erano percorribili a quei tempi? E quali automobili le percorrevano? Volevo inoltre approfondire la storia delle città che i miei personaggi visitavano. Non avendo potuto vedere di persona tutti i luoghi descritti, mi sono avvalso delle descrizioni di chi quei posti li ha visitati veramente. Vorrei che le conoscenze di cui mi sono arricchito diventassero piccoli cammei narrativi che impreziosiscono il racconto. Costruire una trama con delle storie dentro la storia stessa, confesso, è stato un lavoro immane e faticoso… ma credo che ora stia a voi giudicare. Buona lettura. Il libro è disponibile sia in edizione cartacea che in digitale su tutti i principali store: Feltrinelli, Mondadori, Amazon, ecc.

Qui troverete il link per Amazon: https://www.amazon.it/Destini-amore-oltre-confini-tempo/dp/B0BV5GBDJR

Silvia Pizza: “Basta che mi prendi la mano e tutto si aggiusta”

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Una storia non più rinviabile nel tempo: sarà solo da scoprire e da assaporare giorno per giorno, con tante vicende esilaranti, schermaglie puntigliose e divertenti e colpi di scena che terranno col fiato sospeso, fino all’ultimo…

 

L’AUTRICE

Silvia Pizza è nata a Lucca e vive a Pescia, nella provincia pistoiese.

Scrittrice, poetessa e divulgatrice di ottimismo, di resilienza, di saggezza.

Ha esordito con tre romanzi, cinque sillogi di poesie e tre antologie tra saggi, riflessioni e divagazioni d’impronta psicologica.

Racconta di sé con un lessico schietto, esplicito, profondo e, dal 2018 trasmette questa passione letteraria sui canali social, postando tanti componimenti inediti e pensieri oculati sull’introspezione, sulla psicologia femminile, sull’adolescenza, sulle relazioni umane e sui conflitti esistenziali.

Nel 2016 esordisce con il romanzo “Mi scordo di dimenticarti”, nel 2017 con un altro romanzo “Memorie di un amore folle”, poi con la silloge “Urlo nelle stanze infinite dei miei pensieri” e infine con una raccolta di riflessioni, e-mail e liriche, intitolata “Un’icona su WhatsApp”.

Nel 2018 pubblica un’antologia di saggi intitolata “Perle di Primavera” e nel 2022 ritorna a scrivere le divagazioni senza filtro presenti in Autenticità”, scegliendo un approccio franco, incisivo, intenso sui canali social perché finalmente ha imparato a esporre la sua scrittura, senza confini, senza prevenzione, senza freni. Tutte le pubblicazioni sono edite con la Booksprint.

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IL LIBRO

È un romanzo rosa che desidera infondere e trasmettere tenerezza, sorrisi, leggerezza e buonumore.

In esso si ritrovano tanti sentimenti di complicità emotiva, di coesione di intenti e buoni propositi, di incredulità e di conferme per le tante sensazioni evocate nell’amore maturo.

Si tratta di una storia d’amore delicata e genuina, dove alcune brevi e sporadiche parentesi d’intimità, anche se descritte in modo esplicito, non intaccano la purezza dei sentimenti vissuti e degli accadimenti.

Entra in gioco il destino in più fasi temporali come a dominare gli avvenimenti remoti e futuri, tanto da offrire ai miei personaggi la grande occasione di un amore maturo, appagante, consolidato da tanta esperienza nel vissuto di ognuno.

Ma l’imprevedibilità del fato rimetterà tutto in discussione, tanto da porre Giada innanzi ad un’ulteriore prova esistenziale … e sarà da scoprire leggendo il libro.

Di sicuro emergono tanti concetti profondi ispirati alla dedizione, alla cura e all’affiatamento nella coppia con tutte le connotazioni che la maturità intellettiva attribuisce a viversi appieno e in serenità nell’oggi, nel qui ed ora, ma anche in qualsiasi domani che ci è concesso.

I miei personaggi hanno imparato ad amarsi, perché hanno capito dopo tante batoste vissute che si devono tanto amore arretrato … Tutto quello di cui hanno bisogno ed è stato negato oppure non si sono donati a loro stessi. In un certo senso il romanzo lascia intendere che è necessario ed essenziale amare noi stessi in primis e poi si è pronti per amare la vita e chi vorremo al fianco o accanto.

Edoardo è uno dei protagonisti del romanzo che stupisce in positivo Giada e attira la sua attenzione in modo carismatico, da emozionarla fino a farle intuire che forse Edoardo è proprio quell’opportunità che le mancava da vivere. O forse non ci sperava più che potesse capitarle.

