LIFESTYLE- Pagina 470

Natale francese in piazza Solferino

Vini, dolci, formaggi e un angolo di ristorazione

 

mercatino solferino

Torna in Piazza Solferino a Torino il mercatino francese, chic e goloso, eh oui!  Per passare un momento magico insieme. Voglia di Francia? voglia di evasione? voglia di Natale? Nous voilà!  Fino al 23 Novembre… à tout de suite! Vini, dolci, formaggi e un angolo di ristorazione.

 

(Foto: il Torinese)

Valsusa e turismo: un binomio da promuovere

oulxA Oulx si è parlato (con  l’assessore Parigi) del turismo in Valsusa. E il refrain del richiamo all’Expo è arrivato inevitabile

 

Guarda all’Expo (e non potrebbe essere altrimenti in casi del genere il refrain è sempre lo stesso) la promozione turistica di una delle zone più belle e contrastate del  Piemonte, la Valsusa. Sabato 15, nella sala del consiglio comunale di Oulx, ospiti del primo cittadino Paolo De Marchis, quattordici sindaci della Valle, hanno incontrato l’assessore regionale alla cultura e turismo Antonella Parigi, il presidente della commissione turismo di Palazzo Lascaris Raffaele Gallo ed un rappresentante dell’assessorato ai trasporti. Due sono gli assi portanti per fare riaccendere nuovamente i riflettori sulla Valsusa dopo la ribalta delle Olimpiadi Invernali:  : il prodotto neve, con le politiche e il sostegno garantito dalla Regione per la prossima stagione sciistica e la presentazione – da parte dell’assessore Parigi – di un progetto estivo per promuovere sotto un unico cartellone una serie di attività musicali che caratterizzeranno la Vallata nella stagione estiva. Il tutto in chiave Expo 2015, grazie anche a una serie di collegamenti e trasporti dedicati tra la Valle e l’Expo. Spiega il consigliere Gallo:   Vogliamo riaccendere, questa volta in modo permanente, i riflettori che avevano portato la Valle di Susa alla ribalta durante le Olimpiadi ed Expo 2015 ci offre l’opportunità per farlo”.

Massimo Iaretti

 

“Gemma Bovery” e “Wild”: così apre e chiude il TFF

FOX_3558.psdFOX_5059.psdSi inizia il 22 novembre all’Auditorium Agnelli

 

Ad inaugurare il 32° TFF sarà il film “Gemma Bovery” di Anne Fontaine, che vedremo in anteprima il 22 novembre all’Auditorium “Giovanni Agnelli”. Commedia sofisticata e imprevedibile, tratta dalla graphic novel di Posy Simmonds (Tamara Drewe, da cui il film di Frears), gioca sulla straordinaria interpretazione di Gemma Arterton e sulla forza dell’immaginazione artistica, capace di interferire con la realtà.

 

La chiusura del Festival  è davvero eccezionale con il film “Wild”, diretto da Jean Marc- Vallée (il regista del film Oscar “Dallas buyers club”), sceneggiato da Reese Witherspoon e accompagnato da brani dei R.E.M. , di Simon & Garfunkel, di Bruce Springsteen, di Leonard Cohen. Un viaggio affascinante di 1600 chilometri, lungo il Pacific Crest Trail,il sentiero che va dal confine con il Messico a quello con il Canada, compiuto in completa solitudine dalla protagonista, Cheryl Strayed, che,dopo una vita passata tra droghe e amori sbagliati,decide di buttarsi tutto alle spalle, in un’immersione totale con la natura. Entrambi i film usciranno nelle sale italiane nei primi mesi del 2015.Per “Wild” si ipotizza la data del 19 febbraio.

  
                                                     Mauro Reverberi

San Martino e l’inizio della nuova annata agraria

agricolturaNell’eporediese la ricorrenza viene particolarmente celebrata ad Albiano d’Ivrea con una serie di iniziative che si articolano in tre giorni, da sabato 14 sino a lunedì 17

 

San Martino non è un giorno qualunque, soprattutto in campagna. E’ la data da cui decorrono i contratti agrari che segna la fine di un’annata e l’inizio di un’altra. Nell’eporediese la ricorrenza viene particolarmente celebrata ad Albiano d’Ivrea con una serie di iniziative che si articolano in tre giorni, da sabato 14 sino a lunedì 17 novembre che ne costituisce il momento più significativo.  “In campo” ci sono, è proprio il caso di dirlo, Pro loco che ha il compito della regia, Coldiretti, Comune, Bocciofila,  Amicizia e Solidarietà, Fuori Onda Bike. Alle ore 9 del 15 si comincia con “Quattro ruote vintage Il Maggiolino” dedicato alla vettura più popolare della Volskwagen con una serie di eventi che si protrarranno per l’intera giornata,  sino alla bagna cauda serale. Domenica 16 sarà la volta dell’esposizione di auto, moto, trattori e la relativa sfilata, poi al pomeriggio il “Tour dei 5 laghi” e castagnata, cioccolata e vin brulè. Lunedì 17, infine, c’è la tradizionale Fiera di San Martino per le vie del paese.

