LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
La questione sociale in Italia esiste di nuovo. Ad essere sinceri, non è mai scomparsa. I dati e i
numeri lo evidenziano e, purtroppo, anche le concrete condizioni di vita di ampi settori della
pubblica opinione lo confermano. Ma, al di là della burocratica presa d’atto di questa sempre
nuova emergenza, il nodo di fondo è come dare una risposta politica a questa situazione. E, su
questo versante, le risposte sono sostanzialmente sempre e solo tre.
Ci sono coloro che si limitano a fotografare la situazione. Denunciano, attaccano, si scontrano
con i presunti responsabili di questa emergenza – di norma sono sempre i soliti nemici politici – e
si limitano, appunto, a declinare un comportamento testimoniale e, al tempo stesso, dissacratorio.
Sono i cosiddetti opinionisti da salotto, i conduttori dei talk televisivi, i commentatori con contratti
da favola stipulati con i rispettivi editori. Insomma, i ricchi, quelli veri però, che difendono i poveri.
Verrebbe da dire, patetici e anche ridicoli.
La seconda categoria sono coloro – di norma i populisti, i massimalisti e gli estremisti – che
pensano di risolvere i problemi che sono innescati dalla questione sociale attraverso gli strumenti,
logori e diversamente clientelari, dell’assistenzialismo e del pauperismo. Lo abbiamo anche
sperimentato recentemente con i populisti dei 5 stelle quando erano al governo del paese. Bonus,
sussidi, regalie varie sintetizzati dall’ormai famoso e celebre “reddito di cittadinanza” che si può
estendere, sempre secondo il verbo populista e demagogico, anche nelle singole regioni. Ecco, si
tratta di un modello politico e culturale – o sub culturale – che non risolve affatto i problemi dei ceti
popolari e dei ceti meno abbienti ma, semplicemente, li tampona momentaneamente attraverso la
“politica delle mance”. Gratuite, senza controlli e deresponsabilizzante. Radicalmente
incompatibile con qualsiasi cultura dello sviluppo, della crescita e anche, e soprattutto, di una
vera e credibile politica delle redistribuzione della ricchezza e socialmente avanzata.
Infine, e resta questa la strategia più seria e più credibile per affrontare i problemi della questione
sociale, c’è il metodo scelto e praticato storicamente dalla sinistra sociale di ispirazione cristiana.
Cioè da uomini e donne della sinistra sociale della Dc, e da alcuni partiti succeduti alla Dc, che
legavano la questione sociale alla necessità di elaborare un progetto politico capace di aggredire
alla radice i problemi derivanti da quella piaga. Cioè far sì, per dirla con una felice espressione del
leader storico di questo filone di pensiero, e cioè Carlo Donat-Cattin, che “l’istanza sociale diventi
Stato”, da un lato, e che, dall’altro, “la politica sociale diventi un elemento costitutivo della politica
di sviluppo e di crescita per l’intero paese”. Ovvero, l’esatto contrario della ricetta populista e
massimalista legata esclusivamente alla stanca ed inerziale riproposizione della deriva
assistenziale e pauperista. Che non risolve affatto i problemi ma, molto semplicemente, li sposta
più in avanti a danno dell’erario pubblico e delle future generazioni.
Per queste ragioni, semplici ma oggettive, la ricetta della sinistra sociale della Dc di Carlo DonatCattin,
di Franco Marini, di Guido Bodrato, di Sandro Fontana, di Ermanno Gorrieri e di molti altri
uomini e donne di quella tradizione, continua ad essere un faro che illumina l’iniziativa politica di
chi vuole affrontare il dramma della questione sociale con le armi della politica e non solo con la
deriva populista, demagogica e qualunquista.
In prima Commissione Bilancio, presieduta in Consiglio regionale da Debora Biglia, l’assessore Gianluca Vignale ha relazionato sugli oltre 80 milioni di euro per il patrimonio regionale e nuovi interventi per sviluppo, coesione e semplificazione, relativi al Defr e al Bilancio di previsione finanziario 2026-2028 e i 105 per gli Enti locali.
Vignale ha descritto nel dettaglio un articolato programma di interventi “dedicati alla valorizzazione del patrimonio regionale, alla rigenerazione urbana, allo sviluppo territoriale, alla semplificazione amministrativa e al potenziamento del personale”.
