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Via Speranza ed Arcuri

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Non mi permetto di dare consigli al presidente Draghi che sta conquistando tanti consensi tra gli Italiani, prima ancora di iniziare l’opera ciclopica che si accinge ad intraprendere per salvare l’Italia. Uno dei punti essenziali della sua opera di governo sarà la lotta alla pandemia con interventi energici, rapidi ed adeguati alla gravità della situazione 

Voglio tuttavia segnalargli, come certo ben sa il Presidente, che la situazione che ha portato a tanti morti e tanti infettati e’ anche la inadeguatezza del  ministro Roberto  Speranza, un politicante allevato alla scuola di Bersani, catapultato a capo del ministero della Salute a senza nessuna esperienza.
L’unico capace si è rivelato il vice ministro Sileri  che è stato marginalizzato dalla prepotenza egocentrica  del ministro Speranza. Per colpa sua e del suo staff non venne neppure aggiornato il piano anti pandemico rimasto fermo da anni, per colpa sua le mascherine per mesi furono introvabili e quindi considerate inutili per la prevenzione. Non ha saputo neppure scegliere i tecnici, preferendo un’accozzaglia di gente litigiosa, solo desiderosa di viabilità televisiva e giornalistica. Preso dalla vanità, avrebbe voluto smerciare un suo  libro su come aveva sconfitto (!) la pandemia, libro  che dovette far ritirare dal commercio in seguito all’arrivo della seconda ondata pandemica . Un episodio che rivela poca intelligenza politica  ed un ego smisurato e che avrebbe dovuto portare Conte a cacciarlo da ministro. Pochi per conformismo  hanno messo in luce i limiti abissali oggettivi del piccolo politicante lucano diventato ministro a causa di un deus ex machina che lo ha portato al governo.
Speranza, d’intesa con Conte ,ha scelto un commissario straordinario la figura di tal Domenico  Arcuri che ,dopo aver già fallito per i banchi di scuola, è stato messo al vertice del settore più’ delicato, quello dei vaccini da cui dipende  la vita dei cittadini e la ripresa economica. I vaccini sono la priorità delle priorità e non possono continuare ad  essere in mano ad Arcuri che divide le responsabilità con molte, se non con tutte le Regioni che si sono rivelate incapaci ed esiziali ad affrontare la pandemia. Non hanno finora protetto la categoria di cittadini considerata più a rischio, quella dei settantenni che continuano a morire o resta agli arresti domiciliari in casa, come Denis Verdini condannato a quasi cinque anni di carcere, ma di cui ha scontato solo due mesi. Per prevenire  gli errori delle Regioni occorrerà l’abolizione della sciagurata  riforma del titolo quinto della Costituzione del 2005 , una vera e propria follia. Ma per una campagna di vaccinazione seria, rapida, efficace, occorre cacciare Arcuri al più presto. E’ cosa più immediata e semplice. Io sono certo che un uomo come Draghi  non possa avvalersi di persone così. Persino il mediocrissimo e poco limpido  presidente della Lombardia  ha cacciato l’assessore incapace e lo ha sostituito con Letizia Moratti. Oggi le mezze calzette non servono, non pretendo gli ottimati di ciceroniana memoria, ma almeno gente che sappia qualcosa del lavoro che sta facendo.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Le offese a Meloni senza scuse e tanti silenzi

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni    La volgare battuta contro Giorgia  Meloni vista come una fattrice e contro sua figlia Ginevra scritta su “La Stampa” da Alberto Mattioli, giornalista amante dell’opera lirica, ma certo non dell’educazione e della deontologia professionale, non ha suscitato  le scuse dovute. Il giornale ha pubblicato ieri  un pezzo mascherato da un articolo  su Salvini e da una sua fotografia, in cui non si riporta la frase  per cui si chiede scusa, impedendo al lettore di capire di cosa si stia parlando e cioè che la Meloni ha “prodotto“ sua figlia con la collaborazione di un dipendente Mediaset.

Il concepimento di un figlio che avviene attraverso l’amore di un uomo e di una donna e’ uno degli atti più sublimi e più alti che possa avvenire, al di là del matrimonio di cui Mattioli diventa un improvvisato paladino  solo nel caso della Meloni. Mattioli ha mai scritto dei figli di coppie omosessuali ottenuti attraverso uteri in affitto che ne avviliscono il concepimento. Non ha mai scritto di coppie che hanno figli senza essere sposate o di figli nati al di fuori del matrimonio che oggi sono all’ordine del giorno. Il moralismo – invettiva del giornalista è davvero un vulnus alla correttezza informativa, una goliardata di pessimo gusto che rivela il suo odio politico verso chi non la pensa come lui, un’offesa ad una donna, anzi alle donne. Il suo non è stato un errore in buona fede, come ha sostenuto. Ma Mattioli doveva anche scusarsi con i lettori e gli abbonati al giornale che gli danno da vivere, per averli presi in giro con il suo articolo che smentisce la storia del giornale su cui scrive ,una grande storia che ebbe origine da una coscienza limpida come Alfredo Frassati. C’è’ da rabbrividire pensando a Frassati, a De Benedetti, a Ronchey, a Levi, a Fattori, Marcello Sorgi e Maurizio Molinari direttori de “La Stampa” . Un infortunio così alla “Stampa” non era mai capitato o forse solo durante il lungo periodo in cui il giornale fu asservito al fascismo, si possono registrare cadute così vistose. E poi appare davvero incredibile che il direttore del giornale, pur chiedendo scusa, definisca  l’articolo di Mattioli “ottimo”. Un articolo con quello scivolone e’ pessimo di per se’, non ottimo, egregio direttore Giannini. Basta quella frase a renderlo pessimo. In questo modo i signori della “ Stampa “ continueranno a perdere lettori costantemente come ormai avviene da tempo. Un’altra  osservazione : il silenzio delle femministe in servizio permanente effettivo, della presidente Boldrini e delle tante giornaliste vestali del femminismo più intransigente, nemiche  acerrime del sessismo,  rimaste in silenzio. Solo Cirinna’ e Concia hanno parlato, anche se Cirinna‘ prudentemente  ha anche  elogiato il direttore Giannini per le sue scuse. Troppo silenzio attorno ad una gaffe che anche gli uomini di qualsiasi orientamento dovrebbero condannare senza scusanti e opportunismi. Resta il silenzio dell’Ordine dei Giornalisti che in altre occasioni simili e’ andato giù con mano pesante contro giornalisti di altro orientamento. Il suo silenzio è allarmante, fa pensare ad un Ordine inutile che quasi ricorda quello voluto da Mussolini e che andrebbe sciolto, come sostenuto da tutte le coscienze democratiche più alte della storia del Paese .

