Rubriche- Pagina 36

Dolci piemontesi. Sapori e colori di una terra magica

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Non si può non parlare dei dolci piemontesi, non si può non raccontare delle prelibatezze che deliziano il palato di chi vive in questa splendida regione, ma anche di chi la visita e la conosce

Quando ti siedi al ristorante e vedi che nella lista dei dolci c’è il Bonèt sei sicuro che sarà una deliziosa esperienza culinaria, quando entri nelle pasticcerie che dilettano questa terra e trovi le Bignole e gli altri dolci tipici sai che la felicità è lì, ad un passo, e ti cambierà la giornata.
 Vediamo quali sono i più conosciuti, i più amati, i più graditi, i dolci che conferiscono al Piemonte l’etichetta di dolce regione di meravigliose prelibatezze.

Il Bonèt, dolce al cioccolato tipico delle Langhe e del Monferrato, è molto simile ad una crème caramel. Un tempo fatto col fernet, oggi sostituito spesso dal rhum, è arricchito da nocciole e caffè. Il nome bonet è in realtà un cappello un po’ tondeggiante che si indossa ovviamente a fine pasto, dopo aver mangiato il dolce, prima di andare via. Dulcis in fundo.

Cri CriIl Cri Cri, un cioccolatino avvolto da carta colorata e da piccole sfere di zucchero, prendendo così la forma di una caramella, ha una storia davvero romantica, quella di Cristina una ragazza appassionata di moda a cui il fidanzato portava questi dolcetti. La commessa della pasticceria chiedeva se i cioccolatini fossero per Cri e il suo moroso rispondeva: “sì per Cri”. La storia d’amore per questa squisitezza appassionata continua!

Le buonissime Bignole in passato non si glassavano ma si spennellavano semplicemente con lo zucchero. Si deve la loro apparizione in Piemonte ad un frate, Pasquale de Baylon,
che le preparava per rallegrare le merende Torinesi. Al cioccolato, al caffè, allo zabaglione, alla nocciola sono riconoscibili per la loro glassa colorata che le rende bellissime alla vista. Graziose e ghiotte.

I Bicciolani sono dei semplicissimi biscotti di pasta frolla resi speciali dall’aggiunta di varie spezie: il coriandolo, la cannella, i chiodi di garofano, la noce moscata. Tipici di Vercelli, questi buonissimi frollini, hanno anch’essi una antica tradizione e la loro comparsa risale ai primi anni del 1800 quando il proprietario di una bottega, Vittorio Rosso, con una ricetta che pare essere ancora segreta, diede loro vita. Sembra che grazie alla loro compattezza arrivino, in caso di spedizione, comunque e sempre integri. «Patrimonio unico e irrinunciabile della tradizione cultural-gastronomica piemontese».
Krumiri
Ricordano i baffi di Vittorio Emanuele II i Krumiri, i gustosi dolcetti di Casale Monferrato nati nel 1878, anno della sua morte. Appartengono ai P.A.T. – prodotti agroalimentari tradizionali – e furono paragonati, per la loro forma curva, secondo le voci dell’epoca, a coloro che a schiena bassa disertavano gli scioperi operai, divenendo così per i colleghi, vicini, in maniera servile, alla borghesia industriale. Ovviamente questa connotazione negativa, legata agli eventi storici dell’epoca, non ne ha alterato la percezione positiva e gradevole. “Ai dolci gustosi Krumiri eleganti dei bimbi golosi s’allietan i canti”, scriveva Ottavio Ottavi.

Maria La Barbera

 

L’isola del libro

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RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Jane Smiley “Erediterai la terra” -La nuova frontiera- euro 22,00

Con questo romanzo, pubblicato in patria nel 1991, Jane Smiley (nata a Los Angeles nel 1949), autrice di una ventina di opere di narrativa e saggistica, ha vinto il Premio Pulitzer nel 1992;

il libro ha anche ispirato il film con Michelle Pfeiffer e Jessica Lange.

Dopo generazioni che hanno sudato fatica e duro lavoro, la famiglia Cook è riuscita nell’ardua impresa di trasformare una terra inospitale in una delle tenute più floride della contea di Zebulon, nell’Iowa.

