Un morto e un ferito grave nell’incidente stradale avvenuto oggi sulla Firenze-Pisa-Livorno in direzione mare. Il conducente di una Fiat Punto, un giovane di nazionalità albanese residente a Livorno, che viaggiava molto probabilmente a forte velocità ha perso il controllo del veicolo nel sorpasso, per il manto stradale reso viscido dalla pioggia. Il passeggero che si trovava con lui è morto sul colpo. La vettura avrebbe prima sbattuto violentemente con il fianco sinistro sul guard rail conficcandosi poi sotto un tir parcheggiato in una piazzola di sosta sul lato opposto della carreggiata.
Il segreto di Goli Otok, l’isola Nuda
“L’isola prese il nome di Goli Otok (isola nuda) proprio perché è una massa di pietra deserta. I venti che soffiano con insistenza non permettevano ad alcuna pianta di sopravvivere a lungo. Questa isola priva di vita e con il suo aspetto che evocava la morte, era ideale per un carcere dove nessuna legge umana sarebbe più esistita. Nessuno avrebbe potuto avere accesso al carcere, avrebbe potuto fuggire. Nessuno al mondo avrebbe saputo delle atrocità che i detenuti avrebbero dovuto subire!”. Così si legge nel diario-libro dal titolo “Il segreto dell’Isola nuda”, di Claudia Sonia Colussi Corte, pubblicato nella collana Autografie dell’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano. Un libro che rimanda a una pagina drammatica della storia balcanica: quella dei prigionieri dell’isola Calva (in croato Goli otok), situata a breve distanza dal litorale croato, proprio sul confine con l’arcipelago dalmata. Questa piccola isola rocciosa, battuta dalla bora e quasi priva di vegetazione, è divenuta tristemente famosa nel secondo dopoguerra quale sede di un campo di concentramento della Jugoslavia destinato a ospitare gli oppositori al regime di Tito. In particolare, dopo la rottura tra Stalin e Tito del 1948, sull’isola vennero deportati molti dei comunisti, jugoslavi e non, vicini alle posizioni staliniste. Gli italiani imprigionati a Goli Otok (per lo più immigrati dal monfalconese nel 1946) furono circa trecento. L’isola cessò di essere un campo di “rieducazione politica” nel 1956, ma la colonia penale fu chiusa definitivamente solo nel 1988. Claudia è stata testimone silenziosa di un sogno infranto: quello del padre,Cherubino Colussi,affascinato dal comunismo sovietico, alla ricerca di una terra ideale che accogliesse lui e la famiglia. Così, nel 1946, Claudia e i genitori lasciarono Monfalcone e si trasferirono a Lussimpiccolo, paese d’origine del padre, dove l’uomo credette di poter concretizzare le sue speranze di uguaglianza.
La Russia era troppo lontana e “allora perché non andare a vivere al paese natio, Lussimpiccolo, che è il più bel paese del mondo? […]. La Jugoslavia non era lontana. […] Così la grande, incomparabile madre Russia, protettrice di tutti i paesi socialisti, gli sarebbe stata più vicino”. Ma le tante speranze furono presto vanificate: la Jugoslavia ruppe i rapporti con l’Unione Sovietica e perseguitò chi – secondo Tito – era rimasto legato allo stalinismo. Fu così che il Tribunale Supremo di Spalato arrestò Colussi, condannandolo a quattro anni di reclusione e a un anno di libertà condizionata per attività sovversiva: prigioniero politico, deportato a Goli Otok, l’Isola Nuda. Claudia e la madre, sfrattate da casa, senza reddito, terrorizzate da possibili rappresaglie, tornarono in Italia nell’attesa di notizie. Il rientro in Jugoslavia, un anno dopo, per la bambina di circa 10 anni, coincide con il ricordo indelebile di Goli Otok, l’isola che “divenne la tomba per tanti innocenti, e per tantissimi fu il luogo dove le mostruosità commesse dagli uomini agli uomini arrivarono al loro apice”. Nel gennaio 1954, dopo molte ore di viaggio, le due donne incontrano per quindici minuti un uomo irriconoscibile, provato. Per le feste natalizie, grazie a un’amnistia, ”un bussare quasi timido turba la quiete della casa” e Claudia può riabbraccia il padre “con le guance scarne[…] vestito poco e male […] con la testa rasata”. Dal febbraio 1951 alla fine del 1954 Cherubino Colussi uomo condivise la sorte di almeno altri duemila carcerati, molti dei quali“sono deceduti per estenuazione, torture, malnutrizione e malattie”. Un ricordo ingombrante che accompagnerà Claudia e i suoi genitori per tutta la vita. Claudia è stata testimone, sino all’ultimo, della sorte di suo padre, che è deceduto senza ripudiare i suoi ideali, pensando ad un futuro migliore nel quale ci sarebbe stata giustizia, fratellanza, benessere per tutti i popoli. Nonostante l’orrore vissuto mantenne nel cuore “quell’immagine incancellabile che ebbe della Russia, leggendo i libri dei suoi grandi scrittori”.
