LIFESTYLE- Pagina 261

La nuova proposta dei ‘Salotti del Benessere’

Da martedì 2 aprile Arte e Moda di Cinzia Sassone,  viale Morozzo di San Michele 5 è teatro di un nuovo ‘Salotto del  Benessere, che si alterna alle iniziative dei ‘Salotti Letterari’. “Come era stato anticipato in occasione dell’avvio del nuovo concept –  spiega Cinzia Sassone, anima dell’iniziativa – oltre ai corsi, lo spazio polifunzionale viene messo a disposizione per ospitare altre esperienze   artistiche e letterarie. Abbiamo iniziato con i Salotti del benessere e  proseguiamo con i Salotti letterari a cui faremo seguire Salotti d’Arte e creativi. “Si tratta di quattro appuntamenti, il 2 16 e 30 aprile ed il 14 maggio, a  partire dalle ore 17, a Casale Monferrato, in viale Morozzo di San  Michele 5, nella sede di Arte e Moda Casale Monferrato dedicati alla  ‘Magia e scienza degli oli essenziali’, percorso teorico/pratico in  collaborazione con Gianni Scapin e Sarah Zaramella. Questo percorso è stato creato per coloro che desiderano avvicinarsi o  vogliono approfondire le tematiche degli oli essenziali. Gianni Scapin naturopata da oltre 30 anni, è stato docente in diverse scuole  di naturopatia, dove ha insegnato l’uso degli oli essenziali e degli oleoliti nella pratica della gestione del benessere psico-fisico e nel massaggio.
.
Per informazioni e contatti : tel 0142590395
Facebook: arteemoda Casale Monferrato
mailarteemoda.casalemonferrato@gmail.com

La terra grama e il “rosso generoso”

Comando Supremo, 4 Novembre 1918, ore 12..La guerra contro l’Austria-Ungheria che, sotto l’alta guida di S.M. il Re, duce supremo, l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 Maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta…L’Esercito Austro-Ungarico è annientato.. I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli, che avevano disceso con orgogliosa sicurezza… Firmato:Armando Diaz”

Il “bollettino della vittoria” l’aveva sentito leggere ad alta voce dal dottor Giubertini. Il medico condotto, tra una visita e l’altra, non mancava mai l’appuntamento con il quartino di vino e il mazzo da quaranta delle carte da scopa. La Società di Mutuo Soccorso si trovava all’angolo tra la strada principale e la viuzza che conduceva al Municipio. Dietro al bancone, intento a mescere il vino, l’oste occupava gran parte dello spazio, grande e grosso com’era. Alvaro, per tre lunghi anni aveva servito la Patria, passando da un fronte all’altro, schivando il piombo austriaco dai monti del Cadore fin giù nelle golene del Piave.Non sapeva nemmeno lui come aveva fatto a portare a casa la pelle. E per di più intera, senza nemmeno una ferita grave se s’escludeva quello sbrego sul gluteo sinistro che gli era stato impresso da una fucilata presa di striscio, partita dallo schioppo di un fuciliere imperiale del Kaiser sul Monte Piana, nelle Dolomiti di Sesto. Non doveva essere tra i migliori tiratori di Cecco Beppe, per sua fortuna. Nonostante la ferita,aveva tenuto la posizione e s’era guadagnato una medaglia di bronzo,per altro non richiesta. Sentir raccontare con tanta enfasi della guerra uno come il dottore che aveva schivato il fronte,restando nelle retrovie,al servizio   medico dello Stato Maggiore,gli provocava acidità di stomaco.Avrebbe voluto alzarsi, schiaffeggiarlo e cacciarlo fuori dall’osteria ma quello era pur sempre il medico condotto e lui solo un contadino di montagna che la guerra aveva reso ancor più povero di quanto già non fosse. Così,tenendo a freno la lingua,svuotò il bicchiere e s’alzò dal tavolo,salutando con un cenno del capo gli altri avventori.Fuori l’aria era fredda.Scendeva dalla Val Chiusella e era talmente brusca da far rabbrividire. Per fortuna s’era portato appresso,uscendo di casa,il pastrano che aveva trovato in quella malga sull’altipiano dove si era rifugiato durante una delle giornate più difficili di quella brutta guerra.Non seppe mai a chi fosse appartenuto e nemmeno cosa avesse indotto il legittimo proprietario a lasciare incustodito quel prezioso capo di vestiario. Una fuga improvvisa o una disgrazia? Chissà. Non era di foggia militare e non portava mostrine.
 

