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Una ricerca torinese scopre geni e mutazioni che causano l’autismo

Su Cell uno studio che chiarisce le basi genetiche. L’approccio multicentrico internazionale fornisce nuove prove sulle basi genetiche dell’autismo

Sono stati scoperti geni e le relative mutazioni genetiche che causano l’autismo. Si tratta di uno studio multicentrico internazionale, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Cell, che, grazie alle nuove tecnologie di sequenziamento del DNA, ha permesso di identificare i meccanismi biologici responsabili e chiarire le basi genetiche dell’autismo. Tra i protagonisti di questo studio mondiale anche la Città della Salute e l’Università di Torino.

L’autismo è un frequente disturbo del neurosviluppo che esordisce nei primi anni di vita e colpisce l’1% della popolazione nelle sue varie forme di presentazione ed è caratterizzato da compromissione della qualità dell’interazione sociale, alterazione della qualità della comunicazione e modelli di comportamento ed interessi limitati, stereotipati e ripetitivi che impediscono di interagire adeguatamente con le persone e l’ambiente. Il disturbo si manifesta con una vasta gamma di presentazioni cliniche e livelli di gravità, tanto da essere definito come spettro autistico, definizione recentemente introdotta nella pratica clinica ed indubbiamente più appropriata. Questa evoluzione concettuale sottolinea che la presentazione dei disturbi dello spettro autistico è estremamente eterogenea e correlata a centinaia di specifici sottogruppi clinici al suo interno. Negli ultimi anni, grazie ai progressi tecnologici che permettono di studiare su larga scala il genoma umano, è stata dimostrata la base genetica di molte condizioni caratterizzate da manifestazioni che rientrano nei disturbi dello spettro autistico.

 

Oggi viene fatto un importante passo avanti nella comprensione di questo gruppo di malattie grazie al lavoro di un grande consorzio internazionale, l’Autism Sequencing Consortium (ASC), fondato e co-coordinato da Joseph Buxbaum (Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York), al quale hanno aderito alcuni gruppi italiani, tra i quali quelli dei professori Alfredo Brusco e Giovanni Battista Ferrero (Città della Salute ed Università di Torino) e Alessandra Renieri (Università di Siena).

 

La base dello studio è l’analisi di oltre 35.000 soggetti attraverso una tecnica di sequenziamento del DNA nota come analisi dell’esoma.

L’analisi dell’esoma è una tecnica recentemente sviluppata per lo studio delle malattie genetiche che consente di “leggere” la parte del DNA che codifica per proteine ed identificare eventuali mutazioni associate ad una malattia genetica.

 

LA RICERCA

 

Il lavoro è iniziato nel 2015, grazie alla collaborazione dei gruppi italiani con il Consorzio ASC, in particolare con la dottoressa Silvia De Rubeis della Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York. Con il coinvolgimento di molti Centri clinici è iniziata la raccolta di famiglie con soggetti affetti da disturbo dello spettro autistico e dei loro genitori da vari Paesi nel mondo. In particolare, in Piemonte il Progetto di Ricerca, denominato NeuroWES, è stato coordinato dai gruppi dei professori Ferrero e Brusco (Città della Salute ed Università di Torino), che hanno esteso la collaborazione ai neuropsichiatri, genetisti e pediatri di tutta la regione. “Alle famiglie è stata proposta la possibilità di essere inserite nello studio, dopo un’attenta ed approfondita rivalutazione clinica dei casi e la spiegazione dei risvolti della ricerca” riferisce il professor Ferrero del Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’ospedale Regina Margherita della Città della Salute di Torino. Il DNA delle famiglie selezionate è stato inviato al consorzio, che ha provveduto all’analisi dell’esoma. La parte più complessa dell’intero processo è stato l’approfondimento dei risultati di queste analisi, dato l’elevatissimo numero di soggetti analizzati e la complessità della loro elaborazione bioinformatica.  E’ stato così possibile identificare oltre 100 geni associati ai disturbi dello spettro autistico, 30 dei quali mai descritti prima. I geni identificati sono espressi precocemente nello sviluppo del cervello, e molti hanno un ruolo nella regolazione dell’espressione genica legata proprio ai meccanismi che regolano lo sviluppo del sistema nervoso centrale, o sono coinvolti nella comunicazione tra neuroni. Questi geni sono caratterizzati dall’essere colpiti da mutazioni altamente distruttive e frequentemente de novo, cioè non ereditate dai genitori. Questo implica che almeno una parte di queste malattie sia dovuta a mutazioni casuali avvenute nelle cellule riproduttive, e spiega la scarsa ricorrenza della malattia in famiglie.

