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Urbani… il ristorante fatato a Torino

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Scopri – TO  Itinerari e sorprese alla scoperta di Torino

ECCELLENZA TORINESE E … ITALIANA
Entrare da Urbani a Torino non è come entrare in un ristorante qualsiasi, perché il  locale è “un luogo incantato”, come nelle più belle fiabe Disney; le pareti sono adornate da grandi alberi, fiori, fatine, animaletti, macchinine, un mondo dei balocchi affascinante dove sedersi per degustare un ottimo pranzo o una cena lascia esterrefatti grandi e piccini.
Paolo Urbani, nipote di Vittorio, storico titolare che aprì il ristorante nel 1930, ci racconta di quanta passione mise la sua famiglia negli anni per creare quello che oggi è uno dei locali più rinomati di Torino.Alla guida del ristorante troviamo la zia di Paolo, Emanuela Urbani che con grinta e determinazione porta avanti storiche tradizioni.
Tra i piatti principali del locale troviamo piatti tipici e selezionati delle regioni italiane. Tra gli antipasti, i celebri “Antipasti Urbani” con varie degustazioni tra cui l’insalata russa, il parmigiano, i salumi, il vitello tonnato, il tris di antipasti piemontesi, l’albese e gli affettati misti, accompagnati, in alcune occasioni, dall’offerta di una degustazione delle loro particolari pizze. Tra i primi più apprezzati del locale troviamo gli agnolotti al sugo d’arrosto, gli spaghetti alla pugliese, le tagliatelle ai funghi e molti altri che variano in base alle materie prime di stagione. Tra i secondi la loro popolare “Grissinopoli”, una bistecca alla milanese impanata con i tipici grissini piemontesi i Rubatà, poi, l’immancabile brasato al barolo e in alcuni periodi i funghi fritti, immancabile il pesce fresco cucinato al momento e i sorbetti di frutta.
Durante i diversi periodi dell’anno variano non solo i piatti proposti, ma anche l’ambiente e l’arredamento, ad esempio, durante il periodo natalizio, le varie stanze si arricchiscono di luci e particolari addobbi natalizi che rendono il locale ancora più particolare.
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URBANI HA ACCOLTO STAR INTERNAZIONALI
Paolo Urbani ci racconta con orgoglio che  il loro locale era ed è spesso frequentato da molti personaggi pubblici e famosi come, ad esempio, Sandro Pertini, Maria Callas, Walter Chiari, Renato Zero, Paolo Bonolis, tennisti, cantanti e star internazionali come Naomi Campbell,  molti anche i calciatori, tra cui gli indimenticabili, Diego Maradona, Gianluca Vialli che portava sempre con se le sue maglie da regalare  e Zlatan Ibrahimovic che in particolare adora e finisce sempre la forma di parmigiano.
Un simpatico aneddoto che ricorda Paolo Urbani è che spesso erano queste celebrità che chiedevano la foto con il nonno Vittorio e non viceversa, questo a testimonianza di quanto Urbani fosse ed è tutt’ora un’istituzione per Torino.
Alle origini il locale essendo molto vicino alla stazione, oltre a preparare i classici pranzi e cene, preparava anche dei veri i propri “baracchini” (“portavivande” in piemontese) per i viaggiatori così da potersi portare le leccornie in viaggio. Oggi in parte è ancora possibile con l’asporto.
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LA FELICITA’ DEL CLIENTE AL PRIMO POSTO
Ubrani fu il primo ristorante in Italia a rimanere aperto la sera fino a tardi, la loro formula è la stessa dal 1930, Emanuela Urbani ci racconta infatti che se il cliente viene al ristorante è perché ha appetito ed è quindi giusto accoglierlo nei sui tempi, con antipasti, primi e secondi abbondanti e di qualità, perché andare da Ubrani deve essere sempre una grande festa.
Il locale ha sempre portato avanti una ricetta storica, “i rigatoni al brucio” con pomodoro, aglio, basilico, peperoncino e un ingrediente segreto che conservanoormai da generazioni.
Paolo Urbani prevede per i prossimi dieci anni un ristorante ancora più all’avanguardia mantenendo sempre questo stile particolare che lo contraddistingue e tutte le tradizioni di famiglia come quella di accertarsi che il cliente sia davvero soddisfatto ogni qual volta che termina il pasto. In futuro potrebbero anche esserci serate particolari di musica dal vivo dato il talento canoro proprio di Paolo.
Nonostante Torino abbia una clientela molto raffinata Paolo ci dice di essere riuscito a superare l’impossibile, quando una sera, una cliente gli chiese espressamente una carbonara senza uovo! La cucina non si perse d’animo e con assoluta gentilezza accontentò la cliente decisamente soddisfatta.
Il locale è indubbiamente adatto sia alle  famiglie con bambini per l’ampio spazio e l’arredamento fiabesco sia alle coppie per il suo lato romantico e le sue luci calde, ma anche per incontri di lavoro proprio perché in grado di accontentare ogni tipo di palato da quello più raffinato e ricercato a quello più rapido e concreto. Non resta che “provare per credere”.
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NOEMI GARIANO

