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Il decluttering tra ambiente e psicologia

Il termine decluttering (letteralmente eliminare ciò che ingombra) è salito alla cronaca rapidamente negli ultimi due anni, quando le persone, costrette a stare in casa, hanno avuto modo e tempo di accorgersi di quanti oggetti inutili si circondino quotidianamente, quanti di questi potrebbero essere rimodernati o non usiamo più perché sono mutate le nostre esigenze e, in generale, quanto poco spazio rimanga dopo aver comprato ogni genere di cose.

Ed ecco che, parallelamente, si assiste ad un proliferare di mercatini delle pulci, quasi caduti nel dimenticatoio durante gli anni del boom economico.
Quasi ogni Comune ha un proprio mercatino del c’era una volta, dove trovare modernariato, antiquariato o semplicemente oggetti e effetti usati.
Dalle tovaglie ricamate al vasellame, dai libri antichi o semplicemente usati, dall’abbigliamento vintage all’arredamento antico e moderno, gli oggetti usati coniugano le esigenze di chi se ne disfa e di chi vuole acquistare oggetti talvolta unici, sicuramente insoliti, ad un prezzo inferiore al nuovo; i collezionisti, inoltre, possono aggiungere elementi alle loro collezioni magari trovando un articolo atteso per anni.
Il mercato dell’usato, del c’era una volta, delle pulci o come lo vogliamo chiamare, ha un indubbio vantaggio: con il passaggio di un oggetto da chi se ne disfa a chi lo acquista si salvaguarda l’ambiente, si riduce il conferimento di rifiuti in discarica, si evita il taglio di nuovi alberi o l’estrazione di materie prime per produrne di nuovi, si riduce il consumo di energia elettrica e la produzione di CO2.
Ma il mercato dell’usato ha altri due aspetti importanti, non meno della salvaguardia ambientale.
Un primo aspetto è la storia che ogni oggetto porta con sé, una storia che può essere lunga decenni se non secoli e che viene perpetuata con il suo passaggio di mano in mano.
Tempo addietro ho trovato su una bancarella il libro “La Cittadella” di A. Cronin edito subito prima della seconda guerra mondiale; non so a chi sia appartenuto, sicuramente è stato conservato con cura e dopo di me passerà (spero) a qualcuno che ne prorogherà la vita: è come se quel libro conservasse l’energia di chi lo ha tenuto fra le mani; d’altronde, perché acquistarlo nuovo se posso utilizzarne uno usato?
Conoscendo questa mia passione i miei amici e conoscenti, quando devono sgomberare un appartamento dopo un lutto, mi chiamano volentieri perché sanno che adoro recuperare qualche oggetto anche senza valore apparente, come una menorah (candelabro) proveniente da Gerusalemme, un set da trasporto di coltelli da cucina appartenuto a qualche chef e così via oppure di valore, sottostimato da chi se ne disfa, come un’anfora disegnata da Giò Ponti negli anni Trenta.
L’altro aspetto, che spesso non consideriamo, è quello psicologico: fare pulizia intorno a sé.
Quante volte conserviamo, in modo quasi maniacale, ogni oggetto che ci è stato donato o che abbiamo acquistato, anche se appartiene ad un periodo da dimenticare o non serve più a nulla? Senza arrivare ad essere accumulatori seriali, molti di noi conservano in soffitta, in cantina o, semplicemente, in casa oggetti non funzionanti, donati da un o una ex. Potremmo recuperarlo, donarlo, venderlo e, invece, no, lo conserviamo con cura per un semplicissimo motivo: non vogliamo disfarci dei ricordi legati a quell’oggetto perché per noi rappresentano un pezzo di vita importante.
Vivere nel passato, senza proiettarci nel futuro, occupa inutilmente la nostra mente, ci impedisce di sfruttare ogni nuova possibilità si presenti, ci costringe a vivere con ricordi spesso dolorosi.
Siamo passati da un‘epoca in cui si riciclavano i vestiti (da un figlio ad un altro), si riparavano gli elettrodomestici perché durassero il più possibile (TV, ferri da stiro, ecc) e si risuolavano le scarpe più volte ad un’epoca in cui gli oggetti di valore appena guasti vengono rottamati, ma si conservano oggetti inutili, privi di valore economico e, spesso, dannosi dal punto di vista emotivo.
Nel libro L’arte di buttare, Nagisa Tatsumi paragona accumulare oggetti agli eccessi di cibo a tavola. Così come è nocivo mangiare più del necessario e, soprattutto, in modo errato, allo stesso modo lo è per la psiche circondarsi di troppi oggetti perché, se da un lato potremmo iniziare a provare sensazioni ostili nei loro confronti, dall’altro potremmo non riuscire a liberarcene.
Non è necessario buttarli; possiamo destinarli a qualcuno che ne abbia bisogno o conferirli a qualche mercatino di beneficienza: anche questa è una applicazione dell’economia circolare.
L’importante è disfarsi di quegli oggetti e lasciarsi alle spalle i ricordi, specie se dolorosi.

