LIFESTYLE- Pagina 188

Vintage, ristorante stellato torinese scelto per la qualità e non per la stella

Di Augusto Grandi

Forse, la stella della ristorazione, servirà ai turisti ricchi che arrivano per la prima volta in una città e pensano di mangiar bene laddove la compagnia di giro dei critici enogastronomici ha decretato che la cucina sia di alto livello e di alto costo.

Ma la clientela abituale del Vintage, a Torino in piazza Solferino, se ne frega ampiamente del riconoscimento assegnato dalla guida rossa. Si sceglie il Vintage per Umberto Chiodi Latini. O meglio, per la cucina del suo ristorante perché lui, Umberto, ha il carettere non proprio facile della montagna lombarda. Però ci si può convivere decentemente, a patto che anche il cliente abbia il medesimo carattere…

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Vintage, ristorante stellato torinese scelto per la qualità e non per la stella

Obicà Mozzarella Bar ora anche a Torino

Il concept di stile e condivisione delle eccellenze gastronomiche,  nel nord apre qui dopo Milano

 

Obicà Mozzarella Bar è il gruppo portavoce dell’autenticità e della genuinità dei migliori prodotti italiani nel mondo e conta, ad oggi, 23 ristoranti tra Italia ed estero, dall’atmosfera cosmopolita e conviviale. Da Milano a Palermo, da New York a Tokyo, l’emblema del Brand è la Mozzarella di Bufala Campana DOP. In dialetto napoletano Obicà significa “Eccolo qua!” ed è un’espressione usata per indicare qualcosa di sorprendente, proprio come una Mozzarella, morbida, saporita, da gustare nelle sue infinite declinazioni. con l’obiettivo di offrire ai clienti un’esperienza di lusso accessibile a tutti.  L’insegna di ristorazione portavoce dell’autenticità e della genuinità dei prodotti italiani con un approccio conviviale e cosmopolita, sbarca a Torino con il suo primo locale in un luogo esclusivo al piano terra dello store di Rinascente Torino, in Via Lagrange, punto di riferimento del buon gusto, dello stile e dei nuovi trend.

L’eleganza e l’apertura mentale ad accogliere nuovi progetti sotto la mole, dunque, soprattutto nelle espressioni gastronomiche e della ristorazione in genere, sta diventando un elemento di attrazione per gli imprenditori italiani del settore.

“Siamo lieti di dar seguito al nostro consolidato rapporto con Rinascente – afferma Davide Di Lorenzo, CEO di Obicà Mozzarella Bar – che unisce da ormai quindici anni due realtà accomunate da valori quali l’italianità, l’amore per la tradizione e la costante ricerca di tendenze che possano soddisfare i desiderata del pubblico. La scelta di una città come Torino è poi dettata dalla nostra volontà di proiettare Obicà verso il futuro pur mantenendoci saldi alla tradizione. Infatti, nonostante il capoluogo piemontese sia una città storica caratterizzata da importanti echi artistici, è comunque una piazza viva e cosmopolita che ben si presta a sposare la nostra visione.”

Dalla colazione alla cena, in un ambiente delicato, riservato ma anche famigliare, dove mangiare bene e con piacevolezza ne potrà gioire anche il portafoglio. La pizza, leggera e croccante, lievitata 48 ore e impastata con farine non raffinate e provenienti da selezionati molini italiani, è condita e presentata in maniera colorata e ragionata con le eccellenze del nostro territorio, edulcorate ed esaltate dalla regina dei piatti proposti che è la mozzarella; il piatto degustazione con tutte le mozzarelle – e le varie declinazioni – senza alcun tipo di aggiunta, proprio per gustarne appieno le caratteristiche ( la mozzarella di bufala affumicata la consiglio vivamente). Spazio anche alle zuppe e a piatti vegetariani, curati nella lavorazioni e attenti alle varie esigenze della clientela.

La curiosa unione fra le novità del life style di moda e beauty, delineata da sempre dal gruppo Rinascente, e la modernità negli ambient dove si esprime la tradizione italiana nei piatti preparati da Obicà, fa sì che la città – almeno nel settore della ristorazione e della gastronomia – possa proseguire e rafforzare il trait union fra Torino e il resto d’Italia in uno scambio di riflessioni e progetti da  condividere.