ADDIO AL GRAN BAZAR DI ISTANBUL ?
FOCUS INTERNAZIONALE di Filippo Re
Si vedono e si sentono anche i colori e i profumi del celebre Gran Bazar nel libro che Edmondo De Amicis dedicò a Costantinopoli sul finire dell’Ottocento facendo rivivere con pagine di grande eleganza letteraria la capitale dell’Impero ottomano ormai al tramonto
Arrivato via mare dopo oltre dieci giorni di navigazione il cronista-scrittore ligure, ma torinese d’adozione, rimase stupefatto dalla bellezza della città sul Bosforo “davanti alla quale tutti emettono un grido di meraviglia”. Come altri scrittori, anche il viaggiatore di Oneglia, Torino e Pinerolo, ci accompagna all’interno del Bazar scoprendo aromi e fascino nascosti sotto le volte di quel grande edificio di pietra, un tempo di legno, tra odori di spezie, stoffe e pellame, dedalo di vicoli, portici, fontane e piazzette, sovrastati da cupole che lasciano passare la luce, nel quale “si vedono tante di quelle meraviglie che è molto difficile andarsene senza comprarle” come ammettevano i viaggiatori europei dei secoli scorsi visitando la città dei sultani. È notizia di questi giorni che alcune decine di commercianti del Gran Bazar stambuliota, a causa della crisi economica e del netto calo dei turisti, hanno lasciato Istanbul per riprendere la loro attività sulle coste adriatiche del Montenegro. Non è certo un addio al famoso Bazar che oggi dà lavoro a migliaia di negozianti ma la notizia crea comunque un certo stupore pensando al ruolo vitale che questa struttura, vecchia di oltre cinque secoli, ha rappresentato nella storia di Costantinopoli. Centro commerciale di un tempo, il Gran Bazar era soprattutto il più importante luogo di incontro della capitale ottomana. Tutti i mercanti, musulmani, greci, ebrei e armeni si davano appuntamento nel Bazar per discutere di lavoro, affari e viaggi. Fatto costruire da Maometto II pochi anni dopo la conquista turca della capitale bizantina, l’antico Bazar sembrava una piccola città, con negozi, hamam e moschee, circondata e protetta da alte mura tra il Corno d’Oro e il Mar di Marmara. La giornata cominciava alle otto con la tradizionale preghiera per il sultano e finiva alle sei del pomeriggio. Nel Quattrocento le botteghe artigiane erano almeno duecento, in gran parte al coperto e una parte all’aperto, e i proprietari quasi tutti musulmani. Vi trovavano posto bottegai di sete e tessuti, oro e argento, rubini e turchesi, cappelli, vasi dorati e libri. Il Bazar non era solo un punto di riferimento per il commercio e gli acquisti ma anche un luogo dove si pianificava l’economia e si compravano gli schiavi. Era anche una sorta di Banca. C’erano infatti dei forzieri, ben custoditi dietro le botteghe, dove i residenti potevano nascondere denaro e oggetti preziosi. Ci si fidava finchè un tal giorno, verso la fine del Cinquecento, un giovane ladro svuotò di notte molte casseforti. Il clamoroso furto gettò nella disperazione tutta la città a tal punto che il malvivente, appena catturato, fu impiccato davanti al sultano.
“Cordoglio e vicinanza” alla famiglia del giovane escursionista che questa mattina ha perduto la vita nei boschi di Apricale per la fucilata di un cacciatore sono stati espressi dall’on. Michela Vittoria Brambilla, presidente del Movimento animalista, che martedì scorso, alla Camera, ha presentato alcune iniziative legislative per limitare fortemente la caccia, in attesa di poterla di fatto abolire.“Abbiamo appena finito – ricorda l’ex ministro – di denunciare i danni enormi che la caccia infligge al patrimonio naturale del nostro paese e i rischi inaccettabili cui l’onnipresenza delle doppiette nei boschi e nelle campagne, durante la stagione venatoria, sottopone chi vorrebbe semplicemente godersi, in santa pace, l’aria aperta. Eccoci di nuovo qui, con l’ennesima tragedia alle spalle, aggravata dalla giovane età della vittima. A questo punto non possiamo che reiterare la richiesta di vietare la caccia la domenica, di raddoppiare le distanze di sicurezza e di sottoporre i cacciatori a controlli medici frequenti e stringenti, chiedendoci fino a quando i pubblici poteri continueranno ad anteporre il divertimento di pochi all’incolumità di tutti e la soddisfazione dei “Rambo” di casa nostra alla distruzione di un patrimonio collettivo. L’Italia è un paese fortemente antropizzato, per la caccia non c’è posto: possibile che proprio gli amministratori locali non se ne rendano conto?”
