ECONOMIA E SOCIETA'- Pagina 655

“In prima linea”, a tu per tu con Andreja Restek

Di Alessia Savoini

Ogni ruolo ha una divisa e strumenti propri, un grembiule per non potersi macchiare, nero se il sapere devi assorbire, provocante per sedurre, di blu per proteggere, ma mimetico se non vuoi morire. Giubbotto anti-proiettile, un insieme di torce, a zittire il timore di andarsene, a passi lenti nel buio, ove talvolta l’unica luce è il bianco bagliore della cieca paura dopo un’esplosione. Non ci si può permettere il lusso di, ogni cosa esistente ha il valore della necessità in sua assenza, strumenti speciali filtrano l’acqua fino al 99% e una pozzanghera diventa fonte di vita.

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La luce soffusa placa l’animo dall’euforia del dover fare, all’esterno di quelle mura, e ogni scatto assorbe una parte di te, che lo osservi. Si copriva il capo con una giacca nera mentre gli occhi scrutavano l’invisibile ricordo di qualcuno che non ti vuole. Sguardo vigile, che nuota fuori dalle orbite per non annegare nella paura. E dopo la fuga il ritorno, come un boomerang l’angoscia esplode all’indietro, in rabbia, e acceca due occhi che hanno visto quello che c’era da vedere. Da perseguitato a persecutore. Mi hanno insegnato a rispondere con la compassione a un torto subìto, perché “occhio per occhio e il mondo diventa cieco”. Qualche passo e sembra ora di accedere a quell’istante di esalazione, di un uomo su un letto di ospedale, ritratto nella medesima posa di colui che sacrificò sé stesso per il popolo, in croce. Nessuna allusione religiosa, quanto piuttosto un messaggio storico intrinseco alla rappresentazione: la sacralità. Morire “in nome di”. E cosa c’è di più sacro dell’esistenza stessa? Cosa accadrebbe a quel bambino che impugna un fucile costruito con canne di bamboo se incrociasse lo sguardo di sé stesso il giorno in cui quel fucile avrà un proiettile in meno, dopo aver sparato? Quei ragazzi sono tutti accomunati dagli stessi occhi spenti e taciti, come se la consapevolezza di aver privato qualcuno della propria vita fosse emersa, ma senza comprendere il perché dell’errore, il perché sia sbagliato, pur avvertendolo forse in petto. Un’incomprensibile disillusione, che non ha sistemi valoriali solidi se non che il dolore sia giustificato e giustificabile.

matilde-donne-madamaOgni parte di mondo ha il suo modo di attaccare e di difendere, di subìre, accettare e concepire la sofferenza, di interpretare l’altro. Ci viene insegnato che la seduzione è un’arma. E quella stessa arma che con provocazione e bramosia attrae a sé lo scopo, uccide quelle donne in fuga, costrette a nascondere interamente il corpo e occultarsi dietro a un velo che nemmeno fa scorgere gli occhi, per timore di essere riconosciute, perseguitate, violentate e massacrate. Qualcosa che va oltre il proprio credo.

Ci si nasconde, un foro nel muro è lo sguardo sul campo di battaglia, mimesi per celarsi all’antitesi, non importa chi e non importa come, a qualcuno verrà sottratta la propria sacralità. Così, camminando sulle rovine storiche sottostanti a Palazzo Madama, come se nulla possa realmente essere distrutto dal tempo e dalla materia, cornici suddivise per autrice offrono un suggestivo scenario bellico, catturando in sintetici e intensi scatti la sofferenza, il prodotto di un’intenzione, la muta rassegnazione dei passi sulle ceneri della propria casa distrutta dai bombardamenti, l’amore per quello che è la propria storia, di chi ancora dorme la notte tra quel che rimane del proprio alloggio, la fede e inevitabilmente “quel che viene dopo”.

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L’intervista: Andreja Restek

resteDa cosa nasce l’idea o la necessità di intraprendere questo percorso (di vita e lavorativo)?

Ognuno di noi ha il proprio background. Io arrivo dalla guerra dei Balcani e una cosa che spesso mi suscita rabbia è sentirne parlare da chi nemmeno sa dove siano collocati. Il mestiere del giornalista è un peso enorme, i bambini sono educati dai genitori, dagli insegnanti e dagli educatori del popolo, che sono i giornalisti e tu hai una responsabilità davvero grande. Quindi forse un po’ di rabbia dentro, perché certe notizie dovevano essere riportate come io credevo che dovessero essere riportate.

