RISTORANTE ENOTAVOLA
Contraddistinto dall’atmosfera elegante, ma allo stesso tempo informale, il ristorante Enotavola – Casa del Barolo, sito nella centralissima piazza Giambattista Bodoni – intitolata al noto tipografo autore di numerosi caratteri destinati alla stampa e da sempre teatro di vicende che hanno riguardato la storia di Torino -, dirimpetto al Conservatorio Giuseppe Verdi, è considerato uno dei migliori ristoranti tipici della zona.

Locale molto versatile e conveniente ad ogni tipo di occasione, propone diversi menù di degustazione adatti ad ogni tipo di palato: piemontese, pesce, anatra, tartufo nero e vegetariano, ma noi abbiamo optato per il menù alla carta per poter avere visione più ampia di ciò che la Casa del Barolo offre alla clientela.
Ricca è anche la carta dei vini, complice l’enoteca omonima sita in via Andrea Doria 7 dal 1974 con oltre 1000 etichette pregiate tra cui Amarone, Barolo, Brunello, Franciacorta, Champagne e Prosecco; noi optiamo per una scelta di piatti di terra e li abbiamo accompagnati con il Roero del 2017 della cantina Matteo Correggia – vino rosso secco, leggermente strutturato e dalle note di frutti rossi -.
Dopo un piccolo e sfizioso benvenuto dello chef che cura la cucina del ristorante, Domenico Paone, la scelta degli antipasti ricade su uno dei classici della tradizione culinaria locale, il vitello tonnato alla piemontese, e sulla patata ripiena di tartufo nero e salsa al cardo.
Proseguiamo con i raviolini del plin con burro del Monregalese su crema di raschera Dop, un inno alla Provincia Granda, e tagliolino all’uovo con ragù di vitello servito con scaglie di tartufo nero, un’accoppiata vincente e poco scontata.
Come epilogo della nostra esperienza culinaria
alla Casa del Barolo, i dessert scelti sono stati il tortino al cioccolato fondente e frutti rossi con gelato al fiordilatte, accompagnato dal Barolo Chinato – vino Barolo Doc aromatizzato che si sposa con il cioccolato – e la delizia alla nocciola del Piemonte Igp con salsa allo zabaione, che può essere accompagnata da un Moscato d’Asti oppure con il Passito d’Arneis dal gusto dolce e armonico e dal profumo intenso.
Giulia De Sanctis

Via Bodoni, 7, 10123 Torino TO


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musivi della Domus romana di via Bonelli 11, al grande mosaico policromo fino ai bei gioielli della cosiddetta “Dama del Lingotto”. Il cuore della collezione è tutto contenuto in teche vicine e fortemente illuminate, si tratta del “Tesoro di Marengo”. Il tesoro è costituito da un sontuoso complesso di argenti, decorati a sbalzo e in alcuni casi dorati, che originariamente dovevano costituire lamine di rivestimento di mobili e arredi di legno, oltre all’eccezionale busto-ritratto dell’imperatore Lucio Vero (161-169 d.C.), forse anticamente montato al centro di uno scudo ornamentale (clipeo), oppure esposto su un supporto in legno o innalzato sui vessilli militari dell’esercito. Gli altri elementi sono costituiti da una tabella con iscrizione votiva alla dea Fortuna Melior, un disco con i simboli dello zodiaco, cornici, fregi decorativi con motivi figurati, geometrici, floreali e un rarissimo esemplare decorato con una catasta di armi. Notevole è anche la fascia di rivestimento (di un altare o della base di una statua) decorata con tredici figure di divinità in altorilievo, tutte ispirate a celebri modelli statuari del mondo greco.




Che Torino sia “città misteriosa” è ormai appurato. La meta che vi propongo oggi può rientrare sotto questo aspetto “tenebroso”, infatti è del Museo Cesare Lombroso che vi voglio parlare.
Particolarmente attinente è la vicenda del pittore Richard Dadd (1817-1886), che uccise il padre con un coltello a serramanico perché lo aveva scambiato per un principe delle tenebre, nemico della divinità che Richard adorava, Osiris, a cui aveva anche dedicato un piccolo santuario in una camera in affitto a Londra. Non c’è bisogno di spiegazioni per personaggi allucinati come Ensor, ( 1860-1949) e Munch,( 1863-1944). Forse tra tutti l’ “oscar della follia” va a Jackson Pollock, artista maledetto per eccellenza, consumato da alcool e droghe, riformato dall’esercito per problemi psichici, morto a soli 44 anni in un tragico incidente stradale, la stessa signora Guggenheim di lui aveva detto: “quest’uomo ha dei seri problemi, la pittura è senza dubbio uno di questi”. L’elenco è ancora lungo ed è costituito da grandi nomi quali Francis Bacon, (1909-1992), l’autodistruttivo e tormentato Jean Michel Basquiat (1960-1988) e la triste Camille Claudel (1864-1943), artista brillante, allieva e amante di Rodin. Camille soffrì di depressione con manie di persecuzione e venne internata per volere della madre, in tal modo è come se fosse morta due volte in solitudine: sola, perché rinchiusa in manicomio e sola, perché nemmeno un familiare partecipò al suo funerale.
