Tennista freestyler giramondo, Stefan Bojic oggi si esibirà in piazza Castello a partire dalle 15.30 per i torinesi e i turisti presenti in città per le Nitto Atp Finals.
Come piccolo antipasto ieri ha incontrato il pubblico a Casa Tennis, per una piacevole chiacchierata sul suo modo di vedere lo sport e sul percorso che l’ha portato ad affinare le sue abilità tennistiche e diventare freestyler.
Nato 32 anni fa in Serbia, Stefan è stato un tennista di buon livello (campione juniores del suo paese, con alcune partite disputate in Coppa Davis), e da alcuni anni è diventato un vero e proprio funambolo della racchetta, con trick-shots che neanche i tennisti più forti al mondo riescono ad eguagliare. Basta dare uno sguardo ai video postati sui suoi seguitissimi profili social (234 mila follower su instagram, 181 mila follower su tik tok) per rendersene conto.
Oggi lavora anche come coach, e ha ideato un metodo innovativo per lavorare sulla sensibilità che spesso manca ai giocatori di tennis. Anche il freestyle infatti può essere un buon metodo di allenamento, per sviluppare la coordinazione e la percezione dello spazio dell’atleta.
Stefan ha raccontato come alla base della sua idea di diventare freestyler ci fosse una sua curiosità di fondo, che lo ha portato a chiedersi se ci fosse un modo per divertirsi e migliorare con la racchetta fuori dal campo. Nel tennis questo è da sempre in genere più complicato rispetto ad altri sport, perché hai bisogno del campo, dei giocatori, del coach.
Con il freestyle ha cercato di esplorare quello che si può fare con la racchetta da tennis e una pallina, andando a ridefinire le frontiere del tennis ed esplorando nuovi territori.
Il freestyler ha poi descritto il suo rapporto con i social, che gli permettono di far arrivare le sue idee ad un pubblico molto ampio, facendo parlare semplicemente i video con le sue incredibili performance.
Parlando delle sue fonti di ispirazioni, infine, Stefan ha stupito il pubblico presente citando tre nomi italiani, non sportivi: Federico Fellini, Roberto Benigni e Giuseppe Tornatore.
di Francesco Tamburello