CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 86

Guercino, ultimi giorni: “più di qualsiasi altro fosse nato Pittore, e fatto dalla Natura”

Nelle sale di Palazzo Chiablese, sino al 15 settembre 

Più di cento opere, tra disegni e oli, provenienti da oltre trenta importanti musei e collezioni – ad iniziare da quell’”Autoritratto” introduttivo, un uomo di quarant’anni fiero di (rap)presentarsi elegante nel proprio abbigliamento che sottolinea il prestigioso status sociale, esempio raro lontano dal seguire la produzione senza posa, un po’ troppo spavalda, di un Rembrandt ad esempio, ricavato dalla Schoeppler Collection londinese: e poi dai Musei di Cento, la città natale, Genova con i Musei di Strada Nuova e Firenze con Uffizi e Pitti, dai Musei Reali di Torino, che per l’artista hanno un vero e proprio culto, e Modena e Bologna, dalla Galleria Borghese di Roma al Monastero di San Lorenzo all’Escorial di Madrid alla Fondazione Cavallini Sgarbi di Ferrara – per ospitare nelle sale torinesi di palazzo Chiablese sino al prossimo 28 luglio la vita e il percorso artistico e il successo di uno degli artisti tra i più acclamati dell’arte seicentesca, Giovanni Francesco Barbieri (1591 – 1666) detto il Guercino, per via di quell’imprudenza che qualcuno fece vicino alla sua culla: “ci fu chi vicino a lui proruppe d’improvviso in grido così smoderato e strano che il fanciullo, svegliatosi pieno di spavento, diedesi a stralunar gli occhi per siffatta guisa che la pupilla dell’occhio destro gli rimase travolta e ferma per sempre nella parte angolare”, come tramanda il biografo.

Curata da Annamaria Bava dei Musei Reali di Torino e da Gelsomina Spione dell’Università degli Studi di Torino – Dipartimento Studi Storici, la mostra “Guercino. Il mestiere del pittore” è suddivisa in dieci Sezioni – i fondali di un rosso e di un blu intensi lasciano emergere con grande importanza ogni opera: magari con qualche mancanza di luce in alcune parti più laterali o inferiori, magari con qualche testo esplicativo posizionato troppo in basso rispetto alla tela dentro cui cade comodamente l’occhio del visitatore -, la mostra guarda non soltanto ad una produzione che non può fare a meno della presenza dei maestri e dei colleghi coevi (Annibale e Ludovico Carracci, Scarsellino, Agostino Tassi, Domenichino, Guido Reni, Cesare Gennari) ma pone al centro dell’esposizione, in un cammino ben concatenato, il mestiere del pittore nel Seicento: i sistemi di produzione, l’organizzazione della bottega, le dinamiche del mercato e delle committenze, i soggetti più richiesti. Come non può fare a meno della figura di Paolo Antonio Barbieri, fratello dell’artista e pittore egli stesso, specializzato nelle nature morte, collaboratore nell’arte (“L’ortolana”, da una collezione privata, esempio di collaborazione, il personaggio del Guercino a contare l’incasso dell’uno, pronto l’altro a predisporre la bilancia e gli asparagi, i grappoli d’uva e i fichi, i funghi e le prugne) e nell’andamento della vita di ogni giorno, grazie al Libro dei conti arrivato sino a noi (è custodito a Bologna presso la Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio), avviato nel 1629, in cui sono scrupolosamente registrati il titolo onorifico e il nome dei committenti, la provenienza, i soggetti dei dipinti e la spesa totale convertita da ducatoni in scudi, riassumendo ad ogni fine anno il conteggio del denaro riscosso per i quadri, le spese per la casa e il mantenimento della famiglia.