 

Sergio Motta

 

Le delizie del Piemonte conquistano Kitzbühel

Dal 13 al 16 ottobre Kitzbühel, la bella cittadina del Tirolo, si unirà in gemellaggio con la regione Piemonte per un’edizione speciale del suo tradizionale festival gastronomico. 4 giorni di festa in cui i profumi e i sapori del Piemonte invaderanno le strade della “città del camoscio” e porteranno in tavola tajarin e gröstl, tartufi e canederli, e le più preziose etichette di vino delle Langhe.

Sagra del cardo, Festa della bagna cauda e della cipolla piattellina ad Andezeno

Torna ad Andezeno la Sagra del cardo diritto bianco avorio, della cipolla piattellina denominata la bionda e della bagna cauda, prodotti locali e autoctoni del territorio, una storica ed autentica sagra di paese che si svolge da oltre 40 anni a pochi km da Torino.

L’appuntamento è per domenica 9 ottobre: durante tutta la giornata ci sarà la  mostra mercato dei prodotti tipici, cardi e le cipolle piattelline, varietà pregiate conosciute in tutto il mondo per le loro ottime caratteristiche gastronomiche, zucche ornamentali e commestibili in collezione, collezione di peperoncini in vaso e frutti, degustazione ed asporto della strepitosa bagna cauda.

Intrattenimento musicale durante la giornata, sfilata personaggi storici, fantaparco nell’area parco di Villa Simeon, parcheggi con disponibilità di navetta per gli spostamenti .

Inoltre in occasione della sagra sarà possibile visitare ed acquistare le zucche preferite nella famosa ed unica“ Casa delle Zucche”, corso Vittorio Emanuele 69, Andezeno, che da 30 anni , nella stagione autunnale viene completamente addobbata da centinaia di tipologie di zucche.

Prenotazione obbligatoria per la degustazione sul posto della bagna cauda, tel:  3288847906 .

Per informazioni  Comune di Andezeno tel 0119434204,   comune.andezeno.to@legalmail.it, www.comune.andezeno.to.it

“Il Valore della Spiritualità per l’Armonia Sociale”

IL CONTRIBUTO DELLA SPIRITUALITA’ PER UN MONDO DI PACE: TAVOLA ROTONDA IAPD

“Il Valore della Spiritualità per l’Armonia Sociale” è il tema della tavola rotonda-webinar che si terrà mercoledì 5 ottobre 2022 dalle ore 18 alle 19,30promossa dall’Associazione Interreligiosa per la Pace e lo Sviluppo (IAPD-Italia).

 

Interverranno la Psichiatra Agata Distefano; lo Psicologo Antonio Buonaiuto; il Pastore Evangelico dell’“Equippers Church” Francesco Canale; il Vescovo della Chiesa Episcopale Anglicana (A.E.C.E.) Luis Miguel Perea Castrillon; l’Imam della Grande Moschea di Roma Nader Akkad; il Direttore della Federazione delle Famiglie (FFPMU) di Torino Sergio Coscia; il Monaco Buddista Tibetano Tenzin Khentse; e la moderatrice Maria Gabriella Mieli, Relazioni Esterne UPF Italia.