***

Fatto sta che quell’inaspettato rinvenimento gli fu molto utile e lo considerò alla stregua di una vera e propria grazia piovuta dal cielo.Cessate le ostilità tornò a casa dopo un lungo viaggio dove alternò alle rare tradotte ferroviarie le più frequenti e lunghe marce a piedi. In paese trovò rovine e miseria.I suoi vecchi, Albino e Giuditta, erano morti all’inizio dell’ultima estate di guerra. Se n’erano andati a distanza di pochi giorni l’uno dall’altra. La cascina era in pessime condizioni e il terreno stava andando in malora. La campagna attorno a Pavone era sempre stata generosa con chi non avesse paura di spaccarsi la schiena nel lavorarla ma in quei tempi grami anche la terra era diventata avara. Pareva caduta preda di una maledizione che l’aveva resa micragnosa, dura come pietra,con quelle zolle che resistevano alla zappa come le teste chiodate di crucchi dalle Dolomiti al Carso. Si preparava un Natale amaro. Di pace, finalmente, ma anche di fame. Nei primi tempi si era fatto aiutare da un suo zio. Orgoglioso com’era, patì molto quella situazione nonostante il fratello del padre fosse una persona buona e generosa.Dissodò il campo, seminò quel poco che aveva, imbastì persino delle novene perché anche la fede,che pure non l’aveva mai visto così attento ai precetti, poteva aiutare in frangenti come quelli, scansando scoramento e disperazione.Raccolte in qualche sacco le patate seminate in quel terreno ostico, aveva provato a venderle a Bairo ma era stato accolto con ostilità da un gruppo di tirapere ,i tirapietre. Era quello, in parola e nei fatti, il soprannome di quelli che,come abitudine non propriamente ospitale,accoglievano i forestieri a suon di pietre.Ridevano, quei pazzi. E gridavano “a l’é bianch ‘me la coa dël merlo”,è bianco come la coda del merlo. Alludevano al fatto di averlo conciato per le feste,impaurendolo.Altro che vender patate! L’avevano fatto nero ed era già tanto l’esser riuscito a scappar via. Non erano anni facili da nessuna parte e il Canavese non faceva differenza. Imperversavano le rivalità tra gli abitanti dei vari paesi. Per uno di Foglizzo, paese dei mangia rane (ij cagaverd ) era dura andar d’accordo con quelli di San Giusto Canavese che chiamavano, poco amichevolmente, ij singher ,gli zingari. E ij biàuta-gambe , i dondola-gambe, cioè i fannulloni di Rivarolo ironizzavano – ricambiati con gli interessi – sui gavasson di Ozegna, simulando i colli ingrossati dalla tiroide. Un certo rispetto se l’erano guadagnati quelli di Rivara,ij strassapapé,gli “stracciacarte“. Apparivano agli occhi dei più come persone ben fornite degli attributi giusti grazie a una lontana leggenda secondo la quale nel lontano ‘500,durante la stesura di un atto notarile,un cittadino strappò il documento dalle mani del notaio e lo distrusse davanti ad una piccola folla.
 

***

L’avido notaio aveva la pessima ma per lui redditizia abitudine di riportare cifre maggiorate in favore dei   suoi conti,ingannando i poveri contadini, spesso analfabeti e incapaci a far di conto. Una storia, come tante altre, che veniva raccontata e tramandata da quelli di Favria, ij tajastrass, quelli che ti tagliavano i vestiti addosso, facendosi allegramente i fatti altrui.Alvaro, a testa bassa, continuò la sua lotta con quella terra taccagna.Per ottenere un minimo di raccolto dovette impiegare il massimo degli sforzi,dimostrandosi molto più generoso di quanto non fosse quella campagna che lo strizzava come un cencio, rubandogli fino all’ultima stilla di sudore.Un giorno, al mercato di Ivrea, mentre cercava delle sementi e una gerla nuova per il fieno necessario ai pochi conigli che aveva iniziato ad allevare, incontrò Giovannino Bedini, anch’esso contadino, proprietario di un po’ di terra dalle parti di Torre Balfredo.Originario del vercellese e non più giovane d’età,Giovannino si era piegato la schiena fin dai tempi dell’infanzia aiutando i genitori nel ricavare da quella terra poco generosa il minimo che servisse per vivere.O meglio, per sopravvivere. Eppure,a detta dei più (e bastava uno sguardo attorno ai suoi campi per trovare conferma) le rese non erano poi così malvage. Forse dipendeva da lui la scarsa capacità di far fruttare le semine tra quelle zolle scure. Per di più un vecchio zio di nome Giacomone gli aveva lasciato in eredità alcuni filari di vigna sulla serra morenica di Piverone, poco distante dalla sponda nord occidentale del lago di Viverone.I due contadini, seduti al tavolo dell’osteria della Pesa, discussero a lungo e dopo il terzo “mezzino”,Bedini avanzò una proposta. Se Alvaro fosse stato dell’idea, a suo dire, avrebbero trovato un modo per aiutarsi a vicenda.Come? Dando una mano a Giovannino nel tentativo di ottenere da quel terreno una miglior resa. Così i due,diventando soci e lavorando nella vigna, si sarebbero divisi i proventi della vendita dell’uva che, finita la vendemmia,avrebbero consegnato alla cantina sociale. Alvaro accettò, ormai sfinito dai tentativi di ricavare qualcosa di buono da quel suo terreno quasi sterile.In poco tempo il sodalizio diede a entrambi delle buone soddisfazioni. A parte la società della vigna, gli altri lavori erano pagati a giornate e rendevano bene ad Alvaro.
 