L’isola del libro

La rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Joyce Carol Oates  “La figlia dello straniero”     -La nave di Teseo-   euro 22,00

L’83enne Joyce Carol Oates è un’icona della letteratura americana, una delle voci più complete e prolifiche -tra romanzi, racconti e sceneggiature- in cui ha magistralmente raccontato l’America e le sue mille sfaccettature.

Esile, elegante, grande camminatrice e viaggiatrice, sempre con i suoi inconfondibili occhiali rotondi, osservatrice acuta e di immenso talento, ha sviscerato epopee di famiglie americane, vite dei troppo ricchi e di quelli che invece non hanno nulla, alternando toni dark e rosa, ed entrando nelle teste e nei cuori dei suoi infiniti personaggi.

In “La figlia dello straniero” racconta la storia della famiglia ebrea Schwarts, fuggita appena in tempo dalla Germania nazista e trasferitasi in un piccolo paese dello stato di New York. Il padre Jacob, che in patria era stato professore di matematica e tipografo, ora deve adattarsi all’umile e non proprio piacevole lavoro di becchino.

E’ un romanzo sulle radici che tengono unite una famiglia, e sulle difficoltà nel reinventarsi, con pregiudizi e ingiurie che inseguono anche oltreoceano. E ruota intorno a una grande domanda: si smette mai di essere ciò che si è e si è stati, per quanto ci si provi?

Centrale è la figlia Rebecca, nata nella fetida cabina della nave approdata nel porto di New York nel 1936. La sua non sarà una vita facile, penalizzata dal difficile rapporto con il padre e l’incombere di una tragedia che la segnerà per sempre.

Sul suo cammino incontra dapprima Niles, affascinante e dalle mille promesse: ma è manesco, le  procura un aborto a suon di botte, la trascina in un casolare fatiscente sperduto nel nulla, la rende madre di un maschietto e poi tenta di distruggere la vita di entrambi.

La sua sarà una vita costantemente in fuga, in lotta per conquistare un po’ di pace per se stessa e dare un futuro al figlio nell’America del dopoguerra. In parte sarà salvata dall’incontro con un uomo dal quale si sentirà finalmente amata.  Ma il passato della sua famiglia continuerà ad inseguirla.

 

Se poi volete un ulteriore assaggio della bravura del mito Joyce Carol Oates, potete scoprire la sua abilità anche nel riannodare i fili della vita di un personaggio famoso come Marilyn Monroe.

Il libro da leggere è  “Blonde”  -La nave di Teseo – euro 20,00, in cui ripercorre la vita dell’attrice, dai tempi in cui era un’adolescente introversa a quelli che l’hanno decretata sex symbol eterno, oltre la tragica e misteriosa morta nel fiore degli anni.

 

“I ricchi”  -Il Saggiatore-  euro  18,00

Questo è il secondo volume della quadrilogia “Epopea americana” e segue  “Il giardino delle delizie” dai toni più cupi.

Con “I ricchi”saliamo la piramide sociale e ci immergiamo nelle vicende del mondo WASP (White Anglo-Saxon Protestant), ovvero persone ricche, bianche, anglosassoni e protestanti.

Siamo nell’America degli anni 60, quando John Fitzgerald Kennedy è all’apice del successo e il Sogno Americano -improntato all’ottimismo e alla svolta per un mondo migliore- sembra essere più che mai a portata di mano.

La Oates ci racconta ombre e luci di un tipica famiglia modello: ricca, colta e rigorosamente bianca.

Al centro c’è soprattutto il personaggio –disturbante e capriccioso- di Natashya Romanov Everett che finge origini altolocate e si proclama scrittrice. Prende possesso della sontuosa villa di Labyrinth Drive a Fernwood, remoto sobborgo di una famosa città americana, dove si insedia con il remissivo marito e il figlio infelice. Tra un giro di cocktail e feste in circoli esclusivi l’autrice mette a nudo l’infelicità nascosta dietro l’apparenza. E ancora una volta è magistrale nello scavare sotto la superficie e nel tracciare una satira pungente.

 

Marco Buticchi  “L’ombra di Iside”     -Longanesi-      euro  20,00

Ci trasporta direttamente nell’antico Egitto all’epoca di Cleopatra l’ultimo intrigante best seller di Marco Buticchi, maestro italiano del romanzo d’avventura. Preparatevi a un’immersione in quasi 500 pagine inarrestabili che incrociano 3 storie distanti secoli l’una dall’altra, ma strettamente correlate.