 

LE PROSPETTIVE

 

I dati ora pubblicati sono solo la punta di un iceberg: “in collaborazione con il gruppo del professor Marco Tartaglia (Ospedale Pediatrico Bambin Gesù, Roma) e del dottor Tommaso Pippucci (Università di Bologna) stiamo rianalizzando i dati dei casi piemontesi” riporta il professor Alfredo Brusco “e grazie alla collaborazione con la Genetica Medica della Città della Salute di Torino, diretta dalla professoressa Barbara Pasini, stiamo riportando alle famiglie dei pazienti una diagnosi definitiva in circa il 30% dei casi analizzati. Nello stesso tempo stiamo lavorando su nuovi geni associati a disturbo dello spettro autistico che stiamo attivamente studiando presso il Dipartimento di Scienze Mediche dell’Università e della Città della Salute di Torino, grazie al finanziamento come Dipartimento di Eccellenza” aggiunge il professore. Parallelamente tutte le famiglie in cui è stata identificata una mutazione nel DNA vengono richiamate sia per comunicare la diagnosi genetica che per rivalutare i dati clinici dei soggetti affetti, alla luce dei dati biologici, al fine di identificare e caratterizzare le specifiche condizioni genetiche associate a disturbi dello spettro autistico.  L’identificazione di nuovi geni associati a forme di disturbo dello spettro autistico è solo all’inizio e si prevede siano oltre 1000 i geni implicati in queste malattie eterogenee. Infatti buona parte di queste malattie sono probabilmente associate a diverse varianti in geni importanti per il neurosviluppo che diventano patologiche solo quando combinate assieme. Le sfide del prossimo futuro, che potranno essere affrontate proprio grazie alle collaborazioni internazionali come questa sono molteplici. La prima è la comprensione dei meccanismi che portano allo sviluppo della malattia. Esistono ipotesi multiple sull’origine della malattia, e nessuna esclude l’altra: tra queste, difetti della migrazione neuronale, alterazione del citoscheletro, di canali ionici, di interazioni tra sinapsi. I nuovi geni identificati suggeriscono uno sbilanciamento tra segnali eccitatori ed inibitori nella trasmissione sinaptica tra i neuroni.

Identificare nuovi geni significa quindi comprendere meglio la neurobiologia di queste malattie e fornire risposte alle famiglie con pazienti affetti da disturbo dello spettro autistico.

Il “made in Italy” era cinese o indiano Sequestrati oltre 120 mila articoli falsi

Le etichette e gli imballi indicavano chiaramente l’origine italiana dei prodotti. Tutto falso, migliaia di tende e tappeti provenivano direttamente dalla Repubblica Popolare Cinese o dall’India

Questo è quello che ha scoperto la Guardia di Finanza di Torino nei giorni scorsi.

L’operazione, condotta dai Finanzieri del Gruppo Pronto Impiego Torino, ha avuto inizio nelle scorse settimane quando, in alcuni negozi del capoluogo piemontese sono stati rinvenuti in vendita sugli scaffali, centinaia di articoli di arredo per interni, tra questi, tende in organza di seta, tovaglie e tappeti in lana e cotone distribuiti da tre imprenditori di etnia cinese con i depositi a Settimo Torinese.

Tutti gli articoli riportavano, falsamente, la produzione “Made in Italy” dei tessuti, come false erano anche le indicazioni merceologiche dei prodotti. A rafforzare l’inganno verso i clienti circa l’italianità degli articoli, anche le confezioni riportanti simbologie inequivocabili, come le bandiere tricolori.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Torino, hanno portato i Finanzieri all’interno dei depositi dove sono stati sequestrati oltre 120.000 articoli falsi e pronti per essere distribuiti in vari punti vendita del nord Italia.

E’ stato inoltre accertato che, per evitare i controlli della Dogana Italiana, gli articoli venivano importati per il tramite di un distributore, sempre di etnia cinese con sede in Ungheria, il quale si occupava così di “europeizzare” il prodotto proveniente dall’Oriente in maniera tale da farlo circolare liberamente all’interno del “Vecchio continente”.

I 4 imprenditori coinvolti nell’operazione della Guardia di Finanza torinese sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per frode in commercio. Rischiano fino a 2 anni di reclusione oltre alla confisca del materiale sequestrato. La commercializzazione dei falsi articoli avrebbe garantito un profitto di oltre 1 milione e mezzo di euro.

