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Urbani… il ristorante fatato a Torino

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Scopri – TO  Itinerari e sorprese alla scoperta di Torino

ECCELLENZA TORINESE E … ITALIANA
Entrare da Urbani a Torino non è come entrare in un ristorante qualsiasi, perché il  locale è “un luogo incantato”, come nelle più belle fiabe Disney; le pareti sono adornate da grandi alberi, fiori, fatine, animaletti, macchinine, un mondo dei balocchi affascinante dove sedersi per degustare un ottimo pranzo o una cena lascia esterrefatti grandi e piccini.
Paolo Urbani, nipote di Vittorio, storico titolare che aprì il ristorante nel 1930, ci racconta di quanta passione mise la sua famiglia negli anni per creare quello che oggi è uno dei locali più rinomati di Torino.Alla guida del ristorante troviamo la zia di Paolo, Emanuela Urbani che con grinta e determinazione porta avanti storiche tradizioni.
Tra i piatti principali del locale troviamo piatti tipici e selezionati delle regioni italiane. Tra gli antipasti, i celebri “Antipasti Urbani” con varie degustazioni tra cui l’insalata russa, il parmigiano, i salumi, il vitello tonnato, il tris di antipasti piemontesi, l’albese e gli affettati misti, accompagnati, in alcune occasioni, dall’offerta di una degustazione delle loro particolari pizze. Tra i primi più apprezzati del locale troviamo gli agnolotti al sugo d’arrosto, gli spaghetti alla pugliese, le tagliatelle ai funghi e molti altri che variano in base alle materie prime di stagione. Tra i secondi la loro popolare “Grissinopoli”, una bistecca alla milanese impanata con i tipici grissini piemontesi i Rubatà, poi, l’immancabile brasato al barolo e in alcuni periodi i funghi fritti, immancabile il pesce fresco cucinato al momento e i sorbetti di frutta.
Durante i diversi periodi dell’anno variano non solo i piatti proposti, ma anche l’ambiente e l’arredamento, ad esempio, durante il periodo natalizio, le varie stanze si arricchiscono di luci e particolari addobbi natalizi che rendono il locale ancora più particolare.
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URBANI HA ACCOLTO STAR INTERNAZIONALI
Paolo Urbani ci racconta con orgoglio che  il loro locale era ed è spesso frequentato da molti personaggi pubblici e famosi come, ad esempio, Sandro Pertini, Maria Callas, Walter Chiari, Renato Zero, Paolo Bonolis, tennisti, cantanti e star internazionali come Naomi Campbell,  molti anche i calciatori, tra cui gli indimenticabili, Diego Maradona, Gianluca Vialli che portava sempre con se le sue maglie da regalare  e Zlatan Ibrahimovic che in particolare adora e finisce sempre la forma di parmigiano.
Un simpatico aneddoto che ricorda Paolo Urbani è che spesso erano queste celebrità che chiedevano la foto con il nonno Vittorio e non viceversa, questo a testimonianza di quanto Urbani fosse ed è tutt’ora un’istituzione per Torino.
Alle origini il locale essendo molto vicino alla stazione, oltre a preparare i classici pranzi e cene, preparava anche dei veri i propri “baracchini” (“portavivande” in piemontese) per i viaggiatori così da potersi portare le leccornie in viaggio. Oggi in parte è ancora possibile con l’asporto.
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LA FELICITA’ DEL CLIENTE AL PRIMO POSTO
Ubrani fu il primo ristorante in Italia a rimanere aperto la sera fino a tardi, la loro formula è la stessa dal 1930, Emanuela Urbani ci racconta infatti che se il cliente viene al ristorante è perché ha appetito ed è quindi giusto accoglierlo nei sui tempi, con antipasti, primi e secondi abbondanti e di qualità, perché andare da Ubrani deve essere sempre una grande festa.
Il locale ha sempre portato avanti una ricetta storica, “i rigatoni al brucio” con pomodoro, aglio, basilico, peperoncino e un ingrediente segreto che conservanoormai da generazioni.
Paolo Urbani prevede per i prossimi dieci anni un ristorante ancora più all’avanguardia mantenendo sempre questo stile particolare che lo contraddistingue e tutte le tradizioni di famiglia come quella di accertarsi che il cliente sia davvero soddisfatto ogni qual volta che termina il pasto. In futuro potrebbero anche esserci serate particolari di musica dal vivo dato il talento canoro proprio di Paolo.
Nonostante Torino abbia una clientela molto raffinata Paolo ci dice di essere riuscito a superare l’impossibile, quando una sera, una cliente gli chiese espressamente una carbonara senza uovo! La cucina non si perse d’animo e con assoluta gentilezza accontentò la cliente decisamente soddisfatta.
Il locale è indubbiamente adatto sia alle  famiglie con bambini per l’ampio spazio e l’arredamento fiabesco sia alle coppie per il suo lato romantico e le sue luci calde, ma anche per incontri di lavoro proprio perché in grado di accontentare ogni tipo di palato da quello più raffinato e ricercato a quello più rapido e concreto. Non resta che “provare per credere”.
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NOEMI GARIANO