Il libro ci catapulta felicemente – e la mostra ne offre piena e godibilissima testimonianza – in un’epoca lontana, nelle stanze del lavoro, nelle necessità, nelle tariffe di questo e di quell’artista, legate alla celebrità e al successo, in quelle committenze che più o meno annualmente numerose arrivavano dai privati e dal mondo religioso, dai borghesi e dai nobili, dai pontefici: “Dal Libro emerge l’ampiezza della produzione dell’atelier e il suo sistema per definire il prezzo delle opere con il ricorso a un tariffario fisso: una figura intera costava 100 ducatoni, una mezza figura 50 e una testa 25, utilizzando una programmatica impostazione economica che poteva però subire degli adattamenti in base ai committenti e agli intermediari e che varia notevolmente nel corso della carriera artistica del Guercino. Incideva sul prezzo delle opere anche il materiale e la scelta dei colori utilizzati, alcuni dei quali particolarmente costosi e prestigiosi come le lacche e il blu di lapislazzuli”, illustrano le curatrici.

Importante, nel 1616, mutando le raffinatezze legate alla rappresentazione del paesaggio (un esempio per tutti, il “Concerto campestre”, un olio su rame dalla pregevole composizione, la brigata di giovani musicanti e le presenze femminili da un lato e la natura a essere protagonista dall’altro, tra il fiabesco e il realistico), fu l’apertura dell’”Accademia del nudo” da parte del Guercino, divenuta presto punto di riferimento per molti giovani artisti: capolavoro di quegli anni (1619) è il “San Sebastiano curato da Irene”, proveniente dalla Pinacoteca di Bologna, commissionato da Jacopo Serra, cardinale legato di Ferrara e raffinato mecenate del pittore, promotore di varie opere (capace di “relegare” il pittore nella propria casa, per cui questi si sentì obbligato a rivolgersi in alto nella speranza di poter proseguire verso la corte di Mantova), opera eccelsa di “straordinaria potenza anatomica e scenica”, dove tra luci e ombre dal gruppo di personaggi fuoriesce potente il corpo ferito del santo.

Come importantissimo – in una Cento che in quegli anni è un vivace centro, economicamente e culturalmente, altresì forte della sua posizione strategica tra Bologna e Ferrara – fu l’incontro con padre Antonio Mirandola, arrivato nella piccola città nel 1612 e ponte indiscutibile tra il pittore e i notabili che avevano iniziato a conoscerlo e ad apprezzarlo affidandogli numerosi incarichi. Fu grazie alla mediazione del Mirandola se Guercino entrò in stretto contatto con la prestigiosa famiglia dei Ludovisi: tra il 1617 e il 1618 il pittore eseguirà per il cardinale Alessandro, già nunzio apostolico presso la corte di Torino ed eletto pontefice tre anni dopo con il nome di Gregorio XV, quattro grandi tele, riunite insieme oggi per la prima volta in una delle sale del Chiablese dopo quattrocento anni: “Lot e le figlie” proveniente da San Lorenzo a El Escorial, “Susanna e i vecchioni” prestata dal Prado, la “Resurrezione di Tabita” dalle Gallerie degli Uffizi-Palazzo Pitti e “Il ritorno del figliol prodigo”, di casa nei nostri Musei Reali. Opere da cui appieno emerge il talento dell’artista, la sua padronanza delle forme e del colore, la sua grande teatralità, opere alle quali Ludovico Carracci, chiamato a giudicarle e a valutarle, “attribuirà una valutazione molto alta, degna di un pittore esperto”. Opere, e non soltanto quelle, che porteranno Guercino a Roma, sempre più sotto l’ala protettrice del nuovo pontefice, per occasioni di incarichi importanti presso la corte papale e l’intera nobiltà della capitale.