Inoltre nel corso dell’intervento, che ha visto il coinvolgimento di un commerciante con un market a Feletto nel torinese, i Finanzieri hanno sequestrato, oltre ai prodotti tessili con false indicazioni di provenienza, ulteriori 250.000 articoli non conformi in materia di sicurezza prodotti e potenzialmente pericolosi per la salute degli acquirenti.

L’attività della Guardia di Finanza oltre a contrastare tutte quelle forme di concorrenza sleale è anche mirata alla tutela del “Distretto Industriale del Tessile”, da tempo è uno dei principali obiettivi strategici dei compiti di polizia economico finanziaria esclusivi del Corpo.

Nuova emergenza smog: stop ai diesel euro 4 fino a giovedì

Ennesima  emergenza smog in città, martedì 28 gennaio, dopo che per sei giorni Arpa Piemonte ha rilevato nell’aria livelli di micropolveri oltre i limiti ammessi

Sono state registrate punte di 100 microgrammi al metro cubo. Per questo, fino a giovedì 30 gennaio, in base all’accordo dei comuni della Città Metropolitana che applica il protocollo di bacino padano, dalle ore 8 alle ore 19 non potranno circolare le auto e i mezzi per il trasporto merci  diesel e omologazione fino a euro 4 compreso.

Il blocco nel capoluogo riguarda anche altri 22 comuni dell’Area metropolitana. Si tratta di Beinasco, Borgaro, Collegno, Grugliasco, Moncalieri, Nichelino, Orbassano, Rivalta, Rivoli, San Mauro, Settimo, Venaria Reale, Caselle, Chivasso, Leinì, Mappano, Pianezza, Volpiano, Carmagnola, Vinovo, Chieri e Ivrea.

 

(Foto Fabio Liguori)

La determinante memoria della Shoah

Settantacinque anni fa, il 27 gennaio del 1945, le truppe russe varcavano i cancelli di Auschwitz, portando davanti agli occhi e alla coscienza del mondo l’orrore uno dei più orribili buchi neri della storia

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Di Marco Travaglini

La memoria è determinante… perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Con la memoria si possono fare bilanci, considerazioni, scelte, perché credo che un uomo che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita”.

Così scriveva, con grande chiarezza, Mario Rigoni Stern. Una di queste date determinanti per la memoria è stata scelta per celebrare la Giornata della Memoria, stabilita per legge dalla Repubblica italiana nel 2000 allo scopo di ricordare l’orrore della Shoah. Settantacinque anni fa, il 27 gennaio del 1945, le truppe russe varcavano i cancelli di Auschwitz, portando davanti agli occhi e alla coscienza del mondo l’orrore uno dei più orribili buchi neri della storia. Quei corpi ammassati, i volti scavati e spenti dei pochi sopravvissuti, i resti di baracche, camere a gas, forni crematori rappresentavano l’oscenità dell’ideologia nazista e del suo razzismo omicida, esploso al centro dell’Europa, umiliando popoli, negando ogni barlume di civiltà. Auschwitz è stato uno dei più tragici emblemi della perversione criminale del Terzo Reich di Adolf Hitler, quintessenza della metodicità nell’azione assassina, dell’odio razziale divenuto sistema, della macchina lugubre e solerte dello sterminio di massa, sostenuta da una complessa organizzazione che coinvolse buona parte della società tedesca.

