Rubriche- Pagina 29

La scoperta del capitano

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IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

 

Il capitano Cook nella seconda metà del ‘700 allargò la conoscenza del mondo. 

 Arruolandosi nella Royal Navy il suo obiettivo era non soltanto quello di viaggiare «…al di là di dove chiunque è andato prima, ma fin dove è possibile per un uomo andare». 

Fu il primo ad approdare, con la nave da ricerca Endeavour, in Australia e la pubblicazione dei suoi diari, dove raccontava i propri viaggi e le loro scoperte scientifiche, gli guadagnarono una enorme popolarità.

Durante il terzo dei suoi lunghi viaggi scoprì le Isole Sandwich, ora note come Hawaii.  

Quest’ultima esplorazione finì per costargli cara: dopo essere ripartito il mare in burrasca danneggiò gravemente l’albero di prua e, costretto a tornare all’isola, fu ucciso dagli indigeni inferociti per motivi ancora oggi non completamente chiariti. 

Dagli scritti del buon capitano si legge anche di un’altra, meno letale per lui, scoperta: “L’inflazione rende i ricchi ancora più ricchi e le masse più povere”.  

Eh sì anche un uomo assai poco avvezzo alle speculazioni economiche aveva compreso come l’aumento indiscriminato dei prezzi provochi conseguenze nefaste nella distribuzione della ricchezza. 

Proviamo a riassumere brevemente i meccanismi tramite i quali si realizza questa distorsione. 

I percettori dei redditi più bassi ne spendono una larga parte in beni e servizi “essenziali” per la propria sopravvivenza (e quindi difficili da ridurre in tempi di crisi): si tratta del cibo, delle bollette e del carburante (anche se è pur vero che, almeno in parte, questo potrebbe essere sostituito da un maggiore ricorso ai mezzi pubblici).  

Si tratta proprio dei beni e servizi che hanno subito i maggiori rincari, aumentandone così l’aggravio per tutti, in valore assoluto, ma in termini relativi (in percentuale sul reddito) in particolare per i meno abbienti.  

Un altro elemento che provoca un allargamento delle distanze rispetto a coloro che hanno redditi più elevati è dato dall’utilizzo dei risparmi: quando il loro ammontare è piccolo sono spesso detenuti sui conti correnti, senza alcuna remunerazione, e perciò si deprezzano a causa dell’inflazione (l’utilizzo futuro consentirà di acquistare minori quantità di prodotti e servizi, che nel frattempo saranno stati resi più cari dall’aumento dei loro prezzi).

I maggiori patrimoni hanno, invece, la possibilità di essere investiti in forme più remunerative (seppur rischiose) che (almeno nel lungo termine) proteggono meglio dall’inflazione. 

Le argomentazioni addotte sono nel complesso convincenti anche se non trovano immediata applicazione quando l’animale dell’inflazione esce dalla sua gabbia (spaventando gli investitori). 

Può infatti accadere che, come durante l’anno passato, i timori legati ai rincari dei prezzi possano gravare pesantemente sui mercati finanziari (dove sono investiti grandi e piccoli patrimoni) provocando danni in modo molto “democratico” e risparmiando solo il valore nominale, ma non certo quello reale, delle somme mantenute liquide sui conti. 

E’ pur vero che nel lungo termine gli investimenti più rischiosi (le azioni in particolare) sono quelli che danno i migliori frutti ma occorre non farsi spaventare ed avere tanta pazienza: in caso contrario la redistribuzione della ricchezza premierà solo i più “coraggiosi”. 

E la pazienza è un po’ come il coraggio di don Abbondio: se non lo si ha non ce lo si può certo dare… 

Bisogna a questo punto ricordare che i veri e indiscussi trionfatori in tempi di inflazione sono coloro che devono ripagare i propri debiti ad un tasso fisso. 

E’ questa la situazione di chi ha sottoscritto mutui e finanziamenti ad un tasso di interesse predefinito ma è soprattutto il caso dei più grandi debitori del pianeta: gli Stati sovrani. 