***

La produzione,copiosa e di qualità, suddivisa tra verdure, frutti degli alberi (per lo più ciliegie,pesche e susine) e persino dei fiori, nella piccola serra che era stata impiantata, era tale da soddisfare le necessità dei   negozietti che richiedevano i loro prodotti. Ad Alvaro,dopo aver masticato tanta rabbia e fatica per un tozzo di pane,pareva che la sfortuna avesse imboccato un’altra strada, allontanandosi da lui. Anche Giovannino era contento. La signora Gina, proprietaria dell’emporio, pagava la merce con una puntualità da far invidia a uno svizzero e così pure la fioraia, il gestore del Osteria del Sirio e la cantina sociale.Ma furono le vigne a far scattare il colpo di fulmine e l’idea. Come se in testa avesse avvertito lo schiocco di una bocciata al volo, Giovannino subì un vero e proprio colpo di fulmine, una sensazione d’innamoramento a prima vista talmente forte che gli salì un nodo in gola fino a costringerlo a gorgogliare,tra le lacrime,la sua immensa felicità. I lavori nel vigneto erano impegnativi in tutte e quattro le stagioni. Ogni giorno c’era qualcosa da fare,nella vigna o nella piccola cantina che era stata ricavata accanto al fienile della cascina dei Bedini. Potature, innesti, lavori d’aratura tra i filari per far respirare le zolle eliminando le erbacce, accorciamento dei tralci troppo lunghi. E poi, quando l’uva era matura, la vendemmia. Tutta a mano, grappolo per grappolo. In cantina,dove il mosto fermentava e il vino dell’anno prima s’imbottigliava, quel moto perpetuo impegnava Alvaro, taciturno e sgobbone come sempre, a fianco di Giovannino al quale non difettava mai l’entusiasmo.Era talmente contento il buon Bedini che Alvaro non se la sentì di esternare i suoi dubbi e le perplessità. L’uva diventò così vino, il “loro” vino. Non tanto ma nemmeno poco, di due qualità diverse, raccolta in un paio di tini acquistati nell’astigiano e successivamente nelle quattro botti di media taglia. Giovannino sosteneva si trattasse di un prodotto straordinario. Assaggiandolo provava una punta di commozione e le lacrime gli rigavano il volto arrossato.Con la sua voce stentorea, tra un singulto e l’altro, ripeteva incespicando nelle parole: “Sono due vini buonissimi. Uno è piccolo e brioso e l’altro è grosso e muto. Mescolati danno un vino che farebbe resuscitare un morto”. E beveva, soddisfatto.Provarono a imbottigliarlo e ne ricavarono quasi quattrocento fiaschi da due litri e mezzo, come s’usava a quel tempo.Il primo l’assaggiarono per festeggiare l’evento, destinando i restanti alla vendita. L’etichetta molto semplice che fecero stampare in una tipografia di Strambino raffigurava un grappolo d’uva sormontato da una scritta in blu: “Rosso generoso”. E anche il prezzo stabilito fu generoso, “da osteria” come precisò Giovannino.In poco meno di due settimane, tra locande e osterie con mescita, “piazzarono” tutta la loro produzione. Quel vino giovane incontrò subito il favore di molti. Fresco e piacevole al palato, andava giù che era una bellezza,accompagnando salumi e tomini,acciughe al verde e larghe fette di polenta.Solo i più esperti tra i bevitori storsero il naso,preferendo evitare quel vino troppo fermentato.
 