Tutto inizia ai tempi nostri, nel marzo 2021, quando dalle sabbie egiziane affiorano decine di tavolette di argilla piene di iscrizioni. Ad ottenere l’incarico di tradurle è la protagonista prediletta di Buticchi, Sara Terracini, archeologa di primo piano e moglie di Oswald Breil, ex premier israeliano e uomo che ha reso il Mossad la rete spionistica più efficiente al mondo.

E’ l’inizio di un mistero vecchio di secoli, affidato al diario scritto da Teie, la guardia del corpo della regina egizia, custodito in una tomba riportata alla luce nel 1818 da Giovanni Battista Belzoni (1778-1823); figura importante per la nascita dell’egittologia e morto in circostanze misteriose.

Il racconto della valorosa guerriera Teie ci conduce nel primo secolo avanti Cristo, quando il faraone Tolomeo XII le affida l’incolumità della figlia Cleopatra fin dalla nascita.

Da allora Teie, – la migliore delle Cinnane, corpo scelto di soldatesse femmine- sarà l’ombra di Cleopatra.

Il loro è un legame indissolubile e fortissimo -tra intrighi di corte, conquista del trono e amori passionali e contrastati- troncato dal suicidio della regina che Teie non riesce ad evitare. Il suo è il racconto affidato a una voce mai udita prima, una testimone  molto intima, custode anche del segreto della sepoltura di Cleopatra.

Poi c’è il piano narrativo che fotografa le scoperte dell’archeologo Belzoni, al quale è legato il mistero della scomparsa dell’ultimo dei pannelli, quello che forse svelava luogo e modalità di sepoltura di Cleopatra e del suo amato condottiero romano Antonio.

La storia di Belzoni interseca la Massoneria e imprese incredibili che gli diedero grande fama, ma gli procurarono anche nemici agguerriti al punto di uccidere per ottenere tesori preziosi. Forse proprio per difendersi dalla loro avidità, probabilmente, dopo aver scoperto il sito, l’aveva nascosto per proteggerlo.

E ad aggiungere ulteriore adrenalina ci sono le minacce e i pericoli subdoli che attendono  al varco Sara Terracini.

 

 

Omid Scobie e Carolyn Durand    “Harry e Meghan. Libertà”   -HarperCollins-  euro   19,50

Questo libro ripercorre la storia dell’incontro e dell’amore tra il principe Harry e l’attrice americana di Suits, Meghan Markle, ed è stato scritto da due fonti autorevoli che hanno seguito da vicino la favola. Sono il commentatore reale e scrittore Omid Scobie  e la sua amica e collega Carolyn Durand, vincitrice di un Emmy Award come produttrice.

I due seguono da anni la famiglia reale inglese, ben prima della comparsa di Meghan, e il loro è un lavoro entusiasmante in giro per il mondo al seguito di William, Kate ed Harry, condividendo con loro aerei e itinerari vertiginosi.

In queste pagine ricostruiscono il legame tra Harry -che da sempre anela ad una vita normale e da persona comune- e la donna che non solo gli ha dato l’adorato figlio, ma che con lui condivide aspirazioni e interessi filantropici.

I due giornalisti raccontano il primo incontro “Harry ti presento Meghan”, i viaggi e la reciproca scoperta, i difficili rapporti di lei con la sorellastra e il padre dati in pasto alla stampa più pettegola. Poi l’ingresso di Meghan a corte, l’accoglienza della regina e degli altri membri, i rapporti non sempre facili tra le cognate e i due fratelli, il sontuoso matrimonio pieno di star del cinema, i viaggi dall’altra parte del mondo dove sono stati accolti da ondate di affetto e attenzioni.

La gravidanza durante la quale Meghan è stata comunque  inarrestabile, le  interviste in cui hanno denunciato la solitudine e l’indifferenza nei confronti di Meghan, la decisione di vivere privatamente la scelta del luogo in cui partorire e  poi la decisione di non conferire alla nascita il titolo reale al piccolo Archie.

Nel libro gli autori fanno anche chiarezza su preconcetti e menzogne da tabloid che hanno inseguito la coppia. Per arrivare alla sofferta e -da molte parti incompresa- decisione di allontanarsi dalla corte, planare in Canada e poi in California, rinunciando al ruolo di senior royals e ai privilegi anche economici che comportava il loro impegno reale, e scegliendo di mantenersi da soli. In poche parole una scelta di libertà….

Lo scivolone inqualificabile sulla Meloni

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Sono un sostenitore convinto della prima ora di Draghi e sono stato un oppositore fermissimo dei due Governi Conte che ho visto come una grave minaccia alla democrazia

