DAL LAZIO Un ragazzino di 15 anni è morto ieri in serata nel reparto di terapia intensiva pediatrica del Policlinico Umberto I di Roma, dove era stato ricoverato nella mattinata . Il decesso è dovuto ad una sepsi meningococcica. Sono immediatamente scattate le procedure di profilassi presso i familiari del ragazzo e gli amici che erano stati in contatto con lui e la profilassi è stata estesa anche alla scuola frequentata dal ragazzino nel territorio della Asl Roma 2.
Piazza di San Venceslao o meglio la Vaclavské , come la chiamano i praghesi, è un luogo alquanto anomalo. Più che una piazza vera e propria è un largo viale lungo 750 metri nel cuore di Nové Město, la città nuova. Per ammirarne la maestosità si può raggiungere il Museo Nazionale, alla sua sommità, e da lì – dove è stata collocata la statua equestre di San Venceslao – guardare il lungo viale. In questo punto, un tempo, c’era la Porta dei Cavalli, che alla fine dell’Ottocento venne abbattuta per far spazio al monumentale museo. Insieme al santo a cavallo ci sono i quattro patroni della Repubblica Ceca (Ludmilla e Procopio davanti, Adalberto e Agnese dietro). Sullo zoccolo si possono leggere delle parole che i cechi hanno sempre invocato nei momenti di difficoltà: “Non lasciarci perire, noi e i nostri discendenti”.
Simbolo dell’identità praghese
Questa piazza, i piccoli Champs-Élysées, rappresenta il simbolo dell’identità praghese e ceca da quando, nel 1848, durante i moti rivoluzionari, venne chiamata così. Nel 1918 fu da qui che partirono le rivolte antiasburgichea favore dell’indipendenza nazionale, dichiarata il 28 ottobre di quell’anno. E fu lì che, nell’agosto del 1968 i praghesi protestarono contro l’invasione dei carri armati sovietici venuti a stroncare la Primavera di Praga, l’esperimento di “socialismo dal volto umano” (in pratica una vera e propria liberalizzazione e democratizzazione della vita politica) portata avanti dai dirigenti comunisti di quel paese guidati da Alexander Dubček. Alla mente ritorna una delle più belle canzoni di
Francesco Guccini: “Di antichi fasti la piazza vestita, grigia guardava la nuova sua vita: come ogni giorno la notte arrivava, frasi consuete sui muri di Praga. Ma poi la piazza fermò la sua vita e breve ebbe un grido la folla smarrita, quando la fiamma violenta ed atroce, spezzò gridando ogni suono di voce”. La fiamma è quella che, la sera del 16 gennaio 1969, trasformò in una torcia umana il corpo di un giovane studente di filosofia praghese, il ventenne Jan Palach. Il suo sacrificio fu un gesto di libertà, un grido contro tutte le tirannie.
Il “testamento” di Jan Palach
Sul suo quaderno scrisse quello che può essere definito, a tutti gli effetti, il suo testamento politico. Leggiamolo:”Poiché i nostri popoli sono sull’orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l’onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l’abolizione della censura e la proibizione di Zparvy (il giornale delle forze d’occupazione sovietiche). Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s’infiammerà“.Il gesto di Jan Palach non rimase isolato: almeno altri sette studenti, tra cui il suo amico Jan Zajíc ( la “torcia numero due”),seguirono il suo esempio.
“…la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga”
Il funerale di Jan Palach (che venne poi sepolto nel cimitero di Olšany) fu programmato per domenica 25 gennaio 1969. L’organizzazione fu curata dall’Unione degli studenti di Boemia e Moravia. Vi parteciparono circa seicentomila persone, arrivate da tutto il paese. In silenzio, proprio come racconta la già citata canzone di Guccini (“dimmi chi era che il corpo portava,la città intera che lo accompagnava:la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga”). Quel giorno, in una Praga plumbea, scrisse Enzo Bettiza sul Corriere della Sera .. “il suono delle sirene a mezzogiorno e il rintocco delle campane trasformano l’intera città in un «paesaggio pietrificato,dove tutti rimangono fermi e silenziosi per cinque minuti”.
