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Partecipano 600 studenti
Fare cinema fin dalla scuola dell’infanzia. Capita all’istituto comprensivo di Avigliana e Almese grazie al progetto “Con occhi diversi”, proposto da Distretto Cinema e finanziato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e Ministero della Cultura.
L’iniziativa è partita in questi giorni e prosegue fino a marzo. Si inizia scoprendo la storia del cinema, per poi concentrarsi su “Pinocchio”: a seconda delle classi e dell’età degli studenti, il libro di Carlo Collodi viene declinato diversamente, scoprendone tutte le tematiche, dal rapporto bambini-adulti, all’abbandono scolastico, al tema della menzogna. Bambini e ragazzi sono, poi, chiamati a inventare storie sugli stessi temi: se le classi della materna, realizzano poi disegni animati a partire da queste, quelle di elementari e medie producono cortometraggi, di finzione o documentaristici. L’obiettivo è realizzare un cortometraggio per classe, occupandosi di ogni aspetto della realizzazione: per questo, docenti e allievi sono affiancati da professionisti del cinema, ogni giorno impegnati sul set e selezionati da Distretto Cinema, associazione torinese che, in questi anni, ha organizzato iniziative come il festival internazionale Contemporanea, “Cinema a Palazzo Reale” o “Cinema sulla Pista 500”.
La proposta, totalmente gratuita per le scuole, prevede anche una mattinata al cinema: visto che il cinema di Avigliana non ha aderito al progetto di Distretto Cinema, le classi di Almese e Avigliana andranno a Torino per vivere la magia della sala.
All’Ic Avigliana sono stati coinvolti tre plessi dell’infanzia (Don Campagna, Airone, Rodari) per un totale di 60 bambini e quattro plessi della primaria (Berti, Frank, Calvino, Rosa), per un totale, in questo secondo caso, di 16 classi: si tratta di 320 bambini. Per l’Istituto comprensivo di Almese hanno invece aderito due scuole dell’infanzia, la Casorati (a Rubiana) e La giostra (a Villar Dora), e due scuole primarie: il plesso Falcone Borsellino di Milanere (classe seconda) e la Collodi di Villar Dora (due classi seconde e due classi quinte). In totale, più di 100 alunni tra infanzia e primaria. A questi, si sommano gli studenti della scuola media “Riva Rocci” di Almese dove hanno aderito sei classi (3ª A, 3ª D, 2ª A, 2ª C, 2ª D e 2ª E): anche in questo caso, si tratta di un centinaio di allievi.
RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA
Carlotta Fruttero “Alice ancora non lo sa” -Mondadori- 18,50
Questo è il primo romanzo della figlia del celebre Carlo Fruttero
(della premiata ditta F&L, in sodalizio artistico con Lucentini), dopo il precedente “La mia vita con papà” del 2013; tenerissima e preziosa testimonianza delle memorie paterne e di una vita incredibile. Una sorta di autobiografia in rapporto al padre, al quale era legatissima e che ha assistito fino all’ultimo respiro.
La storia di “Alice ancora non lo sa” è ambientata sullo sfondo dell’alta Maremma Toscana, dove l’autrice è cresciuta nella casa al mare a Castiglione della Pescaia. Luogo scelto (quando ancora la pineta era vergine) dal padre che qui decise di comprare una delle prime villette, e che amò tantissimo.
Alice ha 40 anni, un marito e due figli; vive tra la città e la casa al mare e il suo matrimonio è di quelli che si trascinano in un appannato tran tran quotidiano. La madre della protagonista è ammalata di depressione, pazientemente accudita dal marito regista e sceneggiatore.
Tutto scorre più o meno tranquillamente, almeno fino all’incontro con un altro uomo: un “Lui” che la intriga, la insegue, convincendola della chimica unica che li unirebbe. Il lettore intuisce fin dall’inizio l’animo manipolatore del giovane che assume atteggiamenti fastidiosi da stolker. Ma la sua strategia pare fare breccia in Alice. Il marito scopre i loro messaggi e il matrimonio va a rotoli; infine lei cederà, convinta di avventurarsi in un grande amore passionale.
