CONTEMPORANEA / di Maria Cristina Strati
Da Camera, a Torino, la fotografia rivoluzionaria di Ai Weiwei
Quando si ha a che fare con l’arte contemporanea e ci si trova nella circostanza di spiegarla al pubblico, è facile trovarsi nella difficoltà di far comprendere a chi non la conosce che cosa in essa appassioni tanto e, soprattutto, che cosa in essa abbia a che fare con la vita e la quotidianità della società intera. Per fortuna ci sono artisti con i quali spiegare il perché del valore della loro ricerca è più facile che con altri. Sono gli artisti che hanno testimoniato il loro impegno con la propria vita, in maniera molto concreta, e il cui lavoro rimanda in maniera diretta a situazioni, problemi, temi, che ci riguardano tutti. Uno di questi artisti è Ai Weiwei.

Lo scorso 28 ottobre da Camera – Centro Italiano per la Fotografia si è inaugurata una mostra bella e importante, dedicata appunto all’opera di Ai Weiwei. L’esibizione, affidata alla curatela di Davide Quadrio, raccoglie moltissimo materiale fotografico e video anche inedito realizzato dall’artista cinese dal 1983 ad oggi.
La mostra, che si svolge in contemporanea con l’imponente retrospettiva di Palazzo Strozzi a Firenze, prosegue negli spazi di Camera fino al prossimo 12 febbraio e sarà affiancata da una serie di eventi, conferenze e proiezioni, utili ad approfondire ulteriormente la figura e l’opera di Ai Weiwei.
Negli ultimi anni Ai Weiwei si è fatto conoscere dal grande pubblico non solo per la sua attività e ricerca artistica, ma anche e soprattutto per il suo impegno sociale e per i diritti umani. Impegno, il suo, per il quale egli ha pagato personalmente, anche con la reclusione, e che permea interamente la sua opera.
Si può infatti affermare che ogni suo lavoro è pensato come testimonianza viva e attiva di una realtà scomoda con la quale siamo tuttavia costretti a fare i conti.
Di questo ci rendiamo conto fin dal nostro ingresso in galleria. La mostra da Camera si articola infatti intorno a Soft Ground, un’installazione di grandi dimensioni che di fatto accompagna il visitatore lungo tutto il percorso espositivo. Si tratta di un tappeto lungo quanto il corridoio, sul quale è stampata la riproduzione fotografica in scala reale delle impronte lasciate dal passaggio di un carro armato della stessa qualità e dimensioni di quelli usati nel 1989 per reprimere la rivolta di Piazza Tienanmen.
A partire da questo drammatico lavoro e intorno ad esso, nelle altre sale, siamo poi invitati a seguire il percorso artistico ed esistenziale dell’artista attraverso i suoi lavori fotografici. Le fotografie sono esposte infatti in ordine cronologico, seguendo il ritmo dei mutamenti storico sociali che sono incorsi via via negli ultimi trent’anni, con accanto ad esso, mai da esso slegato, il controtempo del racconto autobiografico, con i celebri autoritratti.
L’ultima sala ospita infine Refugee Wallpaper, un’installazione formata da circa diciassettemila immagini frutto di una ricerca documentaria sul tema dell’immigrazione. La quantità delle immagini, tutte di piccolo formato, esposte l’una accanto all’altra a dar luogo a una drammatica tappezzeria multicolore, dà il senso della dispersione, del pericolo di non comprendere, di non vedere e rendersi conto del dramma concreto che coinvolge ogni giorno migliaia di esseri umani che dal Sud del mondo risalgono verso l’Europa e l’Occidente. L’occhio dell’artista qui offre la propria testimonianza attiva, ma sempre con un profondo rispetto, che non si compiace mai del dolore e non lo spettacolarizza.

Come una vedetta attenta e solerte, Weiwei assume così su di sé il ruolo di colui che richiama l’attenzione, denuncia, avvisa. E, senza perdere la coerenza stilistica e compositiva propria del linguaggio artistico, in ogni suo lavoro egli fa sì che i nostri occhi si posino con chiara consapevolezza laddove le maglie della società sono più lente, i problemi più urgenti, i diritti umani non garantiti.
