Dall Italia e dal Mondo- Pagina 16

Corriere della droga bloccato dai baschi verdi

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Dalla Liguria

Un nigeriano, domiciliato in Italia, in possesso di un regolare permesso di soggiorno è finito in carcere per traffico di sostanze stupefacenti.

Il controllo effettuato dalla Guardia di finanza nei pressi della stazione di Genova Principe ha consentito di individuare un giovane che, alla vista dei Baschi Verdi, assumeva un atteggiamento nervoso che ha insospettito i militari.

La perquisizione personale e dei bagagli si concludeva senza che fosse rinvenuto nulla ma l’atteggiamento sospetto induceva i finanzieri a richiedere alla Procura della Repubblica di Genova l’autorizzazione a sottoporlo ad esami radiografici. E l’intuizione era giusta perché questi dimostravano la presenza di corpi solidi nell’apparato digerente.

Lo straniero, a questo punto, veniva individuato come un vero e proprio corriere della droga avendo ingerito 97 ovuli di eroina, pari ad oltre un chilo di sostanza stupefacente.

E gli ovuli presentavano diverse diciture, probabilmente riportanti l’eventuale destinazione piuttosto che la qualità della sostanza contenuta.

L’uomo, oltre a finire in manette, veniva anche contestualmente ricoverato fino alla completa espulsione di tutti gli ovuli ingeriti.

 

Il reggae è patrimonio Unesco, la musica più lenta e felice del mondo

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Non è un caso se il reggae è patrimonio Unesco, nel bel mezzo della lista dei Beni immateriali dell’umanità: è la musica più lenta e felice del mondo. La felicità è un affiorare interiore; è un risveglio delle tue energie è un risveglio della tua anima , diceva Osho .

E la sera di lunedì 5 agosto nell’Arena Villa Peripato di Taranto, di energia positiva ce n’era tanta.

Mitchell Brunings, amatissimo protagonista di talent come The Voice, dall’Olanda alla Francia, con la “voce” di Bob Marley, si è esibito nello spettacolo “Il mito del reggae”, accompagnato dall’Orchestra della Magna Grecia diretta da Roberto Molinelli, e da una voce narrante, quella di Claudio Salvi, autore anche dei testi da lui letti su Bob Marley.

Il ritmo in levare, quel divertimento percussivo a volte veloce, altre lento o lentissimo, determina uno degli aspetti che maggiormente colpisce e stupisce del reggae.

È la forza del coinvolgimento emotivo, fisicamente tangibile, che suscita nello spettatore energia, contrapposto all’estrema semplicità dei mezzi musicali impiegati.

Si parte dal basso – come ci dice Salvi e l’orchestra ci ha fatto ascoltare eseguendo questa successione praticamente – poi si inseriva la chitarra in levare, quindi si aggiungeva anche l’organo in levare, poi la batteria componente essenziale, in rim shot ovvero un colpo dato prendendo con la stessa bacchetta sia la pelle del rullante sia il bordo in metallo del rullante stesso. Infine ovviamente la voce……e che voce in questo caso : quella di Mitchell Brunings.

Tutti sanno che la voce di Bob Marley è unica, ma Mitchell Brunings, ormai noto, va stupendo gli ascoltatori con la sua voce molto simile.

E alla fine del concerto, si è raggiunto il culmine. Nella serata “Bob Marley”, ultimo spettacolo della rassegna “Magna Grecia Festival”, la rassegna a cura di ICO Magna Grecia e del Comune di Taranto, c’è stato un crescendo di sensazioni sublimi e irrefrenabili.

Tutti coinvolti, voce, anima e corpo, tutti presi dal ritmo. Sul palcoscenico il sempre più trainante Mitchell Brunings, il maestro Roberto Molinelli, Claudio Salvi, il direttore artistico Piero Romano e l’assessore alla Cultura Fabiano Marti, che alla fine rompendo tutti gli schemi, hanno aggiunto le loro voci a quelle delle coriste, i musicisti tutti dell’Orchestra della Magna Grecia, e giù il pubblico in un divertimento unico e prolungato, in piedi, a ballare saltellando, a invocare le canzoni che vengono più volte rieseguite.

