LIFESTYLE- Pagina 45

Dantès e il medaglione misterioso

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Affacciata sul Canale della Manica, in Normandia, Étretat è una delle meraviglie della costa di Alabastro, che si estende tra Dieppe e Le Havre, formata da alte scogliere di gesso e verdi vallate. Il pittoresco villaggio incastonato fra le due scogliere più suggestive della costa, la falesia d’Amont e quella d’Aval, ha ospitato personaggi celebri come Guy de Maupassant, Delacroix, Corot, Courbet e Monet e sembra uscire direttamente da un quadro impressionista. Per descriverla è utile ripetere le parole di Victor Hugo: “Ciò che ho visto a Étretat è meraviglioso. […] L’immensa falesia cade a picco sul mare, il suo grande arco naturale è ancora intatto, guardandovi attraverso se ne scorge un altro, ovunque si trovano grandi capitelli lavorati rozzamente dall’oceano.

La più bella architettura che ci sia”. Proprio a Étretat viveva un piccolo cane yorkshire terrier di nome Dantès. Nonostante le sue dimensioni ridotte aveva un cuore grande e uno spirito avventuroso che lo portava a esplorare ogni angolo della sua amata costa. Ogni mattina Dantès si svegliava all’alba annusando l’aria fresca del mare che soffiava attraverso la finestra della sua padrona, la signora Claire Leblanc. Claire, pronipote dello scrittore Maurice Leblanc, creatore delle avventure di Arsenio Lupin, il ladro gentiluomo, era una donna minuta e gentile con una passione per la pittura tant’è che spesso si sedeva sulla spiaggia per catturare le meraviglie della natura riproponendole sulla tela con delicati colori. Viveva accanto alla villetta, ora trasformata in museo, ereditata dal celebre prozio al numero 15 di rue Guy de Maupassant dove Leblanc per 25 anni scrisse e in parte ambientò le avventure rocambolesche del personaggio al quale dedicò ben 17 romanzi, 39 racconti e 5 pièce teatrali tra il 1907 e il 1935. Dantès adorava accompagnare la sua padrona, correndo felice tra i gabbiani e scavando piccole buche nella sabbia dove riusciva a trovarne lungo la spiaggia di ciottoli. Un giorno, mentre Claire era intenta a dipingere il maestoso arco di pietra che Guy de Maupassant descrisse come la proboscide di un elefante che emerge dal mare a pochi metri dall’Aiguille de la Falaise d’Aval, detta l’Ago, alta 55 metri, isolata e lontana dalla scogliera, il piccolo Dantès decise di avventurarsi poco più in là, attratto dalla sensazione di scovare qualcosa di misterioso.

Scoprì un sentiero poco battuto che si arrampicava sulle falesie, e guidato dal suo spirito curioso, decise di seguirlo. Il sentiero lo portò in cima in cima alla falesia dove il panorama mozzava il fiato: le onde dell’oceano si infrangevano contro le rocce, e il cielo era punteggiato di nuvole bianche. Ma mentre Dantès si godeva la vista si accorse che il sentiero proseguiva sempre più stretto e ripido fino all’imbocco di una piccola grotta nascosta tra il muschio e l’erba alta. Incuriosito si avvicinò e, con un piccolo guaito, entrò nella grotta. All’interno, scoprì un tesoro inaspettato: un vecchio baule di legno, coperto di sabbia e alghe. Annusandolo con curiosità, Dantès lo ispezionò e, dopo un po’, riuscì a sollevare il coperchio con le sue piccole zampe. Dentro al baule c’erano molti oggetti scintillanti: monete d’oro, gioielli e strani artefatti. Ma ciò che colpì di più il piccolo yorkshire fu un antico medaglione, ornato con un’immagine di un cane che assomigliava a lui. Era come se il destino avesse voluto che Dantès trovasse quel tesoro. Era riuscito a scoprire il mistero dell’Aiguille Creuse, forse il romanzo più famoso di Leblanc e a individuare il nascondiglio di uno dei tesori più clamorosi con perle, rubini, zaffiri e diamanti dei re di Francia? Deciso a comunicare la scoperta alla sua padrona, Dantès prese tra i denti il medaglione e tornò indietro, correndo a perdifiato lungo il sentiero. Quando raggiunse Claire la trovò intenta a dipingere. Con un guaito entusiasta il piccolo cane saltò accanto a lei, mostrandole il medaglione scintillante. Claire si chinò, sorpresa e affascinata. “Dantès, dove hai trovato questa meraviglia?” chiese, accarezzandolo affettuosamente. Lo yorkshire terrier scodinzolò, felice di condividere la sua avventura e ripercorse il sentiero con la sua padrona. Insieme decisero di riportare il medaglione e gli altri tesori al villaggio, dove avrebbero potuto scoprire la loro storia. Con l’aiuto degli abitanti del posto e le ricerche di madame Catherine Lapoint, la bibliotecaria appassionata di storie e leggende, si scoprì che quegli oggetti appartenevano a un vecchio marinaio che aveva vissuto nel villaggio secoli prima, e che il medaglione era un simbolo di protezione per il suo fedele compagno a quattro zampe. Non era stato svelato il mistero della falesia cava e del tesoro dei Re del quale narrava Leblanc nella più celebre delle avventure di Arsenio Lupin ma era pur sempre una scoperta molto importante. Da quel giorno Dantès non fu considerato soltanto un cane avventuroso, ma anche un piccolo eroe del villaggio. Le persone lo ammiravano e lo ringraziavano per aver riportato alla luce una parte della loro storia. E mentre Claire continuava a dipingere la bellezza delle falesie, Dantès restava al suo fianco, pronto per nuove avventure, con il cuore pieno di gioia e il medaglione scintillante legato al suo collare.