È chiaro perciò che, nel caso di Ai Weiwei, spiegare perché l’arte contemporanea interessa non solo gli esperti o gli appassionati del settore, ma la società intera, non è facile soltanto in virtù di quella che è ed è stata la sua storia e vicenda personale di rivoluzionario e dissidente. Il modo stesso in cui le opere sono pensate e realizzate rimanda infatti al modo della testimonianza, della denuncia vivida e tagliente che invita alla riflessione e alla presa di coscienza.
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ARound Ai Weiwei: PhotogRAPhs 1983-2016
Dal 28 ottobre 2016 al 12 febbraio 2017
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 Torino
+39.011.0881150, camera@camera.to
Le immagini:
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Beijing-Photographs-1993-2003-The-Forbidden-City-during-the-SARS-Epidemic

muore una volta per venire al mondo, poi cambia 

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Il 34° Torino Film Festival sarà per un giorno il palcoscenico di Roberto Bolle. L’étoile italiana presenterà a Torino – in anteprima mondiale – il film Roberto Bolle. L’arte della Danza (trailer qui
Aggiunge la regista Francesca Pedroni: “Conosco e seguo Roberto Bolle dai suoi primi successi alla Scala. Un’eleganza naturale, principesca, da perfetto danseur noble, una bellezza da manuale d’arte. Lo abbiamo visto crescere, diventare étoile della Scala, ma anche una straordinaria star pop in grado di far conoscere i maestri della coreografia del passato e del presente a un pubblico neofita. Accompagnare Roberto Bolle in tour è stata una magnifica avventura. Abbiamo seguito da vicino l’étoile e i suoi compagni di viaggio, cercando di entrare nel loro mondo da osservatori silenziosi, partecipando al ritmo del tour, scandito ora per ora, fino a notte avanzata, da una scaletta serratissima di impegni e dal linguaggio universale e non verbale della danza. Una sfida adrenalinica che ci ha permesso di avvicinarci in modo inedito alla personalità di un artista unico. Non c’è balletto, assolo, passo a due, che Roberto Bolle non provi e riprovi, anche se lo conosce e danza da anni. L’allenamento è continuo, la ricerca della perfezione costante, la dedizione assoluta. Un divo per gli altri, per sé un uomo che si inchina a quello che la danza richiede; un re con l’aria perenne da bravo ragazzo, disponibile per noi, per i suoi compagni, per i fans. Una mistura tra amore per l’arte e fedeltà alla disciplina, che siamo certi non lo abbandonerà nelle sue scelte future”. Francesca Pedroni
American Pastoral – Drammatico. Regia di Ewan McGregor, con Ewan McGregor, Jennifer Connelly e Dakota Fenning. Tratto dal romanzo di Philip Roth, è la storia di Seymour Levov, detto “lo svedese”, un uomo cui la vita ha regalato tutto, il successo non soltanto sportivo, una fortunata carriera come imprenditore, una moglie ex reginetta di bellezza, una famiglia di cui andare fieri. Il classico americano self-made man. Fino al giorno in cui questo mondo perfetto – siamo nel 1968 – scoppia e va in frantumi, allorché la figlia sedicenne, che appartiene ad un gruppo terroristico, fa esplodere un ufficio governativo procurando la morte di un uomo. Durata 108 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Massimo sala 2, Uci)
Carrell e Blake Lively. Bobby, trentenne neyworkese e rampollo di una squinternata famiglia ebraica, dove circolano pure componenti malavitosi, corre a Hollywood per entrare a servizio dello zio, apprezzato agente di divi e divette. Si innamorerà della giovane segretaria di studio. Ma c’è già un altro nel suo cuore e le cose inevitabilmente si ingarbuglieranno. Uno sguardo al vecchio cinema, gli amori, le battute che piovono come se piovesse, tutto secondo i canoni di Woody, giunto bulimicamente al suo 47° film. Durata 97 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo blu, Romano sala 3)