Oltre 80 milioni per il patrimonio regionale
Grazie all’impiego coordinato di fondi FSC, PSC e POC, la Regione ha avviato numerosi interventi di sviluppo locale finalizzati a incrementare la fruizione e il valore culturale dei beni regionali. Tra i principali progetti in corso nel triennio 2026-2028 si segnalano:
• Tenuta Val Casotto (Garessio): adeguamenti infrastrutturali e restauro della Cappella Reale – 4,8 milioni €.
• Borgo Castello – Parco La Mandria (Venaria): recupero della Manica “Torre dell’Orologio” – 9,7 milioni €.
• Villa San Remigio (Verbania): riqualificazione dei giardini – 6,58 milioni €.
• Parco naturale di Stupinigi: miglioramento della fruibilità – 3,2 milioni €.
• Museo di Scienze Naturali: rifunzionalizzazione aree didattiche – 4 milioni €.
Programma Operativo Complementare: restauri, riqualificazioni e nuovi servizi
Il POC finanzia ulteriori interventi strategici sul territorio, tra cui:
• Podere San Umberto (Stupinigi): ricostruzione tettoia – 530 mila €.
• Tenuta Cannona (Carpeneto): restauro e valorizzazione – 4 milioni €.
• Giardino Botanico Rea: rifacimento serre e riqualificazione edifici – 3,6 milioni €.
• Castello di Miasino: riqualificazione architettonica e impiantistica – 2 milioni €.
• Valorizzazioni culturali e turistiche nell’area dell’ex colonia Broglia, dell’area Agogna e del Galoppatoio La Marmora (Venaria).
Rigenerazione urbana: interventi strategici con Accordo di Coesione
Tra i progetti finanziati con FSC nell’ambito dell’Accordo di Coesione Piemonte 2021-2027 emergono:
• Ex sede Giudici di Pace, Torino – 10 milioni € per rigenerazione e riqualificazione dell’immobile.
• Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta – 5,5 milioni €.
• Palazzo Cisterna, Biella – 12 milioni € per la rifunzionalizzazione come HUB delle PA locali.
Valorizzazione del patrimonio ferroviario
La Regione avvia il progetto del Museo Ferroviario Diffuso Piemontese, con interventi sulle stazioni della Torino-Ceres, della Canavesana e sull’ex Stazione Porta Milano (4,2 milioni €) e Stazione Dora (700 mila €). Il 2026 sarà l’anno della progettazione e degli allestimenti, inclusi percorsi museali itineranti e treni storici su tratte turistiche.
Sviluppo e coesione: 105 milioni per gli enti locali
Nel 2026 vengono messi a terra 105 milioni di euro, di cui 5 milioni di premialità, che coinvolgono 805 Comuni, 24 aree territoriali omogenee e 841 interventi finanziati.
Nel 2025 tutti i Comuni hanno concluso la fase di progettazione.
Semplificazione amministrativa e innovazione
Nel 2025 la Regione ha avviato un percorso di standardizzazione della modulistica edilizia (Permesso di costruire, SCIA, CILA), una nuova normativa sulla semplificazione e una task force “1.000 Esperti per il Piemonte” dedicata alla riduzione dei tempi e alla facilitazione delle procedure.
Personale
Prosegue la riorganizzazione dell’Amministrazione regionale, con nuove assunzioni e il completamento delle nomine di direttori, dirigenti ed EQ.
Nel quadriennio 2025-2028 sono previste 323 assunzioni e 317 cessazioni, con una spesa complessiva di 243 milioni € e un totale di 2.779 unità in servizio.
Sono intervenuti per chiarimenti Alice Ravinale (Avs) Gianna Pentenero, Fabio Isnardi, Emanuela Verzella (Pd). In particolare, rispondendo a Ravinale, Vignale ha illustrato uno stanziamento di circa 1.8 milioni per completare il parcheggio adiacente il palazzo unico, che avrà circa 2mila posti auto a disposizione dei dipendenti e anche della cittadinanza e che potrà diventare importante, vista la posizione di snodo tra rete viaria, ferroviaria e metropolitana.
