
ll prossimo 19 ottobre la nuova suddivisione territoriale sarà formalizzata dal Consiglio comunale. Dapprima si pensava a sole sei circoscrizioni, ma un successivo accordo politico ha stabilito di crearne una in più, così da poter gestire meglio, in modo più capillare, l’amministrazione dei quartieri
L’approvazione ufficiale avverrà a Palazzo Civico nei prossimi giorni, ma saranno sette le circoscrizioni che suddivideranno il territorio urbano di Torino. Via libera al Lo scopo di questa razionalizzazione è quello della riduzione dei costi rispetto alle attuali dieci circoscrizioni, ognuna delle quali con una sua Giunta, Consiglio e relativi stipendi o gettoni. ll prossimo 19 ottobre la nuova mappa sarà formalizzata dal Consiglio comunale. Dapprima si pensava a sole sei circoscrizioni, ma un successivo accordo politico ha stabilito di crearne una in più, così da poter gestire meglio, in modo più capillare, l’amministrazione dei quartieri.
Ecco la nuova mappa: La circoscrizione Centro contiene l’attuale Uno, perde la Crocetta, ma conquista Aurora, Valdocco e Rossini, con Porta Palazzo; Santa Rita-Mirafiori comprende la Due, la Dieci e una parte della Nove a ovest della ferrovia; la San Paolo comprende la Tre, senzaCit Turin e guadagna la Crocetta; Parella rimane “titolare” della Quattro incorporando Cit Turin; la Cinque rimane come oggi; la Sei acquisisce Cimitero e Scalo Vanchiglia; la Collina unifica tutta la zona collinare, comprendendo la Otto (San Salvario), un pezzo della Nove a est della ferrovia (Nizza-Millefonti) e parte della Sette (Vanchiglia e Vanchiglietta).
Le nuove circoscrizioni saranno operative già con la nuova amministrazione municipale che uscirà dalle urne di maggio 2016.


La domanda che molti, cittadini ed amministratori di piccoli comuni, si sono posti è per quale motivo Poste Italiane, che hanno si la forma societaria di una spa, ma sono investite di un ruolo sociale (e costituzionalmente garantito) da un lato investono e finanziano operazioni come quella di Alitalia e dall’altro stanno poco per volta diminuendo il servizio nei comuni piccoli e piccolissimi. Il recente provvedimento che ha introdotto, da inizio ottobre, la consegna della corrispondenza a giorni alterni in una novantina di comuni, concentrati nelle aree collinari delle Province di Alessandria, Asti e Cuneo, ha suscitato una vera e propria levata di scudi. Così in un incontro che si è svolto ad Asti, organizzato da Anci Piemonte, è stato deciso di ricorrere al Tribunale amministrativo regionale del Lazio per ottenere il ritiro del provvedimento.
culturelle”, evidentemente “piémontaise”, che ci differenza dalle altre regioni e dalle altre grandi città italiane. Le nostre sono infatti le sole realtà guidate da un Presidente e da un Sindaco nati negli anni ’40, provenienti dal PCI, già politicamente attivi negli anni ’70 del secolo scorso, e che hanno iniziato a interessarsi di politica intorno al 1968, lo stesso anno nel quale suppergiù nascevano, tanto per fare un paio di esempi, Zaia Presidente del Veneto, Bonacina Presidente dell’Emilia Romagna, De Magistris Sindaco di Napoli… Il che non vorrebbe ancora dir nulla: dato che anch’io appartengo a quello generazione politica, come per altro lo stesso Vanelli, non credo che il giudizio su una classe politica sia solamente una questione anagrafica od ormonale… Il fatto è che questi personaggi, come si suo dire, nel bene e nel male hanno già dato, hanno già esercitato importanti
ruoli in anni apparentemente migliori, e non penso che da qualche tempo abbiano più gran che da dire. Insomma, sono in disaccordo con Vanelli quando pochi giorni fa vi ha dichiarato che il ciclo politico-amministrativo avviato negli anni 90 “rischia nei prossimi anni di veder lentamente esaurire la spinta propulsiva e innovativa che la accompagnava”. Perché quella spinta, se c’è stata, è già esaurita, e non lo sostengo solo io, lo hanno dichiarato “compagni di strada” di Chiamparino come il professor Giuseppe Berta, che è stato anche vicepresidente di Torino Internazionale (cito dal suo articolo La fine di un ciclo politico, in “La Stampa” 9 aprile 2009): “Questa spinta, assai robusta in passato, si è attenuata visibilmente negli ultimi tempi. Al punto che potremmo indicare il suo termine nel 2008“. Ma, si noti, Berta non imputa quella fine alla più generale crisi economica, alla grande recessione iniziata nel 2007 e in quel 2008 esplosa, tiene a precisare che, certo, crisi globale ha pesato su un’area metropolitana come quella di Torino, ma che, testualmente “quel ciclo amministrativo stava esaurendosi per conto suo, indipendentemente dalla crisi”. E Chiamparino resta Sindaco sino al 2011, quando gli da il cambio Fassino, poi dal 2014 diviene Presidente del Piemonte. Nel frattempo, tra il 2012 e il 2014 diventa Presidente della Compagnia di San Paolo, fatto non irrilevante… Perché trovo assurdo quando si discute di cultura prendersela soltanto con i politici e le amministrazioni pubbliche dimenticando le Fondazioni, che meriterebbero -è un chiaro invito- molto maggiori attenzioni…
–Dov’è oggi il dibattito culturale? Esiste ancora in città e chi lo coltiva a Torino?
