LIFESTYLE- Pagina 60

La fonduta di caciocavallo è perfetta sui paccheri

I Paccheri sono un formato di pasta molto versatile e i modi per gustarli sono infiniti. Ve li propongo accompagnati da una setosa e avvolgente fonduta di Caciocavallo. Un primo piatto sostanzioso, gustosissimo e particolare. 
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Ingredienti 

350gr. di pasta “Paccheri” 
100gr.di formaggio Caciocavallo 
100ml. di panna liquida 
4 cucchiai di granella di pistacchi 
2 pomodorini secchi 
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Grattugiare il Caciocavallo con una grattugia a fori grandi. Scaldare la panna, sciogliere mescolando il formaggio sino ad ottenere una crema liscia. Nel frattempo cuocere la pasta in acqua salata. Quando cotta versare in una terrina, condire con la fonduta e cospargere con la granella di pistacchi ed un trito di pomodorini secchi. Servire subito. 

 

Paperita Patty 

Le vostre foto: I Macchiaioli e la pittura en plein air

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La lettrice Alessandra Macario ci invia le sue foto e ci scrive: “Fattori, Signorini, Lega, Corot sono solo alcuni degli artisti rappresentati nella mostra I Macchiaioli e la pittura en plein air tra Francia e Italia, allestita presso il Mastio della Cittadella. Un percorso stimolante che illustra la nascita e il significato di un genere pittorico innovativo, nonché i parallelismi con la tecnica en plein air francese”.

Il seggio del peccato

 Nonostante il calendario ricordasse che era trascorso più di un mese dall’equinozio di primavera, la campagna era avvolta da una fitta nebbia che ovattava ogni cosa. Gli stessi contadini commentavano con stupore il perdurare di questo fenomeno che, ormai da una decina di giorni, accompagnava le loro giornate. Anche nei due giorni delle elezioni politiche del 1963 quella  spessa coltre di goccioline d’acqua sospese in aria non aveva dato tregua agli abitanti di Stoppia. Stoppia: quattro case, una chiesa, un’osteria e qualche cascina sparsa costituivano questa piccola frazione di Borgobello. Gli elettori s’avvicinavano al seggio, allestito al piano terreno del locale che ospitava l’asilo e il consorzio agrario, a pochi metri dal luogo di culto dedicato alla Madonna della Neve, muovendosi come ombre diafane su quel fondale umido e grigio.