È uno spettacolo nello spettacolo. Battimani e coro arrivano dalla platea, e Brunings rompe il rituale scendendo fra la gente in un tripudio di eccitazione finale, non può farne a meno.

Il reggae sinfonico, una grande orchestra, una voce incredibile, una direzione sapiente. Sono alcuni degli elementi che hanno fatto dello spettacolo musicale “Il mito del reggae”, uno dei momenti più affascinanti della Stagione dell’ICO, l’istituzione concertistica orchestrale della Magna Grecia.

Mitchell Brunings, aveva già conosciuto il calore del pubblico di Taranto, essendo   stato già protagonista con successo, venerdì 12 aprile al teatro Orfeo, sempre con l’Orchestra della Magna Grecia diretta dal maestro Roberto Molinelli e con Claudio Salvi e le coriste.

Ma sia lui, che Molinelli, Salvi,il pubblico e tutti gli intervenuti sul palco e non, in Arena Villa Peripato e c’è da pensare magari anche nelle aree esterne prospicienti, si sono scatenati più della volta precedente, approfittando degli spazi aperti che offre l’Arena Villa Peripato, pieni all’inverosimile.

L’altra sera, Bob Marley è stato celebrato da tutti i presenti in modo magistrale, semplice e immediato, ascoltando, cantando e ballando, alcune delle sue canzoni più belle, quelle che hanno contribuito in maniera sostanziale a farne crescere il mito e la leggenda.

Brani come No Woman No Cry, o Is this Love, o Get Up Stand Up, o Lively Up Yourself, e altri. Sono tante le canzoni memorabili di Bob Marley che sono entrate a far parte della cultura popolare, canzoni senza le quali la nostra vita sarebbe stata peggiore, sarebbe ancora peggiore, fino ad arrivare alla nostra serata, toccata dal fascino di questi brani e dall’atmosfera magica che si è creata.

Canzoni di libertà, di pace, di ribellione, di amore. Canzoni di verità e di sogno, di spirito e carne, di storia e leggenda, che ancora oggi risuonano senza sosta.

La musica ha il potere di cambiare le coscienze di chi l’ascolta, di unire la spiritualità e la fisicità, la politica e l’amore, la passione e la rabbia, la protesta e l’immaginazione, il sogno e la realtà.

E a fine serata si può ben dire che il sogno reggae di Bob Marley, che conquistò il mondo, il suo spirito libero portatore di messaggi di pace e uguaglianza al ritmo di roots e dub, si è sentito vibrare, ancora vivo!

Vito Piepoli

Scoperta dalla GdF evasione immobiliare per 100 mila euro

Nei giorni scorsi si è concluso da parte delle Fiamme Gialle in forza alla
Tenenza di Riva Trigoso un accertamento nei confronti di un cittadino italiano
– domiciliato a Londra ed iscritto all’AIRE -, proprietario a Sestri Levante di
numerosi appartamenti.
Le attività investigative hanno permesso di accertare che il medesimo, a
partire dal 2014, affittava a cittadini extracomunitari perlopiù del Bangladesh
o del Marocco i propri appartamenti (alcuni dei quali in condizioni fatiscenti)
completamente in nero o mediante dei fittizi contratti di comodato.
Tali importi venivano pagati dagli stessi inquilini mediante bonifico bancario
direttamente sui conti correnti del proprietario o consegnati in contanti a delle
persone di fiducia dello stesso e da questi delegate, che poi provvedevano a
versare gli importi sugli stessi conti correnti.
Gli accertamenti effettuati hanno permesso di acclarare l’omessa
dichiarazione dei proventi di tali locazioni ammontanti ad oltre 100.000€.
Il medesimo è stato anche deferito alle competenti Autorità per la violazione
dell’obbligo di comunicare i nominativi delle persone alloggiate (Art. 7 del D.L.
286/1998 e art 109 T.U.L.P.S.).
L’attività svolta dalla Guardia di Finanza si inserisce nell’ambito di un
programma, finalizzato alla tutela della legalità e della sicurezza dei cittadini,
di controlli alle strutture ricettive extra alberghiere, che negli ultimi anni hanno
contribuito ad incentivare la realizzazione di numerose attività sommerse.

