L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Benjamin Myers “All’orizzonte” -Bollati Boringhieri- euro 16,50
Questo romanzo dello scrittore e giornalista inglese Benjamin Myers ha riscosso subito un enorme successo, forse perché è un incantevole inno alla natura, una boccata di aria salubre e fresca, e tocca corde profonde dell’animo umano. Ma è anche un romanzo sul significato che si vuole dare alla vita.
Narra del viaggio alla scoperta di sé stesso (ma non solo) che il 16enne Robert decide di intraprendere, prima di restare inguaiato nel lavoro in miniera al quale è destinato per tradizione familiare; ma anche perché nel villaggio in cui vive la forma di sostentamento arriva proprio dai cunicoli bui e pericolosi a centinaia di metri sottoterra per estrarre il carbone.
Un destino che Robert rifugge e al quale oppone la sua curiosità per il mondo. Così prima di scendere nel ventre della terra e consegnarsi a un destino che odia, parte da solo per una sorta di periodo sabbatico alla scoperta della natura. Sarà anche il viaggio che cambierà per sempre la sua esistenza.
Siamo nell’Inghilterra del 1946, l’estate successiva alla fine della guerra, e il giovane si avventura nella brughiera dello Yorkshire, che descrive a fondo, raccontando le emozioni che prova strada facendo. Per mantenersi lungo il tragitto si offre per qualche lavoretto in cambio di vitto e alloggio per una notte, accontentandosi di giacere in capanni o tra il fieno e gli animali. Poi al sorgere del nuovo giorno riprende la marcia verso altre scoperte.
Determinante è l’incontro con Dulcie Piper, eccentrica e affascinante signora che vive sola con il suo pastore tedesco in una baia sulla costa dello Yorkshire. Una donna diversa da quelle conosciute da Robert; si veste in modo stravagante e predilige i pantaloni come un uomo, guida la macchina, fuma sigari e all’occorrenza bestemmia e impreca. Soprattutto, gronda esperienza come se avesse viaggiato per l’intero globo ed è di una cultura strabordante. Dulcie ha un’intelligenza sopraffina ed è sensibile e generosa.
Offre ospitalità a Robert, il quale in cambio svolge lavoretti al cottage, e lo ammalia con i suoi racconti e suggerimenti di lettura.
A partire dai romanzi di David Herbert Lawrence (l’autore de “L’amante di Lady Chatterley” romanzo all’epoca scandaloso e bandito). Dulcie ha conosciuto e incontrato più volte lo scrittore, nel Nuovo Messico, dov’era insieme alla moglie Frida, e che lei chiamava amichevolmente Bert. E qui scorrono pagine magnifiche per chi ama lo scrittore inglese.
Il legame tra Robert e Dulcie è di una bellezza profonda e vi incanterà con la magia di questa donna che mostra al giovane un’infinità di spiragli sulla vita. Gli propone cibi esotici, gli insegna a fare il miele e a preparare infusi vari con i doni della natura,…più di tutto lo inizia alla letteratura e alla poesia. Il loro legame cresce profondo e bellissimo e con esso Robert fa ordine nei suoi pensieri e scopre se stesso. Poi il ritrovamento di un dattiloscritto che sembrava perduto, firmato Romy Landau, riporterà a galla fantasmi del passato di Dulcie e sarà anche una svolta importante nel loro rapporto….
Stacey Swann “Infelici gli Dei” -Bompiani- euro 18,00
E’ il romanzo di esordio dell’americana Stacey Swann che ha imbastito una corposa e caleidoscopica saga familiare in cui gli equilibri sono precari e le svolte molteplici.
Siamo nella remota provincia texana, a Olympus, dove vivono i Briscoe. Una famiglia notevole e complicata su cui comanda il patriarca Peter. Potente, ricco, magnate immobiliare e non esattamente un marito fedele, dal momento che ha seminato uno svariato numero di figli: 6, da tre donne diverse. Una è la moglie June che, pur covando un intimo rancore, lo ama nonostante tutto ed è rimasta al suo fianco.
E’ lampante il richiamo ai temi tipici della mitologia, a partire dalla location, Olympus, come l’Olimpo degli Dei. Poi l’autrice usa gli archetipi dei personaggi, a partire da Peter che incarna una sorta di Zeus, il Giove che ha dato vita alla progenie, a capo del clan. Di fatto una famiglia altamente disfunzionale in cui intrighi, offese, malintesi e tradimenti la fanno da padroni.
La trama inizia con il ritorno a casa del secondogenito March dopo oltre 2 anni di esilio. E’ una sorta di Marte dio della guerra perché fin da piccolo ha mostrato un animo violento e bellicoso, incapace di dominare gli attacchi di ira funesta che lo hanno sempre scagliano contro i fratelli e gli amici.
In più, l’aveva fatta davvero grossa portandosi a letto la bellissima Vera, moglie del fratello Hap; figlio prediletto di June, dal carattere mite, responsabile e profondamente buono.
In rapida successione arrivano anche gli altri figli e la trama divampa.
Thea che si era allontanata dalla famiglia appena possibile, diventata un avvocato di successo a Chicago.
I gemelli Arlo e Artie, nati da una relazione che Peter aveva avuto prima che nascesse March. Il loro è un rapporto simbiotico, che però si sta sfilacciando.
Arlo (potrebbe essere Apollo, dio della musica) ritorna da un tour come cantante country e scopre con grande delusione che la gemella si è innamorata di un uomo che complica tutto. Probabilmente Artie non vorrà più seguire Arlo in giro per concerti… e quello che era un legame al limite del morboso prenderà una piega inaspettata e foriera di sventura.