Il romanzo racconta cosa accade dopo che l’anziano proprietario decide improvvisamente di dividere il terreno tra le figlie. E’ l’innesco perfetto che fa esplodere rivalità, segreti, tradimenti e violenze che tornano a galla.

Il corposo testo, ambientato in pieno Midwest, è il resoconto della battaglia ingaggiata da Ginny, Rose e Caroline nel momento in cui il padre Larry Cook, vedovo da decenni, divide tra loro tre i mille acri della sua fattoria. Le sorelle si amano e si odiano allo stesso tempo, ed hanno con il genitore rapporti grevi e conflittuali.

L’io narrante è quello della 36enne primogenita Ginny: la più remissiva, con la vita segnata dal padre-padrone e da 5 aborti spontanei, dei quali due taciuti a tutti, marito compreso.

Poi c’è Rose, che da sempre ha cercato di ribellarsi al genitore violento; è moglie di un uomo affascinante e madre di due figlie.

L’ultima, Caroline, è l’unica che, pur di non restare impigliata nella ragnatela familiare, è andata lontano, in città, dove fa l’avvocato ed ha sposato un collega senza neanche dirlo in famiglia.

Un romanzo strepitoso che corre nel solco di quelli di Faulkner, in cui la terra è il fulcro di tutto, con corollario di sentimenti contrastanti ed imperiosi.

 

 

Andrea De Carlo “La geografia del danno” -La nave di Teseo” euro 18,00

Siamo padroni del nostro destino? Quello che siamo, pensiamo, scegliamo, il nostro carattere, affondano radici profonde nella famiglia e alla latitudine del globo in cui nasciamo?

Il timone della nostra vita lo prendiamo a un certo punto, ma più che altro conta da dove arriviamo.

Sembra essere questa la risposta di Andrea De Carlo nel 23esimo libro della sua carriera di scrittore, lunga 43 anni. Il testo, più che un romanzo, è la biografia della sua famiglia, una vera e propria indagine che lo conduce a rivelazioni sorprendenti.

L’albero genealogico che ricompone è la mappa della geografia del danno, e descrive soprattutto la ricerca di sé.

Inizia dalla scoperta che la nonna paterna sarebbe vissuta due volte….e via a seguire altre ricerche sugli antenati. Un passato in cui si sono incrociati i destini di migranti siciliani in Tunisia e di migranti cilene a Genova; tra teatranti, ingegneri navali e un fattaccio che stravolge il destino delle persone. La scoperta è che la realtà supera l’immaginazione.

L’eredità più profonda è quella del sangue, di cosa ci è stato trasmesso; scopriamo che le nostre predisposizioni sono solo in parte il risultato dell’ambiente e dell’educazione ricevuta. La verità è che, se indaghiamo i tratti del nostro carattere o le nostre doti, scopriamo che appartenevano a qualche nostro antenato, magari saltando una o più generazioni.

E questo vale per ogni famiglia, tutte hanno molto da raccontare se si scava nella notte dei tempi. Ognuno di noi è figlio, nipote, pronipote di storie straordinarie….cercare per credere.

 

 

Angela Frenda “Una torta per dirti addio. Vita (e ricette) di Nora Ephron” -Guido Tommasi Editore- euro 18,00

A 13 anni dalla scomparsa (nel 2012) della brillante scrittrice e sceneggiatrice newyorkese Nora Ephron, stroncata da leucemia fulminante, questo libro è la prima biografia italiana che ne ripercorre la vita in modo anomalo, ovvero attraverso un ricettario. Scritta dalla responsabile editoriale di Cook, Angela Frenda, ci racconta l’esistenza, i tormenti e le delusioni, ma anche i piatti tanto apprezzati dalla scrittrice.

Nata a New York nel 1941 e lì morta nel 2012, Nora Ephron è stata regista, produttrice cinematografica, sceneggiatrice, commediografa, giornalista e scrittrice. Tra i fiori all’occhiello della sua poliedrica genialità ci sono le sceneggiature di film cult come “Harry ti presento Sally” e “Affari cuore”; ha diretto commedie romantiche tra le quali “Insonnia d’amore” e “C’è posta per te”.

Una vita entusiasmante, le parole erano il suo mestiere, la cucina la sua passione e il modo di condividere pensieri e vita con chi amava.