 

Massimo Iaretti

Lascia perdere l’uomo narciso o…

… attua queste 5 regole auree per tenertelo

 

narcisoL’uomo narciso a prima vista sembra l’uomo ideale: seducente, acuto, brillante, sorridente e amante delle cose belle della vita, proprio come te. Ti porta in locali eleganti, ristoranti chic, facendoti sentire la protagonista del suo film. L’ego ipertrofico che si ritrova ILLUMINA di luce propria tutto ciò che lo circonda, quindi anche te di riflesso ( dobbiamo rendere atto al Narciso del suo fascino oscuro).

 

Finchè… finchè un giorno non incrocerai in una vetrina il suo sguardo languido, mentre si specchia con soddisfazione evidente. I  tuoi tacchi un pomeriggio si impiglieranno in una grata e cadrai a faccia in giù sotto gli occhi attoniti del bel Narciso, che vorrebbe tanto, ma proprio tanto raccoglierti da terra, ma non può..

 

La giacca nuova di lino bianco è così delicata e il marciapiede così sporco.. si morderà con grazia il labbro inferiore, affranto, aspettando con dolcezza che ti alzi da sola, spettinata, trascinandoti sui gomiti sbucciati. Abituato com’è a piacere, continuerà a farlo anche quando sarà con te, e dovrai fare l’abitudine ai suoi occhiolini ammiccanti e ai sorrisi elargiti ad ogni bella fanciulla che vaga nei dintorni.

 

In palestra, dall’estetista ( non dimenticare che è Metrosexual) , dal parrucchiere, in gita, il belloccio non rinuncerà mai al proprio sex appeal, oscurando spesso il tuo, con battute non troppo galanti sul tuo aspetto fisico. Per lui piacere è un dovere, e tu devi ricordare ogni secondo che sei fortunata a stare con una tale meraviglia del creato, quindi sforzati un po’ ! Ha la coda di ammiratrici lì fuori!

 

A questo punto, conscia di aver fatto un gravissimo errore, sarai tentata di lasciar perdere.. ma siccome noi donne sappiamo essere crudeli con noi stesse, e l’ammmore non ha limiti, ecco cinque regole d’oro per provare a tenersi e stare (bene) con un uomo NARCISO:

 

1) devi essere sempre PERFETTA

curata in ogni dettaglio proprio come lui, che controllerà con occhio critico ogni sbavatura..allenarsi alla perfezione è una disciplina che richiede tempo e molta attenzione. appallottola il pigiama di lana e buttalo dal balcone  (p.s. Auguri)

2) NON DEVI PIANGERE

Al Narciso, decisamente poco empatico, non importa che cosa ti stia ferendo nè lo intenerisce vedere la tua tristezza: con le lacrime copiose si innervosisce solo e sinceramente con tutto quel mascara e quel mocio sulla faccia gli fai anche un pò schifo. Quindi lavati e sfoga la tua rabbia, affronta e risolvi senza piagnistei, TI RISPETTERA’ DI PIU’.

3) NON SUPERARLO

Lo so che prima ti ho detto di essere perfetta, ma non devi essere più brava di lui o peggio ancora metterti in COMPETIZIONE. Ama la donna ambiziosa, non quella che gli fa le scarpe, pericolo insostenibile per il suo ego.

4) Tieni ALTA la TENSIONE

Con te NON deve essere un gioco facile. Il narciso è lunatico, generalmente si innamora follemente e poi all’improvviso gli passa.