Aspettatevi di scoprire gli animi e i doppi fondi di questa tormentata famiglia, sullo sfondo di una cittadina del Texas rurale, dove tutti si conoscono e mantenere i segreti diventa impossibile.
Rebecca Kaufmann “La casa di Fripp Island” -BigSur- euro 17,50
Questo è il terzo romanzo della scrittrice americana nata in Ohio ed oggi residente in Virginia. Come il precedente “La casa dei Gunnar” (del 2020), è ambientato in un’altra casa che l’autrice evidentemente privilegia come microcosmo in cui ambientare le sue storie e delineare i personaggi. E’ in parte un thriller, ma parla anche di amicizia e di morte; avvertiamo fin da subito che qualcosa di grave accadrà e leggiamo presi dall’ansia di scoprire chi ucciderà chi.
Siamo su un’isola esclusiva della costa della Carolina del Sud; in una lussuosa villa sulla spiaggia, dove
per una settimana alloggiano due famiglie che in un certo sono amiche, sebbene molto diverse.
I Daly appartengono all’alta borghesia e sono velatamente snob; invece i Ford sono della classe lavoratrice impoverita, ma decisamente orgogliosi. Due donne, i loro mariti, e la loro prole.
Lisa, sempre molto curata e impeccabile, ha sposato un uomo che ha accumulato una fortuna e pertanto può concedersi il lusso di una casa come questa. Poppy invece è la moglie complessata e un po’ sciatta, di un onesto lavoratore precario quanto a salute e situazione economica.
Sono con i loro 4 figli; un quasi 18enne chiuso e scontroso, una 14enne con le prime tempeste ormonali, e poi le figlie più piccole sui 10-11 anni.
Non sappiamo chi dei due nuclei familiari subirà il lutto, però veniamo subito avvisati che sull’sola c’è anche un individuo sospettato di essere un predatore sessuale.
Il delitto avrà luogo solo verso la fine del libro, e nel frattempo aumentano quasi sotto traccia le tensioni tra gli adulti e tra i ragazzi. Un clima carico di incomprensioni, non detti e segreti, sguardi malevoli o male decodificati, che mettono in bilico il già precario equilibrio tra i due nuclei familiari.
Invece dopo il delitto la Kaufmann racconta come si può sopravvivere al lutto…ma in queste pagine c’è molto di più.
Giuseppina Torregrossa “Al contrario” -Feltrinelli- euro 17,50
E’ una Sicilia amara e povera quella che la scrittrice e ginecologa palermitana Giuseppina Torregrossa descrive nel suo ultimo romanzo.
Siamo nel 1927 nell’immaginario paesino di Malavacata, quasi il terzo mondo tra miseria, tifo che miete vittime, stamberghe umide e miserevoli; abitato da gente ruvida abituata a faticare per sopravvivere a stento. E’ lì che arriva il nuovo medico condotto Giustino Salonia che si è trasferito da Palermo; dove è invece rimasta la moglie Gilda che lo raggiungerà in un secondo tempo, nel tentativo di rimettere sulla giusta carreggiata il matrimonio.
Intorno all’ambulatorio la scrittrice fa vorticare un romanzo corale, in cui si alternano le voci di una folla di personaggi; sono dei vinti che poco hanno e tanto faticano per un tozzo di pane. Dalla giovane ragazza che rischia la morte per un aborto clandestino e imbastisce poi una storia clandestina con Salonia, al padre-padrone del paese don Ettore. E poi ancora tra gli altri; un ferroviere di fede socialista, uno strozzino e un viscido sensale che si dibattono tra guerre dei poveri, zuffe e tanta fatica per sopravvivere in un mondo di miseria. Personaggi spesso al limite, sfrontati o disperati; sicuramente assai coloriti.
Sullo sfondo c’è il volgere della Storia del Novecento con i contadini che reclamano le terre, il fascismo che avanza e la guerra che svuota il paese richiamando gli uomini nelle trincee.
Ed è l’inizio della seconda parte del romanzo che potremmo definire “Il tempo delle donne” in cui alla ribalta ci sono gli animi femminili che faticosamente inseguono una nuova armonia; mentre le bombe cadono lontano e, paradossalmente, a Malavacata non c’era mai stata tanta pace come ora, in tempo di guerra….
Stanley Middleton “Holiday” -SEM- euro 18,00
Middleton, prolifico scrittore inglese –nato nel 1919 e morto nel 2009- fino ad ora inedito in Italia, pubblicò più di 40 romanzi e con “Holiday” nel 1974 vinse il Booker a pari merito con Nadine Gordimer.
Siamo nell’Inghilterra di inizio anni 70, il professore di lettere e pedagogo, Edwin Fisher, si reca a Bealthorpe, stazione balneare in cui era solito soggiornare da piccolo insieme al padre, un bottegaio dedito alle furbizie che però resterà sempre al palo.
Edwin, è in piena crisi: deve superare la tragedia della morte del figlio, spirato in ospedale a soli 3 anni. Un improvviso e inaspettato macigno di dolore che ha spalancato un baratro tra lui e la bellissima e un po’ instabile moglie Meg. Dopo 6 anni di matrimonio la crisi sembra inarrestabile.
Le origini di Edwin sono ben diverse da quelle dell’altolocata moglie, figlia di Vernon, un uomo partito dal basso che con la professione legale è riuscito ad arrivare in cima alla piramide sociale ed ora brilla nell’alta società.
Meg ed Edwin arrivano da mondi diversi e nella crisi coniugale anche questo avrà il suo peso, tanto più quando i genitori di lei si metteranno di mezzo per sistemare le cose.