Da Torino, dalla chiesa di San Domenico, proviene uno dei capolavori della mostra, la “Madonna del Rosario” realizzata nel 1637, omaggio del Ludovisi a Carlo Emanuele I di Savoia, da circa sessant’anni non più spostata dalla sua sede abituale e con emozione posta in extremis nel percorso della mostra. In un perfetto gioco di diagonali, con la Vergine al centro, e un gioco di santi e di angeli e di popolo, la “Madonna” torinese è uno degli esempi più significativi della potenza scenografica e di quell’incanto barocco che hanno contraddistinto gran parte dell’attività artistica del pittore. Come non si dovrà che ammirare, sul finire dell’esposizione, meravigliosamente posta nel medesimo discorso della costruzione scenografica, della pomposa incisività, della maestria nel predisporre e nel “descrivere” i vari personaggi chiamati a popolare l’ambiente, la tela “Damone e Pizia” (1632), proveniente dalla collezione Rospigliosi di Roma, un racconto di congiure e di clemenza sotto la tirannia di Dionisio siracusano che pare esserci trasmesso dall’occhio colloquiante con noi del soldato posto nella parte inferiore della scena, in una suggestivamente cromatica bellezza di abiti e di copricapi e di armature che riportano lo spettatore di oggi all’epoca del Guercino. Quasi un esercito di figure, un esercito d’arte che lascia il visitatore “maravigliato”, autentici colpi d’occhio che fanno parte del secolo della “maraviglia”: allineandoci a quanto scrisse Carlo Malvasia, nel suo “Felsina Pittrice” del 1678: “Sono anche mostruose, e formidabili le falangi de disegni che schierandosi più de gli altri ne più adorni gabinetti, sfidano coraggiosamente qual siasi mai stat’altra leggiadra penna (…), essendo anch’essi que’ del Sig. Gio. Francesco così spiritosi guizzanti, bizzarri, e galanti, che ben danno a conoscere quanto più di qualsiasi altro fosse nato Pittore, e fatto dalla Natura.”

Elio Rabbione

Nelle immagini: Guercino, “Autoritratto”, 1630-32, olio su tela, Londra, Schoppler Collection; “San Sebastiano curato da Irene”, 1619, olio su tela, Bologna, Pinacoteca Nazionale; “Il ritorno del Figliol prodigo”, 1617, olio su tela, Torino, Musei Reali – Galleria Sabauda; “Damone e Pizia”, 1632, Roma, coll. Rospigliosi; “Madonna del Rosario con i santi Domenico e Caterina da Siena”, 1637, olio su tela, Torino, San Domenico (proprietà del Fondo Edifici di Culto gestito dal Ministero dell’Interno).

Avviate le celebrazioni dell’ottantesimo della Repubblica partigiana dell’Ossola

Dal dieci settembre sono stati esposti sul balcone del municipio di Domodossola i drappi con i colori delle formazioni partigiane della val d’Ossola: verde per le divisioni Valdossola, Beltrami e Piave, rosso per la divisione Garibaldi e Redi e blu per la Valtoce. Sono stati srotolati nel corso di una cerimonia dal sindaco Lucio Pizzi che aveva al suo fianco i familiari dello storico Pierantonio Ragozza, recentemente scomparso. Un gesto simbolico di grande impatto che ha segnato l’avvio delle ricorrenze per gli ottant’anni della Repubblica partigiana dell’Ossola, la più nota e importante dei territori liberi durante la lotta di Liberazione in Italia. Il primo cittadino di Domodossola ha pronunciato parole molto chiare: “Vogliamo ricordare l’esperienza di autogoverno dei 40 giorni di libertà che valse una medaglia d’oro al valore militare, ribadendo che quei valori fondanti sono vivi più che mai. Per questo voglio riaffermare chiaramente lo spirito che ci ha guidati: noi siamo antifascisti, Domodossola e il territorio sono antifascisti, ci riconosciamo nel valore della Resistenza e non siamo disponibili ad accettare alcun tentativo di revisionismo”. Le iniziative sono proseguite mercoledì 11 alla Casa della Resistenza di Fondotoce con il convegno “Storia di un comandante che andò oltre i propri doveri, Attilio Moneta, colonnello tra i partigiani”. Tra i vari appuntamenti vi saranno giornate di studio, convegni, proiezioni video, libri, docufilm e concerti accanto all’inaugurazione del riallestimento della sala storica di Domodossola con l’intitolazione a Mario Bonfantini e alla consegna, il 4 ottobre alla scuola media Floreanini, del premio Repubblica partigiana dell’Ossola alla scrittrice Benedetta Tobagi. Il 6 ottobre è prevista la cerimonia ufficiale con relatore la storica Antonella Braga. Il 17 ottobre alle 20.45, alla Casa della Resistenza di Fondotoce si terrà la presentazione del documentario “La grande estate partigiana. Estate 1944: dalla formazione delle prime bande alle repubbliche partigiane, la storia di un’Italia che sceglie di resistere”. Il film è prodotto da Lutea e dall’associazione DomoMetraggi; saranno presenti il regista Marzio Bartolucci e l’autrice Arianna Giannini. Il 18 e 19 ottobre, sempre alla Casa della Resistenza, si svolge il convegno “Progetto e utopia. Repubbliche partigiane e zone libere nella resistenza italiana”. Venerdì 25 ottobre alle 17.30 la biblioteca Contini di Domodossola verrà presentata una nuova edizione de “Il paese del pane bianco” di Paolo Bologna con testimonianze sull’ospitalità svizzera ai bambini della repubblica dell’Ossola, a cura di Paolo Crosa Lenz. Nella stessa serata la presentazione del libro “Quarante jours de liberté. Histoire de la république d’Ossola” di Jean-Noël Wetterwald e del cortometraggio “I bambini del pane bianco” di Davide Casarotti. Sempre il 25 alle 21 in Collegiata si terrà un concerto con il civico corpo musicale di Domodossola.