Tenere alta la tensione è INDISPENSABILE : la seduzione per lui è una sfida, un modo per affermare ancora una volta il proprio sé. Vuole sentirsi all’altezza, quindi non metterlo di fronte a sfide troppo ardue, pensa a un gioco: prepara nuove sfide a cui riserverai nuove ricompense. Ti adorerà e mollerà i videogiochi (ora ne ha uno in carne e ossa)

5) IMPARA A GESTIRLO

L’uomo Narciso è caotico e apre molti capitoli affascinanti ma non è in grado di finirli, perciò dovrai anche occuparti di questo, di mettere ordine nelle sue carte. Mia nonna ha sempre gestito la situazione, spronato il suo uomo, l’ha coccolato e adulato, rendendosi assolutamente insostituibile ai suoi occhi.

 

PS Con queste regole auree, vedrai che capovolgerai la situazione.

pps Ti avevo avvisato che con il Narciso non sarebbe stato per niente facile.

 

 

 http://www.tuttigliuominidilola.it/

Federica Billone

 

 

 

TFF “sobrio”: senza madrina ma con una donna alla direzione

TFF 201432TFF, al via la nuova edizione. Sarà un festival più semplice, mancherà una diva per la cerimonia di apertura, ma i film non ne risentiranno. 195 titoli, con  45 anteprime mondiali e 23 internazionali, si partirà il 21 con Gemma Bovery (di A.Fontaine, 2014) e si concluderà il 29 con Wild (di J.Vallée, 2014)

 

Questa nuova edizione del TFF sarà all’insegna della sobrietà e del genere, molti film horror, tra i quali la copia restaurata di Profondo Rosso (1975), presentata dallo stesso Dario Argento, thriller e noir, ha spiegato la direttrice Emanuela Martini alla conferenza stampa del 32TFF che si è tenuta ieri sera nella sala due del Cinema Massimo a Torino. In tempi di crisi, come hanno spiegato i due assessori alla cultura del comune di Torino e della Regione Piemonte, Maurizio Braccialarghe e Antonella Parigi, Torino non ha voluto rinunciare all’importante appuntamento dedicato al cinema.

 

Anche se sarà un festival più sobrio, mancherà una madrina per la cerimonia di apertura, e saranno minori le sale del circuito di proiezioni, ma i film non ne risentiranno. 195 titoli, con  45 anteprime mondiali e 23 internazionali, si partirà il 21 con Gemma Bovery (di A.Fontaine, 2014) e si concluderà il 29 con Wild (di J.Vallée, 2014), molte le sezioni presenti da Torino 32 ai fuori concorso presentati in Festa Mobile, che vedrà fra gli altri l’ultimo film di Woody Allen, Magic in the Moonlight, e una nuova sezione Diritti e Rovesci, curata dal Guest Director Paolo Virzì, che tratterà i temi dei diritti umani e  dei risvolti negativi. Paolo Virzì, attualmente negli Stati Uniti per la promozione de Il Capitale Umano il lizza per gli Oscar, sarà in sala per parlare insieme ai registi dei documentari che popolano questa sezione e per parlare con il pubblico. 

 

Tra le novità di quest’anno anche la collaborazione con la Fondazione Sandretto Rebaudengo che si auspica possa inaugurare quest’anno una forma di sinergia tra le diverse realtà legate alla cultura sul territorio piemontese. Continua anche la rassegna dedicata alla New Hollywood, per il secondo anno innumerevoli i titoli proposti da Emanuela Martini, che ha curato anche il volume pubblicato da Il Castoro e che sarà disponibile nei giorni del festival. Ricca anche la proposta di documentari, oltre che alla riproposizione di alcuni film cult tedeschi per celebrare il gemellaggio Torino-Berlino partito proprio pochi giorni fa. Ci aspettano, dunque, giorni intensi all’insegna del buon cinema e non ci resta che attendere la settimana prossima per saperne di più.

 

Cristina Colet

Fca, arriva la nuova 500X in attesa del suv Levante

500X 500x1Marchionne: “E’ l’inizio della nuova fase di sviluppo del gruppo, collegata al resto della Chrysler”

 

In attesa della produzione del suv Levante di Maserati a Mirafiori, è stata presentata a Balocco la nuova 500X, con la presenza dell’ad di Fca, Sergio Marchionne.

 

“Rappresenta l’inizio della nuova fase di sviluppo del gruppo, collegata al resto della Chrysler. E’ la prima architettura che abbiamo messo a punto insieme con Jeep, il primo frutto della collaborazione tra le due aziende” dice il manager all’Ansa.”Per Melfi la 500x è essenziale: senza questa auto per lo stabilimento ci sarebbe stato poco da fare. Il futuro sono la 500x e la Jeep Renegade, costruita anch’essa a Melfi”.