Le pagine che scorrono raccontano uno spaccato di vita di provincia inglese dove apparentemente non c’è violenza evidente, anche se sotto traccia serpeggia una ferocia letale.
Attraverso le storie e i rapporti dei personaggi -analizzati con una penna simile a un bisturi- Middleton rappresenta una sorta di infelicità latente che aggroviglia un po’ tutti i personaggi. Ma lo fa senza noiosi intenti moralizzatori, piuttosto con una sensibilità acuta e lasciandoci una storia sulla quale meditare.
What’s on in Turin: events and attractions for tourists, occasional visitors and expats
The cold season is gently approaching and we can say goodbye to swimwear and light clothes. For me, this means sweaters, warm jackets and scarves. And of course, indulging on food a bit more since the terrible bikini season is quite far now. While waiting for the Panettoni fest on 4 and 5 December, the city, as well as the entire Piedmont region, is giving space to festival and events where food is the main protagonist. So, let’s wear comfortable shoes and garments and go food hunting.
Events and festivals
Until Sunday 10, at Docks Dora there is the Tripel B Fest, an amazing occasion to taste Belgian Beers, while in various locations of the city you can find the Play With Food Festival, with a program of theatre and performing arts that revolve around food.
From 9 to 10 October the Hunting Residence of Stupinigi hosts Floreal, the festival dedicated to flowers and plants. The program also includes conferences, book presentations, exhibitions, workshops and… food. In fact, you can find cooking lessons, chefs as well as the stand of Costadoro, renowned coffee roaster from Turin and Birra Exit, artisanal beer producer.
From 14 to 18 October, the international book fair awaits you at Lingotto. The program includes also events all around the city.
From 8 to 10 October, Torino Stratosferica presents the Festival entitled Utopian Hours, a gathering for visionary and creative people.
Music
Oscar Giammarinaro, leader of the iconic ska and Turin-based band Statuto, will perform at Caffè Neruda Saturday 9 October. The artist with a 30-year long career is presenting his solo project marked by a refined style, intimate songs and elegant atmosphere.
Museums and Exhibitions
At Fondazione Merz the exhibition dedicated to Marisa and Mario Merz continues, while, from October 12, one of Merz’s iconic igloo can be seen near Fontana del Cervo, the deer fountain, inside Reggia di Venaria.
On October 14, Gam opens the exhibitions dedicated to Giovanni Fattori, with masterpieces of the 20th Century.
From October 7, Palazzo Madama hosts the exhibition dedicated to the European Renaissance of Antoine de Lonhy.
Few days remain to visit the exhibition entitled Un acquario sotto la città, which is part of Biennale di Democrazia at Accademia Albertina, Turin’s fine arts academy. The exhibitions is open until October 10, but from 8 to 24 October you can find Persistenze, an exhibition included in the Biennale of Ars Captiva. The location is the enchanting Rotonda Talucchi, that is worth a visit even only for its architectural structure.
And how about taking a ride out of town? At Torre Pellice, the Tucci Russo art gallery hosts an exhibition dedicated to Tony Craig, from Sunday 10 October to January 30. A great occasion also to visit the town famous for the Waldensian community and taste traditional delicacies such as bunet or bollito misto.
And for a moment of little pleasure…
Autumn is knocking at our doors, and so is the Piedmontese anti-vampire dish called bagna cauda. This sauce prepared with garlic (a lot of garlic) can be found in traditional restaurants and it is generally paired with vegetables and potatoes. But let me warn you: this is not the right dish for a romantic first dinner or if you have a business meeting the next day. Try bagna cauda with your long-term partner, family or friends. Or, as I said before, if you need to fight against Dracula.
Lori Barozzino
Take a look at the last articles HERE as many events are still taking place.
Lori is an interpreter and translator who lives in Turin. If you want to read more, here’s her blog.
La foto di Vincenzo Solano
Magnifica Torino / Le statue della Gran Madre, fascino e mistero
LIBRI / Nel libro della psicologa e psicoterapeuta Rita Caggegi “Ma perché mi succede?”, edito da Paola Caramella Editrice
In tempi di Covid è sicuramente aumentata la richiesta di aiuto da parte delle persone nei confronti degli psicoterapeuti, medici o psicologi, dato il difficile periodo attraversato dal marzo dello scorso anno e attualmente non ancora completamente superato.
La psicologa e psicoterapeuta Rita Caggegi è autrice di un saggio piuttosto stimolante, dal titolo “Ma perché mi succede?” Paola Caramella Editrice ), rivolto a addetti ai lavori e non, capace di unire linguistica e psicologia. Il titolo risulta strettamente legato alla domanda che viene fortemente posta all’autrice durante il suo lavoro terapeutico, che risponde al quesito “Dottoressa, perché mi succede questo?”.
Come ha ben osservato il professor Alessandro Meluzzi nella prefazione al volume “nel libro emerge il fatto che i cinquanta minuti di terapia compongono un microcosmo relazionale tra analista e paziente, in cui emergono due dinamiche, il transfert e controtransfert.
“Lo spazio-tempo terapeutico coinvolge due persone – spiega il professor Alessandro Meluzzi – ma l’ermeneutica terapeutica compie un viaggio nuovo di fronte ad ogni nuovo paziente, che si denuda per ritrovare la sua identità, che non viene demolita durante il colloquio, ma, al contrario, armonizzata”.