Tra egg salade, biscotti, polpettoni e timballi, il cibo per lei era anche il collante che teneva insieme il tutto.

Scrittura e piaceri della tavola hanno sempre accompagnato le fasi più salienti della sua vita; per esempio scrisse il suo primo romanzo “Affari di cuore” dopo ave scoperto che il secondo marito (lei si sposò tre volte), il giornalista investigativo Carl Bernstein (che contribuì a scoperchiare lo scandalo Watergate) la tradiva mentre lei era incinta.

Quando ebbe la nefasta diagnosi del male che l’avrebbe portata via nel pieno degli anni, decise di preparare il suo funerale fin nei minimi dettagli. Ideò un ricettario personalizzato da consegnare agli amici più intimi a fine funzione, con le istruzioni di tutti i piatti che aveva cucinato per ognuno di loro….e quale viatico potrebbe rappresentarla meglio…..?

 

 

Sveva Casati Modignani “Lui, lei e il Paradiso” -Sperling&Kupfer- euro 21,00

Non avremmo mai pensato che un testo come questo fosse nelle corde della scrittrice da 12 milioni di copie vendute, Sveva Casati Modignani; nom de plume di Bice Cairati, classe 1938 e da sempre in vetta alle classifiche con la sua narrativa spesso snobbata dalla critica.

Questo romanzo è ambientato in Paradiso dove avviene l’incontro tra Dino Solbiati, grande imprenditore geniale che ha costruito la sua fortuna dal nulla e la scrittrice Stella Recalcati.

Solbiati rimanda a Silvio Berlusconi e l’idea di ispirarsi a lui ha solleticato l’immaginazione di Sveva Casati Modignani quando ha assistito ai suoi fastosi funerali in tv. Allora ha pensato che le sarebbe piaciuto intervistare il magnate per scoprirne soprattutto il profilo psicologico.

Ed ecco l’escamotage di incontrarlo (nei panni di Stella, suo alter ego) tra nuvole e meraviglie di un Paradiso da spot pubblicitario Lavazza. Solbiati si ritrova sospeso nel nulla a raccontare di se, riannodando i fili della sua vita intensa e vissuta a mille. Balzano tra ricordi delle mogli, tradimenti, la genialità e la sete smoderata di vita, ma anche qualche segretuccio. Insomma le contraddizioni dell’esistenza terrena.

 

Cannelloni della Befana al Castelmagno

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Una teglia di cannelloni di magro dal gusto delicato, ricco ed avvolgente. Assolutamente indimenticabili

Un antico detto afferma “L’Epifania tutte le feste si porta via”… Approfittiamo di questa ottima occasione per festeggiare ancora una volta insieme ai nostri cari offrendo loro un primo piatto della tradizione rivisitato in veste “chic” : una teglia di cannelloni di magro dal gusto delicato, ricco ed avvolgente. Assolutamente indimenticabili.

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Ingredienti per 8 persone:

2 confezioni di sfoglia per lasagna (tipo Rana)

4 porri dolci di Cervere

6 patate

200gr. di formaggio Castelmagno

200gr. di Taleggio

50gr. di grana grattugiato

burro, sale,olio q.b.

Per la besciamella:

800ml di latte intero

50gr.di burro

40gr.di farina

noce moscata, sale q.b.

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Lavare e tagliare i porri a rondelle, stufarli con olio,una noce di burro e sale per 20 minuti circa. Lessare le patate, schiacciarle come per fare un pure’ ed unirle ai porri. Mescolare bene, unire i formaggi a dadini, il grana grattugiato e il sale. Preparare la besciamella  con il latte, il burro, la farina, il sale e la grattata di noce moscata. Preparare i cannelloni stendendo sulla sfoglia (lato piu’ corto) il ripieno ed arrotolare. Procedere sino ad esaurimento degli ingredienti. Ungere la teglia con burro fuso, sistemare i cannelloni e ricoprire con la besciamella, ciuffetti di burro e grana grattugiato. Cuocere in forno a 200 gradi per 30 minuti circa o sino a completa gratinatura. Buon appetito e buon anno a tutti i lettori !