UNDICI STAGIONI DI CACCIA (E GLI INCIDENTI FUORI STAGIONE CON ARMI DA CACCIA)
T= Totale dell’anno, morti e feriti; AV: morti e feriti in ambito strettamente venatorio
Anno Morti T feriti T Morti AV Feriti AV
2007/8 30 79 27 74
2008/9 42 94 25 78
2009/0 31 86 24 71
2010/1 53 88 25 75
2011/2 27 82 11 75
2012/3 32 119 21 97
2013/4 25 80 13 69
2014/5 24 73 22 66
2015/6 24 87 18 72
2016/7 12 68 9 59
2017/8 30 85 22 68
Totale 327 941 217 804
(Fonte: rielaborazione da dati Associazione vittime della Caccia)
L’ULTIMA STAGIONE (22 MORTI E 68 FERITI): ALCUNI DEI CASI PIU’ GRAVI
12 settembre 2017, muore a Vigo Rendena un guardacaccia di 71 anni ucciso dal colpo partito per sbaglio ad un amico durante una battuta
17 settembre 2017, nelle campagne di Contessa Entellina (Palermo) un cacciatore uccide per sbaglio un altro cacciatore di 51 anni
17 settembre 2017, a San Varano (Forlì) una bambina di 12 anni è ferita da un pallino da caccia mentre gioca nel giardino di casa sua
24 settembre 2017, a Collegiove (Rieti) un anziano cacciatore di 79 anni è colpito a morte, per sbaglio, da un altro cacciatore
27 settembre 2017, a Gallinari (Salerno) un cacciatore di 55 anni perde la vita durante una battuta di caccia, ucciso da un altro cacciatore
30 settembre 2017, a Codognè (Treviso) la casa di una famiglia è crivellata di colpi, spaventando a morte i bambini
9 ottobre 2017, a Cavaglio D’Agogna (Novara) un uomo di 59 anni che andava a castagne viene colpito a morte da un cacciatore
15 ottobre 2017 a Città della Pieve (Perugia) un uomo è colpito in faccia e muore durante una battuta di caccia al cinghiale
23 ottobre 2017, a Bardineto (Savona), un uomo di 59 anni, intento a raccogliere castagne e funghi, è ucciso dal colpo di un cacciatore e muore sotto gli occhi della compagna
3 novembre 2017, a Montegrazie (Imperia) sparano vicino alle case e al Ranch dove si pratica l’ippoterapia. Interviene la polizia: cinque identificati tra cui un bambino di 10 anni, fatto partecipare alla “battuta”
4 novembre 2017, a Ceglie Messapica (Brindisi) un cacciatore di 64 anni è ucciso da un compagno di battuta
13 dicembre 2017 a Gorreto un cacciatore di 53 anni è ucciso dalla fucilata di un compagno
3 gennaio 2018, a Sessano del Molise, un cacciatore è raggiunto da un colpo di fucile mentre caccia il cinghiale in una zona impervia: morto
7 gennaio 2018, a San Chirico Raparo (Potenza) un cacciatore di 67 anni perde la vita per un colpo ricevuto alle spalle.
L’INIZIO DELLA STAGIONE 2018-9
30 settembre, nei boschi di Apricale (Imperia) un giovane escursionista è ucciso dalle fucilate di un cacciatore
25 settembre a Faenza, un cacciatore originario di San Marino, convinto di mirare ad una lepre, ferisce a gambe e braccia tre persone intente a lavorare in un campo di kiwi.
17 settembre a San Giorgio, frazione di Cesena (FC), un bambino di otto anni è colpito alla schiena mentre gioca nel giardino di casa sua
19 settembre a Serra Riccò (Genova) un anziano cacciatore è colpito dalle schegge di un proiettile ed è condotto al Pronto soccorso in codice rosso
20 settembre, Rimini: un ciclista è colpito all’occhio da piombini sulla ciclabile di Marecchia
20 settembre, Sesto Fiorentino (FI): pallini da caccia finiscono sul tavolo di un ristorante, dove sta pranzando una famiglia con un bimbo di pochi mesi
23 settembre, Leno (Brescia): un cacciatore di 58 anni è ferito a gambe e torace durante una battuta di caccia
E’ rimasto bloccato dal fuoco e dal fumo nella sua abitazione a Uta, in provincia di Cagliari, l’uomo 56enne che è morto tra le fiamme. L’incendio è scoppiato ieri notte e ha colpito un’abitazione di due piani. Sono intervenuti i vigili del fuoco che, dopo aver spento il rogo hanno trovato il cadavere.