L’autrice del saggio svela, attraverso i racconti di molteplici esperienze, storie vere e percorsi emotivi, anche ai non addetti ai lavori il modo in cui comportarsi, nel momento in cui insorge un disagio e il modo di procedere quando si ottiene la consapevolezza di avvertirlo. Fondamentale risulta scoprire la causa del disagio; l’aumento dei disturbi psicologici risulta collegato alla crisi dell’attuale sistema politico, economico e sociale, che costringe continuamente l’individuo a essere performante ma, al tempo stesso, ad avvertire un profondo senso di solitudine, di inadeguatezza e di non appartenenza.
“Nel mondo – precisa il professor Meluzzi – sono circa 300 milioni le persone che accusano i sintomi della depressione, un numero veramente elevato se si considera che gli individui con tumore sono circa 23 milioni.
Il disagio mentale non rappresenta una malattia da curare, ma un processo. Una persona su cinque è un paziente nella vita, capace di superare la sua condizione. Non si parla di guarigione, ma di qualità della vita; durante i periodi di forte stress i sintomi possono ricomparire. E se esiste un segreto, questo consiste nell’imparare a convivere con essi, mirando ad una qualità di vita migliore”.
Il libro scritto da Rita Caggegi propone dei dialoghi avvenuti nell’ambito delle sedute da lei tenute, che sono stati modificati grazie all’ausilio della fantasia letteraria e ricorrendo alle metafore; anche i nomi attribuiti ai singoli personaggi rispondono a pura fantasia, nell’intento di dimostrare che la psicoterapia non soltanto rappresenta la cura dei sintomi, ma anche la costruzione di nuove opportunità, di nuovi modi di vivere e rappresentarsi, attraverso la riscoperta di “quei campi di luce che erano lì, dentro di noi ma che qualcosa li aveva oscurati”.
Dal volume e dalle sue riflessioni raccolte emerge l’importanza di uno degli aspetti fondamentali del colloquio psicologico e della seduta psicoterapeutica, vale a dire l’alleanza terapeutica che si instaura in modo non conflittuale e che concerne la capacità da parte del paziente di collaborare con lo psicoterapeuta, portando all’individuazione di quali siano i suoi reali obiettivi terapeutici. La relazione terapeutica viene poi a fornire un’interpretazione delle dinamiche del paziente, aumentando il bagaglio di strumenti a sua disposizione per una migliore comprensione di se stesso e al fine di produrre un cambiamento profondo rispetto a quello ottenuto dalla semplice attività intellettiva.
Il libro di cui è autrice Rita Caggegi verrà presentato nell’ambito del Salone Internazionale del Libro di Torino, al Lingotto Fiere, il 14 ottobre prossimo, nella Sala Arancio.
Mara Martellotta
Il cibo è cultura
IL PENSIERO DI VIRGINIA
Si è concluso a Torino, in questi ultimi giorni di settembre, la VI edizione del Festival del Giornalismo Alimentare, diretto da Massimiliano Borgia, che ha realizzato un’ edizione post lockdown ricca di eventi e discussioni sul tema assoluto della centralità del “CIBO”, coinvolgendo diverse realtà: giornalisti, blogger, aziende, istituzioni, uffici stampa, scienziati e alimentaristi.
I temi su cui si è concentrato maggiormente il dibattito sono stati: lo spreco alimentare, la transizione ecologica nella Food Industry, il lockdown e le abitudini alimentari, l’infodemia, le fake news e le nuove frontiere del turismo enogastronomico e della professione giornalistica.
Oggi più che mai, in questo nuovo mondo post pandemia, c’è bisogno di una precisa e dettagliata informazione scientifica, agronomica, economica e sociale, e di un giornalismo preparato e consapevole del proprio ruolo nella società.
Ci deve essere quindi un forte legame tra la comunicazione efficace giornalistica e le scoperte scientifiche, per evitare casi di falso allarmismo e di fake news circolate sui social, che hanno informato e che informano ad oggi in modo distorto l’opinione pubblica.
Ci è sembrato doveroso rivolgerci ad un esperto del settore, il Dott. Marco Zanetti, con studi a Torino, Milano e Roma, che alla luce delle sue tre specializzazioni ( Biologo, Farmacista e Scienza dell’Alimentazione) e del suo ricco curriculum legato al mondo dello sport e della salute, affinchè ci chiarisca alcune domande centrali sorte in questa Kermesse del giornalismo alimentare di Torino.
Al Festival Alimentare di Torino – Dott. Zanetti – si è parlato a lungo del concetto di benessere del Pianeta Terra, prima ancora che dell’uomo nella sua centralita’.
“Per il benessere del Pianeta Terra dovremo controllare gli sprechi alimentari. Tra i paesi con maggiore inquinamento del Pianeta troviamo gli Stati Uniti e la Cina, che sono anche tra coloro che sprecano di più in termini di cibo, e si trovano in condizioni di salute pessime”.
Da una ricerca di “Media & Food” sull’informazione alimentare 2021 sui vari tipi di diete, è risultato che la dieta chetogenica e la dieta mediterranea, hanno superato di gran lunga quella vegana e quella vegetariana. Lei cosa ci può aggiungere sul perchè?
“Il perchè è legato alla differenza degli approcci alimentari;
La dieta vegana e quella vegetariana sono ottime diete, ma sono limitative perchè
servono solo per alcune persone e non per tutti.
Non credo però che la dieta chetogenica abbia superato la dieta vegetariana.
Se l’ha superata, lo ha fatto temporaneamente, visto il picco di “popolarità” che sta avendo la dieta chetogenica”.
Ma Dott. Zanetti, non trova che oggi più che mai si parli solo di dieta chetogenica, e ancor più pericoloso, si parli di dieta chetogenica fai da te?
“La dieta chetogenica fai da te non esiste. Chi la segue, sbaglia. E’ una dieta terapeutica, e non funziona se fatta da soli e con gravi rischi per la salute”.