Ciò premesso, non ho mai apprezzato Giorgia Meloni, sostenitrice di Trump, politica sostenitrice di una sovranità rampante, troppo schematica e semplicistica per il mio modo di pensare. Posso giungere a consentire a volte con qualche ragionamento di Guido Crosetto, ex democristiano ed ex forzista, ma Fratelli d’ Italia mi sono indigesti nel loro complesso. L’Assessore Marrone che ho conosciuto lo ritengo persona intelligente con cui si può parlare e discutere. La Meloni e’ invece quasi totalmente priva di cultura politica, ricca di acredine polemica, incapace di discorsi articolati. Per un liberale come me non potrà mai essere convincente, per un moderato come sono io non potrà mai essere attrattiva. Tra Almirante e lei c’è un abisso, tra Fini (casa di Montecarlo a parte ) e lei c’è una differenza notevole, anche se di Fini non ho mai avuto stima. E potrei continuare ad elencare i limiti della Meloni, ma evito di farlo.
Ritengo però legittima la sua opposizione al Governo Draghi così come auspicherei il voto contrario dei paleo – comunisti di Leu . Ricordo bene il governo Andreotti di solidarietà nazionale senza una opposizione in Parlamento. L’opposizione e’ una parte vitale e insostituibile della democrazia parlamentare che solo chi ha vocazioni autoritarie vorrebbe abolire o criminalizzare. Si può certo discutere l’operato politico della Meloni , ma ci sono regole elementari e deontologiche che impongono ad un giornalista di fermarsi, evitando linguaggi volgari e o ffensivi nei confronti di una persona e ,nel caso specifico, di una donna.
La polemica non può scadere nell’insulto gratuito, pena il discredito di chi vi ricorre. Il
giornalista Alberto Mattioli su “La Stampa” di ieri ha varcato la soglia della critica, per imboccare la via dell’insulto, accanendosi con la figlia della Meloni Ginevra “prodotta con la collaborazione del compagno autore Mediaset di quattro anni più giovane”.
Quella parola “prodotta” e’ infame. E’ come definire la Meloni una giovenca e la figlia una vitella.
Adesso attendo delle scuse, attendo l’intervento dell’Ordine dei Giornalisti, attendo soprattutto l’intervento di chi ha fatto della difesa della dignità della donna la sua ragion d’essere, a partire dalla presidente Boldrini.
Questo tipo di offesa e’ davvero intollerabile tra gente civile e Mattioli deve rimangiarsi l’insulto che offende tutte le madri.
Uno scivolone così cospicuo coinvolge anche nel discredito chi ha “passato“ quella frase lasciandola pubblicare su quel giornale. Non mi piace la Meloni, ma la barbarie e’ molto peggio: e’ intollerabile.

Draghi va lasciato lavorare in pace

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Il prof. Mario Draghi si sottopone, come è giusto che sia perché così prescrive la prassi, alla consultazioni con personaggi che non sono nessuno rispetto a lui.
Così vuole la prassi perché la democrazia è pazienza ed apostolato e si fonda sulla eguaglianza, una eguaglianza che è accettabile nei princìpi ,ma non sempre nella realtà. Draghi è come Michelangelo che si consulta con chi dipinge le strisce pedonali, mi ha scritto acutamente  una lettrice. I diversi bibitari, le sore Maria con la terza media conseguita alle 150 ore, il diplomato alle scuole serali, l’ex tronista o l’ex velina che occupano oggi la politica condannandola all’impotenza dovrebbero solo stare ad ascoltare Draghi, prendendo appunti, con la certezza però di non essere in grado di comprendere i suoi discorsi. Questa è l’Italietta di Conte che deve uscire di scena definitivamente per la salvezza d’Italia, per lasciare le redini ai capaci. Finalmente dovrebbe essere finita l’era dei presuntuosi che ostentano come una virtù l’ ignoranza, generando solo confusione.  Nel vecchio PCI gli operai studiavano per prepararsi a ricoprire cariche pubbliche,  qui siamo caduti in mano ai ragionieri e ai geometri disoccupati, a voler essere ottimisti. Un Paese moderno si governa con le competenze, non con i dilettanti rancorosi dei 5 Stelle che hanno appena chiuso il loro penoso ciclo politico che passerà alla storia come una caduta grave del Paese, una sorta di ubriacatura collettiva indotta da un comico cinico che non fa più ridere e da un personaggio obliquo ed oscuro come Casaleggio che osò persino pronunciare il nome di Adriano Olivetti.
Bobbio, una volta, parlò della ”boria degli indotti”, quando i sindacalisti della CGIL pretendevano di pontificare all’ Accademia delle scienze di Torino di cui Bobbio era presidente negli Anni di piombo. In questi anni la “boria degli indotti” e’ diventata regola di Governo con il ventriloquo avvocato pugliese che adesso si è montato la testa e fa anche i comizietti di commiato davanti a Palazzo Chigi, creando assembramenti. Il ventriloquo che conosce la coniugazione dei verbi, ma ha dato voce alle incompetenze più incredibili, deve tornare al paesello ed affidarsi a Padre Pio che lo protegga dall’ira popolare che potrebbe suscitare. Il Paese sta precipitando,  devono lasciar lavorare Draghi e limitarsi al ruolo di pulire i pennelli del novello Michelangelo.
Potranno rimettersi nel ciclo politico, candidandosi a consiglieri comunali di qualche sperduto paesino disabitato.
Anche gran parte del PD e il suo piccolo leader si sono rivelati inadeguati alla storia passata. La DC era un grande partito con politici veri come il PCI. Qui appaiono come protagonisti personaggini come Franceschini o Del Rio. Tutti insieme si sono fatti mettere nel sacco da Matteo Renzi che, se non è uno statista, è certo un politico capace, non comparabile con i suoi oppositori. Renzi ha il merito storico di aver mandato a casa Conte. La stessa figura di Fico, incaricato di un mandato esplorativo, è emersa in tutta la sua insignificanza politica di ex esponente dei centri sociali napoletani.
Quasi tutti i politici di questa Terza Repubblica meritano di andare a casa e, con il taglio dei parlamentari che loro stessi hanno voluto, torneranno o andranno per la prima volta a lavorare  in ambiti modesti, gli unici a loro adeguati. L’Italia non può più tollerare imbonitori, ciarlatani,  demagoghi. Anche la categoria dei sindacalisti deve abbassare la cresta e la voce perché sono corresponsabili del disastro economico italiano. Gli agitatori della piazza di destra, con i loro slogan infantili e semplicisti che rivelano di non aver mai aperto un libro in vita loro, devono tacere e lasciarlo  lavorare nel momento più drammatico della storia repubblicana. Lascino che il medico operi tranquillo  e si tolgano di torno con le loro chiacchiere inutili e controproducenti e le loro pretese di poltrone e strapuntini. Draghi e’ come Vittorio Emanuele Orlando dopo Caporetto, il presidente della Vittoria del 4 novembre 1918. Anzi, e’ molto di più di Orlando che era un grande  professore e avvocato, ma non molto di più ,come si vide  purtroppo alla conferenza di pace di Versailles nel 1919. Il momento è drammatico e Draghi e’ il solo che possa salvarci. Poi la politica risorgerà più viva di prima, ma con altri uomini e altre donne.