 

Esiste un fattore comune tra tutte le autrici della mostra? La scelta di dare voce a sole fotoreporter donne è significativo?

Siamo tante e tanto diverse tra noi. Io penso che questa mostra, più che una differenza tra uomini e donne, metta in luce differenze più che altro culturali, perché noi proveniamo da tanti paesi diversi ed è ciò che traspare nelle immagini, quasi tutte abbiamo due/tre cittadinanze. E poi la sensibilità personale, ci sono uomini più sensibili di altri e donne più sensibili di altre, ma questa scelta è per far sapere che ci siamo anche noi.

Tutte siamo state in diversi fronti, molte di noi anche sugli stessi. Quando ho lanciato questo richiamo in rete hanno risposto loro, si sono mostrate costanti e inoltre un minimo di curriculum era necessario. In particolare mi interessava riunire donne che coprissero più stati possibili.

Cosa determina la durata di permanenza in un posto?

Io mi stabilisco un budget, terminato il quale devo tornare. Noi tutte siamo freelance.

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Oltre a catturare scatti, ti è capitato di intervenire e avere un contatto diretto, fisico con quelle persone?

Sì… I ragazzi in prima linea erano tutti minorenni, l’anno prima studiavano, avevano libri, erano sui banchi di scuola, e l’anno dopo hanno preso il fucile in mano e adesso combattono. Io li fotografavo mentre combattevano e, prima di intraprendere la battaglia, si sistemavano davanti a uno specchio e si mettevano il gel nei capelli, allora chiesi “ vi fate belli?” e loro “eh certo, è possibile che moriremo e noi vogliamo morire belli”… E quando un ragazzino di 14-15 anni ti dice così, ti colpisce molto. Finito il combattimento, mi invitarono in stanza dove loro pregano, mangiano, dormono, vivono e mi chiesero “ci facciamo una partita di scacchi?”. Allora ci siamo seduti, abbiamo giocato una partita e ci siamo salutati. Questa è la loro vita, io ero una distrazione, non so adesso se siano ancora vivi o… Capisci, è terribile.

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Morte: accettazione o tabù? C’è consapevolezza della morte? Com’è generalmente vissuta dai soldati e dai civili in guerra?

Sono consapevoli che moriranno davvero. Mi raccontava una dottoressa: ‘il primo mese hai tanta paura, ma poi svanisce, arrivi a un certo punto in cui speri che non sarai tu il prossimo. Non piangi più i cari, lì è quotidianità, è una cosa normale che tutti abbiano perso marito, figli, parenti… L’unica cosa che rimane è la speranza di non essere il prossimo, ma non ci sono più pianti’. Persone con cui hai parlato fino a due minuti prima o con cui hai avuto un rapporto e all’improvviso sono morte. Io sulla mia agenda ho almeno 20 persone morte. E’ una cosa pesante, il giorno prima sei là e poi scopri attraverso un messaggio o video di terroristi che hanno preso persone con cui hai condiviso qualcosa e le hanno uccise, capita che ti mandino una foto di qualcuno di loro morto.

Camille Lepage è una collega, autrice di alcune foto qui alla mostra, che è stata uccisa nella repubblica africana due anni fa, aveva 26 anni. Il nostro lavoro è pericoloso e purtroppo nella nostra mansione si muore. E cosa capita? Che diventi famoso se non ci sei più e questo è sbagliato. Le mie foto devono piacere o non piacere adesso, questa è la nostra società, ti sparano e “ah, diventi famoso”.

Scatto e rispetto. Ci sono state situazioni in cui hai rinunciato a uno scatto per rispetto della persona?

Sì, talvolta preferisco perdere qualche scatto, fermarmi, perché il rispetto è la parola d’ordine.

 

In una dimensione in cui il rischio è la componente principale, c’è stata una situazione in cui tale fattore sarebbe stato determinante “se non…”?