In effetti Edoardo è un partner molto speciale … È un ritorno di fiamma che Giada non si sa spiegare dopo ben 35 anni … A dire il vero è abbastanza paradossale un evento del genere!

È un qualcosa di folle e al contempo di straordinario nella tempistica della vita.

Come se la resa dei conti per i protagonisti del romanzo non virasse del tutto in negativo, ma volesse aggiustare il tiro, con un regalo inaspettato: ovvero un incontro voluto dal destino.

Eppure Edoardo si mette in gioco per la sua donna e non ha intenzione di farsela scappare.

Quest’ultima capisce che vale la pena di rischiare per Edoardo, pur di vivere un amore serio, che sa di meritare. La loro storia non è più rinviabile nel tempo, ma sarà solo da scoprire e da assaporare giorno per giorno, con tante vicende esilaranti, schermaglie puntigliose, divertenti e colpi di scena che terranno col fiato sospeso fino all’ultimo.

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Dietro le quinte del libro …

Nell’ultimo anno ho scelto di scrivere questo romanzo, cavalcando l’onda delle emozioni o meglio della passione autentica che realmente Giada ha vissuto nella realtà. Sono del parere che bisogna dedicarsi a ciò che accende il buonumore, la psiche e anche il sorriso. Ho assecondato la mia voglia di scrittura, senza tralasciare gli obblighi professionali, i doveri familiari e il privato residuo.

Scrivere questo romanzo ha comportato tuttavia un incastro pazzesco, a tratti imprevedibile, utopistico e in altri momenti finalmente un fluire libero e snello di emozioni, di scrittura creativa e di motivazione giusta.

Ho seguito una scaletta complessa, da maggio scorso fino a tutto aprile di questo 2023.

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SINOSSI

Quando Giada viene contattata su Facebook da un ex-fidanzatino della sua adolescenza crede che si possa trattare di uno strano scherzo del destino.

Almeno sul principio, quando lo stupore è davvero incontenibile e non lascia pensare a qualcos’altro.

Non lascia supporre chissà quale sorpresa, con l’affiorare dei ricordi, lontani ben trentacinque anni prima, precisamente dell’estate del 1986.

E invece è uno di quei momenti strabilianti che Giada non si sa spiegare. Quasi utopia, perché rivedere Edoardo in poco tempo, di fatto, le dà l’impressione di conoscerlo da una vita.

Non c’è imbarazzo, non c’è esitazione, non c’è alcun freno inibitorio da parte di entrambi.

E quello che succede a Giada e a Edoardo accade solo perché è del tutto un incastro spontaneo, naturale, come è giusto che sia, tra adulti consapevoli e liberi.

Giada avverte che l’essersi ritrovata con Edoardo non è proprio un caso, ma bensì un paradosso, un qualcosa di folle e, al contempo, di straordinario nella tempistica della loro vita.

Come se la resa dei conti, per Edoardo e Giada, non virasse del tutto in negativo, ma volesse aggiustare il tiro, con un regalo … ovvero un inaspettato ritorno di fiamma.

E Giada sa come si sente quando Edoardo l’abbraccia.

Capisce che vale la pena di rischiare con Edoardo pur di vivere un amore maturo che sa di meritare. Così, dall’altro canto, Edoardo si mette in gioco per Giada e non se la vuol far sfuggire un’altra volta.

Questa storia non è più rinviabile nel tempo, ma sarà solo da scoprire e da assaporare giorno per giorno, con tante vicende esilaranti, schermaglie puntigliose e divertenti e colpi di scena che terranno col fiato sospeso, fino all’ultimo.

Laura Sugamele, “Corpo femminile e violenza politica”. Lo stupro tra nazionalismo e conflitto etnico

Informazione promozionale

La scrittura di questo libro è il risultato di un lavoro di ricerca complesso

L’autrice

Laura Sugamele filosofa e dottoressa di ricerca. È docente in filosofia, storia e scienze umane. Si occupa di reificazione del corpo femminile, violenza sessuale come questione politica e relazioni tra patriarcato, nazionalismo e guerra, temi che l’autrice ha sviluppato nel libro “Corpo femminile e violenza politica. Lo stupro tra nazionalismo e conflitto etnico” (Stamen 2022 / Collana Studi).

Di cosa parla il suo libro?

Il libro è incentrato su una riflessione che tenta di mettere in connessione due questioni principali: il corpo femminile e lo stupro come violenza politica. La connessione tra corpo femminile e violenza politica viene esaminata, considerando quelle rappresentazioni patriarcali che, sin dalle fasi più remote della storia umana, hanno determinato una identificazione sociale e culturale della donna con il suo corpo, un corpo che, in una specifica “narrazione” maschile-patriarcale, è stato considerato in termini per lo più sessuali, riproduttivi e procreativi e proprio questo aspetto, nel libro, viene collegato alla questione dello stupro etnico in Bosnia.