La repubblica partigiana dell’Ossola

Nel periodo più buio della storia italiana, durante l’occupazione nazifascista dell’Italia del nord, la Repubblica partigiana dell’Ossola rappresentò il primo tentativo organizzato di rinascita democratica del paese. Per più di quaranta giorni, dal 10 settembre al 23 ottobre del 1944, oltre ottantamila cittadini furono i protagonisti del governo di quel vasto territorio all’estremo nord del Piemonte, al confine con la Svizzera, dandosi un ordinamento repubblicano e una legislazione che sarà in parte riproposta e rivalutata nella Costituzione italiana entrata in vigore il primo gennaio del 1948. La vicinanza con la Confederazione Elvetica consentì di seguire con interesse e attenzione le vicende di questo territorio libero anche da parte della stampa internazionale. Una storia, quella dei “quaranta giorni di libertà”, breve ma ricca di esperienze politico-sociali che trovarono poi un seguito ideale nei primi passi e nelle scelte della nuova Italia repubblicana. Nel territorio liberato dalle formazioni partigiane si trovavano 35 comuni con 85.000 abitanti. Nel giorno stesso dell’occupazione di Domodossola, il 10 settembre 1944, Dionigi Superti, comandante della divisione Val d’Ossola, insediò la giunta di governo. In breve tempo il nuovo governo diede prova dell’ampiezza dei settori sui quali intendeva intervenire. Non si limitò alla normale amministrazione, ma si mosse lungo linee profondamente innovatrici, riflettendo “una visione non municipale dei problemi”. Anche nella riorganizzazione del sistema giudiziario ogni provvedimento venne inserito in un progetto di ampio respiro che non solo rimosse la legislazione fascista ma affermò con chiarezza i principi democratici su cui intendeva fondarsi. In campo scolastico e pedagogico, grazie alla collaborazione di intellettuali antifascisti come Gianfranco Contini e Carlo Calcaterra, vennero sviluppati programmi molto avanzati, fondati su un ciclo iniziale di formazione comune a tutti e sulla successiva distinzione tra studi liceali e studi tecnico-professionali. In pratica vennero gettate le basi per molte riforme e anche la vita democratica fu molto intensa e partecipata. Molti progetti restarono sulla carta, data la brevità dell’esperienza maturata nella zona liberata. Sul finire dell’ottobre del 1944 la controffensiva di tedeschi e fascisti provocò la caduta della piccola repubblica dopo giorni di duri combattimenti. Alle 17.40 del 14 ottobre i fascisti entrarono in Domodossola e si trovarono di fronte una città semideserta, abbandonata da più della metà della popolazione. Molti per evitare rappresaglie fuggirono in Svizzera, varcando il confine. Proprio in quei giorni fu organizzata dal governo Provvisorio, e in modo particolare da Gisella Floreanini (nome di battaglia, Amelia Valli), commissario all’assistenza e ai rapporti con le organizzazioni di massa, un’importante operazione di salvataggio di 2500 bambini che, con alcuni treni, vennero inviati in Svizzera dove vennero accolti da centinaia di famiglie elvetiche che li nutrirono e accudirono come i propri figli. Le formazioni partigiane, invece, si divisero in tre spezzoni in val Divedro, in Val Formazza e in Valsesia. Molti ripararono oltre confine, altri continuarono la lotta armata. Quattro giorni dopo, lunedì 23 ottobre 1944, i “quaranta giorni di libertà” finivano anche se sarebbe per sempre restato, indelebile, il segno lasciato dalla “repubblica” dell’Ossola, certamente la più nota e prestigiosa delle 18 zone libere partigiane che ebbero vita tra estate e autunno 1944 in piena occupazione tedesca rappresentando, come disse il filologo e critico letterario Gianfranco Contini, nato a Domodossola, “un fatto civile di rara e non abbastanza sottolineata rilevanza”.

