IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Oggi ho partecipato su Facebook ad una Messa celebrata nella Basilica di Sant’ Antonio di Padova . Già altre volte mi era capitato di essere deluso , ma oggi la delusione è stata molto più forte
L’insistere costantemente sulla morte in agguato certo non aiuta chi è già ossessionato dalla pandemia. E’ un modo sbagliato di affrontare il tema. Dalla Chiesa ci si attende altro, una comprensione umana sulla fragilità della vita che, in momenti tragici come questi, cerchi di dare un po’ di fiducia e di serenità. Non si chiede del facile ottimismo,che sarebbe impossibile oltre che falso, ma almeno qualche parola in più sarebbe doverosa. Mi capitò anni fa di partecipare a due funerali lo stesso giorno in uno stesso ospedale e ascoltai la medesima omelia con la sola sostituzione del nome del defunto. Una routine da impiegato di banca, non da sacerdote che celebra in un momento importante della vita di altri uomini. Ho avuto modo di ascoltare di recente il
Cardinal Ravasi sulla pandemia e ho tratto dalle sue parole conforto illuminante. Il padre Antonio che celebra Messa nella Chiesa camilliana di “San Giuseppe “ di Torino, ha degli spunti sempre degni di riflessione , a volte persino ai limiti di un’ “eresia“ intimamente sofferta. In momenti come questi non occorrono dei don Abbondio, ma dei Padri Cristoforo che muoiono, assistendo gli apprestati nel lazzaretto.
Noi abbiamo vescovi che chiudono le chiese o parroci che sono costretti ad annullare le Messe perché colpiti dal virus. Non mi illudo, in una società appiattita all’insegna della mediocrità più banale, di trovare grandi sacerdoti. Io ad Alassio, a Pasqua, ne ho incontrato uno di grande umanità e di autentica e robusta religiosità. Lo conoscevo e lo
apprezzavo da tempo, ma non mi ero mai rivolto a lui per motivi religiosi.
Questi non sono tempi normali e anche i preti mediocri non debbono permettersi di ripetere banalità e superficialità che creano ulteriore sconforto. Devono essere più responsabili: sono i medici dell’anima. La morte è un tema tremendo, un tema molto individuale, molto drammaticamente privato, di fronte a cui ci sentiamo soli . Preti che ripetono le prediche degli anni precedenti e non si immergono nelle fragilità e nelle angosce umane di questi tempi, non sono adeguati ai momenti di ferro che viviamo. Non si tratta di chiudere preventivamente le chiese, si tratta di aprire i cuori, di essere vicini effettivamente a chi soffre e teme la morte. Cristo in croce ha dato conforto al buon ladrone che era al suo fianco. Io ho ritrovato le ragioni della fede rileggendo Manzoni. Che tristezza ascoltare preti che celebrano Messa come svolgessero un mestiere qualsiasi. Non pretendo Don Primo Mazzolari che parlava del suo fratello Giuda. Non pretendo il
Cardinal Martini, che pure mi sembro’ sempre abbastanza algido nella sua lucida cultura, mi accontenterei di un buon parroco di campagna abituato a convivere con le miserie e con il dolore umano . Non c’è bisogno di chiacchiere sociologiche e di predicozzi politici e pauperistici che lasciano il
tempo che trovano, ma c’è’ bisogno di humanitas cristiana, di un Agostino inquieto e peccatore e di non della fredda ragione tomistica che non non coglie il male di vivere di Montale e le inquietudini che rendono difficile il sonno ed increspano la squallida quotidianità,rubandoci la speranza e cancellando anche quella poca gioia di vivere che dava un senso alla vita. Forse mi manca il confronto con uno dei più grandi amici della mia vita Giovanni Ramella ,uomo di grande fede cristiana, che mi parlava dei suoi amori, delle sue speranze, delle sue donne con quell’umanità che solum era sua.
Era un uomo intero in cui la cultura si coniugava con la fede e tutte e due si fondevano con l’essere uomini. A volte parlavamo del grande latinista marxista Concetto Marchesi e della sua umanità, a volte lui mi parlava del suo maestro, il Cardinale Michele Pellegrino, che io, forse sbagliando, consideravo un intellettuale algido più che un pastore di anime. Giovanni Ramella in questi tempi bui sarebbe stato non solo un amico, ma una guida spirituale ineguagliabile.
(Nella foto in bianco e nero Quaglieni e Ramella)
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
A legarle è una profonda amicizia e il mutuo soccorso quando la vita si fa più pesante. Sono insieme per metabolizzare una perdita tra le più dolorose, difficile da affrontare in solitaria. Lasciano in attesa a Napoli lavoro, figli o amori, e si ritagliano uno spazio tutto per loro.
Ha qualche appiglio nell’attualità l’ultimo romanzo dello scrittore scozzese 52enne John Niven, che imbastisce una trama fantapolitica, dissacrante, satirica e a tratti spietata, ambientata in un futuribile 2026 a stelle e strisce.
Questa volta il pluripremiato scrittore irlandese indaga sul privato della famiglia reale inglese sullo sfondo di una pagina storica drammatica.
La scrittrice e architetto palestinese Suad Amiry affida alle pagine di questo romanzo la storia delle vite dell’ 84enne Shams e dell’86enne Subhi, che le hanno aperto i loro cuori e affidato le loro memorie. Due personaggi che sono l’emblema della tragica storia di un intero popolo e della catastrofe che segnò l’esproprio violento delle terre e delle proprietà dei palestinesi da parte dello stato di Israele. L’autrice dedica il libro a suo padre e a tutti quelli che sono morti nella diaspora palestinese degli anni 40.
E’ notizia che pone interrogativi che vanno ben oltre la valle del Pellice e del Chisone. C’è da domandarsi che senso abbia tener aperti i barbieri, ad esempio, e chiudere le chiese per iniziativa delle medesime. Le chiese non hanno fini di lucro, e’ vero, ma esercitano un‘ indiscussa funzione sociale e individuale non surrogabile. Esse danno, per così dire, il cibo per l’anima che non è identificabile con la preghiera individuale, almeno per i cattolici . Diceva Benedetto Croce che ascoltare o non ascoltare una Messa e’ un affare di coscienza rispetto al “Parigi val bene una Messa” di Enrico IV.
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Cosa rende diversi questi alimenti a base latte?
Il Direttore del “Corriere della Sera“ che non sarà Albertini o Spadolini , ma si chiama Luciano Fontana, scrive che “Gli impegni per la salute sono svaniti quest’autunno”


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Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
La scoperta del petrolio sull’uscio di casa aveva reso la sua famiglia di contadini improvvisamente e scandalosamente ricca, ma le vicende storiche rivolteranno più volte le carte.
Il secondo romanzo di Manuel Vilas è una sorta di interrogazione fluviale sul senso dell’esistenza e rimanda spesso al suo precedente “In tutto c’è stata bellezza” del quale è la continuazione ideale.
O’Hara -nato in Pennsylvania il 31 gennaio 1905 e morto a Princeton, nel New Jersey l’11 aprile 1970- è uno dei grandi maestri del realismo americano, contemporaneo di Mostri Sacri della letteratura americana come Hemingway e Scott Fitzgerald.
C’è tutto il suo travolgente amore per le rose in questo libro che Anna Peyron ha scritto tracciando la storia del fiore nei secoli e nelle vite di grandi personaggi storici.