Quando il Turco dominava il Mediterraneo

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FOCUS INTERNAZIONALE

di Filippo Re

Acque agitate nel Mediterraneo e tensione alle stelle tra la Turchia e l’Unione Europea per le trivellazioni che le navi turche compiono nei fondali di Cipro alla ricerca di nuovi giacimenti di gas violando le leggi internazionali. La potenza turca mostra i muscoli nel Mediterraneo orientale inviando navi da guerra al largo di Cipro per bloccare le navi dell’Eni e di altri Stati ma così facendo Erdogan allontana sempre di più la Turchia dall’Europa. Ma è l’intera politica estera del sultano di Ankara a preoccupare la comunità internazionale. Occupa territori in Siria e in Iraq, minaccia i greci rivendicando decine di isole dell’Egeo, alza il tiro con Cipro, Grecia, Libano e Israele per sondare le ricchezze sottomarine, fa la voce grossa anche nel Mediterraneo centrale, lungo il litorale nordafricano, mandando droni armati anti Haftar, mezzi militari e consiglieri in Libia in appoggio al governo di Tripoli. Vuole imporsi da Cipro al nord Africa, riscoprirsi grande potenza mediterranea, un po’ come quando il Turco dominava il Mediterraneo nel favoloso Cinquecento. Guarda a sud l’uomo forte di Ankara, Recep Tayyip Erdogan, la cui ambizione è quella di contare di più non solo in Medio Oriente ma nello stesso Mar Mediterraneo dove un tempo i corsari barbareschi venuti da Tripoli, Tunisi e Algeri, del calibro di Khair ed-Din, detto Barbarossa, grande ammiraglio e creatore della potenza navale ottomana, il flagello Dragut e il rinnegato calabrese Uccialì dettavano legge seminando terrore e morte sulle coste italiane.

Sono gli eroi di Erdogan che insieme ai sultani hanno fatto grande l’Impero della Mezzaluna. Nel corso del Cinquecento la squadra navale ottomana era affiancata dalle flotte degli Stati corsari mentre il Maghreb era diventato il teatro della contesa tra il fronte cristiano e quello musulmano. Torri di avvistamento, leggende, canzoni popolari e opere liriche come “L’italiana in Algeri” di Rossini ci ricordano che la guerra corsara, dal XVI secolo in poi, ha segnato in profondità i rapporti tra cristiani e musulmani lungo tutto il Mediterraneo. Ben sappiamo che il super presidente turco vorrebbe riportare in vita l’Impero turco e ridisegnarlo sulla carta geografica ma non potendo farlo si accontenta di strappare qualche pezzo di terra qua e là, un tempo appartenuti a Costantinopoli. Erdogan vuole essere presente proprio lì, nel Mare Nostrum, dove cerca un ruolo da protagonista con una massiccia presenza militare imitando i sultani che alcuni secoli fa muovevano sui mari la flotta più potente del mondo. Di fronte alla strategica isola di Cipro, la cui parte settentrionale fu occupata dai militari turchi che già nel 1974 pensavano di allargarsi a sud dei confini nazionali, Erdogan compie azioni di disturbo e provocazione creando allarme tra l’Europa sud-orientale e il Levante. Guarda alla storia Erdogan e non dimentica che sotto Solimano il Magnifico il dominio ottomano si estese anche al Mediterraneo orientale e poi, attraverso le incursioni dei corsari barbareschi e la conquista di Algeri e Tunisi, al Mediterraneo occidentale. Nel XVI l’Impero raggiunse il suo apogeo e con la conquista di Rodi nel 1522, strappata ai Cavalieri cristiani, il Mediterraneo diventò un “lago ottomano” in cui i corsari assalivano barche e compivano razzie con gravi danni per i cristiani.