A terra, una croce in orizzontale
Il monumento in sua memoria ( e di Jan Zajíc ) è poco visibile. Si trova a pochi metri dalla fontana davanti all’edificio del Museo Nazionale, dove Jan si cosparse di benzina e si dette fuoco. Nei giorni seguenti, in quello stesso luogo, si tenne lo sciopero della fame a sostegno delle rivendicazioni espresse da Palach e fu esposta la sua maschera funebre. Il monumento, realizzato dall’artista Barbora Veselá e dagli architetti Čestmír Houska e Jiří Veselý, è stato realizzato in forma orizzontale. Dal lastricato del marciapiede emergono due bassi tumuli circolari collegati da una croce di bronzo (che simboleggia allo stesso tempo un corpo come una torcia umana). La posizione della croce indica la direzione in cui Jan Palach cadde a terra. Sul braccio sinistro della croce si leggono i nomi di Jan Palach e Jan Zajíc con le rispettive date di nascita e morte. Entrambi , e prima di loro, gli insorti di Budapest nel 1956, furono i primi caduti per la nuova Europa. Ci vollero vent’anni per riconquistare pienamente indipendenza e libertà, fino al novembre del 1989, quando s’avvio la “rivoluzione di velluto” che in breve rovesciò il regime cecoslovacco e filosovietico di Gustáv Husák ed elesse presidente della Repubblica lo scrittore e drammaturgo Václav Havel, mentre Dubček fu acclamato, riabilitato ed eletto presidente del Parlamento.
Marco Travaglini
FOCUS INTERNAZIONALE di Filippo Re
Sembra tornato il clima delle Primavere arabe del 2011 con nuove proteste popolari che sferzano il nordAfrica, dall’Egitto al Marocco, chiedendo democrazia, libertà, lotta alla corruzione e ai salari da fame, ma ben sappiamo che anche questa volta si tratterà di pura illusione
La speranza non muore mai ma anche il 2018 per il mondo arabo si chiude senza buone notizie. Anzi, le dittature arabe sono tornate più forti e repressive dopo il fallimento delle “Primavere”. Terrorismo, guerre infinite in Siria e nello Yemen, massacri e fosse comuni, la bestialità dei movimenti jihaidisti, gli attacchi ai cristiani e alle altre minoranze, il secolare scontro tra musulmani sunniti e sciiti che continua tuttora e, appunto, le dittature, come quella egiziana, che dopo aver cancellato i nefasti Fratelli musulmani, con il plauso dell’Occidente, calpesta i diritti umani e reprime sistematicamente oppositori e attivisti nell’indifferenza della comunità internazionale che finge di non vedere per difendere i propri interessi nell’area. Non c’è proprio nulla da salvare in questo Medio Oriente in profonda trasformazione. In Arabia Saudita, sotto il “riformista e modernizzatore” Mohammad bin Salman, giovane principe ed erede al trono, vero uomo forte del regno guidato dall’anziano padre, le esecuzioni sono raddoppiate. Tra il giugno 2017 e marzo 2018 sono state uccise 133 persone mediante decapitazione in piazza. La monarchia saudita è tra i primi cinque Stati al mondo per condanne a morte inflitte per terrorismo, violenza sessuale, rapina a mano armata e traffico di droga. Mohammad bin Salman, numero due del regime saudita, ideatore della guerra yemenita e ritenuto il mandante dell’omicidio del giornalista
dissidente saudita Jamal Khashoggi a Istanbul è diventato un temuto dittatore, forse ancora più autoritario e tirannico degli ayatollah iraniani. Nell’Egitto del presidente al Sisi, alla vigilia del Natale copto del 7 gennaio, non accenna a diminuire il terrorismo islamista che cerca di destabilizzare il regime e mettere in ginocchio l’economia egiziana colpendo militari, forze di sicurezza e cristiani copti. L’attentato del 28 dicembre presso le piramidi di Giza, vicino al Cairo (4 morti per una bomba che ha fatto saltare in aria un bus turistico) era diretto contro il turismo egiziano, seconda fonte di entrate del Paese del Nilo. Si è trattato del primo attacco di estremisti islamici contro turisti stranieri da oltre un anno. Negli ultimi mesi c’è stata una ripresa del turismo ma il Paese resta molto lontano dai 14 milioni di turisti del 2010. Da decenni il gigante nordafricano combatte contro i terroristi nel nord del Sinai e nel governatorato di Minya dove il bersaglio preferito sono i cristiani. Corrono qualche rischio anche i turisti che affollano la zona del Mar Rosso. Nell’estate 2017 tre stranieri furono uccisi a coltellate a Hurghada mentre nel 2015 l’Isis rivendicò l’attentato che fece precipitare il velivolo con a bordo 224 turisti russi, sul Sinai, poco dopo il decollo da Sharm el-Sheik.