La storia ci insegna che la riduzione dei più grandi debiti (come quelli contratti per finanziare i costi dei conflitti mondiali del secolo scorso) si raggiunge solo grazie ad un tasso di inflazione che sale ben al di sopra del loro costo (gli interessi da pagare) erodendone così il loro valore reale. 

Va anche detto che la tendenza ad una maggiore concentrazione della ricchezza in una minore frazione della popolazione sembra disinteressarsi dell’inflazione ed è più legata alla progressiva perdita di potere contrattuale della forza lavoro, alla “globalizzazione e alla maggiore capacità dei grandi risparmiatori di fare fruttare i propri patrimoni, anche perché le loro oscillazioni non ne mettono a rischio lo standard di vita costringendoli a disinvestire nei momenti meno propizi.

 

Rimane il fatto che l’inflazione, come ricordava Luigi Einaudi, è “la più iniqua delle tasse” ed i suoi effetti si riverberano in modo incontrollato, aumentando il senso di incertezza sul futuro e innescando fenomeni speculativi (i prezzi vengono in qualche caso aumentati anche senza una reale motivazione). 

Ecco perché dobbiamo augurarci, una volta di più, che possano presto venire meno le ragioni che ci hanno condotto a navigare in acque così agitate, prima di essere costretti a tornare, proprio come avvenne al capitano Cook, ad approdi molto scomodi e pericolosi (come ci ha insegnato l’”austerity” degli anni settanta). 

Il Piemonte nel piatto alla Casa del Barolo

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RISTORANTE ENOTAVOLA 

Contraddistinto dall’atmosfera elegante, ma allo stesso tempo informale, il ristorante Enotavola – Casa del Barolo, sito nella centralissima piazza Giambattista Bodoni – intitolata al noto tipografo autore di numerosi caratteri destinati alla stampa e da sempre teatro di vicende che hanno riguardato la storia di Torino -, dirimpetto al Conservatorio Giuseppe Verdi, è considerato uno dei migliori ristoranti tipici della zona.

 

Locale molto versatile e conveniente ad ogni tipo di occasione, propone diversi menù di degustazione adatti ad ogni tipo di palato: piemontese, pesce, anatra, tartufo nero e vegetariano, ma noi abbiamo optato per il menù alla carta per poter avere visione più ampia di ciò che la Casa del Barolo offre alla clientela.

Ricca è anche la carta dei vini, complice l’enoteca omonima sita in via Andrea Doria 7 dal 1974 con oltre 1000 etichette pregiate tra cui Amarone, Barolo, Brunello, Franciacorta, Champagne e Prosecco; noi optiamo per una scelta di piatti di terra e li abbiamo accompagnati con il Roero del 2017 della cantina Matteo Correggia – vino rosso secco, leggermente strutturato e dalle note di frutti rossi -.

Dopo un piccolo e sfizioso benvenuto dello chef che cura la cucina del ristorante, Domenico Paone, la scelta degli antipasti ricade su uno dei classici della tradizione culinaria locale, il vitello tonnato alla piemontese, e sulla patata ripiena di tartufo nero e salsa al cardo.

Proseguiamo con i raviolini del plin con burro del Monregalese su crema di raschera Dop, un inno alla Provincia Granda, e tagliolino all’uovo con ragù di vitello servito con scaglie di tartufo nero, un’accoppiata vincente e poco scontata.

Come epilogo della nostra esperienza culinaria alla Casa del Barolo, i dessert scelti sono stati il tortino al cioccolato fondente e frutti rossi con gelato al fiordilatte, accompagnato dal Barolo Chinato – vino Barolo Doc aromatizzato che si sposa con il cioccolato – e la delizia alla nocciola del Piemonte Igp con salsa allo zabaione, che può essere accompagnata da un Moscato d’Asti oppure con il Passito d’Arneis dal gusto dolce e armonico e dal profumo intenso.