Marco Travaglini

Elisabetta di Baviera e l’ombrellaio di Sovazza

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Argante Dorini aveva dimostrato la sua abilità fin da giovane, dotato com’era di una manualità fine e di un ragguardevole ingegno. Da Sovazza, dov’era nato e dove viveva con la moglie e i due figli quando non era in cammino sulle strade di mezz’Europa, aveva interpretato con passione l’arte del lusciàt, dell’ombrellaio ambulante. Mestiere duro ma senza alternative che Argante condivideva con l’amico Filippo Filippi, un tipo segaligno di Carpugnino. Insieme, macinando chilometri su strade polverose o in mezzo al fango, lontano da casa, s’arrangiarono a raccogliere il loro magro guadagno riparando ombrelli e parasole. Rimanevano mesi e mesi lontani da casa, risparmiando il risparmiabile per sostenere le famiglie, ricorrendo il più delle volte per cibo e alloggio a soluzioni di fortuna. Spesso non riuscivano a mettere insieme il pranzo con la cena e dormivano dove capitava.

 

Quante volte si erano appisolati, stanchi morti, sotto il cielo stellato nella buona stagione o in qualche fienile quando tirava vento o scrosciava la pioggia. Eppure, mai una lamentela perché la loro vita era così: prendere o lasciare. Il figlio Fulgenzio apprese a sua volta il mestiere, girovagando per le pianure piemontesi e lombarde per sfuggire alla miseria. Il lavoro l’aveva “rubato” a tal punto da diventare uno dei migliori nell’arte di vendere e riparare ombrelli. Accompagnato da Nino, il fratello più piccolo, giravano come dei nomadi gridando a gran voce “donne, donne, à ghè l’ombrelè!”, portando a tracolla la barsèla, la cassetta nella quale erano riposti  tutti i ferri del mestiere del lusciàt: dai ragozz, le stecche degli ombrelli, a lusùra, flignànza, tacugnànza e tacòn, ramé, cioè forbici,  rocchetti di refe, pezze varie, bastoni di legno. Con quell’armamentario erano in grado di cucire, limare, intagliare il legno, incollare e sagomare stoffe. Se c’era da riparare un ombrello lo accomodavano, racimolando qualche soldo; se invece si trattava di confezionarne uno nuovo, era festa grande. Girovagavano per le vie guardando porte e finestre, in attesa del cenno di chi era disposto ad affidar loro un parapioggia tartassato dai troppi acquazzoni, contorto dal vento o vittima della voracità delle tarme.

Ogni lavoro era buono e non si rifiutava mai, mettendosi subito alacremente al lavoro, e in silenzio. Stessa vita riservò all’unico figlio maschio, Mario. Per arrotondare il magro guadagno accompagnavano il mestiere con la costruzione e la vendita di altri manufatti in legno e in fil di ferro come gabbie, trappole per topi, insalatiere, setacci. Anche Mario, diventato uomo, si avvalse di un apprendista, Giacomino Dentici, un ragazzino di dieci anni, sveglio come un passero e rapido come una saetta. Come da tradizione il giorno di Capodanno, sulla piazza di Carpugnino, si incontravano a parlare d’affari e preparare la nuova annata degli ombrellai. In quell’occasione le famiglie più povere affidavano i loro figli piccoli agli artigiani ambulanti, nella speranza che avrebbero imparato un mestiere, sconfiggendo povertà e indigenza. “Al prumm dal lungon a Carpignin, a truà l’ Casér senza an bergnin”, che tradotto equivaleva a “il primo dell’anno a Carpugnino, a cercar padrone, senza un soldino”, come recita un’epigrafe che fa mostra di sé ancor oggi  nella piazza del piccolo paese del Vergante. Reclutata così la manodopera, gli ombrellai si mettevano in cammino alla ricerca dei guadagni necessari a garantire un futuro migliore. Bisogna dire che l’apprendista entrava quasi a pieno titolo nella famiglia dell’ombrellaio che provvedeva a lui in tutto e per tutto. Per fortuna i tempi erano cambiati e non s’andava più a piedi, consumando scarpe e sudore, ma in bicicletta. E che biciclette! Due Maino purosangue, modello anni venti con il doppio carter e senza una macchia di ruggine nonostante fossero di seconda mano. Mario le aveva ottenute da un ciclista in cambio di una serie di lavori, tra i quali un paio d’ombrelli nuovi di zecca. In fondo non erano proprio a buon mercato ma la comodità di pedalare lesti e di non scarpinare più dall’alba al tramonto n’era valsa la pena. Così Mario e Giacomino lavorarono a lungo, lontano da casa e dai propri cari, accompagnandosi nel tragitto con i canti in quella particolare lingua che si parlava tra lusciàt: il tarùsc. Tra di loro, per tradizione e abitudine, comunicavano in quel gergo difficile, quasi del tutto incomprensibile, dalla pronuncia piuttosto secca e dura. Facilitati dalla stessa provenienza territoriale, cioè dai paesi dell’alto Vergante, gli ombrellai potevano intendersi con rapidità e segretezza, scambiandosi notizie e commenti nella certezza di non essere capiti. L’idioma era un misto di dialetto e parole di altre lingue, dallo spagnolo al francese al tedesco, rielaborate con arguzia e duttilità. Così, tanto per fare due esempi, l’avvocato era un “denciòn” e il cuoco un “brusapignat”.

