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MamaClean, a Torino il bucato si fa con un’App

In Italia 1 famiglia su 3 abbandona i propri capi preferiti nel cesto della biancheria o nell’armadio per paura di rovinarli. MamaClean è la lavanderia che ritira e consegna i capi a domicilio e se ne prende cura in modo artigianale.

 Dal lancio ufficiale avvenuto lo scorso maggio, con oltre 8.000 capi trattati in meno di 8 mesi, sono migliaia i torinesi che si affidano alla lavanderia a domicilio numero uno in Italia. Niente lavatrici da fare, pile di vestiti da stirare o code in lavanderia. A Torino e provincia il bucato si fa con un’App.

Con MamaClean prendersi cura del bucato è semplice e veloce: basta scegliere da sito o app il servizio più adatto alle proprie esigenze, selezionare luogo, giorno e ora di ritiro e consegna e un incaricato si occuperà della presa e riconsegna dei capi a casa, in ufficio o in portineria.

I servizi offerti sono molteplici e incontrano le esigenze di tutti: lavaggio e stiratura dei capi formali, lavaggio a secco per i capi più delicati e ancora cura dei tessuti di casa, come divani, tendaggi o tappeti. Tutto questo comodamente a domicilio e a prezzi competitivi.

Mancava un brand che si prendesse cura dei brand che indossiamo ogni giorno” spiega Francesco Malmusi, modenese di nascita ma milanese d’adozione, che dopo 7 anni di esperienza nel mondo del lusso e 10 alla guida di MamaClean in qualità di Founder e CEO, ha scommesso sull’idea di espandere il servizio nelle principali città italiane. “Con MamaClean abbiamo voluto coniugare il servizio artigianale delle lavanderie di una volta con le esigenze e la velocità del mondo di oggi. Questo è prima di tutto una rassicurazione per il cliente – che sa esattamente a chi affida i suoi capi – e permette inoltre a noi di avere il controllo sulla qualità del servizio, dall’inizio alla fine”.

A prendersi cura dei capi sono esperti artigiani locali altamente qualificati. Infatti, tra gli obiettivi ambiziosi di MamaClean, vi è quello di salvare la lavanderia Made in Italy. La scelta di chiudere accordi commerciali con una lavanderia storica della città di Torino va proprio in questa direzione: mettere tecnologia all’avanguardia a servizio degli artigiani, soprattutto post pandemia. Se poi a questo si aggiungono i benefici ambientali ed economici in termini di risparmio di acqua ed energia, e di filtraggio delle microplastiche rilasciate dai tessuti durante il lavaggio, il vantaggio di utilizzare una lavanderia professionale è indubbio.

Brand, aziende e realtà locali hanno creduto nel nostro progetto e siamo felici di semplificare la vita di migliaia di torinesi. – aggiunge Malmusi – Il nostro obiettivo su Torino è di raddoppiare gli utenti entro la fine dell’anno e di raggiungere un fatturato a 6 cifre. Ma a noi non piace stare fermi. Molto presto la rivoluzione della lavanderia Made in Italy raggiungerà le principali città italiane.

Per ulteriori informazioni e per prenotare i servizi MamaClean non vi resta che visitare il sito web all’indirizzo mamaclean.it. E per i nuovi clienti 10% di sconto sul primo ordine.

Il Piemonte incontra la Sardegna con il pecorino etico solidale Biraghi

Il Piemonte incontra la Sardegna attraverso il pecorino etico solidale della Biraghi. Il successo della sesta edizione.

Si è tenuto a Torino, il 23 gennaio, la sesta edizione dell’evento promosso da Biraghi, FDAI (Campagna Amica) e Coldiretti Sardegna a sostegno del lavoro dei pastori sardi.

Una bella iniziativa che ha avuto la sua ribalta a Torino presso la Lounge Gattinoni di Via Cesare Battisti.

Il Pecorino Etico Solidale Biraghi viene distribuito in più di 3.100 punti vendita sul territorio italiano e, a novembre 2022, si è registrata una distribuzione ponderata pari al 35% su tutta Italia.

Non solo la Grande Distribuzione, ma anche i consumatori hanno risposto in maniera positiva all’iniziativa. Lo conferma il fatto che, in soli sei anni, il Grattugiato “La Nostra ricetta al Pecorino Biraghi 100g” abbia raggiunto una quota importante di mercato.