Torino, 20 novembre 2025 – Il Consigliere Sergio Bartoli (Lista Civica Cirio Presidente PML), Presidente della V Commissione – Ambiente, ha presentato un Ordine del Giorno collegato alla Delibera di approvazione del Piano Socio-Sanitario Regionale che inserisce nel documento la sperimentazione di innovazioni terapeutiche per ampliare l’offerta di servizi per i bambini con paralisi cerebrale e la concessione di contributi per le spese non coperte dal fondo sanitario regionale sostenute da persone con disabilità psicofisiche residenti nella Regione Piemonte che si avvalgono del Metodo Feldenkrais® quale trattamento riabilitativo debitamente certificato.
Il Metodo Feldenkrais® è un processo educativo che utilizza il movimento per migliorare le possibilità neuromotorie dell’essere umano. Il metodo punta a rafforzare o creare nuove connessioni nel cervello, sfruttando la sua plasticità per compensare i danni esistenti e facilitando la scoperta di nuovi movimenti a partire dalle abilità già esistenti.
“Grazie al Metodo Feldenkrais® – commenta Sergio Bartoli – possiamo offrire nuove opportunità a bambini che hanno gravose difficoltà a compiere le azioni più elementari della quotidianità e nuove speranze alle loro famiglie, costrette a gestire una condizione davvero penalizzante. Compito delle Istituzioni è anche vigilare su nuovi approcci, in particolare su quelli che prevedono un approccio olistico, e sostenerne la diffusione, qualora se ne riscontri l’efficacia”.
“Il Metodo Feldenkrais® può essere un concreto sostegno – conclude Bartoli –, tanto per i bambini con paralisi spastica, il 2 per mille della popolazione, con un impatto economico quantificabile intorno ai 100mila euro all’anno per ciascun bambino, quanto per le altre patologie, tra cui la SLA, su cui questo approccio può risultare significativo”.
“Servono interventi strutturali e urgenti contro la crisi della formazione sanitaria universitaria e del Servizio Sanitario Nazionale”
20.11.2025 – In occasione del primo appello d’esame del semestre filtro di Medicina, i Giovani Democratici di Torino hanno presentato una mozione al Consiglio Regionale del Piemonte per chiedere un intervento urgente contro la crisi della formazione sanitaria universitaria e del Servizio Sanitario Nazionale.
“Il cosiddetto semestre filtro è la prova definitiva dell’improvvisazione e dell’incompetenza con cui il Ministero dell’Università sta affrontando la crisi della formazione sanitaria. Una riforma confusa, inutile e dannosa: una farsa. Non risolve nulla, non cura nulla, non cambia nulla. E soprattutto non affronta il problema vero: la mancanza drammatica di medici specialisti e di infermieri nel Servizio Sanitario Nazionale. La ministra Bernini ha venduto l’abolizione del numero chiuso come una rivoluzione epocale, ma oggi – proprio oggi – migliaia di studenti sono ancora a Lingotto Fiere a fare il test di medicina. Non ha abolito niente. Ha solo illuso un’intera generazione con slogan vuoti e spot da campagna social. Il risultato? Caos, disuguaglianze e una selezione ancora più ingiusta. Servono, invece, incentivi forti per trattenere i professionisti nel pubblico, che oggi è svuotato mentre il privato recluta a condizioni migliori. Servono infermieri: in Italia ne mancano 65mila, e i corsi all’università restano con posti vacanti perché la professione è stata abbandonata, lasciata senza tutele, senza dignità e senza retribuzioni adeguate. Di tutto questo la ministra non sembra minimamente consapevole. Continua a sventolare come un trionfo le poche centinaia di posti in più a Medicina inseriti quest’anno, ma è un inganno: nella migliore delle ipotesi quei posti si tradurranno in poche centinaia di specialisti tra dieci anni, quando il fabbisogno sarà già drasticamente calato e il trend si sarà invertito” commenta Giosuè Del Peschio, rappresentante Sanità dei Giovani Democratici di Torino.
Presenti anche i Consiglieri regionali del PD Daniele Valle, Gianna Pentenero, Nadia Conticelli e Simona Paonessa che hanno appunto presentato una mozione in Consiglio regionale chiedendo un intervento urgente contro la crisi della formazione sanitaria universitaria e del Servizio Sanitario Nazionale “Noi chiediamo ciò che è puro buonsenso – commentano i Consiglieri PD –ossia abolire il semestre filtro, ripristinare i fondi tagliati all’università, programmare con lungimiranza fabbisogni e specializzazioni, finanziare il SSN almeno al 7,5% del PIL, ridare dignità al lavoro degli infermieri e di tutte le professioni sanitarie. Il Consiglio Regionale del Piemonte deve farsi carico di questa battaglia e portarla al Governo. La ministra ascolti finalmente studenti, docenti, professionisti e sindacati, invece di inseguire slogan. La sanità italiana non ha bisogno di propaganda: ha bisogno di soluzioni, competenza e coraggio”.