“Al lusciàt caravaita a gria i lusc”, dicevano gli anziani. L’ombrellaio ambulante ripara gli ombrelli perché la ghéna, la fame, era tanta e ci si poteva considerare brisòld (ricchi) solo quando si riusciva a mettere su la prima bottega con un banchetto e l’insegna di due cupole d’ombrello a spicchi bianchi e rossi e la scritta “luscia, el lusciat piòla” che, più o meno, si poteva tradurre in piove, l’ombrellaio si prende una sbornia. Infatti, quando il cielo diventava scuro, la terra cambiava odore e l’acqua iniziava a scrosciare, fosse temporale estivo o pioggia autunnale, si brindava alla fortuna perché con la pioggia si lavorava di più. Quando tornava a casa Mario raccontava le avventure della sua vita randagia. Era orgoglioso di quel lavoro dove la fatica e i sacrifici erano ricompensati dalla passione per un mestiere che richiedeva non solo molta abilità ma anche una buona dose di creatività. Soprattutto quando l’ombrello andava costruito nuovo di zecca e venivano usate le sagome per tagliare le stoffe. Qui la differenza di censo balzava all’occhio immediatamente: i benestanti e i nobili sceglievano la seta, per gli altri tutt’al più c’era il cotone. Il racconto più straordinario risaliva all’epoca in cui suo nonno confezionò un paio d’ombrelli per la principessa Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, bavarese di nascita, diventata imperatrice d’Austria, regina apostolica d’Ungheria e regina di Boemia e Croazia, oltre che consorte di Francesco Giuseppe d’Austria. Celebre ovunque in Europa con il nome di Principessa Sissi (anche se dalle sue parti di esse ne usavano una sola). Argante Dorini non era tanto dell’idea di riverire la nobildonna, non foss’altro perché il fratello di suo padre, lo zio Luigi,aveva combattuto contro gli austriaci con il grado di tenente dell’esercito franco-piemontese durante la seconda guerra di indipendenza italiana, perdendo la vita nella battaglia di Solferino, il 24 giugno del 1859. Una pallottola aveva centrato in pieno petto Luigi Dorini proprio durante le ultime scaramucce di quella che fu una delle più grandi battaglie dell’Ottocento, con più di duecentomila soldati in campo. Il papà di Mario, antiaustriaco pure lui, teneva in tasca una vignetta dove un soldato asburgico era raffigurato come un maiale. E diceva sempre che “il Cecco Beppe al ma stà sui ball”.

 

Ma si sa, il lavoro è lavoro, e quando una delle dame di corte della Principessa prese contatto con lui mentre si trovava a Madonna di Campiglio nel 1889 chiedendogli di confezionarle un ombrello, non disse di no. Argante, nonostante la giovanissima età, era già uomo di poche parole e di buon senso,  e sosteneva che dove c’erano tanti ricchi e tanti nobili  c’era anche “tanta grana” e qualche corona in saccoccia non faceva certo male. Per questo si era sobbarcato quel viaggio lunghissimo verso est, in cerca di fortuna. A quel tempo la perla delle Dolomiti di Brenta era una delle mete predilette dall’aristocrazia europea e anche l’imperatrice Elisabetta aveva deciso di trascorrervi un periodo di villeggiatura, risiedendo all’Hotel des Alpes. Presa in carico l’ordinazione si dedicò alla fattura del parasole per la moglie di “quel crucco del Cecco Beppe”, mettendoci tutta la sua arte. Si trattò di un lavoro laborioso che consegnò alla dama nel tempo di due settimane, senza trascurare altri incarichi. La Principessa Sissi fu talmente soddisfatta che, esattamente due anni dopo, mentre soggiornava a Cap Martin, in Costa Azzurra, venuta a conoscenza dalla stessa dama del suo seguito della presenza di quell’italiano (“der italiener”) così abile a costruire ombrelli, ne commissionò un altro. Anche quella volta il nonno di Mario diede il meglio di se per soddisfare la vanitosa Elisabetta che, ossessionata dal culto della propria bellezza, teneva molto anche ad abiti e accessori. Secondo le cronache le occorrevano quasi tre ore per vestirsi, poiché gli abiti le venivano quasi sempre cuciti addosso per far risaltare al massimo la snellezza del corpo. E l’ombrello era un oggetto di complemento molto importante. L’Imperatrice d’Austria amava fare lunghe camminate e il lusciàt Argante, a tempo di record, le offrì un modello slanciato che poteva essere utilizzato anche come bastone da passeggio. Lungo 77 centimetri (Sissi era alta un metro e settantadue), manico e puntale in legno invecchiato, calotta in taffetas color ruggine con passamanerie e fodera avorio. Un vero gioiello! Un raro bijoux! La principessa Sissi, per la seconda volta, apprezzò l’arte di Argante e, oltre a una generosa ricompensa, gli fece avere un attestato in cui lo si indicava come “fornitore ufficiale della Casa d’Asburgo”. Non gli avrebbe aperto le porte di Schönbrunn ma era comunque un atto di stima importante. In fondo, pur essendo antiaustriaco, non gli dispiacque quell’onorificenza e quando il 10 settembre del 1898 l’Imperatrice, sempre vestita di nero dopo il suicidio del figlio Rodolfo, celando il viso dietro l’ombrellino, perse la vita a Ginevra pugnalata al petto dall’anarchico italiano Luigi Lucheni, il nonno di Mario portò a lungo il nastro nero sul braccio in segno di lutto. E s’arrabbiò quando il suo coscritto Valerio Rabaini, detto Bakunin, vedendo quel nastro, gli diede una bella pacca sulle spalle, sentenziando: “Bravo,Argante. Sei anche tu dei nostri, a quanto vedo. Avremmo preferito un capo di Stato, ma l’Imperatrice d’Austria, in mancanza di meglio, è andata bene lo stesso”.

 

Sinceramente addolorato guardò storto il Rabaini che si guadagnò pure un calcio nel sedere e una scarica di improperi che non è il caso di riportare. Questa storia si è tramandata e ai Dorini capitò spesso di raccontarla ai ragazzi che però ascoltano svogliati, a volte per dovere, presi come sono dal loro mondo. I bambini invece, soprattutto le femmine, sono curiosi e fanno tante domande. Beata ingenuità: chiedono perché il nonno di Mario non sposò “la Sissi”, domandano se non le piacesse, se la trovava brutta o non si erano capiti per colpa della lingua. Chissà, forse è stato tutto colpa del destino che ha voluto far andare le cose così. Anche se, persino nell’ultimo istante della sua vita, l’affascinante Elisabetta, portò con sé l’opera d’arte confezionata dall’italiener Argante, ombrellaio ambulante di Sovazza.