La storia dell’umanità e, in particolare, il “secolo breve” è costellata di stragi, uccisioni, genocidi. Il “secolo delle guerre”, ha visto dai primi anni del ‘900 fino al tramonto con gli ultimi bagliori delle guerre balcaniche più di 50 conflitti armati con oltre 185 milioni di morti, di cui l’80% civili. Le vittime dei conflitti, dell’odio e delle discriminazioni sono state tantissime, ma la Shoah – per la sua micidiale combinazione di delirio razzista, volontà di sterminio, pianificazione burocratica, efficienza criminale – resta un caso unico nella storia europea. Agli internati venivano negati il nome, gli affetti, la memoria e il futuro, il diritto a essere persone. L’unico sentimento del quale potevano disporre, secondo i loro carnefici, era la paura. Quando si nega a milioni di individui inermi non soltanto l’appartenenza al genere umano, ma lo stesso diritto di esistere, il passo successivo è l’uccisione a sangue freddo, senza nessuna remora o pentimento. Le misure persecutorie messe in atto dal regime fascista con le leggi razziali del 1938, la schedatura e la concentrazione nei campi di lavoro, favorirono enormemente l’ignobile lavoro dei carnefici delle SS. Dopo l’8 settembre, il governo di Salò collaborò attivamente alla cattura degli ebrei che si trovavano in Italia e alla loro deportazione, un altro capitolo di una vicenda orribile che rappresenta uno dei passaggi più bui e infamanti della nostra storia. Ancora oggi, e forse addirittura più che nel recente passato, il compito di custodire e tramandare la Memoria, perché non si attenui e non si smarrisca mai, è determinante per evitare il rischio di nuove tragedie. Lo è perché focolai di odio, intolleranza, razzismo sono presenti nella nostra società e il demone dell’antisemitismo è tornato ad affacciarsi in Europa e in Italia. Il 14 gennaio 2020 è stata pubblicata la prima ricerca italiana sulle discriminazioni curata da Euromedia Research per conto dell’Osservatorio Solomon. Secondo le rilevazioni si osserva la presenza di una percentuale di antisemiti dichiarati. Secondo il sondaggio l’1,3% degli italiani ritiene che la Shoah sia una leggenda, il 10,5% giudica, invece, che durante la Shoah non siano morti 6 milioni di ebrei, e il 49% è convinto che il settore economico-finanziario sia controllato totalmente dagli ebrei. Un dato impressionante se consideriamo che si tratta delle pietre angolari su cui il nazifascismo costruì la sua propaganda.

Riserva delle sorprese anche la percezione del numero degli ebrei italiani: il 36,6% degli intervistati ritiene che siano il 2%-10% della popolazione italiana. Oggi gli ebrei in Italia sono sotto le 30 mila unità, quindi appare ovvio una percezione esagerata riguardo alla loro presenza. Di fronte a questo quadro sarebbe un errore tremendo minimizzarne la pericolosità. Far riemergere dalle tenebre del passato fantasmi, sentimenti, rigurgiti razzisti e diffondere la predicazione dell’odio, amplificandola a dismisura con i nuovi mezzi di comunicazione in rete, inquieta e preoccupa. Contro il razzismo e la violenza dell’intolleranza servono coraggio e determinazione. E’ indispensabile consolidare i principi di democrazia, libertà, tolleranza, eguaglianza, convivenza. Per questo la Memoria, custodita e tramandata, è un antidoto indispensabile contro gli orrori del passato, rammentando la nostra Carta Costituzionale che, all’articolo 3, afferma solennemente che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Un’indicazione che rappresenta un monito. Il presente che viviamo tutti i giorni ci indica che di questo monito vi è più che mai bisogno.

 

Terrorismo e immigrazione clandestina, perquisizioni della Digos

Nella giornata di venerdì 24 gennaio, la Digos di Torino  dopo un’articolata attività di indagine coordinata dalla locale Procura della Repubblica, ha dato esecuzione a 5 perquisizioni a carico di 4 tunisini e 1 italiano

 

Sono domiciliati in provincia, ritenuti partecipi di un sodalizio criminoso attivo nel favorire l’immigrazione clandestina anche di soggetti segnalati per possibili legami con ambienti del radicalismo islamico.

In particolare, il gruppo di persone si occupava sia di reperire documenti contraffatti e alterati al fine di consentire il rilascio di permessi di soggiorno in favore di extracomunitari non aventi titolo sia di agevolare illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato francese di alcuni clandestini entrati irregolarmente nell’UE.

Tra questi anche soggetti segnalati per possibili legami con ambienti del radicalismo islamico. In particolare, in tale contesto, è stato acclarato che il sodalizio, con l’aiuto di altri connazionali dimoranti al confine italofrancese nei pressi diVentimiglia, ha agevolato l’ingresso clandestino in Francia anche di un tunisino sospettato in ambito internazionale di attività correlate al terrorismo, accompagnandolo oltre confine attraverso sentieri boschivi utilizzati dai passeur.

Il ruolo principale era rivestito dal cittadino tunisino FANNI Walid, di anni 40, rimpatriato sabato scorso,previo nulla osta dell’AG, dopo un periodo di trattenimento presso il locale CPR di corso Brunelleschi.

FANNI era noto alla polizia anche per essere il principale referente per i connazionali tunisini, tra cui molti studenti,che necessitavano di assistenza nella gestione delle pratiche relative alla loro regolarizzazione in Italia.