Paperita Patty

 

Torino tra architettura e pittura. Alighiero Boetti

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Torino tra architettura e pittura

1 Guarino Guarini (1624-1683)
2 Filippo Juvarra (1678-1736)
3 Alessandro Antonelli (1798-1888)
4 Pietro Fenoglio (1865-1927)
5 Giacomo Balla (1871-1958)
6 Felice Casorati (1883-1963)
7 I Sei di Torino
8 Alighiero Boetti (1940-1994)
9 Giuseppe Penone (1947-)
10 Mario Merz (1925-2003)
8) Alighiero Boetti (1940-1994)

8 Alighiero Boetti (1940-1994)

In genere, a scuola, quando si arriva ad uno dei capitoli finali del libro di testo e si leggono titoli quali “Neoavanguardie” e “ultime tendenze” ci si deve preparare ad una reazione di scetticismo estremo che sovente si manifesta sotto forma di sonora risata corale.
Sono convinta che, per fare bene il mestiere dell’insegnante, sia importante costringersi a ricordare che anche noi siamo stati studenti sospettosi, soprattutto nei riguardi di certe materie.
Reazione non del tutto incomprensibile di fronte a un Kosuth, un Anselmo o una montagna di caramelle messe lì da Gonzalez-Torres; di fronte a un Michelangelo certo non possiamo che meravigliarci, anche se non si conosce appieno il senso dell’opera, ma la maestria con la quale l’autore ha eseguito i suoi lavori basta a convincerci che siamo di fronte a vera “arte”, ciò non avviene con i Dada, con l’astrattismo o con gli artisti concettuali. Niente di strano comunque, perché la peculiarità delle opere nate a partire dalle prime avanguardie è che queste debbano essere sempre accompagnate da una accurata spiegazione.

E poi proviamo a capirli questi studenti. Chiediamo loro di studiare l’imponenza dei Dolmen, la “kalokagathìa” greca, di memorizzare la nomenclatura architettonica delle chiese romaniche e delle cattedrali gotiche, vogliamo che si cimentino nel far proprio il lessico adatto per analizzare alcune delle più importanti opere d’arte dal Rinascimento al post-impressionismo, dopodiché forse non dovremmo stupirci più di tanto se i nostri cari fanciulli si sentono “sballottati” e dubbiosi di fronte a un Munch o all’astrattismo geometrico di Mondrian. E quando i miei giovani pensano che non possa esserci nulla di più “strambo”, ecco che mi diverto – lo ammetto- a proporre alla classe una lezione sulla provocatoria “Arte povera”.
Sono sempre molto attenta a creare un clima disteso durante le mie ore, affinché i ragazzi si sentano a proprio agio e possano intervenire dando la propria opinione o ponendo domande. Questa sentita loro partecipazione fa sì che io riesca a contrastare il loro scetticismo e indurli ad ascoltare quanto ho da dire.
L’utilizzo della lavagna elettronica mi è di grande aiuto, ottengo rapidamente l’attenzione degli studenti e, proiezione dopo proiezione, mi accorgo che l’iniziale diffidenza si tramuta in curiosità.
Parliamo dunque di “Neoavanguardie”, tra le quali una delle più interessanti è l’ “Arte povera”, un movimento artistico tipico italiano, sorto nella seconda metà degli anni Sessanta del Novecento, al quale aderiscono molteplici autori, diversi di ambito torinese.


La data simbolica che segna ufficialmente la nascita della corrente è il settembre 1967, anno in cui Germano Celant (1940-2020), illustre critico d’arte e direttore artistico, organizza un ‘esposizione presso la Galleria “La Bertesca” di Francesco Masnata a Genova, a cui partecipano Boetti (1940-1994), Fabro (1936-2007), Kounellis (1936-2017), Paolini (1940-), Pascali (1935-1968) e Prini (1943-2016).
I lavori dell’ “Arte povera” si basano sull’associazione ambientale di materiali prelevati dal quotidiano, oggetti comuni, che possono essere definiti appunto “poveri” -legno, sassi, paglia, cartone, stoffa, vetro- presentati in maniera disadorna e nella loro essenzialità. Tale poetica è portata all’estremo, solo per citare un esempio, dal greco Jannis Kounnellis, che arriva a palesare autentici spaccati di realtà, come dimostra l’allestimento di cavalli vivi esibito nel 1969 alla Galleria l’ “Attico” di Roma.
L’ “Arte povera” prende dalla “Land Art” il gusto di modificare la percezione di un ambiente o di uno spazio interno attraverso l’uso di installazioni. Tali installazioni possono essere creazioni molto diverse fra loro, ma tutte con un unico intento: stravolgere l’aspetto di una stanza o di un paesaggio, perfino con la sola presenza di mucchi di pietre o di patate sul pavimento, o con la mostra di veri alberi nella sala di un museo.
In molti aderiscono al movimento, ma, come spesso avviene, le opere di alcuni artisti divengono più celebri di altre. Impossibile dunque intraprendere questo discorso senza citare nemmeno di sfuggita Michelangelo Pistoletto (1933 -) e la sua iconica “Venere degli stracci”.