professione da un incidente d’auto, per cui la forza e l’abilità delle sue mani non sono più quelle di un tempo. In un antico monastero del Nepal, dove decide di recarsi, l’uomo di scienza convertito ad un ruolo del tutto mistico, fa il suo incontro con un Maestro, detto l’Antico, cui sta a cuore la protezione della Terra da forze negative. Alla nuova scuola prevarranno arti marziali e autocontrollo, per una lotta comune contro il Male. Un vecchio eroe dei fumetti Marvel rispolverato per l’occasione. Durata 115 minuti. (Ideal, Lux sala 3, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
In guerra per amore – Commedia. Diretto e interpretato da Pif, con Miriam Leone e Andrea Di Stefano. L’autore/interprete di “La mafia uccide solo d’estate” immagina questa volta che Arturo, un candido ragazzo newyorkese di origini siciliano, per chiedere la mano dell’innamorata Flora al padre debba catapultarsi nella terra d’origine: dove, siamo in pieno 1943, c’è la guerra e lo sbarco delle truppe a stelle e strisce ampiamente appoggiato dai boss mafiosi. Durata 99 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Groucho, Lux sala 2, Massimo sala 1, Reposi, The Space, Uci)
Inferno – Azione. Regia di Ron Howard, con Tom Hanks, Felicity Jones e Omar Sy. Arrivati alla terza puntata, ormai gli intrighi di Dan Brown, la spettacolarizzazione di Howard e il faccione di Hanks/Robert Langdon, prezioso professore di simbologia ad Harvard che invecchia con saggezza sono una vera garanzia. A tutto questo s’aggiungano le cornici di Firenze Venezia Istanbul, gli enigmi che hanno inizio con la Sala dei Cinquecento e con l’affresco del Vasari, il capolavoro del Poeta, gli amici e i nemici che indossano differenti maschere, un virus letale di cui vorrebbe servirsi un pazzo per dare un taglio netto alla sovrappopolazione: molto, moltissimo materiale perché il pubblico, già prodigo verso il “Codice da Vinci” e “Angeli e demoni”, corra al cinema. Durata 121 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Ideal, Lux sala 1, Massaua, The Space, Uci)
Jack Reacher – Punto di non ritorno – Regia di Edward Zieck, con Tom Cruise e Robert Duvall. Personaggio inventato dallo scrittore Lee Child (il cinema aveva già considerato quattro anni fa “La prova decisiva”), Reacher è un ex maggiore della polizia militare, fuori di ogni inquadramento. Una nuova vicenda, questa volta tra Afghanistan e le gerarchie militari di Washington che hanno affibiato una accusa di spionaggio alla collega Susan Turner, colpevole d’aver messo il naso in certe questioni poco pulite. Durata 118 minuti. (Greenwich sala 3, Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
Neruda – Drammatico. Regia di Pablo Larraìn, con Luis Gnocco, Alfredo Castro e Gael Garcìa Bernal. Il governo di Videla, nel Cile del 1948, incarica un poliziotto di inseguire e catturare lo scrittore Pablo Neruda, in fuga con la moglie. Tra realtà e poesia, un’opera che pone ancora una volta l’attenzione sul talento dell’autore di “Tony Manero”, del “Club” e del prossimo “Jackie”, presentato e premiato a Venezia. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 2)
Benoit Poelvoorde e Chiara Mastroianni. Bruno, allevatore di bestiame, partecipa al Salone dell’Agricoltura a Parigi, accompagnato dal padre. Anche il vino rientra tra i loro interessi: decidono di fare un vero tour, attraverso la campagna francese. Sarà l’occasione per andare alla scoperta delle strade del vino come pure di riscoprire se stessi, iniziando da ciò che li accomuna. Durata 101 minuti. (Classico, Uci)
The Accountant – Thriller. Regia di Gavin O’Connor, con Ben Affleck, Anna Kendrich e J.K. Simmons. Christian Wolff, genio matematico, lavora sotto copertura in un piccolo studio come contabile per il crimine organizzato. Accetta di seguire gli affari di un nuovo cliente, una società di robotica dove si sono scoperti ammanchi per milioni di dollari. Non appena Christian inizia a intravedere i responsabili e la soluzione, parecchie persone sono tragicamente coinvolte. Durata 128 minuti. (Eliseo rosso, Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
E’ morto a 84 anni Luciano Rispoli, il noto giornalista e conduttore di programmi storici come ‘Parola mia’, realizzato negli anni ’80 presso il centro di produzione Rai di via Verdi a Torino