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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Mazo de la Roche  “Il gioco della vita”   -Fazi-    euro  18,00

E’ il secondo dei sedici romanzi della saga di “Jalna”, dal nome della casa che domina le praterie e i boschi dell’Ontario, di proprietà della famiglia Whiteoak. Partono da lì gli intrecci di personaggi e vite, che l’autrice scrisse  tra fine anni 20 e 50 del 900.

La vita stessa della scrittrice canadese Mazo de la Roche (nata a Newmarket nel 1879, morta a Toronto nel 1961 a 82 anni) vale più di mille romanzi. Un’infanzia solitaria allietata dalla passione per la lettura, una fantasia inarrestabile che la cala in un mondo immaginario. Un rapporto fuori dagli schemi con la compagna di tutta la vita Caroline Clement: la cugina orfana di 8 anni che i genitori di Mazo avevano adottato quando lei ne aveva 7. Da allora sono state inseparabili, in quello che all’epoca era chiamato “Boston Marriage”, e adottarono anche due bambini. Una vita che ha ispirato il film del 2012“The mystery of Mazo de la Roche” in cui vengono ricostruite scene e fasi della sua vita privata, che lei difese sempre tenacemente.

Nell’arco della sua lunga e complessa esistenza ha scritto 23 romanzi, tra i quali la saga di Jalna, che si rivelò un successo internazionale. Fu anche la prima donna a vincere i 10.000 dollari del prestigioso Atlantic Monthly Prize.

“Jalna” è il primo romanzo di una lunga storia familiare architettata in 16 volumi che abbracciano l’arco di tempo tra 1854 e 1954. E’ ambientata in Canada e racconta le vicende dei Whiteoak, padroni del maniero di Jalna, nell’Ontario. Capostipiti il capitano Philiph e la sua adorata moglie Adeline. Lei sarà la matriarca che nel romanzo sta per bissare la boa dei 100 anni, circondata dalle vicende di uno stuolo di figli e nipoti di cui detiene il controllo, tra una bizza e l’altra.

 

 

 

Kent Haruf  “La strada di casa”  -NN5-   euro  18,00

E’ il secondo romanzo dello scrittore statunitense Kent Haruf (nato nel 1943 e morto nel 2014), risale al 1990 e precede di 9 anni l’inizio della “Trilogia della pianura” -composta da “Benedizione”, “Canto della pianura” e “Crepuscolo” – pubblicata in America tra fine anni 90 e inizio nuovo millennio.

Tre storie ambientate a Holt, fittizia cittadina del Colorado, luogo letterario inventato dall’autore che vi inserisce le storie dei suoi personaggi: semplici, comuni, ma alle prese con grandi segreti e immani tragedie.

Sempre a Holt si svolge la trama de “La strada di casa” che inizia con il ritorno pacchiano, dopo 8 anni di lontananza, di Jack Burdette a bordo di una fiammante Cadillac rossa.

E’ lo spunto per il lungo flashback in cui scopriamo la ruvida personalità di Jack: un antieroe che ha dell’irresistibile e che in passato ha combinato guai che la comunità di Holt non ha certo dimenticato.

A riannodare i fili della storia è Pat Arbuckle, direttore del giornale locale che ci racconta un Burdette potente negli sport, vorace con le donne, prevaricatore con i più deboli, magnetico e virile. Di lui è da sempre perdutamente innamorata la splendida Wanda, che si lascia soggiogare quasi con debordante masochismo.

Ma Jack è capace di colpi di testa improvvisi come quando sposa la forestiera 20enne Jesse, spezzando il cuore a Wanda e trascinando la sposa in un baratro.

Perché dapprima conquista la fiducia dei compaesani, poi mette a segno un furto clamoroso che danneggia l’intera Holt e quando fugge con il maltolto abbandona la giovane moglie con i 2 figli e un terzo in arrivo. Sarà lei il capro espiatorio, incinta al settimo mese e pronta a degradarsi per risarcire in un certo senso la comunità.

 

 

 

Gianni Farinetti    “Doppio silenzio”  -Marsilio-  euro  14,00

Una Sicilia assolata e affascinante, intrisa di mistero, famiglie blasonate, palazzi carichi di storia e splendore passati, ma anche un omicidio e un po’ di perversione.

Sono gli ingredienti principali dell’ultimo romanzo di Gianni Farinetti, in cui racconta i giorni siciliani del protagonista Sebastiano Guarienti, che si allontana dalle sue amate Langhe piemontesi e vola a Palermo per un breve – ma intenso- fine settimana, invitato al matrimonio del figlio della principessa  Consuelo Blasco Fuentes (che avevamo già conosciuto nel libro”L’isola che brucia” del 2001).