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Come sempre accade la risposta del governo è immediata e ampiamente pubblicizzata dai media per mettere in evidenza che il Paese dei Faraoni è costantemente sicuro e sotto controllo. Anche questa volta il governo egiziano di Abdel Fatah al Sisi è intervenuto drasticamente eliminando una quarantina di sospetti terroristi in diverse zone del Paese. Le misure di sicurezza attorno alle chiese del Cairo e delle altre principali città sono state rafforzate per il timore di attentati durante le festività degli ortodossi. Nel recente passato la minoranza copta è stata duramente colpita da gruppi di estremisti islamici e molti degli attacchi alle chiese si sono verificati durante le principali feste come il Natale o la Pasqua. I cristiani, in gran parte copti ortodossi, sono una minoranza pari al 10-15% del totale della popolazione. Fra il 2016 e il 2017 alcuni gravi attentati hanno colpito la comunità cristiana. L’attacco ai pellegrini copti del 2 novembre scorso nella provincia di Al Minya, rivendicato dall’Isis, ha causato 11 morti ma i più gravi si sono verificati nell’aprile 2017, nel giorno della Domenica delle Palme, quando 45 persone furono uccise in due attacchi dei miliziani dell’Isis contro la chiesa copta di Tanta e la cattedrale di Alessandria. Non è solo la paura del terrorismo a incendiare nuovamente il Medio Oriente ma anche la rabbia popolare contro la crisi economica, l’aumento del costo della vita e della disoccupazione giovanile. E a scendere in piazza sono soprattutto i giovani egiziani, i tunisini e i marocchini per protestare contro il caro benzina e l’incremento dei prodotti alimentari, del gas, dell’acqua, della luce e del pane. A Tunisi, al Cairo, a Rabat, la rivolta si fa di nuovo sentire, otto anni dopo le Primavere arabe. L’ira dei tunisini è divampata a Kasserine dove un giovane reporter, rimasto senza lavoro, si è bruciato vivo, accendendo la collera di migliaia di tunisini. Con la disoccupazione al 30% e l’inflazione che sfiora il 10% i grandi passi in avanti compiuti dalla Tunisia verso la democrazia e le libertà fondamentali non sono ancora sufficienti a garantire stabilità al Paese africano. E come un anno fa, nel gennaio 2017, anche oggi, a otto anni dalla fine della dittatura di Ben Alì, la rivolta dei tunisini riesplode nelle strade con manifestazioni e proteste anti-governative. Il cammino democratico è troppo lento e le difficoltà economiche sempre più pesanti da sopportare. Ai leader al potere si chiedono condizioni di vita migliori. La “rivoluzione dei Gelsomini” ha causato troppe illusioni. Ne è convinto Ilario Antoniazzi,
arcivescovo di Tunisi, secondo cui la democrazia non è un regalo o un’imposizione “ma è il frutto di un lungo cammino che qui ancora non abbiamo fatto. Se a livello di diritti in Costituzione non sono mancati passi in avanti l’economia è in grave difficoltà e a pagare il prezzo più alto sono i giovani e il sud del Paese già povero nonostante proprio da quel sud oggi dimenticato sia iniziata la rivoluzione”. Per i tunisini è passato nel frattempo un altro anno segnato da proteste, dal malcontento popolare e da una preoccupante ripresa del terrorismo. I giovani tunisini in questi otto anni dalla