Non erano molti gli iscritti alle liste elettorali: un’ottantina, più o meno, in maggioranza uomini. Pochi se confrontati con le centinaia del capoluogo comunale, dove sorgeva il castello di famiglia di uno dei protagonisti del Risorgimento, tra i più noti uomini di Stato del Regno di Sardegna. La maggior parte degli abitanti di Stoppia erano dei contadini e, una volta sbrigati i lavori nei campi e soprattutto nelle stalle, date le circostanze del tutto anomale e particolari del tempo, avevano compiuto il loro dovere civico già nella mattinata di domenica, prima e dopo la messa. Pochi avevano scelto di votare prima di cena, dopo aver passato qualche ora all’osteria del Passero, tra una partita a scopa e tressette ch,e solitamente, aveva come posta il costo del mezzo litro di vino rosso. Al seggio, com’è facilmente intuibile, il tempo non passava mai e, terminato l’afflusso della prima metà della domenica, la noia e gli sbadigli accompagnavano il passare delle ore fino alla chiusura della sera. L’unico brivido della giornata era stato quando ci si accorse che il Luigino Bianchi che aveva votato non era lo stesso Luigino Bianchi di cui si era riportato nome e cognome sul registro, un caso di omonimia tanto frequente da indurre in errore in paesi dove i cognomi e persino i nomi uguali ricorrevano spesso e volentieri. L’età e la paternità erano l’unica differenza. Conoscendosi tutti, non veniva mai richiesta l’esibizione di un documento di identità. Lo sbaglio era sempre possibile anche se molto improbabile e quella volta, ciò che non doveva capitare era capitato. Verificato che il Bianchi votante era stato incasellato nel posto sbagliato, sottraendogli una decina d’anni d’età, era toccato al maresciallo Bordignoni recarsi a casa dell’altro Bianchi Luigino, pregandolo di andare al seggio a votare così da porre riparo all’errore senza troppi problemi. Il compito, a onor del vero, si era rivelato una vera impresa essendo “l’altro” Bianchi decisamente intenzionato a non votare e il povero maresciallo aveva dovuto sudare le proverbiali sette camicie prima di convincerlo, promettendogli anche un giro di vino chinato all’osteria del Passero che si trovava – per fortuna – proprio davanti al seggio. Equivoco a parte, se la domenica il tempo era passato lentamente, la mattina del lunedì sembrava un mortorio. A parte tre o quattro ritardatari e una decina di iscritti alle liste che vivevano in America dove erano emigrati in cerca di lavoro e di miglior fortuna, non si vide un’anima. Alla chiusura delle operazioni di voto, si passò rapidamente allo spoglio. Gli iscritti risultavano 83, dei quali 37 donne. I votanti erano stati 62, pari al 75%. I 59 voti validi  erano andati in larghissima maggioranza alla Democrazia Cristiana, con le preferenze quasi tutte appannaggio dell’onorevole Gentina, uomo forte della Coldiretti. A socialisti e comunisti, più o meno equivalendosi, era andato grosso modo un dieci per cento a testa, mentre gli altri partiti – Pli, Pri, Psdi e Msi  – si erano divisi i restanti consensi. Due le schede bianche messe a verbale, insieme a una terza, resa nulla dalla scritta “Viva la Rosetta”, informalmente attribuita al riottoso Luigino Bianchi che aveva una fidanzata con quel nome, dimorante in un paese limitrofo. In pratica, per  lo spoglio e la stesura del verbale definitivo, il Presidente del seggio, la sua segretaria e i due scrutatori impiegarono non più di un paio d’ore. Giunti a quel punto, si guardarono l’un l’altro in viso, senza aprire bocca. Un silenzio che durò qualche minuto, ma che ai cinque – essendosi aggiunto, nel frattempo, il maresciallo Bordignoni che si era fermato all’osteria per un caffè corretto grappa (necessario “causa nebbia”, ebbe a precisare…) – parve infinito. Poi, contemporaneamente, l’idea venne alla signorina Delonda e al presidente Trifolotti: rivedere il tutto, con calma ( ..“magari fino allo scoccare della mezzanotte”, aggiunse, strizzando l’occhio l’altro scrutatore, il ragionier Duilio Bianchi). Il motivo era ben chiaro a tutti: raggiungendo quell’ora, sarebbe scattato un altro giorno di riposo compensativo a carico del datore di lavoro che, nel caso non venisse fruito, sarebbe stato retribuito. Essendo tutti e quattro dei lavoratori dipendenti – chi nel settore pubblico e chi nel privato – l’idea era apparsa più che interessante. Il maresciallo, vista la sua posizione, fece finta di non sentire e di non vedere, sposando la filosofia del “vivi e  lascia vivere” che, in un piccolo paese, toglieva di dosso un sacco di problemi. L’unico rovello consisteva nel trovare un’occupazione che rendesse meno noiose quelle ore e qui il maresciallo calò l’asso: una bella merenda sinoira, sfruttando la vicinanza dell’osteria che era fornita di ogni ben di Dio e di una cuoca di indubbia (e positiva!) fama. L’idea venne approvata all’unanimità e, una volta coinvolto anche l’oste del Passero, messa in pratica. Spostata l’urna in un angolo, il tavolo venne coperto con una grande  tovaglia a quadretti bianchi e rossi e, come d’incanto, comparirono le vivande: pane, salame, formaggio e frittate; carne e zucchine in carpione, acciughe al verde e al rosso, vitello tonnato, insalata russa e capricciosa, tomini “elettrici”, “tome” da accompagnare con il miele o la “cugnà”. Dalla cantina al seggio, attraversando rapidamente la strada, erano arrivate alcune bottiglie di “quello buono” che, in realtà, era un vino locale mediocre. La signorina Delonda stupì tutti, rivelandosi un’ottima forchetta. Dove poi mettesse il tutto, essendo magra come un chiodo, rimase un mistero. Il mantenimento della “linea”, anche per gli altri commensali, era l’ultimo dei problemi: tutti in soprappeso, tut
ti pronti ad aggredire le pietanze con la stessa e famelica foga del vecchio Ruvido, il cane del dottor Ghiotti, il medico di famiglia, davanti ad un osso di prosciutto. Così, dopo aver oscurato l’unica finestra e badando che nessuno varcasse l’uscio del seggio trasformato in succursale dell’osteria, tirarono fino all’ora “delle streghe”. Scoccata la mezzanotte, un po’ traballanti, lasciarono il locale, chiudendosi alle spalle la porta. Il maresciallo prese in carico l’urna sigillata e il registro, caricandoli sulla Fiat Campagnola in dotazione all’Arma, con l’incarico di consegnarli in municipio. Fuori, la notte era buia e la nebbia ancora più fitta. Non abbastanza però da nascondere i manifesti elettorali affissi sul muro della cascina di fianco all’osteria. Accanto ad un ultimativo “Non si passa!”, raffigurante un ponte levatoio con lo scudo crociato e la scritta “Libertas”, si leggeva una scritta che ammoniva: “ Abbi timor di Dio, non commettere atti impuri, non peccare!”. I quattro si guardarono e si salutarono, avviandosi verso le rispettive dimore. In fondo, quel monito li riguardava solo marginalmente perché – pur trasgredendo, inscenando una piccola truffa – si era trattato, in fondo, di un peccato di gola.