La sposa è la bellissima erede della famiglia Galvano ed ha una sorella e un fratello altrettanto fascinosi e soprattutto molto ambigui.

Sullo sfondo c’è anche la pagina di cronaca nera con l’omicidio di un noto imprenditore palermitano, brutalmente assassinato.

Ed ecco che la trasferta di Guarienti si fa decisamente movimentata tra echi del passato, ricordi un antico amore, inseguimenti tra vicoli e palazzi nobiliari decadenti, borghesi arricchiti e la soluzione finale del delitto.

 

 

Sarah Steele  “Il grand tour di Nancy Moon”  -Feltrinelli-  euro  16,00

L’avventura della protagonista, Florence Connelly, inizia quando dopo il funerale della nonna Peggy, mettendo mano nelle sue cose, in un armadio trova una scatola che è un tesoro: piena di cartamodelli degli anni 60, accompagnati da ritagli di tessuto, una cartolina e la foto di una donna –sempre la stessa- che indossa l’abito in questione.

Florence ha ereditato dalla nonna non solo una preziosa macchina per cucire, ma soprattutto la passione per l’alta moda. In più ora c’è il mistero vintage della scatola: quei vestiti raccontano una storia che Flo ricostruisce a poco a poco, seguendo la mappa tracciata dalle cartoline e rimettendo insieme ritagli di vita della donna sconosciuta immortalata nelle foto.

Le amiche storiche della nonna le conosce tutte, allora chi è questa Nancy Moon ritratta in giro per mezza Europa, con indosso gli abiti di cui la nonna nascondeva i cartamodelli in un baule? Ricucendo i suoi passi Florence finisce per assemblare anche intriganti pagine di vita della sua

Il sale: alleato o nemico?

MANGIARE CHIARO / Il sale. Quanto consumarne? Perché fa male? È arrivato il momento di fare un piccolo spiegone. 

Chiariamo subito una cosa: un deficit di sodio da ridotto apporto alimentare in condizioni fisiologiche non può verificarsi. Anche una tossicità acuta da eccesso di sodio è altamente improbabile. 
Tuttavia, l’abuso alimentare di sodio tende a favorire un aumento del volume dei fluidi extracellulari e di conseguenza un aumento della pressione arteriosa.
La recente Linea Guida OMS definisce un valore < 2000 mg /die pari a < 5 g di sale al giorno e precisa che questa raccomandazione si applica a tutti gli individui adulti, ad eccezione di chi rientra in particolari stati patologici (WHO, 2012).

PERCHÈ FA MALE?
Un abuso di sale protratto nel tempo può portare a determinati rischi per la salute. Oltre alla classica ipertensione arteriosa, studi recenti hanno correlato all’abuso di sale anche un maggior rischio di insorgenza di tumore gastrico.
Purtroppo, noi italiani non ce la caviamo molto bene: da un’indagine condotta su 3921 soggetti adulti* emerge che solo il 5% degli uomini e il 15% delle donne presenta un consumo di sodio inferiore a 5g al giorno.

DOVE SI TROVA IL SODIO?
In natura, gli alimenti più poveri di sodio sono la frutta, le verdure, gli oli e i cereali. Il loro contenuto varia da tracce a circa 20 mg/100 g, con l’eccezione di alcuni ortaggi (carote, sedano, ravanelli, carciofi) che ne contengono quantità più elevate (fino a 140 mg/100 g).
La carne e i prodotti della pesca ne contengono naturalmente da 40 a 120 mg/100 g, con l’eccezione di alcuni molluschi come cozze e ostriche (rispettivamente circa 300 e 500 mg/100 g).
Il latte intero ne contiene circa 50 mg/100 g.
Il contenuto di sodio negli alimenti trasformati varia. Per es. circa 1800 mg/100 g nel pecorino e 2000 mg/100 g nel prosciutto crudo e fino a 700 mg/100g in molti piatti pronti surgelati.
Attenzione ai dadi da brodo contenenti glutammato e alla salsa di soia: sono pieni di sodio!

COSA VI CONSIGLIO?
Di leggere sempre le etichette, che sono un ottimo strumento per districarvi nella giungla dei negozi/supermercati.
Per legge, se trovate scritto “a tenore ridotto di sodio” la concentrazione di sodio dovrebbe** essere inferiore a 120 mg/100 g, “a tenore molto basso di sodio” se il sodio è < 40 mg/100 g e “a tenore bassissimo di sodio” per sodio < 5 mg/100 g.
E per quanto riguarda le diverse tipologie di sale? Il sale è sale, a prescindere dal colore, dalla provenienza, e soprattutto dal costo. Va ridotto e basta.

