Tutto il fascino della campagna torinese in questa foto di Mario Alesina che ritrae le coltivazioni nella zona di Druento
Tutto il fascino della campagna torinese in questa foto di Mario Alesina che ritrae le coltivazioni nella zona di Druento
I cannelloni rappresentano un primo piatto classico, con l’arrivo della primavera il ripieno diventa piu’ leggero, profumato, ricco di vitamine
La primavera è alle porte. Sulle bancarelle dei mercati fanno capolino tante nuove verdure e legumi quali fave e piselli freschi, alimenti preziosi per la salute; come resistere alla tentazione di portarli in tavola protagonisti dei piatti piu’ fantasiosi? I cannelloni rappresentano un primo piatto classico, con l’arrivo della primavera il ripieno diventa piu’ leggero, profumato, ricco di vitamine per un piatto tutto sapore e delicatezza.
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Ingredienti per 15 cannelloni:
1 confezione di sfoglia fresca per lasagne “pronte in teglia” (15 sfoglie)
200gr. di ricotta fresca
200gr. di fave fresche
200gr.di piselli freschi
200gr. di broccoli
800ml di besciamella
100gr.di fontina Aosta
50gr. di parmigiano grattugiato
Burro, sale,pepe q.b.
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Cuocere a vapore i broccoli e i piselli, sbollentare le fave e privarle della pellicina, lasciar raffreddare. In una ciotola mescolare la ricotta con il sale, il pepe, un cucchiaio di parmigiano e la fontina tagliata a dadini; unire i broccoli sminuzzati, le fave e i piselli, aggiustare eventualmente di sale. Farcire Ie sfoglie con il ripieno, arrotolare e formare 15 cannelloni, sistemarli in una teglia per lasagne precedentemente imburrata, coprire con la besciamella e il rimanente parmigiano. Cuocere in forno a 180/200 gradi per circa 30’ fino a completa doratura.
Paperita Patty
Una suggestiva veduta di Superga. La foto è di Deborah Melchiorre
In questa bella immagine della lettrice Laura Pati, l’orto botanico del Valentino.
Il lettore Elvio Di Santo ci invia questi scatti del Po e del Monte dei Cappuccini avvolti da una suggestiva bruma.
La mostra intitolata “Mario Lattes. Teatri della memoria”, che apre al pubblico giovedì 30 marzo prossimo, presenta una selezione di più di una cinquantina di opere dell’intellettuale torinese, tra cui alcune mai esposte prima, allestite all’interno di un percorso che documenta un ampio e recente lavoro di indagine su questa figura e sulla sua attività artistica.
Acuto testimone delle vicende del suo secolo, Lattes interpreta le ambiguità presenti nel ruolo dell’artista, ricevendone appieno i drammi e le esaltazioni e filtrando inoltre le emozioni attraverso la sua personale visione della figurazione.
Mario Lattes nasceva a Torino cento anni fa, il 25 ottobre 1923. La sua è stata una figura piuttosto poliedrica di pittore, scrittore e intellettuale dalla variegata vivacità.
Originario di una famiglia ebraica, è stato un personaggio di spicco nel mondo culturale del secondo dopoguerra. Ebreo laico, uomo solitario e complesso, è stato un artista portatore di una vena di umorismo amaro e sarcastico, venato di pessimismo e nostalgia.
Durante il periodo bellico riuscì a sfuggire alle leggi razziali, unendosi alle truppe alleate in qualità di interprete.
Come artista partecipò all’Esposizione internazionale d’arte di Venezia nel 1958 e a tre edizioni della Quadriennale di Roma. Ha visto la luce nel 2015 la sua tesi di laurea dal titolo “Il ghetto di Varsavia”, pubblicata per la prima volta a 55 anni dalla sua stesura da Edizioni Cenobio, a cura del professor Giacomo Jori. Il libro è stato presentato in occasione della Giornata della Memoria il 27 gennaio 2015 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Varsavia.
Figura di spicco del Novecento italiano, con le sue opere e il suo dialogo costante con i massimi intellettuali del Paese, ha attraversato interamente il secolo breve.
La mostra alla Reggia di Venaria, curata da Vincenzo Gatti, ha ottenuto il sostegno della Regione Piemonte, il patrocinio della Città di Torino e di Confindustria Cuneo, realizzata dalla Fondazione Bottari Lattes. Questa non è la prima esposizione dedicata a Mario Lattes; una dal titolo “Mario Lattes tra pittura eletteratura” è stata allestita all’Istituto Italiano di Cultura di Praga nel 2014.
Già l’11 maggio del 2017 il Comune di Torino gli intitolava un’area verde, quella di piazza Maria Teresa, nel Borgo Nuovo.
La mostra rimarrà aperta dal 30 marzo al 7 maggio prossimo.