Solimano era il Gran Signore, il sultano e il padishah del Mediterraneo, del Mar Nero, dell’Anatolia, di Persia e di Damasco, dell’Egitto e di Gerusalemme e la supremazia navale appartenne a lungo ai turchi contrastata solo in parte dalla flotta di Carlo V. Oggi Erdogan attua il suo piano di leadeship nel Mediterraneo destabilizzando molte aree e in particolare le acque del mediterraneo orientale attorno all’isola cipriota. Nel 2004 la parte greco-cipriota entrò a far parte dell’Ue mentre Cipro nord è riconosciuta solo dalla Turchia e non dall’Onu. I fondali marini, secondo i trattati internazionali, appartengono alla Grecia e a Nicosia greca ma Ankara rivendica i diritti di sfruttamento scavalcando le leggi comunitarie e manda le cannoniere a difendere le trivellazioni sottomarine. Le ambizioni del sultano della Mezzaluna non si fermano qui e si spingono oltre fino a chiedere di ridisegnare le mappe delle acque territoriali intorno a Cipro nonchè la revisione del Trattato di Losanna del 1923, che scade nel 2023, l’anno del centenario della Repubblica turca, per rivendicare alcune isole greche nell’Egeo davanti alla costa turca. La sfida in corso nel Mediterraneo deteriora ulteriormente le relazioni tra la Turchia e l’Europa. Il Consiglio affari esteri dell’Ue ha deciso di interrompere le relazioni diplomatiche con i turchi in segno di protesta contro le azioni provocatorie di Erdogan vicino alle coste di Cipro alla ricerca di nuovi giacimenti di gas dopo aver scoperto i primi depositi nel 2011. Una mossa ritenuta dall’Unione Europea come una violazione del diritto internazionale e della sovranità di Cipro.
Filippo Re

Le fiamme gialle trovano piccolo arsenale a domicilio

I militari della Guardia di Finanza di Rho, nel corso di una perquisizione nell’abitazione di un 35enne residente nella stessa città, hanno rinvenuto un piccolo arsenale, composto da due pistole con le relative munizioni (36 cartucce), coltelli, tirapugni, manganelli.

Le armi da fuoco erano prive di matricola e una, originariamente a salve, era stata modificata e resa idonea a sparare proiettili veri.

L’uomo, incensurato, è stato arrestato per armi clandestine e, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, portato nel carcere di San Vittore.

Le armi, invece, sono state sequestrate e sono in corso accertamenti per verificarne il possibile impiego in azioni criminali.

 

La GdF arresta pusher con droga e denaro

DA MILANO

Nel corso di attività per il contrasto ai traffici illeciti e allo spaccio di sostanze stupefacenti in zona Arco della Pace – Sempione, i finanzieri del Gruppo Pronto Impiego Milano hanno arrestato un pusher di origine senegalese, trovato in possesso di oltre 200 grammi di sostanze stupefacenti tra hashish e marijuana.

 

L’uomo, in compagnia di un suo connazionale, si aggirava con fare sospetto all’interno del Parco. Immediatamente a seguito del controllo dei due, i Baschi verdi rinvenivano nella disponibilità di uno di loro 198 grammi di hashish, suddivisi in due panetti di forma rettangolare ancora confezionati e circa 5 grammi di marijuana, occultati all’interno delle tasche posteriori del pantalone e degli slip. Inoltre, all’interno del suo zaino sono state trovate numerose banconote di vari tagli per un totale complessivo di circa 700 euro risultati essere provento dell’attività illecita.

 

La droga, unitamente al denaro, è stata posta sotto sequestro penale e il responsabile è stato arrestato per detenzione di sostanza stupefacente ai fini di spaccio. L’Autorità Giudiziaria ha disposto il giudizio per direttissima che si concludeva con la misura della restrizione personale in carcere.

 

Nell’ultimo periodo i Baschi Verdi nella sola zona di Arco della Pace – Sempione hanno denunciato 14 persone di cui 3 in arresto.