Scopo di quest’evento è di favorire lo scambio e l’armonia tra le diverse forme di spiritualità e di porre l’accentosull’importanza di una profonda sensibilità ai valori dello spirito, nella vita personale, familiare e sociale” ha dichiarato Michele Cavallotto, coordinatore della sezione italiana della IAPD. “Ci preme, inoltre, coinvolgere le varie comunità delle fedi perché trasferiscano sul territorio il messaggio e lo spirito interreligioso e di pace che desideriamo lanciare con quest’incontro. Cavallotto ha continuato spiegando che prenderanno parte all’eventogiovani e studenti provenienti dalle comunità dei leaderreligiosi che interverranno. Questa rappresentanza giovanile si confronterà con i relatori sulla ricerca da parte delle nuove generazioni dei valori della spiritualità, della pace e dello sviluppo.

Carlo Zonato, Presidente di Universal Peace Federation Italia ha spiegato che “la IAPD è un progetto di UPF. Si propone di affrontare la povertà, le malattie, la violenza e la guerra favorendo il dialogo interreligioso e sostenendo la collaborazione tra le fedi con il volontariato, le istituzioni,il settore privato e la società civile. Ha proseguito affermando che i I leader religiosi sono qualificati per affrontare i problemi delle comunità e possono svolgere un ruolo efficace nella riconciliazione e nella costruzione di una cultura di pace”. Grazie alla loro autorità morale, all’enfasi sui diritti umani e sul principio che siamo un’unica famiglia creata da Dio, i leader religiosi possono fornire un insieme unico di risorse preziose per realizzare un mondo più giusto e pacifico” ha concluso.

Link per la registrazione:

https://us06web.zoom.us/webinar/register/WN_FMseyR0WRbeFsR3K1LVBVg

IGP Giandujotto di Torino, l’ok della Regione

La Giunta regionale ha espresso il proprio parere favorevole alla richiesta di riconoscimento dell’indicazione geografica protetta (IGP) “Giandujotto di Torino”, presentata a marzo 2022 dal Comitato Giandujotto Torino IGP al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e alla Regione Piemonte.

“Il Giandujotto di Torino, conosciuto in tutto il mondo, merita di essere inserito tra i prodotti certificati nazionali e comunitari, anche perché espressione di due eccellenze della nostra gastronomia dolciaria, il cioccolato e la Nocciola Piemonte Igp, prodotto già riconosciuto a livello comunitario”, dichiara il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.

“Il provvedimento di oggi è un primo fondamentale passaggio affinché il Giandujotto di Torino, il cioccolatino storico simbolo della produzione dolciaria di Torino e del Piemonte, sia riconosciuto come prodotto Igp nazionale – sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura e cibo, Marco Protopapa – La Regione da sempre è impegnata a tutelare e valorizzare le produzioni agroalimentari di qualità e a sviluppare e potenziare il legame tra i prodotti ed il territorio”.

La richiesta di riconoscimento è stata condivisa nei mesi scorsi con il Tavolo regionale per la qualità agroalimentare consultato dall’Assessorato regionale all’Agricoltura e Cibo, al quale partecipano le organizzazioni degli agricoltori, i consorzi di tutela e tra questi il Consorzio per la tutela della Nocciola Piemonte Igp, le organizzazioni degli artigiani e i rappresentanti dell’agroindustria.

Alla stesura della documentazione necessaria alla presentazione della domanda hanno colaborato anche l’Università di Torino e il Laboratorio chimico della Camera di commercio di Torino.

La proposta del disciplinare di produzione del Giandujotto di Torino Igp prevede che possa essere prodotto in tutto il territorio regionale ed è elemento caratterizzante l’utilizzoesclusivo della Nocciola del Piemonte IGP tostata.

Il parere favorevole della Regione verrà trasmesso al Ministero competente al fine di poter proseguire nell’iter di riconoscimento.