 

 

 

 

Ecco la video intervista ↘️

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50 sfumature di Torino

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Scopri – To  ALLA SCOPERTA DI TORINO 
Sua maestà il rosa, colore considerato simbolo di femminilità, trasmette sicurezza, dolcezza e protezione e fa da filo conduttore per numerose esperienze tutte piemontesi.
Interamente rosato è il locale “Roses E Tea”, entrando le pareti sono adornate da grandi rose color rosa con decorazioni dorate che conferiscono all’ambiente armonia e tranquillità, adatto sia per le coppie che per i gruppi, ma anche per bere una tisana in compagnia solo di se stessi.
Nel menù troviamo un’ampia scelta di torte tutte diverse, da quelle più leggere per la colazione a quelle con la panna tipiche dei pomeriggi invernali numerose varianti di cupcakes al cioccolato, alla frutta, alle creme, muffin, biscotti di ogni genere tra cui paste di meliga, baci di dama, pancake per chi è attento alla forma fisica e molto altro. Oltre al dolce vengono proposti numerosi piatti salati a base di salmone, avocado, tutto servito su piatti di ceramica rigorosamente rosati e floreali. Nel menù un’ampia offerta anche di tisane e bevande sia calde che fredde, a base di latte classico o vegetale, servite in grandi teiere dello stesso colore dei piatti.
Roses E Tea non è l’unico locale torinese tinto di rosa, in via XX Settembre troviamo il ristorante “La Pergola Rosa” anch’esso tutto rosato con dei tocchi di marrone che bilanciano perfettamente un colore così delicato. Il menù è tipico piemontese con i plin, le tagliate di fassone, le costolette di agnello, il Montebianco e i cremini torinesi.
Un’altra nota esperienza”rosa” di Torino è la maratona “Just the woman i am”, l’evento nasce a Torino nel 2014 e prevede una corsa-camminata aperta a tutti organ8zzata per raccogliere fondi destinati alla ricerca universitaria sul cancro; si svolge ogni anno nel periodo della festa della Donna, in questi giorni esiste anche la possibilità di effettuare viste di prevenzione e webinar gratuiti per rendere le persone sempre più informate sulla salute. Nel 2024 la manifestazione ha già raggiunto oltre 28.800 donazioni battendo il record di tutte le edizioni edizioni precedenti.
TORINO E IL ROSSO
Un altro colore tipico della città sabauda è “il rosso”, questo colore fa aumentare il battito cardiaco in chi lo osserva, l’aumento del battito cardiaco può essere tradotto dal nostro cervello come eccitazione o come voglia di fuggire, è quindi molto rischioso colorare intere pareti dei locali di color rosso, ma ci sono luoghi che se lo possono permettere perché hanno saputo fare di quel colore il loro punto distintivo. Tra di essi la “Caffetteria Clarissa” di Via Po a due passi dalla Gran Madre. La caffetteria ha un’ampia vetrina spesso decorata a tema stagionale con all’interno numerose torte appena sfornate. Entrando il locale è tutto rosso e bianco, adatto per l’inverno perché dà l’idea di calore e ricorda il Natale, in ogni angolo piccole lucine danno all’ambiente un tocco fatato. Un ampio tavolo vetrato accoglie i golosi con pasticcini e biscotti fragranti, anche senza zucchero, per chi è più attento alla linea. Al piano inferiore ci sono 3 ambienti tutti diversi ma sempre tutti rossi e bianchi, le pareti e i tavoli sono adornati da cuori e lo stesso menù è scritto in un grosso cuore di cartoncino. Clarissa, il nome del locale ma anche della proprietaria che ci racconta che ogni torta nasce con cura e passione. Tra i dolci troviamo la torta con la pasta frolla, la crema pasticcera e le fragole fresche, la meringata, la torta al cioccolato e pere o la morbida cioccolato amaretti e pesche. Tutte da abbinare con tisane profumate. Clarissa ha scelto il colore rosso per le pareti del locale per l’amore che trasmette ed effettivamente numerosissimi sono i clienti che frequentano questo locale non solo per la qualità è la bontà dei prodotti ma anche per la location così particolare e le calde sensazioni che si percepiscono.
TORINO E IL VERDE
Un altro  colore molto particolare per un locale è “il verde”, questo colore trasmette fiducia e aiuta ad aumentare la concentrazione, molto adatto quindi nei luoghi di lavoro o nelle stanze dove si studia. Tutto ciò che richiama il verde e la natura ha sul corpo umano questo effetto, anche guardare un prato o degli alberi fuori dalla finestra. Tra i locali che scelgono questo colore c’è “Avocuddle Cafè” che si trova nella Galleria Umberto I° vicino a Porta Palazzo. Il locale ideato da Giorgia e Luca, due giovani ragazzi appassionati di viaggi e cibo ha la parete più ampia interamente disegnata con foglie di avocado verde smeraldo e lucine colorate, nelle pareti adiacenti molti altri elementi tutti riconducibili alla natura come fiori, vasi o mensole in legno, quest’ultimo un materiale che fa provare apertura e calore in chi lo guarda, molto adatto quindi per qualunque locale di socialità, tipico infatti delle baite di montagna.
Altro locale in tema verde natura è “Share Word” in Piazza Santa Giulia, una piccola caffetteria con piante, alberi e disegni floreali che ricordano un bosco fatato.
Torino ha tantissimi altri locali colorati, ognuno con la sua storia, ogni colore trasmette alla persona che lo guarda determinate sensazioni, proprio come i vestiti… ma questa è un’altra storia.
NOEMI GARIANO