Continua il Consigliere regionale PD Mauro Salizzoni: “Spesso sentiamo parlare di “emergenza” in sanità, ma siamo di fronte a una vera e propria trasformazione strutturale che mette alla prova la tenuta del sistema e l’universalismo delle cure sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Un sistema che forza scelte professionali al prezioso capitale umano del comparto sanitario: stiamo, infatti, osservando un numero rilevante di medici che decide di lasciare l’ospedale pubblico. Le stime ci dicono che nel solo 2024 circa 7.000 medici ospedalieri hanno dato le dimissioni e, se estendiamo lo sguardo agli ultimi 18 mesi, il numero sale a 8.000 dirigenti. Per chi resta nel sistema, anche le prospettive di crescita sono limitate: solo il 12% raggiunge il ruolo di primario e tra questi le donne sono appena il 2%. Paradossalmente, guardando al futuro remoto, rischiamo il problema opposto: con l’aumento degli accessi all’università, le proiezioni indicano un possibile surplus di oltre 220.000 medici tra il 2025 e il 2040. A questo fenomeno si somma il fattore demografico. Nel 2025 è infatti previsto il pensionamento di 14.918 medici. Fortunatamente questo numero scenderà progressivamente, arrivando a 8.674 nel 2031 e a 4.864 nel 2040, ma nell’immediato la coincidenza tra uscite volontarie e pensionamenti crea una sfida complessa per la gestione dei reparti.
E’ fondamentale per la tenuta del sistema – conclude Salizzoni – ridurre il divario con l’Europa e ridare valore al capitale umano della nostra sanità, non con slogan, ma con politiche serie e strutturate condivise con chi, in prima linea, vive quotidianamente le sfide del nostro sistema sanitario”.
Daniele Valle, Vicepresidente Commissione Sanità
Mauro Salizzoni, Portavoce Commissione Sanità
Gianna Pentenero, Presidente del Gruppo PD in Consiglio regionale
Nadia Conticelli, Consigliera regionale
Simona Paonessa, Consigliera regionale
Giovani Democratici Torino
IL COMMENTO di Pier Franco Quaglieni
Nei giorni in cui l’estrema sinistra resuscita patrimoniali e salassi fiscali di ogni tipo, è utile non dimenticare il precedente di Giuliano Amato che, nominato presidente del Consiglio da Scalfaro nel 1992, l’ 11 luglio varò, all’insaputa del governatore della banca d’Italia Ciampi e in parte persino dal Consiglio dei ministri, un decreto – legge nel quale retroattivamente il 9 luglio, nottetempo, sanciva il prelievo forzoso del 6 per mille su tutti i depositi bancari degli Italiani. Fu un episodio che suscitò proteste, ma non tali da far vacillare Amato al governo. Protestò Ciampi , ma i due ministri Raffaele Costa e Gianfranco Ciaurro e i tre sottosegretari liberali nel governo non aprirono bocca e neppure il PLI che incominciò a spegnersi perché aveva tradito in modo clamoroso la sua storica funzione di difesa del risparmio come aveva indicato Einaudi. Capii da quel silenzio che non c’erano più i liberali, ma sedicenti sostenitori di un equivoco lib – lab, nel quale il lab aveva preso il sopravvento. Ma in effetti i liberali restarono in silenzio perché temevano di essere allontanati dal governo. Forse il presidente Amato- ad essere generosi – volle superare il fiscalismo della destra storica, ma non è certo passato alla storia come il nuovo Quintino Sella, ma semmai come l’esponente di un radicalismo socialista e giacobino. Non a caso la sua provenienza era quella del PSIUP di Vecchietti e Basso, i cosiddetti carristi. Scelse un momento già di vacanza, un fine settimana in cui tanti italiani erano al mare. Chi scrive nei giorni precedenti ebbe versata sul conto corrente la somma di Btp appena scaduti e che pensavo di rinnovare il lunedì successivo. Fu un errore che mi provocò un danno notevole. La retroattività in una norma fiscale in particolare rivelava un che di truffaldino e aumentò la totale sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato in piena Tangentopoli. Rivelò una visione machiavellica, non certo machiavelliana, della politica di Amato che Forattini rappresentò bene, definendola una “rapina storica” su Panorama. Amato era un topolino che veniva rappresentato con la maschera del “ladro” dall’umorista più serio di tutti i politici messi insieme. Amato fece dell’altro: aumentò l’età pensionabile e impose una patrimoniale sulle imprese, introdusse i ticket sanitari e la tassa sul medico di famiglia e un’imposta straordinaria sugli immobili pari al 3 per mille della rendita catastale rivalutat . Solo il prelievo sui conti correnti e l’imposta straordinaria sulle imprese fruttò 11.500 miliardi. Non va dimenticato che con il governo Amato venne approvato il piano di privatizzazione di Iri, Enel ed Eni motivo di grandi svendite non solo per far cassa, ma anche per fare gli interessi di alcuni personaggi della casta. Amato fu poi il presidente del Consiglio di una finanziaria da 93 mila miliardi di lire. Molti di questi provvedimenti non ebbero effetti positivi sull’economia italiana. E’ mai possibile che una pagina nefasta di storia sia stata dimenticata e sia permesso a Landini – uno con il diploma della scuola media inferiore rispetto al professorone Amato – di evocare scenari così nefasti senza che nessuno smascheri il demagogismo piazzaiolo del capo della GGIL? Amato lo conobbi nell’82 a Torino quando voleva convincere Mario Soldati che sarebbe stato eletto senatore. Era una bugia, ma fui soltanto io a dire a Mario la verità. Amato fu risentito della mia sincerità. Lo ritrovai tanti anni dopo in un convegno a Roma come moderatore, ma non potei prescindere nel mio intimo dal ricordo dello scippo subito nel 1992. Parlammo e discutemmo amabilmente per quasi due ore, ma quell’episodio resta in me come esempio di una politica che non esito a definire laida perché fatta da uomini non sprovveduti come il Landini di oggi.Il Congresso Fondativo di Patto per il Nord
“I valori del passato in un chiaro progetto per il futuro”
Nel weekend del 15 e 16 novembre 2025, al Teatro di Treviglio (BG), centinaia di persone
provenienti da 54 province del Nord e fino a Marche e Umbria si sono riunite per il Congresso
Fondativo di Patto per il Nord. Due giornate cariche di entusiasmo, emozione e voglia di ricostruire
una comunità politica basata su valori mai dimenticati e mai traditi.
Il Congresso ha mostrato il volto di un movimento nuovo, concreto e determinato a riportare al
centro il territorio, contro una politica nazionale percepita come distante e orientata ad
assistenzialismo e clientelismo. È stato sottolineato come il Nord, motore economico del Paese, sia
stato spesso penalizzato da scelte discutibili, come lo sperpero di 14 miliardi per il Ponte sullo
Stretto o l’assunzione di ulteriori 369 forestali in Sicilia.
Il cambiamento, secondo Patto per il Nord, deve partire dal basso, dai Comuni e dai territori, per
costruire uno Stato Federale moderno, ispirato ai modelli svizzero e tedesco.
L’intervento di Paolo Grimoldi
Il Congresso ha eletto Paolo Grimoldi Segretario Politico di Patto per il Nord. Nel suo intervento ha
dichiarato:
“Non siamo qui per ricordare ciò che eravamo, ma per decidere chi vogliamo essere a partire da
domani. Il Nord produttivo non può più aspettare: da oggi torna ad avere una voce politica chiara,
concreta, legata ai nostri territori e alle persone che ogni giorno fanno funzionare questo Paese.”
E ha aggiunto:
“Non siamo gli ‘ex’, non siamo nostalgici e non siamo una costola di nessuno. Siamo Patto per il
Nord: un partito nuovo, ma l’unico che nasce dai Comuni, dai sindaci, dagli amministratori locali,
dalle imprese e dalle famiglie del Nord.”
Grimoldi ha ribadito che il movimento dialogherà con tutti, ma:
“Non siamo la branca di nessuno, rimaniamo soli!”