Torino si è aggiudicata i campionati europei di magia del 2024, insieme ai mondiali del 2025

Torino ha vinto l’assegnazione dei campionati europei di magia del 2024, insieme a Saint Vincent e dei mondiali del 2025, che avranno luogo presso il Centro Congressi del Lingotto, a seguito della candidatura realizzata da Masters of Magic, con il supporto di Turismo Torino e Provincia.

“Siamo orgogliosi – sottolinea Marcella Gaspardone, manager di Turismo Torino – di aver contribuito all’acquisizione di questi prestigiosi campionati attraverso la nostra competenza in ambito congressuale. La nostra mission è,  infatti, quella di promuovere la città e il suo territorio quale sede di congressi, mettendo gratuitamente a disposizione  i nostri servizi per le associazioni nazionali e estere, per tutti gli organizzatori di eventi, e fornendo, altresì, un contributo economico grazie alla Camera di Commercio di Torino.

Per la prima volta Torino, e l’Italia, si aggiudicano entrambe le manifestazioni che porteranno nella città  ottomila maghi da novanta Paesi e più di 250 giovani talenti internazionali in competizione.

La ricaduta economica viene stimata superiore agli 11 milioni di euro, con più di 45 mila spettatori dal vivo e, per chi proviene da fuori Torino, si calcola una permanenza media a testa di sei notti in hotel o bed & breakfast, con una spesa quotidiana di 135 euro.

Nel 2023 vi sarà la ventunesima edizione della Convention Mondiale di Masters of Magic, che dal 2019 si svolge annualmente a Torino.

Dall’11 al 14 maggio 2023 i migliori artisti del mondo si raduneranno nella capitale sabauda per inventare nuovi prestigi e condividere le nuove creazioni magiche, partecipando a workshop esclusivi e dando vita a spettacoli straordinari.  Cornice di questi spettacoli sarà il teatro Alfieri in cui si terranno i Gran Gala show aperti al pubblico che verranno replicati sei volte per soddisfare le tante richieste.

Questo sarà il punto di partenza di tre anni in cui la città diventerà la capitale mondiale dell’illusionismo, come racconta il CEO e fondatore di Masters of Magic Walter Rolfo

“È  un grande onore portare a Torino il meglio del meglio della magia mondiale – spiega Walter Rolfo –  L’obiettivo è  quello di trasformare tutta la città nel castello di Hogwarts, con spettacoli diffusi sul territorio. Si tratta di un gigantesco festival a cielo aperto che permetta a tutti, maghi, turisti e cittadini, di vivere una settimana magica e al tempo stesso indimenticabile”.

Mara Martellotta

Il design giovane protagonista a Expocasa

Oggi è iniziata la 59^ edizione di Expocasa.


Accanto alle grandi firme, nell’area dedicata al Design, è  presente uno stand allestito da giovani designer neolaureati presso lo IAAD di Torino in Interior design.

Sono esposti sei elementi di arredo unici ideati con entusiasmo e professionalità e realizzati in collaborazione con aziende ed artigiani del territorio. VARIETY Lab è il nome dello spazio che accoglie i loro prodotti.

Oggetti funzionali e al tempo stesso originali  e ad impatto estetico ed innovativo: Tasc-table, Nomade, Galaverna, Smontò,  κῦμα, Lègàmi sono i nomi delle creazioni dei giovani designer.

“Si va da un innovativo tavolino con una “tasca” dove inserire i propri oggetti (cellulre, portafoglio, chiavi), – spiega il giovane designer Federico Botta –  a uno sgabello composto da tre cilindri cromati,  ad uno zaino che si trasforma in un armadio per una società in continuo movimento, un paravento che diventa un arredo artistico da parete, una lampada da tavolo che è quasi un leggio, un tavolino leggero e sfumato come la nebbia”.

Variety Lab è una scommessa, è un modo
per iniziare mettendosi in gioco. Ogni elemento esposto è il frutto del lavoro eseguito all’interno del corso di progettazione integrata di prodotto.