Si forma la nuova coppia e i primi tempi di convivenza con “lui” paiono un sogno di condivisione profonda. Tutto sembra andare nel migliore dei modi; poi il precipizio. “Lui” si trasforma in un altro; a tratti cattivo e subdolo, e lascio ai lettori scoprire il baratro in cui la seconda vita di Alice finisce per sprofondare.
Hannah Rothschild “La Baronessa” -Neri Pozza- euro 19,00
La Baronessa è Pannonica (detta Nica) Rotschild -prozia dell’autrice- ed è stata l’aristocratica inglese mecenate e musa ispiratrice del jazz americano a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta. Hannah Rotschild ha ricostruito la sua esistenza privilegiata e fuori dagli schemi, raccontandola in questo romanzo-biografia accurato e scorrevole.
Kathleen Anne Pannonica Rotschild nasce il 10 dicembre 1913 a Londra, in una delle più potenti e ricche famiglie d’Europa. Il nome Pannonica (una rara falena) è scelto dal padre Nathaniel Charles Rotschild, influente banchiere ed appassionato di entomologia. Pannonica, poi detta Nica è la figlia minore di Charles e della baronessa ungherese Rózsika Edle von Wertheimstein.
La sua è un’infanzia dorata, immersa nel lusso della tenuta di famiglia, Country House di Waddesdon Manor nell’Hertfordshire; cresciuta da tate e istitutrici insieme alle due sorelle e al fratello Victor, ai quali e legatissima. Genitori assenti, un padre molto amato, ma irrimediabilmente depresso, che decide di porre fine ai suoi tormenti terreni tagliandosi la gola a soli 46 anni, nel 1923.
Pannonica è un’ereditiera spavalda, ama le auto e la velocità, a 21 anni ottiene il brevetto da pilota di aereo. Sposa il barone Jules de Koenigswarter, ebreo come lei (maniaco di ordine e controllo), aviatore e futuro diplomatico. Avranno 5 figli, un castello francese -lo Chateau d’Abondant- e una vita di privilegi.
Quando vengono promulgate le leggi razziali, scatta la persecuzione e deflagra la Seconda Guerra Mondiale, Nica deve fuggire. Riesce a mettere in salvo i figli, poi raggiunge il marito in Africa dove entrambi si distinguono per valore. E dopo la guerra la vita familiare riprende.
Ma tutto cambia quando Nica scopre e si appassiona alla musica jazz, soprattutto a quella del pianista di colore Thelonius Monk. Vuole conoscerlo a tutti i costi, ed ecco la miccia che fa esplodere il matrimonio ed innesca la seconda vita della baronessa. Nel 1951 abbandona marito e figli, si trasferisce a New York in una suite dello Stanhope Hotel e diventa il punto di riferimento e il sostegno economico di decine di musicisti. Vive di notte, se ne infischia delle regole e sprofonda al centro di scandali e dicerie.
Soprattutto si innamora -non ricambiata- del pianista jazz Thelonius Monk, sposato con figli e in crisi lavorativa. Diventa il suo sostegno, nonostante lui non lasci la moglie. Nica gli starà accanto fino all’ultimo e poi ne coltiverà per sempre la memoria.
Dopo aver superato un cancro e un’epatite, muore il 30 novembre 1988, a New York, a 74 anni, portata via dalle complicazioni sopraggiunte all’operazione per un by pass al cuore. Ma resterà sempre la musa ispiratrice degli artisti jazz che le dedicarono memorabili canzoni.
Ana Maria Matute “La trappola” -Fazi Editore- euro 18,50
Questo romanzo è l’ultimo della trilogia della scrittrice spagnola nata nel 1925 e morta a 88 anni nel 2014; considerata una delle voci più importanti del suo paese nel Novecento. Autrice di una trentina di opere narrative, Vincitrice di parecchi premi (inclusi il Planeta e nel 2010 il Cervantes), diventata membro della Reale Accademia della lingua spagnola.