Obicà Torino è aperto tutti i giorni dalle 8:30 alle 00:00. Da gennaio a marzo, il lunedì, il martedì e il mercoledì la chiusura sarà anticipata alle 22:30.

 

Chiara Vannini

La nuova edizione della Guida per l’Enoturista di Go Wine

830 cantine selezionate, 8 Premi Speciali, 251Impronte Go Wine

CANTINE D’ITALIA 2023

per coloro che ritengono che il vino valga un viaggio

Un invito a camminare l’Italia del vino

 

È uscita la nuova edizione 2023 di Cantine d’Italia, la Guida per l’Enoturista a cura di Go Wine.

L’evento di presentazione e premiazione si è tenuto giovedì 1 dicembre a Milano presso l’Hotel Melià, alla presenza di un folto pubblico di giornalisti, rappresentanti di cantine selezionate nel volume, enoappassionati.

Cantine d’Italia 2023 si presenta con 830 cantine selezionate, 251“Impronte d’eccellenza” per l’Enoturismo, oltre 4.550 vini segnalati, circa 1.600 indirizzi utili per mangiare e dormire.

Si tratta di una Guida alle Cantine, con una sua identità specifica, non è una Guida tradizionale ai vini.

Una Guida pensata per i turisti del vino, invita a camminare l’Italia del vino,racconta e scrive di vino partendo dalla “Cantina”. Ovvero la Cantina come luogo dove uomini e donne del vino operano e progettano il loro lavoro, dove sono portatori di storie e tradizioni familiari, oppure di più recenti investimenti.

La Cantina che, nel corso degli anni, è diventata a pieno titolo un luogo di promozione del territorio, perché invita al viaggio e comunica con la sua realtà un’identità territoriale fatta di tutto quanto ruota attorno: il paesaggio, i vigneti, la tradizione del luogo, i borghi.

Una Guida che cresce in ogni edizione in sintonia con il crescente interesse verso il tema della narrazione che affascina sempre di più il variegato mondo degli appassionati.

Raccontando la cantina, si raccontano le vicende che stanno attorno al vino e aiutano meglio a comprendere il profilo di ogni realtà e ovviamente i vini che ciascuna cantina esprime.

Una Guida che pertanto non vuole rivolgersi soltanto ai “super appassionati”, ma che intende essere un’occasione per generare cultura a favore del vino e dei suoi territori. E per far riflettere sull’importante ruolo che la viticoltura italiana sta svolgendo a favore della bellezza e della valorizzazione di tanti territori.

Una Guida edita da Go Wine e che mantiene inalterata la sua mission: promuovere la grande accoglienza italiana in cantina e comunicare anche attraverso un volume l’identità dell’associazione.

«Vi è un obbiettivo di fondo che anima questa Guida dichiara Massimo Corrado, presidente di Go Wine e direttore editoriale – raccontare attraverso l’Italia del vino una bella idea d’Italia, uno dei volti più belli del nostro Paese. Vigneto e vino ci conducono in ogni regione, in tantissimi siti ed angoli del Paese. La cantina è la meta, il luogo animato dove storie di vini e persone si intrecciano, dove il vino è la chiave per ascoltare il racconto di un luogo, di una terra, respirandone le atmosfere».

Il volume si apre con tre “Finestre sul vino”, interventi introduttivi a cura deigiornalisti Armando Castagno, Andrea Grignaffini e Luca Ferrua (Direttore de Il Gusto); Castagno e Ferrua hanno partecipato all’evento di presentazione della Guida a Milano conversando con Massimo Corrado, presidente di Go Wine e curatore del volume, nel dibattito moderato da Antonio Paolini.

Sempre all’insegna del tema del racconto, e rinnovando un’impostazione già praticata nelle precedenti edizioni, il volume si apre con dieci interviste a uomini e donne del vino, esponenti di cantine selezionate in Guida. Si tratta di: Romano Dogliotti, Caudrina (Piemonte), Vio Giobatta, Bio Vio (Liguria), Willi Stuerz, Cantina Tramin (Alto Adige), Sandro Tasoniero, Sandro De Bruno (Veneto), Giuseppe Rigoli, Fattoria Ambra (Toscana), Carla Fiorini, Fiorini (Marche), Fabrizio Santarelli, Castel de Paolis (Lazio), Elena Fucci, Elena Fucci (Basilicata), Pasquale Iuzzolini, Iuzzolini (Calabria), Lidia e Pietro Colosi, Colosi (Sicilia).