Giulia De Sanctis

Via Bodoni, 7, 10123 Torino TO

Apre alle ore 19:30

 

Fresca insalata di zucchine grigliate

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Un modo diverso, semplice e veloce per gustare le zucchine. Un’insalata ricca di gusto, un piatto unico delizioso.
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Ingredienti
3 zucchine chiare
80gr. di tonno sott’olio
1 cucchiaio i capperi dissalati
1 cucchiaio di pinoli
Succo di limone, prezzemolo, menta q.b.
Sale, pepe q.b.
1 spicchio di aglio
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Lavare e tagliare sottilmente in lunghezza le zucchine. Scaldare bene la piastra di ghisa e cuocere le zucchine 3 minuti per parte. In una ciotola preparare la vinaigrette emulsionando l’olio con il sale, il pepe, il succo del limone, lo spicchio di aglio tagliato a meta’, il prezzemolo e la menta precedentemente tritati, lasciar insaporire per una mezz’ora. In una terrina mettere le zucchine grigliate, aggiungere il tonno sminuzzato, i pinoli ed i capperi, condire con la vinaigrette eliminando l’aglio, mescolare bene e servire.
 
Paperita Patty

Torino e i suoi musei. Il museo delle Antichità

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Con questa serie di articoli vorrei prendere in esame alcuni musei torinesi, approfondirne le caratteristiche e “viverne” i contenuti attraverso le testimonianze culturali di cui essi stessi sono portatori. Quello che vorrei proporre sono delle passeggiate museali attraverso le sale dei “luoghi delle Muse”, dove l’arte e la storia si raccontano al pubblico attraverso un rapporto diretto con il visitatore, il quale può a sua volta stare al gioco e perdersi in un’atmosfera di conoscenza e di piacere.

1 Museo Egizio
2 Palazzo Reale-Galleria Sabauda
3 Palazzo Madama
4 Storia di Torino-Museo Antichità
5 Museo del Cinema (Mole Antonelliana)
6 GAM
7 Castello di Rivoli
8 MAO
9 Museo Lomboso- antropologia criminale
10 Museo della Juventus

 

4 Museo delle Antichità

Scrivere questa serie di articoli ha in effetti i suoi lati positivi, perché “mi costringe” a venire spesso in centro, cosa che mi fa sempre molto piacere.
Mi trovo di nuovo a cercare la biglietteria di Palazzo Reale, supero prima la cancellata di Palagi, poi arrivo all’altezza del ragazzo musicista che molto spesso si piazza all’ombra di Palazzo Chiablese e suona magistralmente il suo “digiridù”.
Questa volta però il biglietto che compro è per visitare il piccolo e sotterraneo Museo delle Antichità, a cui si accede passando per i Giardini Reali, dalla stessa entrata che porta alla Galleria Sabauda, anche se in ultimo è necessario seguire le indicazioni che portano verso il piano di sotto.
Il Museo è un’istituzione antica, che può vantare nobili origini ed è giunto all’attuale sistemazione attraverso una lunga e spesso travagliata vicenda.
La raccolta mantiene la denominazione storica di Museo di Antichità per sottolineare la continuità di questa istituzione che risale al XVIII secolo, ma comprende raccolte formatesi già in precedenza per volere di Emanuele Filiberto di Savoia (1528-1580) e dei suoi successori.
L’esposizione si articola in tre sezioni: quella del Territorio Piemontese e quella delle Collezioni Storiche, c’è una terza sezione dedicata a Torino, antica Augusta Taurinorum, al piano seminterrato della Manica Nuova del Palazzo Reale, in collegamento diretto con l’area archeologica del Teatro romano e del gruppo episcopale paleocristiano, costituito in origine dalle chiese del Salvatore, di San Giovanni e di Santa Maria (chiese abbattute per volere di Domenico della Rovere, committente del nuovo Duomo dedicato a San Giovanni).