Marco Travaglini

5 posti dove fare merenda a Torino

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TORINO OLTRE GLI ASTERISCHI

Oggi, per la rubrica “The Password: Torino oltre gli asterischi”, vi accompagniamo per le vie di Torino alla ricerca di 5 locali in cui poter addolcire i vostri pomeriggi estivi – e non solo – con merende sfiziose e particolari: luoghi perfetti per una pausa da lavoro, dallo studio, un’uscita con gli amici o, ancora, per godersi a pieno la visita della piccola Parigi con la pancia piena.

Il web pullula sempre più di contenuti sul cibo e sulle possibilità di mangiare brioches in qualsiasi forma e ripieno, a Torino e non solo – l’ultimo caso è quello di Panfuwa, locale specializzato nella produzione dei japanese soufflè pancakes, approdato a Torino lo scorso 8 marzo in via Maria Vittoria 2, a due passi da piazza San Carlo. Scegliere dove mangiare, e, in questo caso, dove fare merenda, può rivelarsi quindi un compito non facile, una lotta tra la FOMO per le mille novità che vediamo su Instagram e la consapevolezza che, dopo mille ricerche, si finirà probabilmente nel solito bar di fiducia.

La selezione di locali di quest’articolo, oltre a non contenere sponsorizzazioni di alcun tipo, rappresenta dunque una proposta per orientarsi nella ricca offerta presente in città – i bar di seguito coprono essenzialmente la zona di San Salvario e del centro, ma sicuramente tanti altri potrebbero essere aggiunti alla lista. Iniziamo!

Luna’s Torta

Luna’s Torta è un piccolo locale situato nel cuore di San Salvario, vicino al dipartimento di Fisica, al Parco del Valentino e al Teatro Colosseo – snodo di studenti, lavoratori e gente di passaggio. Non si tratta soltanto di una torteria, ma anche di una libreria-caffetteria che offre una selezione curata di libri di varie case editrici e che organizza degli incontri periodici con scrittori, cantanti e comici, per serate diverse dal solito, all’insegna della cultura e della convivialità. Il tutto accompagnato da una selezione varia di the e un’atmosfera accogliente, con wifi gratuito e, a volte, musica rock di sottofondo.

Prezzo medio: €4-6 per una consumazione

Tauer Bakery

Poco lontano da Luna’s Torta troviamo, poi, Tauer Bakery: entrare nel locale è come attraversare il muro del binario 9 e 3/4, perché ci si ritrova catapultati in una tipica bakery londinese – il motto alle pareti recita infatti “Turin soul, London vibes“. Il negozio offre una proposta innovativa di dolci tipici della tradizione britannica: scones, cupcakes, cheesecake, cookies, ma anche cinnamon rolls, torte per eventi, box speciali per la Festa del Papà, della mamma, per San Valentino. Negli ultimi anni i prezzi sono molto aumentati, scelta forse attribuibile all’attenzione per la selezione di prodotti di qualità e alla produzione vegana. Si può anche prenotare il tavolo per un brunch (minimo cinque persone) o in certe occasioni per l’afternoon tea o, meglio, come lo definiscono loro, una merenda sinoira inglese.

Prezzo medio: €5-8 per una consumazione

Convitto Caffè

Poco distante da Piazza Carlina e via Po, questo caffè storico vanta un’offerta di torte fatte in casa di tutti i tipi, e una proposta di pizze, focacce e torte salate di tutto rispetto. Anche la scelta di the e cioccolate calde è ampia e variegata; queste ultime si possono trovare anche aromatizzate all’amaretto, alla menta, al peperoncino… La sala principale, anche se abbastanza piccola, si allunga negli specchi alle pareti e nel dehor, che con l’avvicinarsi dell’estate offre un’oasi dal trambusto del centro. Il locale rimane aperto fino a sera, per un dolce prima di entrare al cinema o a teatro o anche per una cena leggera ma sfiziosa all’insegna dei piatti tipici piemontesi. Sul web molti consigliano anche l’assaggio misto di cinque fette di torta, per quando scegliere sembra impossibile.

Prezzo medio: €4-7 euro per una consumazione

Barney’s, il bar del Circolo dei Lettori

Il Circolo dei Lettori di Torino è un’istituzione che promuove cultura, lettura e partecipazione per tutte le fasce di età e tra un evento e l’altro si può passare da Barney’s, il bar del circolo: per un aperitivo, un pranzo, o, appunto, una merenda con una fetta di torta e una tazza di the. Le sale del bar ricordano i caffè storici della città o quei locali parigini della Belle Époque: la prima stanza è molto suggestiva, con luci basse e tavolini disposti attorno a un tavolo da biliardo; mentre la seconda, la sala lettura, è spesso caratterizzata dal silenzio concentrato di chi sta leggendo o studiando, tra specchi, mensole in marmo e tavolini in legno. Sobrio ed elegante, il locale è proprio all’interno del Circolo, a pochi passi da Piazza Carlo Alberto e da Piazza Castello – forse sconsigliato per gruppi numerosi.

Prezzo medio: €6-9 per una consumazione

Berlicabarbis

Per concludere, non si può parlare di merenda a Torino senza citare questa catena dal nome forse difficile da pronunciare per i non piemontesi: letteralmente “leccati i baffi”. Una sala da the da provare almeno una volta per la selezione di the, tisane, torte fatte in casa, biscotti, e per i colori pastello del locale e l’ambiente intimo. Le varie sedi di Berlicabarbis si trovano poi in punti strategici della città: una in via Catania, comoda per chi studia al Campus; un’altra in via Po, per chi è uscito da Palazzo Nuovo o sedi vicine; o ancora quella in via Carlo Alberto, agevole per andare poi a prendere il treno a Porta Nuova o per chi esce dalle lezioni a Matematica; infine, quella in via Cernaia, per quando il treno a Porta Susa è in ritardo e servono zuccheri per consolarsi.