 

Marchionne ha avuto anche occasione di pronunciare qualche parola sul “gioiellino” del gruppo industriale, il cavallino rampante di cui ha preso recentemente le redini al posto del defenestrato Luca Cordero di Montezemolo: “Annunci sulle strategie future alla fine del Gran Premio di Abu Dhabi? Non lo so, aspettiamo che termini la stagione. È importante finire l’ultima gara. È stato un anno difficile e anche domenica non è stata una bella giornata” Così ha commentato i risultati della Ferrari in Formula 1.
   

Gita in Galleria per ammirare le luci della moda

san federicoAd Adriana Delfino e Walter Dang è stata affidata la cura della sezione sartoriale del progetto

 

Dal 20 novembre al 31 gennaio  chi attraverserà la Galleria San Federico potrà ammirare un’installazione luminosa molto suggestiva : 10 sfere in plexiglass di quasi 2 m. di diametro sospese nella volta, contenenti ciascuna un’opera creata da uno stilista emergente, un omaggio alla sartorialità della moda torinese. Gli spazi sottostanti verranno occupati da diversi temporary stores, i cui guadagni saranno destinati alla Fondazione FARO ONLUS.Gli stilisti a cui è stato chiesto di allestire con le loro creazioni l’interno delle bolle sono Silvia Beccaria, figlia del noto professore universitario Gianluigi Beccaria,Pietra Pistoletto, figlia del Maestro Michelangelo, Maria Teresa Grilli, Filomena Sartorelli, Antonino Salemi Garigliano, Antonio Rizzo, Fabrizio Picardi, Alberto Lusona, Rossana Dassetto Daidone, tutti selezionati dal comitato scientifico dell’Associazione Golfart. Ad Adriana Delfino e Walter Dang è stata affidata la curatela della sezione sartoriale del progetto.

 

(Foto. il Torinese)

                                                                Mauro Reverberi  

A Caporetto, quasi un secolo dopo l’ultima battaglia sull’Isonzo

caporettocaporetto museocaporetto2caporetto civilicaporetto5caporetto6caporetto8C’è un modo per capire cosa sia successo, come venne combattuta quella guerra e quali furono le posizioni dell’esercito italiano in questa porzione di territorio? Sì, c’è: visitando il Museo all’aperto del Kolovrat, “la terza linea di difesa italiana“, sull’omonimo altopiano al confine tra Italia e Slovenia

 

 

 REPORTAGE DI MARCO TRAVAGLINI

 

 

Nel periodo tra maggio 1915 e novembre 1917, il Friuli Venezia Giulia e la confinante Slovenia furono teatro di scontro tra gli eserciti italiano e austro-ungarico che si fronteggiarono duramente per molti mesi. Carso, Isontino, Alpi e Prealpi Giulie, Alpi Carniche e la zona collinare lungo la linea del Tagliamento furono il teatro di guerra , mentre tutta la zona di pianura diventò una grande retrovia al servizio delle forze armate per poi venir invasa dalle truppe austro-germaniche dopo la disfatta di Caporetto. Venire fin qui , un secolo dopo, aiuta a capire un po’ di più quella terribile vicenda storica. E poco importa se ci tocca guidare per gran parte dei quasi seicento chilometri (Domenico non ha la patente, Giovanni ci vede poco ed Enrico non  ama stare al volante…pazienza). La pioggia invece, seppur indesiderata, è ospite fissa e ci accompagnerà per tutto il tempo.

 

 

Nelle valli del Natisone

 

Siamo nelle valli del Natisone (“Benečija” o “Nediske Doline” nel dialetto sloveno locale) , nella parte più orientale del Friuli Venezia Giulia. Un territorio che collega Cividale , l’antica Forum Julii romana, alla valle dell’Isonzo in Slovenia. In mezzo scorre  il Natisone (Nadison in friulano, la  Nediža in dialetto sloveno locale ) , il più importante  fiume del Friuli orientale mentre nel ventaglio delle altre valli scrosciano le acque dei suoi affluenti: l’Alberone, il Cosizza e l’Erbezzo. Su tutto e tutti domina il monte Matajur (1641 m) , dalla cui cima erbosa si può vedere l’Adriatico. Un territorio montano, ricco di fascino, dove piccoli borghi si alternano a boschi imponentidove, un secolo fa, si combattè furiosamente durante la Prima Guerra Mondiale.