Nei suoi lavori emerge la memoria di un’infanzia difficile, segnata dagli orrori della guerra civile e dal regime Franchista. Un passato con cui ha continuato a fare i conti.
Dopo i precedenti titoli della trilogia –“Ricordo di un’isola” e “I soldati piangono di notte”- l’ultimo capitolo si svolge a Maiorca e vede messe a confronto più generazioni, in un affresco in cui compaiono caratteri contrastanti, rancori mai sopiti e, fondamentalmente, il trauma della guerra civile spagnola.
La proprietaria della storica casa sull’isola, la Grande Vecchia, sta per compiere 99 anni, ma decide di celebrare già i 100, ed obbliga tutti i parenti a riunirsi sull’isola. E’ la dispotica matriarca agli ordini della quale ubbidiscono tutti i familiari; dagli ottuagenari ai più giovani. Arrivano dalle zone più svariate del mondo, convergono nell’avita dimora, ubbidienti e convinti che lei li seppellirà tutti.
Selby Wynn Schwartz “Le figlie di Saffo”
-Garzanti- euro 18,00
E’ il romanzo di esordio di Selby Wynn Schwartz, attivista e critica americana nata nel 1975 in California, docente di scrittura alla Stanford University. Filo rosso di questo libro (entrato nella longlist del Man Booker Price 2022) è l’amore per la poetessa greca Saffo, i cui frammenti vengono incrociati con i destini di alcune donne che, tra la fine dell’800 e il Ventesimo secolo, sono state innovatrici dotate di forza e coraggio nel rompere le convenzioni ed inseguire la libertà.
Dietro questo libro ci sono approfondite ricerche condotte da Selby Wynn Schwartz, che ha messo in luce come l’unica donna dell’antichità di cui ci è giunta la voce, sia diventata la guida di personaggi del calibro di Virginia Woolf (per poterla leggere al meglio imparò il greco), Sibilla Aleramo, Eleonora Duse, Isadora Duncan, Anna Kuliscioff, Lina Poletti (allieva di Pascoli, affascinante, attivista coraggiosa e dichiaratamente lesbica).
Tutte ambivano ad essere riconosciute e amate per quello che erano, come la tessitrice di viole di Lesbo che aveva saputo cercare la vera se stessa e trovato le parole che esprimevano desiderio, bellezza e sguardi al femminile.
Molte delle donne raccontate nel libro furono vittime di stupri e violenze da parte degli uomini. Alcune di loro erano privilegiate per nascita e istruzione, dotate di strumenti per esprimersi e lottare. Quasi tutte avevano scelto e intrapreso attività artistiche che permettevano di perseguire e manifestare talenti e idee che potevano fare la differenza.
Tratto da un bestseller dello scrittore e giornalista Paolo Rumiz, è nato un testo teatrale creato da Alberto Bassetti, testo di grande intensità e suggestione, magistralmente interpretato da Maddalena Crippa, Maximilian Nisi e Adriano Giraldi, sulle musiche di Mario Incudine. Lo spettacolo, coprodotto da La Contrada, Teatro Stabile di Trieste e Srca Azzurra, s’intitola “Sogno a Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna”, che rimarrà in scena al teatro Gobetti fino al prossimo 17 novembre.
‘Un sogno a Istanbul. Ballata per tre uomini e una donna’ racconta di Max e Masa e del loro amore. Maximilian von Altenberg, ingegnere austriaco, viene mandato a Sarajevo per un sopralluogo nell’inverno del ’97. Un amico gli presenta la misteriosa Masa Dizdarevic, donna austera e selvaggia, splendida e inaccessibile, vedova e divorziata, con due figlie che vivono lontano da lei. Scatta qualcosa, un’attrazione potente che non ha la possibilità di concretizzarsi, perché Max torna in patria e prima di ritrovare Masa passano tre anni. Masa ora è malata, ma l’amore finalmente si accende. Da lì in poi smuove un vento che accende le anime e i sensi, che strappa lacrime e sogni. Comincia l’avventura che porta Max nei luoghi magici di Masa, in un viaggio che si fa rito, scoperta e risurrezione.