A tal riguardo, lindagine, oltre all’attività di produzione/reperimento di documentazione falsa/contraffatta, hapermesso di riscontrare che, all’atto della presentazione della richiesta di rilascio/rinnovo del titolo di soggiorno, molti tunisini spesso di fatto residenti all’estero, per poter avere il permesso di soggiorno in Italia, attestavano di essere domiciliati in questo capoluogo indicando come domicilio fittizio proprio l’indirizzo dell’abitazione di FANNI.

Le perquisizioni effettuate hanno permesso di recuperare importanti elementi a suffragio dell’ipotesi investigativa sul sodalizio dedito all’immigrazione clandestina. Sono statiinfatti sequestrati vari documenti di identità, richieste di rilascio del permesso di soggiorno, stampe di documenti falsi pronti ad essere “plastificati” nonché, nell’abitazione di un cittadino italiano anch’esso indagato nel medesimo procedimento, lastampante con cui venivano prodotti tali documenti.

All’esito dell’attività di PG, oltre al FANNI già espulso lo scorso 18 gennaio, anche un altro tunisino clandestino, senza fissa dimora, è stato collocato al CPR in attesa del rimpatrio.

 

Dalla Regione quasi duecento milioni per l’ambiente

In Consiglio regionale, in quinta Commissione, l’assessore Marnati ha illustrato le strategie finanziarie della Regione

Per l’anno in corso corrispondono a 180 milioni di euro le risorse a disposizione dell’assessorato regionale all’Ambiente, per un quarto circa di provenienza statale, la cui programmazione economica – finanziaria riguarda la Missione di bilancio “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente”.

Lo ha confermato l’assessore Matteo Marnati in Commissione Ambiente – presidente Angelo Dago – illustrando il documento di economia e finanza regionale 2020-22 per le sue materie.

La  strategia regionale sullo sviluppo sostenibile (SRSS) rappresenta il quadro di riferimento per le valutazioni ambientali partendo dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dall’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.

Sono stati definiti i seguenti programmi: lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio e dell’ambiente; la qualità dell’aria e la riduzione dell’inquinamento; i rifiuti; il servizio idrico integrato; la tutela e valorizzazione delle risorse idriche; la tutela, valorizzazione e recupero ambientale.

Alcuni dei risultati previsti sono la finalizzazione della strategia sui cambiamenti climatici, la completa attuazione delle politiche ambientali a livello di Bacino Padano, la realizzazione di una green economy regionale, l’estensione, potenziamento e adeguamento funzionale dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, la riduzione dell’inquinamento diffuso da prodotti fitosanitari, la mappatura e censimento dei manufatti contenenti amianto presenti in Piemonte.

I lavori sono continuati con l’esame degli emendamenti riguardanti la proposta di legge che prevede il contenimento dei cinghiali, chiedendo la correzione della normativa numero 32/82 “Modifica per la conservazione del patrimonio naturale e dell’assetto ambientale”. Le modifiche prevedono l’estensione dell’uso di mezzi motorizzati su strade comunali e vicinali non solo ai soggetti incaricati ad esercitare operazioni di controllo faunistico e al prelievo venatorio ma anche a chi svolge attività venatoria verso gli ungulati.

Emergenza smog cronica, Torino la più inquinata. L’allarme di Legambiente

La foto scattata dal report Mal’aria sul nuovo anno e sull’ultimo decennio: Torino è la città più inquinata del decennio, Alessandria la terza. Gennaio 2020: Frosinone, Milano, Padova, Torino e Treviso le città che hanno già registrato 18 sforamenti per il di PM10 

 

Nel 2019 sono stati  26 i centri urbani fuorilegge sia per polveri sottili (PM10) sia per l’ozono (O3). Prima Torino con 147 giornate fuorilegge (86 per il PM10 e 61 per l’ozono), seguita da Lodi e Pavia

Dal 2010 al 2019 il 28% delle città monitorate da Legambiente ha superato ogni anno i limiti giornalieri di PM10. Torino prima in classifica 7 volte su 10 con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città

Legambiente: “Servono interventi su tutte le fonti di inquinamento a partire dal traffico in città puntando su una nuova mobilità urbana”

In Italia l’emergenza smog è sempre più cronica e si ripresenta puntale ogni anno. A dimostrarlo i nuovi dati di Mal’aria, il report annuale di Legambiente sull’inquinamento atmosferico in città, che quest’anno scatta una triplice foto sul nuovo anno che si è aperto con città in codice rosso, sul 2019 e sul decennio che ci siamo lasciati alle spalle. Nelle prime tre settimane del 2020 Frosinone e Milano (19), Padova, Torino e Treviso sono i centri urbani che hanno superato per 18 giorni i limiti di PM10. Male anche Napoli (16) e Roma (15).