 

Caso Sea Watch 3, parla il legale di Carola

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Abbiamo intervistato l’avvocato Leonardo Marino difensore, con il collega Alessandro Gamberini, di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch 3

 

1) Perché ritenete sia legittimo avere forzato il blocco per fare sbarcare i migranti?

Il comandante della Sea Watch ha sempre sostenuto di essere stata obbligata per stato di necessità, anche perché la situazione a bordo stava per precipitare. Il giudice che non ha convalidato l’arresto è andata oltre, ritenendo che fosse stata screditata la condotta del comandante in quanto si è limitata ad adempiere il suo dovere di capitano nel soccorrere i migranti e nel rispetto delle convenzioni internazionali.

2) Come valuta la posizione della procura di Agrigento secondo la quale la scarcerazione di Carola Rackete è una “conclusione contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata”?

La Procura ha di fatto impugnato soltanto l’aspetto cautelare della convalida dell’arresto ritenendo che il provvedimento del giudice non sia corretto e non richiedendo nessuna misura cautelare.Sarà la Cassazione a vedere se effettivamente il gip di Agrigento ha operato correttamente o meno.

3) È confermata la volontà di chiedere risarcimenti in denaro per gli insulti ricevuti sui social?
Stiamo valutando di intraprendere un’azione legale nei confronti dei soggetti che quasi quotidianamente diffamano l’onore e l’immagine di Carola e della Sea Watch. Cosa certa è la denuncia nei confronti del Ministro dell’Interno italiano per diffamazione e associazione a delinquere.

Yemen, guerra senza fine

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Focus internazionale  di Filippo Re

Sauditi, emiratini, iraniani, russi e americani, sembra che non ci sia potenza regionale o internazionale che voglia fermare una volta per tutte il conflitto nello Yemen che si trascina da oltre quattro anni.

Una guerra quasi dimenticata che fa comodo a tanti, come ai governi europei che vendono le armi e agli estremisti islamici che approfittano del caos. Uno scontro che nel frattempo continua a falcidiare la popolazione sia per i bombardamenti sia per la fame. Secondo alcune organizzazioni umanitarie sono quasi 100.000 le persone uccise in Yemen nel conflitto che da marzo 2015 oppone i sauditi che guidano una Coalizione internazionale ai ribelli sciiti Houthi armati dall’Iran. “Non dimentichiamo il disastro dello Yemen”: le parole che il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale (comprendente Emirati Arabi Uniti, Oman e Yemen) più volte pronuncia con la speranza che questa tragedia non venga ignorata perchè, forse, meno importante di altre crisi mediorientali, sembrano cadute nel vuoto. Con il risultato che la situazione nel Paese asiatico resta drammatica per la fame, la povertà, la siccità, la guerra e l’epidemia di colera. Quasi 11 milioni di persone sono sull’orlo della carestia, oltre l’85% della popolazione vive grazie agli aiuti umanitari mentre tre milioni di yemeniti sono sfollati. Sono milioni le persone che hanno necessità di assistenza sanitaria e sono privi di servisi igienici e di acqua potabile ma la preoccupazione maggiore in queste settimane è per la crisi di colera che ha già ucciso un milione di yemeniti. Si aggrava anche la situazione dei minori.