Fonti: 
*indagine MINISAL-GIRCSI
**Regolamento CE, 2006
“Linee guida per una sana alimentazione”, Crea, 2019.

Vittoria Roscigno

Vittoria Roscigno, classe 1995, laureata con lode in Dietistica presso l’Università degli studi di Torino e con il massimo dei voti nella Magistrale in Scienze dell’Alimentazione presso l’Università degli studi di Firenze. Ha conseguito i titoli di “Esperta in nutrizione sportiva” e “Nutrition expert” mediante due corsi annuali e sta attualmente frequentando un Master di II livello in Dietetica e Nutrizione Clinica presso l’Università degli studi di Pavia. Lavora in qualità di dietista presso le strutture Humanitas Gradenigo e Humanitas Cellini, oltre a svolgere attività di libera professione a Torino.

  • “Che la scienza e la buona forchetta siano sempre con te”.
    Sito: vittoriaroscigno.it
    Instagram: @dietistavittoriaroscigno
    Facebook: Dott.ssa Vittoria Roscigno – Dietista

Istituzioni, politica e mondo della cultura assenti ai funerali di Mathieu. Una vergogna

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Si sono tenuti i funerali di Vittorio Mathieu alla Gran Madre con tanti amici ed ex allievi. Mathieu e’ stato un filosofo che come professore ha onorato il nostro Ateneo e la nostra Città

E‘ stato un uomo politico di tutto rispetto, anche se Forza Italia non lo fece eleggere senatore. Era un credente convinto e praticante.
Ebbene, salvo una telefonata dell’Arcivescovo Nosiglia, la Città è stata assente, l’Universita’ anche. C’erano i colleghi Pietro Rossi e Riconda, ma la cultura torinese non c’era, sempre che esista ancora. La politica assente, anche il centro – destra che aveva da farsi il fine settimana in santa pace. Certi buzzurri non sanno neppure leggere il nome Mathieu, figurarsi sapere qualcosa della sua opera. La Regione anch’essa assente. Ma dove siamo finiti? Muore uno dei più illustri torinesi conosciuto ed apprezzato a livello Internazionale e le istituzioni sono assenti. Vergogna!

Lësca, parola piemontese poco nota e poco usata

Rubrica a cura del Centro Studi Piemontesi

Parola piemontese poco nota oggi e poco usata, ma dai tanti significati: erba palustre, Sala; sottile fetta di carne o di altre sostanze commestibili; pula; scheggia di legno…E ha dato anche origine al cognome Lesca, come si può leggere in “Studi Piemontesi”, la rivista di studi semestrali del Centro Studi Piemontesi, vol. XLIX, fasc. 1, giugno 2020, nella rubrica curata da Alda Rossebastiano, Elena Papa, Daniela Cacia, Onomastica piemontese, l’undicesima della serie: “cognome di origine fitonimica, è tratto dalla voce dialettale lësca, erba di palude…”. La grande diffusione sul territorio di questi “giunchi” ha influenzato – leggiamo sempre nell’articolo – la toponomastica locale, si trovano infatti toponimi come “Lesche e Liscole, località storiche rispettivamente a Pollenzo (Cn) e a Moncalieri (To), la Regione delle Lesche a Costigliole d’Asti, la Fontana della Lesca a San Germano (Vc) e l’Alpe di Pian Lesca nell’alto Canavese…”. Quanto camminano le parole!

Chi è Marisa Delgrosso, che promuove e supporta l’imprenditoria femminile

Rubrica a cura di ScattoTorino

Delgrosso sorrideProduzione totalmente italiana e management famigliare: è questa la filosofia di Delgrosso SRL, l’azienda che dal 1951 produce sistemi per filtrazione nel settore automotive, agricolo e movimento terra e che sin dagli Anni ’80 ha sviluppato una rete commerciale per il brand Clean Filters per le vendite all’estero e in Italia diretto e gestito da donne. Amministratore Delegato dal 2000, Marisa Delgrosso gestisce la società con lungimiranza e intraprendenza puntando sull’imprenditorialità femminile, sulla ricerca, sull’innovazione e sulla sostenibilità ambientale. Il risultato è una realtà imprenditoriale di successo nella quale 60% delle maestranze è composta donne, soprattutto in aree strategiche come il commerciale, l’amministrazione, le risorse umane e gli acquisti. Una realtà che nel 2011 ha ottenuto il riconoscimento di “Azienda al femminile” da parte della Consigliera di Parità della Regione Piemonte.

