LIFESTYLE- Pagina 45

Oltre il bio: il dolce sapore di un’agricoltura più etica

Cosa significa andare ‘oltre il bio‘?

Vuol dire coltivare utilizzando solo acqua, con gli enormi benefici che ne conseguono: stop a pesticidi e sostanze chimiche e, di conseguenza, agricoltori e consumatori non esposti ai loro effetti nocivi per la salute, piante più sane e resistentiprodotti più buoni e nutrientiimpatto inquinante sull’ambiente azzerato.

Stregoneria, utopia? Assolutamente no, e vi raccontiamo alcune delle realtà che ne stanno beneficiando attualmente.

L’acqua, infatti, possiede questa curiosa capacità di conservare in memoria l’impronta delle sostanze con le quali entra a contatto per un po’ di tempo, a condizione che le sue molecole siano rese stabili.

Inoltre, qualsiasi cosa nel mondo emette frequenze elettromagnetiche; non serve, quindi, che l’acqua entri in contatto con l’elemento stesso, ma bensì con la sua frequenza.

Le testimonianze positive dell’impiego di acqua magnetizzata con frequenze aumentano di giorno in giorno.

Tuttavia, Luciano Gastaldi, ricercatore scientifico della Ied Bioe Italia e ideatore del metodo, ha deciso di fare un passo in più.

“È giusto che i consumatori, dopo aver constatato l’intenso sapore dei prodotti coltivati con questo metodo, siano al corrente anche della loro purezza. Ci occupiamo di controllare la crescita delle piante, permettendo loro di difendersi dai parassiti in maniera naturale. Per questo motivo andiamo oltre il bio, i nostri prodotti non hanno traccia di trattamenti chimici”, spiega entusiasta Gastaldi.

Da qui l’idea di fondare il marchio “oltre il bio“, per permettere ai consumatori di riconoscere la nobile origine dei prodotti sia nei ristoranti, che dai produttori stessi. Il tutto, inoltre, è visibile sulla mappa presente nel sito della Bioe Ied Italia.

Un padre, contadino ed enologo: l’esperienza con “oltre il bio”

Nella splendida cornice delle colline astigiane, sono molte le realtà di aziende agricole a conduzione familiare.

 

 

Tra queste, l’azienda agricola “Le more bianche” è guidata con esperienza dal proprietario Alessandro Bovio. Il suo approccio al lavoro in vigna è sempre stato di grande rispetto nei confronti della natura.

“Nel 2013 sono diventato padre, ed è stato l’amore per mia figlia a guidare le mie scelte. Ho deciso di gestire la vigna come una volta, con rame e zolfo, dicendo basta ai prodotti chimici e di sintesi”, spiega Bovio.

Questo dolce passo ci porta a un’inevitabile riflessione. Prima ancora dei consumatori, sono proprio i contadini stessi, e le relative famiglie, a subire l’impatto nocivo di pesticidi e prodotti chimici. Inoltre, lavorare con tute di protezione e maschere, non è mai piacevole, specialmente quando in estate si sfiorano punte di 40°C.

Ed ecco che nel 2020 nasce il sodalizio con Luciano Gastaldi e il suo innovativo metodo per coltivare “oltre il bio“.

“Stiamo cercando di utilizzare l’acqua informata per contrastare la flavescenza dorata che ha colpito alcune delle nostre piante”, spiega Bovio. Questa malattia, trasportata da una cicalina, porta all’ostruzione dei canali linfatici della pianta, causandone la morte. Per avere un’idea più chiara del processo, basti pensare ai problemi causati da un trombo nel corpo umano.

“Contrastare questa malattia è di primaria importanza. Se si perde anche solo il 5% del proprio campo, i danni sono ingenti, sia per l’anno stesso, sia per i 5 successivi in cui le nuove piante non potranno generare frutti, e quindi fatturato”, afferma Bovio.

Tuttavia, l’acqua magnetizzata, irrorata con le frequenze in grado di allontanare questo insetto, sta dando ottimi risultati.

Inoltre, è in corso una piccola sperimentazione. “In botte sta fermentando del vino ricavato da grappoli che sono coltivati esclusivamente con quest’acqua: il sapore è di gran lunga più dolce e aromatico“.

Tuttavia, bisogna ancora attendere. “Dobbiamo aspettare per capire se tali variazioni dipendono da fattori climatici che hanno caratterizzato questa annata, o se questo rivoluzionario metodo, più vicino alla natura, influisce positivamente anche sul sapore”, conclude Alessandro Bovio.

Le pere di una volta: il gusto della semplicità

Non lontano dai vigneti di Bovio, spicca un’altra di queste brillanti e promettenti realtà: la cascina Rundavì dei fratelli Bo.