Volevo andare a visitare delle prigioni; il mio fixer andò a prendere un giornalista americano e al loro ritorno saremmo partiti. Non sono tornati. Arrivò subito la voce che li avevano rapiti. Per tre giorni rimasi in quel posto, aspettando indicazioni e, il quarto giorno, giunse un messaggio di una persona, che io chiamo angelo custode,“scappa hanno la tua foto e ti stanno cercando”. Di solito un giornalista dispone di una guardia del corpo, in quella situazione me ne hanno date tre. Abbiamo impiegato tre ore di macchina per un tragitto di un’ora, pieno di posti di blocco di bandiere nere, dopo di che siamo riusciti ad arrivare alla barriera turca. Poi ho saputo che nel pomeriggio erano nel luogo dove mi trovavo fino a qualche ora prima, per cercarmi.

E non ci sono posti sicuri, a ogni incrocio stradale ci sono i cecchini pronti a far partire il colpo e i soldati sparano attraversando. Tu per attraversare corri e si corre in due, perché in tal modo si ha il 50% di possibilità che uno dei due si salvi.

Devi essere molto preparato, conoscere la storia del paese, la geopolitica. Se tu non sai con chi parli, ti metti a rischio.

Quali contatti occorre avere sul territorio di guerra per assicurarsi un minimo di tutela?

Contatti molto affidabili, infatti è per questo che tra noi ci aiutiamo per averne, ma non c’è mai una vera certezza e sicurezza. Dove non c’è più neanche l’erba da mangiare, tu sei una merce preziosa. Ti prendono e ti vendono a 5000 dollari a quel gruppo che poi ha il potere di trattare con il governo. Questo è l’iter dei gruppi terroristici e speri di non finire mai nelle mani dell’Isis, lì allora sei finito.

PH © Andreja restek / APR NEWS Aleppo, Syria
PH © Andreja restek / APR NEWS
Aleppo, Syria

Dove dormi in quelle zone di guerra dove ogni secondo potrebbe essere l’ultimo?

Si dorme nei palazzi bombardati, vestiti e con i documenti addosso, perché quando ci sono i bombardamenti e una bomba cade dove ci sei tu, se ti trovano sanno chi sei, puoi essere riconosciuto, o se invece cade nelle vicinanze hai tempo di scappare senza perdere tempo a cercare i documenti. Queste sono regole base di guerra.

 

A te è capitato di dover scappare per un bombardamento troppo vicino?

A me di scappare non è capitato, perché era a 200m da dove mi trovavo e lì non scappi neanche, perché se sei conscio di dove sei, sai dove sei. E non era lì vicino, così vicino da dover scappare.

 

Alla mostra è esibita una sequenza di scatti di donne completamente nascoste da teli e vesti, perfino lo sguardo non è lasciato trasparire. È stato facile avvicinarsi a loro e chiedere di prestarsi per un’immagine che non sarebbe stata fine a se stessa?

Sono donne siriane fuggite dal Libano, hanno subito di tutto e di più, vittime di violenza, per cui occorre tanto tempo per conquistare la loro fiducia. Tutto il contesto   è importante, di una foto mi piace ad esempio il particolare del pacchetto di sigarette sul tavolo, perché la loro vita sta riprendendo un po’ una normalità, piccole cose che parlano di tutti i giorni.

andreja-resCi sono scatti di persone che sono state uccise e lasciate per strada, mentre sullo sfondo la vita, intesa nella normalità del suo contesto, prosegue. Qual è il messaggio?

Questa è la vita di qualcuno. E purtroppo se ci pensi niente è così lontano, poiché al mondo d’oggi tutto è molto vicino: ogni azione fatta influisce su di noi, viviamo nell’epoca della globalizzazione. Noi pensiamo sempre che accade agli altri, ma non è vero. Secondo me dobbiamo proteggere di più la democrazia, la pace e non dare niente per scontato. Io arrivo dalla guerra dei Balcani e vedo come abbiamo dato tutto troppo per scontato. C’è un grosso problema qui in Italia, paese che io amo tanto. Abbiamo fatto una prima mondiale con questa mostra, tutti hanno scritto su di noi, gli italiani si devono vantare delle bellezze, devono amare di più questa bellezza che hanno.

Ognuno di noi può dare qualcosa.

Qualcosa si è mosso con queste fotografie che, oltre a riportare fatti, li denunciano?

