“Non abbiamo timore delle piazze. Già solo per il nostro percorso politico iniziato nelle scuole le guardiamo con simpatia e rispetto, saranno tanto più autorevoli quanto capaci di isolare e condannare le frange che si macchiano di fatti gravi come il manichino a testa giù del Presidente Giorgia Meloni. Al netto di questo il Ministero dell’Università e della ricerca è quel luogo dove ogni studente deve sentirsi a casa, anche tramite le sue rappresentanze. Noi ci siamo anche per questo: ascolteremo le posizioni di tutti, decideremo e lavoreremo” così il Sottosegretario al MUR Augusta Montaruli questa mattina a Skytg24.
Nella giornata di venerdì 18 novembre, in seguito all’approvazione di una mozione nell’ultimo Consiglio, è stata esposta fuori dalla sede della Circoscrizione 4 la bandiera del movimento Transgender.
Ciò ha suscitato la reazione dei consiglieri di Fratelli d’Italia e Lega, che hanno presentato un esposto presso i Carabinieri, parlando di violazione delle disposizioni previste dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri sui palazzi istituzionali.
”Le prescrizioni sull’utilizzo di vessilli e bandiere sui palazzi istituzionali parlano chiaro: non può essere esposta nessuna bandiera di movimenti, partiti, associazioni o che comunque non abbia carattere istituzionale” dichiarano i Consiglieri di Fratelli d’Italia Marascio e Maggia. ”Questa mattina insieme al gruppo della Lega, abbiamo presentato un esposto affinché la bandiera venga rimossa al più presto e sia rispettata la legalità. Per tutti e in ogni caso. Il centro civico non è un centro sociale!” concludono.
”Da amministratori siamo rammaricati del fatto che qualcuno pensi di disporre di una sede istituzionale a proprio piacimento. Non avremmo avuto nulla da ridire se la bandiera fosse stata esibita in Aula dai consiglieri di maggioranza, ma non possiamo tollerare che la casa di tutti i cittadini della 4 diventi ad uso esclusivo di qualcuno” dichiara il Consigliere della Lega Carlo Morando. ”Esigiamo il rispetto di regolamenti e prescrizioni che tutelino tutti, non siamo disposti a tollerare abusi pro domo sua”, conclude.
Il Centro e il Pd
In attesa che si celebri l’ennesimo congresso “rifondativo” del Partito democratico – ormai siamo talmente abituati che non fa neanche più notizia – un elemento sta emergendo in tutta la sua chiarezza.
E cioè, il Pd dopo questo congresso non sarà più quello fondato nel lontano 2007. Ormai quella stagione politica e culturale è archiviata ed è definitivamente alle nostre spalle. Al di là della comprensibile propaganda della nomenklatura di quel partito, è chiaro a tutti che ci sono almeno 3 elementi decisivi che segnano questa netta discontinuità.
Innanzitutto il profilo principale e prioritario del Partito democratico, ovvero la cosiddetta “vocazione maggioritaria”. Chiusa, archiviata, sepolta definitivamente. Un partito che, con la segreteria entusiasmante, coraggiosa ed innovativa di Valter Veltroni aveva l’ambizione di essere il perno centrale dell’alternativa politica e di governo alla coalizione di centro destra. Una scelta che, e non solo per l’ormai progressiva ed irreversibile caduta elettorale del partito, è tramontata perchè è venuta a mancare quella spinta originaria. Ovvero di un partito che pensava di rappresentare istanze, bisogni e domande di larghi settori sociali, culturali, professionali e che, invece, hanno col tempo abbandonato con determinazione e convinzione diventando, al contrario, il luogo della rappresentanza borghese, alto borghese, salottiera ed aristocratica, dei “garantiti” e di tutti coloro che ruotano attorno agli interessi delle zone “ztl”.
In secondo luogo, e come conseguenza diretta di questa trasformazione, il Pd non è più la sintesi delle principali culture riformiste del nostro paese. Progressivamente è emerso un profilo politico e culturale di sinistra. Una prospettiva del tutto legittima, come ovvio, ma si tratta di una sinistra che se da un lato è la continuazione della storica filiera del Pci/PDS/Ds/Pd, dall’altro si tratta di una sinistra prevalentemente moralista, giustizialista, libertaria e radicale. Non a caso, un fine osservatore come Luca Ricolfi parla giustamente di una sorta di “partito radicale di massa”. Da qui la perfetta convergenza con la “sinistra per caso” dei 5 stelle, ossia del partito populista e giustizialista per eccellenza. Una alleanza che, al di là delle piccole scaramucce personali dell’ultima campagna elettorale, è destinata ad essere sempre più solida e granitica.