Questa azienda agricola, anch’essa a conduzione familiare, integra i valori della tradizione con moderne tecniche agronomiche. La filosofia dell’azienda emerge chiaramente dal loro motto:” Il rispetto dell’ambiente e della natura porta sempre ai risultati migliori“.

Il prodotto di punta è la pera madernassa, autoctona della zona del Roero, ed è costantemente in pericolo.

“Dobbiamo contrastare il colpo di fuoco batterico, l’alternaria, la psilla e molto altro. Purtroppo non possiamo lasciare che le piante crescano per conto loro, anche se ci piacerebbe, o rischiamo di non vedere frutti“, spiega Mauro Bo, contadino e proprietario dell’azienda.

Per specificare, il colpo di fuoco è causato da un batterio in grado di disseccare una pianta in poco tempo, quasi come un incendio, da questo il nome che ne deriva. L’alternaria è un fungo che, in determinate condizioni, fa marcire le pere sulle piante. La psilla è un insetto che mangia le foglie del pero, è in rapida espansione poichè molti pesticidi hanno eliminato i suoi predatori naturali.

È sufficiente un piccolo quantitativo di acqua magnetizzata da diluire e miscelare in acqua normale, lasciando che il tutto riposi alcune ore“, spiega Mauro Bo.

L’evidenza del fatto che si tratti solamente di acqua si ha con le rilevazioni dei residui di sostanze chimiche.

“I nostri frutti sono, da sempre, molto al di sotto della soglia massima di presenza di residui chimici, ma quelli coltivati con quest’acqua non permettono neanche al rilevatore di segnalarne la presenza, sfuggono dal suo spettro di osservazione”, spiega entusiasta Mauro Bo.

Inoltre, sempre lui, spiega come le pere coltivate con questo metodo siano più dolci, e i costi per produrle molto simili a quelle trattate con qualche elemento chimico.

“I numerosi vantaggi mi rendono fiducioso: proverò man mano ad allargare questo metodo a tutta la mia produzione. Inoltre, il gusto dolce e intenso ricorda quello delle pere di una volta, quelle che nessuno è più abituato a mangiare”, conclude Mauro Bo.

La “oltre il bio-social catena” di Cuneo

prodotti “oltre il bio“, coltivati con cura, vengono infine cucinati e serviti ai clienti, chiudendo il percorso della filiera da produttore a consumatore.

Sede di una ex bocciofila che da poco tempo inizia a ospitare campi da paddle, questo ristorante mostra come il sapersi rinnovare sia uno dei suoi punti di forza.

La sua clientela è già abituata alla cucina piemontese di molti prodotti a chilometro zero. Tuttavia, insieme a Luciano Gastaldi, nasce l’idea di proporre nel menù dei piatti la cui materia prima sia di derivazione “oltre il bio“.

“Siamo soddisfatti di aver implementato queste proposte nel nostro menù. I clienti sono entusiasti e sono molti i commenti positivi“, spiega Gabriella Ramondetti.

Prodotti dal sapore intenso, ma anche sani per chi produce e chi consuma, rispettosi per ambiente, non possono che far parte della nostra proposta”, continua.

A breve comparirà nel menù una spiegazione di come questi prodotti siano coltivati, di cosa voglia dire “oltre il bio”, ma Gabriella Ramondetti spende sempre qualche minuto per informare le persone che si siedono a tavola.

“Se vogliamo sopravvivere alle multinazionali della ristorazione dobbiamo cooperare. Bisogna pensare all’intera filiera come a un singolo elemento. Un legame forte che unisce i ristoratori e i produttori, è l’unico modo per creare una solida economia nella nostra zona, in grado di mantenere alti livelli qualitativi a prezzi accettabili“, spiega Ramondetti.

Queste parole possono ricordare la social catena descritta da Giacomo Leopardi nella poesia “La Ginestra”. Ma, questa volta, al posto della Natura nemica descritta dal poeta, vi sono i pesticidi, le sostanze chimiche, l’aumento dei prezzi, l’abbassamento degli standard qualitativi, la smoderata importazione di prodotti fuori stagione, da contrastare cooperando.

Tuttavia, queste realtà a conduzione familiare, se unite, potranno davvero continuare a proporre il meglio ai clienti, con orgoglio e passione.

“Le idee buone vanno coltivate, e noi vogliamo farlo con l’acqua”

Nella periferia di Torino, incastonata nel delizioso quadro dell’arco alpino, sorge la cascina Grange Scott, gestita con passione da Lucia Dentis e dalla figlia Giulia.

La loro clientela è già abituata a prodotti di un certo tipo.