“Tre galline”: le origini della tradizione gastronomica piemontese

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Facile parlare di tradizione gastronomica, un po’ meno trovarla effettivamente nei piatti. Soprattutto in una città come Torino dove, in mezzo a trattorie storiche e bistrot di nuovo insediamento, non si capisce dove trovarla davvero questa tradizione: per lo meno, quella generalmente considerata tale, soprattutto da cuochi e chef. 

Nella zona del quadrilatero romano in particolare, alle spalle di Porta Palazzo,  i ristoranti e i locali storici sono riusciti a mantenere – soprattutto dopo il restyling urbano – quella forma di identità culturale nella proposta culinaria dei piatti più rappresentativi di Torino e del Piemonte in genere: il ristorante ” Tre galline” ne è un valido ( e storico) esempio. È uno tra i primi ristoranti della città e alcuni romanzi del settecento narrano già dell’esistenza di una locanda denominata Tre Galline.

L’attuale gestione, dopo la ristrutturazione a cura degli architetti Gabetti, Isola, Fusari e Paglieri, ha intrapreso dal 1991 il cammino che l’ha portata oggi ad ottenere diffusi consensi della critica gastronomica e del pubblico.

Sin dall’ingresso, pare di addentrarsi nelle vecchie case dei contadini piemontesi, intenti a mettere nei piatti tutte le ricette tramandate dalle varie generazioni di nonne e mamme, dai più famosi antipasti ai dolci che più riconosciuti e apprezzati.

La cucina del Ristorante Tre Galline si può denominare cucina torinese neoclassica. Lo chef esecutivo Andrea Chiuni e lo chef di cucina Luigi Rosato , interpretano creativamente le ricette del territorio senza concedere mai nulla alla spettacolaritá o all’imitazione, mantenendo come obiettivo finale lo spirito accogliente, elegante e conviviale della ristorazione torinese. Una cucina fortemente legata al territorio da cui non riceve soltanto le materie prime, ma anche la storia e il significato gastronomico.

Le Tre Galline propongono da circa 500 anni la cucina di Torino cercando di coniugare in maniera creativa la memoria, gli ingredienti, le tecniche, ma anche una visione culinaria più all’avanguardia: ingredienti di stagione, ricette storiche, condimenti e cotture vengono reinterpretati dagli chef.

Gli arredamenti sono tipici di quello che non definirei propriamente ristorante, ma un ritrovo goloso dove assaporare ( scoprire o riscoprire) una serie di gusti originari trasportate nella modernità, rivivendo – sorso dopo sorso e boccone dopo boccone – le atmosfere delle cascine: il tutto,  facendosi coccolare la vista da un arredamento in legno e travi a vista, davvero originali e quasi più introvabili in zona.