 Marco Travaglini

“(Iper)cose. Oltre i confini del reale”

 

Torna a Cuneo la “Summer School” del “Cespec” con, ospiti d’eccezione, Piergiorgio Odifreddi e lo scrittore Andrea Piva

Dal 17 al 21 settembre

Cuneo

Obiettivo di peso. Non c’è che dire. Cinque intensi giorni di seminari ed incontri pubblici dedicati all’esplorazione dell’“iper”, di ciò che oltrepassa e va ben oltre la semplice realtà. Dagli oggetti virtuali alle emozioni che travolgono il quotidiano ai sogni. E’ ciò su cui s’impegna a fare meditazione e discussione la XVII edizione della “Summer School 2024”del “Cespec”, il “Centro Studi sul Pensiero Contemporaneo”, associazione culturale (con sede a Cuneo, in Lungostura John Fitzgerald Kennedy, 5/F) che “raccoglie, intorno ad un progetto culturale comune, giovani, studiosi, laureati, dottorandi, ricercatori, studenti universitari di discipline umanistiche, insegnanti di ogni ordine e grado e cittadini per promuovere una riflessione di taglio interdisciplinare nei settori dell’etica applicata e pubblica”. L’edizione 2024 della “Summer School” – dal titolo che già la dice lunga “(Iper)cose. Oltre i confini del reale” – è la prima del “nuovo ciclo triennale” che intende indagare le nuove forme dell’esistere, esplorando una delle domande da un milione di dollari della filosofia d’ogni tempo e luogo: “cosa esiste, e come?”. Domandona! Su cui la “Summer” non mancherà di guidarci passo passo, attraverso i suoi molteplici incontri.

A cominciare dai due appuntamenti clou di quest’anno: la lezione pubblica inaugurale “Lo zoo del matematico: numeri reali, iperreali e immaginari di martedì 17 settembre, alle 21, presso il “Salone d’Onore” del Comune di Cuneo (via Roma, 28) che avrà per relatorePiergiorgio Odifreddi (Università di Torino), noto per la sua intensa attività culturale nel campo della divulgazione scientifica e nel dibattito sul rapporto tra scienza e fede (moderatore Sergio Carletto, vicepresidente Cespec) e l’incontro serale di giovedì 19 settembre, alle 21, presso il “Rondò dei Talenti” (via Luigi Gallo, 1) con lo scrittore e sceneggiatore salernitano Andrea Piva, che dialogherà con il pubblico a partire dal suo ultimo romanzo “La ragazza eterna”(Bompiani, 2024), selezionato per il “Premio Strega”.

La partecipazione agli incontri è libera e vale come attività di formazione per i docenti. Il programma completo della “Summer 2024” è disponibile sul sito www.cespec.it  e sulla pagina “Facebook”, dove saranno pubblicate le relazioni di tutte le sessioni. Oltre alle due serate pubbliche con Odifreddi e Piva, il programma prevede sei sessioni seminariali, in calendario da martedì 17 a venerdì 20 settembre. In agenda, non mancherà anche il tradizionale workshop con gli studenti, programmato per giovedì 19 settembre, alle 10, presso il “Rondò dei Talenti”, organizzato intorno a due opere recenti del “filosofo del linguaggio” Felice Cimatti (Università di Calabria), invitato a rispondere alle domande dei 25 studenti accreditati ai lavori della “Summer” e provenienti da tutta Italia.