Marco Travaglini

Moncalieri nel cuore

 

Ricordi e suggestioni della festa patronale  del Beato Bernardo

Torna, come ogni secondo martedì del mese, ‘Moncalieri nelcuore’, lo spazio di approfondimento culturale dedicato ai racconti di vita dei Moncalieresi che si sono trasferiti in altre città e desiderano raccontarsi.

Martedì 13 febbraio  verrà condotta da Gianfranco Chieppino e Rosalba Malta, con approfondimenti sulla festa padronale del Beato Bernardo, dipanando il filo dei ricordi insieme  a Claudio Viola. Interviene l’assessore alla Cultura Laura Pompeo.“Moncalieri nel cuore” è  il format nato per dare voce alle storie di quei moncalieresi le cui vicende di vita li hanno portati a lasciare la città  e andare, per esempio, all’estero. Che ricordi hanno di Moncalieri, diretti o trasmessi da qualche familiare? Sono mai tornati a Moncalieri? E se sì come l’hanno trovata?

L’incontro verrà trasmesso sulla pagina Facebook della Biblioteca alle 19.

MARA MARTELLOTTA

Le malattie infettive feline

IL TORINESE… CON LA CODA

Trattiamo oggi un argomento complicato e di cui si parla molto, ma spesso si fa una gran confusione, ovvero alcune tra le malattie infettive più comuni del gatto.