Poiché le sfide sono nel suo DNA, da sempre Marisa Delgrosso crede nell’importanza di fare rete tra donne e il suo impegno in AIDDA – la prima Associazione italiana nata per valorizzare e sostenere l’imprenditoria al femminile, il ruolo delle donne manager e delle professioniste – ne è la dimostrazione. La Presidente della Delegazione Piemonte e Valle d’Aosta promuove e supporta non solo l’imprenditoria femminile, ma anche le giovani donne che in questo momento di crisi sono il nuovo motore dell’economia piemontese e di tutto il Paese. Dal 2018, infine, è Presidente dell’Associazione PiemonteAfrica che ha la finalità di svolgere, su base regionale, un’attività di stimolo economico verso l’Africa per le imprese piemontesi, in particolare verso i paesi dell’Africa Sub Sahariana.

Qual è il core business di Delgrosso SRL e Clean Filters?

“La nostra azienda nel 2021 compirà 70 anni e si è sempre distinta nel settore metalmeccanico: nata nel 1951 per produrre accessori per la Lambretta, sin dagli Anni ‘60 produce filtri. Ieri come oggi il nostro core business è la produzione di filtri aria, olio, gasolio e carburante per ogni tipo di veicolo sia nel settore automotive che in quello industriale. Sono orgogliosa di poter dire che produciamo esclusivamente in Italia e che dalla fine degli Anni ‘70 il nostro mercato di riferimento è l’export”.

Nel 2011 la sua impresa manifatturiera ha ricevuto il riconoscimento di “Azienda al femminile”. Un traguardo importante?

“La proprietà è sempre stata per metà femminile: prima c’era mia madre e dopo io. Inoltre tutti i ruoli apicali dell’azienda sono ricoperti da donne. Ci distinguiamo per essere un’impresa produttrice flessibile, sensibile alle esigenze e alle richieste della clientela. Abbiamo ricevuto il riconoscimento da parte della Regione Piemonte perché, dai dati statistici rilevati dalla Camera di Commercio, è apparso che a livello apicale e operativo il comparto femminile da noi era molto elevato rispetto al settore e alla tipologia di azienda. Questo aspetto ci caratterizza ancora oggi e continuiamo ad avere valide collaboratrici”.

Qual è la mission dell’Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda, di cui lei presiede la Delegazione Piemonte e Valle d’Aosta?

AIDDA, nata nel 1961 in Italia, è la prima associazione femminile creata per sostenere le imprenditrici; fa parte dell’organizzazione internazionale FCEM, Femmes Chefs d’Enterprises Mondiales, e le nostre socie operano in vari settori dell’economia: dal commercio all’industria, dall’agricoltura ai servizi, senza dimenticare le libere professioniste. Più di un terzo di AIDDA è composto da imprese manifatturiere e il nostro fatturato supera i 900 milioni di Euro con circa 200.000 addetti. La nostra mission è essere strumento di partecipazione che incoraggi e sostenga una significativa presenza della donna negli organi decisionali presso i poteri pubblici e privati; inoltre diffondiamo e promuoviamo la partnership con altre associazioni femminili del territorio con il focus di raggiungere obiettivi comuni. Un esempio è SAFE, un progetto di innovazione sociale rivolto alle aziende basato su un fundraising destinato a finanziare attività educative contro la violenza di genere. La mission di AIDDA nei prossimi tre anni è favorire il passaggio generazionale e di competenze tra donne imprenditrici in modo da garantire un ricambio efficace nelle posizioni apicali e favorire le giovani imprenditrici che si affacciano al mondo del lavoro; inoltre vogliamo promuovere l’internazionalizzazione delle aziende in paesi come l’Africa, che offre uno scenario di sviluppo molto interessante per il futuro”.

Il prossimo anno AIDDA compirà 60 anni di attività. Cosa succederà?

“Il compleanno di AIDDA verrà celebrato a Torino e abbiamo una serie di progetti importanti che vogliamo offrire alla città. Personalmente sto lavorando con chi rappresenterà l’Italia nel W20 perché il nostro Paese sarà sede del Women 20 e AIDDA sarà a capo della delegazione italiana e ospiterà nel capoluogo piemontese un convegno dedicato”.

Delgrosso

Quali sono i progetti della delegazione piemontese per il suo secondo mandato, iniziato quest’anno?