In epoca rinascimentale si evidenzia, da parte dei Savoia, il desiderio di eguagliare la dignità e lo splendore delle altre corti italiane ed europee. Tra le sculture antiche pervenute sono state identificate opere già appartenute alle collezioni dei Gonzaga, di Gerolamo Garimberti e di Bindo Altroviti.Dal Settecento in avanti il settore delle antichità greco-romane si accresce continuamente, a seguito dell’acquisto di cospicue raccolte private e per i ritrovamenti effettuati nei territori del Piemonte e della Sardegna.Per molti anni la storia della collezione del Museo di Antichità viaggia in parallelo con quella del Museo Egizio, fino al 1940, anno in cui la collezione di antichità e quella egizia vengono definitivamente separate. La collezione di antichità rimane al pianterreno del palazzo dell’Accademia delle Scienze fino al 1963, quando viene individuata la sede definitiva nelle Serre dei Giardini di Palazzo Reale, il cui recupero viene curato dall’architetto Caterina Fiorio. Una volta discesa mi ritrovo in una zona dalle volte a botte in cui prevale l’uso del mattone, interessante è il gioco delle luminarie, taglienti raggi di luce cadono netti sui reperti, facendoli risaltare dall’ombra quasi richiamando alla mente la tecnica pittorica caravaggesca. Sono rimasta molto colpita dalla collezione, oggetti e reperti che molto spesso passano in sordina e che anche io non avevo ancora avuto l’occasione di conoscere o di approfondire. Subito richiamano la mia attenzione due lastre marmoree lavorate a rilievo e raffiguranti delle menadi danzanti. Le donne seguono il dio Dioniso nella frenesia dell’”entusiasmo” bacchico, e sono copie fedeli dei modelli creati alla fine del V secolo a.C. dallo scultore greco Callimaco: recano i tipici attributi del corteo del dio della vite, torce, tirsi (bastoni con infiorescenze) e strumenti musicali. Vi sono nella composizione anche altre figure, come la menade che regge un cesto colmo di frutti e quella che urla scarmigliata brandendo due torce e con le braccia avvolte da serpenti, che non sono tipiche del “thiasos” dionisiaco ma rimandano all’iconografia di una portatrice di offerte o di un’Hora (stagione) oppure di una Erinni (personificazione della vendetta soprattutto nei confronti di chi colpisce la famiglia), temi comunque che si adattano a un ambito funerario. I due grandi rilievi con figure di menadi danzanti sono noti da tempo nelle collezioni sabaude, forse già verso la metà del Seicento, come dimostrano numerosi disegni e tavole incise del periodo.

Nel piccolo Museo mi muovo piano, per una volta non mi trovo ad avere paura di non riuscire a vedere tutto e mi godo ogni singolo oggetto, dai rilievi, agli esempi di “autoctona”, ai ritrovamenti musivi della Domus romana di via Bonelli 11, al grande mosaico policromo fino ai bei gioielli della cosiddetta “Dama del Lingotto”. Il cuore della collezione è tutto contenuto in teche vicine e fortemente illuminate, si tratta del “Tesoro di Marengo”. Il tesoro è costituito da un sontuoso complesso di argenti, decorati a sbalzo e in alcuni casi dorati, che originariamente dovevano costituire lamine di rivestimento di mobili e arredi di legno, oltre all’eccezionale busto-ritratto dell’imperatore Lucio Vero (161-169 d.C.), forse anticamente montato al centro di uno scudo ornamentale (clipeo), oppure esposto su un supporto in legno o innalzato sui vessilli militari dell’esercito. Gli altri elementi sono costituiti da una tabella con iscrizione votiva alla dea Fortuna Melior, un disco con i simboli dello zodiaco, cornici, fregi decorativi con motivi figurati, geometrici, floreali e un rarissimo esemplare decorato con una catasta di armi.  Notevole è anche la  fascia di rivestimento (di un altare o della base di una statua) decorata con tredici figure di divinità in altorilievo, tutte ispirate a celebri modelli statuari del mondo greco.
Credo sia un mio inconscio tentativo di rielaborazione del trauma del Liceo Classico, ma mi scopro a giocare a riconoscere i vari personaggi mitici e ricordarne le vicende.
L’insieme si distingue da altre argenterie antiche note, sia per l’assenza di vasellame da mensa, sia per la rarità del ritratto imperiale di grandi dimensioni in metallo prezioso, oltre che per la peculiarità di alcune tipologie di oggetti, come i due elementi decorativi di una spalliera laterale di letto (kline).