 

 

 

 

Ecco la video intervista ↘️

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50 sfumature di Torino

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Scopri – To  ALLA SCOPERTA DI TORINO 
Sua maestà il rosa, colore considerato simbolo di femminilità, trasmette sicurezza, dolcezza e protezione e fa da filo conduttore per numerose esperienze tutte piemontesi.
Interamente rosato è il locale “Roses E Tea”, entrando le pareti sono adornate da grandi rose color rosa con decorazioni dorate che conferiscono all’ambiente armonia e tranquillità, adatto sia per le coppie che per i gruppi, ma anche per bere una tisana in compagnia solo di se stessi.
Nel menù troviamo un’ampia scelta di torte tutte diverse, da quelle più leggere per la colazione a quelle con la panna tipiche dei pomeriggi invernali numerose varianti di cupcakes al cioccolato, alla frutta, alle creme, muffin, biscotti di ogni genere tra cui paste di meliga, baci di dama, pancake per chi è attento alla forma fisica e molto altro. Oltre al dolce vengono proposti numerosi piatti salati a base di salmone, avocado, tutto servito su piatti di ceramica rigorosamente rosati e floreali. Nel menù un’ampia offerta anche di tisane e bevande sia calde che fredde, a base di latte classico o vegetale, servite in grandi teiere dello stesso colore dei piatti.
Roses E Tea non è l’unico locale torinese tinto di rosa, in via XX Settembre troviamo il ristorante “La Pergola Rosa” anch’esso tutto rosato con dei tocchi di marrone che bilanciano perfettamente un colore così delicato. Il menù è tipico piemontese con i plin, le tagliate di fassone, le costolette di agnello, il Montebianco e i cremini torinesi.
Un’altra nota esperienza”rosa” di Torino è la maratona “Just the woman i am”, l’evento nasce a Torino nel 2014 e prevede una corsa-camminata aperta a tutti organ8zzata per raccogliere fondi destinati alla ricerca universitaria sul cancro; si svolge ogni anno nel periodo della festa della Donna, in questi giorni esiste anche la possibilità di effettuare viste di prevenzione e webinar gratuiti per rendere le persone sempre più informate sulla salute. Nel 2024 la manifestazione ha già raggiunto oltre 28.800 donazioni battendo il record di tutte le edizioni edizioni precedenti.
TORINO E IL ROSSO
Un altro colore tipico della città sabauda è “il rosso”, questo colore fa aumentare il battito cardiaco in chi lo osserva, l’aumento del battito cardiaco può essere tradotto dal nostro cervello come eccitazione o come voglia di fuggire, è quindi molto rischioso colorare intere pareti dei locali di color rosso, ma ci sono luoghi che se lo possono permettere perché hanno saputo fare di quel colore il loro punto distintivo. Tra di essi la “Caffetteria Clarissa” di Via Po a due passi dalla Gran Madre. La caffetteria ha un’ampia vetrina spesso decorata a tema stagionale con all’interno numerose torte appena sfornate. Entrando il locale è tutto rosso e bianco, adatto per l’inverno perché dà l’idea di calore e ricorda il Natale, in ogni angolo piccole lucine danno all’ambiente un tocco fatato. Un ampio tavolo vetrato accoglie i golosi con pasticcini e biscotti fragranti, anche senza zucchero, per chi è più attento alla linea. Al piano inferiore ci sono 3 ambienti tutti diversi ma sempre tutti rossi e bianchi, le pareti e i tavoli sono adornati da cuori e lo stesso menù è scritto in un grosso cuore di cartoncino. Clarissa, il nome del locale ma anche della proprietaria che ci racconta che ogni torta nasce con cura e passione. Tra i dolci troviamo la torta con la pasta frolla, la crema pasticcera e le fragole fresche, la meringata, la torta al cioccolato e pere o la morbida cioccolato amaretti e pesche. Tutte da abbinare con tisane profumate. Clarissa ha scelto il colore rosso per le pareti del locale per l’amore che trasmette ed effettivamente numerosissimi sono i clienti che frequentano questo locale non solo per la qualità è la bontà dei prodotti ma anche per la location così particolare e le calde sensazioni che si percepiscono.
TORINO E IL VERDE
Un altro  colore molto particolare per un locale è “il verde”, questo colore trasmette fiducia e aiuta ad aumentare la concentrazione, molto adatto quindi nei luoghi di lavoro o nelle stanze dove si studia. Tutto ciò che richiama il verde e la natura ha sul corpo umano questo effetto, anche guardare un prato o degli alberi fuori dalla finestra. Tra i locali che scelgono questo colore c’è “Avocuddle Cafè” che si trova nella Galleria Umberto I° vicino a Porta Palazzo. Il locale ideato da Giorgia e Luca, due giovani ragazzi appassionati di viaggi e cibo ha la parete più ampia interamente disegnata con foglie di avocado verde smeraldo e lucine colorate, nelle pareti adiacenti molti altri elementi tutti riconducibili alla natura come fiori, vasi o mensole in legno, quest’ultimo un materiale che fa provare apertura e calore in chi lo guarda, molto adatto quindi per qualunque locale di socialità, tipico infatti delle baite di montagna.
Altro locale in tema verde natura è “Share Word” in Piazza Santa Giulia, una piccola caffetteria con piante, alberi e disegni floreali che ricordano un bosco fatato.
Torino ha tantissimi altri locali colorati, ognuno con la sua storia, ogni colore trasmette alla persona che lo guarda determinate sensazioni, proprio come i vestiti… ma questa è un’altra storia.
NOEMI GARIANO