Sì, ad esempio questa donna ritratta in un momento del processo per stupro in Congo, da parte dei soldati. Con la sua udienza in tribunale, in dieci giorni sono emersi migliaia di stupri e grazie a lei il mondo ha parlato di questo. È l’inizio di qualcosa di molto importante.

 

 

Grazie Andreja per avermi dato l’opportunità di conoscerti,

di avermi fatto indossare uno sguardo diverso dalla normalità cui sono abituata,

di questo costante e indefinibile rimbalzo di emozioni,

per la presenza e per la gioia di vivere.

 

Alessia Savoini

La Regione per la cura dell’aspetto estetico dei pazienti oncologici

regione giuntaLa Regione Piemonte è pronta a formare anche la cura dell’aspetto estetico dei pazienti oncologici. Ci sarà un albo per individuare gli estetisti formati e preparati ad occuparsi delle persone malate di tumore e sottoposte a trattamenti oncologici.

 

Questo è il progetto a cui la Regione Piemonte sta lavorando insieme alla Rete oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta, su proposta del Comitato unitario delle confederazioni artigiane, i cui rappresentanti nei giorni scorsi hanno incontrato l’assessore alla Sanità Antonio Saitta.

 

L’idea allo studio è quella di varare dei corsi di formazione aperti a estetisti già abilitati alla professione, della durata di 150 ore e comprensivi di uno stage all’interno di una struttura sanitaria o di un hospice.

 

“Credo che sia un esempio di un corretto utilizzo delle risorse pubbliche – ha sottolineato l’assessore Saitta – in quanto usate in funzione di un reale interesse comune. Certo, occorre concludere questo BANDIERE REGIONEpercorso insieme all’assessore alla Formazione professionale Gianna Pentenero”.

 

I vertici delle associazioni, tra cui il segretario regionale Cna Filippo Provenzano e Lino Fioratti di Confartigianato Piemonte, hanno spiegato nel corso dell’incontro, che una corretta preparazione può aiutare a migliorare l’approccio professionale degli estetisti, facendo loro conoscere le patologie più ricorrenti, e al contempo a ridurre i possibili disagi dei pazienti.

 

In questo senso sarà importante il ruolo della Rete oncologica diretta da Oscar Bertetto, intervenuto alla riunione. Questa fornirà i docenti dei corsi e contribuirà a stilare il programma didattico delle attività.

L’obiettivo finale sarà appunto quello di creare un elenco di professionisti specializzati, in grado di operare con le dovute competenze e di fungere da riferimento per i pazienti e per le famiglie.

 

Vito Piepoli

(foto: il Torinese)

Tram più veloci con la taratura dei semafori

tram coloriLa società 5T intende rivedere  i parametri di funzionamento degli impianti semaforici centralizzati per i tram. Così,  su disposizione dell’assessorato ai Trasporti della Città, si farà in modo di  aumentare la velocità del servizio di trasporto pubblico, con una sperimentazione che inizierà dalla linea 16. Gli impianti semaforici coinvolti  sono in corso San Maurizio, Regina Margherita, Tassoni,  Peschiera-Einaudi e Massimo D’Azeglio. Si calcola che si possano risparmiare circa 5 minuti sulla percorrenza dell’intera linea, con una riduzione dei tempi del  10%. Un intervento verrà  effettuato anche sulla linea 15 e sulle principali linee di autobus. 

 

(foto: il Torinese)

 