Un’emergenza smog che ha segnato anche il 2019, un anno critico sul fronte Mal’aria, con 54 capoluoghi di provincia hanno superato il limite previsto per le polveri sottili (PM10) o per l’ozono (O3), stabiliti rispettivamente in 35 e 25 giorni nell’anno solare. In 26 dei 54 capoluoghi, il limite è stato superato per entrambi i parametri. Torino con 147 giorni (86 per il 10 e 61 per l’ozono) è la città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge, seguita da Lodi con 135 (55 per PM10 e 80 per ozono) e Pavia con 130 (65 superamenti per entrambi gli inquinanti). E anche il decennio 2010-2019 ci lascia in eredità un bilancio negativo con il 28% delle città monitorate da Legambiente che hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Maglia nera a Torino, prima in classifica 7 volte su 10, con un totale di 1086 giorni di inquinamento in città.

Un inquinamento che minaccia la salute dei cittadini e l’ambiente circostante che trova nel trasporto stradale una delle principali fonti di emissioni di inquinanti atmosferici nelle aree urbane, senza dimenticare le altre sorgenti come il riscaldamento domestico, l’industria e l’agricoltura. Settori sui quali occorre intervenire in maniera sinergica. Per questo oggi l’associazione ambientalista ha lanciato anche le sue proposte: tra le azioni principali il potenziamento del trasporto pubblico locale rendendolo efficiente, capillare, a zero emissioni e riducendo così il numero di mezzi circolanti in Italia, ripensare le città in una chiave sostenibile, rendere consapevoli le persone, attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione sulle pubblicità spesso ingannevoli legate al mercato delle auto, eliminare i sussidi alle fonti fossili – nel 2018 parliamo di 18,8 miliardi di euro – destinando quando previsto all’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare del Paese, promuovere pratiche sostenibili in agricoltura.

“L’ormai cronica emergenza smog – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – va affrontata in maniera efficace. Le deboli e sporadiche misure anti-smog, come il blocco del traffico adottato nei giorni scorsi a Roma e in diverse città della Penisola, sono solo interventi palliativi che permettono di contenere temporaneamente i danni sanitari, ma non producono effetti duraturi se non all’interno di interventi strutturali. È urgente mettere in campo politiche e azioni efficaci ed integrate a livello nazionale che riguardino tutte le fonti inquinanti, programmando interventi sia sulla mobilità urbana sempre più pubblica, condivisa, a zero emissioni e multi-modale, che sul riscaldamento domestico, la produzione di elettricità e quella industriale e l’agricoltura. Solo così si potrà aggredire davvero l’inquinamento atmosferico e affrontare in maniera concreta il tema della sfida climatica”.

“Ad oggi – aggiunge Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico – l’Accordo bacino padano, con i suoi difetti e limiti, e gli Accordi per il Miglioramento dell’Aria sottoscritti da diverse regioni, rappresentano  un primo passo verso una uniformità di azioni e misure su tutto il territorio nazionale, ma bisogna fare molto di più migliorando al tempo stesso gli accordi che ad esempio non prevedono misure rispetto a settori inquinanti come il comportato industriale e quello energetico, le aree portuali e l’agricoltura. Aree spesso attigue e integrate ai centri urbani e che richiedono misure specifiche per ridurne le emissioni. Per quanto riguarda, invece, il tanto discusso blocco del traffico, tale misura per essere veramente efficace e incidere sulla riduzione delle emissioni in città, dovrebbe essere strutturata ed ampliata progressivamente nei prossimi anni affinché diventi permanente”.

Legambiente ricorda che l’inquinamento atmosferico è al momento la più grande minaccia ambientale per la salute umana ed è percepita come la seconda più grande minaccia ambientale dopo il cambiamento climatico. A pagarne le conseguenze sono i cittadini. Ogni anno sono oltre 60mila le morti premature in Italia dovute all’inquinamento atmosferico che determinano un danno economico, stimato sulla base dei costi sanitari comprendenti le malattie, le cure, le visite, i giorni di lavoro persi, che solo in Italia oscilla tra 47 e 142 miliardi di euro all’anno (330 – 940 miliardi a livello europeo).  La Commissione europea ha messo in atto molte procedure di infrazione contro gli Stati membri – tra cui l’Italia – per il mancato rispetto dei limiti comunitari in tema di qualità dell’aria. Stati membri già alle prese con azioni legali intraprese da associazioni e gruppi di cittadini che chiedono di poter respirare aria pulita.

