Dove si trova ël Barabiciu?
Torino, bellezza, magia e mistero
Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.
Articolo 1: Torino geograficamente magica
Articolo 2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo 3: I segreti della Gran Madre
Articolo 4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo 5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo 7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo 8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo 9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo 10: Torino dei miracoli
Articolo 6: Dove si trova ël Barabiciu?
Negli articoli precedenti si è parlato del lato buono di Torino, ma nell’urbe augustea sappiamo che ci sono anche poli di energia negativa. Il “cuore nero” della città, com’è noto ai più, si trova in piazza Statuto, dalle parti di Valdocco, nome che può essere ricondotto a “vallis occisorum”, ossia il luogo dove avvenivano le esecuzioni capitali e si inumavano i cadaveri oppure a “vallis occasus”, cioè la direzione in cui il sole tramonta. “Nomen omen”, verrebbe da dire. In piazza Statuto si trova il monumento che commemora l’apertura del traforo del Frejus e i tre ingegneri che lo progettarono, Sebastiano Grandi, Severino Grattoni e Germano Sommeiller. Ai Torinesi tuttavia esso soprattutto ricorda i caduti durante la lavorazione, ben 48 morti tra i 4 mila operai (tra di essi 18 si spensero per un’epidemia di colera). Sul monumento spicca la statua di un angelo con una stella in fronte e una penna nella mano destra, che dovrebbe raffigurare il genio alato della scienza, ma tale figura è associata notoriamente a Lucifero. Se volete sapere come mai la statua sia stata assimilata all’immagine del Diavolo, potete rischiare di andare a chiederglielo di persona, perché all’interno del giardino che la circonda si trova un tombino, che pare non essere un comune scarico fognario, anzi sarebbe nientemeno che la porta degli Inferi. Va segnalato però, che la maggiore concentrazione di energie diaboliche si trova poco oltre l’estremità della piazza, al di là di corso Principe Oddone, dove vi è un giardino, non troppo curato, che passa quasi inosservato, al centro del quale svetta un piccolo obelisco sormontato da un astrolabio. Tuttavia questo non è l’unico luogo in cui si può respirare l’aria malsana di “Chiel là,” o di “ël Barabiciu”, per dirla con una credenza piemontese, per cui è meglio non pronunciare il nome del maligno, perché tutte le volte che qualcuno lo dice, lui si avvicina di sette passi. Potreste incontrare “Belzebù” anche in altri posti. C’è infatti un palazzo, da alcuni soprannominato “Ca dël Diav”, caratterizzato da dicerie per nulla lusinghiere e a dir poco terrificanti. Si tratta di Palazzo Trucchi di Levaldigi, edificato tra il 1673 e il 1677 dall’architetto Amedeo di Castellamonte (1613-1683), per il ministro delle Finanze Giovanni Battista Trucchi, conte di Levaldigi (1617-1698). La posizione del palazzo, tra via Alfieri e via XX Settembre, ne sottolinea il particolare taglio diagonale della facciata d’ingresso, caratterizzata dal rigoroso tracciato ortogonale della parete. L’aspetto complessivo dell’edificio è severo e imponente, come testimoniano le bugne del basamento, il ritmo delle lesene binate, i cornicioni marcapiano aggettanti e i timpani delle finestre. All’interno gli ambienti sono stati radicalmente rielaborati tra gli anni Dieci e Trenta del Novecento e riadattati alle nuove esigenze occupazionali. Dal 1939 l’edificio è sede della filiale della Banca Nazionale del Lavoro. La costruzione nasconde la sua leggenda di malvagità proprio all’interno di un particolare della struttura architettonica, precisamente nel portone, rimasto quello originario, montato nel 1675 e riccamente intagliato. Giovanni Trucchi non era nobile di nascita (la famiglia ottenne il titolo comitale – “comes” = “conte” per “concessione d’arma”), ma riuscì ad ottenere una carica che lo rendeva secondo solo al duca Carlo Emanuele I, egli riuscì infatti a rivestire la dignità di Presidente Generale delle Finanze Sabaude, ed era anche soprannominato il “Colbert piemontese”, con riferimento a Jean-Baptiste Colbert, (1619-1683), braccio destro del Re Sole.