Il suo libro è frutto di un lavoro di ricerca?

Si certamente. La scrittura di questo libro è il risultato di un lavoro di ricerca complesso e per la sua elaborazione ho deciso di adottare un metodo multidisciplinare, nel senso che l’approccio adoperato è stato diretto ad una integrazione di diverse linee teoriche, non collocabili esclusivamente nell’ambito della teoria politica femminista, a cui nel testo, comunque, viene fatto riferimento, ma che riguardano anche l’ambito filosofico piuttosto che storico-antropologico.

Nel libro, lei parla di corpo femminile collegando il tema alla connessione tra virilità sessuale, identità nazionale e guerra. Perché?

Come ho già sottolineato nella risposta precedente, il tema del corpo femminile, della reificazione sessuale e della violenza politica è piuttosto ampio, per cui ho compreso la necessità di adottare una prospettiva di riflessione più larga. Per tale ragione, la riflessione che ho affrontato nel libro, non poteva escludere ulteriori aspetti come la connessione tra virilità sessuale, identità nazionale e guerra (quest’ultima come dimensione patriarcale), i quali, in una prospettiva storica, hanno influito sul piano di una costruzione culturale e dicotomica, oltre che su una categorizzazione sessuale uomo-donna.

Negli ultimi capitoli, soprattutto nel quinto, lei collega la questione della reificazione del corpo allo stupro come “arma” politica di guerra. Cosa intende?

Nel quinto capitolo e in parte nel sesto, mi sono occupata della questione della reificazione del corpo femminile esaminando gli stupri etnici che hanno caratterizzato la guerra in Bosnia (1992-1995). Dalle ricerche che ho svolto per la scrittura del mio libro, ho potuto notare, quanto nella dimensione conflittuale e di guerra, legata alla contrapposizione tra i gruppi etnici, il corpo delle donne sia diventato, immediatamente, il centro delle azioni militari e delle violenze che, all’epoca del conflitto, erano finalizzate ad uno scopo politico ben preciso: quello della “purificazione” etnica, alla cui base vi era anche il riferimento ad una ideologia politica e nazionale che in ex-Jugoslavia, specialmente nella fase post-titina, ha prodotto un sostanziale incardinamento del ruolo femminile sulla sfera domestica e in particolare su quella sessuale.

In che senso le violenze sono politiche?

Il riferimento che io faccio nel libro, in merito agli stupri di massa contro le donne della Bosnia, mette in evidenza la profonda connessione che vi è tra stupro e ideologia politica, nel momento in cui “coloro che commettono gli stupri” affermano, in modo tangibile, l’intenzionalità dell’atto, che è politico e ciò, dal mio punto di vista, ha sempre caratterizzato la storia umana con i suoi conflitti e le sue guerre, poiché violentare la donna determina una lesione dell’onore sessuale e sociale del gruppo, della comunità o della nazione considerata nemica e a cui lei appartiene.

L’ultimo capitolo è incentrato sulle iniziative femminili nella Bosnia post-bellica. Potrebbe spiegarsi meglio?

Nell’ultima parte del libro, rispetto alla questione dello stupro, le cui conseguenze hanno impattato sulla vita delle donne non solo sul piano fisico, bensì su quello psicologico laddove, stupro ed eventuale gravidanza sono sinonimi di stigmatizzazione sociale, mi sono focalizzata sulla possibilità dell’elaborazione del trauma e ciò è avvenuto, grazie alla mobilitazione di associazioni come “Donne in Nero” di Belgrado che, all’epoca del conflitto e in fase post-conflitto, ha dato un contributo importante per aver sostenuto le donne vittime di violenza, dando loro non solo la possibilità di un reinserimento nel tessuto sociale di appartenenza, ma facendo comprendere alle stesse donne, anche la necessaria e personale rielaborazione del dolore rispetto all’esperienza e al trauma vissuto. In ambito internazionale, passi decisivi sono stati compiuti dal Tribunale delle donne di Sarajevo e, in tal senso, vanno citate anche le conferenze sui diritti umani di Vienna del 1993 e di Pechino sulle donne del 1995. Tali eventi hanno spinto infatti, in favore della protezione dei diritti, della formazione dell’empowerment femminile e della “sicurezza di genere”, tuttora, nozione cardine su cui stabilire iniziative rivolte alla sicurezza e alla tutela delle donne in situazione di confitto armato.

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