***

I problemi sorsero quasi subito,con grandi fughe degli avventori verso i servizi alla turca o al riparo di qualche boschetto.Quel vino, scendendo allegro e vivace negli stomaci e negli intestini,provocava spiacevoli e dolori inconvenienti.E così, il “Rosso generoso” ebbe – dal punto di vista commerciale – vita breve. Il povero Giovannino , terreo in volto, non prestò ascolto alle critiche di quegli “ignorantoni selvatici” che avevano “la bocca come il sedere” e non capivano “un accidenti di come doveva essere un buon vino”, abituati com’erano a “bere qualunque cosa l’oste mettesse loro davanti al naso”. Fatto sta che i due soci ebbero comunque da discutere per un giorno e una notte interi. Cosa accadde davanti al camino del cascinale non si seppe con precisione ma è certo che quel giorno coincise con la fine della carriera di commercianti di vino di Anselmo e Giovannino. Quest’ultimo decise di curare quel po’ di vigna per produrre vino per sé,“alla faccia di quei bifolchi”. Alvaro, abbandonati i filari, continuò a svolgere il suo lavoro nei campi. I due si spiegarono e il buon Bedini comprese le ragioni che avevano indotto il contadino a tacere il suo parere pur nutrendo dubbi sul loro vino. “Non che fosse cattivo, per carità. Ma era troppo giovane e non ancora pronto per l’imbottigliamento ma tu,Giovannino, eri talmente contento che non ho trovato il coraggio di contraddirti”.Bedini interpretò l’intenzione di non turbare la sua felicità come una prova d’affetto e d’impagabile amicizia. Così il sodalizio tra i due continuò, consentendo a entrambi di sbarcare il lunario, ricavando persino qualche soldo da “mettere in cascina”, sottintendendo una certa dose di buonsenso. Così come si fa con il fieno per assicurare il cibo agli animali nelle stalle durante l’inverno, così si doveva fare pensando a quanto questi denari potevano tornar utili più avanti.Un piccolo investimento quotidiano per i periodi di “magra”, aiutava a non farsi trovare impreparati. E con tutto quello che era capitato ai due, in guerra e in pace, diventati sempre più amici con il passare degli anni, era quanto mai necessaria una certa dose di saggezza.
 

Il verde che purifica

Non solo belle e decorative, ma anche utili e protettive. Le piante sono una risorsa magnifica per la salvaguardia della nostra salute, sono in grado di catturare infatti alcune sostanze dannose per il nostro organismo, eliminare cattivi odori, come quello delle sigarette, mantenendo l’aria di casa salubre. La loro funzione ornamentale, come le notevoli proprietà balsamiche   che aromatizzano i nostri ambienti, fanno di questi organismi vegetali dei fedeli compagni che ricambiano cure e attenzioni con apprezzabili cortesie che favoriscono la salute. Anche la Nasa si è interessata a questo tema confermando la capacità di alcune piante di eliminare fino al 73% delle sostanze tossiche presenti nell’aria. Ogni pianta svolge un compito specifico nella sua azione depurativa per esempio l’Azalea, pianta dai meravigliosi colori originaria del Giappone e della Cina, filtra la formaldeide. L’Edera, il vivace rampicante verde, assorbe l’odore lasciato da pitture e inchiostri, ma anche il benzene contenuto nei detersivi. Inoltre è una pianta che arreda moltissimo soprattutto se si ha spazio per farla crescere ed espandere sulle pareti. L’Anthurium, dalle foglie a forma di cuore e fiori colorati e bianchi, può rimuovere una importante dose di ammoniaca ma anche di toluene (impiegato per il trattamento di vernici e colle) e xilene (solvente per gomme e cuoio). Il Ficus Benjamin, molto utilizzato negli appartamenti ma anche negli uffici oltre che per la sua piacevolezza anche per la sua facilità nella cura, è tra i migliori agenti nella rimozione degli allergeni provocati dalla presenza di mobili e tappeti. L’Aloe Vera, pianta africana facilissima da coltivare: poca acqua e tanta luce, è in grado di eliminare ben il 60% del benzene contenuto in vari prodotti in uso quotidianamente come i detergenti chimici. Non dimentichiamo inoltre le sue proprietà medicinali, è infatti un antinfiammatorio, un cicatrizzante, un idratante ma anche un antibatterico e gastro protettivo. Il Falangio, molto resistente e indicato per chi non ha propriamente il pollice verde, filtra anche l’ossido di carbonio oltre al benzene e alla formaldeide. La Palma di Bamboo, piccola e graziosa pianta che produce piccoli fiori e frutti, è molto utile per combattere le esalazioni di trielina, un pericoloso agente cancerogeno spesso usato nei prodotti sintetici per il lavaggio a secco e nei solventi. Infine la Dracaena, conosciuta come il Tronchetto della Felicità, oltre a filtrare l’aria dalle sostanze nocive già citate, è abile a ridurre l’ansia, la tristezza e lo stress. E’ molto utile anche contro il mal di testa e il bruciore agli occhi e grazie alla sua capacità di assorbire anidride carbonica mentre emette ossigeno ha effetti positivi sulla concentrazione e sulla produttività.
 