Per esempio, la carne leggermente scura, è indice della frollatura, il processo naturale di ‘maturazione‘ della carne per renderla più morbida e gustosa. Questo aspetto è rilevante: per acquistare prodotti di qualità, occorre essere informati sull’argomento. Per questo motivo, qui vengono anche proposti corsi educativi per grandi e piccini, esperienze interessanti e formative.

Ancora non produciamo oltre il bio, abbiamo conosciuto il signor Gastaldi da poco, ma ci piacerebbe coltivare mais e soia con questo metodo il prossimo anno. Il fine sarebbe quello di usarli per produrre mangimi e, chiudendo il ciclo, arrivando a produrre carne oltre il bio“, spiega Lucia Dentis.

Nel negozio della loro cascina, tuttavia, sono già esposti dei prodotti “oltre il bio” della cascina Rundavì di Mauro Bo.

“I clienti sono incuriositi, e chiedono che cosa significhi quel bollino che riporta la dicitura. Noi glielo spieghiamo, sottolineando come, purtroppo, il bio sia spesso solamente una facciata. Infatti, anche quei prodotti, sono coltivati con numerosi trattamenti chimiciQui, invece, si va oltre, proprio come dice il logo stesso”, spiega la figlia Giulia.

“In questo periodo stiamo provando a inserire nei nostri cesti natalizi dei prodotti “oltre il bio”. Pensiamo sia una gesto affettuoso poichè proponiamo un prodotto sano al massimo, molto buono, ed eticamente rispettoso per l’ambiente“, affermano entrambe soddisfatte.

Il riscontro della clientela arriverà, probabilmente, dopo le feste, quando le persone avranno tolto gli addobbi e scartato da un pezzo i tanto attesi regali sotto l’albero, ma una cosa è certa: il giudizio più importante è già arrivato.

“La nostra filosofia è semplicese proponiamo un prodotto, dobbiamo essere testimoni della sua qualità. E siamo sinceramente stupite, pur essendo abituate a consumare la sana frutta del nostro giardino, dalla bontà di questi prodotti“, continuano entrambe.

“Si dice che le idee buone vadano coltivate, ebbene, noi scegliamo di farlo con l’acqua“, conclude sorridente Lucia Dentis.

Il modello agricolo del futuro?

Luciano Gastaldi si dice fiducioso riguardo al futuro dei prodotti “oltre il bio“.

Tuttavia, è un peccato che una realtà di questo tipo, non sia ancora molto conosciuta. Del resto, qualcuno potrebbe affermare che “le cose buone richiedono tempo“. Infatti, sono serviti 15 anni di test e prove pratiche per ottenere la certificazione scientifica di questa tesi, ottenuta ad aprile 2022 al congresso internazionale del “World Water Forum” svoltosi a Dakar in Senegal.

Tuttavia, per capire le ragioni del presente, è opportuno fare un passo indietro.

Nel periodo del dopoguerra, l’agricoltura è progredita notevolmente. L’impiego di prodotti chimici corrispondeva a incrementare esponenzialmente la produzionepreservando i campi da malattie e parassiti.

Il futuro, in quest’ottica, ci comunica che è necessario un ritorno al passato, per poter restituire la natura alla natura stessa.

Infatti, dopo svariati anni di trattamenti chimici, le piante sono come ‘assuefatte‘. Serve tempo affinchè possano riabituarsi a difendersi autonomamente. Proprio come coloro che, al primo mal di testa, si imbottiscono di farmaci; a lungo andare le difese immunitarie si saranno abbassate, e il corpo avrà addirittura bisogno di quella medicina.

Tutto questo dove ci ha condotti? Possiamo consumare quello che vogliamoquando vogliamo, ma non abbiamo la minima idea del sapore e delle sostanze nutritive presenti nei frutti di una volta.

Sarebbe forse opportuno tornare ad alimentarsi ricercando la qualità nella sostanzapiù che nell’estetica.

Tuttavia, questa potrebbe rimanere un’utopia finchè, nella la società odierna, sarà importante apparire più che essere.

 

Umberto Urbano Ferrero

www.ilfont.it

Economia non osservata, un ricco salvadanaio per la manovra finanziaria (se fosse osservata)

Di Carlo Manacorda 

L’ “economia non osservata” ammonta a ben 173,8 miliardi di euro (dato del 2021). La manovra finanziaria recentemente approvata dal Governo prevede 30 miliardi di maggiori spese. Di cui è ancora piuttosto vaga la copertura. E dire che sarebbe tutto più semplice se si riuscisse ad “osservare” l’economia “non osservata”…

Leggi l’articolo su lineaitaliapiemonte.it ⤵️

https://www.lineaitaliapiemonte.it/2024/10/21/leggi-notizia/argomenti/editoriali/articolo/economia-non-osservata-un-ricco-salvadanaio-per-la-manovra-finanziaria-se-fosse-osservata-di-car.html

Casa, come avere l’impianto idraulico in regola

 

Di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.