Clochards, umanità e decoro

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il blitz del Conune di Torino per “eliminare” i senza tetto dal centro, privandoli perfino delle loro coperte deve sollevare un dibattito e non può  passare nell’indifferenza

Due o tre anni fa ci furono sindaci leghisti a fare questi “sfratti” considerati inumani, sollevando polemiche e condanne quasi unanimi e molto aspre. I modi usati in questi giorni a Torino non sono diversi , ma ricalcano certi sistemi leghisti che forse neppure molti seguaci di Salvini oggi condividerebbero. Indubbiamente il problema dei senza fissa dimora crea delle forti criticità in rapporto alla pandemia perché  determina una parte di popolazione che viola le regole della prevenzione anti- COVID. Ma il problema non è nato ieri , ma da circa un anno, senza interventi tempestivi per risolvere il problema. I modi di rapportarsi verso una parte fragile della società non sono condivisibili perché hanno toni che ricordano quelli delle ronde squadristiche ai tempi di Borghezio. A nessuno piace vedere piazza san Carlo, via Roma, il centro aulico con accattoni disseminati ad ogni angolo per 24 ore al giorno. Il decoro della città imporrebbe il rispetto di certe regole , ma questo è un problema che tocca tutte le città italiane e straniere e si inserisce in una dinamica sociale che non si risolve con la polizia urbana . Il fenomeno drammatico dei senza tetto e‘ purtroppo una realtà sempre più frequente ed è destinata a crescere con la crisi economica in atto. Il nuovo governo dovrebbe affrontarlo con serietà ed umanità. Va rilevato che ci sono persone che scelgono quel tipo di vita randagia non per necessità, ma come un modo per sbarcare il lunario senza lavorare.  Ma non va neppure mai dimenticato il fatto dell’emarginazione dovuta alle tragedie della vita che hanno condotto a vivere per strada non certo per scelta . Una società civile non può delegare alla forza pubblica la soluzione apparente del problema o delegarla alla buona volontà dei volontari della solidarietà che si dedicano ad alleviare la vita difficile dei clochards. Il togliere gli animali da compagnia ai senza tetto appare in molti casi un vero atto di crudeltà e non di tutela dei cani che vivono accanto a gente spesso sola. Bisogna distinguere tra chi ha scelto come “lavoro”stare con quattro stracci agli angoli delle strade, vivendo di questua, rispetto a casi umani che vanno
affrontati con la cultura della solidarietà. Non sono mai stato tenero con i professionisti del solidarismo demagogico e con le anime candide che non comprendono che certe regole devono valere per tutti, ma in particolare in questi tempi di pandemia vanno messi in atto provvedimenti eccezionali che tutelino i cittadini, anche quelli che vivono nel disagio. Per molti vivere per strada non è un’opportunità volontaria, ma la conseguenza di fallimenti esistenziali che vanno compresi. Ho letto dichiarazioni che rivelano insensibilità umana non degna delle tradizioni di Torino. Non sono per l’accoglienza ad ogni costo, anzi sono per il
suo contenimento, ma non c’è neppure bisogno di essere cristiani per sentire disagio, stando al caldo davanti al caminetto, leggendo i giornali su certi atti che non esito a definire contrari a valori umani irrinunciabili. Una città civile ha il dovere di farsi carico di questi problemi. I sistemi alla Trump vanno condannati come barbari e incivili. E gli americani li hanno condannati ed archiviati.

Mattarella per salvare l’Italia

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Il discorso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di ieri sera è destinato a passare alla storia perché ha posto le basi per salvare la Nazione.

