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Vittoria Castagnotto in un corto d’autore dagli scenari torinesi

Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Nel cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri” di Francesco Marzio, la conduttrice interpreta Anita, una ragazza vittima di violenza.

 

Torino con le sue meraviglie, le sue strade eleganti e suggestive ha fatto da sfondo ad un film breve che, con intensità, privo di superflue forme stilistiche , ma dotato di un’ autenticità toccante, racconta dei risvolti drammatici, spesso silenziosi e poco visibili, della pandemia.

Il cortometraggio “Negli occhi del mondo – i nuovi poveri”, visibile su YouTube, ci fa vivere da vicino, attraverso le interpretazioni di tre giovani operosi, il terribile problema della violenza sulle donne, fenomeno che si è amplificato durante le chiusure, e quello della perdita del lavoro, dello smarrimento e del senso di incertezza in cui molte persone sono state gettate, soprattutto coloro che erano già in difficoltà.
Nel film emergono però anche alcuni elementi sociali positivi, riemersi durante questo difficile periodo, come la solidarietà, la sensibilità e il senso del mutuo soccorso, quello che ti fa correre in aiuto o in difesa dei deboli, che fa risvegliare la coscienza e che ci dice che non tutto arriva solo per nuocere.

Vittoria Castagnotto interpreta Anita, una dei tre protagonisti, una dei tre giovani attori che hanno partecipato a questo film, lodevolmente pro bono, per denunciare nuove e precarie condizioni di vita, per parlare di degrado sociale che sfocia nella violenza, per muovere il senso della responsabilità di fronte a fenomeni che si sono sviluppati, spesso senza fare troppo rumore, durante questa lunga pandemia che ha interrotto le nostre vite.
Giovane conduttrice tv e attrice, Vittoria Castagnotto dopo varie esperienze in diverse reti locali, come Grp e Rete 7, è oggi uno dei volti più importanti delle trasmissioni sportive di 7Gold.
Nata a Moncalieri 26 anni fa, una laurea in Economia Aziendale, 18 anni di danza classica alle spalle, oggi è molto attiva sui social, ha più di 200 mila follower su Instagram e conduce una rubrica di filosofia su Twitch. Vittoria ha seguito, inoltre, un corso di doppiaggio alla Pulsart Academy di Torino e uno in Lettura Creativa, è madrina del Torino Calcio FD, una iniziativa della squadra dedicata ai disabili. Una professionista in continuo movimento dunque, impegnata nel sociale e appassionata anche di latino, durante ogni puntata del suo programma su 7GoldSport, infatti, cita un proverbio in questa lingua antica ma sempre attuale.

3 domande a Vittoria Castagnotto

Vittoria cosa ti ha convinto a interpretare Anita, a partecipare a questo cortometraggio?
Francesco Marzio, il regista, cercava una persona che fosse sensibile, per carattere ma anche per esperienza diretta, ai temi trattati nel cortometraggio, la perdita del lavoro durante la pandemia, con un particolare riferimento al mondo della musica e dello spettacolo, e quello della violenza sulle donne, fenomeno che purtroppo è cresciuto durante le chiusure. Mi sono sentita subito coinvolta, durante il primo lockdown, infatti, diversi progetti a cui stavo lavorando sono stati sospesi, sono rimasta ferma e ho provato un grande senso di precarietà nonostante abbia reagito e pensato a come potermi reinventare senza subire troppo gli effetti della situazione. Riguardo al tema della violenza sulle donne, quello ce lo sentiamo addosso un po’ tutte, ci riguarda come esponenti del genere. Questo tipo di sopruso è spesso dietro l’angolo, pronto ad umiliare e mortificare, per esempio quando subisci apprezzamenti di bassissimo livello, battute volgari che ti fanno sentire sminuita, pressioni sul lavoro fino ad arrivare a subdoli inganni e vere proprie aggressioni.

Da dove bisogna partire per fermare la violenza sulle donne?
La famiglia ha un ruolo fondamentale. Alle ragazze si dovrebbe insegnare a non fidarsi di chiunque, a comprendere persone e contesti, a valutare le situazioni. Ai ragazzi si dovrebbe trasmettere il rispetto incondizionato per le donne e tramandare il senso di protezione, non di prevaricazione.
In generale poi è necessario ridare valore alle persone e alle cose. Viviamo nell’era del “tutto e subito”, qualsiasi cosa vogliamo possiamo averla facilmente, anche solo con un click, e quando non la otteniamo proviamo frustrazione e un pericoloso senso di impotenza che può sfociare nella rabbia. Sarebbe utile tornare a desiderare, a sentire maggiormente il senso del dovere, a rivalutare l’impegno e la responsabilità.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e quale è il sogno per cui lavori ogni giorno?
La televisione mi affascina, mi piace l’evoluzione che sta avendo, la sua direzione verso la social o techno tv, programmi interessanti da vedere sui diversi dispositivi come computer o cellulari.
Mi piacerebbe la conduzione di programmi che combinino l’intrattenimento con la cultura, lo svago e l’informazione, un format innovativo dove l’apprendimento e la distrazione possano coesistere. Oltre a presentarli mi piacerebbe esserne anche l’autrice.
Qualche anno fa ho avuto occasione, in due trasmissioni che ho condotto per GRP, Mondo Toro e Cartellino Rosso, di cimentarmi anche come ideatrice di rubriche e giochi all’interno dei programmi. Mi è piaciuto molto e mi sono sentita coinvolta attivamente nel progetto.

ph Gabriele Mascaro

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Colum McCann “Apeirogon” -Feltrinelli- euro 22,00

Sullo sfondo della cronaca di questi giorni di fuoco tra israeliani e palestinesi, questo è un libro che fa riflettere. Apre pagine di speranza e testimonia come i due contendenti potrebbero sotterrare l’ascia di guerra, riscoprire buon senso, diritti, fratellanza, rispetto reciproco; e finalmente non più vittime da entrambe le parti, ma una ben più sana pace.
Ed è un libro magnifico, ispirato a una storia vera.