personaggi provenienti dalla televisione: Minoli a Rivoli, Braccialarghe all’Assessorato alla Cultura del Comune, Milella al Salone del Libro… con quali risultati poi abbiamo visto e vedremo. La grandezza di un orizzonte culturale che coincide con il piccolo schermo… (oltre al resto il pubblico televisivo è un pubblico in invecchiamento…). Oppure l’apologia dello “sbigliettamento” , sino ai dati quasi sempre e dappertutto gonfiati, o dopati dalle truppe cammellate delle scuole e dei pullmann dei pensionati… E infine, le scelte “sicure”, per cui secondo Fassino e i Comune di Torino gli avanguardisti sono gli impressionisti, e Artissima è bellissima, nella complessiva sensazione di vivere ormai solo tra madame attempate e ritoccate molto attente al mercato, in senso lato, e così i poveri pagano il divertimento dei ricchi. A me, alcuni di questi ex PCI non paiono dei convertiti, ma dei rinnegati.
È evidente: la città produttiva per eccellenza è diventata una piazza distributiva e commerciale, sovente minore, dal punto di vista culturale. Ma guardate le mostre allestite in occasione di una di quelle Esposizioni che hanno costruito il mito della modernità: Torino si presenta al mondo con Modigliani, Monet, Tamara de Lempicka, Raffaello…ma in che cazzo di anno siamo? Mentre a Milano si fanno l’Arte e il Cibo, e la Grande Madre Femmina: le Figure eterne, piaccia o non piaccia, dell’Identità Italiana (e a me non è che piaccia sempre molto questo passaggio dal popolo dei santi eroi navigatori a quello dei cuochi sarti camerieri…) Sono contento che Vanelli abbia riesumato le “culture sommerse” torinesi, che furono oggetto di un duro scontro culturale tra socialisti e comunisti torinesi all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso. E mi fa piacere che molte di quelle tesi siano poi passate, anche troppo: penso alla necessità che sostenni allora di investire sull’Arte Povera… Ma si dimentica che un capitolo di quel documento che contribuii a elaborare, e il cui titolo completo era Recuperiamo le culture sommerse di Torino indicava nel rapporto tra progetto e conflitto -non consenso quindi- uno dei caratteri di una nuova politica culturale. Aggiorniamo il discorso: il sintomo peggiore della crisi culturale attuale, prima della mancanza di fondi, è la mancanza di una cultura di opposizione. Di nuovo, non lo affermo solo io, ma un altro rivoluzionario del tipo di Giuseppe Berta,
Luca Ricolfi… E manca una cultura del progetto, capace di atti di indirizzo, di scelte: è per questo che, come del resto sostenete voi, c’è la tendenza a far sopravvivere a stento mille strutture culturali, a farle agonizzare… Ma credo sia il momento di una “resa dei conti”: e a esempio e per fortuna alcuni nuovi oppositori come la Chiara Appendino nel Consiglio Comunale di Torino conti li sanno fare, anche per mestiere… Ci sarebbe bisogno pure di un’opposizione di destra, anche se oggi Renzi rischia di coprire questo spazio, come del resto ieri Chiamparino, tant’è che un berlusconiano dichiarato come il critico d’arte Luca Beatrice dichiarò a “la Repubblica” l’11 maggio 2014: “darò il voto a Chiamparino come presidente, l’unico amministratore serio in grado di contrastare l’ondata crescente di grillismo”.