Sabato 21 settembre, alle 10, giornata conclusiva dei lavori: presso il Liceo “Pellico-Peano” (corso Giolitti, 11), sono in programma una serie di lezioni “dialogate” con gli studenti alla presenza di Alessandro De Cesaris(Université de Fribourg/Collège des Bernardins) e Jacopo Bodini (Université de Lyon 3 Jean Moulin).

Commenta Angela Michelis, presidente del “Cespec”: “Lo scorso anno abbiamo concluso un triennio di studi sul ‘corpo’ riflettendo sui cambiamenti che i nostri tempi comportano e in questa edizione amplieremo l’indagine affrontando le modalità del percepire e intendere ciò che chiamiamo ‘cose’. Le cose sono tali perché ci paiono individuabili e reali … eppure, il nostro mondo è molto più complesso della realtà che possiamo conoscere con i sensi, anche in campo fisico. I nostri vissuti e desideri, inoltre, trasformano l’esperienza delle cose in atmosfere e tonalità emotive, vibrazioni che cambiano la nostra percezione interiore ed esteriore dello spazio e del tempo e in tali processi lo sviluppo dei ‘media tecnologici’ non è più certamente un fattore neutrale”. A noi scoprire o, anche solo, parzialmente intuire la nostra giusta dimensione di vita e di rapporto con gli altri e con le ‘cose’ e le emozioni che ci ruotano intorno.

Gianni Milani

Nelle foto:

–       Dall’alto in basso: Piergiorgio Odifreddi e lo scrittore Andrea Piva

–       Angela Michelis, presidente del “Cespec”

 

La vita alla corte di Napoleone alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

Domenica 15 settembre

Stupinigi con Saint Cloud, tra le residenze più amate da Napoleone e dalla sua famiglia. In occasione del ritorno alla Palazzina di Caccia della carrozza di Napoleone restaurata, è in programma domenica 15 settembre un viaggio nel periodo napoleonico per “Life, istantanee di vita di corte”, l’evento di Living History che rievoca la vita quotidiana di un momento storico particolare, dando la possibilità ai visitatori di assistere ad uno spaccato di vita ricostruito il più fedelmente possibile.

Il capolavoro di Filippo Juvarra, voluto dai Savoia, è stato il luogo di svago della corte imperiale e, sebbene per un tempo brevissimo, di Paolina Borghese Bonaparte, la bella e irrequieta sorella di Napoleone, venuta a Torino con il marito, il principe Camillo, governatore del Piemonte.

Dopo 200 anni, tornano personaggi e simboli che hanno popolato la Palazzina di Stupinigi, quando era residenza ufficiale di Napoleone con dame vestite di impalpabili sete, preziosi gioielli e prestanti ufficiali a mostrare il gusto e la raffinatezza della corte imperiale.

INFO

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino (TO)

Domenica 15 settembre 2024

Life, istantanee di vita di corte

L’evento è in programma tutto il giorno. Alle ore 15.45 visita Focus sul tema, in cui interagire con i figuranti

Costo della visita: 5 euro + biglietto di ingresso

Biglietto di ingresso: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Gratuito: minori di 6 anni e possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Royal Card

Info: 011 6200634 stupinigi@biglietteria.ordinemauriziano.it

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orari di apertura Palazzina di Caccia di Stupinigi: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

La cultura lucana nel mondo: storie di uomini, donne e territorio

Dopo New York, Buenos Aires e Montevideo, la mostra internazionale “Basilicatë, una celebrazione della cultura lucana nel mondo” approda per due settimane a Torino. Dal 16 al 30 settembre 2024 è infatti ospitata negli spazi espositivi del Polo del ‘900 (Palazzo San Celso, corso Valdocco 4/a) e può essere visitata dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle 18.