Un nuovo record è stato raggiunto con oltre 1.100.000 kg di prodotto (70% di Pecorino e 30% di Gran Biraghi) venduti a partire dal 2017.

I risultati dell’accordo sono stati illustrati da Claudio Testa, Consigliere d’amministrazione della Biraghi S.p.A, Battista Cualbu, presidente di Coldiretti Sardegna, Luca Saba, direttore di Coldiretti Sardegna, Francesco Carta, Vicepresidente della Cooperativa Pastori Dorgali.

Adolfo Giannecchini, responsabile dei progetti di Filiera Agricola Italiana Spa ha commentato: «Questo è un esempio concreto di un accordo che fa bene al Sistema Paese, nel quale ogni attore coinvolto ha saputo mettersi a disposizione per creare un prodotto di qualità e competitivo sul mercato». 

Soddisfatta anche la parte sarda: «Per la nostra Cooperativa è stata una svolta che ha rafforzato tutto il lavoro che avevamo fatto precedentemente – afferma il Vicepresidente della Cooperativa Pastori Dorgali, Francesco Carta –. Da inizio annata abbiamo la certezza che una parte del nostro formaggio verrà venduto ad un prezzo già stabilito».

All’incontro è seguita una bella esibizione in piazza San Carlo del Gruppo a Tenore, canto dei pastori patrimonio UNESCO Su Cuntzertu De Abbasanta.

TOMMASO LORUSSO

Domenica a Ivrea il mercatino vintage

Domenica 29 gennaio torna ad Ivrea il Mercatino Vintage, appuntamento che si ripeterà ogni ultima domenica del mese.

Ad organizzarlo nei giardini di piazza Freguglia a Porta Vercelli sarà ancora l’Associazione Pionieri del Passato.

E per il 2023 l’evento, che vede come protagonisti antiquariato minore, libri, vinili, stampe e collezionismo, si ripeterà appunto ogni ultima domenica del mese.

Per info e prenotazioni 348 8547540

Polenta e coniglio

Difficile, per noi,  far politica in valle. A l’è  düra cume un ciod, cari miei…è dura come un chiodo”. Sconsolato, con il capo a ciondoloni, Mario dava voce alla sensazione che ci eravamo fatti un po’ tutti, alla sezione omegnese del PCI

 Diffidenti, poco inclini a prestar orecchio ai forestieri quant’anche venissero dal fondovalle, da Omegna e non da chissà dove, gli abitanti di Germagno, Loreglia, Strona e Massiola – frazioni comprese  – erano oltretutto legati a doppio filo ai loro parroci. Se, qualche anno prima, durante i mesi duri della lotta partigiana e nell’immediato dopoguerra, qualche spiraglio c’era, in quest’autunno del 1949 era scesa su noi un’opprimente  cappa di silenzio e di ostilità. Che fossero un po’bigotti e baciapile era risaputo ma, dopo la pubblicazione del decreto del Santo Uffizio con cui s’annunciava la nostra scomunica, ci fecero attorno terra bruciata. In tutti i paesi era stato affisso dalla Curia Vescovile un manifesto grigiastro che recitava, parola per parola, così: “Avviso. E’ peccato grave: 1) Iscriversi al Partito Comunista; 2) Favorirlo in qualsiasi modo, specie col voto; 3) Leggere la stampa comunista; 4) Propagare la stampa comunista. Quindi non si può ricevere l’assoluzione se non si è pentiti e fermamente disposti a non commetterlo più. Chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne ammette la dottrina marxista, atea ed anticristiana e ne fa propaganda, è APOSTATA DALLA FEDE E SCOMUNICATO e non può essere assolto che dalla Santa Sede. Quanto si è detto per il Partito Comunista deve estendersi agli altri Partiti che fanno causa comune con esso. Il Signore illumini e conceda ai colpevoli in materia tanto grave, il pieno ravvedimento, poiché è in pericolo la stessa salvezza dell’eternità”. Parole come pietre, che non ammettevano replica e bollavano a fuoco chi, come noi e come i socialisti, provavano a dire la loro all’ombra di quei campanili. Ma ci voleva ben altro per scoraggiarci e così, insieme a Mario e agli altri, cercammo di escogitare uno stratagemma. Di incontri pubblici manco a parlarne. Ci avevamo provato più volte ma, una volta trovata a fatica la sala,  andavano quasi deserti. Gli unici partecipanti, in tutta la valle, erano sei reprobi che ogni volta osavano sfidare gli sguardi di condanna, rispondendo all’appello del partito. Erano Giuseppe Pialla e suo fratello Carlino, entrambi operai di fonderia alla Cobianchi, due cugini boscaioli che stavano a Luzzogno, i Giovannini, originari della Valsesia, il vecchio Libero, ex fuochista delle ferrovie, e suo cognato Lorenzo, detto “Lorenzone pignatta”. Quest’ultimo, tra i più bravi gratagamul  della”val di cazzuji“, la valle dei cucchiai di legno, era uno di quei artigiani che , come il mastro Geppetto di Pinocchio, da un tronco ricavava qualsiasi oggetto. Tutti e sei rappresentavano il passato e il presente dei comunisti in valle. E, se non si escogitava qualcosa per allargare il cerchio, anche il futuro. Fu proprio il “pignatta” ad avere l’illuminazione, complice la sua fama di gran mangione testimoniata dai suoi centotrenta chili per un metro e sessanta scarsi d’altezza. Non propriamente una silhouette, la sua, considerato che era più largo che alto. “Polenta e coniglio! Ecco cosa ci vuole”, sbottò Lorenzone dandosi una manata in fronte. In breve fummo tutti informati della bella pensata. “Statemi a sentire. Se non li possiamo prendere per la coscienza, visto che rispondono solo a quella che gli inculca il prete, proviamo a stimolar loro l’appetito, prendendoli per la gola”. Propose, quindi, di organizzare una serata  al Circolo di Fornero , invitando tutti ad una cena a base, appunto, di polenta e coniglio. Per i primi, si rese disponibile il Magretti che, a Borca, in fondo a via Repubblica, ne allevava almeno tre dozzine. “Per il partito ne metto a disposizione un terzo, va là…a prezzo politico, s’intende”. La polenta era affare di Libero e del “Pignatta” che avevano ereditato dallo zio Franchino un enorme paiolo di rame che faceva proprio al caso loro. Così, aiutati dai compagni, si misero all’opera. Vennero preparati dei grandi manifesti dove, appena sotto la data, il posto e l’ora, in piccolo si poteva leggere la frase “Incontro pubblico con l’onorevole Figurelli” e in grassetto, a caratteri cubitali da riempire per più della metà lo spazio, l’irresistibile richiamo: “Polenta e Coniglio”. L’idea era piaciuta al nostro deputato che, memore della sua esperienza di comandante partigiano, era sempre pronto a ricercare le strategie migliori per ottenere il risultato desiderato. “ Il fine giustifica i mezzi, cari compagni”, sentenziò, parafrasando il Macchiavelli e allungano una gran manata sulla spalla del “Pignatta” che gongolava dalla felicità, potendo rivendicare la paternità dell’idea .La sera della cena fu un successo inaspettato. Parteciparono più di ottanta persone e due terzi erano della valle. Alla fine, sazi e un po’ su di giri grazie alle due damigiane di vinello sacrificate sul campo di battaglia, la maggior parte applaudì il breve discorso dell’onorevole Figurelli.  Se, come dicevano in sacrestia, “nel segreto della cabina elettorale, Dio ti vede e Stalin no”, per quanto riguardò il salone del Circolo – non essendo sede di seggio e nemmeno periodo d’elezioni –  ci fu senz’altro una deroga, suggerita dalla fame e dal profumo che emanava  dall’azzeccato connubio tra la fumante polenta e il coniglio in umido. In fondo, si disse in paese, “i comunisti non sono poi così cattivi come dice il Don Gaudenzio. Non hanno mangiato nessuno ma semmai hanno dato loro da mangiare. La prossima volta chissà che cosa porterà in valle quell’onorevole. Magari trote in campione e frittura d’alborelle… Va là che dev’essere una brava persona anche lui, nonostante sia un po’ mangiapreti”.

Marco Travaglini

 

Il torinese Murdocco con le pizze Gricia e prosciutto e funghi a Milano

 

IL 28 GENNAIO  CON LE SUE PIZZE IN TEGLIA

 

 

Anche Enrico Murdocco parteciperà alla XVIII edizione di Identità Golose, il congresso internazionale di cucina previsto a Milano dal 28 al 30 gennaio.

A chiamarlo è stata Levoni, l’azienda mantovana apprezzata nelle migliori salumerie italiane e del mondo per i suoi salumi realizzati con ingredienti naturali e le migliori carni 100% italiane.

 

Quest’anno Levoni dedica la sua partecipazione a Identità Golose al tema della pizza al taglio, come rappresentante dell’italianità e, tra i tre pizzaioli scelti a interpretare questo prodotto c’è anche il torinese Enrico Murdocco titolare di Tellia. Lui sarà protagonista nello stand Levoni sabato 28 gennaio con due pizze: Prosciutto e funghi 2.0 (preparata con prosciutto cotto affumicato Levoni, cardoncelli, fonduta di raschera e bagnetto rosso); Gricia affumicata con carciofi e lime.

 

Il giovane pizzaiolo, conosciuto in tutta Italia per la sua interpretazione della pizza romana in teglia, sta portando avanti con successo la missione intrapresa nei suoi tre locali aperti a Torino: far rivivere in maniera nuova l’esperienza della degustazione della pizza in teglia alla romana che qui si conferma cibo d’eccellenza con la praticità di consumo di un pasto veloce di gusto.

 

Premio Tre Rotelle nella Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso 2023, per fare questo Murdocco realizza impasti ad alta idratazione e lunga lievitazione concepiti per garantire un’alta digeribilità e per essere rigenerati: la pizza di Tellia si può mangiare sul posto o scaldare a casa in forno o in una padella. La pizza risulta croccante e morbida ed è guarnita con topping legati alla stagionalità e alla eccellenza delle materie prime lavorate senza sprechi e con uno sguardo diretto verso la sostenibilità ambientale come testimoniano il riutilizzo della crosta di Parmigiano reidratata o le polveri e i fondi di carne e verdure.

 

Ogni topping della pizza è preparato in cucina secondo ricette adattate ai migliori abbinamenti con l’impasto realizzato con farine non raffinate. Il processo creativo delle ricette avviene attraverso il coinvolgimento di tutto il team di lavoro: vengono realizzate attraverso riunioni e test, ma capita che siano anche frutto della quotidianità e della spontaneità.

 

Una particolarità: da Tellia (dove si producono anche panegrissini e lievitati) la pizza al taglio è venduta a peso, non a trancio; in questo modo il cliente può scegliere liberamente la dimensione del suo assaggio e può decidere di gustare più pizze durante lo stesso pasto. La scelta nasce per indirizzare il cliente verso un’esperienza di degustazione che non vincoli a misure standard.

 

Tellia, che Murdocco gestisce insieme al fratello Angelo e che è dotato di uno shop online oltre che di una App per gli ordini, si trova a Torino in: via San Tommaso 27c; corso Sebastopoli 241; via Maria Vittoria 20.

Per maggiori informazioni: www.tellia.it

 

Via Padova 5, l’inizio di tutto in Barriera di Milano tra fuliggine e profumo di biscotti

Sono nato in via Padova 5, alloggio in affitto.

Correva l’ anno 1957. Mia madre raccontava che era talmente piccola che incinta all’ottavo mese non riuscì più a rialzarsi perché incastrata tra il letto e l‘armadio. Stava facendo le pulizie. Non si perse d’animo e piano piano si rialzò. Abituata nel cavarsela da sola. A 10 anni andò a lavorare alla Marus che sarebbe diventata Facis in corso Emilia a due passi da Porta Palazzo.  Orfana. Mio nonno per soli tre mesi non aveva compiuto 40 anni. Non arrivo’ mai al fronte perché morì prima di pleurite. Faceva il decoratore. Raccontatomi da tutti come uomo mite. Vivevano in via Bra ed erano nati in via Cuneo.

Precisamente non  in piena barriera di Milano. Ma tant’è che , almeno in quegli anni  faceva un tutt’uno oltre piazza Crispi ed il Dazio.  Metà case e metà officine meccaniche ed artigianali.  Grandi Motori da un lato e Ceat gomme dall’ altra parte. La Wamar il corso Mortara. Sicuramente il ricordo è anche il misto d’odore tra fuliggine , colate di gomma ed il profumo dolciastro dei biscotti. Il mio primo ricordo in assoluto è all’eta di tre anni. Ci eravamo trasferiti in via Cherubini 64. Avevo un febbrone da cavallo e chiedevo ai miei di comprare il televisore. Lo fecero gli zii paterni. Ero unico erede della famiglia. Scuola materna in via Monterosa e elementari alla Gabelli. Li’ organizzai un esercizio. Proprio così. Facevo la colletta per contrattare tutta la farinata di Giacu che si presentava sempre alle 12, 30. In questo modo anche chi non aveva soldi poteva mangiare. Egualitarismo  ante-litteram. Poi qualcuno fece la spia e cazziatone prima della maestra e poi dei genitori.  Un mese senza televisione. Poi le medie alla Baretti. Tre anni di puro divertimento e di pochissimo studio. Nonostante ciò uscii con ottimo. Erano  ancora i tempi in cui bastava stare attento alle lezioni. In quegli anni il mio incontro con lo sport.

Ginnastica artistica alla Palestra Sempione e pallacanestro all’oratorio Michele Rua. Poi un po’ di atletica, che non guasta mai. Dove  trovassi le risorse è ancora un mistero. Mi sono sempre piaciuti gli inizi.  Debbo confessare : deboluccio sulla lunga distanza.  Del resto non si puo’ avere tutto dalla vita. Sono gli anni in cui la frase più ricorrente era: non abbiamo dubbi sull’intelligenza di suo figlio, ma non si applica.

Destino cinico e baro. Addirittura mia madre mi portò all’Onmi.  Istituita dal fascismo e non abrogata dalla Repubblica. Una specie di consultorio famigliare vecchia maniera. Tecnicamente ragazzino difficile. Test attitudinali con relativa diagnosi: instabile psicomotorio con evoluzione intellettiva di un anno avanti rispetto alla media. In altre parole birichino ma intelligente. Tutto ma proprio tutto in Barriera. Ero decisamente sbordante anche perché decisamente grosso. Alle medie ebbi la prima cotta.  Ricordo ancora il nome: Lucia.  Fatale la festicciola di fine anno. Il classico scantinato con il classico mangia dischi e patatine e popcorn e Coca- Cola.

Non l’avrei più rivista ma quelle ore restano  indelebili nella memoria. Gli ardori sessuali rinviati al Liceo scientifico Albert Einstein.  Via Pacini, ovviamente in Barriera.  Forse tra i primi licei in Barriera e due diverse compagnie di amici.

I  giardini di via Mercadante e il basket dell’oratorio Michele Rua alias Auxilium Basket Monterosa. Devo al gioco della Pallacanestro le prime incursioni fuori Barriera.  Domenica si giocava. Una partita in casa ed una partita fuori casa . Oratorio San Luigi in via Ormea o al Martinetto al fondo di via San Donato. Fino all’altra parte della città, all’Oratorio Giovanni Agnelli,  il tempio del Basket.  Impossibile non ricordare la Crocetta in via Piazzi.  All’Agnelli ci giocai per tre anni. Praticamente tutti i giorni sul tram 10 tra allenamenti e partite.

Anche qui mi vennero d‘aiuto gli zii regalandomi il vespino 5o. Brigavo in giro cercando di rimorchiare.  Faceva la differenza. Poi si bighellonava nelle panchine dei giardini o sulla scalinata della chiesa. Giusto per turar tardi per la cena. Si studiava anche, vi assicuro.  Chi più chi meno. Qualcosa però si studiava. Magari non eravamo secchioni ma sì, qualcosa si studiava. La summa erano i campionati studenteschi. Addirittura andai a Roma per le finali dei giochi della Gioventù. Potremmo dire : dalla Barriera con furore, sfiorando la felicità e la spensieratezza.  Quel profumo di libertà che oggi non sento più. Libertà di conquistare quello a cui si ambiva. Sicuramente non era tutto facile. Ma era tutto possibile. Possibile ciò che era lecito. Piccoli valori e piccole morali che si trasmettevano nei reciproci comportamenti.

Piccole felicità nel fare quel canestro vincendo la partita  e piccole felicità  con quella ragazzina che  al cinema appoggiava la resta sulla tua spalla facendoti sembrare adulto. Tutto questo crescendo, tutto questo in Barriera di Milano.

Patrizio Tosetto

Festival di Sanremo, brutta copia del festival di Santremo

Da qualche settimana si fa un gran parlare del prossimo Festival di San Remo come se fosse un evento storico, originale, unico; invece no, si tratta di un patetico falso, una “patacca” che ha copiato altri, più nobili, Festival organizzati molto, molto prima.

Eccovene un elenco per capire quanto San Remo abbia usurpato la gloria altrui…

Festival di SanTremo

Si svolge da oltre 1.000 anni alle Isole Tremiti. Partecipano tutti gli anziani che non hanno più il controllo degli arti e li muovono vistosamente a causa del Parkinson. I primi tre classificati sono premiati con preziose tremoliti (1), il vincitore riceve una corona fatta con tremolina (2).

Festival di SanCremo

Vanta 8 secoli di storia, si svolge a Cremona. I partecipanti sono tutti indiani, cantano su enormi pire cui viene dato fuoco. Vince chi riesce ad uscirne vivo, ed ha il diritto di esibirsi cantando l’aria “Di quella pira l’orrendo foco…”

Festival di SanRamo

Data fin dai primi anni del 1300. Si svolge in fitte foreste della Ramonia (una regione boscosa della Romania) ed il vincitore ha diritto a passare un anno di vacanze sul Lago di Como, sul “ramo che volge a mezzogiorno”.

Festival di SanMemo

Ideato da Pico della Mirandola (la memoria più prestigiosa della storia) consiste nel fare moltiplicazioni e divisioni mostruose con numeri di almeno 150 cifre l’uno; il risultato va cantato su musiche suonate da clavicembali e liuti.

Festival di SanNemo

Al festival (che si svolge fin dal lontano 1400 sul Lago di Nemi), partecipano solo cantanti stranieri. Il motto della manifestazione è infatti “Nemo propheta in patria”.Vince chi riesce a non far capire in che lingua sta cantando. Il vincitore viene cinto con una corona di nemorale (3) e riceve una boccia piena d’acqua in cui nuota il pesciolino Nemo…

Festival di SanReno

E’ il fiore all’occhiello dei tedeschi, che lo hanno istituito intorno al 1500, sulle rive del Reno, ovviamente. L’idea era venuta ad un certo Ludwig Renis, antenato del più famoso Toni Renis italiano. Il vincitore viene incoronato con un serto di renaiola (4)

Festival di SanRimo

Manifestazione che si svolge, a partire dal 1615 (era il due maggio, per l’esattezza) (5). Partecipano solo poeti che sanno fare rime baciate: la cosa un po’ schifosa è che devono baciarsi fra loro recitando le loro litanie. Il vincitore è cinto con una corona di rosma rimo (6).

E qualcuno di voi h ancora il coraggio di considerare San Remo l’antesignano dei Festival?

Ma dai….

 

NOTE DI CULTURA AL TESTO

1. Minerale formato da magnesio e calcio, ignoranti non lo sapevate?
2. Pianta delle graminacee, ignoranti non lo sapevate?
3. Pianta che cresce nei boschi, ignoranti non lo sapevate?
4. Pianta delle cariofillacee, ignoranti non lo sapevate?
5. Guarda caso è il giorno del mio compleanno, marcatevelo e fatemi gli auguri!
6. Questa pianta la conoscono tutti, ma nessuno sa che è una pianta perenne delle labiate, ignoranti non lo sapevate?

NOTA FINALE: se volete avere altre notizie su stupidate simili, leggetevi LA MORMORA SUSSURRA, L’ORNITORINCO…GLIONISCE; chiedetelo a demarketing2008@libero.it, oppure telefonate al 3356912075.

Gianluigi De Marchi

Al “Pannunzio” Tognazzi a cento anni dalla nascita

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VENERDÌ 27 GENNAIO ALLE ORE 17,30 presso la sede di Via Maria Vittoria 35h a Torino,
Roberto PIRINO, delegato dell’Accademia italiana della cucina del Ponente Ligure e Consultore nazionale, medico-umanista, ci parlerà di Ugo Tognazzi, nel centenario della nascita del grande attore. Ugo Tognazzi fu un grande gourmet, un creatore di ricette, un cultore della cucina italiana, socio dell’Accademia  della Cucina italiana. Amava dire: “Io ho il vizio del fornello, sono malato di spaghettite, recito per hobby, ma mangio per vivere”.
Ingresso libero.