 

 

Kolovrat, “la terza linea di difesa italiana”

 

C’è un modo per capire cosa sia successo, come venne combattuta quella guerra e quali furono le posizioni dell’esercito italiano in questa porzione di territorio? Sì, c’è: visitando il Museo all’aperto del Kolovrat, “la terza linea di difesa italiana“, sull’omonimo altopiano al confine tra Italia e Slovenia. Lo raggiungiamo percorrendo la strada provinciale 45 che, partendo da Ponte San Quirino, località tra Cividale e San Pietro al Natisone, arriva a Drenchia, il più piccolo comune della regione per numero di abitanti, formato da diverse frazioni e borghi e posto sulla cresta di un anfiteatro morenico ai confini con la Slovenia. Si parte dal Passo Solarie, uno dei tanti valichi confinari del Cividalese, che collega la Val Cosizza con l’abitato sloveno di Volzana e quindi con la valle dell’Isonzo.

 

Il primo caduto italiano della Grande guerra

Nei pressi del rifugio s’incontra un monumento. E’ una piccola piramide tronca, posta su una roccia ai lati della strada, sormontata dalla sagoma in ferro di un’aquila in volo. Un’epigrafe recita:”Qui / gli Alpini del Cividale / caricate le armi / balzavano incontro / alla morte e alla gloria / offrendo sull’are / della Patria / il primo caduto / nella Grande Guerra / Riccardo di Giusto / 24 maggio 1915″. Sì, perché il ventenne alpino friulano del Battaglione Cividale, è stato la prima vittima italiana “ufficiale” della guerra del ’15-’18. Alle due di notte del 24 maggio 1915, appena dichiarata la guerra all’Impero d’Asburgo, l’esercito italiano mosse i primi passi all’interno del territorio austro-ungarico. Riccardo di Giusto ebbe il compito, assieme alla sua colonna, di occupare la cima del Monte Natpriciar ma un colpo di fucile sparato dai gendarmi disposti lungo il valico di Solarie lo uccise all’istante. Per questo motivo gli fu immediatamente conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Seppellita nel piccolo cimitero di San Volfango, una delle tante frazioni di Drenchia, ai piedi dell’altopiano, nel 1923 la salma fu traslata all’interno del Tempio Ossario di Udine dove riposa tutt’ora.

 

Tra le trincee del museo all’aperto

Proseguendo in leggera salita s’incontra un pannello informativodedicato alla presentazione del museo. Da quel punto si procede fino al Passo Zagradan, a quota 1042. Sulla sinistra si intravede il fianco del Monte Piatto mentre a destra si trova il Monte Klabuk, la cima dove la Fondazione “Poti miru v Posočju” di Caporetto (Sentieri di pace dell’Alto Isonzo) ha recuperato parte delle postazioni di difesa italiane. Seguendo le tracce sul terreno è possibile raggiungerlo ed ammirare da vicino questi interessanti resti perfettamente conservati e ristrutturati. Il museo all’aperto Na Gradu è sistemato sulla cresta del Kolovrat. Da qui si apre una bella veduta panoramica sul fronte che spazia dal massiccio del Krn (Monte Nero) alla Sveta Gora (Monte Santo) ed alla pianura friulana. Praticamente su tutta la linea del fronte della II armata comandata dal generale Cappello e composta da circa 800 mila uomini. Vi si trovano posti di comando e di osservazione, postazioni di mitragliatrici e di cannoni, caverne e una rete di trincee e di camminamenti a pi� piani. La particolarità degli interventi di recupero di queste posizioni consiste nell’impiego di materiale edile originale (reti metalliche per consolidare le scarpate, lamiera ondulata, lastre di ardesia) risalente all’epoca della prima guerra mondiale. E’ un lavoro eccellente di recupero e manutenzione quello che interessa le posizioni italiane del versante sloveno del Kolovrat, soprattutto trincee e ricoveri in caverna che avevano funzioni di difesa del passo Zagradan e, in generale, quelle di caposaldo della linea d’Armata nel tratto del Kolovrat. Tornati sul passo la visita alla terza linea di difesa italiana continua sul vicino Monte Piatto. Anche qui, sul sentiero che segue la sua dorsale, si vedono i resti di piazzole d’artiglieriaed i ruderi di alcuni edifici. Al ritorno, anziché scendere nuovamente dalla parte di Drenchia, ci si dirige verso Clabuzzaro e da lì fino alla piccola frazione di SanVolfango dove sorge un grande monumento ai caduti nel luogo in cui era stato costruito un cimitero militare.