La dichiarazione di conformità dell’impianto idraulico rientra nella lista delle dichiarazioni indispensabili per accertare la regolare posa in opera degli impianti. Si tratta di una garanzia rilasciata dall’impresa installatrice, al fine di assicurare il rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza e il corretto funzionamento dell’impianto stesso.

La certificazione dell’impianto idraulico dunque è un documento obbligatorio, che viene rilasciato ogni qualvolta si realizza un impianto idrico ex novo, oppure si esegue una modifica dello stesso. Inoltre si tratta di un’importante tutela nel caso di vendita dell’immobile, sia per quanto riguarda l’acquirente che il venditore.

A ogni modo, nei prossimi paragrafi si analizzerà al meglio questo argomento, al fine di comprendere le caratteristiche e le modalità di attuazione della dichiarazione di conformità.

La dichiarazione di conformità dell’impianto idraulico è una certificazione obbligatoria, che attesta la regolare esecuzione e il corretto funzionamento dell’impianto idrico.

Esattamente come le certificazioni emesse per gli altri impianti, anche questa deve essere redatta dall’impresa che ha eseguito il lavoro, al fine di affermarne la messa a norma delle opere svolte. Infatti la dichiarazione di conformità può essere eseguita soltanto dal professionista abilitato che ha installato l’impianto, rispettando le normative vigenti. Dunque, quando si affida l’incarico per la posa in opera di un nuovo impianto, è indispensabile accertare che il tecnico abbia le giuste qualifiche per poter emettere la corretta documentazione.

Una delle norme principali in materia di certificazioni di conformità è il Decreto Ministeriale 37/2008, che appunto stabilisce le regole che devono essere applicate per la progettazione, la realizzazione e la manutenzione degli impianti all’interno degli edifici, in particolare in quelli a uso civile. La medesima norma ha introdotto anche la dichiarazione di rispondenza che ha l’obiettivo di accertare la regolare installazione di un impianto già realizzato e privo della dichiarazione di conformità.

In ogni caso, queste certificazioni possono essere emesse solo da aziende qualificate e che siano in possesso di tutti i requisiti indispensabili.

La dichiarazione di conformità dell’impianto idrico sanitario può essere realizzata solo da un’impresa abilitata, che abbia le certificazioni idonee per la realizzazione degli impianti indicate nel camerale della società.

In particolare un esempio di dichiarazione di conformità dell’impianto idraulico può essere quello realizzato in un documento precompilato, in cui occorre inserire i dati utili per l’efficacia della certificazione.

Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri d’Italia n. 14, al numero 0115611800 oppure scrivendo una mail a uncpiemonte@gmail.com, o visitando il sito www.uncpiemonte.it compilando l’apposito format.

Il tartufo bianco d’Alba sposa i prodotti del territorio

E tornano le eccellenze del Piemonte in vetrina

Quinta edizione alla scoperta dei sapori unici delle province piemontesi. Per oltre un mese dal 23 ottobre fino a fine novembre tornano gli eventi di “Eccellenze sul territorio in vetrina”, per presentare il buono e il bello della regione Piemonte, che vanta una cucina di altissimo livello e produzioni di grande pregio. 

L’evento animerà i territori con un fitto programma dai tour tematici dedicati ai media specializzati in food, travel e lifestyle, alle masterclass negli istituti alberghieri del territorio, condotte dal giudice del Centro Studi Nazionali del Tartufo  fino al premio legato  al progetto “Dawn to earth”, attribuito quest’anno alla grande chef Manu Buffara e all’evento di chiusura del castello di Roddi.

Parallelamente la grande cucina  piemontese verrà interpretata da chef conosciuti in tutto il mondo con protagonista il Tartufo bianco d’Alba,  sentinella della biodiversità  e testimone  indiscusso della valorizzazione turistica internazionale di tutto il territorio. 

Il progetto, giunto alla sua quinta edizione, è ideato dall’Ente Fiera Internazionale del Tartufo bianco di Alba, in  collaborazione con Visit Piemonte, promosso dalla Regione Piemonte e realizzato in collaborazione con le ATL Alexala, ATL del Cuneese, Distretto turistico dei Laghi, Ente turistico Langhe, Monferrato e Roero,  ATL Terre dell’Alto Piemonte, Biella, Novara, Valsesia e Vercelli e ATL  Turismo Torino e Provincia.