L’età per rileggere fa scoprire che il caos era prevedibile

fontana-scaleSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

Enrico Berlinguer in una intervista anni ’70, alla domanda se si entusiasmasse nel leggere rispose: “soprattutto rileggere”. Si incontrano e si capiscono cose prima non colte.  Per me è venuta l’ età per rileggere e ” vago” nella mia fornitissima bibliotecaUn po’ per mettere a posto ed un po’ per cercare qualcosa. Credo che vi capiti di cercare qualcosa di non ben definito rendendovi conto che  la situazione diventerà razionale quando si troverà il tutto.  E mi imbatto su un libro. Italo Fontana :  “Non sulleberlinguer mie scale” .Veloce rilettura.  Zona San Salvarlo, un psicoanalista cerca invano di liberarsi di spacciatori di colore che hanno occupato l’androne di casa sua.  Danno fastidio a tutti e spaventano le pazienti che da lui vanno in analisi.  Storie di questo nostro mondo di ordinaria follia. Dunque dove sta la novità o la “scoperta” ? Editato il 3 gennaio del 2001. Proprio così, storie che si sviluppavano già nel secolo scorso.  Quasi vent’anni fa. Come è possibile che i nostri potenti della terra si siano presentati così impreparati all’attuale caos? Questa miscellanea tra droga, traffico di armi, terrorismo, integralismo islamico ,bombe anarchiche contro Casa Pound e fascisti e Salvini che vogliono ” inchiodare i profughi 2clandestini sul bagnasciuga “.Clandestini profughi che scappano da guerre e dalla fame. Scappano da qualcosa di molto più tragico che tentare una fuga a volte finita in fondo al Mediterraneo.  Noi divisi tra accoglienza tout court e rimpatri e basta. Mi sa che la storia ripetendosi è più tragica di prima.  Un dramma che non riesce neppure a trasformarsi in farsa.   Troppi morti nelle guerre nel mediterraneo. in America Latina tra il Messico e gli Usa.  Persino l’Australia considerata dai respingitori nostrani come modello ha una città al nord interamente abusiva di clandestini.  L’aumento demografico fa il resto complicando  questi fenomeni.  E  i potenti della terra? Prima giravano la testa per non vedere, oggi bisticciano sul non fare.  Inglesi contro i francesi e francesi contro gli italiani.  Purtroppo ho ritrovato quel personale pessimismo che da oltre 25 anni mi accompagna. A tutti noi chiedo: muoviamoci.  Ho paura che tutto non sia sotto controllo.  Sfuggito dalle nostre mani e capacità. 

 

Patrizio Tosetto

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Il nuovo portale dei giornali piemontesi

giornali-crpwww.giornalidelpiemonte.it mette a disposizione di ciascuno i giornali locali pubblicati in Piemonte dal 1846 ad oggi

 

La nuova versione del portale www.giornalidelpiemonte.it, che rende disponibili più di due milioni e mezzo di pagine di giornali locali del Piemonte, ha introdotto nuove funzionalità per la ricerca e la consultazione dei giornali locali: la mappa del Piemonte cliccabile e la possibilità di sfogliare pagina per pagina il periodico. Inoltre è stata introdotta la ricerca tramite calendario per individuare un singolo giornale in un determinato arco temporale o in un singolo anno. Il portale www.giornalidelpiemonte.it mette a disposizione di ciascuno i giornali locali pubblicati in Piemonte dal 1846 ad oggi. Cittadini, ricercatori, studenti, storici e giornalisti hanno così la possibilità di consultare – gratuitamente e liberamente – la maggior parte delle annate dei numerosi giornali locali pubblicati in Piemonte: 123 testate con una tiratura settimanale di 600mila copie e 2,5 milioni di lettori, compreso la rivista Notizie della Regione Piemonte. Un patrimonio prezioso e unico sulla storia del territorio che diventa facilmente fruibile da tutti attraverso una piattaforma online costantemente aggiornata. L’ambizioso progetto, nato nel 2006 con Mentelocale, è stato realizzato in collaborazione con diversi enti: Regione Piemonte e Consiglio regionale, Federazione degli editori dei giornali locali  (Fipeg), rete delle Biblioteche e CsiPiemonte.

Dalla Regione il “Buono servizi” per aiutare i disoccupati

BANDIERE REGIONEPer favorire la ricollocazione professionale dei lavoratori la Regione dà il via al Buono servizi al lavoro. La  nuova strategia messa a punto dalla Giunta è  un insieme di iniziative, spendibili presso la rete dei servizi pubblici e privati per l’impiego, con lo scopo di “accompagnare chi è disoccupato da meno o da almeno sei mesi oppure si trova in condizioni di particolare svantaggio nella ricerca attiva di un’occupazione”. Leggi il dettaglio

La misura è finanziata con risorse del Fondo sociale europeo per un importo complessivo di 62.8 milioni di euro sul bilancio pluriennale 2016-2018 e si attua attraverso bandi di durata annuale, che consentono, in particolare nei casi in cui sono coinvolti gli operatori privati accreditati, di valutarne i risultati e prevedere meccanismi premianti: si calcola che possano essere coinvolte circa 20.000 persone nei prossimi tre anni.