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Si mormorava molto sul denaro posseduto dal conte Trucchi, che sembrava non esaurirsi mai, e lo stesso conte, per burlarsi di tali dicerie, ordinò che il portone venisse montato in una sola notte e di nascosto. In questo modo la gente avrebbe iniziato a bisbigliare che fosse avvenuto un qualche sortilegio, se non proprio un vero patto satanico. Per far sì che non ci fossero dubbi in tal senso, il conte fece inserire al centro del portone un ornamento in bronzo con la forma della testa del demonio, dalla cui bocca – come si può ancora oggi ammirare – escono due serpenti che si intrecciano e formano il batacchio. Ma forse un po’ di malignità in quel luogo c’era sul serio, e lo dimostrano alcuni fatti. Nel 1790, durante una delle feste indette da Maria Anna Carolina di Savoia, una delle ballerine invitate al ricevimento venne uccisa a pugnalate. Successivamente, nel 1817, nel corso dell’occupazione francese, il capitano Du Perrì, che era in possesso di documenti segreti, cercò rifugio tra quelle stesse mura, ma scomparve all’interno del palazzo. Il corpo venne ritrovato vent’anni dopo, murato in un’intercapedine. Un altro punto cittadino in cui si annidano energie maligne è proprio all’interno di un edificio in cui tutto ci si aspetterebbe tranne che entrare in contatto con Satana o con qualcuno dei suoi seguaci. Si tratta del piccolo gioiello architettonico della chiesa di San Lorenzo edificata tra il 1668 e il 1687 su progetto di Guarino Guarini, per l’ordine monastico dei Teatini. L’edificio è a pianta centrale ottagonale, con i lati di forma convessa, con un presbiterio ellittico posto trasversalmente che introduce un asse principale nella composizione. Lo spazio, al livello inferiore, è definito dalla presenza di ampie serliane che delimitano le cappelle laterali, mentre la copertura è costituita da una cupola a costoloni che si intrecciano fino a formare l’ottagono sul quale poggia la lanterna. All’interno è voluto un gioco di contrasti tra luci ed ombre, per cui in basso domina l’oscurità, accentuata dalla mancanza di finestre, la luce, invece, aumenta man mano che ci si eleva. Si può anche notare che la chiesa è “affollata” da angeli, in tutto più di 400, sono forse così tanti per contrastare qualche altra presenza che è riuscita a insinuarsi tra le sacre pareti? E allora guardiamo con attenzione verso l’alto: tra i costoloni intrecciati è possibile scorgere delle grandi facce demoniache, che si delineano, nette, man mano che lo sguardo vi si fissa, vigile. Se vi è venuta un po’ di angoscia non temete, sono moltissimi i rimedi per scacciare colui che è meglio non nominare, non mettete in tavola mai il pane rovesciato, attenti a non entrare in casa con il piede sinistro, mettete un ferro di cavallo dietro la porta (ma nel verso in cui forma una U), e fate attenzione al sale, se cade siate pronti a lanciarvene un po’ dietro la spalla sinistra. E, soprattutto, se uno sconosciuto, losco e misterioso, vi si avvicina e vi chiede di fare un patto con lui, “daje dël ti al Diav e butlo fora ëd ca”!
Alessia Cagnotto
Rubrica a cura di ScattoTorino
Lo scenario economico internazionale dimostra l’importanza strategica dell’eCommerce Manager, una figura chiave all’interno di qualsiasi azienda di prodotti o servizi che voglia mantenere e consolidare la propria competitività nei mercati attuali e futuri, caratterizzati dalla continua innovazione tecnologica e dalla crescente consapevolezza dei consumatori. Forti del successo della prima edizione SAA – School of Management dell’Università di Torino, Zerogrey società specializzata in eCommerce e in outsourcing e Progesia società di consulenza strategica con esperienza nella ricerca e nella formazione, organizzano anche quest’anno il Master Executive in eCommerce Management e Strategie Digitali. Il corso, che si terrà in modalità online fino alla riapertura dell’Università, è rivolto ai laureati di ogni facoltà o dipartimento, ai manager, ai direttori e ai dipendenti con una consolidata esperienza di lavoro che vogliono approfondire le competenze in materia di eCommerce ed incrementare il proprio valore professionale e strategico. Il Master si svolge presso la SAA, in via Ventimiglia 115 a Torino, ed è iniziato lo scorso 21 maggio; le lezioni sono full time una volta al mese il giovedì, venerdì e sabato per un totale di 250 ore e sono strutturate in modo che possa accedervi anche chi già svolge un’attività lavorativa. Il percorso formativo, che alterna la teoria a numerose esercitazioni pratiche, terminerà nel febbraio del 2021 ed è prevista l’attivazione di tirocini facoltativi presso le aziende partner. ScattoTorino approfondisce l’argomento con Davide Caregnato Direttore Generale di SAA – School of Management, Simone De Ruosi General Manager di Zerogrey, Giulia Carlo e Selene Giovannini Responsabili del Coordinamento Master di Progesia, referenti del progetto.