Bilancio 2019 PM10 e Ozono

 Tornando ai dati di Mal’aria, entrando nello specifico degli inquinati monitorati nel 2019 dalle campagne di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio e Ozono ti tengo d’occhio, emerge come lo scorso anno per il PM10 siano state 26 le città capoluogo di provincia che hanno superato il limite giornaliero (35 giorni con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi metro cubo). A guidare la classifica per le polveri sottili anche per il 2019 c’è Torino (centralina Grassi) con 86 giorni di superamento, seguita da Milano (Marche) con 72 giornate e Rovigo (centro) con 69. Seguono con 68 giorni Frosinone (scalo) e Venezia (Beccaria e Tagliamento), Alessandria (D’Annunzio) con 66 mentre Padova (Arcella) e Pavia (P.zza Minerva) si sono fermate a 65 giorni; Cremona (P.zza Cadorna) 64 e Treviso (S. Agnese) 62 chiudono la top ten del 2019. Per l’ozono troposferico, un inquinante tipicamente estivo il cui limite previsto dalla legge è di 25 giorni all’anno con una concentrazione superiore a 120 microgrammi/metro cubo (calcolato sulla media mobile delle 8 ore), nel 2019 sono state ben 52 le città italiane che hanno superato il limite dei 25 giorni: Lodi e Piacenza sono in cima a questa classifica con 80 giorni di sforamento ciascuno, seguite da Lecco (73), Bergamo (72), Monza e Pavia con 65

2010/2019: Nei 10 anni di campagna di Legambiente PM10 ti tengo d’occhio su 67 città che almeno una volta sono entrate nella speciale classifica, il 28% di queste (19 città) hanno superato i limiti giornalieri di PM10 tutti gli anni, 10 volte su 10. Torino in questi 10 anni è stata prima 7 volte su 10 nella “speciale” classifica, collezionando in totale 1086 giorni di inquinamento in città mentre Frosinone, che nei dieci anni appena trascorsi è stata sul podio ben 7 volte, è la sola altra città ad aver sfondato il muro dei 1.000 giorni di inquinamento. Alessandria con i suoi 896 giorni di sforamenti nel decennio si colloca al terzo posto seguita da Milano (890), Vicenza (846 giorni) e Asti (836) che superano abbondantemente gli ottocento giorni oltre i limiti. Altre otto città (Cremona, Padova, Pavia, Brescia, Monza, Venezia, Treviso e Lodi) hanno collezionato più di due anni di “giornate fuorilegge” (oltre i 730 giorni totali). Unica nota positiva il fatto che negli ultimi 10 anni (dal 2010 al 2019) si nota come nel corso degli anni ci sia stato un netto miglioramento del numero delle città oltre i limiti del PM10. Si è infatti passati dalle 62 città fuorilegge del 2010 alle 26 del 2019 con un trend più o meno costantemente in calo negli anni, ad eccezione di qualche annata particolarmente critica.

“È avvilente – commenta Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e valle d’Aosta – vedere sul podio dell’inquinamento nazionale due città piemontesi.  Così come è avvilente continuare a parlare di un’emergenza che ormai da lustri si è cronicizzata e non ha più alcun carattere emergenziale. Lo smog nel bacino padano, ed in particolare in Piemonte e a Torino, è un problema strutturale, che sappiano affrontare il tema con la giusta programmazione e convinzione. Ed in quanto tale necessita di soluzioni strutturali. Ci vogliono visione ed investimenti: è necessario implementare una mobilità diversa, nuove abitudini per l’approvvigionamento energetico, un sistema di riscaldamento meno emissivo, un’agricoltura in grado di limitare il suo impatto. Che il Green New Deal promosso dall’UE non rappresenti l’ennesima occasione persa!”

Il report Mal’aria su: https://www.legambiente.it/malaria-di-citta/

Riprendono anche in Italia i lavori della Torino – Lione

L’avanzamento dei lavori  della Torino-Lione riprende anche in Italia

L’appalto è stato assegnato da Telt, la società incaricata, per le nicchie di interscambio nel cantiere di Chiomonte al raggruppamento italo-svizzero-francese.