Secondo l’assessora regionale al Lavoro e Formazione professionale, Gianna Pentenero, ” è una sperimentazione ancora piccola nei numeri, ma utile a favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, valorizzando la capacità di attivazione delle persone e la collaborazione tra i servizi, pubblici e privati, per l’impiego. Inoltre, il fatto che gli operatori siano valutati e remunerati prevalentemente in base ai risultati raggiunti incentiverà l’adozione di comportamenti virtuosi da parte di chi eroga i regione giuntaservizi”.

In questa prima fase  si parte con otto laboratori di politica attiva che i Centri per l’impiego piemontesi, coordinati dall’Agenzia Piemonte Lavoro, mettono a disposizione delle persone disoccupate da meno di sei mesi per rafforzare le loro competenze e migliorarne la ricerca attiva di lavoro. I temi dei laboratori sono molteplici, dalla presentazione del mercato del lavoro in Piemonte e in Italia alle professioni emergenti, alla navigazione tra i canali di ricerca di lavoro e social, a lavorare in Europa con la rete Eures, a come presentarsi a un colloquio di lavoro, ai contratti di lavoro, alle conoscenze utili per la mobilità europea”.

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L’elenco completo delle sedi a cui rivolgersi per la richiesta di informazioni e attivazione dei servizi è su www.regione.piemonte.it/lavoro/politiche/buonoservizi.htm

 

(foto: il Torinese)

Camusso: “I voucher sono come pizzini, inquinano il lavoro”

CAMUSSO3Caustica, Susanna Camusso, parlando con l’agenzia Ansa: “I voucher sono diventati i pizzini che retribuiscono qualsiasi attività. Così  si inquina il buon lavoro e si condannano milioni di giovani e lavoratori a un futuro assai povero. Vanno aboliti”. La leader della Cgil è intervenuta nella polemica sui voucher che nei giorni scorsi ha interessato il Comune di Torino che li utilizzerà per pagare alcuni mediatori culturali che devono affiancare i dipendenti agli sportelli pubblici. Palazzo Civico replica che il bando deriva da una delibera della giunta Fassino, con 25.000 euro stanziati dalla Compagnia di San Paolo che non avrebbe senso perdere.

Pranzo speciale con i profughi

profughi-monteu2Nei giorni scorsi, a conferma del buon rapporto instaurato con i ragazzi profughi di stanza a Monteu, il titolare del bar Oasi, Fiore Antonucci, con l’aiuto del fratello Nino, ha offerto loro un pranzo particolare . Tra la classica pizza italiana ed uno speciale piatto di riso, cucinato all’africana, in una sala messa a disposizione dal Comune, si profughi-monteusono trovati a festeggiare la loro amicizia tutti i ragazzi africani e pakistani. La sala è stata presto rallegrata dalla musica dei particolari “tamburi” africani, dalla caratteristica forma a calice, gli “Jambè”, suonati da un gruppo guidato dal maestro Tarike Amine, gruppo musicale che si occupa di musico-terapia per ragazzi diversamente abili a cura della Cooperativa sociale Pantarei. La musica incalzante dei ritmi tribali , l’insieme suggestivo delle percussioni hanno coinvolto anche i nostri ragazzi che si sonno cimentati anch’essi in questi ritmi delle loro musiche.

Massimo Iaretti

Per i bambini terremotati Epifania con i supereroi

La scorsa estate dopo il terremoto che ha colpito e distrutto molti paesi del centro Italia, tantissime persone hanno contattato la Nazionale Italiana dell’Amicizia Onlus chiedendo di ‘usare’ l’associazione per raccogliere fondi ‘sicuri’ da destinare alle popolazioni colpite dal sisma.

La Onlus ha immediatamente accolto l’invito e, con il patrocinio della città di Torino, ha organizzato un’iniziativa per riportare il sorriso e donare un po’ di allegria ai bambini nel giorno dell’epifania.