La ricerca dell’artista è varia e multiforme, sempre spiazzante e libera da schemi codificati; centrale nella sua poetica è il rapporto dialettico tra “arte e vita” e fra “oggetto e comportamento”. Egli inizia ad affermarsi con i noti “quadri specchianti”, lastre d’acciaio inossidabile con immagini fotoserigrafiche di persone e cose sulla superficie, di cui alcuni esemplari sono esposti a Torino, presso la GAM. È tuttavia la serie degli anni 1965-1966 “Oggetti in meno” che segna l’aderire di Pistoletto all’ “Arte povera”. I lavori più “poveristici” sono sistemazioni di stracci multicolori, la cui versione più conosciuta è titolata “Venere degli stracci”, messa in scena per la prima volta nell’ottobre del 1969 ad Amalfi, nella manifestazione artistica “Arte povera + Azioni povere”, come una “performance live”. In questa occasione la moglie di Pistoletto, Maria, nuda, di schiena e in una posa che ricorda l’iconografia della Venere classica, rimane in piedi e immobile di fronte a un grosso e informe cumulo di vecchi abiti. Nel 1970 il lavoro diventa un’installazione stabile, composta da un calco di gesso di “Venere”, in sostituzione della modella vivente, e sempre con una pila di indumenti raffazzonati. L’opera, con evidente efficacia estetica, mostra il contrasto “arte-vita”, tra la bellezza canonica e formale e la caotica espressività di elementi quotidiani.
Altro grande nome che domina la scena dell’ “Arte povera” è quello del torinese Alighiero Boetti (1940-1994), artista e autodidatta, protagonista indiscusso della stagione artistica degli anni Sessanta-Settanta.

9Egli entra a far parte del gruppo nel 1967, partecipando all’esposizione organizzata da Celant; in seguito il suo lavoro diventa internazionale, e l’artista accede a “When Attitude become Form” alla Kunsthalle di Berna. Boetti è un grande viaggiatore, trascorre diverso tempo a Kabul, dove apre l’ One Hotel e dove fa realizzare dalle ricamatrici locali i suoi celebri “arazzi”. Tra i suoi cicli più famosi vi sono “I lavori postali”; “Mettere al mondo il mondo”, tracciati con penna a sfera; “Arazzi” sulla quadratura di parole e frasi come “Ordine e Disordine”; “La natura è una faccenda ottusa”; “Due mani e una matita”. È opportuno ricordare anche le tre retrospettive che gli sono state dedicate al Reina Sofia di Madrid, alla Tate Modern di Londra e al MoMA di New York.
Boetti è sicuramente fra i protagonisti più eccentrici della scena artistica di quegli anni.
L’artista porta avanti una ricerca complessa e multiforme, caratterizzata da una raffinata concettualità apparentemente ludica, ma legata a questioni tutt’altro che lievi. Tra le problematiche da lui affrontate vi sono la dimensione del doppio, la categoria temporale e quella spaziale, il gusto analitico, ironico e sistematico per le catalogazioni, la visualizzazione di criptiche formule matematiche, infine la dialettica fra ordine e disordine e fra caso e necessità.