“Il consiglio nazionale di AIDDA richiede di svolgere dei progetti omogenei per favorire lo scambio tra delegazioni e unire le forze per portare sul tavolo di Ministeri, come quello delle Pari opportunità, delle istanze concrete da sviluppare. Quest’anno e nel 2021 saremo impegnate nell’ applicazione sul territorio dei progetti nazionali, continuando anche le azioni per favorire l’accesso e la presenza femminile nei CdA pubblici e privati”.

Cafid, il network tra associazioni di impresa e dirigenza femminile, dimostra che le sinergie hanno un ruolo chiave per dare voce alle donne?

“Nata a Torino per volontà di Giovanna Politano Boschis e Rossella Maggiora, rispettivamente ex presidenti di Apid e AIDDA, Cafid ha lo scopo di riunire altre associazioni femminili del territorio. Attualmente ne fanno parte, oltre a Aidda e Apid, Confagricoltura e Confartigianato e con loro cerchiamo di portare avanti programmi trasversali come SAFE. Grazie a Cafid organizziamo e promuoviamo progetti che, essendo creati in sinergia, hanno maggiore visibilità e coinvolgono un numero maggiore di donne. Credo infatti che solo in team si riescano a fare dei progressi e sono molto soddisfatta dei risultati che stiamo raggiungendo”.

Torino per lei è?

“Una città che sta cercando, e dal 2006 ci sta riuscendo, di crearsi un’identità che va oltre a quella che l’ha sempre caratterizzata. Il capoluogo ha tante risorse e bellezze, ma per anni è stata la città dell’automobile. Torino si sta muovendo per essere più accogliente e per rendere i torinesi più aperti. Il turismo è fondamentale per dare vitalità al capoluogo che, lo voglio ricordare, oggi è anche sinonimo di innovazione grazie ad eccellenze quali il Politecnico e il Polo ICT di innovazione dell’intelligenza artificiale, e grazie a numerose startup”.

Un ricordo legato alla città?

“Le Olimpiadi invernali del 2006 hanno dimostrato che siamo capaci di fare bene. Ricordo la gente sorridente che aveva piacere di uscire e partecipare all’evento”.

Dove suona la musica E il futuro si srotola

Music Tales / La rubrica musicale

E io vivo proprio nel mezzo

Nella terra degli uomini

Dove suona la musica

E governa la tecnica

E mi piace la plastica

Si sperimenta la pratica eh

E si forma la lacrima

Dove suona la musica

E il futuro si srotola

E l’amore si fa”

Non amo particolarmente Lorenzo Cherubini come artista ma so riconoscere quando una penna sa scrivere cose meravigliose.

Terra degli uomini” non è soltanto una canzone, è un inno all’umanità. Jovanotti canta la bellezza di microcosmo, incastrato tra il baratro e gli angeli, tra il cielo e la terra.

La dimensione di cui parla il Lorenzo nazionale, la nostra dimensione, quella nella quale ci troviamo è ricca, colma di magia. Ma anche di futuro, di energia, di amore, di musica che si snoda tra le corde di una chitarra elettrica e il tamburo dei nostri battiti interni. Nel nostro luogo incantato tutto è possibile. Tutto è solo nostro.

Alterna Jovanotti alle note gioiose un nostalgico intercalare che ci conduce a quando qualcuno ci lascia, momento nel quale siamo costretti a riprogrammare il nostro tempo per non cadere in una spirale di

insensatezza.

Lo scopo delle nostre vite è trovare una ragione, anche quando questa pare non esserci più.

Oggi, in uno di quei giorni in cui mi sento completamente sbagliata ed insensata, vi voglio regalare un

brano di sette anni fa dalla raccolta Backup. Firmato Universal, vale la pena di essere ascoltato, per me.

Avete presente la brutta sensazione di essere di troppo? E quindi non sapete se girare le spalle e andarvene oppure restare per educazione? Ecco come mi sento oggi anche se so che

alla fine, pur avvolti nell’indifferenza degli altri, ci sarà sempre un gran sole a sorprenderci.


Chiara De Carlo

 
 
 
 

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Chiara vi segnala i prossimi eventi… mancare sarebbe un sacrilegio!

Il “rude” Arisio testimone di una pagina di storia

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni / Con Luigi Arisio scompare un testimone e un protagonista di una pagina di storia torinese e italiana. Era un uomo rude e un po’ incolto che veniva dal duro lavoro in fabbrica dove entrò giovanissimo dopo aver frequentato  la scuola allievi Lancia. Allora Fiat e Lancia avevano una scuola allievi che formava i giovani, così come avevano, con Valletta, il culto degli anziani. Si tratta di un mondo scomparso.