Con quale dieta allora si possono prevenire le malattie?
“Potremmo riassumere dicendo che le malattie si possono prevenire con la dieta mediterranea vera, quella originale, e non con quella trasformata in “occidente”.
Può concludere con un suo pensiero sui disturbi del comportamento alimentare, sull’anoressia nervosa, che è diventata la protagonista “sinistra” del lockdown?
“Sono i digiuni intermittenti che stanno prendendo il sopravvento nelle abitudini errate alimentari. L’anoressia nervosa è un disturbo che ha avuto nel passato momenti di picco, legati sempre alla “moda”. Il lockdown ha inciso e sta incidendo sull’equilibrio mentale delle persone in genere, e le persone fragili possono cadere più facilmente nei DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare). Soffrire di un disturbo alimentare sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali”.
Virginia Sanchesi
Scrivetemi a tuchiediloame@gmail.com o contattaci in redazione al numero 348 544 0956 e saremo felici di aprire un contatto diretto o una chat fra me e voi.!!
Il punto di vista / Le interviste di Maria La Barbera
Giulia Pettinau, fondatrice e Ceo della startup a vocazione sociale, ci racconta come è nata la sua creatura digitale.
Torinese, trentanove anni, una laurea in Marketing Territoriale, Giulia Pettinau è la fondatrice di Orangogo, motore di ricerca degli sport, primo in Italia nel suo settore dopo una costante ascesa iniziata nel 2018 e 22.500 società sportive iscritte.
Determinata, entusiasta e vulcanica, la fondatrice di questa start up di successo destinata a diventare una PMI innovativa, ha le idee chiare su cosa vuole per la sua creatura digitale e ci racconta quale è stato il cammino che l’ha portata a dare vita ad un’impresa che, attraverso lo sport e la sua approfondita conoscenza, migliora la vita delle persone.
Il successo di Orangogo si deve all’intuizione della sua fondatrice, capace di intravedere opportunità concrete al di là delle proprie inclinazioni e dei propri desideri, ma anche alla volontà e al duro lavoro delle persone che inizialmente insieme a lei, quando l’azienda percorreva i primi passi, hanno creduto in questo progetto. I risultati positivi sono anche il frutto, come afferma Giulia Pettinau, di un modello di business gentile, del rispetto e dell’entusiasmo che evita di ricorrere ad un atteggiamento aggressivo che erroneamente viene associato alla competenza e alla sicurezza. Una azienda che innova il sistema legato allo sport, dunque, ma che vuole rilanciare, allo stesso tempo, valori come la disponibilità e la cortesia, un progetto che cerca di scardinare quei luoghi comuni che legano troppo spesso il successo unicamente ad una condotta imprenditoriale cinica.
3 domande a Giulia Pettinau
Dottoressa Pettinau come è nata l’idea di creare un motore di ricerca dello sport?
Orangogo è il prodotto di un percorso complesso e ricco, il frutto di diverse esperienze professionali, dalla consulenza aziendale agli incarichi come marketing manager in differenti ambiti come la robotica o il mercato immobiliare, ma anche del cambiamento avvenuto dopo una pausa di riflessione durante la quale il desiderio di stare a contatto col mare ed insegnare surf ai bambini mi ha fatto capire cosa volevo fare e cosa non doveva mancare più nella mia vita: lo sport. E’ stata una rinascita che mi ha portato ad una maturazione interiore, una evoluzione personale che ha determinato anche la mia carriera professionale come imprenditrice.
Cosa è esattamente Oragogo, come funziona?
E’ il motore di ricerca degli sport che fa scoprire alle persone i propri talenti. Lo sport diventa lo strumento per capire cosa ci piace veramente e per cosa siamo naturalmente portati. Lo sport, inoltre, ti fa vivere meglio e anche “performare” meglio, questo lo vediamo ad esempio nel lavoro. Abbiamo cominciato occupandoci esclusivamente dei bambini e dei centri estivi, poi ci siamo allargati e dedicati anche agli adulti. Attraverso il nostro sistema gli utenti possono cercare le attività a cui sono interessati, scoprirne le caratteristiche e le abilità che aiutano a sviluppare, sia fisiche che mentali, anche grazie a schede dedicate complete di ogni informazione. Ai centri sportivi membri, invece, siamo in grado di fornire un sistema per coordinare le diverse attività professionali, dalle iscrizioni ai pagamenti, dai documenti ai tornelli virtuali (durante la pandemia abbiamo creato integrazioni tecnologiche per essere conformi alle norme vigenti).
In sostanza mettiamo in contatto le persone con lo sport e con chi lo gestisce, siamo promotori del benessere che passa attraverso la pratica di discipline che favoriscono molteplici capacità e attitudini.
Ci sono novità all’orizzonte per Orangogo?
Intanto stiamo procedendo con il fund rising per l’aumento di capitale ed è molto seria l’intenzione, il prossimo anno, di allargare il nostro business espandendoci in Europa. Un’altra novità a cui teniamo molto e che conferma la nostra vocazione sociale è il miglioramento della questione delle disabilità. Stiamo lavorando con molto impegno affinché nel nostro motore di ricerca la distinzione delle disabilità abbia una connotazione netta, che le diverse capacità di praticare le varie discipline siano divise in categorie chiare così da poter fornire agli utenti indicazioni su quanto ogni struttura sia in grado di assistere ogni singola problematica. Il mio sogno è che un giorno i Giochi Paralimpici si svolgano all’interno delle Olimpiadi, naturalmente con tutte le cautele e gli interventi del caso, perché lo sport sia un punto di riferimento per una società inclusiva e garante di pari opportunità.