(foto archivio)
Arrivano i droni che servono caffè
Il grande gruppo industriale Ibm investe sul caffè. Dopo 107 anni di vita si rinnova puntando su droni dotati di una telecamera e di sensori biometrici, che saranno in grado di portare il caffè a chi lo desidera. Si tratta di una tecnologia brevettata che può essere impiegata negli uffici e dalle caffetterie per aumentare le vendite.
Confermata dalla Corte d’assise d’appello di Brescia la condanna a nove anni e quattro mesi per Mirko Franzoni, il giovane bresciano, che il 14 dicembre 2013 uccise a colpi d’arma da fuoco Eduard Ndoj, un ladro albanese di 26 anni, che si era introdotto in casa del fratello. Per i giudici è stato omicidio volontario e non di omicidio colposo, e nemmeno un incidente come invece sosteneva la difesa dell’imputato.
#BODYPOSITIVECATWALK
E’ bruciato durante la notte , per cause da accertare, il gattile di Rho, nel Milanese. Quasi tutti i gatti ospitati, più di 100 sono morti tra le fiamme. Sembra che le cause siano accidentali ma sono in corso accertamenti. La struttura ospitava anche alcuni cani, che sono riusciti a salvarsi.
Il Mare Mediterraneo, crocevia tra Oriente e Occidente, culla delle più antiche civiltà e delle tre grandi religioni monoteiste, è da sempre teatro di scambi commerciali, scontri economici e politici, diaspore etniche e religiose. E da sempre la Sicilia, isola geograficamente al centro di questo continente acqueo, è terra di conquista e avamposto strategico, ma soprattutto porto di approdo e accoglienza, luogo di riparo e di ripartenza, simbolo del meticciato e della convivenza tra Nord e Sud, tra Arabi e Normanni, tra Cristianesimo e Islam.Oggi più che mai questo stesso Mare Mediterraneo è un territorio instabile e in fibrillazione, cuore della nuova odissea dei migranti e custode, nei suoi abissi, delle storie individuali e collettive dei viaggi disperati dei nuovi dannati della Terra. In un momento storico in cui il tema della migrazione e la crisi dei rifugiati nel Mediterraneo è tornato tristemente e ferocemente alla ribalta nelle pagine della cronaca quotidiana, facendo esplodere ipocrisie e contraddizioni, i quattro artisti moscoviti Tatiana Arzamasova, Lev Evzovich, Evgeny Svyatsky e Vladimir Fridkes propongono a Palermo, cuore della Sicilia, un’installazione che si presenta come una potente metafora visiva, un monumento precario eretto a commemorazione di queste moltitudini troppo spesso lasciate senza nome. Nove statuette di porcellana modellate sullo stile kitsch neo-rococò di Capodimonte, poggiate su altrettanti piccoli piedistalli che ne esaltano la fragile precarietà, si trovano incastonate come gioielli in un ondeggiante oceano virtuale, immerse in una videoproiezione che evoca il mare come elemento vivo, capace di trasformarsi in pochi secondi da placida distesa azzurra a furioso inferno in tempesta. Con la dovizia di particolari e i tipici colori pastello dei soprammobili borghesi di un tempo, le piccole sculture raffigurano scene di naufragio e di accoglienza, attingendo all’esplicito e potente immaginario degli AES+F, dove il gusto e l’estetica del paradosso si combinano con una lettura della realtà radicale e diretta. Il riferimento a La zattera della Medusa di Théodore Géricault è esplicito ed evidente, così come esplicita ed evidente è la parodia della tragedia – tipica della letteratura russa d’avanguardia – messa in atto dagli artisti, capace di turbare nel profondo con un gesto esteticamente sovversivo la coscienza di noi spettatori, ormai assuefatti dalla cronaca degli eventi. La forma e il materiale scelti per queste opere sono in contrasto con il dramma di ciò che si sta svolgendo nel Mediterraneo oggi – sottolineano gli AES+F – e così facendo lo sottolineano. Un raggio di luce riflesso illumina meglio di un raggio diretto. Pensiamo che ciò sia vero soprattutto per questo lavoro.A gennaio 2019 gli AES+F saranno protagonisti di un nuovo progetto al Teatro Massimo: cureranno infatti la messa in scena dal punto di vista visivo della TURANDOT di Giacomo Puccini, opera con la regia di Fabio Cherstich, co-prodotta dal Teatro Massimo di Palermo insieme a Karlsruhe Staatstheater, Teatro Comunale di Bologna e National Operetta Kyiv, che inaugura la stagione 2019.
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Mostra promossa dal Multimedia Art Museum di Mosca
Manifesta 12 Palermo, eventi collaterali
Teatro Massimo, Sala Pompeiana
Piazza Verdi, Palermo
18.06.2018 – 1.10.2018