Dottor Caregnato, ci presenta brevemente la SAA?
“La SAA, già Scuola di Amministrazione Aziendale, prima Business School nata in Italia nel 1957 per formare a livello manageriale quadri e dirigenti, è oggi una School of Management soggetta a direzione, coordinamento e controllo da parte dell’Università degli Studi di Torino e ha per mandato statutario lo scopo di coadiuvare l’Ateneo nello sviluppo di nuove metodologie ad elevata intensità didattica, differenziate per categorie di conoscenza o di andamento nell’apprendimento, nonché, quale oggetto sociale, l’assunzione e l’avvio di ogni attività di formazione e di ricerca che risulti complementare ed atta in particolare a perseguire i propri scopi quali a titolo esemplificativo l’organizzazione e la gestione di executive master, seminari di aggiornamento metodologico e tecnico per l’ulteriore qualificazione professionale di manager, funzionari e dipendenti. A livello istituzionale oggi supporta con il proprio Campus il Dipartimento di Management nella didattica di quattro Corsi di Laurea, di cui due in lingua inglese e uno interamente telematico, con circa 2700 studenti”.
Il Master non è solo teorico, ma propone esercitazioni pratiche. Un valore aggiunto?
“La nostra attività di avvicinare gli studenti a percorsi di acquisizione di competenze manageriali viene perseguito già nei percorsi di Laurea con attività di coaching e sviluppo delle necessarie competenze trasversali, che si tramutano, per alcuni di essi in veri e propri percorsi di projecy work sia nelle imprese profit e sia in quelle del Terzo Settore con grande crescita delle competenze degli allievi e spesso con l’introduzione nelle aziende di proposte di sviluppo concrete e immediatamente industrializzabili, con un autentico e proficuo “win-win” delle parti. Queste attività sono ulteriormente sviluppate nei percorsi Master, dove la presenza non solo di docenti universitari, ma di tecnici, manager e professionisti attribuiscono ai discenti maggiore capacità competitiva e progettuale”.
Dottor De Ruosi, di cosa si occupa Zerogrey?
“In poche e semplici parole Zerogrey si occupa di progettare, costruire e gestire soluzioni e-Commerce e omnicanale. Abbiamo una storia che nasce in un garage di Torino nel 2000, proprio come da manuale della start-up innovativa. Oggi siamo anche a Barcellona, Dublino, New York e il nostro servizio ha quattro pilastri fondamentali, seppur modulari poiché possono essere svolti dai brand o da partner terzi: tecnologia SaaS eCommerce e implementazione, fatturazione internazionale, operatività (logistica, customer care, etc), strategia e marketing digitale”.
Il Master è promosso da partner prestigiosi: qual è il loro ruolo?
“Credo sia una bellissima storia di collaborazione Università-Industria ed è esattamente quello che bisogna fare per sviluppare il tessuto economico e sociale di un paese. All’Università si studia, poi ci si deve tornare per rielaborare le esperienze lavorative e metterle al servizio della ricerca e di nuova formazione. Zerogrey, in qualità di promotrice, ha il compito di portare competenze pratiche e conoscenze di un ecosistema ormai molto complesso come è oggi l’eCommerce. Così come faranno tutti gli altri partner tecnici che interverranno nelle varie lezioni per portare praticità e casi concreti in classe”.
Dottoressa Carlo, qual è il core business di Progesia?
“In Progesia studiamo le migliori soluzioni di crescita dei business e le portiamo nelle aziende grazie al modello di Smart Management del Business Armonico validato dal Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino. I pilastri dello Smart Management sono quattro: Cloud and Digital Transformation, Customer Experience Management, Digital Strategy & Marketing Automation, Project Management & Employee Engagement. In Progesia operano professori universitari, professionisti esperti in psicologia del lavoro, marketing non convenzionale, consulenza societaria e direzionale, strategia di business, copywriting, sociologia e strategie digitali.
La sinergia di competenze multidisciplinari è ciò che permette una visione globale dei processi interni ed esterni che caratterizzano le aziende, permettendo di conquistare il vantaggio competitivo grazie alla sintesi che ne può derivare. Da noi ogni persona viene accolta come portatrice di una storia unica fatta di valori ed esperienze, elementi preziosi su cui impostare un percorso di crescita in cui l’innovazione è la chiave per un cambiamento di successo. La mission di Progesia è aiutare i clienti a crescere e ad esprimere il massimo potenziale dal punto di vista commerciale, finanziario, gestionale e innovativo”.
Dottoressa Giovannini, grazie a questo Master i manager quali skill avranno?