Famoso è il loro carrello dei formaggi delle valli piemontesi : bontà che si percepisce anche solo a guardarli. Magistrale il loro famoso carrello dei bolliti : questa è una specialità da vivere e degustare soprattutto nel periodo autunnale e invernale, quasi sempre disponibile ( per la reperibilità di alcuni ingredienti, è sempre meglio chiamare e prenotare). Chicca davvero da riscoprire è il loro vitello tonnato ” alla loro maniera” : la ricetta viene rispettata in tutte le sue componenti, ma con un tocco personale e più innovativo, rende l’esperienza gastronomica al gusto di Torino, ancora più coinvolgente e privilegiata.

Che dite quindi, ” Fuma che ‘nduma”?

CHIARA VANNINI

 

Ristorante ” Le Tre Galline” 

V.Bellezia 37 

Tel. 011  436 6553

info@3galline.it

Mariolino e la guida dell’uomo col cappello

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Da qualche anno possiedo una barca. E’ la Lampreda, cedutami a poco prezzo dal vecchio Lino Sgambarolli, costretto a buttar l’ancora sulla terraferma a causa dei reumatismi e della sciatica che l’hanno piegato in due.

La “sua” Lampreda era la terza di una serie. Diventata mia, riverniciata di bianco e d’azzurro, si è guadagnata il titolo di quarta. Lino mi aveva lasciato piena libertà. “Il nome deve essere quello che più ti piace. Non c’è l’obbligo di tener lo stesso e lo puoi cambiare, tanto lei – che la si chiami per nome o no –  volterà la prua dove decidi tu, manovrando il timone o il colpo di remi. Ma se ti garba chiamarla come l’ho chiamata io, fai una cosa: ribattezzala “quarta”, così la storia va avanti”. Mi raccontò che prima di lei c’erano state altre due Lamprede. La prima, messa in acqua, sul finire degli anni trenta s’inabissò nell’agosto del 1944 davanti alla Punta di Crabbia, dov’era ormeggiata. Un aereo tedesco, volando sul lago in appoggio a un rastrellamento contro i partigiani del Mottarone, tanto per sfogare la sua rabbia impotente visto che i partigiani se ne stavano nascosti nei boschi, la  colpì a morte con una raffica di mitraglia , sventrandole entrambe le fiancate. La seconda barca era stata bagnata nel maggio del 1947, dopo quasi tre anni durante i quali Lino fu costretto ad una lontananza forzata dal lago, minatore prima e scalpellino poi in terra di Francia, dalle parti di Lione. I magri guadagni lasciavano ben poco alla speranza di metter qualcosa da parte ma quei quattro franchi in croce e qualche lira racimolata vendendo un boschetto di castagni dalle parti di Brolo gli bastarono per l’acquisto di una modesta ma robusta lancia da lago. Per trent’anni Lino e la sua barca hanno attraversato in lungo e in largo il Cusio, pescando in ogni dove, con ogni tempo e in tutte le stagioni dell’anno. Fatto salvi, ovviamente, i periodi di ferma. Dalle rive lo salutavano, nei mercati si vendevano i suoi pesci ( almeno finché l’ammoniaca, il cromo e gli altri veleni non trasformarono, a poco a poco, l’acqua in aceto), nelle osterie capitava di ascoltare le sue storie al modico prezzo di un quartino di barbera del Monferrato. A metà degli anni ’80, una massiccia immissione di carbonato di calcio,  riportò l’acqua ad un valore accettabile di acidità. Quella grande pastigliona di bicarbonato fece digerire il lago, tanto che i pesci – dopo tanto boccheggiare – tornarono a respirare e Lino si rimise a pescarli con la sua Lampreda ( la seconda, appunto). Giunta alle soglie del pensionamento forzoso, dopo più di trent’anni di onesta navigazione, figli e nipoti gli fecero una grande sorpresa, regalandogli un gioiello di barca, uscita fresca, fresca  dai cantieri navali di Solcio, sul lago Maggiore. La forma aguzza, slanciata; il fasciame di legno liscio e brillante, gli scalmi d’acciaio inossidabile, lucidi come i pomelli della stufa dell’osteria dove andava a far bisboccia. Un bijoux che si è goduto per poco. Lino è stato un gran vogatore che solo negli ultimi anni si è arreso al motore. Io non ho la sua tempra e seppur non disdegnando d’infilare i remi negli scalmi e darci dentro