Eccellenze del Piemonte in vetrina è partito nel 2020 come progetto pilota e con gli anni è diventato un progetto diffuso. Ad aprire il calendario dell’edizione 2024 è  stato il 23 e 24 ottobre il Biellese, con esperienze sul territorio  e la cena al ristorante il Patio di Pollone della chef Sergio Vineis.

A questo primo appuntamento seguiranno il 7 e 8 novembre il fascino del Monferrato astigiano, il 12 e 13 novembre l’incontro con le eccellenze di Alessandria e del suo territorio, il 14 e 15 novembre le suggestioni del Cuneese tra le Valli Grana e Maira, il 20 e 21 novembre i tesori di Novara e del Novarese, il 25 e 26 novembre l’insolita Torino, il 26 e 27 novembre la magia di Varallo e della Valsesia, il 28 e 29 novembre l’incanto di Stresa e della Val d’Ossola.

Nei giorni di dicembre, al castello di Roddi, verranno sviluppate iniziative in continuità  con il playoff della 94esima edizione della Fiera Internazionale del Tartufo bianco di Alba “intelligenza naturale”. Grazie a esperienze di intelligenza artificiale in combinazione con quella naturale,  si potranno sperimentare nuove creatività e codici narrativi insoliti per valorizzare il tartufo bianco d’Alba e il patrimonio gastronomico territoriale.  In questo contesto l’ente Fiera organizzerà un evento il 3 dicembre al castello di Roddi con presentazione alla stampa, al territorio e agli istituti alberghieri.

“È sempre più discriminante il rapporto tra uomo e ambiente, tra natura e artificio. L’educazione e il rispetto della natura, fonte di sostentamento per l’intero pianeta, è imprescindibile. Il tartufo è  tra le sentinelle più importanti della biodiversità,  dove non ci sono le condizioni non prolifera. Siamo partiti da questo assunto per ribadire, anche attraverso la campagna di comunicazione “intelligenza naturale” il nostro impegno per salvaguardare un patrimonio di tutti, la biodiversità.  Anche quest’anno abbiamo attivato azioni concrete rivolte ad un pubblico allargato, non per forza consumatore del prezioso Tuber Magnum Pico. Solo con la sensibilizzazione  e l’esempio possiamo portare avanti messaggi importanti di salvaguardia e conservazione degli habitat” ha precisato Liliana Allena, presidente Ente fiera Tartufo di Alba.

“L’importante progetto “Eccelenze del Piemonte in vetrina” taglia il traguardo  della sua quinta edizione  – specifica Marina Chiarelli, assessore al Turismo, Cultura, Sport della Regione Piemonte- con un ricco calendario di appuntamenti  e un’inaugurazione d’eccezione con l’assegnazione del Premio “Dawn ti Earth” alla chef brasiliana Manu Buffara all’Accademia Alberghiera di Alba  Apro. L’importante riconoscimento  che, dal 2021, è  attribuito ogni anno dall’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba a personalità della gastronomia mondiale che si sono distinte nel campo della sostenibilità ambientale  e sociale,  apre quella che possiamo considerare una vera e propria festa della cultura del  cibo e del vino piemontese “.

Mara  Martellotta

Il senso di responsabilità è benessere

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Ci sono concetti, parole, modalità esistenziali che suonano antipatici, ostici e fuori luogo, in questo mondo che sembra aver fatto del divertimento continuo e di una malintesa ed eccessiva leggerezza lo stile di vita di moltissime persone. Sicuramente “senso di responsabilità” è uno di questi.

Abbiamo via via relegato il senso di responsabilità nell’ambito dei comportamenti inutili, controproducenti e fastidiosi. Non voglio dire che non sia giusto ricercare il nostro piacere, sapersi divertire e gustare la vita. Però tutto ciò dovrebbe accompagnarsi a una serie di attitudini e di comportamenti che contemplino anche un sano ed equilibrato senso di responsabilità.

Perché tra l’altro, a ben pensarci, avere senso di responsabilità è una componente importante del nostro stare bene con noi stessi e con gli altri, e quindi, in fondo, del nostro piacere. Un modo più profondo, più esteso e probabilmente anche più effettivo di ricercare il nostro appagamento.

Essere responsabili, nei confronti nostri, degli altri, del mondo, dei nostri pensieri, delle nostre azioni, delle nostre decisioni, senza dare sempre la colpa a qualcun altro, a qualcos’altro di ciò che ci succede, ci rende affidabili e in grado di agire adeguatamente, guidati dai nostri valori morali e sociali.