“L’eCommerce Manager è una figura professionale oggi indispensabile per qualunque azienda di prodotti o servizi che voglia garantire la propria competitività in futuro. Il modo migliore per apprendere la complessità di questo affascinante settore è imparare dai migliori professionisti sul mercato. Con il Master eCSD sarà analizzato a 360 gradi questo mondo e verranno formati nuovi professionisti che ne conoscano le complessità e le sappiano gestire. Il Master offre agli studenti l’opportunità di apprendere molteplici e trasversali competenze e di comprendere in modo più approfondito le dinamiche che concorrono al buon funzionamento di un sito eCommerce, ampliando anche a tematiche inerenti a circular economy, digital transformation, nuovi modelli di business e alle possibilità che si stanno aprendo grazie alle nuove tecnologie 4.0”.
Torino per voi è?
Davide Caregnato: “Amo Torino, città laboriosa e austera. Bella e da godere in un’infinità di angoli ricchi di arte, storia e cultura. Città dove si sta bene, nei musei e nei ritrovi culturali, così come nella movida. Non ho molto da aggiungere a quello che è il pensiero di molti turisti che visitano la città, che a volte se ne innamorano più di chi ci abita e la fa vivere ogni giorno. A Torino si fanno poche parole, ma si crea autentico valore”.
Simone De Ruosi: “Torino è una città da sempre innovatrice nel campo sociale, tecnologico, economico, culturale. Fu capitale d’Italia per pochi anni a livello politico e amministrativo, ma per decenni lo fu sotto tutti questi altri aspetti. Oggi è una città che si è smarrita, ha perso qualche treno di troppo e ha perso l’appeal di città innovatrice che per molti altri centri europei come Milano, Barcellona, Amsterdam e Dublino è elemento polarizzatore. Ha il vantaggio di avere ancora un grande tessuto di piccole e grandi realtà innovatrici, economiche e non, dunque questo gap può e deve colmarlo. Il Master può essere il nostro piccolo granello di sabbia. Oltre a tutto questo, Torino è la mia città”.
Giulia Carlo: “È l’odore di pioggia e le corse per ripararsi sotto i portici del centro, è il piacere di perdersi fra i vicoli del Quadrilatero Romano, è il Museo Egizio che ogni alunno torinese ha visitato come minimo tre volte nella vita (una per ciclo scolastico!). È il rumore del fiume Po lungo i Murazzi, le passeggiate in bicicletta da bambina con mamma e papà al Valentino e soprattutto Torino è casa mia”.
Selene Giovannini: “Torino è eleganza, bellezza, arte e cultura. Per me, piemontese doc, rappresenta la mia vita, la mia quotidianità. Ci fosse il mare sarebbe a tutti gli effetti la città perfetta”.
Un ricordo legato alla città?
Davide Caregnato: “Torino 2006, lo scambio culturale di quei giorni, le emozioni continue, ogni angolo preso d’assalto da stranieri – in tutti i sensi – che scoprono angoli e sapori nuovi della nostra città e del nostro territorio. Il lavoro volontario di tantissimi amici stretti intorno al bisogno della città di essere ancora più bella e di essere un esempio di efficienza. La magia di quelle giornate è indimenticabile”.
Simone De Ruosi: “Sono nato e cresciuto nella periferia operaia di Torino, pertanto di ricordi ce ne sono moltissimi e in questi tempi di emergenza Covid-19 affollano la mente. Di Torino amo i moltissimi salotti, che per chi vive in periferia, sono sempre magici e mai scontati: i tanti spazi verdi piccoli o grandi, ma tutti ben curati; le piazzette colme di bistrot come Piazza Emanuele Filiberto, 4 Marzo, Savoia, Carlina. Amo la ristorazione, sperimentale e slegata dagli standard tradizionali come in molte città italiane. Raramente si trovano i piatti tipici, è assai più facile trovare innovazione, anche in cucina”.
Giulia Carlo: “Le Olimpiadi invernali del 2006 vissute da Volontaria”.
Selene Giovannini: “L’immensa emozione provata nel rivedere l’eleganza e la bellezza di Torino dopo un periodo di vita in Australia”.
Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Il sacrificio di Bianchi, cattolico “rivoluzionario”
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Non ho mai amato particolarmente Enzo Bianchi fondatore della Comunità di Bose che conobbi in treno per Roma anni fa e con cui scambiai una conversazione molto interessante ed istruttiva. Ero un giovane professore e Bianchi mi dimostrò simpatia.