Prezzo medio: €4-6 per una consumazione

Insomma, a Torino non c’è rischio di rimanere senza merenda – al massimo quello di aspettare in coda nelle ore di punta!

Anna Gribaudo

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Un ricco settembre a Cocconato

Con Cocco… Wine, la festa patronale, la fiera medievale e lo storico Palio degli Asini

Cocconato è  pronta a vivere un settembre ricco di appuntamenti che uniscono cultura enogastronomica, tradizione e musica.

“In qualità di sindaco di Cocconato – dichiara Monica Marello – sono felice di presentare l’intensa agenda delle prossime settimane.  Questo è,  senza dubbio, il periodo più bello dell’anno per il nostro borgo, un momento in cui tutta la comunità si ritrova unita e in cui Comune e associazioni locali collaborano con entusiasmo per valorizzare Cocconato. Il Palio resta l’evento simbolo, capace di coinvolgere ogni angolo del paese, frazioni comprese. Ma non sono da meno gli altri appuntamenti della Pro Loco, sostenuta negli ultimi anni da un numero sempre crescente di giovani, a quelle curate con passione dall’Associazione Palio.
Sono orgogliosa di promuovere manifestazioni che,  anno dopo anno, hanno visto crescere la loro qualità, grazie a un accurata meticolosità dei dettagli. Penso in particolare alle cene, momenti che esaltano la nostra tradizione e la vocazione enogastronomica per la quale Cocconato è  conosciuta. Palio e fiera medievale rappresentano un investimento importante  che ci ripaga con atmosfere uniche e momenti di grande calore umano, capaci di unire la comunità e regalare ai visitatori un’esperienza indimenticabile”.

La XXIV edizione di COCCO…WINE si terrà da venerdì 5 a domenica 7 settembre. Il borgo medievale di Cocconato si trasformerà in una vivace strada del vino con degustazioni, produttori locali, piatti tipici e sapori del Monferrato, una tre giorni dedicata al vino e alle eccellenze del territorio.
Venerdì12 settembre, in piazza Giordano, dalle 22 spettacolo musicale con gli eXplosion, band celebre per le migliori hit dagli anni Ottanta ad oggi, coreografie acrobatiche e scenografie spettacolari. Apertura e chiusura con DJ Toyu. Dalle ore 20 aprirà lo stand gastronomico a cura della Pro Loco, con piatti tipici come la robiola, i salumi, gli agnolotti di carne  e di magro, grigliata mista, gelato di Alberto Marchetti. Ingresso libero
Sabato 13 settembre è  l tempo di Cocco… Food Wine & Music, che si articolerà a partire dalle 17 in giochi per bambini in piazza Giordano, a cura del borgo Airali. Alle 20 è in programma la cena nel Cortile del Collegio a cura della Pro Loco e del Consorzio Riviera del Monferrato.
Accompagnamento musicale con gli Areetah Project, ensemble di giovani musicisti  che spaziano dal pop all’ R&B, dal sound al funk. Ingresso gratuito e consumazione facoltativa, con prenotazione all’Ufficio del Turismo 0141600076.

Domenica 14 settembre è in programma “Tutti a Cena. Qui… né”,  una cena placée nel cortile del Collegio in ricordo di Giuseppe Peppone Lenza e Gerarda Dina Grassitelli, figurestoriche della Pro Loco. Intrattenimento musicale con gli Acoustic Power.

Lunedì 15 settembre dalle 8.30 alle 13 in via Roma, tradizionale appuntamento con la fiera del paese. Sabato 20 e domenica 21settembre si aprirà il sipario sulla grande festa. Sabato dalle 18 e domenica dalle 10 alle18 i borghi allestiranno scene di vita medievale animate con mercati ricchi di profumieri, artigiani, fabbri, tessitrici, cartomanti e speziali. Le taverne, ricreate per l’occasione, proporranno piatti tipici cucinati secondo antiche ricette e accompagnate dai vini del territorio. Nella piazza del Municipio prenderà il via il mercato medievale con la partecipazione dell’Ente Agosto Medievale di Ventimiglia e la loro bancarella di artigianato. Spettacoli e animazioni riempiranno di vita le vie del borgo. Parteciperanno il giullare Milfo lo Buffon, la Compagnia del Coniglio, i rapaci de Il Mondo delle ali e i cavalli del centro ippico ‘La Balzana’.

Il momento clou sarà  sancito dall’investitura ufficiale del Capitano del Palio, Giorgio Apostolo, a cui il sindaco Monica Marello conferirà pieni poteri come Signore delle Terre e delle Genti di Cocconato per un giorno. Domenica mattina alle 10 la sfilata storica partirà dal Municipio per accompagnare la Messa solenne alla Chiesa parrocchiale  con la benedizione dei due nuovi drappi del Palio 2025, opera di Chiara Tortia.
Sabato 26 settembre sarà giornata di vigilia del Palio con la sfilata storica alle 19 dei nobili e del Capitano del Palio, che guiderà il pubblico al Cortile del Collegio per il grande banchetto medievale  dei Fulet d’la Marga. Domenica 27 settembre,  dalle 14 il borgo entrerà nel vivo della 56esima edizione del Palio degli Asini. Alle 16, dopo il corteo storico tra le vie del centro, scatterà la corsa tra piazza Melchiorre e piazza Cavour. Si contenderanno i drappi sette borghi, Airali, Brina, Colline Magre, Moransengo, San Carlo, Torre e Tuffo.