L’ “Apeirogon” è un poligono con un numero infinitamente numerabile di lati: così come quest’opera
dello scrittore irlandese Colum McCann si scompone in 1.001 pezzi, nell’arco di 511 pagine che racchiudono la drammatica storia di due padri delle fazioni opposte, travolti dal medesimo lutto. E, invece di azzannarsi, si riconoscono nella stessa tragedia, diventano amici, e finiscono per lottare fianco a fianco per un futuro di convivenza pacifica.

Rami Elhanan è israeliano, ebreo, artista grafico. E il padre di Smadar che, nel 1997, a due settimane dal suo quattordicesimo compleanno, salta in aria; vittima innocente della peggiore delle vigliaccate possibili, fatta a pezzi da 3 attentatori suicidi palestinesi.

Bassam Aramin è palestinese, musulmano, ex carcerato (arrestato a 17 anni dagli israeliani e rinchiuso in prigione per 7 anni), attivista. E’ il padre di Abir che, nel 2007, a 10 anni, è stata colpita da un proiettile di gomma sparato da una guardia di frontiera israeliana. Era uscita in anticipo da scuola e aveva appena comprato delle caramelle. L’ambulanza fu fatta tardare di ore e per lei non ci sarà speranza.

Due tragedie immani: «lo shrapnel annientò il dorso della T-shirt di Blondie che Smadar indossava».
Invece «il proiettile colpì Abir dietro la testa, frantumandole il cranio in maniera radiale, così che una delle schegge raggiunse l’interno e le perforò il cervello».
Smadar e Abir muoiono a un decennio di distanza l’una dall’altra, in qualche modo legate dal destino; anche perché Smadar era nata nell’ospedale dove poi morirà Abir.

Due lutti che giustificherebbero odio e sete di vendetta, invece una storia si trasfigura nell’altra.
I due padri, divisi dal conflitto di quella terra difficile -tra Gerusalemme e Cisgiordania- anziché scannarsi e perpetuare ostilità e spargimento di sangue, trovano nel loro dolore un punto di unione.
Condividono la stessa straziante perdita, le loro sofferenze e i loro pensieri …e in questa empatia sviluppano una forza incredibile.

Si uniscono all’associazione “Parents Circle” che amalgama arabi e israeliani “illuminati” che lottano per perseguire la fine delle ostilità e la pace. Non solo a parole, ma anche con i fatti; per esempio, ex soldati israeliani costruiscono un campo giochi in onore della bimba palestinese uccisa.

Rami e Bassam si incontrano e dedicano la loro vita a far rivivere le figlie «…giunsero gradualmente a capire che avrebbero usato la potenza del loro dolore come arma».
E questo libro –che non è giornalismo e neppure biografia romanzata- resta una pietra miliare della letteratura, ed è di una bellezza struggente.

 

Ashley Audrain “La spinta” -Rizzoli- euro 18,00

L’incapacità di essere buone madri è qualcosa che si eredita? Una sorta di maledizione insita in un Dna che non lascia scampo? E’ quello che si chiede il libro di esordio della scrittrice Ashley Audrain, nata a Newmarket nel 1982, che vive a Toronto ed ha lasciato il lavoro di capo ufficio stampa di Penguin Books Canada per seguire il figlio più piccolo affetto da una grave malattia.
Attraverso la ricostruzione della storia familiare della protagonista viene da pensarlo.

Tutto ha inizio con Etta e i suoi demoni interiori che le impediscono di crescere la figlia Cecilia; la quale a sua volta abbandona la figlia Blythe –voce narrante e protagonista- alle prese con la pestifera figlia Violet e un lutto devastante.
Quando dal matrimonio con Fox nasce Violet, Blythe ce la mette davvero tutta per non replicare il dolore che ha vissuto sulla sua pelle e per essere una buona madre. Ma le è difficile stabilire un feeling con la piccola che, a volte trascura per dedicarsi alla scrittura di un libro.

E poi Violet non è come gli altri bambini.
Fin da subito è attaccatissima al padre (che manipola abilmente), non sopporta la madre e a scuola ha comportamenti preoccupanti che virano verso il bullismo, con episodi di pura e gratuita cattiveria.
Il padre stravede per lei, convinto che Blythe non la capisca, cerca di compensare e si rifiuta di accettare che qualcosa non vada per il verso giusto.

Quando nasce il fratellino Sam, per il quale Blythe trabocca letteralmente d’amore, la primogenita assume comportamenti ancora più inquietanti e decisamente borderline.
Subdola e spietata, sembra essere la responsabile del tragico incidente in cui Sam trova la morte; di questo è convinta Blythe che riavvolge i frame della tragedia all’infinito.

Blythe oscilla in un dolore intriso anche di senso di colpa per non essere riuscita a salvare il figlio, Fox è incapace di affrontare con lei la tragedia e la demoniaca Violet sembra averla vinta.
Poche coppie sono tanto coese da riuscire a sopravvivere alla morte di un figlio e in questa la cecità del marito consente ampio margine di manovra alla figlia.

Il matrimonio finisce quando Fox si innamora della giovane Gemma, con la quale fa un figlio, Jet; e sembra che Violet stia meglio nella nuova famiglia che non con la madre.

Di più non vi racconto, ma preparatevi a pagine coinvolgenti, a tratti decisamente inquietanti, e a un finale in parte annunciato, ma che lascia comunque aperta ogni possibilità. A voi decidere se Blythe è davvero una cattiva madre responsabile della morte del figlio più piccolo….o se la vita le ha remato contro con una figlia da non augurare a nessuno.

 

Hilary Mantel “Lo specchio e la luce” – Fazi- euro 22,00

La scrittrice inglese con questo volume conclude la parabola della vita di Tomas Cromwell e l’ambiziosa trilogia iniziata con “Wolf hall”, proseguita con “Anna Bolena, una questione di famiglia”.

Cromwell era nato nel 1485 nell’umile famiglia di un fabbro, poi aveva spiccato il salto verso l’ascesa, diventando conte di Essex, ministro di re Enrico VIII, abile tessitore della politica del suo regno e riformatore della Chiesa inglese. Fu ambizioso e con una visione politica ampia, ma attenta anche ai dettagli, creativo e capace di trovare soluzioni originali.