L’esempio di Tobagi quarant’anni dopo
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Sono passati 40 anni dall’omicidio del giornalista del “Corriere della Sera” Walter Tobagi, ammazzato da un gruppo terrorista minore dell’area eversiva della sinistra, composto anche da giovani di buona famiglia che uscirono dal processo con pene ridicole rispetto ad un omicidio così barbaro, collaborando e dissociandosi
pochezza quando venne gambizzato Indro Montanelli. Erano ambienti legati allo stesso “Corriere” come Giulia Maria Crespi proprietaria della testata. Tobagi rilevò anche come veniva perseguitata la destra vista come il male assoluto da abbattere e verso cui era giustificata e persino doverosa la violenza come dimostrò “Lotta continua” in tante occasioni non ultima quella dell’Angelo Azzurro dove fu vittima un giovane studente lavoratore arso vivo dalle molotov lanciate da personaggi che ancora oggi pretendono , come se niente fosse accaduto, di ricoprire ruoli pubblici . Di fronte ad un grave episodio di intolleranza (ma poi ci furono anche dei morti tra i missini) nei confronti di un giovane di destra, Tobagi andò a intervistare due coscienze dell’Italia civile: Arturo Carlo Jemolo e Norberto Bobbio. Riporto le loro dichiarazioni perché indicano la scelta della democrazia e della tolleranza che è il lascito più grande di Tobagi. Jemolo disse: <<Qualunque pensiero politico è libero e legittimo, anche se discordante con la Costituzione, purché non inciti direttamente al crimine >>. E Bobbio a sua volta disse <<Non riesco a vedere una ragione plausibile per trattare il fascista in modo diverso da qualsiasi altra persona >>.
Assembramenti: per le Frecce sì, nei ristoranti no
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / Appare davvero irresponsabile la decisione del ministro della Difesa di far sorvolare delle città italiane ancora in lotta con il Coronavirus dalle “Frecce tricolori”
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni / La situazione del CSM e non solo, ma anche quanto avviene al Ministero della Giustizia, appare sconcertante. Giletti nella sua trasmissione televisiva domenicale ha ulteriormente documentato opacità scandalose emerse da nuove intercettazioni.
L’isola del libro
Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Arianna Farinelli “Gotico americano” -Bompiani- euro 18,00
Questo primo romanzo della scrittrice romana -che da quasi 20 anni vive negli Stati Uniti ed insegna in un’università newyorkese- assembla più argomenti e lo fa tenendoci incollati alle pagine fino alla fine.
Scritto magnificamente, racconta rapporti tra genitori e figli che sconfinano in soffocanti dipendenze e impossibili emancipazioni affettive, tradimenti, sessualità incerte, e l’amore impossibile tra una donna matura e il suo giovane allievo che finisce ingoiato dall’Isis.
Difficile tenere insieme tanti argomenti e incastrarli alla perfezione, ma la missione della Farinelli è perfettamente compiuta.
Protagonista del libro è Bruna, che ha fatto uno scatto sociale rispetto alla modesta famiglia di origine: è diventata professoressa ed insegna in un college di New York. Si è trasferita in America anche per amore di Tom, medico di successo, emotivamente immaturo e soggiogato da genitori invadenti ed ottusi.
Bruna e Tom hanno due figli, Minerva e Mario, sui quali i nonni paterni incombono: inevitabile lo scontro con i suoceri, acuito dalla scoperta che il piccolo Mario si sente femmina costretta in un corpo che non riconosce, disprezzato dal nonno che lo chiama “faggot” (finocchio)… e sarà la goccia che fa traboccare il vaso.
Anche dopo l’apparente strappo del cordone ombelicale, Tom continua a rivelarsi un marito e padre assente e ad un certo punto il “matrimonio americano” di Bruna giunge al capolinea.
Tanto più che nella sua vita irrompe Yunus, con lo straripante vigore dei suoi 20 anni. E’ un suo allievo afroamericano, ha un passato difficile, arriva da Harlem e tutti i pomeriggi si ritrova nel suo letto, tra passione e interessi comuni.
Poi un bel giorno scompare: si è convertito all’Islam ed è partito per Mosul, dove finisce per militare nelle file del sanguinario Stato Islamico, tra sgozzamenti e orrore allo stato puro.
Bruna si trova così nell’occhio del ciclone: incinta di Yunus, interrogata dall’Fbi, in rotta con il marito. Di più non vi anticipo, ma scoprirete schemi che saltano, vite che sembravano perfette e invece nascondevano scheletri nell’armadio, integrazioni difficili, ricerca affannosa di identità e senso di appartenenza…e tanto altro… in un libro di esordio strepitoso.