caduta del regime di Ben Ali hanno fortemente sperato di trovare posti di lavoro che purtroppo non si sono materializzati. Il popolo tunisino aspetta e spera ma nel frattempo il sogno del lavoro e del benessere tarda a realizzarsi. Ma è l’intero Maghreb a scuotersi e a chiedere di rispondere in modo concreto alla crisi economica. Tra il caos libico e un’ermetica Algeria dominata dall’esercito, dalla corruzione e dall’oppressione, anche il Marocco è sceso in piazza a chiedere l’aumento dei salari e, colpito per la prima volta dall’Isis nei giorni di Natale con la barbara uccisione di due turiste scandinave sui monti dell’Atlas, si è scoperto meno tranquillo e stabile.
Dal settimanale “La Voce e il Tempo”
“Venduti ai Minori”
Perchè i nostri figli entrano in contatto con prodotti vietati dalla legge o non adatti come alcol, tabacco, cannabis, azzardo, ma anche pornografia e videogiochi inadatti?
Quanti sono a conoscenza del divieto di vendita ai minori? Chi glieli vende?
Questi divieti sono segnalati e, soprattutto, rispettati?
Evento di presentazione dell’indagine inedita “Venduti ai Minori” sull’accesso dei minori ai prodotti vietati o inadatti.
Ore 10 – 12
Senato della Repubblica
Palazzo Giustiniani – Sala Zuccari
Via della Dogana Vecchia, 29 – Roma
NDIRIZZO DI SALUTO
Licia Ronzulli, Presidente della Commissione parlamentare per
l’infanzia e l’adolescenza
Lorenzo Fontana, Ministro per la famiglia
INTERVENGONO
Tonino Cantelmi, Università Europea di Roma
Antonio Affinita, Direttore generale Moige
Saverio Sgroi, Educatore e scrittore
Paolo Messa, Consigliere Centro Studi Americani
Emanuele Scafato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale ALCOL-ISS
Antonio Nicita, Commissario AGCOM
Mario Antonelli, Vicepresidente Federazione Italiana Tabaccai – FIT
Ottavio Cagiano de Azevedo, Direttore generale Federvini
Corrado Luca Bianca, Coordinatore nazionale FIEPET-Confesercenti
Modera: Federica De Sanctis, giornalista
Il concept creativo e la realizzazione del calendario sono a cura di ADV Activa, mentre le attività di News Positioning e PR sono state affidate ad Action Agency
La qualità della vita è il risultato di una combinazione virtuosa di alimentazione equilibrata, movimento costante, ma anche di una mente sempre attiva, di assistenza e cure su misura. Per un nuovo anno nel segno del “Bon vivre”, Korian Italia, azienda leader nei servizi di assistenza e cura, ha dato vita a un calendario speciale, unico nel suo genere perché racconterà i valori della #Vitattiva attraverso i volti dei suoi operatori, degli ospiti, dei pazienti delle sue strutture e delle loro famiglie.
“Per questo 2019 abbiamo voluto realizzare un calendario che avesse non solo la semplice funzione di segna-tempo, ma che accompagnasse il pubblico alla scoperta della nostra filosofia per la vita attiva e dei nostri servizi, che non sono solo per la terza e quarta età”, ha commentato Mariuccia Rossini, Presidente di Korian Italia. “Si tratta di un vero e proprio viaggio nel mondo Korian, fra le sue case di riposo, centri di riabilitazione e case di cura. Di mese in mese i protagonisti di ogni scatto hanno raccontato alcune delle attività della nostra azienda per il benessere psico-fisico dei nostri pazienti e dei nostri ospiti”.