Prenotazioni al 0141600076

Ufficioturisticococconato@ gmail.com
Mara Martellotta

Il sogno di Miss Italia continua con Miss Cinema e Miss Miluna

Il sogno di Miss Italia 2025 che, finalmente, dopo tanti anni, torna in RAI con la diretta della finalissima su RAI Play, e su San Marino RTV, il 15 settembre prossimo, continua anche per il Piemonte e la valle d’Aosta.


Sotto la guida dell’agente esclusivista Mirella Rocca, il 9 agosto scorso, a Giaveno sono state consegnate due fasce molto importanti che danno diritto alla finale regionale in programma il 27 agosto prossimo a Fossano presso la Fondazione Auditorium della Musica. Si tratta di Miss Cinema, assegnata a Sofia Charrier, 19 anni, di Bagnolo Piemonte, e di Miss Miluna Piemonte, conferita a Martina Peretti, 23 anni, di Volvera, già laureata in Scienze della Mediazione Linguistica.
“È stata un’esperienza unica – ha commentato Sofia Charrier, con un passato da pallavolista in campo agonistico – ce la metterò tutta per far fare bella figura al Piemonte. Sogno il mondo della moda, dello spettacolo e del cinema dove mi piacerebbe poter partecipare a un film importante magari sotto la regia di Ferzan Ozpetek”.
“Sono davvero emozionata – ha dichiarato Martina Peretti- non mi aspettavo di vincere. Sono già laureata e mi sto inserendo nel mondo della professione come hostess e modella”.
Le Miss di Mirella Rocca non sono soltanto belle. Sono per lo più studentesse universitarie con un passato o un presente nel mondo dello sport an he a livello agonistico.

Mara Martellotta

Fresca e leggera: insalata di pollo allo yogurt

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Una ricetta light perfetta. Pollo grigliato arricchito da ingredienti freschi e leggeri, un piatto sfizioso che si prepara in anticipo in breve tempo e con poche calorie, adatto sia a pranzo che a cena.

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Ingredienti

1 petto di pollo/tacchino a fette

2 cucchiai di yogurt greco

1 cucchiaio di maionese

1 cuore di sedano

100gr. di Emmenthal

30gr. di gherigli di noce

1 limone

Erba cipollina, sale, pepe, olio evo

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Grigliare le fette di pollo senza condimento, lasciar raffreddare. Lavare e tagliare l’erba cipollina e il sedano. Ridurre a cubetti il formaggio. In una ciotola mescolare lo yogurt con la maionese, il sale, il pepe, l’erba cipollina, l’olio e poco succo di limone. Tagliare a tocchetti il petto di pollo, metterlo in una insalatiera, aggiungere le noci, il sedano, il formaggio e condire con la salsa allo yogurt. Mescolare bene ed eventualmente aggiustare di sale. Guarnire con fette di limone e servire accompagnato da una fresca insalatina verde.

Paperita Patty

Domenica 7 settembre la Hope Color torna a Rivarolo Canavese

La camminata inclusiva unica nel suo genere organizzata  dalla Hope Running colorerà nuovamente di speranza e gioia tutta la città

Dopo il grande successo dello scorso anno, la Hope Color torna a colorare le vie di Rivarolo Canavese. Venerdì 25 luglio la Giunta Comunale ha concesso il patrocinio alla manifestazione, che si terrà nel pomeriggio di domenica 7 settembre.

Le magliette gialle della ASD Hope Running APS di Chivasso guidate dal presidente Giovanni Mirabella cureranno l’organizzazione di questa camminata inclusiva di 5 chilometri di puro divertimento, unica nel suo genere. Un autentico tripudio di colori che unisce simbolicamente sport, speranza e gioia. Lungo il percorso, sviluppato interamente sul territorio comunale con partenza e arrivo presso la Polisportiva Rivolese di via Trieste 84, i partecipanti si troveranno immersi in una pioggia colorata.  Un’esperienza indimenticabile, piena di energia positiva, adrenalina e tutta da vivere che nel maggio 2024 richiamò oltre 700 persone!

Una festa delle diversità, aperta a tutti, da vivere con il sorriso e la voglia di divertirsi contribuendo alla raccolta fondi destinata all’acquisto di ausili sportivi integrati destinati a persone con disabilità, garantendo così la continuità dell’impatto sociale della Hope Color oltre la giornata della manifestazione.

La Hope Color di Rivarolo Canavese si fregia del patrocinio del Ministro per le Disabilità della Repubblica Italiana, Alessandra Locatelli, concesso il patrocinio per tutti gli eventi Hope Color in programma nel 2025. Una grandissima soddisfazione per lo stesso Giovanni Mirabella, insignito nel dicembre del 2023 dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana, e per i tanti volontari dell’associazione chivassese, che dal 2018 ad oggi si impegnano quotidianamente nel favorire l’inclusione sociale attraverso lo sport e celebrare la diversità.

Il presidente della Hope Running di Chivasso dà a tutti l’appuntamento a Rivarolo Canavese per domenica 7 settembre: “Vi aspettiamo per quella che sicuramente sarà una bellissima giornata di festa all’insegna dell’inclusione. Il cuore di Rivarolo Canavese esploderà in un mare di colori e sorprese! Ci tengo a ringraziare il sindaco Martino Zucco-Chinà, il vicesindaco Marina Vittone e tutta la Giunta Comunale della Città di Rivarolo Canavese per l’ospitalità. Insieme alla Polisportiva Rivarolese, con la quale siamo davvero felici di collaborare nuovamente, daremo vita ad una manifestazione coloratissima, il cui ricavato sosterrà importanti iniziative benefiche. Noi siamo pronti a dare vita ad una grande festa inclusiva ed a colorare per un giorno Rivarolo Canavese con la speranza: iscrivetevi e unitevi a noi in questa camminata tra i mille colori della diversità!”.