Maria La Barbera


 

Il mercato di Corso Palestro / Valdocco

Le bancarelle sono distribuite tra via Cernaia e via Garibaldi, al centro di un’area pedonale circondata da alti platani che incorniciano elegantemente tutta la via

 
Dopo aver fatto visita al Giardino Martini, oggi parleremo di un altro mercato in piano centro, vicino alla stazione di Porta Susa e a due passi dalla Cittadella, cioè il vivace mercato di Corso Palestro. Le bancarelle sono distribuite tra via Cernaia e via Garibaldi, al centro di un’area pedonale circondata da alti platani che incorniciano elegantemente tutta la via, e, in primavera ed estate, colorano ed ombreggiano la zona mercatale, sempre assai frequentata, dato il vasto assortimento di prodotti ed articoli vari. Ma, prima di addentrarsi tra i banchi, il Bar Nostradamus (già Caffè Cernaia) offre ottime idee per rifocillarsi a dovere; affacciato sui portici di fronte all’omologa Caserma Cernaia, il locale conserva nella prima sala l’elegante arredamento del 1927, largamente ispirato ai modelli di fine ottocento: vediamo infatti il bancone, il banco-cassa e la boiserie in legno su tutta la fascia perimetrale e sul pilastro centrale, realizzati dalla ditta Chiappa. A questo punto possiamo immergerci nel nostro giretto in corso Palestro, che offre, oltre al mercato, altri spunti di sicuro interesse. Per esempio, in uno dei bei palazzi che si affacciano sul corso si trova il Collegio Artigianelli, oggi meglio conosciuto con il nome di Engim Piemonte, centro di formazione professionale che opera in campo nazionale ed internazionale; tale istituto deve le sue origini a Don Giovanni Cocchi, che dal 1849 si cimenta in un’impresa davvero meritevole: raccoglie ed ospita orfani e ragazzi poveri per insegnare loro un mestiere: da qui, il nome “Artigianelli” del Collegio, proprio per evidenziare la formazione professionale dell’istituto, che infatti vanta laboratori per calzolai, fabbri, ebanisti, tipografi, falegnami, elettricisti. Sempre facenti parte del Collegio e degne di nota sono la scuola “Don Reffo” di pittura/scultura e la tipografia, dove a partire dal 1876 si stampa “La voce dell’operaio” (oggi “La voce del popolo”). Un altro edificio della zona – sito in via Garibaldi angolo corso Valdocco – merita attenzione, per essere stato dapprima la sede della Gazzetta del Popolo, poi, in tempi più recenti e sino al 2016, ha ospitato la sede dell’azienda L’Oréal (che attualmente si trova in via Alfieri 11), come si vede dal’insegna, ancora incisa sui muri esterni. Proseguendo per corso Valdocco, non si può non menzionare il Museo della Resistenza (inaugurato nel 2003), che ha ha sede nel palazzo dei Quartieri Militari di San Celso, costruito su disegno di Filippo Juvarra nel 1716; lo stesso palazzo ospita l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea, l’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza e il Centro internazionale di studi Primo Levi. L’allestimento permanente “Torino 1938 – 1948. Dalle Leggi Razziali alla Costituzione” rievoca, attraverso un’originale installazione multimediale, la vita quotidiana durante la guerra, l’occupazione tedesca, la Resistenza e il ritorno alla democrazia, attraverso immagini, suoni e voci: insomma, un vero tesoro, tutto da visitare! Infine, merita un cenno la Caserma Cernaia, ubicata proprio di fronte all’inizio di Corso Palestro. Progettata per essere la sede della legione allievi del corpo dei Carabinieri Reali, è dedicata alla vittoriosa battaglia avvenuta il 16 agosto 1855 tra le forze franco-piemontesi e quelle russe durante la guerra di Crimea (1853-56): invero, il nome Cernaia deriva dal termine russo chernyy che significa “nero” ed indicava il nome del corso d’acqua che scorreva nella pianura teatro della battaglia. La caserma venne costruita nel 1864 su un terreno appena liberato dalla demolizione delle fortificazioni urbane, la cui unica traccia ancora oggi esistente è costituita dal mastio della Cittadella, recentemente restaurata ed adibita ad eventi vari.
 