“Non trovo nelle quattro figure in scena – spiega il regista Alberto Pizzech – semplicemente il dipanarsi di un percorso emotivo, di una semplice storia d’amore. Quel racconto privato, nella scrittura di Rumiz, che Alberto Bassetti ha ben colto nel suo riadattamento, è la metafora degli sconfinamenti, del nostro lasciarsi invadere, della possibilità di incontrare, di costruire storie che ci spostino dal nostro punto. Su cosa si fonda l’Europa, se non su questi comuni destini, su questo sangue, su amori nati sulle ceneri di palazzi crollati, sulle schegge di bombe che hanno dilaniato architetture? L’Europa è figlia di queste storie, è la sua storia e noi siamo il risultato di quei processi storici che dialogano con la nostra storia personale”.
Teatro Gobetti, via Rossini 12
Orario spettacoli martedì giovedì sabato 19.30, mercoledì e venerdì ore 20.45, domenica ore 16.
MARA MARTELLOTTA
GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA
Lunedì. Al teatro Regio si esibisce Ligabue.
Martedì. Al Jazz Club è di scena Matteo Salvadori.
Mercoledì. Al teatro Colosseo arriva Malika Ayane. Al Jazz Club suonano i Dicks Fall. Al teatro
Concordia si esibisce Anna Pepe. All’Osteria Rabezzana sono di scena i The Last Coat of Pink. Al
Peocio di Trofarello suonano gli Atomic Rooster. Al Blah Blah si esibiscono i Dicks’Fall. Allo Ziggy
sono di scena i San Leo +Makepop.
Giovedì. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone, concerto dal titolo “Cine & Jazz” per un omaggio
ai centenari :Marcello Mastroianni, Marlon Brando, Henry Mancini, con l’Orchestra Magister
Harmoniae e la House Band. Al Blah Blah si esibisce Tony Mezzacarica & I Carusi. All’Hiroshima
Mon Amour arriva il rapper Frankie Hi-nrg Mc. Al teatro Colosseo è di scena Diodato. Al Cafè
Neruda suonano i Mashkatarìa. Al Jazz Club si esibiscono i Dionysian. Alla Divina Commedia
sono di scena gli Acoustik Brothers.
Venerdì. Allo Ziggy suonano i Distruzione + Putridity. Al Blah Blah si esibiscono i Temple Of
Deimos+ Palm In A Forest. Al Magazzino sul Po suonano gli Stormo. Per 3 giorni consecutivi
i Pink Floyd Legend Week, ripropongono gli album di maggior successo dei “mitici” Pink Floyd
al teatro Colosseo. Al Capolinea 8 suona il Cantabile Trio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie Limone,
concerto dal titolo “Il Cielo è pieno di stelle”, tributo a Pino Daniele eseguito dal duo Mazzariello-
Bosso. Al Jazz Club suona la Terry Blues Band.
Sabato. Allo Ziggy suonano i Fuori Controllo + Redmoon Heroes. Al Blah Blah sono di scena i
La Crisi+Pigro. Al Folk Club si esibisce il quintetto di Stefano Dall’Armellina. Al Capolinea 8
concerto tributo a Chet Baker con il quartetto di Felice Reggio. Per Moncalieri Jazz alle Fonderie
Limone, suona Albert Hera & Friends con la partecipazione di The Singers Choir. Al Jazz Club
si esibisce la Project Band.
Domenica. Chiusura di Moncalieri Jazz all’auditorium Toscanini, di Torino con lo spettacolo dal titolo
“100 anni della radio” con l’Orchestra Rai diretta da Steven Mercurio, con la partecipazione
straordinaria di Tosca. Al Blah Blah suonano gli Spiritual Deception+ Chasing People. Allo Ziggy
sono di scena gli Hibaku Jumoku. Al Jazz Club si esibiscono i Plastic Fingers.