Nelle sue linee generali il volume si presenta come un articolato repertorio di cantine, presentate in ordine alfabetico per regione, ricco di dati e riferimenti. Un repertorio che si aggiorna in ogni edizione, con nuovi inserimenti ed alcune esclusioni. E con 11 cantine che ottengono per la prima volta il riconoscimento de L’Impronta.

Da nord a sud si tratta di: Cascina Alberta (Piemonte), L’Astemia Pentita(Piemonte), Kettmeir (Alto Adige), La Tordera (Veneto), Gigante (Friuli Venezia Giulia), Pakravan Papi (Toscana), Tenuta Argentiera (Toscana), Tenute Silvio Nardi (Toscana), Sant’Andrea (Lazio), Emidio Pepe (Abruzzo), Conti Zecca (Puglia).

Sono in totale 251 le “Impronte Go Wine” nell’edizione 2023: esse rappresentano un segno di “eccellenza” nel campo dell’Enoturismo nazionale e costituiscono una sorta di segno ideale che Go Wine attribuisce alle cantine che hanno conseguito un alto punteggio nella valutazione complessiva su sito, accoglienza e profilo produttivo.

Si tratta dei tre fattori su cui si compone la presentazione delle singole cantine e su cui si definisce una loro valutazione.

Sito: il luogo ove si trova la cantina, guardando anche alla cantina medesima dal punto di vista architettonico; ma anche sito da intendersi come il patrimonio complessivo di vigneti di cui dispone la cantina.

Accoglienza: la vocazione della cantina ad aprirsi all’esterno al pubblico con una parallela attività, sia in ambito recettivo: agriturismo, B&B o ristorazione, sia svolgendo iniziative culturali che si rivolgono al mondo esterno.

Vino: il profilo produttivo dell’azienda valutato nel tempo, al di là dell’esito di una singola vendemmia; tenendo conto del carattere della produzione, della eccellenza di alcune etichette, della particolare cura verso specifiche tipologie di vini.

Nella speciale classifica per regioni che ogni anno si aggiorna, si conferma ai vertici la Toscana con 53 impronte, seguita da Piemonte (44) e Veneto (35).

Sono 16 nella edizione 2023 le Cantine che raggiungono il vertice delle Tre Impronte Go Wine. Il parterre comprende:

Badia a Coltibuono (Toscana); Bellavista (Lombardia); Ca’ del Bosco (Lombardia); Capezzana (Toscana); Castello

Vicchiomaggio (Toscana); Ceretto (Piemonte); Donnafugata (Sicilia); Feudi di San Gregorio (Campania); Ferrari (Trentino); Florio (Sicilia); Fontanafredda (Piemonte); Lungarotti (Umbria); Malvirà (Piemonte);Masciarelli (Abruzzo); Planeta (Sicilia); San Felice (Toscana).

Per la quarta edizione consecutiva, la Guida presenta i “Percorsi Autoctoni”: con il simbolo dell’acino in carrozzina (legato al tour di Autoctono si nasce di Go Wine in Italia) vengono segnalate cantine che hanno condotto nel recente periodo un lavoro di ricerca e attenzione a favore di vitigni autoctoni, con un occhio di riguardo da parte della Guida verso quelli rari o comunque meno conosciuti. Il simbolo va infatti ad evidenziare un’altra caratteristica del volume: quella di dare voce, attraverso la narrazione di tanti vignaioli, anche al loro impegno a favore della viticoltura di territorio. La selezione che si ricava rappresenta un panorama davvero straordinario di vitigni e di vini.

La Guida assegna infine 8 “Premi Speciali”: intendono porre in evidenza alcuni temi della Guida e attribuire riconoscimenti a cantine che hanno raggiunto particolari livelli di eccellenza in determinati ambiti.