 

Le nuove frontiere della telepatia

E’ sempre più verosimile che la facoltà telepatica sia prossima a essere realizzata grazie alle nuove tecnologie.

È comunemente ammesso che nel campo della ricerca psichica siamo solo alle soglie della scoperta: il prossimo secolo rivelerà meraviglie che vanno ben al di là di tutto quel che, fino ad ora, è stato svelato. L’indagine scientifica sullo spirito, la cui natura è stata a lungo discussa solo da punti di vista religiosi e metafisici, è ora considerata da pensatori avanzati non solo come praticabile, ma di fronte a un interesse in costante crescita, come imperativa.
Le esperienze trascendentali non sono più considerate allucinazioni. Si ritiene che le facoltà parapsicologiche siano insite nella personalità umana; non dobbiamo smettere di cercare sue nuove espressioni fra le facoltà osservate talvolta nell’essere umano, in particolare quelle della telepatia e dell’intercomunicazione spirituale.
Nel suo senso più ampio, la telepatia, l’azione dello spirito a distanza, implica un potenziale rapporto mentale o psichico tra esseri umani dentro o fuori dal corpo. Di questa comunicazione di spiriti incarnati, o con amici disincarnati contattati attraverso i meccanismi della seduta spiritica – non ci sono ancora prove convincenti.
Tuttavia, più di uno studioso ritiene che la facoltà telepatica sia, da sempre, in via di sviluppo tra gli uomini, che sia evolutiva e addirittura cosmica, cioè che si estenda nell’universo ovunque ci siano esseri senzienti che rispondono telepaticamente e ricevono le vibrazioni trasmesse. Gli agenti percipienti su questo pianeta possono a loro volta essere reciprocamente impressionati dal mondo trascendentale attraverso il mezzo di vibrazioni simili che trasmettono pensieri, sentimenti, simpatie, ammonizioni, ispirazioni.
La distanza non costituirebbe una barriera alla comunicazione subliminale; l’’azione telepatica potrebbe non essere prerogativa dell’essere umano, ma anche insita e caratteristica della natura animale e vi sono scienziati che provano a dimostrare la veridicità di queste teorie paragonando il nostro cervello ad un computer, provando ad inserirvi alcuni microchip, utilizzandoli per raccogliere dati e provare a trasmetterli a distanza con la sola forza del pensiero.
In pratica i microchip impiantati nel nostro cervello potrebbero, un giorno, fornire agli esseri umani un’interfaccia del tutto simile a un computer posizionato nella nostra testa, il che rappresenterebbe un’importante conquista evolutiva per la specie. A sua volta, questo dispositivo sarebbe in grado di stabilire comunicazioni e leggere informazioni dai dispositivi che utilizziamo ogni giorno, in quello che sarebbe un vero e proprio scambio di dati avvenuto telepaticamente.
Anche se la telepatia, ancora oggi, è appannaggio di prestigiatori e mentalisti che, per quanto bravi a mostrare la loro capacità a trasmettere idee a distanza, utilizzano comunque uno o più trucchi, eppure, in alcuni laboratori la possibilità che, indossando apposite attrezzature miniaturizzate il nostro cervello possa trasformarsi in una sorta di radio trasmittente viene sperimentata, ottenendo risultati sempre più promettenti.
Il chirurgo cerebrale Eric Leuthardt dell’Università di Washington utilizza quotidianamente questa metodica, cercando di comprendere quale possa essere il limite del nostro encefalo, nella trasmissione del pensiero a distanza, cercando di superarlo utilizzando sofisticate tecnologie, oggi finalmente a disposizione.
Il lavoro di Leuthardt consiste nel comprendere e analizzare le limitazioni del cervello e il modo in cui potremmo usare la tecnologia per superare i suoi svantaggi.
Il chirurgo ha affermato in una recente intervista al MIT Technology Review come i chip impiantati nel nostro cervello potrebbero un giorno dotare gli esseri umani di un’interfaccia simile a un computer, il che rappresenterebbe un importante traguardo evolutivo per la specie, la cui data ipotetica per raggiungerlo è stata ipotizzata intorno al 2038.