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La Nazionale Italiana dell’Amicizia Onlus, grazie all’aiuto degli agenti del Comando della Polizia Municipale di Torino è entrata in contatto con la Protezione Civile operativa nelle zone terremotate e ha organizzato una giornata con i supereroi e le principesse della NIDA. Il 6 gennaio sarà una giornata intensa: al mattino i supereroi e le principesse saranno a San Benedetto del Tronto per incontrare i bambini e distribuire loro giochi e materiale scolastico acquistati con i fondi raccolti. Raggiungeranno poi Amatrice dove, insieme agli ‘angeli motociclisti’ A.P.S. I PATITORI – anche loro organizzatori di una raccolta fondi per i bimbi del territorio colpito dal sisma –  a mezzogiorno serviranno e animeranno il pranzo dei bimbi. Le sorridenti principesse e gli invincibili supereroi saranno i camerieri d’’eccezione’ anche della cena durante la quale oltre i pasti serviranno molti dolci tra cui pandori, panettoni e altre prelibatezze. E per concludere gli amici della Onlus trascorreranno la notte in tenda per provare a strappare un sorriso anche agli adulti. I soci della Nazionale provenienti da tutta Italia partiranno da Torino in pullman la notte tra il 5 e il 6.

Alle periferie torinesi arrivano 18 milioni per mobilità, cultura, welfare

TORINO LINGOTTO GRATTACIELOappendino tgA Torino arriveranno i 18 milioni di euro  richiesti attraverso la partecipazione al bando nazionale per il finanziamento di interventi di riqualificazione urbana. Saranno finalizzati alla realizzazione in zone periferiche della città, di progetti nell’ambito di mobilità sostenibile, attività educative e culturali, servizi a sostegno dell’inclusione sociale e welfare. C’era stata qualche polemica nei mesi scorsi perchè Fassino accreditava alla sua amministrazione l’ottenimento dei fondi e la nuova Giunta pentastellata se ne assumeva i meriti. In ogni caso è un buon risultato per la città. A Palazzo Civico è giunta la comunicazione ufficiale del Consiglio dei Ministri, che conferma il finanziamento dell’intero importo richiesto dalla Città di Torino per l’attuazione di un piano che, per la tipologia e le caratteristiche degli interventi previsti, è stato giudicato tra i più funzionali al miglioramento della qualità della vita nelle aree urbane periferiche.

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“Rivendichiamo, anche alla luce del risultato, la scelta politica di questa Amministrazione di prediligere tanti interventi diffusi sul territorio rispetto ad uno o a pochi. È stata – commenta  la sindaca Chiara Appendino – una scelta vincente nel metodo per l’obiettivo raggiunto e lo sarà nel merito massimizzando i benefici per tutti i torinesi. Le periferie – sottolinea Appendino – non si identificano infatti solo con un luogo fisico. Mettere al centro delle azioni del bando numerosi interventi per incidere sulle aree con maggiore dispersione scolastica, degrado degli edifici e TORINO INGRESSOdisoccupazione, ci permetterà di intervenire anche sulle periferie esistenziali e migliorare la qualità della vita di chi è più in difficoltà. Un grazie sentito agli uffici e a tutti coloro che hanno collaborato per riuscire ad ottenere questo finanziamento così significativo”. Ora i progetti del piano “AxTO (azioni per le periferie torinesi) 2017-2019” – redatto grazie al lavoro di diversi uffici dell’Amministrazione civica coordinati dall’architetto Valter Cavallaro, che è stato approvato dalla Giunta comunale e presentato al Governo lo scorso mese di agosto – potranno passare dalla carta alla realizzazione vera e propria.  I nuovi 18 milioni di euro di stanziamento statalecielo sopra torino integreranno altri finanziamenti :  tra investimenti pubblici e privati, si tratta complessivamente di 41 milioni di euro, che dovranno dare corpo a progetti di riqualificazione urbana per assicurare ai quartieri la possibilità di valorizzare la propria offerta in termini di capacità di attrazione e di contribuire allo sviluppo di una città più omogenea ed equilibrata. Gli interventi riguarderanno la manutenzione di strade e marciapiedi, di scuole, mercati, parchi e campi sportivi, il bike sharing e l’edilizia popolare, un polo tematico a Parco Dora e altro ancora.  Il piano AxTO, che prevede cinque assi (spazio pubblico, casa, lavoro e commercio, scuola e cultura, comunità e partecipazione), è consultabile on line all’indirizzo www.comune.torino.it/sfogliato/axto/# 

 

(foto: il Torinese)