E ha concluso:
“Vogliamo stare nelle piazze, nelle aziende, nei municipi. Vogliamo essere il partito che parla con
chi lavora e che porta in politica le istanze vere, non slogan.”
Ospiti e partecipazioni
Alla due giorni hanno preso parte anche rappresentanti di altre forze politiche, tra cui:
Michele Boldrin (Ora!), Luigi Marattin (PLD), Alessandro Sorte (FI), Marco Osnato (FdI),
Giuseppe Benedetto (Fondazione Einaudi), Emilio Del Bono (Pd), Benedetto Della Vedova
(+Europa), Marco Rizzo (DSP), e Filippo Lombardi (già parlamentare svizzero).
In totale, 65 relatori si sono alternati sul palco, rappresentando tutte le regioni del Nord.
Per il Piemonte è intervenuta la delegazione guidata da Renato Walter Togni, affiancato dai referenti
politici provinciali.
Le Mozioni del Piemonte
Il Piemonte ha presentato 10 mozioni, affrontando temi come:
• difesa delle culture locali
• contrasto all’immigrazione illegale e alla criminalità
• sicurezza e legalità
• riforma e snellimento della burocrazia sanitaria
• riconoscimento della Disabilità come condizione autonoma
Togni ha posto particolare attenzione a 3 mozioni da trasformare in Proposte di Legge di Iniziativa
Popolare:
1. Caro bollette energetiche
2. Detassazione delle pensioni da lavoro
3. Reclutamento del personale scolastico su base regionale
Nel suo intervento ha affermato:
“…tutti noi siamo chiamati a un’impresa storica (…) per risvegliare le coscienze dei cittadini delusi
e apatici. Se ormai l’astensionismo è oltre il 50%, un motivo ci sarà! Il nostro compito è far capire
che si può cambiare rotta.”
E ha concluso:
“La regola delle 3 C: Concretezza, Coerenza e Credibilità. (…) NOI e SOLO NOI, con la nostra
faccia pulita e la schiena diritta, siamo quelli che non abbiamo MAI cambiato idea e la coerenza ci
premia.”
Pentenero (PD): “Autonomia, basta propaganda”
“Servono solidarietà e risorse per tutte le Regioni”
19 novembre 2025 – “Le pre-intese che il Governo sta portando avanti sull’autonomia differenziata – con accordi separati e senza alcun confronto parlamentare – non sono altro che propaganda a fini elettorali. Così si rischia di spaccare il Paese e di creare Regioni di serie A e Regioni di serie B, con conseguenze gravi per i cittadini e per l’immagine stessa delle Istituzioni. Oggi è stata sottoscritta la pre-intesa a Torino e se da un lato mi fa piacere che il Presidente Cirio, in questa occasione, abbia manifestato gratitudine al Presidente Chiamparino per avere aperto la strada alla riforma, voglio ricordare che le basi e le finalità di quella proposta erano diverse” dichiara la Presidente del Gruppo Pd in Consiglio regionale, Gianna Pentenero.
“Come ha giustamente sottolineato il Presidente Giani, il regionalismo non può essere usato come strumento di divisione o di contrapposizione. Serve un confronto aperto e serio, che favorisca la solidarietà tra i territori e non le differenze. Il modello Calderoli-Meloni è quello dei figli e dei figliastri: non risolve i problemi, banalizza una battaglia storica e rischia di acuire rivalità e contrasti. Questo governo, a seconda della propria convenienza, si comporta in modo centralista, impugnando leggi regionali su temi come fine vita, balneari, turismo o salario minimo, ma adesso, per mettere bandierine elettorali, in occasione delle regionali in Veneto, si improvvisa autonomista” aggiunge Pentenero.
“Invito il Presidente Cirio, per una volta, a abbandonare la propaganda da campagna elettorale. Il Partito Democratico chiede di aprire un tavolo di lavoro con tutte le Regioni, per discutere delle materie non Lep e affrontare insieme la questione delle risorse e delle regole. Non rapporti preferenziali, non scorciatoie elettorali. L’autonomia deve essere equa, solidale e razionale. È su questo terreno che si misura la serietà di chi governa” conclude la Presidente Pentenero.
È stata sottoscritta oggi dal ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Roberto Calderoli, e dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, la pre-intesa relativa alle quattro materie dell’Autonomia differenziata, che avvia formalmente il percorso per il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alla Regione Piemonte.