Ecco la sequenza dei premi speciali di Cantine d’Italia 2023:

Premio “Alto Confort” per il Relais aziendale dell’anno:

Palas CerequioMICHELE CHIARLO (Calamandrana, Piemonte);

Premio “Cantine Golose” per la Tavola aziendale dell’anno:

Giardino L’Olivella L’OLIVELLA (Frascati, Lazio);

Premio “Cantine Meravigliose” per l’EnoArchitettura dell’anno:

CASTELLO DI SPESSA (Capriva del Friuli, Friuli Venezia Giulia);

Premio Enocultura:

Museo della Civiltà del Vino Primitivo PRODUTTORI DI MANDURIA (Manduria, Puglia);

Premio “Autoctono si nasce”:

Lambrusco di Sorbara RadicePALTRINIERI (Sorbara, Emilia Romagna);

Premio “Buono…non lo conoscevo!”:

Toscana igt Rosso Colorino del Corno TENUTA IL CORNO (San Casciano Val di Pesa, Toscana);

Premio “Vini Storici d’Italia”:

Montepulciano d’Abruzzo EMIDIO PEPE (Torano Nuovo, Abruzzo);

Premio “Gioacchino La Franca”, riconoscimento della Community dei soci Go Wine per l’esperienza in cantina dell’anno: TENUTA SANT’ANTONIO(Mezzane di Sotto, Veneto).

La Guida Cantine d’Italia 2023 è edita dall’associazione Go Wine e nasce da un’idea di Massimo Corrado che ne cura il coordinamento e la direzione editoriale. Conferma l’impegno dell’associazione volto ad affermare, anche attraverso la Guida, i principi ispiratori dell’attività associativa. La redazione Go Wine cura la redazione di tutto il volume e del repertorio delle cantine selezionate, con i contributi e le segnalazioni di giornalisti e delegati Go Wine in Italia.

Le 830 cantine presenti nel volume sono state scelte in base all’esperienza diretta.

Per ogni cantina una pagina ricca di notizie: dall’anagrafica aziendale ai dati sulla produzione, ai referenti interni da contattare; dai giorni e gli oraridi visita alle informazioni stradali; dal racconto delle suggestioni che la cantina e il suo contesto offrono al visitatore a una serie di utili appunti sui vini aziendali con indicazione del vino top e degli altri vini da conoscere.

Ogni cantina è presentata attraverso una valutazione in stelle (su scala 5), suddivisa nei tre aspetti che sono ritenuti rilevanti dalla Guida: il sito, l’accoglienza e i vini.

Resto confermato lo spirito dell’opera: spingere l’appassionato a viaggiare per conoscere il fascino del territorio del vino italiano attraverso il racconto di molti suoi interpreti d’elezione.

Il nuovo “Zabà” del maestro gelatiere Alberto Marchetti

SULLA TAVOLA DELLE FESTE

Lo zabaione è una preparazione che vanta parecchi secoli di storia. Tuttavia, come accade per molte ricette il cui ricordo si perde nei secoli e sulla sua origine sono sorte molte leggende. La tradizione affermata sostiene  che la ricetta sia stata introdotta nel XVI secolo a Torino: chiamata inizialmente crema di San Baylon, sarebbe divenuta in seguito semplicemente Sambayon per ricordare il francescano san Pasquale Baylòn, santo protettore di cuochi e pasticceri. Lo zabaione –  noto anche come zabajone o zabaglione –  è una crema dolce e spumosa a base di uova (tuorlo), zucchero e vino liquoroso.  Diede origine, in Italia, a noti liquori come il Vove lo Zabov, entrambi marchi registrati. La ricetta è oggi diffusa in molti luoghi, legandosi ai diversi vini liquorosi tradizionali (Porto, Marsala, Moscato)  ma solo dal 2015 è rientrato tra i prodotti agroalimentari tradizionali piemontesi.

Per queste feste ( ma non solo) il famoso maestro gelatiere Alberto Marchetti, ha dato vita a una nuova linea di sei nuove diverse referenze di creme spalmabili o, ancora meglio, da gustare a “cucchiaio” a partire dalla ricetta classica dello zabaione, i vasetti ” zabà” , già noti ai torinesi ma rinnovati nell’aggiunta di alcuni liquori tradizionali torinesi e piemontesi.

