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I cavalieri della violenza sempre in sella: da Lotta continua al successo televisivo

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni   Forse pochi sanno che l’ufficio del vice direttore de “La Stampa“ Carlo Casalegno venne incredibilmente  occupato da G a d  L e r n e r, chiamato dall’ avv. Agnelli a quello stesso incarico sul quale ci sarebbero tante cose da dire e che spiegano come il processo degenerativo verso sinistra del giornale fondato da Frassati sia cominciato in tempi lontani ed oggi abbia avuto un processo di accelerazione : la vignetta su Mitterrand “illuminista“ e’ più eloquente di tanti articoli e non è neppure una forma di satira, ma una manifestazione di ignoranza e faziosità.

Ho citato L e r n e r , una delle figure più oblique del giornalismo italiano fin dai tempi di “Lotta continua“, perché ha colto l’occasione della finta estradizione dei sette terroristi dalla Francia, per ribadire ancora una volta che “Lotta continua“ non fu organizzazione terroristica e che lui non si pente della sua militanza di allora. Respinge in modo sfrontato persino il clima di complicità  e a volte di istigazione che in molti ambienti  si manifestò con evidenza.
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L e r n e r dimentica persino la zona grigia che ci fu nelle scuole, nelle università, nelle fabbriche che simpatizzò per le “sedicenti brigate rosse“, pronta alla prima occasione ad entrarvi.  Tra un po’ di tempo giungerà a dichiararsi orgoglioso di quell’impresa di giovani idealisti che fecero fuori il commissario Calabresi  e contribuirono in modo determinante alla fine terribile del giovane Roberto Crescenzio arso vivo all’Angelo Azzurro” di via Po. La vicenda francese di questi giorni ha confermato l’esistenza di quella che un ex L. C. Giampiero Mughini ha definito “feccia”, non si capisce bene se escludendo o includendo se’ stesso. Andrea Casalegno, figlio di Carlo e anche lui di L.C . , dichiarò in tempi non sospetti che il germe della violenza era insito fin dalle origini in  L.C. Se non si ammette questo, lasciamo passare la tesi dei bravi ragazzi un po’ scapestrati che poi rinsavirono iniziando così delle splendide carriere nei giornali e nelle Tv, anche in quelle berlusconiane, portando nei posti di comando il virus originario  Forse solo Liguori  si può considerare  un convertito vero. Tutti quelli come Mieli che firmarono il manifesto contro Calabresi salvo poi pentirsi dopo decine d’anni, non possono togliersi di dosso le macchie che hanno accumulato sull’eskimo.
Passi per gli operai comunisti di Mirafiori che intervistati da Pansa – che fu tra i pochi a non firmare contro Calabresi – dichiararono di non solidarizzare per l’agonizzante Casalegno considerato un esecrabile  uomo di destra, ma non può passare per quelli che già allora si ritenevano dei raffinati intellettuali.  Ricordo en passant che la stessa definizione di uomo di destra a Casalegno venne affibbiata, me presente e correlatore nel 2007 dal direttore della “Stampa“ Giulio Anselmi nella sede del giornale . Dedi Casalegno , la vedova di Carlo, rimase allibita. Ebbene, tutta questa gente che si considerava moderata  perché veniva dal Pci e non dal brigatismo e tutti i lobbisti di L.C. dalla carriera facile, va almeno in sede storica sanzionata. Aderirono ad idee politiche incompatibili con la libertà e la democrazia, coprendo con il loro silenzio codardo chi  ha provocato nel mondo milioni di morti. E invece, quelli che non sono morti, ce li troviamo ancora spesso a firmare articoli o a discutere in televisione. I democratici che nel ‘68 scelsero la strada della difesa delle istituzioni, al massimo si sono ritrovati a fare i professori, spesso presi in giro o criticati dalla lobby degli ex rivoluzionari. Questi fatti vanno ricordati quando vediamo un terrorista come Bompressi in giacca e cravatta che continuerà a vivere a Parigi per merito di Mitterrand e di tutti i Governi italiani che non hanno mosso un dito per condurlo nelle patrie galere. La pazienza adesso ha superato tutti i limiti di guardia perché ci sentiamo presi in giro da bande di gente che in ogni occasione è rimasta in sella anche se non erano  e non sono certo dei cavalieri dell’Ariosto. In questo contesto finisco di rivalutare almeno umanamente  Renato Curcio , fondatore delle Br, che non si macchiò di reati di sangue e si fece più di vent’anni di carcere.
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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Emiliano Poddi  “Quest’ora sommersa”   -Feltrinelli-    euro 16,50

E’ magnifico e atroce questo libro che ruota intorno all’inafferrabile Leni Riefenstal, nata nel 1902 a Berlino e morta a Pöcking nel 2003. Fu ballerina, attrice, regista di Hitler, fotografa e, all’alba dei 101 anni, si inabissò nelle acque delle Maldive armata di camera fotografica con cui immortalare i fondali da sogno per un film.

Ma l’abisso più profondo è l’anima di questa donna, bellissima, amata da molti, però priva di cuore. Il racconto di Poddi si basa sulla vera biografia della Riefenstal che ancora oggi è un enigma.

L’autore ce la racconta mentre a 100 anni suonati, più energica che mai, nuota a 15 metri di profondità in uno degli atolli più magnifici del mondo, seguendo la giovane sub Martha, biologa marina che le fa da guida… ma non per puro caso.

Fin dall’inizio si intuisce che è lì per saldare un vecchio conto che risale alla seconda guerra mondiale e ai campi di prigionia in cui i tedeschi rinchiusero Rom e Sinti.

In particolare Martha è ossessionata dal film “Tiefland” che la regista girò nel 1941 a Maxglan, campo speciale e parcheggio temporaneo di zingari, in attesa di essere ingoiati nell’orrore di Dacau, Buchenwald, Ravensbrück, dove passeranno tutti da un camino.

Leni scelse adulti e bambini zingari come comparse del suo film, fingendosi loro zia e usandoli senza un’oncia di pietà per il destino che li attendeva e senza muovere un dito per salvarli. Una volta serviti per i suoi scopi perdeva l’interesse verso di loro.

A lei importavano solo la sua persona e la sua arte. Gli altri erano strumentali e tra loro anche la madre di Martha che le fece da controfigura in una scena poi tagliata, e che si trovò di fronte a una scelta agghiacciante che le impose la regista, di quelle che dilaniano l’anima.

Chi era dunque Leni Riefenstal?

Questa donna che ha ammaliato il Führer e i gerarchi nazisti e fascisti, amante del pericolo e dell’avventura, sopravvissuta miracolosamente a una lunga serie di incidenti, capace di far innamorare di se il 26enne Horst quando lei di anni ne aveva 66, ammaliante e spericolata anche a 100 anni. Cosa accadrà tra lei e Martha? Un libro magnifico che tocca corde profonde.

 

Emma Cline  “Daddy”  -Einaudi-  euro 17,50

Sono 10 racconti di Emma Cline, 2 inediti e 8 già pubblicati su “Granta”, ”Paris Review” e “New Yorker”, ora raccolti nel volume dal titolo significativo “Daddy”, ovvero padri, ma anche in senso lato maschi adulti. I protagonisti di queste short stories sono soprattutto maschili, per lo più uomini di mezza età alla prese con fallimenti vari, incluso quello del ruolo di padri.

L’ambiguità è il filo sotteso a tutte le storie narrate, perché la Cline osserva le cose che in superficie sembrano felici, ma scavando più in profondità fa emergere violenze fisiche e psicologiche.

Mette a nudo famiglie parecchio disfunzionali: sotto l’apparenza si celano padri assenti o padri-padroni, o più banalmente padri inetti, ma anche aggressivi e prevaricatori. E la famiglia tanto idealizzata si rivela il primo luogo predisposto alla violenza.

E non mancano droghe, alcol, psicofarmaci e sonniferi per alleggerire il peso della vita.

Uomini che si illudevano di avere il controllo del loro perimetro esistenziale si accorgono che così non è: i rapporti si sfilacciano e lo stesso ruolo del patriarca qui viene sconfessato. Come nel primo dei racconti in cui c’è un padre separato dai propri figli dal muro che lui stesso ha eretto negli anni -fatto di rabbia, violenza e paura- che ormai non si può più abbattere.

Anche le figure femminili però hanno la loro parte di inadeguatezza e responsabilità.

Come la babysitter del bambino di un attore famoso col quale ha una relazione che finisce sbandierata sui tabloid. O l’aspirante attrice che per arrotondare i magri guadagni come commessa s’inventa un business tutto particolare: vende biancheria intima a uomini sconosciuti. O ancora la donna ossessionata dalle chat room in cui finge di essere una minorenne.

Poi ci sono famiglie ricche e benestanti che nascondono piaghe profonde, ambiguità e rapporti squilibrati.

Perché nessuno si salva nei racconti della scrittrice californiana 31enne, portatrice di un talento precoce. Da piccola, bionda e carina, è apparsa in pubblicità e tv; si è diplomata a soli 16 anni; mentre a 18, al college, vince un premio con il suo primo racconto. Il suo curriculum di tutto rispetto prosegue con un master alla Columbia University e a 27 anni abbraccia il successo con il romanzo di esordio “Le ragazze”.

 

Gertrude Stein  “Autobiografia di Alice B. Toklas”  – Marsilio- euro  18,00

Questo libro fu scritto nel 1933 ed è l’autobiografia di Gertrude Stein scritta in terza persona, usando la voce della sua compagna. Geniale stratagemma che permise alla coltissima

americana -scrittrice, poetessa e collezionista d’arte planata a Parigi negli anni del cubismo- di raccontare le storie dei suoi amici  e del suo tempo, presentando il racconto con la voce di Alice B. Toklas.

La Stein era una ricca borghese della Pennsylvania che studiò medicina prima di laurearsi in lettere: cosmopolita, lettrice vorace, amante dell’arte e del bello, viaggiatrice frenetica, omosessuale, legò la sua vita a quella della dimessa Alice B. Toklas che visse nel cono della sua maestosa ombra.

La Stein e il fratello Leo collezionarono quadri di Cézanne, Picasso, Matisse e di tutta l’avanguardia artistica dei primi decenni del 900.

Nella raffinata casa parigina della Stein e della sua compagna, transitarono artisti e autentici geni tra i quali appunto Picasso, Matisse, Braque, Cocteau, ma anche giornalisti e scrittori come Ernest Hemingway, e lei stessa ambiva ad essere riconosciuta come scrittrice di alto livello.

In questa autobiografia risalta la sua abilità nello sciorinare aneddoti, aforismi, battute e dialoghi con alcune delle menti più eccelse dell’epoca, e su tutto aleggia uno humor inarrestabile.

Appena pubblicato questo libro ebbe un enorme successo; ma la Stein non riuscì del tutto a raggiungere la fama a cui ambiva come scrittrice con la pubblicazione di “Tre vite” nel 1909 e con quello che riteneva essere il primo romanzo dell’era moderna “C’era una volta gli americani” scritto tra 1906/1908, dato alle stampe nel 1925.

 

Luigi Giario  “Di paure e di speranza”  -Manni-  euro  13,00

Arriva dritto al cuore questo “diario tra salute e malattia” scritto da Luigi Giario, ex bancario, impegnato nel sociale, presidente di una Onlus, che racconta la sua Via Crucis personale con delicatezza e lucidità, coraggio e profonda umanità.

La sua vita è stata sconvolta da improvvise ed abbondanti emorragie dal naso, poi la corsa al pronto soccorso di Pinerolo e il devastante iter tra un medico e l’altro – chi più ottimista e chi meno-  di fronte alla diagnosi che nessuno vorrebbe mai sentire pronunciare: tumore.

Scoprono che ha un polipo al naso e che quasi sempre si rivela tumore maligno, anche se le terapie possono avere spesso un esito positivo. Insomma un sacco di incertezze a cui è difficile aggrapparsi.

Giario è abilissimo nel farci entrare nella sua testa e farci vivere il suo inferno personale, ma senza mai sbavature o una parola di troppo.

Lo seguiamo durante la Tac che evidenzia un carcinoma situato nell’etmoide, ovvero l’osso che c’è in mezzo alla fronte, tra gli occhi. Ora gli si apre una strada irta di dubbi, vaga da un dottore all’altro, e gli tremano le vene dei polsi di fronte a prospettive chirurgiche una più cruenta e spaventosa dell’altra.

Poi riesce ad arrivare allo specialista giusto, nell’ospedale giusto e il resto è il diario del decorso della sua malattia, trattata da chi sa farlo ed è un eccellenza nel suo campo.

Lascio a voi scoprire il suo racconto, arricchito da intervalli metaforici di Rosalba Grimod, in cui si susseguono paure, pensieri, senso della morte e soprattutto quello della vita.

Si, perché da questa drammatica esperienza Luigi Giario finisce per afferrare meglio il significato più autentico del vivere. La malattia ha cambiato la sua prospettiva dell’esistenza, e in qualche modo l’ha reso più forte e in grado di affrontare altre prove durissime… che non vi anticipo.

La rassegna dei libri più letti del mese

In aprile torniamo a occuparci dei libri più letti e commentati dai membri del gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri.

Questo mese, il dibattito tra lettori è stato animato da Milkman, di Anna Burns, che affronta il tema della guerra civile in Irlanda, tema che rischia di tornare tristemente attuale; La Ballata Di Ned Kelly, di Peter Carey che permette di aprire una finestra sulla narrativa australiana contemporanea; La Festa Del Raccolto di Thomas Tryon, un horror vecchio stampo martoriato da un’orribile traduzione.

 

In attesa che sia possibile incontrare dal vivo i nostri autori preferiti, questo mese NOVITAINLIBRERIA.IT ha intervistato quattro scrittori che proprio in aprile hanno pubblicato i loro nuovi lavori: Azalea Aylen esordiente autrice del fantasy Gli Infiniti Passi Dell’Anima (Edizioni Carpa Koi), Mauro Zanetti che torna in libreria con il giallo Tracce Parallele (Nulla Die Edizioni), Domenico Celestino che presenta La Gioventù Perduta il suo romanzo di esordio ambientato negli anni 70 e Adriano Moruzzi, autore di Jona, il piccolo astronauta (Vertigo), pensato per i lettori più giovani ma perfetto per ogni età.

Se siete appassionati lettori o semplici curiosi in cerca di nuovi titoli, venite a trovarci ed entrate nella comunità di lettori più frequentata di Facebook: Un libro tira l’altro ovvero il passsaparola dei libri!

 

 

redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Terroristi estradati già a casa. Una vergogna

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

La notizia appare una vera presa in giro: i magistrati francesi hanno consentito il giorno dopo dell’arresto per l’estradizione in Italia, il ritorno alla loro casa parigina ai sette terroristi rossi che godono di protezione da parte del governo francese da circa una quarantina d’anni.

In ogni caso ci vorranno due o tre anni per estradare in Italia i terroristi rossi- condannati in Italia con sentenza definitiva- che sulla carta non godono più degli effetti dell’indegna dottrina Mitterrand che aiuto’in modo vergognoso circa 200 terroristi italiani ,garantendo loro impunità in Francia, ben oltre la morte del celebrato presidente socialista, con altri presidenti come Chirac e Sarkozy. La famosa Carla’ fu la paladina abominevole e snob dei terroristi, come l’alta borghesia milanese che brindo’ al ferimento di Montanelli. Protesse finché pote’ anche Cesare Battisti.

Con il governo Draghi almeno per 7 terroristi forse le cose dovranno cambiare, sia pure con una lentezza non accettabile. Uno di loro è tra gli assassini del commissario Calabresi. Il cui figlio giornalista, ancora una volta, è come se avesse rinnegato suo padre, preoccupandosi della salute del suo assassino e proclamandosi contrario alla sua detenzione in cella. Il fatto che suo padre Luigi non sia arrivato all’età dell’assassino Bompressi, per Calabresi pare un fatto del tutto marginale. Anche sua moglie Caterina Levi, militante politica, sarà forse della stessa idea del marito perché sua madre Natalia firmo’ il manifesto infame contro il commissario Calabresi, una macchia indelebile per tanti intellettuali che armarono la mano con le loro parole agli assassini del Commissario e del loro mandante Adriano Sofri, oggi considerato un venerato maestro che pontifica sui giornali.

Questa notizia – soprattutto quella dell’immediato ritorno in libertà in Francia dei 7 brigatisti – fa rimescolare di rabbia e suscita ricordi incandescenti in noi che abbiamo lottato contro il terrorismo, rischiando di persona. Troppi anni di impunità sostenuti e vezzeggiati dalla gauche porteranno ad un nulla di fatto perché le pastoie della giustizia ingiusta completeranno l’opera di Mitterand e dei suoi successori. La Francia non ha difeso il diritto di asilo a dei perseguitati politici, ma a delinquenti che si macchiarono di gravissimi reati di sangue.

La promessa di estradizione e’ apparsa sui giornali italiani come un’ottima cosa che chiuderebbe gli anni di piombo; invece essa nasconde le decine di anni di connivenza con i terroristi rossi e neri, anche se il numero altissimo dei rossi non è confrontabile con quello dei fascisti. Io sono stato attaccato da veri imbecilli in malafede che sostengono il perdono come unica scelta possibile, anche se non sono credenti.  Siamo all’assurdo che ai fascisti come tali, a prescindere dal loro operato, deve valere una damnatio memoriae senza fine. Ai comunisti delle Br e di Lotta continua vanno invece usati i guanti bianchi, dimenticandosi dei crimini commessi. Finora non ho ancora letto di qualche anima pia che offre il perdono cristiano, ma arriverà sicuramente anche chi perdona per conto terzi con la coscienza degli altri.  Il perdono non va confuso con il perdonismo a buon mercato per mostrare una generosità che non si possiede.

In nome di Carlo Casalegno e di Francesco  Coco, tanto per citare due nomi a noi molto cari, noi non ci riteniamo soddisfatti, ma siamo, al contrario, indignati come lo fummo, quando vennero ammazzate le loro vittime  Le operazioni di facciata che servono a fare propaganda, sono orribili e mostrano solo cinismo. Quello è un passato che non passa. Solo la nuova ministra della Giustizia italiana merita il nostro grazie, ma la sua opera rischia di naufragare già il giorno dopo. Tutti i suoi predecessori si rivelarono dei debosciati , salvo chi riporto‘ in tempi brevi l’infame Cesare Battisti dopo anni di protezione del dittatore Lula che forse confondeva Battisti con l’eroe della Grande Guerra.

Qui c’è gente condannata all’ergastolo che ha mai scontato un giorno di galera. I sostenitori di questi assassini sono gli stessi che applicano il garantismo a corrente alternata e diventano truci giacobini pronti a mozzare le teste solo degli avversari, anzi dei nemici politici. Questi 7 terroristi cercarono di minare alle radici la democrazia in Italia ed ebbero la protezione di un Presidente socialista che aveva militato nella Repubblica filonazista di Vichi.  L’umanitarismo socialista e’ un’altra cosa e non c’entra nulla con la complicità a favore di gente che non ha mai fatto cenno per pentirsi e per risarcire le famiglie delle proprie vittime. Queste sono le due condizioni per richiedere il perdono, i signorotti del crimine protetti dalla Francia sono persino orgogliosi del proprio passato criminale.

Appare indecente e persino ridicolo il solito manifesto di quattro intellettualoidi francesi che definiscono i sette latitanti come degli “esuli” e chiedono a Macron di mantenere i privilegi loro accordati da Mitterand. Ed appare ancora più incredibile che la cultura italiana, sempre disposta a firmare qualcosa, taccia su quanto sta accadendo.Di cultura vera e’ rimasto molto poco ed è quasi naturale che il culturame stile Murgia, taccia. Magari invece sta già preparando un corposo appello con Erri De Luca sull’ esempio francese a sostegno degli “esuli”. Craxi venne considerato un latitante e non un esule, ma per Bompressi e compagni che hanno ucciso,  tutto diventa lecito e possibile.

Maurizio Corgnati, il Pigmalione di Milva

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

I mille articoli che hanno esaltato Milva Biolcati in occasione della sua scomparsa, collegandola alla sua militanza nell’estrema sinistra e alla canzone “ bella ciao” hanno relegato nel dimenticatoio il registra Maurizio Corgnati che ha costruito dal nulla la ragazzotta di Goro, molto ruspante e per nulla intellettuale.

Se Milva è diventata una cantante nota,  ciò è dovuto alla sua voce e a Corgnati che viveva a Maglione in Provincia di Torino dopo essere stato apprezzato regista in Rai. Era un uomo colto e popolare ad un tempo, amico di Mario Soldati, Francesco Tabusso, Fruttero, Nespolo, Testa; con Soldati condivideva la passione per lo Scopone. Amava il vecchio Piemonte, amava Cavour e il Risorgimento e Manzoni. Io stesso mi intrattenni a volte a parlare con lui del Gran Conte a cui aveva dedicato un bel libro non privo di interesse. Ci vedavamo anche a cena del mitico “Da Giuseppe” in via Mazzini a Torino. Era anche un abile cuoco insieme a Gualtiero Marchesi e si presto’ persino a pubblicizzare in una televisione privata la carne di una macelleria di Leini’. Creo’ all’aria aperta il museo d’arte contemporanea di Maglione dove invito’i suoi amici a dipingere sulle case. Un museo con murales di pregio che ancora oggi rappresenta un’attrattiva non solo turistica. Milva crebbe alla sua scuola che la trasformo’ radicalmente. Poi la pantera di Goro abbandono’ il marito e si appoggio’ alla corte di Strehler. Da allora divenne un idolo della sinistra, rossa come i suoi capelli.  Corgnati si risenti molto e soffri’ per questo volta faccia.  Ma sicuramente aveva sbagliato anche lui ad innamorarsi di una donna tanto più giovane di lui. Credo che sia comunque doveroso non dimenticare in questi giorni anche lui che la stessa figlia Martina, avuta da Milva, ricorda con parole positive. E davvero era un uomo fuori ordinanza.

Prosegue la campagna vaccinale in Piemonte. L’impegno dell’esercito

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Il Tenente Colonnello Antonio Liguori, responsabile territoriale per l’Esercito Italiano, ci racconta l’evoluzione del piano di immunizzazione.

Il Piemonte è una tra le regioni che sta vaccinando più efficientemente, la prima  nel rapporto tra residenti e quantità di cittadini  che ha ricevuto il vaccino nelle due dosi. Il Generale Francesco Paolo  Figliuolo, molto legato alla città di Torino, durante la sua visita il 14 e 15 aprile scorso ha dichiarato che la nostra regione è attrezzata e capace abbastanza da poter arrivare a fine aprile a vaccinare 40.000 persone al giorno.
Il Tenente Colonnello Antonio Liguori, responsabile territoriale per l’Esercito Italiano, ci spiega come la Forza Armata sta partecipando, in diverse modalità, alla lotta alla pandemia mettendo a disposizione uomini e strutture in supporto della società civile.

3 domande al  Tenente Colonnello Antonio Liguori

Come ha contribuito fino ad ora l’Esercito alla lotta alla pandemia, il Covid-19? 

Fin dall’inizio di questa emergenza sanitaria L’Esercito, così come le altre Forze Armate ed Istituzioni,  è sceso in campo prontamente per fronteggiare il virus. Nella prima fase ha garantito, con i propri mezzi, il trasporto dei materiali sanitari necessari in tutta Italia, ha sanificato i luoghi, come le RSA,  dove questo patogeno ha colpito maggiormente e con l’operazione “Strade Sicure” ha garantito, e continua a farlo, il rispetto delle norme anti-covid.
A partire dal mese di ottobre, in supporto al Servizio Sanitario Nazionale, per volere del Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini, sono stati allestiti con l’operazione IGEA, i Drive Through Difesa (DTD) per svolgere la fondamentale attività di screening attraverso l’effettuazione dei tamponi. A dicembre è iniziata invece l’operazione EOS per lo stoccaggio e la distribuzione dei vaccini.
Oggi l’operazione EOS continua la sua attività con l’attivazione di Presidi Vaccinali Difesa (PVD), ottenuti dalla conversione dei Drive Through, e con la costituzione del Presidio Vaccinale della Difesa presso l’Allianz Stadium di Venaria.
Il ruolo guida di pianificazione e condotta delle Operazioni IGEA ed EOS è affidato al Comando Operativo di Vertice Interforze in coordinamento con le Istituzioni,  con le Autorità Sanitarie Locali e con la Protezione Civile così come di tutte le attività connesse all’emergenza sanitaria al fine di vaccinare il più alto numero di cittadini italiani.

Come è strutturato il piano delle vaccinazioni in Piemonte? 
L’attività organizzativa e di pianificazione è una prerogativa delle Istituzioni locali, in questo caso della Regione Piemonte. Per quanto riguarda la Difesa, ed in particolare l’Esercito, a seguito della richiesta della struttura commissariale della Regione Piemonte di convertire il DTD dell’Allianz Stadium di Venaria in punto di somministrazione di vaccini, grazie alla professionalità dei nostri reparti acquisita in anni di esperienze operative in patria e all’estero, in sole 48 ore e in collaborazione con l’Arpa Piemonte, Protezione Civile e Croce Rossa, abbiamo trasformato l’hot spot tamponi in un Presidio Vaccinale dove operano 3 Ufficiali Medici e 4 Sottufficiali Infermieri.
Inoltre dal 14 aprile, per dare ulteriore impulso alla campagna vaccinale, l’Esercito è presente  con il proprio personale sanitario, 5 Ufficiali Medici e 8 Sottufficiali Infermieri, presso l’hub vaccinale del Lingotto Fiere allestito dalla Regione Piemonte.

Cosa vuole dire, come medico e come esponente dell’Esercito Italiano, alle persone che stanno vivendo oramai da un anno questa situazione e come si sente di rassicurarle per vivere le difficoltà in maniera più razionale senza lasciarsi prendere dall’emotività? 

Mi sento di dire però di guardare con estrema fiducia all’unico strumento attualmente in nostro possesso per tutelare noi stessi e i nostri cari: il vaccino.
E’ importante  attenersi e rispettare le misure sanitarie messe in campo dal Governo per continuare a proteggersi ed a proteggere gli altri.

 

I due Carando, ma Ettore è dimenticato

IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

I  fratelli Carando furono due partigiani che vennero trucidati nel 1945 a Villafranca Sabauda, ora Piemonte.

Ennio Carando era un professore liceale di filosofia di convinzioni comuniste molto radicate  che si buttò con passione  nella Resistenz , diventando ispettore delle divisioni Garibaldi del Cuneese.

E’ stato  anche  ricordato a Savona dove insegnò e dove l’egemonia dell’Anpi è soffocante e totalizzante. Il prof. Ennio Carando venne insignito di Medaglia d’oro al Valor Militare. Subì la stessa terribile  sorte il fratello Ettore, capitano di Artiglieria in Spe , che venne invece  decorato solo di Medaglia d’Argento al Valor Militare. L’eroismo dei due fratelli fu identico. Subirono atroci torture e non parlarono , affrontando  la morte con dignità, onore  e coraggio.

Io conobbi la vedova di Ettore che mi fece leggere l’ultima, affettuosa  lettera del marito a lei dedicata  in cui si faceva esplicito riferimento al suo giuramento di fedeltà  alla Patria e al Re  che l’aveva mosso a diventare un resistente. Anche Vittorio Prunas Tola mi disse dei due fratelli Carando. Prunas con i suoi figli era stato anche lui un  eroico patriota nella zona di Villafranca e negli anni Sessanta sottolineava il differente trattamento avuto dai due fratelli. Anche Valdo Fusi era indignato per la differenza di trattamento che penalizzò anche il suo amico Silvio Geuna che si offrì  al plotone di esecuzione del Martinetto al posto del Generale Giuseppe Perotti.  L’ufficiale  Carando venne presto dimenticato, mentre il professore di filosofia fu esaltato persino da Ludovico Geymonat  che vide in lui un esempio socratico. La sua opera di saggista ,mera divulgazione, appare anche oggi molto modesta, propria di un professore liceale troppo  distratto dalla politica e dal fanatismo ideologico. Un episodio che la dice lunga su certa cultura ideologizzata. Conobbi la vedova di Ettore che era una professoressa ancor giovane e avvenente , ma con sorriso triste: non aveva voluto risposarsi ed    era umiliata e indignata per il modo in cui era stato trattato il marito Già allora anche le Medaglie erano distribuite con criteri politici .L’Anpi era decisiva .  E la cosa è andata avanti così negli anni. Il capitano del R .Esercito Ettore Carando attende ancora giustizia, senza nulla togliere al fratello comunista. E il comune di Villafranca forse dovrebbe onorare Ettore. Solo Torino ha dedicato una via periferica ai due eroici fratelli  in  base ad un mio personale e discreto interessamento, volto a ricordare anche  il nome di Ettore. L’idea iniziale era quella di ricordare il solo Ennio.

 

Difendo Piero Fassino

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  C’è chi nel Pd, pur di  caldeggiare e giustificare l’assurda alleanza con i grillini, critica il quinquennio della sindacatura di Fassino che io non votai nel 2011 esclusivamente per le persone da cui era circondato

Fassino lo avrei  votato per stima personale  (ci conosciamo dal 1984) ma era troppo attorniato da gente che invece  disprezzavo. Io mi astenni dal voto, come avevo già fatto altre volte  alle amministrative, quando mi proposero Chiamparino, Buttiglione, Costa, Rosso e l’ultima volta persino  il ragioniere on. Napoli e la ragazza giuliva grillina che al ballottaggio vinse con il voto delle destre impazzite e rancorose.  Nel 2016 votai  invece senza alcun dubbio per Fassino  al ballottaggio purtroppo inutilmente.
Lo incontrai alla vigilia del voto all’associazione degli esuli Giuliano – Dalmati, era più triste del solito ed aveva capito che il giorno dopo avrebbe perso. In effetti il “Sistema Torino“ aveva stancato, ma pochi capirono che l’Appendino lo avrebbe mantenuto in vita. In ogni caso quel sistema si identificò in Chiamparino e non in Fassino. Ma torniamo al dunque. Piero Fassino, consigliere comunale di lungo corso, deputato, due volte Ministro, era il meglio che la città potesse avere. La prima volta non  lo votai a causa dei  Moderati voltagabbana che si portava dietro e altri politicanti destinati a ricomparire a Palazzo Civico come eminenze grigie. Fassino sarebbe stato votabile anche nel 2011 perché aveva  comunque saputo  pensionare  i vari Alfieri e le varie Tessore passata  dalla corte di Alessio alla corte di Sergio , il Sindaco per eccellenza, eletto nel 2001 perché era morto all’improvviso  il bravissimo e onesto Carpanini, naturaliter successore del grande Castellani. Adesso per la sinistra del Pd, a cui va bene l’alleanza con i grillini e anche con il Sindaco uscente (che rappresenta una vergogna nella storia di Torino), Fassino ha amministrato in modo non adeguato  la città’ . Questi signori  che non sono in buona fede rimpiangono il vecchio Chiamparino e dimenticano, vogliono dimenticare il perché Piero Fassino nel suo quinquennio poté fare non tutto ciò che si era proposto: il buco di bilancio abissale lasciato da Chiamparino a cui nessuno ha chiesto conto di questo, tutti ubriacati dalle Olimpiadi invernali che durarono lo spazio di un mattino e servirono a lanciare il nuovo astro della Christillin, intima degli  Agnelli, che fino da un po’ di tempo fa aspirava anche lei  a palazzo civico, stando a  quanto scrivevano  certi gazzettieri  un po’ troppo cortigiani. Fassino si impegnò a tappare le falle create dal suo  predecessore che venne premiato con la Presidenza della Fondazione San Paolo e poi della Regione dove continuò a rivelare  i suoi limiti. Fassino avrà pure un brutto carattere, secondo alcuni suoi detrattori e’  persino irascibile,  ma è un politico serio, un uomo colto,   un amministratore a 24 carati, a cui gli attuali che ambiscono al posto di Sindaco, non assomigliano  Forse l’unico che ha rivelato qualche dote in proposito e’  l’ ex assessore di Fassino e professore universitario  Stefano  Lo Russo che ha guidato in modo forse un po’ troppo blando l’opposizione ad Appendino , ma ha almeno una esperienza alle spalle degna di attenzione.
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“Il fiume senza luna”

LIBRI Un nuovo caso per il commissario Carlo Rossi, nell’ultimo romanzo giallo di Franca Rizzi Martini

Dopo il giallo storico “Recitando Shakespeare” (2015), Franca Rizzi Martini ci regala, sempre per i tipi di “Neos Edizioni”, un altro intrigante giallo dal titolo “Il fiume senza luna”, carambolato con accattivante curiosità (sua e del lettore) in 246 pagine di un intenso racconto, dove all’indagine attuale si avvicenda una misteriosa storia che porta indietro il tempo di oltre quattro secoli, in una Moncalieri del Seicento – barocca e fluviale – che si trova a fare i conti con una Torino dei giorni nostri, con le sue anime multietniche, affogate in un bagno di solitudine, di desiderio di emergere e di spietato cinismo.

Due storie accattivanti che s’intrecciano fra loro, accomunate dal lento scorrere del fiume, “sulle cui acque non sempre si riflette la luna e la notte è più nera quando prevalgono le sfortune, i dolori e le passioni come l’avidità, la violenza e il desiderio di potere”. Oggi come quattro secoli addietro. In un calcolato, inevitabile dipanarsi di presente e passato in cui sempre è la “felicità” l’agognata preda umana. A scavare nelle pieghe degli eventi e a reggere e a indagare trame sottili abilmente rintracciate e raccontate da Franca Rizzi Martini (milanese di nascita, oggi residente a Moncalieri, vincitrice del Fiorino d’Argento al “Premio Firenze 2010” e secondo posto al “Premio Mario Pannunzio 2011”), è ancora una volta il suo commissario, dal più banale italico cognome, Carlo Rossi. E torna anche Patrizia, gentile curiosissima signora torinese, votata a sostenere con le sue osservazioni il lavoro di indagine. “Ogni caso ha i suoi interrogativi – scrive la Rizzi– e ogni omicidio ha le sue motivazioni; le morti non sono tutte uguali e anche se possono essere catalogate secondo diversi parametri, ogni omicidio nasconde cose dette e non dette”. Da una parte lo strano suicidio/omicidio di un lontano zio del commissario, mentre dall’altra ci imbattiamo nella storia di Jeremy Ross, giovane attore inglese depredato dell’amata Adelaide Grondana dalla mano assassina di un alchimista impazzito. Da un lato, l’elegante quartiere della Crocetta e i locali della Torino by night, fra barman russi e cameriere e ballerine rumene. Dall’altro, la corte sabauda di Vittorio Amedeo II, la “volpe savoiarda”, e della sua preferita, la contessa Scaglia di Verrua. Storie lontane nel tempo, le cui voci, i cui suoni, le cui presenze paiono tuttavia rincorrersi negli anni, in un miscelarsi, improbabile e misterioso, di fatti prove e verità sulle quali spetterà al povero commissario Rossi trovare il bandolo finale dell’intricata matassa. Scrive Franca Rizzi Martini: “La notte di Torino era buia, senza luna. Nell’aria spirava una leggera brezza fresca, che mitigò il suo senso di vertigine.Carlo Rossi camminava, un passo dopo l’altro sotto i lampioni che mandavano luci bianche nelle vie deserte; tutte le domande stavano riaffiorando nella sua mente. Delle persone coinvolte nel caso chi si salvava? Nessuno”.
Info: “Neos Edizioni”, via Beaulard 31, Torino; tel. 011/7413179 o www.neosedizioni.it

g. m.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Jonathan Coe “Io e Mr Wilder” -Feltrinelli- euro 16,50

Questo romanzo è un omaggio che lo scrittore inglese -alla soglia dei 60 anni – dedica a uno dei miti
suoi e del cinema mondiale, il regista Billy Wilder.
Mostro sacro che a Hollywood ha girato film strepitosi come “A qualcuno piace caldo” con
Marilyn Monroe e Jack Lemmon, “Sabrina” con Audrey Hepburn, “Irma la dolce” e
“L’appartamento” con Shirley MacLaine e di nuovo Lemmon; per citare almeno alcune delle sue
pellicole che ebbero la nomination agli Oscar e ne vinsero parecchi.
Coe imbastisce un romanzo sul regista ormai “Sul viale del tramonto”, come nella sua omonima
pellicola del 1950 con Gloria Swanson, William Holden ed Erich von Stroheim.
Pretesto narrativo sono i ricordi di una 57enne greca, che era stata arruolata dal regista come
interprete. E’ Calista Frangopoulou alle prese con due giovani figlie gemelle, di cui una incinta.
Calista ha l’abitudine di associare fatti e persone ai film, e lo fa a ragion veduta poiché nel suo
passato ha vissuto un’esperienza esaltante nel mondo del cinema.
Giovanissima, per pur caso, aveva conosciuto il grande regista Billy Wilder in procinto di girare il
film “Fedora”, (in parte sull’isola greca di Corfù) che l’aveva assunta dapprima come interprete, poi
come assistente del suo amico e storico sceneggiatore I.A.L. Diamond.
Un’esperienza decisamente unica che l’aveva catapultata dietro la macchina da presa, alla scoperta
di un grande regista di immenso talento, che però Hollywood non finanziava più dopo alcune
pellicole non proprio fortunate sul fronte degli incassi.
Ma Wilder a 70 anni crede ancora fermamente in quello che fa e si butta a capofitto nel suo
penultimo film “Fedora”: lo gira in Europa, dopo che i produttori hollywoodiani gli avevano
sbattuto le porte in faccia.
Scopriamo così il lato umano del genio, con le sue fissazioni: come la pretesa che gli attori dicano
esattamente e al millimetro le battute del copione, e capace di girare ad infinitum la stessa scena.
Ed emerge un ritratto indimenticabile di uno dei registi più interessanti e prolifici di tutti i tempi.

André Aciman “L’ultima estate” -Guanda- euro 16,00

E’ difficile parlarvi di questo romanzo senza anticiparvi troppo la sorpresa che racchiude. C’è chi ha
parlato di realismo magico, inaspettato da questo autore che ha raggiunto un successo planetario
con “Chiamami col tuo nome” nel 2008, diventato film da Oscar, diretto da Guadagnino e
sceneggiato da James Ivory.
“L’ultima estate” è ambientato sulla Costiera Amalfitana dove un gruppo di ragazzi americani viene
avvicinato da un peruviano 60enne, Raoul: affascinante, misterioso, e soprattutto dotato di poteri
straordinari.
Sembra sapere molto di ognuno di loro; nomi, passato, segreti. Li sorprende e spiazza svelando cose
di loro stessi e della loro vita che in alcuni casi ignoravano; come l’essere stato gemello di un feto
scomparso al momento del parto. O anticipa il disastro finanziario di un loro amico che neanche è
presente, e chiede di avvisarlo prima che faccia un investimento sbagliato.
Svela ai ragazzi che sapeva di possedere un dono anche prima di aver compiuto 2 anni; crescendo
ha scoperto di riuscire ad allontanare il dolore semplicemente appoggiando la mano sulla parte
dolente di un corpo, e lo dimostra alleviando il male alla spalla che tormenta uno di loro, Mark.
Ma ad attrarlo più di tutti nel gruppo è la giovane Margot, che lui chiama Maria dicendo che è il suo
vero nome e che si erano già incontrati prima.
Dapprima lei è la più scettica ed indifferente; ma pian piano, tra baie meravigliose in cui nuotare in
libertà, passeggiate e confidenze, finisce per lasciarsi guidare da Raoul in un incredibile viaggio a
ritroso nel tempo.
Tra appuntamenti mancati con la felicità, piani temporali che s’intrecciano e la nostalgia di un
grande amore che lambisce il regno dei morti, si prospetta la possibilità del susseguirsi di più vite –
diverse e magari lontane nel tempo – prima e dopo il presente.
Perché spiega: «Il punto è che noi tutti passiamo più tempo di quanto crediamo a cercare di tornare
indietro. Chiamatelo come volete, fantasticare o sognare ….pochissimi di noi conoscono la strada,
la maggior parte non trova neanche la porta d’accesso e tanto meno la chiave per aprirla. Fingiamo
di essere normali terrestri…in realtà nessuno di noi torna indietro».
Se poi volete approfondire la conoscenza di questo autore, oltre al più famoso “Chiamami col tuo
nome” uno dei suoi libri è “Harvard Square” -Guanda- euro 13,00.
E’ ambientato all’università di Harvard e inizia con un padre che accompagna il figlio, prossimo a
diventare futura matricola. E’ l’occasione per ricordare la lontana estate del 1977 in cui, in una
Cambridge quasi deserta, lui si era impegnato nel preparare degli esami per diventare professore,
attanagliato dalla paura di non venire accettato in quell’ambiente tanto elitario. Fu un periodo
particolare in cui strinse amicizia con un tassista tunisino dalla parlantina facile, i due saranno
inseparabili per alcuni mesi. Scorre il racconto di un’estate indimenticabile che sfuma quando
ricomincia il semestre invernale e i due tornano alle loro vite tanto diverse l’una dall’altra.

Barack Obama “Una terra promessa” -Garzanti- euro 28,00

Forse la parte più interessante di questo portentoso memoir del 44° presidente degli Stati Uniti, è
quella in cui a cuore aperto narra affetti e episodi di vita strettamente privata, aneddoti curiosi,
incontri interessanti che danno la misura dell’uomo, oltre alla sua figura pubblica.
Eletto nel 2008, primo presidente di colore degli Stati Uniti, ha ricoperto due mandati come capo
del mondo libero e primo leader mondiale per potere ed importanza.
In 794 pagine scopriamo il suo spessore: giovane tenace, che supera lo scoglio dell’assenza del
padre, studioso ed ambizioso, che scala tutti i gradini fino alla vetta della presidenza.
I suoi successi, il suo charme politico, i motivi che l’hanno spinto all’impegno, il suo modo di
intendere la presidenza del paese più importante dello scacchiere mondiale, la sua importanza come
statista.
Poi ci sono gli incontri con gli altri leader, che lui ripercorre dando la sua versione personalissima di
Angela Merkel, Sarkozy, Putin e tantissimi altri capi di stato e governo. Dalla Cina al Giappone,
passando per l’Europa e per ayatollah e leader da prendere con cautela per il loro estremismo
fanatico. Una vita unica in cui ha conosciuto tutti ed è entrato nella storia a pieno titolo come uno
dei presidenti più amati.
A rendere il libro ancora più interessante è però il suo essere un marito attento e premuroso,
innamoratissimo della moglie che l’ha sempre sostenuto, e che lui a sua volta ha appoggiato in tutte
le sue iniziative. Come l’orto alla Casa Bianca, la lotta contro l’obesità e ….cosa che non sapevamo,
è stato anche il primo presidente mastro birraio della storia grazie al miele prodotto alla White
House.
Padre amorevole e presente per le sue figlie, con aneddoti tenerissimi. Come quando Malia, a 4
anni, dopo una visita allo zoo di Honolulu s’innamora perdutamente delle tigri, (la zia le regala il
peluche Tiger che l’accompagnerà ovunque negli anni successivi), chiede al padre cosa conta di fare
per i suoi felini preferiti e lui si muove di conseguenza.
O l’amore per Bo, il cane d’acqua portoghese regalatogli da Ted Kennedy e ironicamente citato
come «l’unico amico affidabile che un politico possa avere a Washington».
Così come sarà enorme il suo impegno sul fronte del pericoloso cambiamento climatico e la sua
battaglia per l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Tra le pagine più interessanti, quelle finali in cui ci racconta la caccia al mefistofelico Osama bin
Laden, il coraggio dei Navy seals e l’uccisione del responsabile della tragedia delle Torri Gemelle.