MARA MARTELLOTTA
Una golosa e colorata combinazione di verdure e maionese che porta in tavola l’allegria
Un classico per tutte le stagioni che non passera’ mai di moda: l’insalata russa, un antico e autentico sapore che rendera’ la vostra Pasqua davvero “speciale”. Una golosa e colorata combinazione di verdure e maionese che porta in tavola l’allegria, ideale per un giorno di festa.
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Ingredienti:
300gr. di patate
150gr. di carote
200gr. di piselli surgelati
1 uovo e 1 tuorlo ( a temperatura ambiente)
Olio di oliva gusto delicato
Succo di mezzo limone
50gr. di tonno sbriciolato
Sale q.b.
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Cuocere a vapore le verdure tagliate a dadini, lasciar raffreddare. Preparare la maionese. Mettere nel mixer l’uovo intero ed il tuorlo, azionare a bassa velocita’, aggiungere poco a poco l’olio a filo fino a quando la maionese inizia a montare, solo a questo punto aggiungere goccia a goccia il succo di limone filtrato e un pizzico di sale. In una ciotola schiacciare una parte delle patate e delle carote, aggiungere i piselli e mescolare il tutto con parte della maionese, aggiustare di sale, aggiungere il tonno sbriciolato, mescolare nuovamente e sistemare nel piatto di portata. Ricoprire con la maionese rimasta e guarnire a piacere. Serena Pasqua a tutti voi.
Paperita Patty
Il murales di via Nizza fotografato dalla nostra lettrice Simona Grosso
Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.
Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli
Passeggiare per Torino è così, non sai mai che mistero puoi incontrare una volta girato l’angolo. Se siete per caso nei pressi di Palazzo Reale e svoltate verso sinistra vi ritroverete vicino al Duomo, il principale centro di culto cattolico della città, ma anche l’ennesimo edificio in cui si nasconde una leggenda da raccontare. Il fabbricato si trova nella zona storica di Torino, quasi adiacente al teatro romano dell’antica Julia Augusta Taurinorum. Inizialmente nell’area si ergevano tre chiese paleocristiane, forse edificate sulla base di templi pagani preesistenti, e dedicate a San Salvatore, Santa Maria in Campo e San Giovanni Battista. Le tre chiese vennero demolite tra il 1490 e il 1492, al contrario della torre campanaria che, terminata nel 1469, non venne minimamente toccata, e resta ancor oggi ben visibile a fianco del Duomo. Il 22 luglio 1491 Bianca di Monferrato, reggente di Casa Savoia, posò la prima pietra dell’edificio religioso, dedicato a San Giovanni, patrono della nostra città. La costruzione venne affidata ad Amedeo de Francisco da Settignano, il quale vi si dedicò fino alla morte, avvenuta nel 1501. Il Duomo fu completato nel 1505 e nello stesso anno, il 21 settembre, fu consacrato. Durante il Seicento venne portato avanti un progetto di ampliamento della struttura, in modo da creare un ambiente degno per la conservazione della Santa Sindone. Si iniziò con un progetto di Bernardino Quadri, basato su alcune correzioni che egli stesso aveva apportato agli studi precedenti di Carlo di Castellamonte. Tuttavia nel 1667 il compito di concludere ilavori venne affidato a Guarino Guarini, già attivo in molti altri cantieri piemontesi, tra cui la non lontana Chiesa di San Lorenzo. L’edificio si presentava all’esterno maestoso ed imponente, all’interno, invece, sbalordiva i visitatori con i preziosi giochi cromatici dei marmi che da neri andavano via via schiarendosi verso l’alto. Carlo Alberto I volle impreziosire ulteriormente la costruzione e ordinò a Luigi Cagna di eseguire una copia dell’Ultima Cena, da porre sulla controfacciata della chiesa, unico punto in cui era possibile ancorare un’opera da 900 Kg. Anche il campanile, in forme romaniche, venne in seguito modificato, questa volta per volere di Vittorio Amedeo II, ad opera di Juvarra, che lo sopraelevò di ben 12 m, portando la torre campanaria ad un’altezza complessiva di 60 metri, nel 1720. Il Duomo oggi si mostra come una struttura rinascimentale inconfondibile nel panorama cittadino. All’esterno il bianco marmoreo della facciata principale risplende ai raggi del sole, e il gioco di luci e ombre che si crea rende ancora più visibili gli altri elementi architettonici lì presenti, quali i tre portoni, il timpano che sovrasta l’ingresso mediano e le due volute laterali. L’interno, severo, è costruito su pianta a croce latina e diviso in tre navate, lunghe 40 metri, le due laterali di 5,80 m., quella centrale di 9,50 m.