Rugiada Gambaudo

Nordic Walking a Torrazza Piemonte

E’ iniziato con successo il Corso base di Nordic Walking a Torrazza Piemonte, sabato scorso si è tenuta la prima lezione presso i Giardini Pubblici di Via Caduti della Libertà nei pressi del Monumento ai caduti con un gruppo di persone interessate ad imparare questa innovativa tecnica di camminata. Il Nordic Walking può essere a ragione considerato una delle attività fisiche (alla portata di tutti) più complete in assoluto. Adottando una tecnica corretta si riesce ad avere un elevato coinvolgimento muscolare ed un efficace lavoro cardiocircolatorio ottenendo enormi benefici per la propria salute. Per cogliere tutti i vantaggi di questo sport e partecipare alle nostre attività è necessario apprendere bene le basi della tecnica che verrà poi perfezionata nei successivi allenamenti e camminate. Faremo quindi un ripasso di quanto già visto, anche per permettere a eventuali nuovi partecipanti di seguire il prosieguo del corso, per poi approfondire la conoscenza delle tecniche base con nuovi esercizi. La durata delle lezioni è di circa un’ora e mezza. Sabato 30 marzo alle ore 10 si terrà la seconda lezione  sempre presso i giardini pubblici di Via caduti della Libertà (di fianco al monumento). Per info: Augusto Cavallo, istruttore della Scuola Italiana Nordic Walking  cell. 339 4188277 –  mail: augusto.cavallo66@gmail.com

Massimo Iaretti

 

Il cake della Mole firmato Iginio Massari

È da Torino che il Maestro Iginio Massari lancia il suo appello a tutti i professionisti della pasticceria: “il nostro dovere è quello di lavorare con serietà e con amore

Un esempio per tutti è Molino Dallagiovanna un’azienda che ha messo sempre al primo posto la qualità del grano selezionato, analizzato, lavato e poi lavorato per ottenere le migliori farine possibili. La ricetta della qualità non è così complessa: significa lavorare con piacere e rispettare il prossimo per proporre un futuro nuovo; un futuro di italianità nel mondo mai eguagliato sino ad ora.”
Ripartono gli appuntamenti organizzati da Molino Dallagiovanna con il Maestro Iginio Massari in giro per l’Italia per promuovere l’arte della pasticceria italiana e i suoi prodotti di eccellenza. Torino è stata la prima tappa del 2019, realizzata in collaborazione con il distributore specializzato UniversoBianco. Negli innovativi spazi EDIT, luogo polifunzionale dedicato alla gastronomia il M° Massari ha deliziato i suoi ospiti; professionisti, foodlovers e giornalisti del Piemonte, in un susseguirsi di masterclass dedicate alla più alta pasticceria: Il Cake della Mole, il Maritozzo, il Babà, il Savarin. Una giornata dedicata alla più grande arte pasticcera a disposizione di domande e aneddoti sono state protagoniste di questa prima data dell’ormai noto Tour MeetMassari in giro per l’Italia organizzato da Molino Dallagiovanna in partnership con Eurovo. La prima ricetta realizzata è stata il “Cake della Mole” un dolce studiato dal maestro Massari in omaggio a Torino, una città culla della tradizione pasticcera italiana. Supportato dal M° Fabrizio Galla, piemontese, virtuoso del cioccolato ed esperto dei lievitati e dal M° Denis Dianin, pasticcere veneto con una grande competenza nel mondo delle farine, Massari ha realizzato in diretta l’originale ricetta al gianduia utilizzando la linea di farine LeDivine di Molino. LeDivine è la nuova linea di farine da grano italiano ispirata al cinema e all’universo femminile, in tre varianti di Tipo 00 – Sofia, Monica e Anna- ideali per tutte le esigenze del professionista dell’arte bianca. Il Cake della Mole è un dolce soffice con pezzi di gianduia nell’impasto e una sapiente glassatura che gli consente di restare sempre morbido e fragrante. A seguire, il Nr. 1 della pasticceria ha spiegato tutti i trucchi per avere un Maritozzo e un Babà perfetti, due dolci in cui la lievitazione è parte fondamentale per la migliore riuscita. Fabrizio Galla ha poi tenuto il palco per realizzare la sua “Torta Langarola”, il noto dolce con le nocciole Piemonte IGP, detto anche Torta di Cortemilla, in onore del piccolo paese in provincia di Cuneo. Il maestro piemontese ha raccontato come questa ricetta abbia segnato la sua vita di pasticcere visto che ben trent’anni fa gli fece superare gli esami all’alberghiero. La giornata si è conclusa con la degustazione di tutte le ricette realizzate. Un tripudio di gusto e sapori cullati dalla morbidezza di tutti i preparati. Professionalità, creatività e tanto amore per la pasticceria sono gli ingredienti di questo nuovo roadshow in giro per l’Italia realizzato da Molino Dallagiovanna in collaborazione con Eurovo, leader europeo nella produzione di uova e ovoprodotti. In calendario altre due date per il 2019: 27 maggio a Firenze, sul tema croissant, e il 23 settembre a Palermo, con una dedica alla pasticceria dell’isola ispirata alla tradizione dei pupi siciliani. Il biglietto per i non professionisti è acquistabile direttamente sull’e-commerce Molino Dallagiovanna all’indirizzo:
https://www.shopdallagiovanna.it/it/articolo/item/111/meet-massari-torino.html
 