“Rivarolo si conferma Città dello Sport – dichiarano i Consiglieri Francesca Bevacqua, delegata a eventi sportivi e politiche giovanili, e Alessandro Anedda, delegato alla pratica sportiva – che sa attrarre nuove realtà associative e offrire imperdibili occasioni di promozione della pratica sportiva, come l’evento ‘Sport in Città’, che si terrà la settimana successiva alla Hope color, domenica 14 settembre, coinvolgendo non solo il Centro comunale Polisportivo, ma anche il centro storico e il Parco del Castello Malgrà, dove si svolgeranno dimostrazioni e prove pratiche dei vari sport, ma anche spettacoli di danza sportiva, musica e intrattenimento. Due date, il 7 e il 14 settembre dedicate interamente a Sport e solidarietà, che speriamo vedano un’ampia partecipazione di pubblico”.

Le iscrizioni sono aperte online al link https://www.endu.net/it/events/hope-color-rivarolo-canavese/ : la quota di partecipazione è di 15,00 euro per gli adulti (dai 10 anni in su) e comprende il kit evento (maglietta, bustine di colori in polvere, gadgets), mentre per i bambini è di 10,00 euro.

Ci si può iscrivere anche prenotare attraverso il centralino della Hope Running al numero telefonico 371 517 2531, dove poter usufruire anche degli sconti riservati ai Pacchetti Famiglia. Il pagamento in questo caso potrà essere effettuato con Satispay o bonifico bancario, oppure direttamente in contanti nelle giornate di venerdì 5 (dalle ore 17,00 alle 20,00), sabato 6 settembre (dalle ore 10,30 alle 18,00) e domenica 7 settembre (dalle ore 10,30 in avanti) al Punto Iscrizioni allestito presso la Polisportiva Rivolese di via Trieste 84 a Rivarolo Canavese.

– 1 adulto + 1 bambino → € 21 (invece di € 25)

– 1 adulto + 2 bambini → € 30 (invece di € 35)

– 2 adulti + 1 bambino → € 32 (invece di € 40)
– 1 adulto + 3 bambini → € 40 (invece di € 45)
– 2 adulti + 2 bambini → € 41 (invece di € 50)

– 3 adulti + 1 bambino → € 42 (invece di € 55)
– 3 adulti + 2 bambini → € 52 (invece di € 65)

– 4 adulti + 2 bambini → € 63 (invece di € 80)

Questo il programma: https://www.hoperunning.com/programma-hope-color-2025/

 

Tutte le info relative alla ASD Hope Running APS le potete trovare qui:

Sito web ufficiale: www.hoperunning.com

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Instagramwww.instagram.com/hope_running

Come donarewww.hoperunning.com/sostienici

5×1000: codice fiscale Hope Running n° 91032000019

Omegna, dal 22 agosto la 122^ edizione della Festa di San Vito

In palio anche un’autovettura, banco di beneficenza più ricco che mai. Concerti, musica classica, pop, eventi culturali, enogastronomia e area bimbi. Gli organizzatori: “Diversificare per attrarre nel segno della tradizione, 11 giorni di grande musica dal vivo e live show”.

Torna ‘San Vito 2025’. Quest’anno il calendario segna l’edizione numero 122 per uno degli eventi più antichi del Piemonte e in Italia, nonché altrettanto partecipati in grado di richiamare flussi turistici da ogni parte d’Italia e dall’estero.

Punto di forza uno strepitoso ‘Banco di Beneficenza’ unico in Italia, con una splendida autovettura ‘Skoda Fabia’ quale primo premio, e centinaia di altri che vanno da soggiorni turistici in rinomate location, a centri benessere, spa e sportivi, cene in ristoranti prestigiosi, elettrodomestici, tecnologia, informatica e molto di più.

La kermesse, di certo la più nota e rinomata per chi ama i laghi d’Orta, Maggiore e di Mergozzo, straordinaria e unica porzione geografica piemontese apprezzata in tutta Europa, andrà in scena come di consueto a Omegna, in provincia di Verbania, terra natia del celebre scrittore e poeta Gianni Rodari, da Venerdì 22 Agosto a Lunedì 1° Settembre, tradizionale ricorrenza di San Vitino.

Moltissime le novità in programma, con il ritorno delle tradizioni più emozionanti quali l’eccezionale e coinvolgente spettacolo piromusicale protagonista con un doppio appuntamento la sera delle domeniche 24 e 31 agosto. E con loro, in settimana ad arricchire una scaletta di tutto rispetto, una scelta musicale rivolta a grandi e giovani con artisti di primo piano della scena contemporanea dai repertori conosciuti e capaci di accontentare ogni tipo di pubblico. Insieme ai celebri ‘Salotti Diderot’ per fare il punto a metà tra storia e attualità con firme importanti del panorama letterario locale e nazionale, con una serie di dibattiti condotti dalla giornalista Sara Rubinelli insieme ai vari ospiti pronti a parlare di fede, bellezza e grandi temi.

A dare il via ai festeggiamenti, la sera di Venerdì 22 Agosto, il grande concerto bandistico della ‘Nuova Filarmonica Omegnese’ giunta al 40° della sua fondazione, per proseguire la sera di Sabato 30 con la partecipatissima Processione di San Vito animata dal Parroco Don Gianmario Lanfranchini che reca in sé la secolare e suggestiva benedizione del Lago D’Orta e delle imbarcazioni: una tradizione che prosegue dal lontano 1611 e che vedrà come di consueto la partecipazione del Vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla. Spazio anche alla musica classica con ‘I Concerti di Santa Marta’, tre appuntamenti serali in Collegiata. Sabato 23 Agosto aprono gli alunni del Liceo Musicale ‘Piero Gobetti’ di Omegna, Lunedì 25 agosto prosegue l’orchestra di musica barocca Ensemble Pecelli, il 27 agosto i clarinettisti del Quartetto Gama.