La pre-intesa definisce l’attribuzione alla Regione Piemonte di funzioni specifiche in ambiti ritenuti strategici, tra cui la protezione civile, con una maggiore autonomia decisionale e operativa nelle fasi emergenziali; le professioni, con la possibilità di disciplinare nuove figure professionali di rilevanza regionale; la previdenza complementare e integrativa, con la facoltà di attivare strumenti territoriali anche dedicati al personale pubblico, in particolare quello sanitario; e la tutela della salute e il coordinamento della finanza pubblica sanitaria, con una gestione più flessibile della programmazione economica, tariffaria, organizzativa e strutturale, nel pieno rispetto dei livelli essenziali di assistenza stabiliti a livello nazionale.

Il documento rappresenta il primo passaggio istituzionale vincolante verso l’intesa definitiva e si inserisce nel quadro normativo definito dalla legge n. 86/2024 e dalla sentenza n. 192/2024 della Corte Costituzionale. L’intesa dovrà ora essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio regionale, presso il quale già domani è convocata la Commissione Autonomia per l’esame del testo.
Sorride al momento della firma il ministro Roberto Calderoli, che sottolinea l’opportunità di questo percorso a beneficio di tutto il Paese: «Sono convinto che, senza ideologie o pregiudizi politici, anche altre Regioni si faranno avanti. L’autonomia non toglie nulla a nessuno ma consente di agire con maggiore libertà rispetto ai vincoli che impone lo Stato centrale, e questo va tutto a vantaggio dei cittadini perché la singola Regione conosce meglio i bisogni e saprà dare le migliori risposte concrete. Con queste pre-intese siamo passati allo step successivo, dopo l’approvazione della legge 86/2024, e proseguiremo il cammino insieme ai governatori e con il via libera della stessa premier Meloni, che ha espresso la propria soddisfazione per i passi avanti. Abbiamo davanti un anno e mezzo di legislatura, io son convinto che i tempi ci siano per raggiungere questo risultato».
«Oggi arriviamo a una firma storica che attua l’Autonomia differenziata per il nostro Piemonte, portando a compimento un percorso iniziato nel 2018, quando io ancora non ero presidente e governava il centrosinistra, e che noi abbiamo ampliato e rinforzato nel 2019 e poi nel 2020, mantenendo un impegno programmatico assunto con i cittadini del Piemonte – spiega il presidente Cirio – Oggi attuiamo quello che prevede la nostra Costituzione, ovvero che ci sia la possibilità per le Regioni che lo richiedono, e il Piemonte l’ha richiesto, di poter avere maggiore autonomia su alcune materie per operare meglio e risparmiando risorse. La firma di oggi non è quindi solo un atto formale, ma sostanziale che porterà benefici alla vita dei piemontesi. A titolo di esempio – prosegue il presidente – con l’autonomia la Regione potrà dichiarare subito lo stato di emergenza in caso di calamità naturale, come oggi fa il Friuli Venezia Giulia, oppure destinare risorse aggiuntive per medici e infermieri che scelgono di lavorare, ad esempio, nelle zone di montagna garantendo il diritto alla salute anche nei territori più lontani dalle grandi città, oppure riconoscere le specificità a professioni che per loro natura sono regionali, e non nazionali, come le guide alpine o i maestri di sci».
Alla firma erano presenti anche la vicepresidente Elena Chiorino e l’assessore all’Autonomia Enrico Bussalino, che ha seguito l’intero percorso negoziale e istituzionale insieme al presidente Cirio per conto della Regione, e il presidente della Commissione Autonomia del Consiglio regionale, Andrea Cerutti.
«La firma di questa pre-intesa – dichiara l’assessore Bussalino – rappresenta un passo fondamentale verso un modello istituzionale che rafforza la responsabilità amministrativa e avvicina le decisioni ai territori. Il Piemonte ha competenze, struttura e visione per esercitare queste funzioni con efficienza e trasparenza, nell’interesse dei cittadini e nel pieno rispetto dell’unità nazionale».
La pre-intesa ha una durata di dieci anni, rinnovabile, e prevede l’istituzione di una Commissione paritetica Stato–Regione–Autonomie locali, incaricata di monitorare e accompagnare l’attuazione delle competenze trasferite, garantendo trasparenza, continuità e coerenza con il quadro nazionale.
cs