“Tre galline”: le origini della tradizione gastronomica piemontese

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Facile parlare di tradizione gastronomica, un po’ meno trovarla effettivamente nei piatti. Soprattutto in una città come Torino dove, in mezzo a trattorie storiche e bistrot di nuovo insediamento, non si capisce dove trovarla davvero questa tradizione: per lo meno, quella generalmente considerata tale, soprattutto da cuochi e chef. 

Nella zona del quadrilatero romano in particolare, alle spalle di Porta Palazzo,  i ristoranti e i locali storici sono riusciti a mantenere – soprattutto dopo il restyling urbano – quella forma di identità culturale nella proposta culinaria dei piatti più rappresentativi di Torino e del Piemonte in genere: il ristorante ” Tre galline” ne è un valido ( e storico) esempio. È uno tra i primi ristoranti della città e alcuni romanzi del settecento narrano già dell’esistenza di una locanda denominata Tre Galline.

L’attuale gestione, dopo la ristrutturazione a cura degli architetti Gabetti, Isola, Fusari e Paglieri, ha intrapreso dal 1991 il cammino che l’ha portata oggi ad ottenere diffusi consensi della critica gastronomica e del pubblico.

Sin dall’ingresso, pare di addentrarsi nelle vecchie case dei contadini piemontesi, intenti a mettere nei piatti tutte le ricette tramandate dalle varie generazioni di nonne e mamme, dai più famosi antipasti ai dolci che più riconosciuti e apprezzati.

La cucina del Ristorante Tre Galline si può denominare cucina torinese neoclassica. Lo chef esecutivo Andrea Chiuni e lo chef di cucina Luigi Rosato , interpretano creativamente le ricette del territorio senza concedere mai nulla alla spettacolaritá o all’imitazione, mantenendo come obiettivo finale lo spirito accogliente, elegante e conviviale della ristorazione torinese. Una cucina fortemente legata al territorio da cui non riceve soltanto le materie prime, ma anche la storia e il significato gastronomico.

Le Tre Galline propongono da circa 500 anni la cucina di Torino cercando di coniugare in maniera creativa la memoria, gli ingredienti, le tecniche, ma anche una visione culinaria più all’avanguardia: ingredienti di stagione, ricette storiche, condimenti e cotture vengono reinterpretati dagli chef.