Per conseguire tale obbiettivo è necessario disporre di tecniche di miniaturizzazione dei componenti da inserire nell’organismo, nel caso in questione nel cervello, facendo sì che venga ad avverarsi una delle tante intuizioni visionarie anticipate da un film dal titolo “Viaggio allucinante” in cui è ipotizzata una tecnica in grado di permettere di ridurre a dimensioni ultramicroscopiche un qualunque materiale o oggetto, compresa una equipe di operatori umani per poterli inserire all’interno di un organismo con il compito di distruggere, con un laser, un embolo cerebrale.
Il film è avvincente e non mancano i colpi di scena; nel 1966, quando uscì nelle sale, era fantascienza pura, ma oggi siamo molto vicini a realizzare quanto visto oltre mezzo secolo fa.
Attualmente le possibilità offerte dalla nanotecnologia avanzata promettono possibilità apparentemente infinite e potenziali applicazioni illimitate, utilizzando una serie di nuove funzionalità per mezzo di piccolissime nanostrutture come i nanocavi e i nanomateriali (tutti decine di migliaia di volte più sottili di un capello umano).
Il dottor Leuthardt, in collaborazione con tecnici informatici, è in procinto di realizzare un dispositivo che può essere innestato nel cervello nel modo meno invasivo possibile, permettendo ad una apposita attrezzatura di diventare un’efficace interfaccia cervello-macchina.
Molte difficoltà dovranno essere ancora superate, non ultima quella del reperimento di capitali, ma la via è segnata, è sempre più alla portata degli scienziati una vera e propria integrazione neurale che ci permetterà di comunicare con le macchine senza ingombranti macchinari e, forse, di trasmettere informazioni a distanza e, di conseguenza, poter leggere nella mente delle persone, con tutto quello che può conseguire.
Questi studi complessi dimostrano che scienza e tecnologia sono prive di limiti.
La sperimentazione a cui siamo chiamati è letteralmente illimitata, una sfida che, come tutti i muri da superare che l’umanità si è trovata di fronte, impensierisce e affascina ma, come sempre, supera l’immaginazione per condurci davvero a realizzare, seppure con artefatti protesici miniaturizzati innestati nell’organismo, ma con buone probabilità di riuscita, per tutti la telepatia.

Rodolfo Alessandro Neri

Sua Maestà il fungo porcino di Giaveno

41ª EDIZIONE PER LA MANIFESTAZIONE CHE ESALTA IL PRODOTTO DELLA MAGIA DEI BOSCHI

In Val Sangone ci sono segreti custoditi meglio che al Pentagono: non sono informazioni militari, ma le coordinate dei posti in cui nascono i funghi, tramandate di padre in figlio con il divieto assoluto di rivelarle a persone estranee alla famiglia. Dietro il terzo castagno, di fianco a quel preciso tappeto di muschio, sotto quell’altro preciso ciuffo di erica: ricordi di infanzia, imprinting fin da bambini, conoscenza e cura del bosco.

Il fungo è stato scelto ormai da quarant’anni come il prodotto tipico di eccellenza di Giaveno, che ama definirsi la sua “capitale”.

L’edizione di “Fungo in festa” che si svolge dal al 9 ottobre è infatti la 41ª volta per la manifestazione enogastronomica, e ha ottenuto dalla Regione Piemonte il titolo di Fiera regionale, cosa che le consente di essere pubblicizzata ancor più sui vari canali ufficiali.

Il possesso dei requisiti ha permesso di entrare nel “club” delle fiere più famose, accanto alla Sagra del Peperone di Carmagnola e alla Fiera del Tartufo di Alba, per citare le più famose e vicine.

Giaveno è l’unica città piemontese ad avere una fiera regionale dedicata al fungo.

