POLITICA
Leggi l’articolo su “L’identità”:
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Rivoli, 16 luglio 2024 – Dopo che il Partito democratico ha aumentato la TARI a Torino, anche a Rivoli verranno aumentate le tasse? Lo chiede in un’interrogazione gruppo consigliare di Fratelli d’Italia “Lo scorso 26 giugno Stefano Lorusso sindaco di Torino del Partito democratico ha disposto l’aumento della TARI per i torinesi. Forse anche a Rivoli la nuova giunta di centro-sinistra proporrà un aumento della TARI?” – se lo chiedono provocatoriamente Federico Depetris, Valerio Calosso e Vincenzo Vozzo consiglieri comunali di Fratelli d’Italia – “Durante la campagna elettorale il nuovo sindaco Alessandro Errigo ha fatto numerosissime promesse come l’istituzione di asili nido gratis e la costruzione di nuove case popolari. Tutte iniziative lodevoli per le quali, tuttavia, non è stato spiegato con quali soldi saranno realizzate. Non vorremmo che si iniziasse a mettere le mani nei portafogli dei rivolesi iniziando proprio dalla TARI. Per scoprirlo ho presentato un’interrogazione al Sindaco”. “Un eventuale aumento della TARI ci troverà sicuramente contrari – hanno spiegato dal gruppo consigliere rivolese di Fratelli d’Italia – anche perché l’aumento delle tariffe andrebbe a colpire, oltre alle famiglie, anche i tanti piccoli esercizi commerciali che con le unghie e con i denti stanno cercando di resistere e di non chiudere i battenti. Se continuiamo a veder chiudere gli esercizi commerciali di prossimità, il centro storico ma anche tutte le altre zone commerciali della città rischiano di desertificarsi.” |
“Sulla bretella Ivrea-Santhià, con i lavori al viadotto Camolesa in ritardo di sei mesi, lo scaricabarile del Pd a danno dei territori è semplicemente grottesco. La Città Metropolitana, come noto, detiene il 17,65% delle quote di Ativa, concessionaria uscente dell’autostrada A5 e del raccordo A4/A5 Ivrea-Santhià: dire che Città Metropolitana è semplice spettatrice in Ativa o, addirittura, promettere di portare il tema all’attenzione del primo Consiglio Regionale del Cirio bis, suona come una presa in giro, un fuggi fuggi disordinato di chi non vuole restare col cerino in mano. Siamo di fronte a una politica ‘creativa’: da un lato c’è un sodalizio tra Città Metropolitana e Ativa a vicende alterne, ovvero solo quando fa comodo, dall’altro una Città Metropolitana, con partecipazione diretta oltre al 17%, che si defila tirando però per la giacchetta la Regione Piemonte. Un capolavoro di opportunismo. Siamo ormai abituati all’inerzia della Città Metropolitana su lavori fondamentali, basti pensare ai ritardi clamorosi della galleria Monte Basso che paralizzano le Valli di Lanzo, ma assistere anche a certi teatrini è troppo. Il Pd faccia mea culpa e risponda alle sacrosante sollecitazioni da parte degli amministratori locali”. Ad affermarlo Roberto Ravello, Consigliere di Fratelli d’Italia in Consiglio Regionale del Piemonte
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PRIMA PAGINA-Il futuro del Paese e la storia in Comune. Intervista a Roberto Pella
Il nostro Bel Paese non si smentisce mai. Prima intitolava gli aeroporti a Leonardo da Vinci o a Sandro Pertini. Ora a Silvio Berlusconi: evoluzione o involuzione della specie dell’Homo italicus. Io opterei per la seconda. Un altro “capolavoro”di Conan il Barbaro, alias Matteo Salvini che continua ad essere fieramente Putiniano. Putiniano e filo Trump che si è beccato una pallottola di striscio sull’orecchio. Buon per lui, nessuno civilmente parlando gli augura la morte ma vien voglia di dire: chi semina vento raccoglie tempeste. Dettaglio: Trump e Salvini sono tanto ma tanto sodali e coccolati da Orban mettendo in difficoltà la sodale italiana di Biden: chiamatemi Giorgia. Si dimetterà da deputata europea? Vedremo, e magari sbaglierò ma farà astenere i suoi sull’elezione del commissario europeo, si accettano scommesse. Con la sola certezza: i suoi Fratellini d’Italia diranno: è talmente perfetta che rasenta la perfezione.
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Ieri passo da Porta Palazzo. Tanti ricordi da bambino quando prendevo il treno o il pullman dalla Stazione Cirié Lanzo. Il ricordo delle prime vacanze a Viu. Ora è diventato un rifugio per senza dimora. Anche qui è cambiato molto, ma mi sa, decisamente in peggio. Difficile se non impossibile essere ottimisti sul futuro prossimo.
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Ogni giorno muore, sul posto di lavoro un lavoratore ed ogni giorno un femminicidio o una donna che riesce a sfuggire al proprio omicidio. Due tragici fenomeni che ci sono sempre stati ma, mi sa, peggiorati ultimamente.
Poi scopriamo che lavoro nero e caporalato la fanno da padrone anche in Piemonte. Non facciamo i farisei, anche qui sono almeno 70 anni che si ripete questo esecrabile fenomeno. Il mio amico Renzo Minetti agronomo e grande e storico gestore della coop Agriforest era sul pezzo nel 1975 a Bra durante la raccolta della frutta. Tende per il riparo notturno degli stagionali, appunto che lavoravano in nero e vessati dai caporali. Si organizzavano scioperi per i diritti di questi sfruttati. Ora in Langhe o nel Monferrato.