In ultimo, ma non per ordine di importanza, l’assetto organizzativo interno del partito. Venuta meno quella pluralità culturale che rappresentava, tuttavia, una preziosa risorsa e, al contempo, una ricchezza per l’intero partito, ormai il Pd è una sommatoria infinita di correnti, o di bande, nazionali e locali che detengono le sorti del partito e che hanno le chiavi di casa per decidere se far traslocare altrove chi lo guida momentaneamente. A prescindere chi sia. Con tanti saluti alle cosiddette “correnti di pensiero” che, almeno all’inizio di questo percorso politico, dovevano dar vita ad un progetto politico fecondo e costruttivo. È sufficiente fare un solo esempio, quello dell’area popolare e cattolico sociale, per rendersi conto che quella tradizione ormai è del tutto inespressiva ed assente in quel partito, se non per la distribuzione delle candidature ai capi correnti, ai suoi famigliari e ai cortigiani di riferimento. Il potere delle correnti, o delle bande interne, è ormai assordante e chiunque arrivi alla segreteria deve farci i conti. Al di là, come ovvio, della liturgia sul superamento delle correnti, sul partito rifondato, sull’apertura alla società civile, sulla natura riformista del partito e i soliti slogan che ormai ascoltiamo puntualmente ad ogni cambio di segretario. Cioè, suppergiù ogni 18 mesi.
Ecco perchè il Pd è cambiato profondamente. Ed è destinato a cambiare sempre di più. Non a caso, il Centro, la politica di centro, la tradizione popolare e cattolico sociale e le componenti più riformiste ormai guardano altrove. Salvo gli eletti – garantiti nella quota proporzionale – di quel mondo culturale che, comprensibilmente, restano in quel partito. Ed è proprio su questo versante che il Centro politico e culturale deve organizzarsi sempre di più e darsi una struttura politica autorevole, qualificante e duratura. Al di là e al di fuori del Pd, come ovvio. Un luogo politico, però, che non può ridursi alla semplice espressione di partiti personali o di un banale prolungamento del carisma di un capo partito. Serve ricostruire e consolidare al più presto il Centro e una politica di centro dopo la trasformazione irreversibile del profilo e della natura del Partito democratico. Prima si fa e meglio è. Non solo per il futuro del Centro politico ma, soprattutto, per la qualità della nostra democrazia e l’efficacia della nostra azione di governo.
Giorgio Merlo
Venerdì 18 novembre dalle ore 17.30 alle 19 nella Sala delle Colonne del Municipio di Torino avrà luogo un evento organizzato dal Gruppo Consiliare Lista Civica per Torino dal titolo: “Le cause profonde del declino. Idee per riaccendere il motore dello sviluppo”. Introduce il capogruppo della Lista Civica per Torino ed esponente di +Europa/Radicali Silvio Viale, l’evento verterà sulla ricerca di Massimo di Braccio, CEO di Kkien, società torinese di ricerche di mercato, che avrà l’onere e l’onere di illustrare le ragioni del declino di Torino e di svelare il mistero a partire dal quale provare a rilanciarla. Verranno illustrati i dati relativi al sentiment della popolazione torinese, al di là delle solite metriche con le quali si cerca di capire la società. In particolare di una città, come quella di Torino, che in epoca di PNRR e di Big Data, deve prendere l’ultimo treno dell’innovazione e cercare di evolversi dalla primaria vocazione industriale che l’ha sempre contraddistinta. Parteciperanno Igor Boni, Presidente di Radicali Italiani, Anna Prat, esperta di rigenerazione urbana e Francesca Salvadori, autrice, docente, Fondazione Contrada Torino onlus.
Italia Liberale e Popolare: “Sull’Iran tutto tace”
“Un’altra importantissima sentenza dalla sezione lavoro del tribunale di Torino: riconosciuta la natura subordinata del lavoro dei fattorini della piattaforma digitale Foodinho. Un riferimento per arrivare a riconoscere il lavoro subordinato di tutti i rider che operano sulla piattaforma di Glovo” – dichiara il Vice-capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi, commentando l’esito della causa intentata da un lavoratore contro Foodinho Srl (piattaforma Glovo), patrocinata da Nidil Cgil Torino.
“Il Tribunale ha accertato che ‘tra le parti si è instaurato […] un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il diritto del ricorrente all’inquadramento nel VI livello del CCNL Terziario, distribuzione e servizi” – prosegue Grimaldi, che ha depositato alla Camera la proposta di legge “Disposizioni inmateria di lavoro mediante piattaforme digitali”. – “Il Giudice ha anche riconosciuto come tempo-lavoro tutto l’orario dalla loggatura all’effettiva conclusione degli slot lavorativi, ovvero tutto il periodo di disponibilità offerto dai rider, indipendentemente dall’effettivo tempo di consegna al cliente. Foodinho dovrà pagare al lavoratore in causa le differenze retributive. La battaglia per i diritti, le tutele e la dignità di tutti i rider e le rider va avanti. I tribunali si sono espressi, è ora che la politica si assuma la responsabilità di mettere nero su bianco questi diritti!”
“QUESTA AMMINISTRAZIONE VIVE SULLA LUNA?”