Assumerci senza vittimismi il peso delle conseguenze del nostro agire, nel rispetto di noi stessi, degli altri, dell’ambiente in cui viviamo, è una modalità esistenziale che ci dona serenità e benessere, poiché significa anche armonia, completezza, maturità.

Il senso di responsabilità è frutto di una scelta libera e consapevole che ci induce ad avere naturalmente attenzione per ciò che facciamo, esponendoci tra l’altro a un minor rischio di errore, e non ha nulla a che fare con il senso di colpa, che, al contrario, condiziona negativamente pensieri e azioni e determina rigidità e obblighi.

(Fine prima parte)

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Facebook Consapevolezza e Valore

Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Let’s twist

I cantanti, per lo meno quelli che tutti noi conosciamo, sono professionisti che guadagnano da vivere cantando, suonando o componendo canzoni; sembra un’ovvietà ma aspettate di leggere il seguito.

Chiunque abbia ascoltato almeno una volta De Andrè, Dalla, Battisti, De Gregori o gruppi come I Camaleonti, Nomadi, Pooh, I Dik Dik, I Cugini di Campagna, ecc. non può non aver colto in quella attività produttiva una vera missione, dove l’aspetto creativo era strettamente unito a quello divulgativo, poetico, letterario, non disgiunto da una giusta remunerazione.

Con il passare degli anni, la perdita di alcuni valori e la tendenza, mutuata da Paesi che meriterebbero di scomparire, anche lamusica è diventata un mezzo per produrre soldi, tanti, in breve tempo ed in un lasso di tempo ristretto (quanti “cantanti” sopravvivono a dieci anni di attività?).

Assistiamo perciò a fenomeni da baraccone, veri e propri artisti creati a tavolino, anzi a pc, che possono autodefinirsi cantanti grazie all’invenzione dell’auto tuning (un software che corregge le stonature in diretta), a discografici animati solo dall’avidità e a organizzatori totalmente inetti; i loro complici? Ascoltatori totalmente incompetenti.

Ecco, quindi, che chi ancora usa il cervello, e tra i giovani ce ne sono tanti, riscopre le canzoni di qualche decennio fa, italiane e straniere, e così si assiste ad una riscoperta di Abba, Lou Reed, Genesis, Pink Floyd, Gloria Gaynor, Donna Summer, Chicago, America e via dicendo.

Il motivo è in parte insito nella natura umana: la musica, da sempre, ha fatto da colonna sonora a determinati momenti della vita di ognuno: le vacanze da ragazzo con i nonni, la gita scolastica, il primo bacio, il viaggio di nozze, come pure momenti brutti, tristi.

Inevitabile, quindi, che anche a distanza di decenni ci si ritrovi ad ascoltare con piacere quelle musiche, quelle canzoni interpretate da chi, anche fuori dalle interviste concordate, sapeva esprimere un concetto, sostenere una tesi, propugnare un’idea; nell’estate 1997 incontrai Roberto Vecchioni, che trascorreva la vacanza nel mio stesso villaggio, e avemmo modo di scambiare spesso parole.Non solo per il fatto di essere docente di greco e latino, ma sicuramente per cultura personale, mostrava una capacità di analisi rara di qualsiasi tema (era appena morta Lady D) e un approccio alla cultura che molti neppure possono aspirare a raggiungere. Facile, dunque, capire cosa lo spingesse a scrivere simili canzoni e come ci riuscisse.

Ora, con un’attenzione morbosa agli utili, al denaro, ed una capacità pressoché nulla di creare, di trasferire in parole un sentimento ascoltiamo doglianze da parte di perfetti imbecilli, che odiano la Polizia e le istituzioni ma che, se gli rigano l’auto,corrono in Commissariato a denunciare l’atto vandalico e se li prendi a schiaffi si convertono alla religione solo perché gli haifatto sentire le voci, come accadeva a Giovanna d’Arco.

E’ palese, quindi, che in una società permeata da pressapochismo e avidità, popolata da essere inutili, dove neppure gli imprenditori della discografia sanno fare il loro mestiere, chiunque abbia un QI appena normale si orienta verso qualcosa che ancora sappia destare emozioni, che trasmetta un messaggio, che sia gradevole per udito e vista (i testi, per chi sa leggere).

Da una statistica effettuata da un Centro studi del nostro Paese, è emerso come gli imprenditori di successo, le persone che nella loro professione sono emersi, i creativi siano persone che apprezzano uno stile di vita di alcuni decenni fa. Mi spiego meglio: il successo duraturo, la vera ricchezza non appartiene a quanti passano le giornate a tirare su lo specchietto insieme alla cocaina, a chi realizza profitti in tempo zero per poi perdersi nell’oblio; ebbene, questo studio ha evidenziato anche come queste persone ascoltino musica pop, rock (tassativamente non rap) se non addirittura classica.