Boetti è solito dare un’interpretazione filosofica del mondo, che tuttavia non offre mai risposte tranquillizzanti.
Con i suoi lavori l’artista ci attrae nel labirinto del “non-senso” della vita, da cui è impossibile salvarsi, ad esso ci si può sottrarre solo per poco tempo, attraverso l’energia dell’immaginazione creativa.
Tra gli elaborati più conosciuti dell’artista -come sopra indicato – vi sono gli “arazzi”, tessuti prima da ricamatrici afghane a Kabul e in seguito, dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan, nei campi profughi di Peshawar, in Pakistan; in questi oggetti, generalmente di difficile decodificazione, in cui colori “pop” si mescolano con composizioni/combinazioni di cifre o segni grafici e lettere, emerge una forte tensione concettuale di diretto impatto visivo. Tra le creazioni che possono essere considerate di più “immediata comprensione” vi sono le “Mappe” del mondo, dove ogni nazione è rappresentata con i colori e i simboli della propria bandiera. Queste tessiture, che ad un primo sguardo ci colpiscono per la maestosità, la grandezza e la gioiosità delle tinte, affrontano tuttavia tematiche complesse come i nazionalismi, le lotte politiche e le guerre che incessantemente segnano il destino dell’uomo.
Ancora una volta l’arte diventa spunto di riflessione; ancora una volta gli artisti utilizzano l’ “escamotage” della leggerezza per esprimere significati reconditi.
Ai miei studenti lo faccio sempre notare, siamo partiti da una “grossolana risata” per poi arrivare a dibattere su questioni di ben altro spessore e tutte le volte i miei ragazzi rimangono stupiti: non solo hanno incrementato le loro nozioni, ma sono stati capaci di gestire il proprio comportamento, passando dal momento “ludico” a quello del “serioso apprendimento”.
Non tutti gli adulti ne sono in grado.

Alessia Cagnotto

Brasato all’Arneis dell’Epifania

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L’Epifania tutte le feste si porta via…concludiamo cosi’ i  pranzi del periodo natalizio con un secondo di carne ricco e gustoso, di origini antiche, tipico della cucina piemontese, il Brasato. Semplice da preparare, richiede pero’ una marinatura e una cottura lenta e prolungata che conferira’ alla carne una morbidezza ed un gusto insuperabile. Un classico ideale per le occasioni di festa.

 

Ingredienti

 

1kg.di carne di manzo

40gr. di burro

2 cucchiai di olio evo

Sale e pepe

 

Per la marinatura:

1 bottiglia di vino bianco Arneis

1 cipolla

1 costa di sedano

1 carota

1 rametto di rosmarino

2 foglie di alloro

2 chiodi di garofano

2 bacche di ginepro

 

Lavare e ridurre a tocchetti le verdure con i sapori. Mettere la carne in una terrina con le verdure e coprire con il vino bianco. Lasciar riposare in luogo fresco 12 ore. Togliere la carne dalla marinatura, asciugarla bene e farla rosolare da tutti i lati a fuoco vivace nel burro e olio. Aggiungere le verdure scolate dalla marinatura, completare la rosolatura. Abbassare il fuoco, salare e pepare la carne, unire il vino della marinatura e lasciar cuocere coperto per circa tre ore. Per permettere che il sugo si restringa, scoperchiare di tanto in tanto. Terminata la cottura, togliere la carne, frullare il sugo e servire le fette di carne nappate con la salsa. Ideale accompagnato con il pure’ di patate.

 