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Arisio rappresenta il testimone di un mondo che non c’è più perché la Fiat non c’ è più. Ho riletto nel corso dell’ estate la bella biografia  di Piero Bairati su Vittorio Valletta ed ho potuto ricostruire il durissimo lavoro per ricostruire dopo la guerra e creare il miracolo italiano.
Si trattava di  gente abituata a lavorare, dei gran  “ruscun” per dirla in piemontese. I sindacati, sull’onda della contestazione e e dell’autunno caldo, avevano devastato la Fiat, ricorrendo al sabotaggio interno. C’erano dipendenti che erano  contigui al terrorismo e che creavano sul posto di lavoro un clima di violenza Intollerabile.  il terrorismo stesso era entrato nel corpo dell’azienda. L’avv.Giovanni Agnelli, più abituato alla bella vita che all’ impegno alla guida dell’azienda, forse non si  era neppure accorto del clima che c’era a Mirafiori. Il mio amico operaio Salvatore Guerreri mi descrisse più volte come si stava in officina . Solo tardivamente Cesare Romiti si rese conto  di una situazione ingovernabile che incideva gravemente  sulla produzione aziendale. Il capo reparto Luigi  Arisio insieme a pochi  altri ebbe il coraggio quarant’anni fa nell’ ottobre 1980 di  promuovere la grande marcia dei quarantamila quadri ed operai  che rivendicavano il diritto di lavorare che il picchettaggio sindacale rendeva  impossibile. Furono 40 Mila “crumiri “ come dissero sprezzantemente i comunisti e la CGIL che arrivò all’idea di occupare  la Fiat sostenuta da Enrico Berlinguer in persona. Piero Fassino che fu un giovane dirigente del Pci a Mirafiori, ha ripensato onestamente a quegli anni di ferro e di fuoco. L’ex sindaco Diego  Novelli  ha di recente dileggiato, da par suo,  Romiti a cadavere caldo, sostenendo che, al massimo, i quarantamila erano quindicimila. C’ è da attendersi qualche  altra bordata dell’arzillo novantenne  per Arisio che rischio’ la sua incolumità personale per dare un segnale di cambiamento che inverti la storia della Fiat. Rischiò di essere ammazzato o gambizzato dalle Br che ancora non erano state sconfitte, Nel 1983 venne eletto deputato repubblicano e fece una legislatura senza brillare particolarmente. Lo incontravo qualche volta alle feste in Prefettura e lo vedevo impacciato, malgrado fosse diventato onorevole, Era un uomo che era rimasto semplice, che si era fatto da se’, sapendo rischiare la propria tranquillità personale e famigliare in un momento drammatico. Non entrò nella casta politica, alle elezioni successive non venne riconfermato. Resta il valore morale politico del suo coraggio civile di fronte alle pecore e agli agnelli che stavano subendo il ricatto della demagogia populista e sindacale di quegli anni. Fu un uomo coriaceo ,un piemontese duro e puro ,un esempio del valore che il vecchio Piemonte sapeva dare al lavoro. Oggi siamo  finiti nello stagno del reddito di cittadinanza, figlio lontano del marasma di quegli anni il cui il salario era una variabile indipendente dalla produttività.
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Scrivere a quaglieni@gmail.com

La foto di Vincenzo Solano

Magnifica Torino / La foto è realizzata per un progetto della circoscrizione 7 – Aurora intitolato #respira torino. Si tratta di ragazzi impegnati culturalmente, ballerini, poeti, musicisti, giornalisti sportivi, che si attivano per la riqualificazione del quartiere. L’immagine è stata scattata nella rotonda di corso Regio Parco dove c’è un tram del progetto Diogene

Dalla Chiesa, l’ultimo patriota

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni/ Saluzzo, celebre in passato per il suo “Settembre saluzzese” , ha celebrato ieri il Generale e Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa nel centenario della nascita

Gli ha dedicato un monumento collettivo di sei artisti saluzzesi che è stato illustrato dalla storica dell’arte Carla Bianco. Un’opera che costituisce un elemento vivo di contatto tra passato, presente e futuro.