 

Gadda e Rommel

Sul monte Krasij, a nord di Caporetto,  si trovava anche il battaglione degli alpini  del sottotenente Carlo Emilio Gadda, uno dei più grandi scrittori del Novecento. Dall’altra parte della barricata si distinse un giovane tenente tedesco del Regio esercito del Württenberg che si chiamava Erwin Rommel. Sì, proprio “quel” Rommel che sarebbe diventato in seguito famoso come “la volpe del deserto”, guidando con il grado di Feldmaresciallo l’Afrikakorps nella seconda guerra mondiale. La sua abilità militare era davvero straordinaria. Con il suo gruppo di soldati del Württenberg , Rommel avanzò sul Kolovrat e conquistò il monte Matajur, la cima più alta delle Valli del Natisone. In meno di due giorni contribuì alla disfatta italiana, catturando migliaia di soldati  del Regio esercito durante la dodicesima battaglia dell’Isonzo.

 

 

La medaglia negata a Pertini

Durante l’’Undicesima battaglia dell’Isonzo, combattuta tra il 17 e il 31 agosto del ’17 sul fronte delle operazioni italiano, si mise in luce anche un socialista che aveva osteggiato la guerra e, dopo aver rifiutato il corso per ufficiali, era stato assegnato all’artiglieria: Sandro Pertini. Il capo di stato maggiore italiano, il pallanzese Luigi Cadorna, aveva concentrato tre quarti delle sue truppe sull’Isonzo: 600 battaglioni (52 divisioni) con 5.200 pezzi d’artiglieria. L’attacco venne sferrato su un fronte che si estendeva da Tolmino (nella valle superiore dell’Isonzo) fino alle coste dell’Adriatico. Ma fu sull’altipiano della Bainsizza che il combattimento fu aspro e sanguinoso, fino a conquistare quel territorio e il Monte Santo. Richiamato come sottotenente, il giovane Pertini si distinse per una serie di atti di eroismo e venne proposto per la medaglia d’argento al valore militare per aver guidato, in quella battaglia, un assalto al monte Jelenik, espugnando con pochi uomini delle postazioni austro-ungariche difese da mitragliatrici. La medaglia, però, non venne approvata subito e, successivamente, il regime di Mussolini occultò la notizia, dato che Pertini era socialista e antifascista. La richiesta di medaglia venne riscoperta quando Pertini venne eletto Presidente della Repubblica Italiana ma gli venne consegnata solo nel 1985 allo scadere del suo mandato.

 

Kobarid/Caporetto

Il Kobariški muzej, il museo di Caporetto si trova al numero 10 di Gregorčičeva ulica a Kobarid, in Slovenia. In quello stesso edificio si trovava la sede del tribunale militare italiano durante la Grande guerra.  Fuori il cielo è grigio e minaccia pioggia ( più tardi, infatti, pioverà). Dentro nelle sale si può visitare la mostra permanente corredata di carte geografiche che rappresentano i fronti aperti in Europa durante la prima guerra mondiale e le modifiche dei confini politici apportate a guerra finita.  Ci sono le bandiere, i ritratti di combattenti delle diverse nazionalità, persino  le pietre tombali recuperate nei cimiteri militari dell’Alto Isonzo. Questo paese di circa quattromila abitanti,  sorto all’incrocio delle due vallate dell’Isonzo e del Natisone che mettono in comunicazione il Friuli con la Carinzia, a causa della sua posizione  fu teatro di molteplici scontri e guerre. Nella sua piazza , nel corso dell’ultimo secolo, vennero issate dieci bandiere diverse. Sì, perché  Caporetto (Kobarid in sloveno, Cjaurêt in friulano, Karfreit in tedesco), oggi è territorio sloveno ma  le distanze dal confine italiano non sono grandi. Da Cividale sono 27 chilometri, 44 da Udine, 50 da Gorizia e Tarvisio.

 