Gli arredamenti sono tipici di quello che non definirei propriamente ristorante, ma un ritrovo goloso dove assaporare ( scoprire o riscoprire) una serie di gusti originari trasportate nella modernità, rivivendo – sorso dopo sorso e boccone dopo boccone – le atmosfere delle cascine: il tutto,  facendosi coccolare la vista da un arredamento in legno e travi a vista, davvero originali e quasi più introvabili in zona.

Famoso è il loro carrello dei formaggi delle valli piemontesi : bontà che si percepisce anche solo a guardarli. Magistrale il loro famoso carrello dei bolliti : questa è una specialità da vivere e degustare soprattutto nel periodo autunnale e invernale, quasi sempre disponibile ( per la reperibilità di alcuni ingredienti, è sempre meglio chiamare e prenotare). Chicca davvero da riscoprire è il loro vitello tonnato ” alla loro maniera” : la ricetta viene rispettata in tutte le sue componenti, ma con un tocco personale e più innovativo, rende l’esperienza gastronomica al gusto di Torino, ancora più coinvolgente e privilegiata.

Che dite quindi, ” Fuma che ‘nduma”?

CHIARA VANNINI

 

Ristorante ” Le Tre Galline” 

V.Bellezia 37 

Tel. 011  436 6553

info@3galline.it

La tirlindana

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Sono ormai in pochi, sui laghi, a praticare la pesca a traino dalla barca con la tirlindana. Eppure questo semplice attrezzo ha un suo fascino e una storia. Immaginatevi una lenza in filo di rame o, in versione più moderna, in monofilo di nàilon, lunga da un minimo di 30 a oltre 60 – 70 metri, recante un finale di nàilon a cui è assicurata l’esca, il tutto avvolto su uno speciale telaietto girevole dalla sagoma molto nota detto aspo

Ci siete? Bene. L’aspo, un tempo, veniva costruito dallo stesso pescatore, artigianalmente. Oggi come oggi quest’attrezzo si trova già pronto in commercio, spesso in alluminio leggero e lucente: non vi resta che applicare il terminale con l’esca ritenuta più idonea e, sul piano teorico, siete a posto. Perché solo in teoria? Perché la chiave del successo nella pesca a tirlindana dipende dalla mano di chi la manovra. A prima vista parrebbe tutto semplice e facile come bere un bicchier d’acqua  ma non bisogna farsi ingannare dalle apparenze: occorre un certo tirocinio per impadronirsi al meglio di questa tecnica, in grado di riservare delle gran belle soddisfazioni. Intanto, occorre una buona conoscenza del fondale da battere e saper valutare con esattezza la profondità di pescaggio dell’attrezzo. Mai lasciare le cose al caso, quando si pesca con la tirlindana: sarebbe un errore imperdonabile. Ho conosciuto un “lupo di lago”, il vecchio Giuanin, in grado di valutare fondali e correnti, neanche avesse una carta nautica ficcata dentro la sua testa pelata. Per non parlare poi dei movimenti: sia lui che il suo “socio” Faustino erano dei maghi nell’accompagnare la lenza , imprimendole i movimenti giusti, manovrando la barca con misura e mestiere. Di norma i “professionisti” della pesca su lago fanno tutto da soli, usando piccole barche leggere, dei veri gusci di noce che manovrano con un solo remo, essendo l’altro braccio impegnato con la lenza.

 