Studi di anni addietro avevamo messo in risalto come, nelle stalle in cui veniva diffusa musica classica, la produttività del latte nei bovini era aumentata notevolmente; al contrario, musica rock o heavy metal portavano alla depressione degli animali.

Allo stesso modo, musica (si, purtroppo chiamano musica anche quella) rap, hard rock, heavy metal portano ad una totale inibizione di alcune aree cerebrali con il risultato che chi ascolta tali generi incontra serie difficoltà a trovare un lavoro, a produrre contenuti di qualità, a realizzare progetti a lungo termine, a relazionarsi positivamente col mondo circostante.

Sarà un caso? Dicono che due indizi facciano una prova: succedesse a poche persone sarebbe un caso.

Nel dubbio, perché non provare ad avvicinarsi al passato e, magari, a convertircisi?

Sergio Motta

Riscatto del titolo accademico, che cosa c’è da sapere

Di Patrizia Polliotto, Avvocato, Fondatore e Presidente del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori.

Il riscatto della laurea è uno strumento grazie al quale si possono trasformare i propri anni di università in anni contributivi. Significa che è possibile integrare la propria posizione contributiva ai fini del calcolo e di tutte le prestazioni inerenti alla pensione. Ovviamente per riscattare la laurea è necessario aver completato il percorso di studio (universitario, diploma di laurea o servizio equiparato) e non è fondamentale avere un’occupazione stabile. La domanda, infatti, può essere presentata anche dai soggetti inoccupati. Parliamo di quelli che al momento della domanda non sono mai stati iscritti ad alcuna forma di obbligatoria di previdenza e non hanno iniziato a lavorare in Italia o all’estero. Detto ciò, ecco come funziona nel dettaglio il riscatto della laurea con opzione tradizionale e agevolata.

Il costo del riscatto agevolato della laurea nel 2024 ha subito un rincaro per colpa della crescita del minimale contributivo. Per il 2023, ad esempio, l’onere per il riscatto di un’annualità era di 5773,32 euro contro i 6.076,95 euro di oggi. Nonostante tale aumento, però, il riscatto della laurea fa gola a molti perché grazie a esso, in alcuni casi, è possibile andare in pensione prima e poi perché serve a ricalcolare quest’ultima.

L’operazione, però, conviene solo se si hanno in mente obiettivi prefissati che sono quelli appena indicati: andare in pensione in anticipo e incrementare l’assegno che si riceverà. Nel primo caso, bisogna però prima capire se in base alla propria storia contributiva è possibile anticipare la data di pensionamento. Se ciò non fosse possibile, il pagamento del riscatto potrebbe non convenire.

Qualora l’obiettivo fosse invece quello di provare ad avere un assegno più elevato, si dovrà effettuare la giusta valutazione dei costi e dei benefici.

Come spiega l’Inps, il costo per il riscatto della laurea cambia in base alle regole che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o contributivo. In quest’ultimo caso per riscattare i periodi che partono dal 1996 (1° gennaio) bisogna sapere che l’onere si determina in questo modo. Si applica l’aliquota contributiva in vigore nel momento in cui si presenta la domanda alla retribuzione imponibile nei dodici mesi meno remoti.

A chi si chiede se il riscatto della laurea è deducibile per intero dal proprio reddito, la risposta è si. È detraibile inoltre per i lavoratori autonomi in regime forfettario ma per loro il risparmio è più basso. Il motivo è che l’aliquota di tassazione è del 15% (fissa). Ricordiamo infine che per il riscatto della laurea, si può anche scegliere l’opzione fino a 120 rate mensili erogabili fino all’età in cui maturerà la pensione. Se si sceglie tale opzione non saranno addebitati gli interessi.

Per queste e altre esigenze è possibile contattare dal lunedì al venerdì dalle ore 9 alle 18 lo sportello del Comitato Regionale del Piemonte dell’Unione Nazionale Consumatori, con sede a Torino in Via Roma 366 ed a Pinerolo, in Viale Cavalieri d’Italia n. 14, al numero 0115611800 oppure scrivendo una mail a uncpiemonte@gmail.com, o visitando il sito www.uncpiemonte.it compilando l’apposito format.

Martuscelli, quando la determinazione ti cambia la vita

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Nino Martuscelli, imprenditore nato a Genova e cresciuto a Torino, rivela a noi de “ll Torinese” la sua scalata verso il successo, con un’azienda che nasce in un grave momento di crisi economica, in un sottoscala alle porte di Torino e che pian piano con fatica e impegno è arrivata oggi ad essere conosciuta da tutto il Piemonte e non solo, il suo nome? “Hydra”.