Roberto Bolaño “Sepolcri di cowboy” -Adelphi – euro 18,00
Lo scrittore -cileno di nascita e messicano di adozione, nato a Santiago del Cile nel 1953 e morto a Barcellona nel 2003 a soli 50 anni- scrisse i tre abbozzi di romanzi raccolti in questo volume, negli ultimi anni della sua vita. Sono stati trovati dopo la sua morte, mentre il suo nome diventava leggenda, insieme ad altri inediti pubblicati postumi.
Il primo dei tre scritti, che dà il nome al volume, ha chiari riferimenti autobiografici. Suo alter ego è il giovane Arturo Belano (voce narrante) sospeso tra due mondi. Scorrono pagine in cui compaiono i genitori: la madre cilena, donna bellissima dalla mente matematica, stravagante, lettrice di romanzi rosa e riviste esoteriche. Il padre messicano, pugile che si dichiara con fierezza cowboy, figlio di cowboy e lettore appassionato solo di romanzi western. La loro è una storia d’amore che va avanti e indietro tra i due paesi e genera tre figli.
Su tutto però incombe il golpe militare che l’11 settembre del 1973 abbatté il governo del Presidente Salvador Allende, innescando l’atroce destino dei desaparecidos.
Arturo, che più di tutto si sente latinoamericano, decide di tornare in Cile per partecipare alla rivoluzione. Belano racconta i curiosi incontri durante il viaggio (inclusa una spogliarellista che seduce lui e il compagno di cabina), poi arriva il dramma di un intero paese con la rievocazione dell’incredulità di fronte alla notizia del golpe.
Nel secondo brano, la “Patria” del titolo è quella della dittatura militare e qui l’autore intesse storie tragiche ed emblematiche. Come quella di una ragazza desaparecida e il dramma di una vita finita nel nulla, con i devastanti effetti sulla sua famiglia. O ancora, punta il dito contro l’organizzata e redditizia rete del traffico di organi che prevede il rapimento di bambini mendicanti-vagabondi per i quali il destino ha in serbo un futuro da macelleria.
Di tutt’altro tono, invece, l’ultimo brano che parte da un’eclissi e ci fa scoprire il Gruppo Surrealista Clandestino che da tempo sopravvivrebbe nelle fogne parigine.
Preston & Child “L’uomo che scrive ai morti” -Rizzoli- euro 19,00
Ancora un punto messo a segno dalla coppia formata dal giornalista del “New Yorker” Douglas Preston e dall’editor e saggista Lincoln Child, che firmano un altro dei loro thriller con protagonista Aloysius Pendergast. Ritroviamo così il pluridecorato agente dell’FBI: cane sciolto poco incline a rispettare la catena di comando, dai metodi investigativi poco ortodossi, avvolto da un certo mistero, sempre vestito in modo impeccabile, con un’affilata intelligenza, notevole cultura e pungente sarcasmo.
Scende in campo per districare una matassa decisamente inquietante che inizia con il ritrovamento nel cimitero di Bayside-Miami di un cuore sanguinante sulla tomba di una ragazza suicidatasi 11 anni prima, Elise Baxter. E’ accompagnato da un biglietto in cui qualcuno ha scritto con grafia elegante un messaggio che sa di pentimento ed ha riferimenti letterari ben precisi, firmato da un fantomatico Signor Cuorinfranti.
Ed è solo l’inizio, perché 3 giorni dopo lo schema si ripete; altro cuore strappato a una vittima e depositato sulla tomba di una presunta suicida di tempo addietro.
Pendergast arriva a Miami insieme al giovane collega Coldmon, che i vertici del Bureau gli hanno affiancato più che altro per sorvegliarlo. Ma ben presto le indagini sconfinano oltre le Everglades della Florida, passano dal Maine e da New York, perché si collegano ad altri delitti.
Tra autopsie e macabre scoperte, una mano decisiva la gioca anche la bravura della giovane anatomopatologa Charlotte Fauchet, della quale Pendergast intuisce subito la professionalità puntigliosa.
Insomma, un thriller ad alta tensione, in cui a fiutare le tracce lasciate dallo psicopatico di turno è l’abilissimo Pendergast che ha in se lo strabiliante mix dei detective più celebri della narrativa: eleganza alla Philo Vance, raffinato come James Bond, fuori dal comune come Hercule Poirot, colto e con l’istinto da segugio di Sherlock Holmes.
Settembre Nero
PAROLE ROSSE di Roberto Placido / Da cinquant’anni evoca e viene usato per indicare situazioni tragiche in ricordo di quanto successe in Giordania nel lontano 1970. E’ quello che succederà dal prossimo 1 settembre alla scuola italiana.