Caporetto, sinonimo di catastrofe

La località principale, Caporetto, sede comunale, conta poco più di mille abitanti ma il  comune è formato da ben  22 località: la più popolata è , appunto, il centro omonimo, mentre quella con meno persone che ci vivono  è Magosti (Magozd) , dove i residenti sono una sessantina. Posta in posizione strategica nell’alta valle dell’Isonzo, cambiò spesso – nel corso di un secolo – i colori delle  bandiere sulla sua piazza principale. Ma il suo nome è tristemente famoso per la battaglia della prima guerra mondiale che si combatté in queste zone tra il 24 ottobre e il 26 ottobre del  1917, tra le truppe italiane e quelle austriache, e si concluse con la celebre rotta delle truppe italiane che si dovettero ritirare fino al Piave perché erano naufragati i piani per la difesa delle posizioni, essendo la strategia del Regio Esercito basata esclusivamente sull’offensiva. Caporetto, da allora, è diventato sinonimo di catastrofe. L’immagine che balza in mente è quella di un disastro dai costi umani altissimi: 10.000 morti, 30.000 feriti, 300.000 prigionieri, 350.000 sbandati e disertori. Furono abbandonati o persi nella ritirata due terzi dei grossi calibri d’artiglieria, metà dei medi e due quinti dei pezzi leggeri. Non solo: sul campo restarono 1700 bombarde, 3000 mitragliatrici e un’enorme quantità di munizioni, viveri e rifornimenti di ogni genere. Il tutto avvenne in una situazione dominata dal caos, con diserzioni e fughe che sfociarono anche in fucilazioni. Un vero e proprio macello. Basta recarsi sul Colle di Sant’Antonio che domina la conca di Caporetto per vederne le tracce indelebili. Lì c’è il sacrario dei militari italiani. In quell’ossario furono traslate le salme di 7014 soldati italiani, noti ed ignoti, caduti in quelle battaglie. I loro nomi sono incisi in lastre di serpentina verde. Ai fianchi della scalinata centrale sono disposti i loculi contenenti i resti di 1748 militi ignoti.

 

“Il Carso, spazzato dai venti..”

La visita al Museo ci accompagna sul fronte isontino  e la storia è esposta in quattro grandi sale  ( quella del Monte Nero, la sala Bianca, quella delle retrovie e la sala Nera)  e, al secondo piano,  nella caverna. Nella sala Monte Nero si incontra il periodo iniziale degli scontri lungo l’Isonzo avvenuti dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 24 maggio del 1915. Gli alpini italiani conseguirono la prima brillante vittoria del fronte isontino con la conquista della cima del Monte Nero (2244 m) strappato dalle mani dei difensori ungheresi. Al centro di questa sala è collocata una riproduzione plastica su scala 1:1000 del Krn (Monte Nero, della Batognica (il Monte Rosso) e delle cime limitrofe. Proseguendo nella sala Bianca  prendono corpo le indicibili sofferenze patite dai soldati che fecero la guerra  nel duro ambiente delle montagne per ventinove mesi. Il Carso, “fatto di roccia che riflette il calore, spazzato dai venti, privo d’acqua quando non allagato, difficile da percorrere camminando e ancor più correndo, era l’ultimo posto del pianeta dove andare a combattere una guerra di trincea”, viene descritto dallo storico inglese Mark Thompson nel suo libro “La guerra bianca”, come un vero e proprio luogo infernale.

 

Retrovie, parola magica

La sala delle Retrovie descrive la realtà della zona a ridosso del fronte isontino : un vero e proprio formicaio di centinaia di migliaia di soldati ed operai dislocati lungo la linea compresa tra il Rombon ed il golfo di Trieste. Del resto il congegno militare di ambedue gli eserciti  richiedeva una ragnatela di postazioni, strade, acquedotti, funicolari, ospedali, cimiteri, officine, case di tolleranza e tanto altro ancora. “Retrovie”, quasi una parola magica che equivaleva a  riprender fiato, dormire, acqua pulita, cibo, fine o almeno pausa  della paura, divertimento. E tutto in attesa di ritornare nel fango e nel fuoco delle trincee. Nella sala Nera– la sala del monito –  si conclude la descrizione di questa guerra assurda  con i ritratti degli alpini che pregano prima di andare in battaglia, dalla porta d’ingresso di una prigione militare italiana, dall’affusto di un cannone abbandonato su una rovina di sassi e rottami di ferro e dalle fotografie disposte nella parte superiore a rappresentare gli orrori della guerra.

 

”Se tu verrai quassù fra le rocce..”