Cambiati gli attori, oggi molti extracomunitari ma in alcuni casi sempre gli stessi capi: agricoltori senza scrupoli. E la paura che il più delle volte diventa certezza, tanto rumore per nulla poiché nulla cambierà, nulla migliorerà.
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Lo siamo veramente un Bel Paese.
Speriamo che l’Italia cambi. Volti pagina magari diventando più civile. A volte, però, mi sembra che questa speranza sia mal riposta.
Ricordiamo il cinico Tancredi del Gattopardo. Parto zione ( il principe) mi arruolo nei Garibaldini”. Parto affinché tutti credano nel cambiamento e invece non cambi nulla.
PATRIZIO TOSETTO
“È di tutta evidenza che di fronte alle grandi sfide che attendono Torino e il Piemonte la cosiddetta
‘coesione istituzionale’ tra il Sindaco della città capoluogo Stefano Lorusso e il Presidente della
Regione Alberto Cirio non solo è necessaria ma è addirittura indispensabile. Pena l’indebolimento
complessivo delle istituzioni da un lato e dell’intero territorio dall’altro.
Dal rilancio di una seria e credibile politica industriale al potenziamento delle grandi infrastrutture
e alla destinazione degli investimenti; dalla competitività/concorrenza con altri territori al
rafforzamento di una politica dei servizi a favore della persona e delle rispettive comunità locali.
Con il rispetto dovuto per la dialettica politica tra i vari partiti e il fisiologico confronto tra la
maggioranza e l’opposizione, è altrettanto evidente che chi teorizza, e pratica, la radicalizzazione
– anche violenta ed aggressiva – della lotta politica rischia semplicemente di non fare gli interessi
del nostro territorio. Anzi, li ostacola platealmente attraverso la logica pericolosa ed
antidemocratica della delegittimazione dell’avversario/nemico politico.
Ecco perchè, sia a destra, ma soprattutto nell’alleanza che vede riunite tutte le sinistre, si devono
rassegnare e prendere atto che senza una convinta e costruttiva ‘coesione istituzionale’ Torino e il
Piemonte saranno più deboli e meno competitivi. Per questo Lorusso e Cirio si stanno muovendo
bene e con un atteggiamento politico ed istituzionale responsabile ed intelligente”.
Giorgio Merlo, Dirigente nazionale Tempi Nuovi Popolari Uniti.
LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
Era così un tempo e resta così oggi. E sarà così anche domani. Ovvero, la legge elettorale – per quanto riguarda le dinamiche politiche – resta ”la madre di tutte le riforme”. Lo ricordava già Carlo Donat-Cattin in tempi non sospetti durante la lunga stagione della prima repubblica. Non si stancava di ripetere, lo statista piemontese, che “la presenza politica e culturale organizzata ed autonoma dei cattolici era nata con la proporzionale e sarebbe definitivamente finita con l’abolizione e il superamento della proporzionale”. E così è stato, quando ormai Donat-Cattin non era più tra di noi. Lo ha ricordato, per chi lo avesse dimenticato, nei giorni scorsi l’ineffabile Achille Occhetto in una intervista al Corriere della Sera. Dice l’ex leader comunista che la stagione post tangentopoli è stata molto importante, nonchè decisiva, perchè ha segnato “la fine dell’unità politica dei cattolici” e quindi della Democrazia Cristiana e, al contempo, ha certificato l’avvio “del bipolarismo tra destra e sinistra nel nostro paese cancellando definitivamente il centro”. Due risultati che gli ex e i post comunisti attendevano da decenni e che, finalmente, dopo il 1994 si sono concretamente avverati.
Ma, per non ripercorrere un passato persin troppo noto e conosciuto per essere ulteriormente approfondito, almeno su due elementi possiamo quasi tutti concordare se vogliamo restituire un giusto protagonismo ai cittadini/elettori nella scelta della classe dirigente politica. E questo lo possiamo dire a maggior ragione proprio adesso quando si discute, al di là del furore ideologico del neo “Fronte Popolare”, del futuro assetto istituzionale del nostro paese.
E, al riguardo, sono due le soluzioni concrete che permettono ai cittadini un rinnovato protagonismo, al di là della intera cornice della legge elettorale. E cioè, o le preferenze multiple come avveniva nella prima repubblica – perché la preferenza unica ha introdotto una pesante corruzione elettorale da un lato e ha innescato una violenta e spietata conflittualità all’interno dei rispettivi partiti dall’altro – oppure il ritorno dei collegi uninominali come prevedeva il cosiddetto “mattarellum”, ma senza alcuna lista bloccata. Sono questi, concretamente, i due modelli che garantiscono ai cittadini di potersi scegliere la classe dirigente parlamentare senza limitarsi a ratificare decisioni assunte da altri. Cioè dai capi partito. E questo, per tornare alle riflessioni di Donat-Cattin, è anche l’unico modo per cercare di fermare l’onda dei “partiti personali” e “dei partiti del capo”. Perchè quando la classe dirigente non viene più “nominata” ma viene “eletta” i partiti personali cessano d’incanto per ridare spazio e manovra ai partiti democratici, collegiali e liberali al proprio interno.
Ecco perchè il dibattito sul sistema elettorale, al di là delle tante chiacchiere sul modello istituzionale, non può più tardare. Perchè, e lo ripetiamo ancora una volta, dietro alla elezione dei futuri parlamentari in discussione c’è anche e soprattutto il radicale cambiamento del profilo organizzativo dei partiti. Ovvero, da partiti personali e del capo come sono oggi a partiti democratici e costituzionali. Com’erano, semplicemente e senza tante rivoluzioni frontiste, nella prima repubblica. E lo dico senza tentazioni o regressioni nostalgiche ma solo per un atto di realismo e di onestà intellettuale.