Taluni ricorrono al motore di potenza fra 2 e 3,5 HP, ma è ovvio che, per quanto condotto al minimo, quest’ultimo provoca un fastidioso rumore specialmente nei fondali bassi. Un’alternativa ci sarebbe, a dire il vero: un motore elettrico, silenzioso, facile da gestire e con una velocità giusta. La tradizione però conta; e la tradizione suggerisce  che l’ideale consiste nell’ agire in due, uno in gamba nel manovrare i remi, l’altro con il tocco giusto per far andare la tirlindana. La lenza tradizionale è in rame, quella moderna – come si è detto – in nàilon. Il tipo classico, in rame cotto,  e si trova in due diametri: lo 0,30 per la pesca leggera a mezz’acqua, lo 0,50 per andare più a fondo, puntando al luccio. Un materiale flessibile ed elastico, preferibile a quello attorcigliato a treccia che risulta meno malleabile. Il nàilon, occorre ammetterlo, offre maggiori vantaggi, con un però: richiede una piombatura distribuita o raggruppata, per consentirne il corretto e rapido affondamento. Cosa che, con il filo di rame, avviene spontaneamente grazie al suo peso specifico. Il nailon non richiede una particolare manutenzione, ha un carico di rottura e di resistenza decisamente elevato, le lenze sono vendute già zavorrate e, cosa non secondaria,  costano meno. “La zavorra è il cuore di tutto!”, dice Giuanin, quando all’osteria, tra un mezzino e l’altro, molla il freno e sale in cattedra. “ Una volta si lavorava con il rame piombato alla fine, facendoci i muscoli nell’accompagnare il peso in acqua. Adesso, cari miei, si va avanti a filo di nailon  e allora non resta che applicare delle olivette di piombo lunghe di un paio di centimetri e di peso attorno  ai a due o tre grammi, distribuendole in modo regolare fino a raggiungere un peso di quasi mezzo chilo. Così, se zavorri bene, la lenza va giù che è un piacere e non corri il rischio che ti resti troppo in superficie,trascinandotela a pelo d’acqua, o di farla affondare fino a raschiare i sassi del fondo”.

 

Il “prof” Giuanin accompagna le parole con gesti decisi, caparbi quel tanto da sconsigliare il contraddittorio. La sua esperienza non ammette repliche. “ E’ molto importante anche la velocità con cui avanza la barca. Se si è in due la cosa migliore è procedere a remi, come abbiamo sempre fatto io e Faustino”, confida il vecchio pescatore.  “ Uno tiene in mano la tirlindana e l’altro rema facendo ogni tanto delle piccole pause. Occhio, però:  chi tiene la tirlindana non deve star lì come un cucù ma imprimere al filo dei piccoli, leggeri strappi per simulare una veloce fuga del pesciolino finto”. Questo genere di movimento, visto dalle parte dei predatori, equivale allo squillo di tromba della carica, scatenandone l’istinto di predatori.“Qui viene il bello. Avvertita la mangiata non perder tempo: uno strappo per ferrare il pesce e avvia lentamente il recupero. La barca non deve arrestare il suo movimento, capito? Se lo fai, se ti fermi, la preda ti frega, soprattutto se è di una certa dimensione. I pesci non sono fessi, e non ti saltano a bordo di spontanea volontà. La preda, se riesce ad avvicinarsi troppo, tenterà come ultima fuga di inabissarsi sotto la barca. Quando accade, sono cavoli amari: il rischio di perderla è alto perché, puoi esserne certo,  il filo andrà sicuramente ad impigliarsi in qualche sporgenza con tutte le conseguenze del caso”. Mai dimenticarsi il guadino: se non lo si trova a portata di mano, al momento giusto, tirare in secco la preda è un problema. Questa è la lezione di Giuanin. Applicandola per filo e per segno porterà alla tirlindana un tributo certo di prede, dai persici ai lucci, dai cavedani alle trote.

Marco Travaglini

 

(Foto: molagnacavedanera.it)

 

Le zucchine in carpione, gustosa tradizione

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Le zucchine, quelle verdi chiare, tenere e dolci, ricche di acqua e vitamine ideali per reintegrare i sali minerali

 

Le ricette devono essere veloci, facili da preparare, leggere ma allo stesso tempo saporite. E le zucchine, quelle verdi chiare, tenere e dolci, ricche di acqua e vitamine sono  ideali per reintegrare i sali minerali persi con la sudorazione, molto gradevoli nel gusto e versatili nelle diverse preparazioni. Un modo goloso per cucinarle e’ con una gustosissima marinatura.

Ingredienti:

 

1 kg.di zucchinette

1 cipolla bianca

2 spicchi di aglio

1 rametto di salvia

6 foglie di basilico

origano fresco

½ bicchiere di aceto di mele

½ bicchiere di olio evo

sale q.b.

Lavare le zucchine, spuntarle e tagliarle a tronchetti. In una larga padella soffriggere la cipolla e l’aglio affettati, aggiungere le zucchine e rosolare mescolando ripetutamente a fuoco vivace per 10 minuti, aggiungere gli aromi, salare e sfumare con l’aceto, proseguire la cottura per altri 2 minuti. Lasciar marinare in frigo per almeno un giorno. Servire freddo. Croccanti e gustose.

Paperita Patty