 

Al secondo piano è esposto il materiale riguardante l’evento conclusivo del fronte isontino, la 12° battaglia dell’Isonzo, quella di Caporetto, consumatasi in due settimane tra il  24 ottobre  e il  9 novembre 1917. Da parte austro-ungarica si  rivelò come la prima azione riuscita di guerra-lampo (blitzkreig) nella storia bellica e l’azione di sfondamento meglio riuscita della prima guerra mondiale. Una riproduzione plastica di 27mq che rappresenta l’Alto Isonzo su scala 1:5ooo, illustrando ai visitatori del museo la portata di quest’operazione mentre gli spostamenti e gli schieramenti delle unità combattenti sono riprodotti su grandi carte geografiche, accompagnate  da una ricca collezione di fotografie  che illustrano i preparativi e lo svolgimento della battaglia. Si tratta per lo più di fotogrammi originali scattati  nella seconda metà dell’ottobre del ‘17 e nei primi giorni della battaglia. C’è anche un filmato di una ventina di minuti,  disponibile in undici lingue mentre è particolarmente toccante la riproduzione sonora della lettera scritta al padre da un soldato collocato nella “caverna italiana” scavata sul massiccio del monte Nero. Il contenuto della lettera e l’accompagnamento musicale ( la popolare canzone friulana “Stelutis alpinis”, stelle alpine) non lasciano indifferenti , inducendo a meditare sulle angustie e le sofferenze umane vissute dai soldati di ambedue gli schieramenti. Ascoltiamo in silenzio le prime strofe della canzone che recitano:”Se tu verrai quassù fra le rocce,dove fui sotterrato,troverai uno spiazzo di stelle alpine bagnate del mio sangue. Una piccola croce è scolpita nel masso; in mezzo alle stelle ora cresce l’erba; sotto l’erba io dormo tranquillo”.

 

Non un museo di guerra ma dell’uomo

 

Il prof.Branko Marusic, è uno storico sloveno che conosce le vicende del Novecento in queste terre a cavallo dell’Isonzo come le sue tasche. Per ventidue anni ha diretto il  Goriški muzej di Nova Gorica e ha contribuito all’allestimento delle sale storiche di Kobarid.Il museo di Caporetto non è un museo di guerra, bensì dell’uomo e delle sue angustie”,ha scritto. Aggiungendo:”Non è un museo della vittoria e della gloria, delle bandiere liberate o calpestate, della conquista e della vendetta, del revanscismo o dell’orgoglio nazionalistico. In prima fila sta l’uomo, colui che ripete ad alta voce oppure tra sé e sé, a se stesso oppure ai compagni di sventura esprimendosi nelle diverse lingue del mondo: “Maledetta guerra!” In questa concisa imprecazione sta la fondamentale testimonianza del museo di Caporetto, il suo successo ed il suo diritto e la necessità di esistere e progredire”. Usciamo dal Kobariski muzej mentre il cielo ha ricominciato a buttar giù una pioggia fredda e intensa. Tutt’attorno la vita scorre tranquilla all’ombra delle cime del Monte Nero, del Matajur e dello Stol, mentre scorrono le acque verde cupo dell’Isonzo e quelle un po’ torbide del Natisone  nello stupendo paesaggio delle Alpi Giulie . Questa località oggi attira i turisti che rifuggono dagli affollati centri turistici per dare la preferenza ad un ambiente tranquillo che offra possibilità di passeggiate o di attività sportive per il tempo libero. Eppure questi  rilievi montuosi  sono lì, come  taciti testimoni di quegli eventi di cent’anni fa che resero noto nel mondo il nome di Kobarid, Caporetto, Karfreit.

 

Marco Travaglini

 

Nuovo Poliambulatorio a Orbassano

MEDICOEntro fine anno saranno ultimati i lavori A gennaio saranno sistemati gli arredi e le attrezzature sanitarie ambulatoriali e a febbraio ci sarà l’inaugurazione con apertura al pubblico

 

L’ultimo sopralluogo al cantiere del nuovo poliambulatorio si è tenuto ad Orbassano in presenza del Direttore Generale dell’ASL To 3, Gaetano Cosenza, il sindaco Eugenio Gambetta, il Servizio Tecnico dell’ASL, la Direzione lavori e i responsabili delle imprese appaltatrici.Si tratta di un investimento di 6 milioni di euro, di cui circa metà ottenuti in conto capitale dallo Stato e 3 milioni di euro dalla Regione Piemonte. Sarà possibile entro alcuni mesi trasferire i servizi dall’edificio a cinque piani nel quale sono attualmente posizionate la Direzione del Distretto ed il Poliambulatorio in un’unica struttura con un risparmio di 200.000 euro in affitti ogni anno. Il nuovo immobile sarà punto di riferimento per una decina di Comuni ed almeno 100.000 abitanti. Il sindaco di Orbassano, Eugenio Gambetta, al termine del sopralluogo ha dichiarato che “dall’edificio, ormai terminato, traspare una notevole evoluzione nell’erogazione dei servizi sanitari di zona.” 

 

Fonte: ilfarmacistaonline.it