Pier Luigi Fuggetta
Cento anni fa nasceva Ugo Buzzolan, il più autorevole critico televisivo italiano. Generazioni di torinesi, e non solo, lo ricorderanno di certo, firmava la sua rubrica su “La Stampa” con una sigla divenuta celebre: ” u.bz.”. Inventore di un genere nuovo, destinato ad avere grande fortuna, viveva la sua funzione di critico quasi come una missione: puntuale, attento, acuto, nemico di ogni eccesso, si impose come il più onesto ed il più temuto dei cronisti televisivi.
Buzzolan portò avanti numerose battaglie, denunciando già allora le straripanti interruzioni pubblicitarie, l’emarginazione del teatro in tv, la scomparsa degli spazi per le proposte culturali, dalla musica ai libri, e si faceva sovente portavoce di tutti i suoi lettori che per per anni non riuscirono a vedere la terza rete della Rai perché il segnale era irrangiungibile. Sapeva essere pungente ma sempre con garbo: su “La Stampa”, nel 1980, Ugo Buzzolan parlando dello sceneggiato televisivo italiano, osservava che ” abbiamo il primato assoluto delle riduzioni dei romanzi dell’Ottocento. I magazzini della Tv traboccano di tube, crinoline, cuffie e mustacchi, di lumi a petrolio, di occhialini e carrozze”.
Proprio lui che era stato il più innovativo già ai tempi della televisione sperimentale con i primi “originali televisivi”, opere scritte appositamente per il piccolo schermo, trasmesse dalla Rai ancora prima dell’annuncio ufficiale del gennaio 1954. Per il Centenario della sua nascita, mercoledì 13 novembre, alla Mediateca Rai di Torino, al Palazzo della Radio di via Verdi, verrà ricordato dai figli Arturo, Angelica e Dario con la visione di “Eravamo giovani”, un originale televisivo del 1955, dove tra l’altro, oltre a Antonella Lualdi e Franco Interlenghi, recita anche una giovane attrice, Cecilia Ciaffi, la moglie di Buzzolan.
Igino Macagno
Dopo il successo di Flashback Habitat torna la rassegna musicale in corso Giovanni Lanza 75
Dopo il successo di Flashback Art Fair, gli spazi di corso Giovanni Lanza 75 non restano inanimati e l’avventura di Flashback Habitat prosegue con la sua programmazione. Dal giovedì alla domenica si potranno vedere le mostre allestite e partecipare agli incontri culturali organizzati a Il Circolino, lo spazio ricreativo di Flashback.
Tutti i venerdì alle ore 21 torna la rassegna “Sta cosa del jazz”.
Dopo l’inaugurazione venerdì 8 novembre con gli Only Pleasure, venerdì 15 novembre sarà la volta del gipsy jazz e delle sonorità manouche dei 20 strings con Alberto Palazzi e Mauri Mazzeo alle chitarre, Andrea Garombo al contrabbasso e Roberto Cannillo alla fisarmonica
Nuovi orari Flashback Habitat
Parco il Circolino
Giov. 18.00-00.00
Ven, sab, dom: 11.00, 00.00
Analogo orario per le mostre.
Mara Martellotta
Lunedì 11 novembre alle ore 15 al Collegio San Giuseppe (via San Francesco da Paola, 23) il Centro “Pannunzio” organizza un Convegno dal titolo “Giovanni Gentile: delitto politico o giustizia partigiana?” a 80 anni dall’assassinio del filosofo, a cui parteciperanno gli studiosi Hervé A. Cavallera, Carla Sodini, Valter Vecellio, Gianni Oliva, Pier Giuseppe Monateri, Nino Boeti, Luciano Boccalatte, Maria Grazia Imarisio e Giuseppe Parlato. Con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Piemonte, del Consiglio regionale del Piemonte, della Città metropolitana di Torino, del Comune di Torino. Ingresso libero.