 Ideale da accompagnare ai dolci tipici delle festività natalizie, lo zabà si rivela utile e pronto all’uso: si può, infatti, scaldare al microonde o a bagnomaria così da berlo direttamente nel bicchiere. Oppure, a temperatura ambiente, è perfetto per arricchire creme o panna montata; o, ancora, è possibile congelarlo così da trasformarlo in un vero e proprio gelato. Proprio a proposito di gelato, abbiamo intervistato Alberto Marchetti per farci raccontare qualche segreto in più sui motivi dei successo di queste dolci chicche :

In che modo lo zabaione può raccontare Torino?

 

 Lo zabaione è una delle ricette più tipiche della cucina piemontese, una crema dolce a base di tuorli d’uovo, zucchero e marsala da accompagnare con ogni genere di biscotto e, perchè no, con il gelato, da versare su una fetta di pandoro o arricchire con la panna. Molte leggende sullo zabaione fanno risalire l’origine della sua creazione a Torino. Da qui, e dalla mia passione per le cose semplici e genuine, è nato Zabà, la dolcissima linea tutta dedicata allo zabaione.

Qual è stata l’idea, per un gelatiere – marketer come te , ad aver pensato a un prodotto come Zabà? 

 

Esattamente come per il mio gelato, anche per Zabà utilizzo pochi ingredienti ma selezionati con cura. Le uova sono fresche di galline felici allevate a terra dell’azienda Fantolino. Lo zucchero è italiano al 100% di Italia Zuccheri e la ricetta è quella tramandata dai pasticceri langaroli, quella con il Marsala, e la tradizione è quella torinese, quella a cui sono molto legato. Nel pensare a questa ” galuperie” , ho ragionato su un concetto a me molto caro: la bontà è disarmante. Per questo, il progetto Zabà nasce tra le colline dell’Eremo, a Pecetto Torinese, insieme a un gruppo di ragazzi diversamente abili, unitamente a una rete d’impresa costruita con i partner di filiera. Zabà sostiene l’Arsenale dell’Armonia, progetto fondato da Ernesto Olivero che dà forma e sostegno al sogno di pace e accoglienza, integrazione e armonia.

Per questa nuova edizione di Zabà, quali sono le novità per le quali un prodotto dolciario tradizionale si abbina perfettamente agli usi locali, invece, da bere? 

 

Zabà è assolutamente versatile: ottimo caldo, per accompagnare biscotti e torte, ma buono anche da bere. Basta togliere il tappo e scaldarlo a bagnomaria o nel microonde. Oltre al mio Zabà classico, ho lavorato con alcuni colleghi per creare altre golosissime versioni:

– ZABA’ CON BEERMOUTH BALADIN: la zabaione reinterpretato attraverso la birra. Il Beermouth nasce dall’unione di una birra di grande personalità e struttura –  barley wine WYAUYU di Baladin –  e una miscela di tredici spezie ed erbe aromatiche. Un prodotto inedito che si ispira alla tradizione piemontese del Vermouth, nato dall’utilizzo di estrazione idroalcoliche e botaniche ma che sostituisce il vino con la birra. Frutto della visione di geniali imprenditori quali Teo Musso e il bartender di fama europea Dennis Zoppi

 – ZABA’ PER MAGO RABIN – BIANCO CHINATO DEL MAGO : qui si parte sempre da una precisa idea di buono. Alla semplicità della tradizione si aggiunge un tocco di magia, il bianco chinato del Mago, vermouth d’eccellenza torinese che porta la firma di chef Marcello Trentini. Esalta la ricetta originale di Zabà con note di arancio amaro e cedro candito, noce moscata e cannella per uno zabaione dalla personalità sorprendente.

-ZABA’ PER GLI AIRONI – NERO SAKE’ ITALIANO : quando lo zabaione incontra il riso nero, diventa Zabà nero: un prodotto che guarda all’oriente ma che parla piemontese. Protagonista il primo sakè nero italiano, prodotto dall’azienda risicola  vercellese  ” Gli Aironi” . Le note dolci delle erbe botaniche tipiche del vermouth torinese, alle quali il sakè nero si ispira, si mescolano al gusto classico dello zabaione, dando vita a un prodotto del tutto particolare , soprattutto nel colore.