In questi corposi romanzi storici la Mantel ricostruisce -quasi al millimetro e con un’attenzione rigorosa alla documentazione storica- l’ascesa a la caduta di Cromwell; facendo riaffiorare temi universali come ambizione, invidia, sete di potere, amore e vendetta, ambientandoli nell’epoca specifica dell’Inghilterra del 500.
In “Lo specchio e la luce” la scrittrice entra nella testa di Cromwell che ha appena consegnato al boia Anna Bolena, seconda moglie di Enrico VIII, e gli uomini a lei più vicini. Per sposarla il re aveva ripudiato la prima moglie Caterina d’Aragona e provocato lo scisma dalla Chiesa cattolica e dal Papa.

Cromwell ora favorisce il matrimonio del re con la dolce e silenziosa Jane Seymour che morirà poco dopo aver dato alla luce il tanto agognato erede maschio. Ed ecco Cromwell di nuovo in azione per trovare la prossima regina.

Lui è un politico scaltro con un’ampia visione europea e porta in sposa la tedesca Anna di Clèves; mossa strategica che avrebbe dovuto suggellare buoni rapporti e un accordo religioso con i principi luterani.
Peccato che al re quella donna proprio non piaccia e il loro matrimonio venga dichiarato nullo in un lampo,
il 9 luglio 1540.

20 giorni dopo Cromwell sarà decapitato per ordine del re, nello stesso giorno in cui va all’altare per la quinta volta.
E scorre il ritratto di Enrico VIII che più invecchia, si ammala e perde il controllo del suo monumentale corpo (180 chili e un giro vita di 140 cm), più diventa astioso, insicuro, irascibile, semina zizzania tra i suoi ministri, è imprevedibile e spietato.
In questo clima finisce per perdere letteralmente la testa Cromwell, anche se poi il re si pentirà di questa atroce condanna verso un uomo che gli era sempre stato fedele.
Le pagine finali del romanzo affondano nei pensieri e nelle riflessioni di Cromwell in attesa della scure.

Uno dei problemi cruciali del regno di Enrico VIII fu il difficile rapporto con le donne, l’uso che fecero del loro corpo e dell’intelligenza per compiacere al sovrano, e soprattutto la loro capacità di generare o meno un erede. 6 furono le mogli collezionate, e due le mandò al patibolo.

 

Andrea Careri “La mia New York” -Ultra- euro 17,50

Sottotitolo di questo volume è «vivere nella città che non dorme mai» alla scoperta della quale ci guida Careri: sceneggiatore, scrittore e vlogger, grande appassionato degli Stati Uniti, New York l’ha vissuta a fondo.
Non è esattamente una guida, ma come tale potete tenerla se vi trovate nella Big Apple. Perché in questa sorta di diario descrive luoghi, incontri e persone, locali e luoghi di culto, abitudini e stili di vita, e tantissimo altro.

Il libro è nato da una serie di video dirette su Facebook fatte da Careri nel 2019, in cui raccontava la città. Di lì e dal successo riscontrato ha deciso di realizzare il suo sogno: scrivere un romanzo, più esattamente un romanzo-guida in cui New York è sciorinata in tutte le sue sfaccettature.

La sua esperienza nella Grande Mela non è stata sempre facile, tra mille lavoretti per sopravvivere dove tutto è più caro e luoghi anche di fortuna in cui vivere e dormire.
E sono godibilissime alcune sue esperienze; come riuscire ad affittare l’appartamento di un 60enne ebreo newyorkese davanti all’Empire State Building, esperienza più unica che rara di cui ci narra approfonditamente.

In poco meno di 300 pagine racconta l’evoluzione delle varie zone, dal Village all’Upper West e East side, da Williamsburg a Dumbo, passando per tanti altri luoghi famosi che fanno di New York una città assolutamente unica.
L’autore, attraverso le sue esperienze, gli incontri, le scoperte ma anche le delusioni e la fatica per stare a galla, ricostruisce il fascino di luoghi cult e di altri meno conosciuti, che ha scoperto al di là delle solite rotte turistiche.
E vi abbaglierà con il racconto di come è nata Times Square e il suo sviluppo negli anni; o le storie di hotel testimoni di vite più o meno note.
Vi incuriosirà con la descrizione di food mall come il pittoresco Chelsea Market, o il fascino di aree come Park Slope, Jackson Heights o Coney Island…..
Impossibile riassumervi più di tanto…non vi resta che scoprire voi stessi un modo nuovo di conoscere la mitica e inafferrabile New York.

Una donna capolista

IL COMMENTO  di Pier franco Quaglieni   L’articolo di ieri sulle donne e le prossime amministrative di ottobre ha sollevato un vasto dibattito 

Nessuno degli interlocutori ha toccato le quote rosa, un escamotage per rivendicare posti , un tema ormai obsoleto che appartiene all’ era che parte da Bindi – Turco per giungere a Boldrini.
Molti  hanno messo in evidenza gli esiti disastrosi del primo sindaco donna (con il ballottaggio) della Città  Appendino.
Si tratta di un argomento forte contro, ma, per fortuna, è  in effetti molto fragile perché la colpa maggiore di Appendino è di essersi circondata di collaboratori uomini che l’hanno portata alla perdizione politica e giudiziaria.  C’è chi ha lamentato che le donne devono sempre passare i raggi X, cosa che non è richiesta agli uomini e c’è chi ha messo in evidenza il numero relativamente basso di donne impegnate in politica : la maggioranza di chi fa politica nei partiti è maschile . Altrettanto si può dire per le cariche pubbliche ricoperte. La presidente di una nota e prestigiosa associazione femminile mette in evidenza come in Italia i grandi e rari esempi delle donne politiche passate  (Anselmi, Jotti, Merlin) e presenti (il Presidente del Senato  Casellati , ad esempio) non siano seguiti. Una nota professionista ricorda che ,quando le chiesero di candidarsi, fu per utilizzarla come portatrice d’acqua, pur promettendole l’elezione certa. C’è in effetti un solo leader donna , la Meloni , che ha dimostrato di  sapere dirigere il partito sulla carta più maschilista, almeno per tutta la sua storia vicina e remota. Nessun partito italiano ha voluto affidarsi ad una donna, neppure la Dc o il Pci. Il Pd nelle sue continue beghe interne sembra trovare compattezza solo sul disegno di legge  Zan che molte autorevoli femministe rifiutano. Berlusconi ha dato spazio alle donne al governo, ma certo non può dirsi un femminista, al di là delle memorabili e miserevoli  cene eleganti che hanno devastato la sua immagine pubblica. A Torino l’unica candidata sindaca sarà quella designata dal partito comunista di  Marco Rizzo, una delle persone più serie e coerenti della politica italiana. Una mia lettrice fa una proposta concreta che faccio mia : le diverse liste mettano capolista una donna. Sarebbe un bel segnale che riequilibrerebbe la deriva maschilista che, a sinistra,  recupera anche i Carneadi maschi che nessuno conosce , come candidati sindaci , destinati alla sconfitta sicura.  Di donne non Carneadi nelle professioni e negli affari  che potrebbero dare un grande contributo alla città ce ne sono molte. Una lettrice mi cita l’avv. Anna Chiusano , figlia del principe del Foro Vittorio ,capolista liberale e capogruppo del PLI a Palazzo Civico. La conosco anch’io, è una donna capace e preparata,  saprebbe portare la sua esperienza al servizio per la Città ,soprattutto potrebbe dare un ‘imprimatur liberale  autorevole che il centro – destra non ha ancora. Per rinnovarsi le diverse liste dovrebbero affidarsi alle donne . Solo i grillini , viste le esperienze , dovrebbero fare molta attenzione sulle  loro candidate donne ….Ma questo è un altro discorso.