Un sorso di storia e di cultura: “Venezia da bere”
LIBRI / “VENEZIA DA BERE”: il nuovo libro della giornalista milanese Alessandra Iannello. Un sorso di storia e di cultura alla scoperta delle nuove tecniche di preparazione del cocktail più famoso nato all’ombra della Laguna Veneta, lo Spritz.
Venezia. Utilizzata come location per tantissime pellicole cinematografiche, fonte di ispirazione per scrittori e poeti, oggetto di numerosi dipinti ad opera di famosi autori nazionali ed internazionali, sede di uno dei Festival del Cinema più importanti del mondo, è stata messa sotto la lente d’ingrandimento anche per un altro aspetto non meno importante: i bar tender e le coraggiose iniziative manageriali dei locali storici di una delle piazze più famose al mondo, Piazza San Marco, hanno fatto da apripista alla ripresa volta alla valorizzazione della promozione della tecnica più in voga in questo momenti, quella della “mixologia” , nella realizzazione di numerosi cocktails legati alla ricetta base di quello che è considerato originario della città di Venezia, lo Spritz.
“Venezia da Bere”, nelle librerie dal 20 settembre, di Alessandra Iannello, in collaborazione con il giornalista eno gastronomico Marco Gemelli (ed. Il Forchettiere, 200 pag. 18 euro), raccoglie gli indirizzi, le storie, i protagonisti e i signature dei 25 migliori cocktail bar di Venezia, divisi per sestieri (senza tralasciare la Giudecca, il Lido e le isole).
Sento Alessandra al telefono: finalmente riesce a dedicare del tempo alla redazione del Torinese, per raccontarci e ad emozionarci sul percorso realizzato per la stesura del suo libro.
R: “ Come mai tu e Marco Gemelli avete deciso di scrivere ed editare un libro sulla mixology a Venezia?
A: “Quest’anno ricorrono i 1600 anni dalla fondazione di Venezia. Così ho deciso di proporre a Marco Gemelli, editore del magazine online Il Forchettiere ed editore dell’omonima casa editrice, di fare una guida ragionata sui cocktail bar di Venezia. Ho pensato a Marco perché, oltre a essere un amico di lunga data, ha grande esperienza nell’editoria dedicata alla mixology. Infatti Il Forchettiere ha editato, fra l’altro, “Toscana da bere “ scritto da Marco e Federico Bellanca. Ma anche “Cocktail estetica” di Luca Manni e “Gingegneria applicata “di Lorenzo Borgianni. “
R: “ Saranno raccontati solo cocktails ispirati alla tradizione veneta o, come è nello spirito storico di Venezia stessa come sede di incrocio di popoli e culture diverse, ne avete illustrati anche altri di diverse tradizioni liquoristiche?
A: “ I barmanager ci hanno raccontato le loro creazioni che vanno dai più tradizionale Spritz o Bellini fino ai più innovativi cocktail che impiegano materie prime della Laguna passando per i twist delle pietre miliari della cocktaileria mondiale. Inoltre abbiamo anche raccolto i tributi delle 20 regioni alla tradizione veneziana. Fra questi ci sono lo Spritz di Torino, dove il bitter è sostituito dalla quintessenza della piemontesità con 9 di Dante Vermouth di Torino Superiore, o quello romagnolo con Lambrusco e aceto balsamico di Modena IGP. “
R: “ Se dovessimo preparare uno spritz casalingo secondo la vera tradizione veneta, quali ingredienti non dovrebbero mai mancare?
A : “Lo Spritz è entrato nel 2011 nella lista degli Offical Drinks di IBA (International Bartender Association) che ne codificato il disciplinare che prevede 90 ml di Prosecco, 60 ml di Aperol e una spruzzata di soda.
R: In quali città state promuovendo il libro e quali riscontri avete tra il pubblico o tra gli addetti ai lavori ?
A: “ Abbiamo presentato il libro a Venezia il 20 settembre scorso con un evento alla Locanda della Fenice, uno storico cocktail bar cittadino. Siamo poi stati a Firenze nel calendario della Florence Cocktail Week. Le prossime tappe vedono Milano dopo la seconda metà d’ottobre e, la data non è ancora stata fissata, Torino e Roma. I riscontri sono stati ottimi tanto che Venezia da bere è stato inserito nei libri di testo di alcune scuole di mixology del Veneto.
R : Il cocktail che più ti rappresenta e che potrebbe rappresentare questo periodo di ripartenza ?
A: “ Come ho scritto nel libro il mio cocktail preferito è il Citrus Lavander Sage Spritzer di Starbucks con lavanda (il mio profumo d’elezione), salvia e limone. Per quanto riguarda questo periodo di ripartenza, la grande voglia di uscire e ritrovarsi fanno sì che ogni cocktail sia perfetto!
Molto altro ancora in questo meraviglioso viaggio tra i bacari di Venezia, le interviste ai personaggi che hanno fatto la storia del bere miscelato, le curiosità e gli aneddoti legati al mondo dei cocktail e i piatti d’autore degli chef del territorio realizzati secondo abbinamenti ben studiati con lo Spritz o il Bellini.
“Venezia da Bere” è un autentico itinerario nel mondo della mixology in Laguna, un viaggio dove storie, luoghi e personaggi si mischiano come gli ingredienti di un buon cocktail in un bicchiere.