Farfalle in fiore al Castelmagno

L’orto ci offre tante belle tenere zucchine, utilizziamole cosi’…
 
farfalle
Ingredienti per 4 persone:
 
350gr. di pasta tipo farfalle
500gr. di zucchine con il fiore
1 cipollina
1 ciuffo di menta
100gr. di formaggio Castelmagno
100gr. di speck
olio evo
sale q.b.
 

Soffriggere in poco olio la cipolla tritata, unire le zucchine tagliate a rondelle con i fiori e le foglioline di menta. In una padella rosolare lo speck tagliato a dadini poi, unire alle zucchine. Cuocere le farfalle in acqua salata. Con la grattugia a fori grossi, grattuggiare il Castelmagno e metterlo sulle zucchine, mescolare bene fino a farlo sciogliere, versare le farfalle, saltare per pochi secondi e servire subito. Il Castelmagno dona al piatto un tocco raffinato.

 

Paperita Patty

Torino Outlet Village, festa per i due anni di attività

 L’outlet si prepara a spegnere la sua seconda candelina:  in esclusiva per tutti gli ospiti il -50% di sconto sui prezzi outlet, su articoli selezionati, nei negozi aderenti

Inoltre tante le iniziative, completamente gratuite,  in programma Domenica 24 marzo a Torino Outlet Village per celebrare in grande stile questo importante anniversario. Dalle ore 15.30 sarà possibile immergersi in un atmosfera fiabesca che farà emozionare grandi e piccini grazie alle performance di ospiti internazionali.

Tre le spettacolari iniziative in programma:
la poetica rappresentazione della famosa compagnia francese de Quidams, che si esibirà nella performance dei Cavalli Bianchi. Un sogno, ove bellissimi ed eleganti cavalli bianchi, simbolo di pace e purezza di spirito, cavalcano liberi trasportando ogni tipo di pubblico in un mondo fiabesco e fantastico. Gli spettacoli della compagnia hanno girato il pianeta dalla Spagna alla Cina, dalla Germania all’Unione Sovietica.
“Il Carillon Vivente”, lo spettacolo della Compagnia Italento in cui un pianoforte munito di ruote si sposterà per i boulevard del Village su magiche note musicali guidato da un settecentesco pianista-pilota che accompagnerà un’eterea ballerina danzante.