CHIARA VANNINI

Petto di pollo al limone: semplice e gustoso

Una ricetta appetitosa, sorprendentemente profumata che vi stupirà per la sua leggerezza, morbidezza e bontà

 

La carne di pollo apprezzata per le sue propreita’ nutritive e’ adatta a tutta la famiglia. Pochi semplici ingredienti per una ricetta appetitosa, sorprendentemente gustosa e profumata che vi stupira’ per la sua leggerezza, morbidezza e bonta’.

***

Ingredienti:

1 Petto di pollo intero

1 bicchiere di vino bianco secco

1 limone non trattato

1 spicchio di aglio

Olio,sale,pepe, rosmarino q.b.

 ***

In una pentola scaldare l’olio con l’aglio e il rametto di rosmarino. Rosolare a fuoco vivace il petto di pollo, salare, pepare e sfumare con il vino bianco, abbassare la fiamma, lasciare insaporire e cuocere coperto per circa un quarto d’ora. Lavare il limone e con un rigalimoni o un coltellino affilato, prelevare stiscioline di scorza sottilissime da aggiungere al pollo poi, aggiungere tutto il succo filtrato del limone. Lasciar cuocere lentamente per circa mezz’ora aggiungendo, se necessario, un mestolino di acqua calda. Lasciar consumare la salsa, affettare la carne e servire caldo.

Paperita Patty

Il più ricercato passaporto turistico? Quello dedicato alle Big Bench

Il passaporto dei “panchinisti Itineranti”

Di cosa si tratta?

E’ un vero e proprio passaporto, che ricorda in tutto e per tutto quello classico che tutti conosciamo, quindi con la propria foto da incollare, nome, cognome, e pagine per raccogliere i timbri: sì, ma non quelli delle dogane dei paesi visitati, ma quelli delle Big Bench raggiunte!
Il passaporto dei “panchinisti Itineranti” ( così si fanno chiamare) oltre ad essere un diario di viaggio serve per far conoscere il paese ospitante la panchina gigante.
Infatti il turista si reca nell’attività timbro, che può essere un bar, un ristorante, una gelateria,  una cantina…e si ferma per mangiare o acquista dei prodotti locali o semplicemente un caffè.
Mentre cerca queste attività passeggia per il borgo…e scopre musei, chiese, castelli e varie attrazioni turistiche.
Ci sono anche dei timbri rari, speciali,  ricercatissimi.
Dove si trovano queste Big Bench?

In tutta Italia ce ne sono 270 e 27 nella provincia di Torino: Usseaux,  Pequerel, Balme, Montaldo Torinese, Lanzo, Pramollo,Perosa Argentina….e tante altre

Il gruppo social “Big Bench Panchinisti Itineranti” è arrivato a ben 52 mila iscritti che con il semplice passaparola e i post condivisi coinvolgono le persone in questa stupenda attività.
Una caccia al tesoro per grandi e per piccini che sta facendo conoscere luoghi e paesini poco conosciuti ma che hanno tanto da offrire e meritano di essere pubblicizzati!
“Le scoperte migliori le farai durante il tragitto e non solo alla meta.” Massimo Proietti.

I rifermentati naturali emiliani arrivano a Torino

Dal 10 al 12 dicembre da Ailimē, il nuovo locale torinese nel quartiere Aurora della sake sommelier modenese Chicca Vancini, si terrà la speciale tre giorni gastronomica “Emilia Sur lì goes to Ailimē”.

Protagonisti i vini rifermentati naturali in bottiglia dell’omonima associazione emiliana di vignaioli, i quali saranno abbinati alle ricette tradizionali emiliane e italiane sabato 10 e domenica 11 a pranzo e all’alta cucina dello chef Marco Sforza lunedì 12 a cena, con il format 7piattix7bottiglie, quando prenderanno la scena anche i prodotti di Società Agricola Terrevive. di Gianluca Bergianti, titolare dell’azienda e Presidente di Emilia Sur lì. Ho voluto ospitare i vignaioli dell’associazione perché, come me, hanno l’obiettivo di portare avanti una cultura legata a un territorio, che è il mio stesso di origineha dichiarato Chicca Vancini. “Abbiamo conosciuto Chicca in azienda e ci siamo entrambi piaciuti da subito” ha detto Gianluca Bergianti. “Da lì è nato un rapporto professionale, che possiamo consolidare in questa tre giorni a cui siamo onorati di partecipare. Abbiamo accettato l’invito perché entrambi intendiamo comunicare la tradizione della zona vitivinicola emiliana sui rifermentati naturali in bottiglia”. 