a bracciate regolari, uso frequentemente il motore. Al calare della sera, tiro in secca la barca nei pressi dell’ex Canottieri, dalle parti dell’Ospedale della Madonna del Popolo. A volte la ricovero da Mariolino, alla Bagnera di Orta. Una soluzione abbastanza comoda, dato che possiede uno sgabbiotto, chiuso con catena e lucchetto, dove si possono ritirare remi e motore. A far la guardia c’è Lupo, il cane di Mariolino: un bastardino bianco e nero che tira fuori i denti e ringhia proprio come un lupo quando s’avvicina un estraneo. “ Il tuo motore è come in banca, lì dentro”, rassicura Mariolino. Non ne dubito affatto. Lupo  esegue l’incarico come un mastino. E se il suo padrone gli dice di star di sentinella ( proprio così..”di sentinella” ) si può scommettere che lui ci mette una grinta sufficiente a scoraggiare i malintenzionati. Mariolino è fortunato ad avere, come “migliore amico dell’uomo” quel cagnetto. Sono sempre insieme, anche quando Mariolino guida la sua vecchia NSU Prinz. Lupo guarda fuori dal finestrino laterale, ringhia alle auto, abbaia alle luci colorate del semaforo, scodinzola quando si passa davanti all’osteria dove la signora Maria spesso gli “allunga” un cartoccio d’avanzi. Il problema è che  Mariolino, con la sua guida da “uomo col cappello”,  fa venire i brividi gelati lungo la schiena. Avete presente quella categoria di automobilisti che, con il loro stile di guida, fanno dannare l’anima? Se si ha la sventura di incontrarne uno così, magari su una strada stretta e tutta curve, o – peggio – essere costretti a stargli dietro mentre arranca sui tornanti, non ci sarà alcun bisogno di usare la tenaglia per strapparvi dalla gola il peggior campionario di accidenti, riversandoglielo addosso. Perché quando si mette al volante un “uomo col cappello” sono guai seri. Non superano mai i trenta all’ora, viaggiano a centro strada, frenano in continuazione, pigiano continuamente il clacson. Impermeabili a tutto: impettiti, con gli avambracci tesi e le mani intente a strangolare il volante. In più, come un distintivo, l’immancabile copricapo ben calcato sulla nuca. In casi come questi il vero malcapitato sei tu, povero diavolo, costretto a guidare a passo d’uomo, alternando il piede da un pedale all’altro: acceleratore ,freno, frizione. Cambio. Freno, acceleratore. Attento a non tamponarlo,  roso dall’indecisione sull’eventuale sorpasso. Manovra, quest’ultima, caldamente sconsigliata: l’uomo col cappello può decidere di svoltare da un momento all’altro, senza preavviso e, dunque, senza mettere la freccia. L’assoluta certezza che lo anima è proporzionale all’incapacità che manifesta impugnando il volante. Dunque, mai sottovalutare chi guida con il cappello. Non conviene contraddirlo. Non mettetegli fretta, armatevi di pazienza e fatevene una ragione. Ecco, Mariolino è uno di questi. L’ esatto contrario del mito futurista della velocità. Più lento della lentezza ma senza alternativa: prendere o lasciare. Si vede proprio che chi nasce uomo d’acqua fa fatica a muoversi con quattro ruote sulla terraferma.

Marco Travaglini

Croccante di nocciole e mandorle, la ricetta della Cuoca Insolita

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Rubrica a cura de La Cuoca Insolita 

Chi non ha sentito, almeno una volta, quel profumo di nocciole e mandorle tostate passando vicino a uno di quei chioschetti colorati del Luna Park? Di questi tempi certamente non è possibile ritrovarlo andando in giro e anche la Befana quest’anno dovrà darsi parecchio da fare per trovare i suoi dolcetti. La cosa positiva è che questo croccante di frutta secca si può fare molto facilmente anche in casa, con pochissimo lavoro! È incredibile il profumo che si diffonderà piacevolmente durante la preparazione. Da far tornare bambini (e in questo periodo, tutto sommato, non è poi così male). Perfetto anche per la calza della Befana, i piccoli lo adoreranno, anche come merenda da portare a scuola. Dolcissimo ma senza zucchero: vediamo come è possibile e quali sono i vantaggi.

Tempi: Preparazione (10 min); Cottura (20 min)

Attrezzatura necessaria: Teglia da forno, carta da forno, contenitore da 25 cm diam., robot da cucina tritatutto.

ingredienti croccanteCroccante, gli ingredienti per 4 persone:

  • Fiocchi integrali d’avena biologici (o riso soffiato per versione senza glutine) – 50 g
  • Malto di riso (o sciroppo di riso per versione senza glutine) – 60 g
  • Mandorle spelate – 35 g
  • Nocciole – 35 g

Difficoltà (da 1 a 3): 1

Costo totale: 2,35 €

Perché vi consiglio questa ricetta?

  • Valori nutrizionali: rispetto alle barrette di frutta secca e cereali che si trovano in commercio, con la ricetta della Cuoca Insolita si ha il 20% in meno di calorie e il 30% in meno di grassi.
  • La frutta secca fornisce il giusto apporto di proteine vegetali, fibre, vitamine e acidi grassi Omega 3. È un ottimo alleato del sistema immunitario.
  • Le mandorle in particolare fanno molto bene alla crescita delle ossa: sapete che circa 10 g di mandorle hanno la stessa quantità di calcio di mezzo bicchiere di latte?
  • Usando il malto di riso (o lo sciroppo di riso nella versione senza glutine), al posto dello zucchero, si ha il 50% di zuccheri semplici in meno. Buona cosa per ridurre i picchi di glicemia che poi scatenano una fame da lupi dopo un paio d’ore dal pasto (bambini compresi).
  • I fiocchi d’avena assicurano una buona quantità di fibre. In caso di problemi con il glutine, sostituirlo con il riso soffiato.

Come preparare il croccante di mandorle e nocciole

FASE 1: PREPARAZIONE DELLA MISCELA

Tritate molto grossolanamente le mandorle e le nocciole insieme, usando un robot da cucina a lama. Se non avete un robot potete anche usare tagliere e coltello, ma ci vorrà più tempo. Versatele nel contenitore insieme ai fiocchi d’avena e al malto di riso. Mescolate tutto con un cucchiaio. Il risultato è una miscela molto appiccicosa: tutto ok, è così che dev’essere!

FASE 2: LA COTTURA

Accendete il forno a 160-170° C e aspettate che sia caldo. Intanto stendete sulla teglia da forno la carta da forno. Ponete al centro l’impasto colloso e cercate di stenderlo con l’aiuto di un cucchiaio o di un mattarello sopra alla carta da forno. Lo strato deve essere sottile (circa 7-8 mm, non di più). Create già prima della cottura le tracce delle barrette che vorrete ottenere, in modo che i pezzi tagliati successivamente abbiano una forma un po’ regolare.

Cuocete il croccante per 20 minuti circa e poi estraete dal forno. A fine cottura l’impasto sarà ancora un po’ molle (diventerà croccante e non appiccicoso solo dopo essersi raffreddato completamente).

Come conservarlo

Il croccante può restare fuori frigo per anche una settimana, in un contenitore chiuso. Se per caso dopo qualche giorno notate che ha perso un po’ di croccantezza, vi basterà rimetterlo in forno per 5 minuti a 170° C. Una volta raffreddato tornerà perfetto!

croccante alle noccioleChi è La Cuoca Insolita

La Cuoca Insolita (Elsa Panini) è nata e vive a Torino. E’ biologa, esperta in Igiene e Sicurezza Alimentare per la ristorazione, in cucina da sempre per passione. Qualche anno fa ha scoperto di avere il diabete insulino-dipendente e ha dovuto cambiare il suo modo di mangiare. Sentendo il desiderio di aiutare chi, come lei, vuole modificare qualche abitudine a tavola, ha creato un blog e organizza corsi di cucina. Il punto fermo è sempre questo: regalare la gioia di mangiare con gusto, anche quando si cerca qualcosa di più sano, si vuole perdere peso, tenere a bada glicemia e colesterolo alto o in caso di intolleranze o allergie alimentari.

Tante ricette sono pensate anche per i bambini (perché non sono buone solo le merende succulente delle pubblicità). Restando lontano dalle mode del momento e dagli estremismi, sceglie prodotti di stagione e ingredienti poco lavorati (a volte un po’ “insoliti”) che abbiano meno controindicazioni rispetto a quelli impiegati nella cucina tradizionale. Usa solo attrezzature normalmente a disposizione in tutte le case, per essere alla portata di tutti.

Qui trovate il calendario corsi di cucina ed eventi con La Cuoca Insolita.