Il coraggio di “metterci la faccia”
Il calendario 2019 di Korian Italia è stato pensato come occasione di coinvolgimento e visibilità delle persone che ogni giorno sperimentano in prima persona tutti i benefici della filosofia dell’azienda per la vita attiva, sia dalla parte degli ospiti che da quella dei professionisti (fisioterapisti, psicologi, operatori paramedici, etc.). Attraverso l’organizzazione di due casting sono stati selezionati 12 operatori e 12 pazienti di età compresa fra i 20 ed i 90 anniche si sono prestati ad essere modelli per un giorno in un vero set fotografico, con l’obiettivo di mostrare alcune delle molteplici attività che Korian svolge ogni giorno.
#Vitattiva secondo Korian
Ma quali sono i valori alla base della filosofia di Korian per la vita attiva? Eccoli in una Top 5, stilata anche in base alle esperienze dei testimonial fotografati – immagini disponibili al seguente link: https://we.tl/t-Z6GejSs4sN
1. La persona al centro:
per Korian l’ascolto delle esigenze individuali di ogni ospite è alla base di un servizio di assistenza e cura di qualità, basato non solo sul percorso terapeutico, ma anche su un rapporto umano di fiducia;
2. La forza dei piccoli passi: far apprezzare all’ospite ogni piccolo miglioramento e riconoscerlo giorno per giorno è importante per gratificarlo. Sotto la guida di un fisioterapista attento è possibile, ad esempio, anche per gli over 65, preservare il più a lungo possibile proprie funzionalità motorie.
3. Il pensiero positivo accende il futuro: valorizzare la potenza del pensiero positivo è uno dei segreti per proiettarsi con forza ed energia verso il futuro, vivendo a pieno ogni giorno anche nei suoi momenti più semplici.
4. Ironia è … sorridere allo specchio: far sorridere il paziente e insegnargli a prendersi in giro, minimizzando i propri difetti e le proprie fragilità, è uno dei presupposti per il benessere emotivo.
5. Nello stile di vita il giusto equilibrio:
una dieta sana e ricca di nutrienti genuini, ma anche una regolare attività fisica accompagnata da una corretta idratazione. Sono solo alcuni dei segreti di uno stile di vita equilibrato. Fondamentale anche la qualità del sonno, che completerà il mix vincente di ingredienti per il benessere, con notevoli benefici anche sul tono dell’umore.
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Korian è il Gruppo europeo leader nei servizi di assistenza e cura per le persone anziane. Fondato nel 2003, con più di 75.000 posti letto in Europa (Francia, Germania, Italia e Belgio) e circa 49.000 collaboratori, il Gruppo gestisce 740 strutture in quattro aree di attività: Residenze per Anziani, Case di Cura e Cliniche di Riabilitazione, Cure domiciliari e Appartamenti per la Terza e Quarta Età.