Abbiamo già parlato delle malattie per cui si vaccina il gatto, sia che viva in casa, sia che abbia la possibilità di uscire all’esterno.
Abbiamo solo accennato ad una malattia, per cui si può vaccinare il gatto che ha la possibilità di uscire, quindi potenzialmente avere contatti con gatti infetti. Questa malattia è la FeLV, o leucemia felina, una malattia sostenuta da un retrovirus, molto grave, che predispone il gatto alla formazione di un particolare tumore, il linfoma, e a forme molto gravi di anemia.
Questo è il motivo per cui vale la pena vaccinare il vostro gatto vagabondo e fare attenzione se introducete in casa nuovi gatti, senza la sicurezza che siano negativi.
Per diagnosticare la FeLV esistono dei test rapidi, la cui attendibilità è molto valida, che devono essere eseguiti dopo almeno 4 settimane che il gatto non ha più contatti con ambienti potenzialmente a rischio.
Insieme alla FeLV, si testa la FIV, o immunodeficienza felina, malattia per cui non esiste vaccinazione, ma meno grave della precedente. La FIV predispone il gatto ad altre patologie, proprio perché ne abbassa le difese immunitarie.
Infine facciamo accenno alla FIP, o peritonite infettiva felina, malattia virale sostenuta da un coronavirus. Premettiamo che il 70% della popolazione felina mondiale è positiva al coronavirus, che vive nell’intestino del gatto e che può dare adito a problemi intestinali.
In alcuni soggetti, tendenzialmente giovani e spesso di razza, questo virus muta e determina la peritonite infettiva. Il motivo per cui questo avviene non è stato scoperto.
La malattia è molto grave, ha due presentazioni, una forma umida e una forma secca. La prima determina la formazione di versamenti, la seconda colpisce il sistema nervoso e/o gli occhi.
La diagnosi non avviene tramite un test, ma mettendo insieme vari fattori, e si definisce sempre presuntiva.
Fino ad un paio di anni fa, la malattia portava a morte l’animale in poco tempo, oggi è disponibile un farmaco che dà buone probabilità di salvezza.
Anche in questo caso, rivolgetevi al vostro veterinario per avere più informazioni possibili.
Cogliamo l’occasione per chiedere se gli argomenti trattati sono di vostro gradimento, se vorreste più informazioni tecniche o temi di altro tipo.
Dott.ssa Federica Ferro
Dott. Stefano Bo

Record di visitatori al presepio di Vezzolano

Vezzolano saluta il suo presepio, viene smontato in una settimana e rimontato pezzo per pezzo nel laboratorio Nicola ad Aramengo d’Asti. Piace sempre di più e colleziona un altro record: quasi 16.000 visitatori fino al 4 febbraio, circa 300 persone al giorno, contro gli 11.000 visitatori del 2023. Il presepio di Vezzolano attira turisti da ogni parte del Piemonte e anche da altre regioni. Da 11 anni l’opera di Anna Rosa Nicola fa bella mostra di sé nell’Abbazia di Vezzolano, sulle colline astigiane di Albugnano, un’opera all’interno di un edificio religioso medievale tra i più importanti del Piemonte. Una cinquantina di mestieri animati da centinaia di personaggi, almeno 400, danno vita al presepio lungo una ventina di metri, curato alla perfezione, in ogni dettaglio e con grande passione da Anna Rosa, figlia di Guido Nicola e Maria Rosa, i famosi restauratori di Aramengo d’Asti. Alla fine del 2024 vedremo nuove scene, nuove ambientazioni, perché il presepio di Anna Rosa si arricchisce e si rinnova ogni volta a Natale. Presto però lascerà l’Abbazia di Vezzolano. Il 2024 è l’ultimo anno. I restauratori Nicola vogliono infatti esporlo tutto l’anno in un salone del loro laboratorio ad Aramengo.
Filippo Re
nelle foto
Presepio allestito nell’Abbazia di Vezzolano
Anna Rosa Nicola davanti al suo presepio a Vezzolano

Un San Valentino speciale con “2 cuori e una miniera”

Una proposta speciale per un San Valentino diverso dal solito.

La miniera di talco di Garida apre in versione serale per una visita guidata: un emozionante percorso nel cuore della montagna dove un tempo si estraeva il talco.

La visita, in tutta sicurezza, permette di entrare nelle gallerie scavate per raggiungere il filone di talco e di immaginare come vivevano i minatori. Ci sono ancora alcuni segni della presenza dell’uomo: i puntelli di legno di castagno (che sibila se sottoposto a pressione e quindi era un buon allarme in caso di pericolo), un vecchio secchio arrugginito, un vagoncino che serviva a portare all’esterno le macerie o i blocchi di talco. Si distinguono sulle rocce i segni per i candelotti di dinamite e le spolette.