Carlo Alberto Dalla Chiesa e’ stato mandato allo sbaraglio come prefetto di Palermo senza i poteri necessari a combattere la mafia che ,dopo pochi mesi dal suo insediamento, decise di ucciderlo
barbaramente insieme alla moglie e all’unico agente di scorta.
Dalla Chiesa che ho conosciuto personalmente in parecchie occasioni, era un uomo e un carabiniere fuori ordinanza. Uomo capace e intransigente, seppe inventare un metodo investigativo che consentì durante gli anni di piombo di sconfiggere il terrorismo rosso. Sentiva l’orgoglio di essere piemontese e carabiniere, si considerava gli alamari cuciti sulla pelle, come Guareschi in prigionia sentiva le stellette di ufficiale del Regio Esercito avvitate sulla pelle.
Era un uomo intero, generoso, capace di comandare ed entusiasmare i suoi carabinieri. Saluzzo ha dato l’esempio, ma il Generale va ricordato in tutta Italia, anche a Torino, dove ha operato con passione. E‘ stato un grande italiano di cui dobbiamo essere orgogliosi e che dobbiamo indicare come esempio civile alle nuove generazioni. Nel nichilismo godereccio ed egocentrico dei tempi che viviamo, e’ indispensabile tornare a guardare in alto al sacrificio supremo della vita di Dalla Chiesa. Ricordo di averlo incontrato un giorno di settembre tanti anni fa alla “Corona Grossa “, il celebre e storico ristorante di Saluzzo. Un momento di serenità dopo gli terribili del terrorismo. Fu l’ultimo
dei patrioti, fu, a suo modo,  un uomo del Risorgimento. Quel giorno a Saluzzo mi ricordo’ Silvio Pellico, uno dei primi patrioti italiani.  Dalla Chiesa fu l’ultimo personaggio dell’ Italia civile ispirato ai grandi valori alfieriani di patria e libertà.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Joël Dicker  “L’enigma della camera 622”  -La Nave di Teseo- euro 22,00

 

Il nuovo travolgente e camaleontico thriller dello scrittore ginevrino (diventato famoso con “La verità sul caso Harry Quebert”), questa volta è ambientato in un hotel di lusso sulle Alpi svizzere….e  preparatevi a non staccarvi più dal libro.

Tanto per cominciare il corposo romanzo è una sorta di gioco di specchi tra finzione narrativa e autobiografia, perché a mettersi sulle tracce del mistero che avvolge la camera 622 è un giovane scrittore che assomiglia parecchio a Dicker -come lui si chiama Joël- e, insieme all’affascinante Scarlett, riesce a risolvere un classico intrigante cold-case.

Arrivato all’hotel Palace de Verbier si accorge che manca la stanza 622, scopre che proprio in quella camera era avvenuto un delitto 15 anni prima – rimasto irrisolto- e che la direzione

aveva deciso di cancellare quel numero.

Va da sé che decide di indagare sulla vicenda dando il via a 632 pagine che non vorreste mai finire.

Tutto ruota intorno alla banca Ebezner, da più di 300 anni saldamente nelle mani della stessa famiglia. La carica di presidente è stata tramandata per generazioni di padre in figlio, ma ora il padre di Macaire ha cambiato le carte in tavola: nel suo testamento ha deciso che non sarà più così e che l’incarico andrà a chi si dimostrerà davvero all’altezza.

E’ così che si scatena la lotta tra Macaire Ebezner e il brillante Lev Levovitch, affascinante self made man che si è fatto da solo partendo dal nulla.

I due saranno in lotta non solo sul fronte professionale, ma si contenderanno anche la bellissima Anastasia (moglie di Macaire) e a movimentare ulteriormente la trama compariranno altri personaggi carichi di mistero, come il mefistofelico Tarnogol.

Ancora una volta Dicker fa centro con un romanzo grondante pagine mozzafiato, che sciorinano divoranti ambizioni, rapporti familiari complessi e controversi, amori e tradimenti, appuntamenti mancati e occasioni perdute, avvelenamenti e intrighi, in un folgorante susseguirsi di colpi di scena e con un epilogo insospettabile…

 

Esther Safran Foer  “Voglio sappiate che ci  siamo ancora. La memoria, dopo l’Olocausto”   – Guanda-  euro 18,00

Lei è la madre settantenne dello scrittore Jonathan Safran Foer e questo è il memoir in cui rimette insieme i frammenti della tragica storia della sua famiglia, vittima dell’Olocausto. Tutto ha inizio con i silenzi familiari che l’hanno accompagnata nella vita in America, da una vecchia foto in bianco e nero e una mappa tracciata a mano.

Figlia di immigrati ucraini è cresciuta in mezzo ai fantasmi del non detto, con un padre che intuisce dal passato tragico di cui però non ha mai voluto parlare.