Era molto tempo che non mi sentivo più’ orgoglioso di essere italiano. Da stasera il pessimismo totale che il governo Conte aveva provocato in tanti Italiani, non ha più le giustificazioni di prima. Certo, ci troviamo in condizioni drammatiche perché la pandemia non affrontata adeguatamente e la crisi economica devastante rischiano di mandarci a fondo. Ma il richiamo del Quirinale di ieri sera è oggi l’unica ancora di salvezza. Mattarella ha preso atto del fallimento di Conte ed ha spiegato dettagliatamente e in modo inoppugnabile i gravi motivi per cui non si può in queste condizioni andare al voto. In altre condizioni la strada del voto sarebbe stata la più naturale, ma oggi non è materialmente praticabile. Chi afferma il contrario è in malafede. Solo un governo autorevole, espressione del Presidente, può salvare l’Italia.
Tutti i parlamentari che vogliano davvero esprimere la volontà dei cittadini, devono in coscienza votare il nuovo governo che sarà un nuovo governo Ciampi.
Non esistono uomini della Provvidenza, non sono certo riproponibili Monti e i suoi ministri che hanno aggravato i problemi, senza risolvere nulla.  Ma la drammaticità dell’ora ci impone di accantonare le divisioni di parte e di riscoprire i valori nazionali, anzi, senza retorica, direi il valore della Patria, incarnato dalla figura del Presidente della Repubblica super partes. Nessuna polemica strumentale è accettabile, occorre disciplina da parte di tutti i cittadini, i casinisti di professione, gli amanti delle urla in piazza devono tacere. La politica ha fallito. Il Pd ha legato le sue sorti a Conte e ai responsabili: un suicidio. Pochi hanno capito che Renzi poneva dei problemi reali che erano stati trascurati ed erano incancreniti. La politica deve rifondarsi per salvare la democrazia. Una certa politica e’ morta e il presidente Mattarella ieri ha firmato ne ha firmato l’atto di morte.
Quell’atto di morte può segnare la rinascita dell’Italia e una nuova primavera della democrazia .Io continuo a credere nei partiti, ma non in questi partiti guidati da persone di bassissimo rango.
I politici che si mettessero di traverso, sarebbero dei traditori della Patria. Le polemiche vanno accantonate. L’obiettivo oggi è uno solo: impedire che la barca coli a picco.

“Svanite le speranze per i macachi del Progetto Light-up”

QUA LA ZAMPA / Il CONSIGLIO DI STATO AUTORIZZA LA SPERIMENTAZIONE SUI MACACHI

Caro direttore, il Tavolo Animali & Ambiente, costituito dalle associazioni ENPA, LAC, LAV, LEGAMBIENTE L’Aquilone, LIDA, LIPU, OIPA, PRO Natura e SOS Gaia, apprende con sgomento la decisione del Consiglio di Stato di autorizzare la ripresa, dopo alcuni mesi di sospensione, degli esperimenti sui cervelli dei macachi del progetto delle Università di Torino e Parma. Un progetto finanziato con 2 milioni di euro dei contribuenti, che implica secondo gli stessi ricercatori, “grave sofferenza”.

Un esperimento doloroso, inutile e senza ritorno, compiuto ai danni di creature senzienti. A dimostrazione che l’esperimento  è estremamente invasivo è prevista la soppressione dei macachi a fine progetto, ma chiediamo che comunque  vengano consegnati ad un centro di recupero.
E’ ormai nota l’elevata percentuale di fallimento dei test sugli animali. Sono trascorsi cinquant’anni da quando la sperimentazione sugli animali è stata giudicata non attendibile per l’innegabile diversità genetica fra uomo ed altri animali. Infatti la ricerca su nuove cure per persone ipovedenti ha compiuto ad oggi passi importanti grazie alle sperimentazioni su malati umani consapevoli.
Il Consiglio di Stato, nei mesi scorsi, sospese lo studio “Light-up” sottolineando che non era stata sufficientemente argomentata l’impossibilità di ricorrere ad altri metodi.
Il parere è però stato delegato ad un ente esterno che non ha minimamente considerato la documentazione presentata dalla LAV che smontava scientificamente il progetto in ogni punto.
Questo risultato non sorprende viste le gravi intimidazioni e pressioni che ha ricevuto persino il Presidente del più alto grado di giudizio.
Ha perso la ricerca scientifica nel nostro paese. Proseguiremo a rappresentare quei cittadini che hanno chiesto, con manifestazioni e firme, che venga abbandonata una ricerca fuorviante , eticamente inaccettabile e inutile a fini scientifici.
Il Tavolo Animali & Ambiente inoltre ribadisce la richiesta alla Giunta della Regione Piemonte di dare piena attuazione alla legge 9/2018 “Norme in materia di promozione dei metodi sostitutivi alla sperimentazione animale”
Il Tavolo Animali & Ambiente continuerà a sostenere una ricerca che non provochi sofferenza ad alcun essere senziente.

Per il Tavolo Animali & Ambiente:
Marco Francone
LAV Piemonte

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Daniela Raimondi  “La casa sull’argine”   -Editrice Nord-    euro 18,00

Per chi di voi adora le saghe, questa è superlativa; per trama, personaggi e stile di scrittura.

Daniela Raimondi ha vissuto a lungo in Inghilterra, ma è nata in provincia di Mantova, ed è alla sua terra che rende omaggio con questo magnifico romanzo dal sapore epico.

Tutto ha inizio nella dimora della famiglia Casadio che per due secoli abiterà in un casale a Stellata, vicino al Po. E’ una famiglia contadina, di quelle che lavorano sodo e grondano fatica, ma ha qualcosa in più …di quasi magico.

A inizio 800 il giovane Giacomo Casadio ha l’estro del visionario e coltiva non solo i campi, ma soprattutto il sogno di costruire un vascello ispirato all’Arca di Noè; ci proverà più volte ma regolarmente, poco dopo il varo, le imbarcazioni affonderanno.

E’solitario e malinconico, poi quando ha 45 anni una zingara incrocia il suo cammino. E’ Viollca Toska: corpo flessuoso e capelli neri, baldanzosa come le gonne colorate e le piume che ama indossare, abilissima nel leggere i tarocchi. Lo ferma, gli osserva i palmi delle mani ed esordisce: «Sei arrivato finalmente! Erano anni che ti aspettavo». I due non si lasceranno più e daranno il via a una numerosa discendenza in cui i caratteri dei due rami resteranno ben distinti.

