L’altoatesino si qualifica per le semifinali delle Nitto Atp Finals, vincendo tutti e tr i match del Round Robin intitolato a Ilie Nastase, e infiamma i cuori di tutto il mondo. Un tifo da stadio lo accompagna in ogni scambio, tra cori, canti e dichiarazioni d’affetto che giungono inaspettati e spontanei da ogni lato delle affollate tribune, per poi esplodere durante la cerimonia che lo ha incoronato Numero 1 al Mondo nel 2024, entrando così meritatamente nell’esclusivo Club dei Top Players di tutti i tempi.
E’ difficile scrivere di un campione, esaltarne le virtù e i meriti, senza correre il fastidioso e poco elegante rischio di scivolare nell’apologia e di volerlo santificare come talvolta o troppo spesso sembra fare buona parte della stampa nazionale e internazionale. Certamente anche lui ha le sue ombre, i suoi detrattori, l’agguerrita e folta schiera di invidiosi, stemperata e resa quasi inerme dalla sua riconosciuta semplicità (“il ragazzo della porta accanto”) e bontà, tratti ben evidenti rispetto a certi suoi colleghi di racchetta, ma in questo naturale chiaroscuro emergono tutte lel qualità di un campione che regala certamente all’Italia un sogno e un’euforia tipica di chi non si è mai potuto inebriare alla sorgente dei numeri uno al mondo.
Personalmente non so se, come ha gridato un bambino dagli spalti con la sua candida vocina, “Jannik sia per il popolo” (la fantasia e l’inventiva di molti tifosi sono semplicemente sublimi), ma sicuramente è, per la nazione (il primo italiano a diventare numero uno al mondo!)e più in generale per il mondo del tennis attuale, un fenomeno, magari non paranormale, come ci ricordava l’Albertone del cinema nazionale, ma vieppiù concreto e reale. L’immagine delle commoventi lacrime della madre Siglinde e degli occhi lucidi del padre Hanspeter, durante la cerimonia che lo ha incoronato Numero 1 al Mondo (“E’ bello ricevere questo premio in Italia e a Torino”, ipse dixit), con il trofeo consegnatogli dal presidente dell’Atp Andra Gaudenzi e dall’ex top player Boris Becker, ha raccontato al mondo intero la lsofferenza, i sacrifici, ma anche alla fine l’enorme soddisfazione che accompagnano la vita di un atleta (e dei suoi cari) proteso a realizzare i propri sogni. Perché anche Jannik, come tutti i bambini di questo mondo, ha sognato di diventare numero uno e ora questo sogno si è trasformato in realtà. Certo, è un fatto rarissimo, una favola a lieto fine, che deve tuttavia spronarci tutti, a partire dai più giovani, pur senza vivere di eccessive illusioni, a lottare e perseverare per e nei propri sogni, altrimenti saremo già sconfitti in partenza. E la sua è stata una lunga, se pur precoce, marcia verso il successo, iniziata qualche anno fa e in modo evidente alle Next Gen Finals di MIlano e giunta ora, dopo molti cambiamenti ed evoluzioni nella sua tecnica e tattica di gioco e nel suo team, allo zenith delle sue possibilità odierne (Sinner sa bene, avendolo imparato dai Big 3, Federer-Nadal-Djokovic, che il lavoro di miglioramento e perfezionamento nono finisce mai). La svolta decisiva, come tutti sappiamo, è iniziata un anno fa e proprio alle Nitto Atp Finals di Torino (preceduta, in realtà, dai tornei asiatici, dopo un US Open poco soddisfacente, almeno secondo i parametri di Jannik), quando raggiunse la finale, dimostrando di poter battere per la lprima volta l’allora numero uno del mondo Novak Djokovic (un vero mostro e alieno del tennis) durante il Round Robin (in finale il serbo si riscattò alla grande), sconfitto di nuovo e dopo pochi giorni in una partita dal finale rocambolesco (annullati tre match point al serbo sul 5-4) in semifinale di Coppa Davis a Malaga (Coppa Davis vinta dall’Italia in finale contro l’Australia, dopo quasi cinquant’anni dalla prima e ultima affermazione azzurra nel lontano 1976 con Panatta, Bertolucci, Barazzutti e Zugarelli). Da allora e nel corso del 2024 il “rubinodi San Candido” ha inanellato una serie strepitosa di successi, titoli e dati: 2 Slams (Australian Open e US Open), 3 Atp Masters 1000 (Miami, Cincinnati e Shangai), 2 Atp 500 (Rotterdam e Halle), il recentissimo e ricchissimo Six Kings Slam in Arabia Saudita, 74 partite giocate, di cui 68 vinte e 6 perse, con unan percentuale di successo di circa il 92%! Cifre da capogiro! Che farebbero tremare il polso anche al tennista più robusto.
Questo spiega perché sia giunto a Torino, per il torneo dei migliori otto del 2024, e a quest’ultimo appuntamento annuale (per quanto riguarda l’Atp Tour, perché sarà tra pochi giorni la Coppa Davis a chiudere ufficialmente la stagione) da eroe nazional-popolare. E spiega anche perché sia arrivato primo nel suo girone (le Atp Finals prevedono due gironi, o Round Robin, preliminari all’italiana, da cui escono poi i semifinalisti), sbaragliando in due set l’agguerrita concorrenza, dall’australiano Alex De Minaur (6-3, 6-4) allo statunitense Taylor Fritz (6-4, 6-4) e infine al russo Daniil Medvedev (6-3, 6-4), in pratica tutti i continenti, e approdando così, apunteggio pieno alle semifinali. “Ho iniziato un po’ a rilento – ha spiegato Jannik durante le numerose interviste – perché era un po’ che non giocavo e utlimamente non sono stato molto bene, ma poi con Fritz le sensazioni e il gioco sono migliorati e ora, dopo Medvedev, mi sento di nuovo in fiducia; vedremo cosa succederà in semifinale”.
Naturalmente ora tutto il pubblico, abituato forse fin troppo bene dopo anni di digiuno forzato, si aspetta la classica ciliegina sulla torta, ovvero l’ennesimo trofeo e successo, che sarebbe soprattutto e peraltro anche il primo per l’altoatesino alle Atp Finals, dopo la finale persa l’anno scorso col campione serbo Djokovic, per chiudere degnamente e con il botto una stagione indimenticabile e da incorniciare.
PATRIZIO BRUSASCO