Nei primi quattro mesi del 2019 oltre 400 ragazzi sono stati uccisi o sono rimasti feriti e più di 3 bambini al giorno perdono la vita o restano mutilati. La Camera dei Deputati ha fermato le bombe italiane che cadono sullo Yemen ma dal cielo continua la pioggia incessante di ordigni devastanti su ospedali, scuole, aeroporti quasi 20.000 sono i raid condotti finora dalla coalizione saudita e migliaia sono i minori vittime di bombe, attacchi kamikaze, congegni esplosivi e mine, armamenti prodotti all’estero e venduti dai governi stranieri alla Coalizione saudita. Tra questi ci sono anche le bombe prodotte in Italia dalla fabbrica Rwm in Sardegna la cui esportazione verso i Paesi che violano i diritti umani è vietata dalle leggi italiane. Ora la Camera ha votato una mozione di maggioranza per sospendere la vendita di armi pesanti come missili e bombe d’aereo a Riad e agli Emirati. Dall’inizio del conflitto almeno 6500 bambini sono rimasti uccisi e feriti durante i bombardamenti. La “svolta” è giunta (resta però da vedere se la mozione sarà realmente applicata) dopo che nei mesi scorsi anche Germania, Danimarca, Finlandia e Gran Bretagna avevano deciso di sospendere le esportazioni di armi pesanti verso l’Arabia Saudita. Londra è il secondo esportatore di armi a Riad dopo gli Stati Uniti con sei miliardi di dollari dal 2015, quando la guerra cominciò, pari al 42% delle vendite totali di armi inglesi. Nello Yemen continua intanto la guerra regionale “per procura” tra Riad e Teheran. Gli insorti sciiti, grazie ai missili ricevuti da Teheran, hanno alzato il tiro e colpiscono gli aeroporti nel sud dell’Arabia Saudita in risposta ai raid sauditi sulle loro città nello Yemen del nord. Nel 2014 gli Houthi presero il controllo della capitale Sana’a costringendo il presidente Mansour Hadi, filo-saudita, alla fuga. A marzo 2015 l’offensiva dei ribelli sciiti verso la città Aden nel sud del Paese dove nel frattempo si era rifugiato Hadi scatena la reazione dei sauditi che formano una Coalizione sunnita di dieci Stati, del Golfo, oltre all’Egitto e al Sudan con l’obiettivo di aiutare l’ex presidente con raid aerei. In quattro anni sono morti oltre 100.000 yemeniti per i combattimenti e altri 120.000 di fame e malattie.

Approfittando della guerra e dell’anarchia centinaia di miliziani di Al Qaeda e dell’Isis hanno occupato porzioni di territorio. I negoziati in Svezia hanno avuto finora poco successo e la fine della guerra è lontana. Gli interessi in gioco sono tanti, da una parte e dall’altra. La monarchia di Riad non può mollare lo Yemen ai filo-iraniani e quindi vuole riprendere completamente il controllo di quel territorio che ha sempre considerato il proprio “giardino di casa” . Lo Yemen è fondamentale per controllare lo stretto di Bab el Mandeb dove transita il petrolio del Golfo diretto in Europa e i sauditi, acerrimi rivali di Teheran, non possono certo lasciarlo nelle mani di un gruppo che obbedisce agli ordini dei pasdaran che tramite gli insorti sciiti aumenterebbero la loro influenza sull’intera regione. Una soluzione potrebbe essere quella di tornare a due Stati distinti, uno al nord e uno al sud, oppure alla formazione di più di due Stati perchè all’interno dello Yemen ci sono varie regioni che hanno mire indipendentiste. Per Paul Hinder la strada giusta potrebbe essere uno Stato confederato, quindi meno centralizzato di come era in passato.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

La Capitaneria salva anziano colto da malore

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Dalla Liguria

Un settantenne, residente a Genova, colto da malore è stato soccorso da personale della Capitaneria di porto di Genova.

Il diportista, al rientro dalla navigazione con un amico a bordo di un gozzo, diretto agli ormeggi nell’area del Molo Giano ha accusato i sintomi di un’emoraggia cerebrale. Poiché, date le condizioni, non era facilmente trasportabile, veniva inviata una motovedetta con a bordo personale medico del Cisom (Corpo italiano di soccorso dell’Ordine di Malta) che coadiuvava il 118 nelle complesse prime manovre di  assistenza, riuscendo ad ormeggiare vicino al gozzo, nonostante la ristrettezza dei luoghi dove si trovava l’imbarcazione. Il personale di bordo e di terra della Capitaneria di Genova riusciva a trasbordare l’uomo che veniva poi portato all’Ospedale civile Galliera per ricevere le cure del caso.

M.Iar.