Da quel momento la loro progenie -nel corso di quasi 200 anni- si divide in modo inconfondibile. Da un lato i sognatori con gli occhi azzurri e la pelle chiara, spesso vittime della propria natura eterea; dall’altro i sensitivi del ramo zingaro, con occhi neri e chiome corvine che predicono presagi, disavventure e morti.

Il loro primogenito lo chiamano Dollaro e già intorno ai 5 anni si siede sulle tombe ad ascoltare le voci dei morti.

Poi la condanna che alberga nell’animo dei sognatori inizia con il suicidio di Giacomo ed è l’inizio di una stirpe che annovera figli dai nomi singolari, come Neve e Radames, matrimoni e famiglie numerose, povertà e fame, gemelli e figli scambiati,  ma anche spiriti sognatori che s’innamorano dell’impossibile e finiscono per scontare solitudini sopportate con dignità o sciagure affrontate a testa alta.

Una miriade di personaggi incredibili, alcuni ancorati alla terra in cui sono nati, altri che solcano  l’oceano. Attraverso i loro vari destini leggiamo sullo sfondo anche pagine di  storia; dai moti rivoluzionari che portarono all’unità di Italia, le due Guerre Mondiali e il fascismo, il boom economico degli anni 60, fino a quelli di piombo del terrorismo che scagliano dolore e lutto in questa indimenticabile famiglia. E quasi indifferente alla fiumana del Po e alle varie traiettorie di vita, solo la casa sull’argine resterà al suo posto…….

 

Jón  Kalman Stefánsson  “Crepitio di stelle “  -Iperborea-   euro 17,00

L’autore 56enne è un mostro sacro della letteratura islandese e uno degli autori di punta della casa editrice Iperborea, che oggi lo pubblica in Italia; ma nel suo paese questo libro è stato dato alle stampe nel 2003.

In parte è autobiografico e per Stefánsson è stato un processo intimo e doloroso perché ha risvegliato emozioni e ricordi della sua infanzia. La voce narrante del protagonista oscilla tra capitoli di quando era un bimbo di 7 anni e poi adulto che cerca di ricomporre il puzzle del suo passato e della sua famiglia.

Inizia con i pensieri di un uomo 40enne che davanti al condominio a Reykjavik dove aveva vissuto da piccolo viene assalito dai ricordi e «..Chi irrompe nel proprio passato si trasforma in scassinatore. Ho smontato la serratura e sono riuscito ad entrare…».

E’ così che si infila nel suo vecchio appartamento e scopre che molte cose sono cambiate dalla sua infanzia, cose semplici come la disposizione dei mobili o l’assenza del divano dove suo padre amava sedersi.

A toccare con potenza  le corde del ricordo è l’assenza della sua cameretta dove aveva trascorso giorni e notti con il suo esercito di soldatini. Non semplici e inanimati balocchi, ma veri e propri compagni di vita che conoscevano il nome di sua madre, gli chiedevano dei libri che leggeva, con i quali dialogo e confidenze erano costanti, e da loro si era sentito protetto.

Di lì in poi l’uomo riannoda la magnifica tela della sua famiglia.

Da suo padre, giovane apprendista carpentiere arrivato dai fiordi dell’Est, che trova l’amore della sua vita ma rimane presto vedovo e con un bimbo di 7 anni.

E sono struggenti le pagine in cui ritorna al funerale e ai suoi pensieri rivolti alla mamma: dapprima spera che lei urli per farsi aprire la bara ed uscirne, poi ne immagina sensazioni e  pensieri sotto gli strati di terra fredda della sua sepoltura. Un dolore fortissimo attraversato anche dall’autore e che ne ha determinato la vita.

Poi gli anni trascorsi con la matrigna che usa il silenzio come arma e mastica pinne di foca; con lei

ci sarà sempre la barriera di un muro di incomunicabilità.

Ma c’è anche la narrazione della storia turbolenta dei bisnonni a inizi 900, innamoratissimi: si sposano a 17 anni e, alla finestra di una soffitta, usano la loro incosciente giovinezza contro il mondo.

Poi le cose sono cambiate. Il bisnonno che sognava di solcare tutto il mondo, è morto senza aver mai valicato i confini  dell’Islanda e dopo essersi giocato tutto tra donne, sbronze e scommesse, e gesti un po’ folli. Mentre la bisnonna, donna bellissima, ha sopportato un matrimonio diventato difficile e infelice.

Ci sono anche  i nonni del protagonista ad abitare le pagine del romanzo, che racconta sottotraccia le vicende dell’Islanda dai primi del 900 fino agli anni 60, tra la città di Reykjavik e le sconfinate lande islandesi dei fiordi del Nord.

150 anni e 3 generazioni che, nella prospettiva più ampia dell’universo, sono solo un battito di ciglia rispetto alla vita di una stella…

E sono pagine piene di magia e poesia attraverso la narrazione di cose semplici e di vita quotidiana normale.

 

Mario Ferraguti  “La voce delle case  abbandonate”   -Edicicloeditore-  euro 8,50

E’ una deliziosa piccola chicca questo libriccino che ha come sottotitolo “piccolo alfabeto del silenzio” dello scrittore ed esploratore curioso che ci introduce nelle case abbandonate delle quali riesce a cogliere i misteri.

Lui tra le mura diroccate riesce a cogliere un silenzio che racconta storie lunghe una vita, perché dice: «bisogna entrare in una casa abbandonata per accorgersi…che le cose ci sopravvivono e restano ferme come le abbiamo messe ad aspettare niente….hanno il tempo passato assoluto, basta aprire la porta e ci sei dentro».