Perché è sempre più chiaro che il prossimo settembre la nostra scuola non riaprirà. La pandemia di Covid 19 ne ha amplificato i problemi, i ritardi e le difficoltà. Molti hanno pensato di potere risolvere tutto con il cosiddetto DAD ( didattica a distanza ). Ma anche con l’insegnamento a distanza si sono evidenziati ed acuiti i problemi delle diverse “Italie”. Banda larga inesistente in molte realtà, impreparazione degli insegnanti e delle scuole e un numero elevato di ragazzi senza PC (computer) o Tablet. Un’indagine effettuata a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio ha evidenziato che, tra i bambini da 6 a 10 anni, il 61% non ha effettuato nemmeno un’ora di didattica online.
Ed ancora, un terzo delle famiglie non possiede un computer e di conseguenza le linee di ADSL sono ancora meno. In questo quadro bisogna poi sottolineare tutte quelle famiglie che hanno due se non tre figli in età scolastica con la necessità di fare lezione alla stessa ora e magari con l’aggiunta di uno dei genitori in tele lavoro da casa ed il computer è solo uno. Questa situazione porta alla mente la famosa “ Lettera ad una Professoressa” di Don Milani “ Non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali”. Anche perché a distanza non è scuola, è un surrogato e cioè una …ciofeca. Il digitale e la tecnologia sono un elemento complementare dell’istruzione e non un fondamento. Meno male che , a ricordare questo importante aspetto ci hanno pensato un gruppo di intellettuali, sedici, tra i quali il filosofo Massimo Cacciari, che hanno sottoscritto un documento che chiede e ricorda che il futuro della scuola non è il DAD che, tra l’altro, aumenta le disparità ed elimina la socialità che è uno degli elementi fondamentali dell’istruzione e della formazione dei ragazzi. Insomma la scuola non è più il presidio della Nazione. Funzione prima svolta dall’esercito fino a quando c’è stata la leva obbligatoria. La Nazione è rimasta così senza presidio, sguarnita. In questa fase, può sembrare incredibile, spesso si sono distinti negativamente una parte del corpo docente e soprattutto il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. Approdata in Parlamento dopo essere stata paracadutata, dal suo capo cordata Luigi Di Maio, da Biella, dove insegnava, a Torino e poi posta, casualmente, alla guida del ministero di Viale Trastevere in seguito alle dimissioni del suo predecessore Lorenzo Fioramonti. Da quel ministero, ritenuto una volta “ di peso” e ad appannaggio della vecchia Democrazia Cristiana, sono passati oltre una trentina di ministri, politici e tecnici di grande prestigio come Aldo Moro, tre futuri Presidenti della Repubblica come Antonio Segni, Oscar Luigi Scalfaro e, l’attuale, Sergio Mattarella fino ad uno dei più recenti e prestigiosi, accademico e linguista, Tullio De Mauro.
Anche da questi dati si percepisce la distanza siderale tra quei ministri e quello attuale ed i guai della nostra scuola. Un ministro, Lucia Azzolina, che in più di un’occasione ha dimostrato l’assoluta inadeguatezza ed incapacità. Lo si può chiedere agli assessori regionali all’istruzione, lasciati, nello sconcerto generale, improvvisamente da soli nel bel mezzo di una riunione. La coalizione di governo ed il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte si dovrebbero porre il problema, urgente, della sua sostituzione. Così sono passati tre mesi senza impostare una strategia complessiva che coinvolgesse le regioni, che hanno la delega sulla materia, i comuni e le città metropolitane che hanno la responsabilità della manutenzione degli edifici delle scuole superiori. Un piano anche ambizioso che sfruttasse l’emergenza per recuperare i tagli e la mancanza di finanziamenti degli ultimi anni. La sbornia aziendalista dell’ultimo decennio ha colpito duramente sia la Sanità, e ce ne siamo drammaticamente accorti in questa circostanza, che l’Istruzione. Un piano che preveda il recupero di edifici scolastici in disuso e da mettere in sicurezza, attrezzature e reti informatiche, ed un numero adeguato di docenti. Proprio sui docenti, in una situazione di emergenza, stiamo assistendo ad un braccio di ferro tra i partiti della maggioranza per l’assunzione di 32.000 docenti e cioè se farlo per titoli, assumendo i precari che già insegnano oppure, come prevede la legge, per concorso. In tutto questo rimane una certezza, a settembre non ci saranno. Così, un governo che ha fatto riaprire e ripartire praticamente tutto, aziende, bar, ristoranti, impianti sportivi, palestre e parrucchieri, che ha dato soldi, in qualche caso a pioggia, dalle Partite Iva ai Tatuatori, non ha riaperto le scuole e gli ha dato le briciole in termini di finanziamento. Dei 55 miliardi stanziati alla scuola , con l’immane lavoro da fare sono stati destinati solo 1,45 miliardi. Cioè molto meno della percentuale che riceve normalmente e che da tutti è ritenuta ampiamente insufficiente. Pochi, non maledetti e che nemmeno riusciranno a spendere entro settembre. Insieme al ministro ha segnato il passo dimostrando insufficienza, ritmi inadeguati ed una generale impreparazione la struttura burocratica del ministero.