Via D’Amelio, mai dimenticare

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Ricorre quest’anno il 27° anniversario di una delle più meste giornate della storia della nostra Repubblica: la strage di Via D’Amelio, Palermo 19 luglio 1992

Oltre ad essere un esemplare magistrato, Paolo Borsellino era un fermo promotore dell’educazione alla legalità. Sosteneva che solo una rivoluzione culturale potesse sconfiggere il male mafioso e, forse non a caso, tra le sue ultime parole v’è una missiva rivolta ad una scuola come a volerle “passare il testimone” della lotta alla mafia.Scriveva infatti di essere ottimista nel vedere che << verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi un’attenzione ben diversa da quella di colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta>>.

La sua visione si fece realtà sin da subito. I funerali vennero trasmessi in tantissime scuole italiane e i quarantenni di oggi ricordano con nitidezza lo sgomento provato nel vedere le immagini della Via D’Amelio in fumo, dei palazzi sventrati, le auto carbonizzate e le bare che, a distanza di meno di due mesi, tornavano alla vista di preadolescenti del tutto ignari delle amarezze di una terra tanto armoniosa e bella. Fu così che quella che ai più sembrava una leggenda si fece d’improvviso materia, dolore, disgusto.

Il Coordinamento Nazionale dei docenti dei diritti umani da anni prosegue nella “staffetta” e mantiene vive le parole di Borsellino nelle aule di tutta Italia raccontando di un impavido servitore dello Stato che, assieme ad un gruppo di amici come gli piaceva definirli, ci ha insegnato che lo Stato siamo noi, che la mafia esiste anche se non si sente e non è un fenomeno territoriale, che per debellarla occorre una sinergia tra tutte le istituzioni dello Stato e la società civile e che la legalità non è solo rispetto della legge ma ligio rigore morale.

L’educazione alla legalità non prescinde dall’insegnamento del diritto o dell’educazione civica in tutte le scuole, quest’ultima purché affidata ai docenti delle discipline giuridiche ed economiche (classe di concorso A046 – discipline giuridiche ed economiche). Sono questi, infatti, i docenti da tenere in massima considerazione per l’attuazione della rivoluzione culturale e morale promossa da Paolo Borsellino e gli unici idonei ad assicurare un approccio approfondito alla tematica, anche attraverso l’interpretazione dei codici e delle leggi.Tuttavia, in controtendenza all’aumento degli indici di criminalità diffusa, non si registra ancora alcun incremento della didattica in tal senso e la classe di concorso A046 continua ad essere in esubero nazionale, con un sostanziale stallo delle mobilità e delle immissioni in ruolo.

Nell’ottica di potenziare l’effettiva educazione alla legalità, il CNDDU rinnova la proposta di introdurre l’insegnamento del diritto e/o dell’educazione educazione civica in tutte le scuole secondarie del primo e secondo ciclo affidandone l’insegnamento ai docenti delle discipline giuridiche ed economiche, accompagnata da una più appropriata regolamentazione della classe di concorso e la valorizzazione delle migliaia di docenti italiani che si sono formati, o si stanno formando, per accedere al ruolo della classe di concorso A046.
Ci teniamo inoltre a ricordare che quel pomeriggio di luglio, assieme a Paolo Borsellino, entrarono nell’eterna memoria degli italiani anche i compo

nenti della sua scorta: gli agenti Catalano, Cosina, Loi, Traina e Li Muli. Tra di loro una donna, Emanuela Loi, la prima poliziotta a prendere parte ad una scorta e la prima a morire in servizio. Fu una ragazza esemplare per coraggio e dedizione al lavoro che, nonostante la sua giovane età, divenne ispiratrice di una nuova coscienza di genere per un ruolo attivo delle donne nella pubblica sicurezza e nella lotta alla mafia.
Il CNDDU propone l’ingresso delle associazioni impegnate nella lotta alla mafia e delle forze dell’ordine nella “Rete di Polo” affinché nelle scuole si possa approfondire la conoscenza della vita degli agenti della scorta che, al pari del magistrato protetto, si sono impegnati in prima linea nella concreta lotta alla criminalità.

 

Prof.ssa Veronica Radici
Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani