Hortus Conclusus: Ranverso e il suo giardino
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Sabato 3 giugno, ore 15.30
“Hortus Conclusus” è una visita alla Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso alla scoperta del giardino, tema centrale delle cure dei monaci Antoniani. Partendo da una passeggiata sull’antica via Francigena si andrà alla scoperta della Precettoria di Ranverso, luogo di arte, storia e antiche cure.
Il tema della medicina del Medioevo sarà lo spunto che condurrà attraverso le strutture dell’antico complesso Antoniano: l’ospedale, il portico, il chiostro, la chiesa e il giardino interno, luogo in cui terminerà il viaggio immersivo, con letture e riflessioni sul tema della cura, del corpo e dell’anima. L’evento rientra tra le iniziative di APGI – Associazione Parchi e Giardini d’Italia.
INFO
Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso
Località Sant’Antonio di Ranverso, Buttigliera Alta (TO)
Sabato 3 giugno, ore 15.30
L’attività costa 5 euro + il costo del biglietto di ingresso
(intero: 5 euro, ridotto: 4 euro)
Hanno diritto alla riduzione: minori di 18 anni, over 65, gruppi min. 15 persone
Fino a 6 anni e possessori di Abbonamento Musei: biglietto ingresso gratuito
Info e prenotazioni: 011 9367450 (attivo da mercoledì a domenica) o ranverso@biglietteria.ordinemauriziano.it
Quel desiderio che proviamo di rivivere eventi, luoghi ed emozioni appartenuti al passato e´ diventato fonte di ispirazione di efficaci strategie di marketing. La nostalgia e´ un sentimento potente che ci riconduce indietro nel tempo, crea il “dolore del ritorno”, ma allo stesso tempo riporta alla mente momenti felici della nostra vita che vorremmo rivivere. Luoghi, amici, situazioni, profumi si tramutano in immagini che innescano la voglia di ripercorrere il tempo in senso contrario.
Il Nostalgia Marketing nasce con l’obiettivo di far rivivere gusti, oggetti o anche film del passato. Carlo Meo, il primo che ne ha dato una definizione, afferma che “il fatto di scavare nel passato per recuperare prodotti e ricordi dell’immaginario collettivo è una strategia sempre esistita”; anche se spesso il termine nostalgia riveste una connotazione negativa legata al rimpianto e alla sofferenza per l’impossibilita´ tornare indietro, le scienze di analisi di mercato riescono, con la complicita´di sapienti azioni di comunicazione, a ricavarne il lato positivo e sfruttarlo per potenziare l’effetto emozionale di un brand. Il passato talvolta ci manca, rappresenta un conforto, la certezza legata a valori e ad una qualita´ della vita che sembrano sparite, un punto fermo rivestito di affetto che ci spinge a dire “si stava meglio prima”. Il periodo che piu´ ci influenza ed imprime nella nostra memoria ricordi indelebili che si trasformano in nostalgia e´quello della infanzia e della adolescenza, le esperienze fatte durante quegli anni della nostra vita, infatti, sono fissate in maniera indelebile nella nostra mente e condizionano la direzione che prendera´ la nostra vita anche in fatto di gusti e preferenze.
Il mondo attuale, con tutti i suoi indiscutibili confort e innovazioni, talvolta crea confusione sia per la molteplicita´deglistimoli che produce, a volte difficili da comprendere e gestire, ma anche per il senso di instabilita´ che infonde a causa di crisi economico-sociali e di eventi imprevedibili come la pandemia che ha lasciato un grande senso di vulnerabilita´ e precarieta´.
Aggrapparsi al passato rappresenta un’ancora, l’illusione di poterlo rivivere e´una modalita´ di ormeggio che offre una consistente sensazione di sicurezza.
Qualche esempio di Nostalgia Marketing, detta anche “strappalacrime” o retro´?
Il recupero della macchina fotografica Polaroid che con la sua stampa istantanea produce emozioni e ricrea una un passato capace di competere con le moderne tecnologie e poi importanti brand come Coca Cola, Casio o H&M che periodicamente mettono sul mercato oggetti dal sapore vintage, Netflix che produce serie di grande successo come Strange Things ambientata negli anni ’80.
Questi revival studiati con grande attenzione sono in grado di mettere in atto dei bias cognitivi, distorsioni della mente, per cui i ricordi positivi prevalgono su quelli negativi, un fenomeno psicologico chiamato anche “retrospettiva rosea”, e rappresentano un investimento sicuro considerato il grande successo che riscuotono, una sorta di vincere facile del marketing.
Il futuro è un mondo di brand e prodotti che recuperano il meglio del passato combinandolo con le nuove esigenze di consumo.
Lavazza rinasce in via San Tommaso a Torino
Rinasce, nello spazio dove Luigi Lavazza fondò una drogheria nell’Ottocento, un ristorante con ‘coffee experience’ firmato Lavazza
Nel luogo in cui Luigi Lavazza aveva aperto, in via San Tommaso 10, un’antica drogheria, in cui vendeva generi coloniali, caffè, spezie, olio, sapone, oggi Lavazza ha riaperto una nuova realtà. Dopo un totale restyling ne è nato un “ristorante con coffe experience”, il San Tommaso 10, senza dimenticare la tradizione degli avi.
Nel cuore della vecchia Torino, nella contrada dei Guardinfanti, dove venivano realizzare le intelaiature a campana per i vestiti delle nobildonne, è nato un nuovo ristorante che ha come spirito l’omaggio a Torino.
Il fil rouge che unisce le sue sale è quello dello spirito architettonico torinese. Una sala richiama la cupola del Guarini della Sindone, una seconda sala la Mole Antonelliana, una terza la basilica di Superga dell’architetto Juvarra.
A guidare un “esercito” di 13 persone è lo chef Gabriele Eusebi, classe 1989, formatosi in importanti ristoranti italiani e esteri, tra cui Mugaritz di Errenteria nei Paesi Baschi e Moreno Cedroni, rientrato a Torino nel 2018 per stare a fianco di Federico Zanasi nel nuovo ristorante della Nuvola Lavazza.
Eusebi è molto appassionato di letteratura e di erbe, tanto da aver scritto, durante la pandemia, un libro dal titolo ‘Selvario’, in cui accosta le piante del suo territorio ai gusti degli scrittori che ama, come Calvino e Camilleri, Hemingway e Murakami.
Direttore di sala è Manuel de Castro e la sommelier Alice Terzolo. I piatti storici sono legati alla tradizione del territorio. Per la carne il ristorante si rifornisce da una nota macelleria di Boves, in provincia di Cuneo, alcuni formaggi provengono dalla Romagna, altri sono ingredienti che hanno accompagnato Eusebi durante i suoi numerosi viaggi. La lasagna riprende una tradizione marchigiana. Il vitello tonnato, proposto come secondo piatto, viene cotto alla brace e aromatizzato ai capperi, con la tipica salsa tonnata.
Non mancano le verdure, le erbe spontanee e le spezie, una tipica passione dello chef.
Le spezie sono utilizzate nel brodo vegetale, che accompagna i plin con i tre arrosti, ma di verdure, e nei drink di benvenuto, realizzato con alkerme (una ricetta di Eusebio), cui viene aggiunto il vermouth di Mulassano, simbolo di Torino. Tra i dessert figura la crema di gianduja di Guido Gobino, la torre di profiteroles e,alla fine, non può mancare il caffè, degustato nello spazio disegnato dai Lavazza Coffee designer.
MARA MARTELLOTTA
Amare il calore degli anziani
LIBERAMENTE Di Monica Chiusano
Magnifica Torino / Il Monviso visto dal Lago Fiorenza e la via Lattea. Foto di Giampaolo Gigli. Un tramonto suggestivo dietro la Mole, di Vincenzo Solano.
Focus Syrah, degustazione di Go Wine a Torino
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Lo straining
In un precedente articolo avevo trattato il tema del bossing(http://www.iltorinese.it/2022/09/07/il-bossing/) e delle sue ripercussioni sull’ambiente di lavoro; avete sicuramente sentito parlare di mobbing e delle problematiche ad esso connesse, dalla salute di chi ne sia vittima alla quantità di cause pendenti nei vari tribunali visto l’aumentare dei casi.
E’ relativamente recente, invece, il neologismo “straining” (dall’inglese “to strain”, forzare, costringere).
A differenza del mobbing, dove il datore di lavoro, un superiore gerarchico o anche un semplice collega manifesta comportamenti aventi carattere intenzionalmente persecutorio e vessatorio, che si manifestano con offese, discriminazioni, umiliazioni, aggressioni, riduzione delle possibilità di carriera, che possono nel tempo portare all’insorgenza di patologie psico-fisiche anche gravi nella vittima, lo “straining” consiste in azioni moleste, vessatorie, discriminatorie isolate, attuate una tantum, che inducono comunque in chi ne sia vittima una condizione di stress.
In altre parole, a differenza di quanto accade nel mobbing, nello straining non vi è continuità, non potendolo quindi assimilare ad un piano criminoso.
Fu Harald Ege a coniare il termine dopo essersi reso conto che molti suoi pazienti manifestavano sintomi tipici di una condotta vessatoria pur non trattandosi di azioni ripetute nel tempo; questo significava non poter considerare tali comportamenti “mobbing” mancando la reiterazione del comportamento nei confronti della vittima: in tal caso, le vittime sarebbero rimaste prive di tutela giuridica, non esistendo le condizioni di mobbizzazione.
I comportamenti tipici dello straining vanno dalla privazione degli strumenti per svolgere il lavoro alla mancata convocazione a riunioni ed incontri, al demansionamento, al rimprovero immotivato.
Occorre, tuttavia, distinguere lo straining dal semplice stress correlato alla mansione lavorativa, alla complessità delle mansioni svolte, dal particolare luogo di lavoro o, in generale, da ciò che non sia provocato volutamente al fine di creare nocumento.
E’ innegabile che essere demansionati possa tradursi in una perdita di autostima, in un peggioramento della qualità della propria vita e poiché lo stress è estremamente individuale alcuni soggetti manifestano i sintomi dello stress anche dopo un solo episodio vessatorio.
Come riconoscere lo straining e distinguerlo da comportamenti legittimi nel rapporto gerarchico?
Harald Ege ha schematizzato sette punti che consentono di riconoscere lo straining.
1) L’evento deve avere luogo in ambito lavorativo.
2) Le conseguenze della azione ostile devono essere costanti;
3) La situazione di conflitto deve durare almeno 6 mesi;
4) Le azioni subite devono appartenere ad almeno una delle seguenti categorie:
5) La vittima dello straining si deve trovare in una situazione di costante inferiorità.
6) La vicenda ha raggiunto almeno la II fase del Modello individuato da Ege (Fase I: azione ostile; Fase II: conseguenza lavorativa percepita come permanente; Fase III: conseguenze psicofisiche; Fase IV: uscita dal lavoro);
7) Deve sussistere un intento persecutorio (non deve trattarsi di un evento involontario).
Non dimentichiamo che lo straining provoca sia un danno biologico (stress, disagi psicofisici) che professionale (perdita di chance, mancato aggiornamento). Per unacorretta diagnosi da parte del medico e per un corretto instradamento della causa civile e/o penale si rende necessario, quindi, valutare tutti i cambiamenti intervenuti in un soggetto in seguito allo straining.
Anche chi ci circonda, però, può fare molto percependo i minimi cambiamenti di umore, di comportamento, di abitudini aiutando chi sia vittima di straining ad agire senza indugio, anche ai fini di una tutela risarcitoria.
Sergio Motta
PENSIERI SPARSI