Quasi tutti gli elementi che compongono il Tesoro si possono datare tra la seconda metà del II secolo e i primi decenni del III secolo d.C. La scoperta avvenne casualmente nel 1928, durante i lavori agricoli condotti presso la Cascina Pederbona di Marengo (Alessandria): gli argenti furono rinvenuti in una grossa cassa di legno ancora visibile in tracce, lacerati, schiacciati e deformati per essere più facilmente trasportati, forse a seguito di un saccheggio avvenuto in antico.
La mancanza di precisi confronti, l’assenza di dati circa la giacitura originaria e la dispersione di parte dei reperti dopo la scoperta rendono problematica l’interpretazione del ritrovamento: forse gli argenti furono saccheggiati in un sacello privato o forse in un santuario pubblico dedicato all’Imperatore oppure a un culto solare tra il III e l’inizio del V secolo d.C. Occultato in un luogo isolato e ritenuto sicuro, con l’intendimento di recuperare i beni per la loro rifusione, non fu poi più recuperato. Apprezzo davvero le dimensioni ridotte dell’esposizione, perché prima di “tornare a riveder le stelle” posso soffermarmi sui reperti che più mi hanno incuriosito, in questo caso il gusto femminile prevale e mi ritrovo a guardare nuovamente i preziosi gioielli longobardi che sfavillano all’interno della teca. Costituiscono l’eccezionale corredo funebre della “Dama del Lingotto” una coppia di orecchini in oro del tipo “a cestello”, con lunghi pendenti mobili e gocce di ametista, una collana a catena con maglie d’oro, una raffinata spilla (“fibula”) circolare a cloisonné con granati del tipo almandino e paste vitree colorate.
In effetti sì, devo ammettere che quelle preziosità antiche incontrano proprio i miei gusti: non c’è che dire, la vanità è donna.

Alessia Cagnotto

Le foto “mondiali” di Palazzo Barolo

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La lettrice Alessandra Macario ci propone alcune foto degli interni dello splendido Palazzo Barolo e alcuni scatti delle fotografie  esposte, facenti parte della mostra World Press Photo 2023 (la più importante mostra al mondo di fotogiornalismo)

“Una fetta di sorriso”, Cristiano Bussola racconta la leggenda di Antenna 3

SPETTACOLI   Il libro “Una fetta di sorriso” scritto dal giornalista casalese Cristiano Bussola, pubblicato da Paola Caramella Edizioni, verrà presentato domenica 12 marzo alle 11,30 nella sala eventi della Mostra di San Giuseppe a Casale.

 

Nel volume è raccontata la leggendaria avventura di Antenna 3 Lombardia (e del suo fondatore l’indimenticato Renzo Villa) che negli Anni ’70 cambiò il modo di fare televisione in Italia. Una stazione televisiva molto seguita anche nel Casalese e nel Vercellese, dove giungeva forte e chiaro il segnale del canale 52 Uhf. Alla presentazione oltre all’autore interverranno il conduttore Ettore Andenna la moglie del fondatore di Antennatre, Wally Villa e altri artisti protagonisti dell’epoca che verranno resi noti via via. A moderare l’incontro ci sarà Luigi Angelino, noto ed apprezzato giornalista de ‘Il Monferrato’. La storia dell’ emittente lombarda creata da Renzo Villa ed Enzo Tortora si intreccia con il Piemonte: dalle origini di Tele Biella (nel libro è intervistato il fondatore Peppo Sacchi) a Grp che ripeteva a Torino il segnale di Antennatre, agli spot del mobilificio Aiazzone che cambiarono il mondo della pubblicità.

Cristiano Bussola

E il noto conduttore Ettore Andenna è ormai da tempo cittadino monferrino di Moncalvo. Nel volume sono raccolte oltre 40 interviste ad altrettanti personaggi la cui storia è intrecciata a quella dell’emittente. Tra loro anche uomini e donne dello spettacolo e del mondo della televisione come Massimo Boldi, Donatella Rettore, Johnson Righeira, Armando Celso, Ettore Andenna, Maurizio Bossi, Enrico Musiani, Memo Remigi, Wilma De Angelis, Enrico Beruschi. La presentazione casalese sarà la prima assoluta di un testo che ha già raccolto diverse recensioni favorevoli dai media della vicina Lombardia.