Ne fanno parte Salini Impregilo, Vinci Constructions France TP, CSC Entreprise de Constructions, Dodin Campenon Bernard.  Si tratta di un  contratto da 40 milioni di euro. Il sito della Maddalena diventerà  il cantiere principale in Italia. Ora il cunicolo geognostico ultimato nel 2017 avrà funzione di galleria di servizio al tunnel di base per tutte le movimentazioni dei camion del cantiere. Per  la prima volta, si sperimenta in Valle di Susa  il ‘Patto per il Territorio’ per la Torino-Lione, siglato tempo fa da Regione Piemonte, Commissario di Governo e Telt. Si attribuiscono punteggi in sede di gara per valorizzare le ricadute ambientali e sociali dell’opera, grazie a specifiche clausole.

Commenta Marco Gabusi, assessore regionale ai Trasporti:

“L’affidamento dei lavori della galleria di servizio a Chiomonte segna concretamente il punto di non ritorno della Torino Lione. L’opera ora è davvero irreversibile, come avevamo detto al Presidente della Regione Auvergne-Rhône-Alpes Laurent Wauquiez, nell’incontro di settembre che sanciva la comune volontà di realizzazione della linea.

Questa assegnazione rappresenta non solo la ripresa dei lavori e il preludio alla gara per la realizzazione del tunnel di base, ma è anche una boccata di ossigeno per il territorio, che attende da tempo le ricadute lavorative e di sviluppo locale collegate a quello che sarà il più grande cantiere degli ultimi decenni. Parliamo di attività dietro alle quali ci sono famiglie e persone, tenaci e coraggiose, che hanno scelto di rimanere sul territorio, nonostante le difficoltà, e che ora potranno finalmente vedere concretizzarsi ciò che è stato loro promesso molti anni fa. 

Ora è importante continuare a recuperare il tempo perduto e riprendere il processo delle opere di accompagnamento per il territorio. Il governo nei giorni scorsi ha anticipato la volontà di nominare a breve il Prefetto di Torino quale nuovo Presidente dell’Osservatorio. Auspichiamo che ciò avvenga al più presto, perché i lavori non possono attendere oltre”.

Lavoro, l’arcivescovo striglia banche e politici

L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, visto il perdurare “delle crisi di diverse imprese” chiede a politica e sistema bancario di intervenire per la “tenuta dell’intero nostro sistema economico e sociale”

 

Afferma Nosiglia: “Lasciare andare alla deriva persone e famiglie di lavoratori significa impoverirci e indebolirci tutti”.

“Ho il dovere di invitare tutti i deputati e senatori piemontesi di ogni schieramento – aggiunge –  a unirsi per sollecitare, anche mediante una interpellanza parlamentare unitaria, il Governo affinché affronti con determinazione queste situazioni e ne accompagni lo sviluppo verso una soluzione positiva”.

 

Alle banche, invece, l’arcivescovo chiede  “di farsi carico nel sostenere eventuali investimenti di imprese che si propongono di continuare o assumere il lavoro in queste aziende in difficoltà: facciano sentire la loro voce insieme alla Regione e ai Comuni coinvolti anche la Confindustria e le  associazioni del mondo del lavoro”.

Picchia la compagna: “Tieni la giacca troppo aperta”. Fermato dalla polizia

Sabato pomeriggio personale della Squadra Volante è intervenuto nel quartiere San Salvario per la segnalazione di una donna in difficoltà e picchiata da un uomo

Sul luogo, una donna extracomunitaria sulla trentina richiamava l’attenzione degli agenti, ai quali chiedeva disperatamente aiuto; vicino a lei un cittadino sudamericano che le inveiva contro con fare molto aggressivo.
L’uomo veniva subito fermato. Grazie alla testimonianza di due persone è stato possibile ricostruire la dinamica dei fatti: il cittadino sudamericano si trovava in un locale a bere da circa un’ora con amici quando era stata raggiunto dalla compagna che gli aveva chiesto una cortesia.
Alla vista della donna con la giacca parzialmente aperta, l’uomo iniziava ad inveire contro di lei in preda ad uno scatto di gelosia. Stanca delle ripetute vessazioni e aggressioni, la donna prendeva il cellulare per chiamare la polizia, senza riuscirsi per l’intervento dell’uomo che, dopo averle sottratto l’apparecchio, iniziava a colpirla ripetutamente agli arti inferiori e superiori per renderla inerme.