Chi è Monica Pereno, Socia dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Lo scrittore francese Antoine Albalat sosteneva: “Avere del talento significa capire che si può fare di meglio”. Questa citazione rappresenta pienamente l’Avvocato Monica Pereno, professionista impegnata e capace che lavora costantemente per raggiungere nuovi obiettivi. Laureata in giurisprudenza presso l’Università di Torino con lode e dignità di stampa, successivamente ha conseguito la Specializzazione in Diritto del Commercio e degli Scambi Transnazionali presso l’università di Torino. Iscritta all’albo degli Avvocati di Torino, ha ottenuto l’abilitazione professionale con riconoscimento del premio Toga d’oro, ed è Cassazionista. La sua esperienza è incentrata su questioni, contenziose e non, di diritto fallimentare e concorsuale, societario e commerciale e in questo ambito presta assistenza sia agli Organi delle Procedure concorsuali preposti dal Tribunale, sia a clienti privati. È inoltre iscritta nell’elenco dei gestori della crisi da sovraindebitamento istituito presso il Ministero della Giustizia ai sensi della legge 3/2012 e del dm 202/2012. Nell’ultimo decennio Monica Pereno si è occupata, in particolare, della gestione della crisi d’impresa e dell’individuazione di soluzioni alternative alla dichiarazione di insolvenza, con il ruolo di assistenza legale dell’impresa e coordinamento delle professionalità coinvolte nei processi di accesso alle procedure concorsuali e para-concorsuali alternative al fallimento. Cura inoltre la contrattualistica di imprese che operano in ambito internazionale, con particolare riferimento all’assistenza nella trattativa e nella redazione di contratti di fornitura e distribuzione commerciale anche con imprese multinazionali. Incuriosita dagli impatti dell’evoluzione digitale sul mondo del diritto, ha appena frequentato un corso privato di approfondimento in materia di tech law e digital transformation.

Il vostro Studio Associato ha ottenuto l’accreditamento UNI EN ISO 14001 relativo all’adozione di un Sistema di Gestione Integrato Qualità e Ambiente. Cosa vi ha spinto a richiedere questo riconoscimento?

“Come studio siamo partiti dalla necessità di riflettere su noi stessi per ripensare al modo in cui esercitiamo la professione e al rapporto con i clienti e i collaboratori. Con l’aiuto di consulenti esterni abbiamo quindi deciso di misurarci con le norme ISO. Prima ci siamo concentrati sui servizi legali, nell’ottica di perseguire la massima efficienza ed efficacia nell’assistenza ai nostri clienti; successivamente, confrontandoci con i nostri collaboratori più giovani, abbiamo lavorato sulla sensibilità ambientale. La nostra attività ha un impatto ambientale relativo, ma per noi è diventato simbolico certificare l’impegno in modo da mantenerlo e implementarlo nel tempo. Questo ha comportato la sostituzione del fornitore di energia a favore di uno green, una revisione degli impianti di riscaldamento e dell’aria condizionata e ci ha indotto a sviluppare delle pratiche nuove come la sostituzione della carta con quella riciclata, l’uso della stampante fronte e retro, l’impiego di bottigliette e bicchieri non in plastica nel distributore di bevande, l’installazione di un impianto di acqua potabile fornita dal Comune di Torino, la somministrazione di borracce in metallo ai collaboratori. Sono piccole azioni che però fanno la differenza perché con la certificazione ci siamo assunti l’impegno di portare avanti questo percorso e cercheremo altre iniziative per ridurre l’impatto della nostra attività nell’ambiente. Quello della certificazione è stato un approccio non consueto per il nostro settore, ma è uno strumento che ci ha consentito di riflettere su di noi e di darci un’impostazione di studio adeguata alle nuove sfide della professione”.

Come declinate questo sistema e quali altre buone pratiche adottate all’interno dello studio?

“Tutta l’organizzazione dello studio si ispira all’efficienza e alla programmazione. Può sembrare banale, ma per un avvocato non lo è perché la programmazione non è sempre congeniale con la nostra attività, se si fa eccezione, ovviamente, per il rispetto delle scadenze processuali. Abbiamo quindi lavorato molto sull’organigramma dello studio coinvolgendo i collaboratori, anche i più giovani, perché in questo modo ci siamo focalizzati tutti sugli obiettivi comuni. Abbiamo individuato diverse funzioni con i relativi responsabili e referenti, ad esempio in materia di IT o di comunicazione, e abbiamo costituito gruppi di lavoro per individuare le soluzioni più adatte e condivise”.

Cos’è Angels4Women, l’associazione della quale è membro?