E ancora «E’ un passato che non scorre più come il tempo fuori, un passato fermo lì per sempre, tempo infinito in  cui …sono passati tutti; da quando l’hanno costruita la casa, e lei conserva ancora, in qualche angolo buio e nascosto, l’eco della prima voce».

Per Ferraguti le case abbandonate richiamano i vari organi del corpo umano e in una visione affascinante paragona «La testa ha il cervello nel solaio, magazzino del ricordo….nelle camere c’è il cuore, la paura della notte, e la pancia è giù in cucina….» e via di questo passo.

Si avventura in case cantoniere, antichi mulini dismessi, spazi diroccati assediati dalla natura, stanze dai soffitti crollati e in ognuno di essi rintraccia oggetti coperti di calcinacci e polvere che lo aiutano a immaginare la vita che li si era svolta in passato. Una sorta di viaggio filosofico che ha potentemente a che fare con la vita, gli abbandoni, gli echi di voci lontane.

 

Thomas Jorion  “Veduta”  -Édition de La Martinière-     euro  49,00

Quello che il libro precedente ci dice a parole, lo vediamo in tutto il suo misterioso fascino nelle magnifiche immagini del fotografo parigino Thomas Jorion, che della scoperta delle dimore lasciate all’incuria del tempo e della solitudine ha fatto la cifra stilistica della sua arte.

Questo è un volume prezioso e raffinato che segue il precedente “Vestiges d’Empire” nel quale Jorion si era concentrato sulle ex colonie francesi.

In “Veduta”, invece, ha percorso l’Italia e si è introdotto in ruderi dal passato sfarzoso, tra calcinacci  e crolli che ha immortalato in foto nostalgiche e bellissime. Perché poche cose sono intriganti  come ville e  palazzi abbandonati  a se stessi; però ancora capaci di raccontare storie passate attraverso i resti di un camino, stucchi, basso rilievi, affreschi sui quali il tempo e  l’incuria hanno lasciato il segno.

Jorion con la sua macchina analogica di grande formato è andato su e  giù per l’Italia, da nord a sud, dal Piemonte alla Sicilia, passando per Veneto e Toscana, e ha rintracciato dimore datate tra XVIII° e  XX° secolo.

Si è avventurato tra giardini inselvatichiti, macerie e crolli, e con sensibilità e attenzione ai dettagli, alla luce naturale ha fermato le immagini che sanno raccontarci stralci  di gloria e vita passata. Immagini di una decadenza assoluta che denunciano anche lo spreco di tanta bellezza e sfarzo, ville con affreschi magnifici che è un peccato lasciare alle intemperie della natura. Un prezioso patrimonio artistico che meriterebbe di essere restaurato e recuperato.

 

 

 

 

Dopo piazza San Carlo è ora che Torino volti pagina

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

E’ sceso in campo anche l’ottantenne ex ministro Bassanini a sostenere la Appendino, oltre a sua sorella che le ha preparato una colazione speciale per affrontare il nuovo giorno dopo la condanna con rinnovata energia

Ricordo che Bassanini ha sconquassato la pubblica amministrazione per parare il culo ai politici, senza grandi successi, se i politici continuano ad essere condannati per le loro malefatte. Salvo una lineare dichiarazione di Enzo Ghigo che ha ricordato il giustizialismo feroce dei grillini i quali dopo aver seminato vento per anni non possono che raccogliere tempesta, ho solo letto reazioni scomposte e stupide alla sentenza di condanna di Appendino a 18 mesi per fatti gravissimi, con due morti e un numero altissimo dei feriti. La casta dei politicanti fa quadrato con frasi prive di significato giuridico. Consiglieri comunali, deputati, aspiranti sindaci si sono lasciati andare ad osservazioni che rivelano ignoranza giuridica e ignoranza tout – court. Lor signori pretendono di fare i sindaci, scaricando sui sottoposti le responsabilità, affidando a capi di gabinetto strampalati poteri incredibili. I cittadini hanno eletto i sindaci che devono quindi anche rispondere penalmente dei loro errori. Ricordate cosa accadde alla sindaca Vincenzi di Genova e nessuno si mosse? Appendino si è servita persino dell’avvocato della Fiat e della Juventus. Questo argomento meriterebbe un approfondimento, considerando che il sindaco e’ volata in Inghilterra a vedersi la partita della Juve, invece di rimanere a Torino a lavorare. Ciò che è accaduto non lo avrebbero fatto neppure i peggiori sindaci del passato. Vogliamo ricordare le cose non fatte ? I mancati controlli agli ingressi, le bottiglie di vetro, la troppa gente in piazza, il non sgombero del sotterraneo della piazza, le transenne che hanno impedito la fuga Ripeto, i teppisti hanno
fatto la loro parte e sono stati condannati , ma le omissioni e gli errori di sindaco e questore ed altri andavano sanzionati. Hanno scelto il rito abbreviato per evitare pene più dure. Chi è innocente non lo fa.
Mentre apprezzo la dignità del Questore, non posso non condannare i piagnistei del Sindaco sui social. Dicevano che era tanto meglio di Raggi, i fatti le hanno dato torto. Applichi le norme grilline e faccia le valigie. Fassino ha voluto generosamente difenderla, ma anche lui ha sbagliato. Torino deve davvero voltare pagina. Questo e’ un episodio che resterà nella storia  più buia della città .