Chiara Vannini
Nella foto di copertina Alessandra Iannello e Marco Gemelli (credits ph Luca Managlia)
“Eva, la mela e il serpente” per capire la Bibbia
LIBRI / Una disamina sull’Antico Testamento lucida, affascinante e al tempo stesso capace di coniugare ironia a precisione, è quella che emerge dal libro scritto da Pierpaolo Maria Anselmetti, dal titolo “Eva, la mela e il serpente”.
Il titolo risulta già emblematico nell’evidenziare lo scarto presente tra il contenuto realmente espresso dalla Bibbia e quello che ci è pervenuto, attraverso le successive versioni, i tagli e le scelte, spesso dettate dalla volontà di perseguire un preciso obiettivo.
“La Bibbia – precisa l’autore Pierpaolo Anselmetti, nella vita ingegnere informatico – risulta il libro più stampato al mondo ma meno letto, soprattutto poco in maniera approfondita, e spesso oggetto di fraintendimenti, tra i quali quello riguardante la creazione di Eva dalla costola di Adamo o quello relativoall’episodio secondo cui Eva avrebbe mangiato la mela offertale dal serpente. Per accostarmi in maniera più approfondita alla lettura della Bibbia, con strumenti più adeguati, ho iniziato a studiare la lingua ebraica e mi sono accorto che certi termini biblici sono stati oggetto di traduzione incerta o quantomeno controversa”.
“Nella Bibbia – precisa l’autore – non è presente il monoteismo, quanto piuttosto la monolatria, l’adorazione di un solo Dio, che risulta vendicativo e dai caratteri non spirituali ma terreni, pronto a ‘passare a fil di spada uomini, donne e bambini ‘, per conquistare la terra promessa, o ad applicare la pena di morte per lapidazione nel caso in cui non venissero osservati i suoi comandamenti.
Il primo mito da sfatare risulta, infatti, quello della vicenda di Eva e della mela. Il tema del peccato originale è considerato dagli stessi esegeti cattolici una invenzione di San Paolo, che ha creato le basi del Cristianesimo. Sebbene le immagini e credenze relative al serpente risultino essere state radicate nella maggior parte di noi dalla più tenera età e siano state date per scontate, in realtà in tutto il testo dell’Antico Testamento non compare la parola “mela””.
“Nella Bibbia – aggiunge Pierpaolo Anselmetti – non si trova neanche l’immagine della grotta di Gesù bambino, in quanto l’unico Vangelo canonico che fornisce qualche dettaglio sulla vita di Gesù è quello di Luca. L’immagine della grotta e della mangiatoia, citata nel protovangelo di Giacomo, rispondepiuttosto a quella credenza rafforzatasi con il Cattolicesimo, che vuole consolidare la fede in un Dio nato povero in mezzo ai poveri, allo scopo di far sentire in colpa le classi sociali più agiate, di modo che devolvessero maggior denaro alla Chiesa stessa”.
Un capitolo del Libro è dedicato alla “Gloria”, che l’autore precisa non essere nell’Antico Testamento la gloria di Dio, ma del Signore (YHWH). L’autore cerca di capire il significato del termine, che è stato piuttosto dibattuto, in quanto la lingua ebraica non presenta vocali e il termine ebraico risulta di difficile traduzione. Per esemplificarne meglio il senso riporta il passo il cui è il Signore a parlare a Mose’ . Si tratta del ben noto passo dell’attraversamento del Mar Rosso, in cui figurano un popolo di inermi in fuga, un esercito molto potente con carri e cavalieri al suo inseguimento, la gloria di YHWH sufficiente a terrorizzarli e farli travolgere dalle acque. YHWH fa vedere la sua gloria agli Israeliti per rassicurarli e lo fa attraverso una nube. La Gloria è anche presente nel passo in cui il Signore consegna la tavola delle leggi a Mose’. Ricompaiono la nube e la gloria nel momento in cui Mose’ (nell’ultimo capitolo dell’Esodo), ha terminato la costruzione della tenda. Nel Levitico la Gloria compare anche a seguito del compimento di sacrifici.
Il libro è edito dalla casa editrice torinese Paola Caramella Editrice.
“La Bibbia – prosegue l’autore – non ci è pervenuta nella sua versione originale. È stata trascritta in lingua ebraica, che non veniva, però, parlata dagli antichi Israeliti. Le traduzioni attuali si basano sul codice di Leningrado, risalente agli anni intorno al Mille. Le versioni dell’Antico Testamento , di cui si può usufruire attualmente, sono in realtà delle trascrizioni realizzate tra il IV e il X secolo dell’era cristiana, di cui nessuna coincide con l’altra”.
Si possiedono in effetti ben ottantamila varianti, un numero che potrebbe sembrare sconcertante, ma comprensibile se valutiamo i secoli che ci separano dalla nascita di questo testo sacro. Alcune contraddizioni si possono cogliere, per esempio, nei libri della Genesi, in cui, nel primo (25,26), si afferma che Dio creò prima l’uomo, mentre nel secondo libro ( 18,19) si afferma che creò per primi gli animali. Risulta anche contraddittorio il numero di specie di animali saliti sull’arca, indicato in sette paia in Genesi 7:2 e 7:3 e in solo due paia in Genesi 6:19. Altrettanto controversa risulta la data di costruzione del tempio in Egitto, indicato nel primo libro dei Re nell’anno 480 dopo l’uscita degli Israeliti dal Paese d’Egitto, mentre nel primo libro delle Cronache si evince che Davide , figlio di Iesse, avrebbe regnato 40 anni su Israele, 7 anni in Ebron e a Gerusalemme. Altrettanto controverso il fatto che Saul abbia consultato o meno il Signore e l’identità di chi spinse Davide al censimento, se sia stato Satana o Dio.