“Stiamo lavorando molto sul prodotto fungo affinché diventi davvero il nostro marchio caratteristico e faccia distinguere e riconoscere la nostra Città – afferma il Sindaco, Carlo Giacone – Il riconoscimento regionale è il punto di approdo di tanto lavoro svolto in passato, ma anche il punto di partenza per obiettivi e traguardi ancora più alti. Abbiamo un prodotto di eccellenza che deve essere valorizzato sempre più, in modo da diventare volano di sviluppo economico e attrattiva per i nuovi tipi di turismo”.

Non ha bisogno di pubblicità in sé il fungo locale, da qualche secolo bontà venduta a Torino proprio con quel titolo, “porcino di Giaveno”, sottintendendo la provenienza fatta di castagneti, di acque, di odori, di muffa, di magia della crescita improvvisa e di fatica della ricerca ostinata. L’umido di rugiada, il terreno dalla consistenza morbida, il canto degli uccelli e i colori autunnali si aggiungono a comporre un quadro completo che coinvolge nella ricerca tutti i sensi. E diventa anche ricerca spirituale.

Magia: perché i funghi non nascono, non crescono: loro spuntano. A volte dalla notte alla mattina. Come non pensare a fate, gnomi e forse anche masche quando ci troviamo davanti alla perfezione di un porcino sano, con la sua consistenza così speciale e quel profumo penetrante, spuntato laddove ieri non c’era?

I bulajur sono persone strane: si svegliano all’alba e si fiondano nei boschi, con qualsiasi tempo atmosferico, magari persino prima di andare al lavoro. Figure nere, al buio, con pastrani vari, alcuni incappucciati, si muovono con fare cospiratorio nei boschi, in compagnia soltanto di bastoni. Sono silenziosi e circospetti, cercano la solitudine assoluta, cambiano strada quando incontrano un loro simile: sembra la trama di un film horror.

Qualcuno, negli anni d’oro, prendeva le ferie proprio in autunno, per dedicarsi alla ricerca. Altri ne hanno fatto in un certo senso lavoro, anche numerose donne. Può essere una passione smisurata, è stata anche una grandissima risorsa economica.

Perché il fungo di Giaveno è così rinomato? Semplice: perché è davvero buono. Perché i boschi sono generosi: certo, dipende dall’annata, ma la particolare combinazione di terreno, componente arborea, esposizione fa della Val Sangone un territorio speciale per la crescita dei funghi, in particolare dei porcini.

Nell’Atlante dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali del Piemonte (PAT) nella categoria “Funghi delle vallate piemontesi” si legge: “I funghi venduti e ricercati al mercato di Giaveno sono perlopiù porcini: chiaro, moro o estivo a seconda della stagione. Sulla piazza giavenese si vendono anche le “garitule”, in italiano i finferli, le “famiole”, in italiano chiodini, e il mùtun, in italiano grifola frondosa”.

I porcini sono rinomati da secoli, e sono denominati Fungo Porcino di Giaveno per distinguerlo da quelli di altra provenienza che non hanno le stesse caratteristiche organolettiche. In archivio comunale è conservata una ricevuta del 1628, a pagamento di una ragazza di Giaveno che aveva portato funghi alla famiglia Savoia, in particolare per un banchetto dedicato a Madama Reale ospite presso il Palazzotto Abbaziale, ottenendo in pagamento una mezza doppia di Spagna. Nell’Ottocento ci fu il massimo di sviluppo coni primi copiosi carichi destinati a Torino e il mercato di via della Breccia, a fianco del parco comunale, poi spostato in piazza Molines.

La piazza: quel posto in cui, in autunno, si svolge un dramma teatrale a base di fungo. Venditori e acquirenti si impegnano nella gara a chi ne sa di più, a chi predice il tempo, a chi trova l’esemplare più bello, più grande o più curioso. Discutono, litigano, fanno pace. Un’opera a ingresso gratuito.