“Si tratta di un’associazione della quale fanno parte solo donne che si pongono l’obiettivo di finanziare dei progetti di startup innovative in cui sia predominante l’imprenditoria femminile o la destinazione del prodotto alle donne. L’universo femminile gioca quindi su un doppio piano: da un lato le donne sono coloro che investono risorse, anche economiche, in iniziative imprenditoriali, dall’altro sono le ideatrici dei progetti che necessitano di supporto economico. Esistono diverse associazioni di questa natura e sono tutte necessarie per supportare le startup con i capitali, ma la particolarità di Angels4Women è la totale presenza femminile. L’associazione è nata a Milano e si è estesa a Torino e oltre al finanziamento accompagna le startup nelle fasi iniziali di vita”.

Di cosa si occupa come Business Angel?

“Mi sono iscritta all’associazione nel febbraio del 2020 e sono contenta di farne parte perché è un momento di incontro e confronto tra donne che hanno una vocazione verso l’imprenditoria. Purtroppo l’emergenza sanitaria non ha favorito il contatto diretto e l’interazione tra di noi. Tramite LinkedIn ho però ricevuto contatti di startup che si sono rivolte a me per essere presentate ad altri incubatori o ad Angels4women. Le iniziative imprenditoriali devono essere avviate e condotte in modo da essere conoscibili e appetibili per gli investitori, in quest’ottica avere un Business Angel è importante. Mi è parso un modo, raggiunta una certa maturità professionale, e con maggiore disponibilità di tempo rispetto agli impegni familiari (mio figlio ha 25 anni), di convogliare le mie risorse, di tempo, intellettuali, professionali e, perché no, economiche, a sostegno dell’imprenditoria femminile nei settori più innovativi, e di promuovere presso altre donne l’attività di angel investing, per colmare il gender gap che caratterizza anche il settore degli investimenti finanziari”.

Donna per lei significa?

“Essere donna oggi significa saper svolgere diversi ruoli con la capacità di alleggerire il carico, soprattutto mentale, che deriva proprio dalla molteplicità degli impegni. Spesso dobbiamo occuparci di tanti aspetti che non sono solo lavorativi e ci dobbiamo confrontare con realtà che non sono tagliate su misura per noi; ecco che allora essere donna vuol dire cercare di portare la nostra visione nelle attività che svolgiamo senza appiattirci su modelli tipicamente maschili. Anche se, va detto, dagli uomini dovremmo utilmente imparare ad acquisire una visione più ampia; talvolta ci perdiamo nel particolare senza allargare lo sguardo, mentre gli uomini sono abituati da secoli alla gestione al vertice e a pensare a livello di strategia e non solo di operatività. Essere donna significa quindi anche aprire lo sguardo e avere una visione più strategica del nostro ruolo e del contesto. Sotto questo aspetto, credo che il momento di crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo, che ci impone un ripensamento generale del nostro modo di vivere, rappresenti un’occasione imperdibile per spenderci ancora di più, come donne, a disegnare un mondo diverso”.

IL FOCUS DI PROGESIA

I Valori dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello sono:

  • Sviluppo sostenibile;
  • Valorizzazione dei collaboratori e dei dipendenti;
  • Massima attenzione e soddisfazione delle aspettative dei clienti.

La sensibilità ambientale e il contributo dei collaboratori più giovani

“L’input sulla sostenibilità ambientale è partito proprio dai più giovani”. Esordisce così Monica Pereno nel descrivere   l’inizio del percorso di certificazione, che ha portato ad attivare una serie di azioni concrete per ottimizzare l’organizzazione interna e la gestione dello Studio legale di cui è socia fondatrice.

Nell’avviare questo processo sono stati coinvolti tutti i collaboratori e sono state organizzate periodiche sessioni di brainstorming per esprimere e condividere le idee del gruppo.  Incontro dopo incontro il team ha raggiunto la consapevolezza dell’esigenza di apportare delle modifiche alle abitudini dello Studio e sono emerse proprio da parte dai più giovani l’attenzione e la sensibilità alle tematiche ambientali.

“Il mio ruolo” racconta Monica Pereno “è stato quello di sistematizzare questa istanza, far sì che la sensibilità dei più giovani diventasse una mission formale dello Studio, con degli impegni finalizzati al raggiungimento di determinati risultati. E così è stato!”

Lo Studio ha adottato due nuovi strumenti di indirizzo per una convivenza ad impatto zero sull’ambiente e per l’ottimizzazione dell’organizzazione e dei risultati: il manuale della qualità e il regolamento. “All’interno di questi documenti, spiega Monica Pereno, abbiamo declinato la nostra politica ambientale. Man mano che sono state introdotte nuove misure da adottare le abbiamo inserite e queste sono diventate da subito una buona pratica da seguire. È un continuo work in progress!”

È possibile affermare che il successo dell’iniziativa è dovuto al contributo creativo e all’impegno dei più giovani, che resta fondamentale per raggiungere i traguardi prefissati dallo Studio e per supportare una piccola rivoluzione delle abitudini a vantaggio di un sistema di norme e comportamenti più sostenibile e meno impattante sull’ambiente.

Strumenti per ottimizzare il lavoro e il risultato con i clienti

La riorganizzazione dello Studio Legale inizia dall’attenzione verso le risorse umane e dal supporto di strumenti per migliorare la qualità del lavoro. “Recentemente abbiamo implementato le attività di monitoraggio dello svolgimento delle pratiche, chiedendo ai professionisti, compresi i soci, di esplicitare la strategia dell’approccio adottato e le tempistiche di realizzazione. Questo strumento ha l’obiettivo di aumentare la comprensione dei processi, soprattutto nel caso in un cui la pratica venga delegata ad altri collaboratori o praticanti.  È un momento in cui ci si sofferma tanto sugli aspetti strettamente giuridici, quanto su quelli gestionali, nell’ottica del raggiungimento del miglior risultato” spiega Monica Pereno. “Un altro strumento recentemente adottato dal nostro Studio consiste nell’introduzione di un momento di autovalutazione che ogni collaboratore è invitato annualmente a svolgere, al fine di acquisire maggiore consapevolezza del lavoro svolto e anche al fine di avviare il confronto interno finalizzato agli avanzamenti di ruolo nell’ambito dello Studio”.