Ma lei ha bisogno di colmare i vuoti della sua storia familiare, così decide di andare in Ucraina e ripercorrere le orme dei suoi antenati. Scopre che il padre era cresciuto in un villaggio e aveva avuto già una moglie e una figlia, uccise dai nazisti; lui era lontano al momento del massacro e il destino aveva deciso diversamente per lui..

Esther vuole saperne di più su quella sorellastra morta bambina e finisce per affacciarsi  sull’orrore. Rintraccia anziani sopravissuti che raccontano i massacri di una moltitudine di ebrei scovati nei villaggi, ammazzati anche 200 alla volta, “messi in fila, ciascuno con una mano appoggiata sulla spalla della persona che aveva davanti. I tedeschi fotografarono e misurarono in lunghezza e larghezza la fila di persone, la popolazione ebrea, in modo da calcolare le dimensioni delle fosse necessarie”.

Ecco la descrizione dell’Aktion dei reparti di annientamento, la Einsatzgruppe C, a bordo di 11 camion dell’esercito, l’11 agosto 1942. Ma ci saranno altri villaggi rasi al suolo con la terra delle fosse comuni che si muoverà per giorni anche dopo le esecuzioni.

L’autrice ricostruisce le morti della nonna assassinata con le nipoti in braccio e quelle degli altri parenti. Bisnonni, zii e cugini falciati secondo un macabro rituale: “ gli ebrei erano stati legati l’uno all’altro per le mani e condotti in fila di fronte a una fossa già scavata….avevano dovuto spogliarsi, calarsi nella fossa e stendersi a faccia in giù. I tedeschi sparavano a una fila e poi andavano a prendere quella successiva”

Quella di Esther è una straziante Via Crucis da una fossa comune all’altra: luoghi di inimmaginabile dolore, eppure stranamente pacifici, dove lei lascia foto, biglietti e sassi. E’ il suo dolente messaggio ai suoi morti, per dirgli che il loro Dna sopravvive in lei, nei suoi figli e nipoti, perché come dice il titolo “voglio sappiate che ci siamo ancora”.

 

Questa potrebbe anche essere l’occasione giusta per rileggere o scoprire il primo romanzo del famoso figlio dell’autrice:

Jonathan Safran Foer  “Ogni cosa è illuminata”   -Guanda-  euro 13,00

Pubblicato nel 2002, ha ispirato l’omonimo film nel 2005. Narra il viaggio in Ucraina di un giovane ebreo americano che, armato solo di una foto, va alla ricerca della donna che forse ha salvato suo nonno dalla furia dei nazisti. Anche in questo caso sono indimenticabili le pagine che danno vita ad un autentica saga ebraica in cui lo scrittore ripercorre la storia dello shtel ucraino a partire dalle origini nel 700, fino all’annientamento per mano nazista e la scomparsa dalle carte geografiche.

 

Anne Tyler  “Un ragazzo sulla soglia”   -Guanda-   euro 17,00

Questo è il 23esimo romanzo dell’autrice americana originaria del Minnesota, Premio Pulitzer (nel 1989 con “Lezioni di respiro”) definita “scrittrice delle persone comuni”. E ancora una volta mette in campo tutta la sua bravura nel raccontare una semplice esistenza e i suoi possibili risvolti.

Protagonista è Micah Mortimer, un appannato 40enne senza particolari qualità, custode di un condominio a Baltimora. Vive da solo ed è titolare di una società di manutenzione e assistenza per computer e stampanti “Tecnica-Mente”, si reca nelle case di chi richiede il suo intervento e sa aggiustare parecchie cose.

La sua è una vita grigia come tante altre: è fissato con la raccolta differenziata dei rifiuti, ama l’ordine, è fidanzato con Cass, una maestra sua coetanea, con la quale condivide riti e abitudini… ma ognuno a casa sua.

Poi un bel giorno alla sua porta suona l’adolescente Brink, primo anno di college e aria benestante, che senza dire nulla si è allontanato da casa. Sostiene di non sapere chi sia suo padre, ma pensa che potrebbe Micah che ai tempi del liceo aveva avuto una storia con la giovanissima Lorna.

Di colpo, il solito tran tran del protagonista viene stravolto e la sua abituale rigida routine va in mille pezzi.

Ma è anche  l’occasione per recuperare stralci del proprio passato, riconsiderare i legami familiari e affettivi in genere, non dare troppo per scontate parecchie cose. Micah saprà gestire la vicenda? Ancora una volta la famiglia è centrale, ed è il luogo in cui possono essere affrontate e risolte quelle che sembrano grandi catastrofi.