Nel libro, che presenta come sottotitolo “Curiosità e riflessioni sulla Bibbia e la religione”, Pierpaolo Anselmetti ci conduce alla scoperta di un volto della Bibbia per moltissimi lettori inedito, rivelando come i Pagani santificassero la domenica e come in origine il giorno indicato per essere santificato, nell’Antico Testamento fosse, invece, il sabato; come la schiavitù fosse accettata dagli Israeliti e anche la poligamia, tanto che Giacobbe ebbe quattro mogli, di cui due sorelle tra loro, e le altre due schiave delle sorelle. Dalla loro unione nacquero dodici figli, ifondatori delle dodici tribù di Israele.
Dalla lettura di questo libro si potrà ricavare un’analisi acuta e non scontata del Cristianesimo e del Cattolicesimo, approfonditi utilizzando un approccio nuovo, ma mai banale, privo di pregiudizi, e dettato dalla curiosità e dal desiderio di ricerca nei confronti di un tema da sempre dibattuto nella storia, quale è la religione.
Mara Martellotta
Il cielo sopra Torino
IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Nel film “Il cielo sopra Berlino” si racconta la storia di due angeli, Damiel e Cassiel, che si aggirano per la città con lo scopo di ascoltare i pensieri dei vivi.
Uno di loro si affeziona così tanto alla città ed alla sua gente che decide di diventare umano e di abbandonare la sua esistenza spirituale.
A questo mi ha fatto pensare la “Italian Tech Week” tenutasi a Torino il 23 e 24 settembre.
L’evento ha ospitato molti “angeli” che per due giorni si sono aggirati nella nostra città per osservarla e coglierne le potenzialità.
Si sono succeduti sul palco giovani imprenditori (“startuppers”) e meno giovani esperti e visionari, a testimoniare il nostro dinamismo e la capacità di innovare senza lasciarsi scoraggiare dalle tante difficoltà poste dal nostro ecosistema.
Non è certo difficile innamorarsi del nostro Paese e la stessa Torino possiede un grande fascino ma perché esso possa sfociare in vero amore occorre una maggiore consapevolezza delle nostre potenzialità ed un progetto concreto che lo possa sostenere.
La due-giorni di respiro internazionale (tra gli ospiti, in diretta dalla sede di SpaceX nel Texas, anche Elon Musk) ha fatto da virtuale introduzione alla settimana che ha condotto alle elezioni del prossimo sindaco.
Chi prenderà il testimone di Chiara Appendino dovrà sostenere il fardello di rilanciare il ruolo della prima capitale italiana, più che mai in cerca di una sua nuova identità (dopo la crisi del settore automobilistico che l’aveva sostenuta nel secolo scorso).
Ma il peso sulle spalle del nuovo primo cittadino potrebbe anche tramutarsi in un paio di possenti ali se saprà gestire il suo incarico con una chiara visione del futuro e la volontà (e capacità) di coinvolgere le, per fortuna numerose, eccellenze cittadine.
Tra queste possiamo già annoverare, dopo il successo della sua seconda edizione, proprio la Tech Week che ha acceso i riflettori sulla nostra città, mettendo bene in luce come le nuove iniziative, le “startups”, possano diventare un importantissimo volano di crescita.
Forse non è davvero un caso che i soggetti privati che aiutano, investendo il proprio denaro, le imprese nascenti siano chiamati “angel investors” (o “business angels”): proprio come gli esseri che nel film di Wim Wenders vigilano su Berlino, si innamorano delle storie (aziendali) umane più interessanti e le accompagnano nel loro percorso.
A fare il punto sulla situazione del settore è stato l’intervento di Yoram Wijngaarde, il fondatore di @Dealroom.co, un formidabile archivio di dati globale che punta ad intercettare (investendoci) ed a seguire le aziende più promettenti.
L’imprenditore olandese ha ben sottolineato il contributo economico ed occupazionale che possono fornire le aziende innovative.
Negli Stati Uniti le startups, principalmente tecnologiche, sono già il maggiore generatore di occupazione, con il 24% del totale.
Nella Baia di San Francisco (nei dintorni della quale si trova la “Silicon Valley”) quasi il 70% dei posti di lavoro sono creati da aziende di nuova costituzione.
In Italia oggi il loro peso è pressoché inesistente ed anche il numero di potenziali “unicorni” (imprese innovative con un valore stimato superiore al miliardo di dollari), 12 in tutto, impallidisce di fronte quello britannico, 213, francese, 104, tedesco, 94, e spagnolo, 25.
La buona notizia è che l’Italia sta crescendo e si trova nella stessa posizione della Francia 7 anni fa o della Spagna 4 anni orsono.
E’ confortante, inoltre, sapere che nella tecnologia una strategia vincente può consentire di bruciare le tappe e scalare le classifiche con estrema velocità.
Si tratta, ad esempio, di quanto è successo alla Germania, con l’affermazione di Berlino come una delle capitali mondiali dell’innovazione, negli ultimi anni.
L’auspicio è che la nuova amministrazione cittadina possa consentire a Torino di (tornare a) giocare, per l’Italia, lo stesso ruolo trainante nelle tecnologie assunto dalla capitale tedesca.
Le OGR (Officine Grandi Riparazioni) che hanno ospitato la Tech Week sono un simbolo vivente, e molto vitale, di come si possa rigenerare un luogo abbandonato e mi piace reinterpretare la sigla come un imperativo, che ben si confà alla nostra città: “Ogni Giorno: Rinascere!”
Dal cielo sopra Torino gli angeli ci guardano ma dovremo essere noi a fare il massimo per convincerli a scendere… e ad aiutarci a volare.