Diversi studi evidenziano l’importanza dei sistemi di autovalutazione per migliorare le performances: il metodo adottato dallo Studio Legale richiede una riflessione puntuale sul lavoro e aumenta la consapevolezza rispetto alle aree da migliorare. L’utilizzo di strumenti attraverso i quali è possibile valutare i progressi e le competenze messe in campo, permette alle organizzazioni professionali di svolgere le attività con efficienza e garantire un risultato finale soddisfacente, che il cliente percepisce come valore aggiunto.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Il ruolo delle donne nei comuni

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IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni

Sembra che in ottobre ci sarà uno scontro tutto al maschile nelle elezioni amministrative  per la scelta dei sindaci delle grandi città 

Il maschilismo sta tornando proprio in un contesto in cui alcune donne occupano posti di grande responsabilità e la proposta di legge Zan divide, non senza ragioni, il fronte femminista storico. Si sta dimenticando che le donne sono la maggioranza del Paese e devono avere il riconoscimento sancito dall’articolo 3 della Costituzione. La decrescita anagrafica e la denatalità che condannano l’Italia ad una marginalità destinata ad aumentare, dovrebbero imporre all’attenziome il ruolo femminile che è l’unica prospettiva di futuro per un Paese in declino. Almeno questa constatazione elementare dovrebbe essere compresa da tutti, anche i più grossolani.
Andrebbero potenziati i diritti delle donne alla maternità che assume una chiarissima funzione sociale. Asili nido, assistenze sociali di ogni genere dovrebbero garantire alle donne di avere figli e di avere una famiglia come prevede la Costituzione.
Invece poco si fa in questa direzione, ma nel campo politico vige addirittura la calma piatta. Salvo alcuni esempi mirabili nell’area metropolitana come Moncalieri dove ci sono donne eccezionali come Laura Pompeo che potrebbero aspirare a ben altri ruoli, la politica si avvita nel maschilismo più inconcludente, fondato su personalismi che allontanano i cittadini dalla politica. Appare ridicolo che a fare da donna di scorta del centro – sinistra sia un’oscura esponente dei Moderati. A destra finora non ci sono donne di rilievo impegnate in modo adeguato. C’è una consigliera figlia di un politico saltafossi che telefona alle persone, annunciandosi come futura assessora, una prospettiva deludente che indurrebbe a non votare quello schieramento che pure ha un candidato sindaco di valore come Damilano. È  mai possibile che nel centro – destra e nel centro – sinistra non ci siano candidate di valore? Io non sono così pessimista. Occorre reagire.

L’insegnamento di Tortora più che mai vivo ed attuale

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni  Il 18 maggio era l’anniversario  della morte di  Enzo Tortora, mancato  esattamente trentatre’ anni fa. C’è stato qualche ricordo sui social, ma poco di più. Eppure il magistero di Tortora di fronte alla crisi della credibilità di parte della Magistratura e alla necessità impellente di riformare la Giustizia penale e civile dovrebbe essere più’ che mai all’ordine del giorno. Ricordare Enzo non significa oggi solo  rammentare un grande uomo coraggioso, leale, limpido, un giornalista libero e un piacevole indimenticabile  conduttore televisivo

Significa ricordare una schiena diritta che non si piegò al sopruso di alcuni magistrati e affrontò a viso aperto un grave errore giudiziario di cui fu vittima e  che divenne una bandiera di battaglia per tutti coloro che hanno a cuore la Giustizia giusta  in Italia. Quando leggo che la Corte di Strasburgo solleva 10 dubbi non di poco conto  sulla condanna di Berlusconi per evasione fiscale inflitta dalla Cassazione, non posso non avere qualche legittimo dubbio in proposito che spero venga chiarito al più presto. A pochi giorni dalla sentenza durante una cena in onore di Vittorio Chiusano,  sentii il mio vicino di tavola che era il più illustre difensore di Berlusconi, dire che la sentenza era ormai scritta e che alla difesa restava ben poco da fare. Parole che mi rimasero impresse. Quando leggo delle vicende del CSM, l’organo di autogoverno dei magistrati, non posso non provare sfiducia e disagio. Il sacrificio  sacrificale di Tortora portò ad un referendum che stabili a larghissima maggioranza popolare una responsabilità civile dei giudici che non trovò mai una seria  seria applicazione. I magistrati che condannarono ingiustamente Tortora fecero, anzi, carriera. A 33 anni dalla sua morte bisogna riprendere in mano la bandiera di Enzo per  chiedere una radicale riforma della Giustizia  penale e civile. Bonafede, il “Ministro forcaiolo”, ci stava portando verso il giacobinismo giudiziario più intollerante e intollerabile. Speriamo che la nuova ministra Cartabia abbia la forza per invertire la rotta. E’ difficile farlo perché in parlamento ci sono troppi giustizialisti assatanati come il presidente dell’Antimafia. Riprendiamo la battaglia di Tortora  e speriamo che da lassù  Enzo protegga l’Italia e la sua libertà.  In suo nome Francesca Scopelliti ha sempre continuato le sue battaglie liberali. Noi dobbiamo essere al suo fianco più che mai oggi .Malgrado gli studiati silenzi dei giorni scorsi, anzi proprio per questi oblii. L’avvocatura ha sostenuto le cause giuste a difesa degli imputati e contro le derive autoritarie a garanzia dei diritti costituzionali, pensiamo alla presunzione di innocenza. L’avvocato Vittorio Chiusano a cui è intitolata la Camera Penale di Torino e sua figlia Anna che ne è stata la prima presidente, sono esempi fulgidi di come indossare la toga non sia un mestiere, ma una missione carica di una sacralità laica , non meno importante di quella religiosa. Anna Chiusano è sempre stata schierata a fianco di Francesca Scopelliti nel corso degli anni. Ed insieme ad Enzo va ricordato  Marco Pannella, il libertario autenticamente  liberale  che del caso Tortora fece  con coraggio un caso politico a livello europeo. Ho visto su Fb ieri che anche Emma Bonino si è ricordata di Enzo. Meglio tardi che mai.