Paperita Patty

Dal cuore di Torino al Polo Nord: i sogni in volo di Chiara Sandri

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Torino tra le righe

In questo periodo di festa, nella magica atmosfera natalizia, voglio portarvi alla scoperta di Juliet Stork: Missione Polo Nord. Questo delizioso libro per bambini è opera di Chiara Sandri, autrice nata a Torino nel 1981.
Chiara è cresciuta in una casa piena di libri e immersa nella natura, dove fin dalla tenera età si è appassionata alla lettura. La sua predisposizione per la narrazione è emersa presto, alimentata da felici ricordi d’infanzia trascorsi nel cortile della casa di famiglia, insieme ai suoi fratelli e al loro cane. A questa passione per le storie si è unita quella per il disegno: Chiara amava creare illustrazioni di principesse e ballerine, prendendosi cura con attenzione delle sue matite colorate.
Le sue prime esperienze di scrittura risalgono agli anni delle scuole medie e superiori, quando partecipò a concorsi letterari locali. Un momento significativo del suo percorso fu all’età di 16 anni, quando scrisse un racconto dedicato alla città di Torino per il concorso “Racconta la tua città”. Questo lavoro venne pubblicato su La Stampa, regalando a Chiara una prima emozione come autrice.
Dopo aver conseguito la laurea in Farmacia all’Università di Torino nel 2005, Chiara ha inizialmente accantonato la scrittura per dedicarsi alla carriera. Tuttavia, durante la sua prima gravidanza, costretta al riposo per motivi di salute, ha deciso di trasformare quel tempo in un’opportunità per riscoprire la sua passione. Da questa esperienza è nata l’idea di Juliet Stork, una cicogna speciale protagonista di un racconto illustrato per bambini. La sua innata passione per il disegno, coltivata fin dall’infanzia, ha trovato espressione proprio nelle illustrazioni del racconto, creando un legame indissolubile tra immagini e parole.
La sua prima vera pubblicazione arrivò anni dopo, nel 2017, in seguito al trasferimento negli Stati Uniti, con Edward the little magic star and Claire (disponibile anche in edizione italiana, Edward la piccola magica stella e Claire).   Questo libro, scritto e illustrato da Chiara, narra la storia di una bambina e del suo speciale amico, una stellina magica, trasmettendo un messaggio semplice ma profondo perché come dice la stessa autrice “è così che i bambini comunicano con noi adulti: ci raccontano le loro semplici storie, usando le loro semplici parole e i loro disegni. Ma i messaggi e le emozioni che sono in grado di comunicare sono così grandi e profondi.”
Nel 2024, Chiara ha pubblicato due nuovi libri per bambini: Chef Quiche’s ABC, un libro-alfabeto per i più piccoli, e Juliet Stork: Missione Polo Nord (Juliet Stork: Mission North Pole, edizione inglese) un progetto che riprende la storia e gli schizzi ideati durante la sua prima gravidanza.
Juliet Stork: Missione Polo Nord è una storia piena di magia e tenerezza. Juliet è una cicogna-infermiera che effettua consegne speciali per la World Baby Animal Nursery. Questa volta, la sua missione la porterà al Polo Nord, dove due genitori aspettano con trepidazione il loro adorato cucciolo. Durante il viaggio, Juliet incontrerà vecchi amici, come Audrey Snow Fox, e nuovi, come Bryan Harp Seal. Tra giochi e avventure, riuscirà a portare a termine la sua gioiosa missione, ricordandoci l’importanza di dedicare tempo di qualità alle persone che amiamo.
Questa favola illustrata è un piccolo gioiello di narrativa per bambini. Le illustrazioni sono semplicemente meravigliose, ricche di colori e dettagli che catturano l’attenzione e stimolano la fantasia. La storia, dolce e coinvolgente, trasmette messaggi importanti come l’amicizia e il valore della gentilezza. Un libro perfetto per leggere insieme ai più piccoli, creando momenti di condivisione e riflessione. Lo consiglio vivamente a chi cerca un regalo speciale o un’aggiunta preziosa alla libreria di famiglia.
Chiara Sandri non si ferma qui: nei suoi sogni c’è il desiderio di scrivere e illustrare molti altri libri per bambini. Nuove pubblicazioni sono già in programma per il 2025, quindi rimanete sintonizzati. Buona lettura a tutti, grandi e piccini insieme!
Marzia Estini
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Medaglioni di filetto di maiale con verdure

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Il filetto di maiale e’ un taglio pregiato dal sapore delicato e dalla consistenza morbida.

Questo che vi propongo e’ un ottimo secondo leggero e saporito, piacevolmente aromatico e di sicuro effetto.

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Ingredienti

1 filetto di maiale

2 patate

8 pomodorini

1 fetta di zucca

1 cipollotto

Olive, capperi q.b.

Prezzemolo, rosmarino q.b.

Olio, sale, pepe

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Lavare bene le patate e cuocerle a vapore con la buccia e la fetta di zucca tagliata a spicchi. In un tegame rosolare in poco olio il cipollotto, aggiungere il filetto di maiale tagliato a medaglioni di circa 2cm di spessore, cuocere a fuoco vivace per non piu’ di cinque minuti per parte, salare e pepare. A cottura ultimata, mettere da parte la carne e saltare le verdure a vapore con le erbe aromatiche, le olive, i capperi e i pomodorini tagliati a meta’, aggiustare di sale, unire i medaglioni e servire in tavola.

Paperita Patty