Come sempre, spazio anche alle eccellenze agroalimentari delle diverse regioni italiane e ai mercatini artigianali e con oggetti di antiquariato e modernariato che animeranno con una proposta ricca, variegata e allettante il lungolago omegnese per l’intera durata dei festeggiamenti.

Torna l’atteso appuntamento con la salita al Campanile della Chiesa della Collegiata, luogo denso di fascino e terrazzo incantevole per ammirare da un punto di vista privilegiato tutta la maestosa bellezza del Lago d’Orta dalla riva omegnese.

Mercoledì 27 sera, invece, ritorna presso il ‘Forum’ l’appuntamento con i cosiddetti ‘Fuochini’, ovvero i fuochi d’artificio a misura di bambino, che grande consenso riscuotono al pari dei grandi. Un’iniziativa che rientra nel cosiddetto programma ‘San Vito Bimbi’ rivolta ai più piccoli, con il Parco della Fantasia ‘Gianni Rodari’ pronto a trasformarsi in un’area ricca di attrattive e iniziative per i minori.

E con loro ben 11 giorni di spettacoli e musica dal vivo con un’accurata selezione di olcune fra le migliori cover band pronte a proporre le canzoni più famose di Claudio Baglioni, dei Queen e di Cristina D’Avena, oltre ai classici senza tempo della dance e del beat. Senza dimenticare ‘La Cittadella del Gusto’, area destinata alle associazioni agroalimentari del territorio intente nella proposizione di specialità zonali.

In attesa dell’arrivo del programma completo delle proposte di ‘San Vito 2025’, per Matteo Pino, Presidente del ‘Comitato Festeggiamenti’, “Proseguiamo con vigore nel cammino di rilancio e rinnovo, pur nel rispetto e nella continuità della tradizione della nostra Festa. Il post Covid ha visto un importante e significativo investimento finalizzato al ritorno all’origine con la reintroduzione dei magnifici fuochi artificiali suddivisi nuovamente su due domeniche, per un totale di oltre 50mila presenze registrate solo in quelle specifiche giornate. L’obiettivo è incrementare la visibilità di un evento multipotenziale e multidisciplinare in grado di rappresentare un’alternativa valida di soggiorno turistico di fine agosto per amplissime e diverse fasce di pubblico”.

Mentre per Valentino Valentini, Presidente dell’Associazione ‘Un secolo di San Vito’, “L’appuntamento con la Festa patronale omegnese punta a diversificare il target massimizzando la capacità attrattiva del territorio. Una kermesse che parla agli amanti della musica, dell’arte, della buona cucina, della tradizione, della cultura, della fede, dell’intrattenimento tutti vissuti su una terrazza naturale affacciata su un lago di grande suggestione quale quello d’Orta, che in Omegna ha una delle sue punte più note e stimate. Con l’intento di rinnovarsi restando fedeli a sé stessi, in un’ottica di avvicinamento e coinvolgimento progressivo di un maggior numero di giovani chiamati a partecipare attivamente anche in prima persona, oltre che alla fruizione, alla costruzione della nostra grande kermesse”.

Maggiori informazioni e l’intero programma disponibili sul sito www.sanvito-omegna.it.

L’estate degli altri

Molti italiani non andranno in vacanza, non se lo possono permettere

Quest’estate 8,4 milioni di italiani non andranno in vacanza, di questi, il 69 % (5,8 milioni) a causa di motivi economici: aumento del costo della vita, prezzi sostenuti per alloggi e trasporti. Secondo una ricerca Ipsos, infatti, gli Italiani pronti a partire cala al 72% contro il 76% del 2024.

La vacanza non e’ piu’ una scelta, ma un privilegio che si puo’ permettere un numero sempre minore di persone. Se si vuole andare nello specifico rispetto alla causa che porta alla rinuncia della partenza le ragioni preminenti sono: mancanza di risparmi da dedicare alle ferie, aumento dei costi di viaggio, imprevisti legati alla salute.

Chi rinuncia di piu’? Ancora una volta gli anziani sono coloro che fanno il sacrificio piu’ grande, il 23% tra i 65-74enni infatti rimarra’ a casa, soprattutto al nord-est.

Secondo l’Istat, nonostante il trend rispetto al 2022 sia rimasto stabile, resta comunque sotto i livelli del 2019, in sostanza quelli precedenti alla pandemia.

La vacanza estiva, dunque, rappresenta un indicatore sociale e i dati ci raccontano di una societa’ sempre piu’ caratterizzata da fragilita’ economiche e strutturali.

L’estate delle spiagge, dei tour intorno al mondo, delle passeggiate in montagna, della allegria e della spensieratezza, pertanto, non e’ la stessa per tutti. Ci sono persone, molte oramai, che vedranno gli altri partire, fare le valige, acquistare biglietti e guide turistiche nella consapevolezza che tutto questo non per loro non ci sara’.

Dietro questa netta differenza tra chi parte e chi resta c’e’ una sempre piu’ tangibile frattura sociale e l’estate rappresenta una linea di demarcazione, tracciata in neretto, tra chi puo’ e chi no; e’ lo specchio, dunque, del termometro sociale, cosi’ coma la modalita’ con cui si vive il tempo libero e’ un indicatore di benessere e opportunita’.

Il tanto anelato “stacco” per ricaricarsi e recuperare le energie spese per il lavoro durante l’anno dovrebbe essere una spettanza e rimanere sul balcone di casa aspettando settembre non lo e’ di sicuro.

Il diritto alla pausa e’ riconosciuto dall’articolo 36 della nostra costituzione “Sia il riposo settimanale, sia le ferie annuali sono previsti allo scopo di consentire al lavoratore di realizzare la propria persona anche in relazione ai suoi interessi ed ai suoi rapporti famigliari, nonchè di riposare e recuperare le forze”.

MARIA LA BARBERA