“Sulle vie del mondo”. Pagine in viaggio

Per “Neos Edizioni”, e a cura di Giorgio Enrico Bena, diciannove racconti a zonzo per il mondo e quattro “portfolio” fotografici dalla Terra alla Luna

Viaggi, oggi, in gran parte improbabili. Fors’anche “proibiti”. Viaggi-sogno resi tali dall’incombere dell’emergenza pandemica. Ventidue vie “in sapiente equilibrio fra narrativa e descrizione” raccontate con stile e interpretazione di assoluta libertà ed eterogeneità in diciannove racconti, a firma di altrettanti scrittori ed assemblati per i tipi di “Neos Edizioni” e per la collana “Pagine in Viaggio” (quarta edizione) dal torinese Giorgio Enrico Bena, scrittore, ma anche illustratore e fotografo, divorato da un’ indomita passione per i viaggi. Questo é “Sulle vie del mondo”, 192 pagine che narrano di vie, rotte, piste, cammini e sentieri. Dalle rotte marine ai più impensabili tracciati ferroviari, dalle piste assolate ai sentieri dispersi nella foresta o su e giù per monti e colline, sulle grandi vie lungo le quali si sono mossi ieri e si muovono oggi i popoli e la storia. E a raccontare di emozioni, nostalgie e curiosità è una schiera disparata di personaggi che si muove per ogni dove. Tasta, annusa, assapora, vive e convive trascinandoci in luoghi di storie famigliari, dalla Sicilia all’Emilia, dalle valli del Reno a quelle del Cuneese. Fino a virate ardimentose che ci fanno volare d’incanto nel cuore rosso dell’Australia o lungo la sua costa frastagliata sull’Oceano Indiano. E poi eccoci a fare i conti con la Colombia, il Sahara, la via della Seta, l’Uzbekistan, la Transiberiana, la Highway 66, il postale dei fiordi, la pista namibiana dei diamanti, l’Amazzonia delle piante maestre, il Sinai dell’esodo biblico, la via Francigena, la via sacra che da Atene portava ad Eleusi. Si viaggia sul filo incontrollabile delle parole attraverso paesaggi e continenti, civiltà e natura incontrastate. E ad arricchire ancor di più il viaggio quattro suggestivi “portfolio” fotografici che ci portano – pensate un po’ – dalla Terra alla Luna. Diciannove, si diceva, i racconti. A firma di: Donatella Actis, Gea Aricò, Paolo Calvino, Paolo Camera, Federica Capozzi, Giorgio Enrico Bena, Giuliano Faccani, Delfina Grosso, Giorgio Macor, Ferruccio Nano, Costanza Ossola, Tania Re, Daniele Regge, Laura Remondino, Franca Rizzi Martini, Roberto Taberna, Raffaele Tomasulo, Teodora Trevisan, Riccardo Zerbetto.
I racconti fotografici sono di: Ernesto Chiabotto, Ornella Corradi, Chiara Enrico Bena, Silvia Maria Ramasso.
Per info: “Neos Edizioni”, via Beaulard 31, Torino; tel. 011/7413179 o www.neosedizioni.it
g. m.

Quattro ore nelle tenebre

LIBRI: RILETTURE / Quattro ore nelle tenebre”, libro scritto da Paolo Mazzarello e pubblicato da Bompiani, racconta la vicenda di don Luigi Mazzarello ( che non ha legami di parentela con l’autore che, oltre ad essere uno scrittore è docente di storia della medicina all’università di Pavia e medico neurologo), nominato nel 2012 “Giusto fra le nazioni” dallo Yad Vashem in Israele per aver nascosto e salvato quattro persone di religione ebraica, tra le quali Enrico Levi, zio dell’autore di “Se questo è un uomo”

La storia narrate nel libro, in gran parte storicamente accertate e scritte con un ritmo narrativo da romanzo, si svolgono tra il 1943 e il 1945 nell’alto Monferrato alessandrino, precisamente nell’antico santuario della Rocchetta a Lerma, fra Gavi e Ovada, e successivamente nella zona attorno al monte Tobbio, la montagna posta al centro del Parco naturale delle Capanne di Marcarolo. Le famiglie ebree, dopo l’armistizio dell’8 settembre e l’occupazione militare tedesca della penisola, non erano al sicuro e iniziarono le deportazioni e le uccisioni,a   partire dalla strage del Lago Maggiore, la prima in assoluto e la più grave dopo quella delle Fosse Ardeatine. I coniugi Enrico Levi e Lisa Vita Finzi, lui zio di Primo Levi e lei zia di Emanuele Luzzati, e i fratelli Gastone e Valentina Soria cercarono rifugio a Lerma nel santuario di Nostra Signora delle Grazie, posto su uno sperone di roccia sul torrente Piota, primo Appennino ligure, nell’Ovadese.

Lì incontrano don Luigi Mazzarello che riuscirà con abilità a resistere alle intimidazioni dei nazifascisti e a salvare la vita delle persone che si erano affidate a lui, nascondendole nella canonica e nella cripta del Santuario,destinata alle tombe dei marchesi Spinola di Lerma. L’intera vicenda si svolge mente sulle montagne circostanti si consumava l’eccidio della “Benedicta”. Il 7 aprile del ‘44 ingenti truppe nazifasciste circondarono l’ex monastero benedettino della Benedicta e le altre cascine dove erano dislocati i partigiani. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti resistenti, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo.

In diverse fasi vennero fucilati 147 partigiani, altri caddero in combattimento;altri ancora, fatti prigionieri, furono poi fucilati il 19 maggio al Passo del Turchino. Più di quattrocento partigiani furono catturati e avviati alla deportazione, quasi tutti a Mauthausen e molti lasciarono la vita nei campi di concentramento. “Quattro ore nelle tenebre”ricostruisce le vicende di quei mesi drammatici e la straordinaria figura di questo parroco poco convenzionale, intelligente e coraggioso che contribuì a tenere viva una speranza e una possibilità di riscatto in uno dei momenti più difficili e bui della storia.

Marco Travaglini

“Celti, fate e altre storie nella tradizione popolare piemontese”

LIBRI   Fra storia, leggende, arte e archeologia prosegue l’indagine sulle radici preromane del Piemonte nel nuovo libro della torinese Donatella Taverna

Ritorna in libreria. Ritorno felice e più che mai gradito. E che bello ripercorrerne la passione e la compiutezza e la curiosità delle indagini e degli studi che sempre troviamo nelle sue pù recenti opere dedicate a sondare (attraverso le numerose tracce, ancora oggi ben vive, lasciate dalle antiche popolazioni celtiche o da quei Salassi fondatori di Eporedia-Ivrea o dalle genti che abitavano la Gallia dalla Provenza fino alla Bretagna) le antiche radici preromane del nostro Piemonte.

Parliamo di Donatella Taverna – scrittrice, giornalista, notissima critica d’arte e organizzatrice di mostre e convegni in Italia e all’estero – e del suo ultimo libro, edito ancora una volta per i tipi di “Atene del Canavese” e dedicato a “Celti, fate e altre storie nella tradizione popolare piemontese”. Un centinaio abbondante di pagine e una suggestiva prima di copertina in cui “navigano” le figure, la presenze e le forme tanto misteriose quanto rigorosamente perfette realizzate da Luisa Porporato, il volume della Taverna continua idealmente la serie di studi di carattere storico-folklorico-antropologico già sviluppato nei precedenti “L’ombra d’argento”, “Trittico al femminile” e, pochi mesi fa, in “Esseri misteriosi della tradizione popolare piemontese”. L’idea nasce, ancora una volta, “dal lavoro di ricerca – spiega la Taverna – che negli ultimi dieci anni circa ho svolto sulla tradizione popolare della nostra regione, cioè su ritualità, tracce fiabesche o mitologiche di genti lontane, resti archeologici spesso sottovalutati o dimenticati, e tutto ciò che mi pareva rischiasse l’oblio, pur costituendo ancora in parte la radice profonda del nostro quotidiano, una specie di tesoro sepolto da riportare in luce”. “Credo che in Piemonte – prosegue – resti ancora moltissimo da scoprire e da disseppellire.

Ho notato un aumento di interesse all’incirca nell’ultimo decennio, periodo in cui si sono studiate archeologicamente anche aree come il Canavese occidentale o le valli di Lanzo, oltre agli studi già approfonditi sui substrati rappresentati da popoli quali gli Stazielli, i Bagienni e i Merici, già oggetto di mostre e comunicazioni anche in anni recentissimi”. Meandri profondi dell’avventura umana localizzata in un territorio ben preciso, caro a Donatella, che in quegli anfratti narrativi s’intrufola con esperta competenza e quella voglia di scoperta che non guasta mai, lasciandosi accalappiare con enorme piacere (per lei e per noi) fra storia, leggende, arte ed archeologia. In prima istanza, per la sua stessa formazione, familiare e di studi: “Per approfondire argomenti come questi – spiega – ci vuole una formazione piuttosto strutturata. Nella mia infanzia ha agito molto la presenza di un padre illustre scultore appassionato anche di archeologia e di una madre pittrice e appassionata di storia; più avanti, la scuola di specializzazione in archeologia orientale a Torino, nel periodo glorioso in cui vi insegnavano Gullini e Invernizzi. Ancora oggi tutto questo rappresenta gran parte del mio presente e delle mie passioni, insieme a un bisogno istintivo di conservare la traccia di tutto ciò che è avvenuto, eventi e soprattutto persone”.

Il libro, magnificamente illustrato da artisti di fama nazionale, si articola in sei capitoli più un’appendice (illustrata da un pesce fantastico di Giovanni Macciotta evocante il “disseppelimento” di realà fossilizzate in leggende dalle remote origini) e narra, fra l’altro, di regine benigne o perfide, del Grande padre Serpente che rappresenta una spiegazione della creazione del Mondo così come della leggenda di Mezzomerico della Chioccia d’oro e dei suoi sviluppi longobardi, per arrivare alla storia della fata-sirena Melusina ( fondatrice della casata dei Lusignano ) fino alla narrazione delle grandi città perdute del Piemonte – Bessinia, Mazzé, Caristium e altre – distrutte dai Romani, “fiabesche o sommerse come l’antica Atlantide”, di templi dimenticati, di megaliti con poteri magici e così via. E la storia continuerà? “Non lo so: certo mi piacerebbe, e certo- conclude Donatella – sto trovando altro materiale. Dipenderà dalla pazienza del pubblico e soprattutto da quella del mio attuale editore, che ha lavorato in modo straordinariamente attento, amicale e solerte, con una ideazione grafica a mio avviso ottima”.

Gianni Milani

– Guido De Bonis: “Gli idoli del mare bretone”
– Cover illustrata da Luisa Porporato
– Giovanni Macciotta: “Senza titolo”
– Donatella Taverna

 

Resilienza e Benessere, come trasformare le difficoltà in possibilità!

 LIBRI / In libreria ed online dal mese di maggio 2021

Angelo Musso (2021) Resilienza e Benessere , come trasformare le difficoltà in possibilità! Affrontare: bullismo, mobbing, stress da lavoro correlato , la pandemia covid19 e la sindrome antisociale., Enigma Editore, Firenze.

La vita sociale e di relazione, con l’esperienza della pandemia virale Sars 2 Covid 19,  è diventata per tutta l’umanità un carcere a ciel sereno!  Lo spiega Angelo Musso con la sua opera recente dal Titolo: Resilienza e Benessere , come trasformare le difficoltà in possibilità!, Enigma Editore, Firenze pp,240; in vendita in libreria ed online dal mese di maggio 2021!

Un manuale di psicologia per studenti, insegnanti, educatori, genitori e sanitari, insomma un libro per tutti coloro che hanno necessità o semplicemente vogliono studiare le infinite risorse degli stili di vita dei detenuti alle prese con la permanenza obbligata e dura in carcere.

Studiando attraverso l’esperienza di lavoro in carcere, la vita difficile dei detenuti, l’autore né ha individuato le strategie psicologiche vincenti e utili per la riorganizzazione sana ed equilibrata del percorso di vita, con la possibilità estesa per tutti, di imparare strategie cognitive e comportamentali, la possibilità di trasformare un evento doloroso o più semplicemente stressante in un processo di apprendimento e di crescita che incontra necessariamente il tema della resilienza!