Il mercato negli anni è stato regolamentato. Innanzitutto, i venditori devono aver seguito corsi appositi per il riconoscimento dei funghi, a garanzia della sicurezza dei compratori. C’è anche un micologo esperto, in convenzione con l’Unione dei Comuni Montani Val Sangone e con l’Asl, che certifica la commestibilità a tutela di entrambe le parti (e offre anche gratuitamente consulenze ai privati). I bulajur devono pure dichiarare che il fungo è di provenienza locale: questo per scoraggiare il fenomeno dell’acquisto in blocco di funghi provenienti dai paesi dell’Est Europa che purtroppo in passato ha scatenato ridde di polemiche e multe.

Tutti i venditori sono stati dotati di uguali tavoli e ombrelloni gialli da parte della Città di Giaveno, in modo da dare un colpo d’occhio riconoscibile e rassicurare i compratori su serietà, organizzazione, coesione e qualità del mercato.

L’anno scorso è stato anche pensato un cestino ecologico, in cartoncino, con alla base una mappa del territorio.

Il fungo, prodotto di eccellenza intorno al quale si costruisce l’identità enogastronomica della città di Giaveno e della sua valle, è il punto di riferimento per la costruzione di un mondo di sapori autentici in cui sono contemplati anche il pane (con la manifestazione Giaveno Città del Buon Pane, a inizio settembre), la patata di montagna biologica (con la manifestazione dedicata a fine settembre), il miele, i formaggi e il cioccolato e recentemente anche il vino.

Manca ancora un’industria di conservazione e con essa la possibilità di allargare il periodo in cui i turisti cerchino Giaveno per la carta a base di funghi. Forse perché quando ci sono, i porcini finiscono subito nei piatti e nei congelatori, e non ce ne sono abbastanza per pensare di metterli via in altra maniera.

A proposito di menù: i ristoratori sono l’anima della festa, con menù dedicati, e da qualche anno si organizza anche nella giornata conclusiva della manifestazione uno spettacolo di show cookingcon cuochi stellati che preparano in piazza le loro prelibatezze a base di porcini.

L’anno scorso hanno partecipato alcuni cuochi torinesi, Matteo Baronetto, chef del ristorante “Del Cambio”, originario di frazione Selvaggio e con un padre bulajur esperto, e Alessandro Mecca, chef di Spazio 7, cresciuto in Val Sangone, entrambi con una Stella Michelin. Accanto a loro, Cesare Grandi del ristorante “La Limonaia” e il Sommelier Enrico Baronetto, Restaurant director Alain Ducasse at The Dorchester.

La Pro loco è presente in piazza con menù degustazione a prezzi popolari. Un altro modo per attirare ancora più persone: quest’anno bruschetta ai funghi porcini trifolati; pizza ai funghi porcini; pasta al sugo di salsiccia e funghi.

Nel tempo sono arrivate altre novità, a costruire intorno al fungo occasioni che durino al di là della presenza fisica di Sua Maestà il Porcino.

Da tre edizioni durante la Festa si svolge un convegno sul tema del fungo nella nutrizione, nella natura, nella salute, in cucina. Un modo per rendere culturale un momento enogastronomico.

È del 2021 la prima edizione di “Alla ricerca del fungo misterioso”, una caccia al tesoro per trovare i 24 cartelli segna-fungo posizionati su quattro sentieri: un modo per conoscere, in sicurezza, valloni da recuperare a un turismo lento, di prossimità e ambientale come di moda dopo il lockdown (e meno male). Negli ultimi anni, nelle giornate della Festa si organizzano passeggiate guidate alla scoperta del territorio.

L’Unione Montana ha predisposto anche un voucher giornaliero per la raccolta dei funghi, che funziona come quello per i parcheggi. Si acquista nei locali convenzionati e presso l’Ufficio Turistico, e il giorno del suo utilizzo si gratta data e orario. Permette così anche a chi non vuole fare la tessera per tutta la stagione di poter raccogliere i funghi con la sicurezza di aver pagato la propria quota e di evitare le multe.

Infine, visitabile su richiesta presso l’Ufficio Turistico, è allestito in via Stazione il Museo del Fungo che fornisce al visitatore le informazioni sul prodotto principe di Giaveno e della valle.

Aggiornamenti e info sul sito www.visitgiaveno.it