Esteso a tutto il territorio nazionale il concorso lanciato in Piemonte nel 2017. 75mila euro al primo team classificato
Sono aperte le iscrizioni al concorso Mad for Science, promosso da DiaSorin, rivolto ai licei scientifici di tutta Italia che sono invitati a concorrere per vincere un premio in denaro da investire nell’implementazione del laboratorio di scienze del proprio istituto. Il Bando di Concorso 2018/2019 di Mad for Science invita gli studenti dei Licei scientifici a ideare una serie di esperienze didattiche di laboratorio coerenti con gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 promossa dall’ONU, e progettarne l’implementazione nel laboratorio scientifico della scuola. I progetti riguarderanno in concreto iniziative volte a promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico; conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile e proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre. Entro il 25 gennaio 2019 ciascun liceo dovrà caricare la scheda di progetto sul sito www.madforscience.it, indicando il team di lavoro composto da 5 studenti e il docente di Scienze referente del progetto. Una Commissione di esperti in ambito tecnico-scientifico valuterà le schede di progetto pervenute e selezionerà le 50 candidature migliori entro il 5 febbraio 2019. I progetti dei 50 Licei selezionati dovranno essere caricati sul sito www.madforscience.it entro e non oltre il16 aprile 2019. Entro il 10 maggio 2019 verranno selezionate le 8 proposte progettuali più
interessanti che presenteranno i loro progetti in occasione della Mad for Science Challenge 2019, che avrà luogo entro la fine di maggio di fronte a una Giuria composta da professionisti della comunicazione ed esponenti della comunità scientifica, che eleggerà i vincitori. I primi due licei classificati verranno premiati con l’implementazione del biolaboratorio (per un valore massimo rispettivamente di 50.000 e 25.000 euro) e la fornitura dei relativi materiali di consumo (fino a un massimo rispettivamente di 5.000 e 2.500 euro all’anno per 5 anni a partire dall’anno 2019). La Giuria assegnerà anche un Premio Speciale di Comunicazione al team che – tra gli 8 finalisti – si sarà distinto per la qualità della presentazione e le competenze di public speaking. Il premio consiste nell’assegnazione di 10.000 euro per l’acquisto di materiale vario da laboratorio. “Il mondo della scienza attraversa una fase contraddittoria. Da un lato sono sollevate critiche ingiustificate, frutto della non conoscenza; dall’altro, anche grazie alla tecnologia, ci sono opportunità incredibili per conoscere e contrastare gravi patologie. Questa iniziativa vuole offrire agli studenti italiani un’occasione per sviluppare lo studio e l’amore per la scienza e la tecnologia, confidando possano valutare le
opportunità universitarie che l’Italia è in grado di offrire. È per questo motivo che DiaSorin, leader mondiale nel settore della diagnostica in vitro, ha scelto di mettere la sua esperienza e le sue risorse a disposizione delle scuole con il progetto Mad for Science, offrendo agli scienziati di domani una possibilità concreta di crescere” ha ricordato Carlo Rosa, Amministratore delegato DiaSorin. Le prime due edizioni del Mad for Science sono state vinte dall’IIS Nicola Pellati (indirizzo liceo scientifico Galileo Galilei) di Nizza Monferrato (At) e dall’Istituto Statale Augusto Monti di Asti. Per ulteriori informazioni sul concorso, si rimanda al sito www.madforscience.it
DALLA LIGURIA Un uomo residente nel Ponente ligure è stato condannato a 10 anni di reclusione per aver abusato della figlioletta della compagna. La ragazzina all’epoca dei fatti aveva meno di 14 anni. Per l’accusa di violenza sessuale aggravata, dal pm del tribunale di Imperia era giunta la richiesta di 6 anni e 6 mesi. Le violenze violenze sono state subite dalla bambina in Liguria e nel Lazio.
DALLA CAMPANIA Il sessantunenne, trovato morto nella sua casa incendiatasi ad Amorosi, nella zona di Benevento, viveva da solo. Con lui c’erano quattro cagnolini dei quali uno è morto nell’incendio. Gli altri tre erano accanto alla salma del loro padrone all’arrivo dei soccorsi. La polizia e i vigili del fuoco dovranno stabilire se il decesso sia avvenuto a causa di un malore che l’uomo ha avuto o per asfissia, a causa del fumo che ha invaso l’abitazione.
(foto archivio)
DALLA CAMPANIA Il sessantunenne, trovato morto nella sua casa incendiatasi ad Amorosi, nella zona di Benevento, viveva da solo. Con lui c’erano quattro cagnolini dei quali uno è morto nell’incendio. Gli altri tre erano accanto alla salma del loro padrone all’arrivo dei soccorsi. La polizia e i vigili del fuoco dovranno stabilire se il decesso sia avvenuto a causa di un malore che l’uomo ha avuto o per asfissia, a causa del fumo che ha invaso l’abitazione.
(foto archivio)