Decorata ai lati da numerose cappelle, a cui lavorarono artisti di pregio, la cattedrale ospita nel transetto destro il grande organo a trasmissione meccanica costruito nel 1874, strumento che ne sostituisce un altro del 1741. L’elemento più discusso del complesso è la Cupola del Guarini, definita da costoloni che si intrecciano frantumando la superficie del soffitto e precisata dalla luce diffusa per mezzo di numerose finestre che emergono curiosamente all’esterno della struttura, dove il tamburo è recinto da una linea sinuosa che racchiude i finestroni. La mirabile opera venne pesantemente danneggiata dall’incendio dell’11 aprile 1997, ed è stata oggetto di un restauro ricostruttivo di particolare difficoltà; la riapertura al pubblico risale al 27 settembre 2018. La maestosità dell’edificio del Duomo nasconde un dettaglio singolare: sulla parete destra -arrivando dalla Piazzetta Reale- appare una meridiana dall’aspetto non comune. Si tratta di una meridiana zodiacale, meglio qualificata come planetaria. Essa appartiene alla piùantica concezione di meridiane, utilizzate già tempo addietro dai Babilonesi, dagli Ebrei e dagli Egizi. Questa tipologia di oggetti presenta al posto dei numeri i dodici segni astrologici, poiché la tradizione vuole che ad ognuna delle dodici ore corrisponda l’influenza di un pianeta. Anche l’aspetto della meridiana è piuttosto insolito, con il quadrante costituito da una croce: l’asta verticale è una freccia che punta verso il basso, Capricorno-Cancro; l’asta orizzontale congiunge Ariete e Bilancia. I segni ai vertici coincidono con l’inizio delle stagioni e ne determinano il ciclo: 21 marzo – Ariete; 21 giugno- Cancro; 23 settembre – Bilancia; 22 dicembre – Capricorno. L’asta centrale congiunge il Capricorno, segno di Gesù, con il suo ascendente, il Cancro. L’incrocio delle due assi rappresenta il Cristo, centro dell’Universo.
Tale meridiana zodiacale può anche essere intesa, in chiave esoterico-cristiana, come una sorta di talismano, formato dai quattro elementi da cui è nato tutto l’universo: la terra è il lino in cui è avvolto Gesù; l’aria è il tempo da lui impiegato per giungere fino a noi; l’acqua sono i viaggi che egli ha dovuto compiere; il fuoco è la fiamma energetica della Resurrezione. Le due interpretazioni si sovrappongono e conferiscono una doppia energia all’oggetto. Il talismano ha dunque sia forza intrinseca che estrinseca, infatti esso viene caricato dalla fede dei fedeli che venerano la Sindone, e si crea così uno scambio energetico in più direzioni, dall’interno verso l’esterno e viceversa, ossia dalla Sindone verso Torino e dalla Sindone verso ciascun fedele. Tuttavia il discorso sui segni zodiacali non termina qui. L’architetto Enrico Castiglioni (1914-2000), uno dei membri fondatori del CIDA, (Centro Italiano Discipline Astrologiche), intraprese uno studio secondo il quale ad ogni zona torinese sarebbe associato un elemento zodiacale. Egli divise la mappa della città in una raggiera a dodici quadranti, con centro in piazza Castello, allo scopo di evidenziare il nesso tra la porzione di città selezionata nei vari spicchi, le attività che lì si svolgono e le persone che vi abitano, con le caratteristiche del segno zodiacale corrispondente. Ad esempio all’Ariete, che è il segno piùmaschile, collegato all’elemento fuoco, che a sua volta rimanda a Marte, dio greco della guerra, corrisponde la zona di Madonna di Campagna, territorio caratterizzato dalla presenza di molte industrie metallurgiche. Ed ecco come continua l’elenco: al Toro, segno di elevazione dell’anima, è affine l’asse di Corso Regina Margherita (dove c’è una moltitudine di chiese); ai Gemelli si accorda la zona che va da Corso Francia a Borgata Parella, area propizia per intellettuali, commercianti e occultisti; al Cancro fa riscontro il territorio di Borgo San Paolo; al Leone, segno di comando, spetta la Crocetta, dove sta la crème de la crème della città; la Vergine è in simmetria con il settore di Porta Nuova, Corso Massimo fino agli ospedali; alla Bilancia soddisfa piazza Maria Teresa, verso Valsalice, luogo in cui è l’arte a farla da padrone; allo Scorpione, segno magico per eccellenza, aderiscono piazza Castello, via Po e la Gran Madre; al Sagittario compete la Mole Antonelliana; al Capricorno, segno che governa l’Aldilà, ben si adatta la zona dei cimiteri; all’ Acquario tocca la Barriera di Milano: il segno è collegato alla speranza, e nel territorio le molte autostrade possono essere intese come frecce che puntano verso il destino; affine ai Pesci è la Falchera, là dove vivono assembramenti di persone semplici ma autentiche. Davanti allo zodiaco ci comportiamo tutti allo stesso modo, come di fronte all’oroscopo, nessuno ci crede ma tutti lo leggiamo.
Alessia Cagnotto