I PRANZI DI SABATO 10 E DOMENICA 11 DICEMBRE 

Sabato 10 e domenica 11 dicembre a pranzo, dalle 13 alle 15, da Ailimē arriveranno sei produttori di Emilia Sur lì, provenienti dalle province di Piacenza, Reggio Emilia e Modena. In entrambi i giorni saranno protagoniste le ricette della tradizione emiliana e tricolore, cucinate dal cuoco Massimiliano Moccia. Sabato, con un menu composto da Passatelli in brodo, Tagliatelle con friggione, Coniglio alla cacciatora e Calzagat di farina di castagne, fagioli e pancetta, saranno in degustazione i bianchi Trebbiano di Modena, Trebbiano di Spagna e i rossi Salamino di Santacroce e Gutturnio delle giovani aziende neo associate La Poiesa, Podere Beghetto e Franchina e Giarone.  

Domenica, insieme a Tortellini in brodo/alla crema di Parmigiano, Cotoletta alla bolognese e ai confermati Calzagat, sarà possibile assaggiare i vini prodotti da tre realtà che fanno parte di Emilia Sur lì già da tempo – Quarticello Roberto Maestri, Ferretti Vini e Marco Cordani – e che in degustazione porteranno etichette realizzate con diverse varietà di Lambrusco – Salamino di Santa Croce e Maestri – con il bianco Spergola e il rosso Fortana. 

LA CENA DI LUNEDÌ 12 DICEMBRE

7PIATTIX7BOTTIGLIE CON SFORZA E BERGIANTI 

Lunedì 12, da Ailimē, andrà in scena il format 7Piattix7Bottiglie, una cena in cui, ai piatti dello chef ospite Marco Sforza, Chicca Vancini abbinerà le vecchie annate modenesi di Società Agricola Terrevive, conservate dall’apertura dell’azienda del 2008 a oggi. La realtà, nata per volere di Gianluca e della moglie Simona – rispettivamente laureati in Viticoltura ed Enologia e in Agronomia – conta oggi 16 ettari e lavora a ciclo chiuso, producendo dal 2016, secondo i principi dell’agricoltura biodinamica, rifermentati naturali in bottiglia. I vitigni protagonisti sono le uve lambrusche, che sul terreno sabbioso-limoso riescono ad esprimersi al meglio, per regalare dei vini espressione della complessità agricola e di un sistema vivente che ne potenzia l’espressività e la profondità. Alcuni dei vitigni che saranno in degustazione alla cena sono il prestigioso rosso Lambrusco di Sorbara e i bianchi Trebbiano di Modena e di Spagna.  

A curare i piatti portati in tavola ci sarà, come detto, lo chef Marco Sforza, che può vantare grandi trascorsi nel curriculum e un passaporto che lo ha portato a girare in lungo e in largo tutto il mondo. La mia è una cucina di prodotto. Rispetto la stagionalità e il produttore, che ha impiegato molto tempo per la realizzazione di un prodotto. Quando devo preparare una cena, cerco di contestualizzare il menu in base al posto in cui mi trovo. Essendo Ailimē un punto di incontro tra le culture giapponese ed emiliana, il menu del 12 dicembre racconterà un po’ del Giappone, paese in cui ho lavorato e a cui sono ancora legato, e un po’ di Emilia e di Italia più in generale”.  

Il percorso sarà introdotto da Kakiage veg, un tempura di ortaggi tagliati finemente, che rappresenta un benvenuto nipponico, in cui lo chef mette in mostra la sua attenzione non nuova alle verdure, tramandata dai nonni contadini. Scampo/mela verde/yuzu e Baccalà/cime/kimchi sono piatti che esaltano frutta e verdura di stagione, l’oriente e le materie prime ittiche. Zucca Hokkaido/Parmigiano 50 è un omaggio all’Emilia, per la presenza di una fonduta di Parmigiano Reggiano 50 mesi, e alla sua tradizione della pasta ripiena, qui raffigurata in un tortello. La conclusione della cena è affidata al secondo Agnello/sedano rapa/vaniglia, in cui la spalla stufata e spolpata, viene servita con crema di sedano rapa, olio alla vaniglia Bourbon e vaniglia di Madagascar, e al dessert Chocolate chuao/nocciola/sarrapia, nato dall’ultimo viaggio in Venezuela dello chef, nel quale ha assistito alla coltivazione di uno dei migliori cacao al mondo, che ha abbinato alla fava di tonka (sarrapia) e al sapore sabaudo della nocciola.

I “chiodini” intelligenti della Quercetti

Ovviamente i giochi si sono evoluti, ma quel che conta e che fa la differenza è che l’impronta è la stessa data dal fondatore 67 anni fa. Giochi tradizionali, manuali, intelligenti

 

Caro Alessandro, i “plonini” hanno compiuto sessantacinque anni. Sette in più del tuo papà, più del doppio dei tuoi. Ma sono sempre quelli, di plastica colorata, che infilavi nei buchi per disegnare figure”. Così scriverei a mio figlio, in una ipotetica lettera, ricordando il tempo in cui giocava con i chiodini della Quercetti. Sì, erano quelli i “plonini” ( i bimbi tendono a reinventarsi i nomi; anche Snoopy era diventato “Stuyng” e i Puffi si erano ritrovati come d’incanto ad essere dei “fuppi” ) che nel 1950 uscirono dalla fabbrica torinese di Corso Vigevano,25. Esattamente 67 anni fa, Alessandro Quercetti, diede vita a uno fra gli esempi più longevi dell’industria del giocattolo in Italia. E, nonostante il paese sia cambiato dall’inizio del secondo dopoguerra e almeno tre generazioni di italiani hanno giocato con quei chiodini di plastica, sembra che per la “Quercetti & C.” il tempo si sia fermato. Certo, la fabbrica è più grande, moderna e tecnologica, ma il nome sulla porta è sempre lo stesso ed a  guidarla è sempre la stessa famiglia: Andrea, Alberto e Stefano Quercetti, i figli di Alessandro. L’azienda torinese rappresenta uno degli esempi più longevi dell’industria del giocattolo in Italia, un comparto che, nella maggior parte dei casi, ha dovuto arrendersi allo strapotere dei produttori asiatici.

Ovviamente i giochi si sono evoluti, ma quel che conta e che fa la differenza è che l’impronta è la stessa data dal fondatore. Giochi tradizionali, manuali, intelligenti. E il “pezzo forte” dell’azienda è sempre lui, il mitico “Chiodino“, intuizione straordinaria che ha reso il marchio “Quercetti” e i suoi giochi riconoscibili in tutto il mondo. La gamma dei giochi nel tempo è decuplicata, e sono cambiati materiali e tecnologie produttive: ai chiodini, si sono aggiunti biglie, costruzioni, aerei, magneti. Ma ogni pezzo viene realizzato ancora oggi in Italia, nello stabilimento di Torino, dove la Quercetti  può vantare di essere una delle pochissime realtà con un controllo diretto dell’intera filiera produttiva. Tutto il lavoro, a partire dalla progettazione del giocattolo fino al confezionamento del prodotto finito è interamente realizzato in Corso Vigevano. L’intero ciclo di produzione, dall’idea al prototipo, dallo sviluppo del prodotto alla costruzione degli  stampi, dallo stampaggio al confezionamento fino alla spedizione è svolto in Italia, sviluppando un indotto sul territorio. Così, nel tempo, la Quercetti  ha mantenuto la sua identità e non è mai scesa a compromessi. Perché per fare giocattoli, per essere in grado di offrire ai bambini una ricca gamma di esperienze, per realizzare un prodotto che non si limiti ad attrarre ma che stimoli l’intelligenza dei bambini. Rispettandola e coltivandola nel tempo, chiodino dopo chiodino.

Marco Travaglini