“Torino ha dovuto assistere all’ennesima passerella del Sindaco Lo Russo. Il primo cittadino ha deliziato il parterre delle OGR con una serie di affermazioni alquanto bizzarre o che, perlomeno, fanno trasparire quanto questa sinistra non sia in grado di affrontare i problemi reali dei torinesi e di dare soluzioni concrete ai problemi della città.
Tra i roboanti annunci che non trovano riscontro nella realtà, il Sindaco spiega come le anagrafi cittadine stiano lavorando a pieno regime, dimenticando che ancora non tutte le circoscrizioni possono contare su un sistema tanto necessario quanto essenziale. Probabilmente il Sindaco non vede la chilometrica coda che ancora ogni giorno si forma davanti all’anagrafe centrale.
Il sindaco Lo Russo poi procede con proposte difficilmente realizzabili, come la linea ad alta velocità per la tratta Torino-Savona, non accorgendosi dello stato degradante del trasporto locale cittadino. Infine, nell’analizzare gli stanziamenti alle manutenzioni, il Sindaco extraterrestre non vede, o finge di non vedere, la crescente pila di pratiche per risarcimento danni dovute a incidenti causati dalle buche disseminate nelle strade torinesi.
Insomma, con questa amministrazione viene spontanea una semplice domanda: ma vivono sulla luna?”.
Sen. Paola Ambrogio
C’era il popolo di Torino ai funerali di Casalegno
Il 16 novembre del 1977 fu ferito a morte Carlo Casalegno. Dopo, il lugubre comunicato delle Brigate Rosse. Abbiamo colpito un servo dei padroni.
Vice direttore della Stampa era colpevole di scrivere contro i terroristi e per la democrazia. Anni tremendamente drammatici. Torino ed il Piemonte ne furono protagonisti. Nel bene e nel male.
Ora come allora non c’erano dubbi. Il bene era l’antiterrorismo ed il male assoluto il terrorismo nero e rosso. Quella sera ero uscito con gli amici, amici e soprattutto compagne e compagni. Il giorno dopo sciopero operaio e studentesco. Lo ammetto subito che non fu un successone. Tanti e fin troppi i punti oscuri dentro il cosiddetto movimento. Aree di giustificazionismo? Direi proprio di sì. Una sorta, in alcuni casi fin troppo esplicita di complicità. Questo omicidio cominciò nel cambiare le cose all’interno, appunto del movimento.
Per primo il figlio di Casalegno. Era stato un dirigente di Lotta Continua che a Torino di fatto fu fondata nel 69. Un anno prima c’era stato il suo scioglimento al congresso di Rimini. I ragazzi che volevano fare la rivoluzione avevano capito che non potevano fare la rivoluzione. Prese corpo la cosiddetta Antonomia Operaia. Metà del servizio d’ordine di Lotta Continua aderì ad Autonomia Operaia e metà in Senza Tregua. Gente violenta . Entrambi teorizzavano e praticavano la violenza, la violenza di massa. Quella che per capirci si presentava ai cortei con le chiavi inglesi i caschi ed i passamontagna. Molti di loro erano armati e andavano in montagna e ” giocavano ” a fare i partigiani. Dove la drammaticità si incontrava con il ridicolo. Ebbene il figlio di Casalegno, in un articolo sul giornale Lotta Continua disse : basta con la violenza.
Avevo vent’anni, e ieri come adesso ho solo provato disprezzo per i terroristi o per chi voleva e credeva di risolvere tutto politicamente con la violenza. Ieri come allora mi sono chiesto : perché si comportano così? Dopo ho anche letto a tal proposito. La risposta, evidentemente è complessa. Dunque talmente articolata che è difficile cercare di fare una sintesi. La storia è anche storia di individui. Con i loro pregi e loro difetti. Difficile, se non impossibile trovare dei pregi nei terroristi. E tra i loro difetti ci metterei, al primo posto la stupidità mista ad arroganza.
Chi si credevano di essere nell’ergersi giudici e boia al tempo stesso? Me lo sono sempre chiesto trovando la sola risposta nella loro arrogante stupidità. Si sono inventati una realtà che non esisteva, scambiando le loro illusioni come volontà dei più. Basta ascoltare i loro proclami. Deliranti, e parlano a nome di tutta la classe operaia e a nome di tutto il popolo. La violenza è l’omicidio come tragica conseguenza. Sono anni che non si cancellano dalla memoria. A volte c’è la tentazione. Ma è inutile e probabilmente dannoso. Memoria del funerale di Carlo Casalegno con corso Vinzaglio invaso da una moltitudine di persone. Dagli operai in tuta all’impiegato in giacca e cravatta, alla casalinga.
Tanta ma tanta gente di ogni estrazione sociale e dunque anche politica. Li’ c’era proprio tutto il popolo di Torino. Con le istituzioni e lo Stato nelle sue diverse articolazioni. Capivi che la rassegnazione e indifferenza dei giorni precedenti diventava partecipazione e volontà d’agire. Anche per ciò il terrorismo rosso e nero è stato sconfitto.
PATRIZIO TOSETTO