Il percorso, adatto a tutti, comprende un piccolo tratto a piedi in esterna, dal punto di ritrovo

presso la Finestra della Resistenza, attraverso borgata Prialli fino all’imbocco della miniera. Qui alcuni vagoncini Decauville accolgono i visitatori che vengono muniti di caschetto con luce per l’ingresso vero e proprio. Circa 800 metri, pochissimo dislivello, è adatto a

tutti, ben equipaggiati con scarponcini impermeabili.

La ventilazione naturale è ottima, non vi è affatto sensazione di chiusura o soffocamento, anche se in alcuni punti il soffitto è basso, ma basta piegarsi un poco. La visita interna dura circa un’ora.

A seguire, alle 21 presso la Casa Alpina Evelina Ostorero di Forno di Coazze, cena con un ricco menù (Tagliere di salumi; trancetti di polenta con fonduta; tartare di fassona; fujot di salsiccia alla senape; agnolotti di arrosto con ragù casereccio; gnocchi con fonduta di toma stravecchia; arrosto di lonza alla birra con patate; torta della casa; vino, acqua, caffè e amaro).

Il costo totale dell’esperienza è di 35 € (10 € per la visita e 25 € per la cena).

Prenotazioni entro il 12 febbraio presso l’Ufficio Turistico di Coazze al numero 011 9349681 o alla mail turismo@comune.coazze.to.it