Rimasta più con i piedi e la mente al secolo scorso ed alle circolari ministeriali a cui seguivano, immancabilmente, le circolari esplicative che lasciavano il dubbio se inviate perché si rendevano conto di scriverle in maniera incomprensibile e se ritenessero dirigenti e funzionari delle scuole incapaci di capire. Tra dirigenti, , CTS (comitato tecnico scientifico), Consiglio Superiore dell’Istruzione ed una pletora di consulenti hanno prodotto, poco, lentamente e male. Hanno favorito la riluttanza di molti docenti, un’indagine parla del 70% contraria a riprendere l’insegnamento diretto, adducendo l’elevata età media degli insegnanti. Sconsigliando le sessioni d’esame in diretta. Fortunatamente invece si faranno. Mi chiedo ma quei docenti vanno a fare la spesa, affollano le parrucchiere, vanno per negozi o per strada? Perché , rispettando le norme, non possono fare gli esami? Per inciso l’INAIL ( Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro) ha classificato la scuola, insegnanti compresi, a rischio medio-basso. E cosa dire di quegli insegnanti che hanno interrotto velocemente l’aspettativa quando hanno scoperto che le lezioni si svolgevano online?! Così molti precari sono rimasti a casa senza lavoro. Senza dimenticare la levata di scudi per fare tutte le vacanze pasquali quando le scuole erano chiuse da settimane. Al ministro, a tutto il suo ministero, consulenti compresi, gli italiani chiedono e vogliono sapere, ed hanno cominciato a farlo anche con manifestazioni nelle principali città, se dal 1 settembre i bambini delle materne, i ragazzi delle elementari e medie e gli studenti delle superiori avranno un aula sicura ed un insegnante.
Forse qualche bonus in meno e qualche aula ed insegnante in più non guasterebbero. Ritornando sugli esami, poteva essere, quella di fare ritornare le classi quinte delle superiori, un quinto degli studenti, e le classi terze delle medie, un terzo degli studenti, quanto prima a scuola proprio i vista degli esami, un segnale di funzionamento e di preparazione per tutta la scuola e per tutto il paese. Invece con ritardi, scuse e resistenze è andata, purtroppo, come sappiamo. Lo stesso Sindacato deve decidere se difendere, in alcuni casi, rivendicazioni corporative o lanciare ed attuare un’alleanza con gli studenti e con le famiglie che invece rischiano di essere lasciate sole nella gestione dei figli. Una struttura inefficace unita ad un ministro privo di autorevolezza e preoccupata più di fotografarsi e rilanciare commenti con personaggi discutibili e controversi oppure di rispondere, senza capirne il senso vero, ad un Tweet della simpatica e brava Sabina Guzzanti, non possono e non sono in grado di affrontare la sfida ed i problemi che ha davanti la nostra scuola. Sarebbe necessario un grande sforzo, una grande capacità ed intelligenza organizzativa e strategica per recuperare spazi, edifici, insegnanti, per fare partire la scuola in sicurezza, anche in prossimità delle famiglie. Un settore strategico per il presente e per il futuro del nostro paese non può essere abbandonato a se stesso. Non si possono penalizzare intere generazioni. In queste condizioni il primo settembre la scuola, nel senso tradizionale, non riprenderà e sarà una vera tragedia. Ecco il perché di un titolo così evocativo, tragico e funesto.
COMMENTARII di Augusto Grandi / L’Europa sono i Chieftains che suonano musica galiziana dedicando un disco ai pellegrini che affrontano il Cammino di Santiago. Strade d’Europa, come cantava la Compagnia dell’Anello.
E sulla strada d’Europa si sono incamminati persino Micron e Merkel. Anzi, in questo caso il disastroso presidente francese che non ne azzecca una in politica interna, si è riconquistato il cognome ufficiale, Macron.
È riuscito a convincere Angela Merkel a rompere il fronte degli egoisti anche se l’asse carolingio ha, per ora, ipotizzato un intervento complessivo per circa 500 miliardi, pari alla metà di quello auspicato. Ed anche le condizioni, al momento, non sono ottimali. Ma è comunque un primo passo, importante…
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Macron/Merkel, un primo passo (difficile) per una nuova Europa