“Tubi Animati”: delle mascottes protagoniste della più originale ed esilarante animazione itinerante di tutti i tempi. Singolari presenze argentee in movimento, entreranno in scena per l’intrattenimento del pubblico, curiosando silenziosamente tra vetrine e tavolini in un insolito pomeriggio di animazione. I Tubi Animati sono un’animazione indimenticabile per il proprio pubblico, grandi e piccini, che diventa protagonista di un’animazione itinerante senza precedenti. Tutta la famiglia sarà coinvolta in esilaranti, simpatici e divertentissimi sketch. Dalle ore 19 inoltre la stele, simbolo di Torino Outlet Village, prenderà vita grazie ad uno straordinario spettacolo di luci, musica e colori in grado di coinvolgere il pubblico che potrà intanto gustarsi un aperitivo al Village. A due anni esatti dalla sua inaugurazione, Torino Outlet Village è entrato di diritto a far parte dei poli del lusso di riferimento del nord Italia, riconosciuto anche a livello europeo Grazie al brand mix offerto ed alle tante iniziative in calendario, non solo commerciali ma anche culturali, gastronomiche, etc. Torino Outlet Village si è conquisto un vasto pubblico attirato oltre che dai prezzi straordinari anche dalle proposte collaterali capaci di coinvolgere il consumatore a 360° e fargli vivere un esperienza unica Concerti di artisti nazionali ed internazionali, masterclass di cucina tenute da blasonati chef, percorsi gourmet, sono solo alcune delle attività di cui gli ospiti di Torino Outlet Village hanno potuto godere dal primo giorno della sua inaugurazione Da sempre inoltre Torino Outlet Village si è dimostrato particolarmente legato al territorio, intervenendo in qualità di sponsor e sostenitore a moltissime iniziative ed eventi al fianco di enti ed associazioni locali con l’obiettivo di valorizzare e promuovere Torino e il Piemonte.

Il Giardino del Mondo alle Ogr

Prosegue nel 2019 la rassegna Domeniche in festa a cura del network ZonArte, sostenuto da Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, nell’ambito del Public Program OGR. In occasione della mostra Cuore di tenebra. Può l’arte prevenire gli errori? (a cura di Marcella Beccaria) le famiglie saranno accompagnate dalle Artenaute del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli in un viaggio nei suggestivi spazi delle OGR. A partire dalle singole opere esposte, relativamente ad alcuni elementi narrativi del romanzo di Conrad, tra luci e ombre, scenari di un immaginario altrove, mondi da scoprire, i fili e i nodi si intrecciano e raccontano trame ricche di mistero. Domenica 24 marzo nuovo appuntamento, dal titolo Il giardino del mondo , a cura del Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli in collaborazione con Associazione Gruppo Abele – Progetto Genitori & Figli   un viaggio ispirato all’ecologia dell’accoglienza, all’interno di un giardino umanistico realizzato attraverso forme stilizzate di animali e vegetali giunti da oltremare (pappagalli, fichi d’India, ananas, patate, pomodori, piante esotiche, ecc.), che oggi configurano il nostro orizzonte di senso, determinando il paesaggio così come lo conosciamo. In relazione all’opera dell’artista Maria Thereza Alves presente in mostra. Ingresso gratuito. Indispensabile la prenotazione: 011.9565213, educa@castellodirivoli.org.

Dolce savoiardo alla frutta

Questo dolce, non troppo dolce, e’ molto morbido e delicato, per niente nauseante nonostante l’impiego di panna e mascarpone

torta

Questa settimana vi suggerisco un dolce fresco da offrire ai vostri ospiti. E’ scenografico ma non richiede molta esperienza ed inoltre ha il vantaggio che deve essere preparato in anticipo. Questo dolce, non troppo dolce, e’ molto morbido e delicato, per niente nauseante nonostante l’impiego di panna e mascarpone.

***

Ingredienti per 8 persone:

24 biscotti savoiardi

1 scatola di ananas al naturale

2 grosse pesche non troppo mature

35 amarene sciroppate

100ml di limoncello

200ml di panna da montare

200gr di mascarpone

1 bustina di vanillina

2 cucchiai di granella di nocciole

***

Prendere l’anello di uno stampo a cerniera (24 cm di diametro) ed appoggiarlo su un largo piatto da portata. All’interno, sistemare i biscotti savoiardi, anche spezzettati, cercando di non lasciare spazi tra loro. A questo punto bagnare i biscotti con il limoncello diluito con qualche cucchiaio di succo d’ananas. I rimanenti biscotti vi serviranno per la farcia. Aprire la scatola di ananas, scolare ed asciugare 10 fette e tagliarne a meta’ 5 che appoggerete alle pareti dello stampo inserendo nel foro un’amarena. In una grande ciotola montare la panna con la vanillina, sbattere il mascarpone ed unirlo alla panna cercando di non smontarla. Tagliare le pesche e l’ananas a dadini, tagliare a meta’ 10 amarene, sbriciolare i savoiardi rimasti ed unire il tutto al composto di panna. Mescolare con cura e riempire lo stampo livellando bene, spargere la granella di nocciole e decorare con le fette d’ananas inserendo in ogni foro 2 amarene come da foto. Mettere in frigo coperto con un piatto e lasciar riposare sino all’ora del consumo il giorno dopo.

Da leccarsi i baffi.

Paperita Patty