Quando l’arte bianca incontra l’eccellenza

Scopri – To     Alla scoperta di Torino

Nel 1981 dalla maestria di Gerolamo Fontana nasce la storica pasticceria DAF alle porte di Torino. Da Gerolamo Fontana la tradizione pasticcera passò nelle mani dei figli Maurizio e Antonio che a loro volta la trasmisero ai loro figli Alessandro, Fabio e Luca. La maestria, l’arte pasticcera e la passione crebbero negli anni e la pasticceria Daf si è ampliata sempre più, dal piccolo locale di Gerolamo Fontana si è arrivati fino ad oggi con cinque differenti locali.
I punti vendita DAF a Torino
La sede ed il laboratorio sono a Trofarello, qui vengono prodotti i pasticcini e le torte e alcuni prodotti che vengono poi portati nei punti vendita di Nichelino, Torino e Rivalta dove vengono poi rifiniti da maestri pasticceri.
La sede di Trofarello ha un ambiente shabby-chic ed è molto ampia adatta anche per poter organizzare eventi e feste.
A Torino, in via Barabaroux vi è Daf Elite, una boutique di dolci, con comode poltrone rosa antico, tappeti, pareti dorate e grandi spazi che rendono l’ambiente molto raffinato. All’interno troviamo le prelibatezze tutte minions, Daf Elitè si differenzia dagli altri locali, non solo per i pasticcini in versione mini, ma anche per la scelta del prodotto, troviamo infatti dolci differenti rispetto alle altre pasticcerie del gruppo, con un gusto più ricercato e innovativo molto apprezzato dalla clientela. Ad accompagnare le paste tantissimi tipi di tè e bevande differenti come l’infuso “Sogno D’Amore” con uvetta, rosa canina, karkadè, sambuco, arancio, scorza di mela e albicocca. Tra la pasticceria troviamo numerosi tipi di croissant anche in versione mini, crostatine, saccottini, sfoglie di mela, praline, strudel ed un’ampia proposta di pasticceria secca e fresca. Una nota di merito va alle monoporzioni Deluxe come la “Tre Cioccolati” con una morbida base di pan di Spagna al cioccolato, tre tipi differenti di mousse, cioccolato bianco, al latte e fondente. La “Tropicale” con un crumble al bacio di dama, mandorle, cioccolato bianco e un cuore al frutto della passione ricoperto da una mousse al cocco e tantissime altre come la “Rocher”, la “Langarola”, la “Gianduiotto”, il tutto studiato e realizzato per accontentare anche i palati più difficili.
Per coloro che amano il salato ci sono i tramezzini freschi con mortadella e pistacchi, quelli salmone e avocado, poi tonno e carciofini e il vegetariano con un’ampia varietà di verdure di stagione. La loro carta prevede anche la degustazione ovvero panini in versione classica o mignons per poterne provare tanti diversi per una migliore scelta futura.
La passione per l’arte bianca trasmessa tra le generazioni Fontana funziona davvero…
Alessandro Fontana, uno dei tre fratelli dedicato alla gestione di Daf, ci racconta che fin da bambino ha sempre amato molto i pasticcini e appena poteva, andava nel laboratorio del nonno per assaggiarli. Ognuno dei tre fratelli Fontana si occupa di un’area aziendale specifica, chi del laboratorio, chi del marketing e chi della comunicazione, tutti e tre spinti dalla stessa grande forza motivazionale, l’idea di voler trasmettere l’artigianalità ai loro clienti; infatti una delle loro più grandi soddisfazioni è proprio vedere il cliente contento, che nel tempo ritorna e proprio per questo organizzano anche dolci personalizzati su ordinazione specifica in base alle richieste del cliente adatti a compleanni, feste e per tutte le occasioni speciali. San Valentino ad esempio è una delle feste alla quale la pasticceria Daf  tiene particolarmente e prepara ogni anno torte e pasticcini a cuore non solo belle esteticamente, ma decisamente uniche e apprezzate per la gran bontà.
Altissimi sono poi gli standard anche per le materie prime utilizzate per i gelati artigianali Daf serviti nelle pasticcerie di Nichelino e di Torino.
Genuinità e passione sono quindi le grandi basi su cui si fonda la famiglia Daf che ha da poco aperto un altro punto vendita a Rivalta. 
Di generazione in generazione le ricette base di Gerolamo Fontana sono state tramandate fino ad oggi, perché la classicità resta sempre vincente, proprio per questo il dolce preferito di Alessandro Fontana è la crostata con crema e fragole tipica della loro pasticceria. La crostata oltre ad essere molto profumata, è croccante al punto giusto con equilibrio perfetto di burro e farina, la crema poi, realizzata con i tuorli freschi, ricorda l’infanzia e le fragole dolci appena colte creando così un accordo perfetto per un dolce speciale.
Alessandro ci racconta che molti sono comunque i pasticcini e le praline rivisitate e rinnovate con il tempo perché è giusto mantenere la tradizione ma bisogna sempre stupire il proprio pubblico mantenendosi al passo con i tempi.
In futuro il loro obiettivo è quello di aprire altri punti vendita riuscendo sempre a mantenere alta la qualità e la professionalità. I loro dipendenti sono oltre novanta ma sono spesso alla ricerca di nuove figure specifiche da inserire in azienda.
In un mondo che corre sempre più  velocemente verso il futuro dimenticando il passato trovare realtà che diventano delle eccellenze riconosciute mantenendo e rivalutando le tradizioni è davvero difficile ma Daf è decisamente una di quelle del territorio torinese.
Noemi Gariano

Medaglioni di filetto di maiale con verdure

Il filetto di maiale e’ un taglio pregiato dal sapore delicato e dalla consistenza morbida.

Questo che vi propongo e’ un ottimo secondo leggero e saporito, piacevolmente aromatico e di sicuro effetto.

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Ingredienti

1 filetto di maiale

2 patate

8 pomodorini

1 fetta di zucca

1 cipollotto

Olive, capperi q.b.

Prezzemolo, rosmarino q.b.

Olio, sale, pepe

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Lavare bene le patate e cuocerle a vapore con la buccia e la fetta di zucca tagliata a spicchi. In un tegame rosolare in poco olio il cipollotto, aggiungere il filetto di maiale tagliato a medaglioni di circa 2cm di spessore, cuocere a fuoco vivace per non piu’ di cinque minuti per parte, salare e pepare. A cottura ultimata, mettere da parte la carne e saltare le verdure a vapore con le erbe aromatiche, le olive, i capperi e i pomodorini tagliati a meta’, aggiustare di sale, unire i medaglioni e servire in tavola.

Paperita Patty