 

L’INTERVISTA A NINO MARTUSCELLI

D: Benvenuto su “Il Torinese” Sig. Martuscelli, è corretto dire che con caparbietà e tenacia i sogni nel cassetto che una persona ha da giovanissimo possono avverarsi?

R: Felice di essere stato invitato da Voi. E’ vero, già all’età di 14 anni volevo aprire un’attività mia, in particolare un bar, per questo per ben 8 anni lavorai fin da piccolo lavorai come barista. In seguito, diventai rappresentante di bibite ed altre attività collegate che mi permisero di capire quanta fatica ci sia dietro ognuna di queste e quanto sia determinante l’amore per il lavoro che svolgi per accrescere in credibilità e successo con i clienti.

D: Ecco perché in seguito ebbe per molti anni un centro assistenza di una nota marca di birre e bibite, ma proprio quando tutto sembrava andare a gonfie vele e i suoi sogni si stavano realizzando, improvvisamente accadde qualcosa…

R: Vero; attraversai un periodo difficile quando persi mio fratello e nello stesso periodo il famoso marchio di birre per cui lavoravo decise di chiudere i suoi centri di assistenza; in quell’anno mi crollò il mondo addosso.

Qui scoccò la scintilla, mi rimboccai le maniche e ripresi in mano un progetto di depuratori d’acqua che creai nel 2002 e, vista la tanta richiesta di bar e ristoranti a cui fornivo il servizio assistenza bibite, vidi la luce in fondo al tunnel.

D: In un sottoscala insieme ad altri quattro soci creò quindi un’azienda sua personale, il cui prodotto fu il depuratore d’acqua. Questa nuova realtà diventerà quella che tutti oggi conosciamo come “Hydra”, ma da dove deriva il nome?

R: “Hydra” nasce proprio dalla passione di 5 soci che volevano portare nei ristoranti un prodotto a lungo richiesto. Il nome nasce per gioco ad una cena dove chiesi ad amici e parenti di scrivere su un bigliettino un nome che gli veniva in mente per quest’attività. Mio figlio piccolo Eros, che all’epoca aveva 10 anni, scrisse Hydra e colpì tutti i commensali che lo ricordarono anche nei giorni a seguire, da lì capii che il nome giusto doveva essere quello!

D: Da quel sottoscala come è cresciuta la sua attività e cos’è oggi “Hydra”?

R: All’inizio, la fornitura di Hydra era solo per i ristoranti, nel 2010 si ampliò dedicandosi anche al privato, ai bar, pub, pizzerie, aziende, eventi ecc. ecc., siamo partner de “il Sonic Parc di Stupinigi”, “Ritmika” e molti altri, diventando oggi una realtà sempre più in espansione. Con l’esperienza acquisita sul campo ed i giusti collaboratori, con orgoglio posso dire che Hydra oggi è sinonimo di qualità e cortesia con un qualificato servizio pre e postvendita e una proposta di depuratori d’acqua con un sistema di microfiltrazione garantito e autorizzato dal Ministero della sanità in grado di soddisfare qualsiasi esigenza.

D: Qual è l’insegnamento più grande che ha tratto da questa esperienza?

R: Che l’amore e la dedizione per quello che fai portano a grandi risultati. Da quando ero piccolo ho sempre pensato che nella vita tu debba sapere esattamente quello che vuoi e andare avanti finché non lo ottieni, purtroppo il percorso spesso presenta delle insidie che bisogna saper gestire con sangue freddo e non arrendendosi mai. Ho sempre amato tantissimo il mio lavoro; attualmente non ho più i soci ma ho con me i miei due figli Ivan ed Eros, ai quali sono felice di aver trasmesso questo mantra ed insieme a loro e alla massima cura dei dipendenti cerchiamo di offrire al pubblico un prodotto ed un servizio d’eccellenza.

D: Che consiglio darebbe alle nuove generazioni imprenditoriali?

R: Consiglierei ai ragazzi di avere sempre un obiettivo chiaro e di non spaventarsi della mole di ore di lavoro e di tutti i sacrifici necessari, perché con il tempo l’impegno verrà sempre ripagato.

I sogni per essere realizzati richiedono uno sforzo, spesso si guarda al risultato ma nessuno nota il percorso, la fatica, le notti insonni, le delusioni, le tasse, se si tiene duro e veramente si crede in sé stessi e al proprio obiettivo prima o poi il risultato arriva!

Grazie Sig. Martuscelli per la sua disponibilità e per le sue parole, ne faremo tesoro!

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NOEMI GARIANO