La mostra Basilicatë è parte di un progetto sulla cultura lucana nel mondo con focus sull’ Argentina, gli Stati Uniti d’America e l’Uruguay. Promosso dalla Federazione dei Circoli e Associazioni dei Lucani in Piemonte, con il sostegno della Regione Basilicata e il coordinamento scientifico del Centro dei Lucani nel Mondo Nino Calice della Regione Basilicata, tra il 2023 e il 2024 ha documentato l’integrazione della cultura lucana nei Paesi che hanno accolto gli emigrati lucani oltreoceano. Alla realizzazione del progetto hanno collaborato le comunità lucane di New York, Buenos Aires e Montevideo, producendo un autoritratto collettivo dei lucani all’estero.

Oltre alle quattro mostre internazionali allestite a New York, Buenos Aires, Montevideo e Torino, nell’ambito dell’iniziativa sono stati organizzati convegni, laboratori in Italia e nel mondo e realizzata una pubblicazione di approfondimento in tre lingue che sarà presentata a Genova, al Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana, il prossimo 9 ottobre insieme al racconto del viaggio di Basilicatë. Il nome del progetto Basilicatë, trasformando il nome della Regione in un plurale con la dieresi Ë del dialetto, esprime le variazioni che si producono nella tradizione culturale ad opera dei migranti (tradizione intesa nella duplice accezione etimologica latina di “trasmissione” e “tradimento”). Tali variazioni continuano a mantenere una riconoscibilità dei modelli d’origine, ma inevitabilmente, in ragione degli scambi con le culture dei luoghi d’approdo, moltiplicano le forme della stessa identità culturale. Non solo una Basilicata, dunque, ma tante quante sono le forme con cui viene celebrata nel mondo.

La cura del progetto è stata affidata dalla Federazione dei Circoli e Associazioni dei Lucani in Piemonte al gruppo di ricerca Architecture of Shame che si avvale del supporto per l’immagine coordinata della società di comunicazione Ego 55 e di numerose collaborazioni di studiosi, attivisti, registi e professionisti lucani e internazionali. Il processo di ricerca ha previsto una serie di attività performative e di dialogo costruite su quattro temi focali che descrivono le caratteristiche della cultura lucana all’estero: il linguaggio, la cucina e la gestualità, gli spazi domestici e i riti religiosi nello spazio pubblico.

Lo scopo ultimo di Basilicatë è quello di realizzare un autoritratto collettivo che possa essere un documento sul dialogo fra la cultura della comunità lucana e quella dei Paesi che l’hanno accolta. I lavori oggetto della mostra saranno acquisiti dal Centro dei Lucani nel Mondo Nino Calice di Lagopesole / Museo dell’Emigrazione Lucana con sede in Basilicata, dove diventeranno materiali a disposizione di ricercatori e appassionati della cultura del territorio.

Il progetto Basilicatë rinvigorisce infine la rete internazionale di comunità lucane nel mondo, molte delle quali particolarmente attive nella diffusione della cultura e dei valori della Basilicata. Attraverso il metodo di Basilicatë i legami esistenti vengono valorizzati in virtù della loro “attualità”, della capacità di evolversi e dialogare, nella convinzione che cultura e tradizioni sono riferimenti dinamici e soggetti vivi. I lucani del mondo hanno desiderio che si parli di loro e non solo dei loro nonni. Esigenza valida anche in Basilicata, dov’è utile sapere che una Regione, seppur così piccola e scarsamente popolata abbia un’influenza culturale molto più grande di quanto non si immagini. Nel filo che si sta intrecciando grazie a Basilicatë corre un legame emozionante, utile alla narrazione generale dell’emigrazione italiana e alla diffusione dell’accoglienza come valore d’evoluzione e di pace.

Basilicata, Terra e Visione: la Regione Basilicata propone due giorni di talk, masterclass ed eventi a Mercato Centrale Torino

Il 14 e il 15 settembre la Regione Basilicata e i suoi GAL – Gruppi di Azione Locale – portano a Mercato Centrale Torino, pochi giorni prima di Terra Madre Salone del Gusto, un evento culturale dedicato al racconto di un territorio unico, della sua cultura e delle sue eccellenze, inserito nel palinsesto degli eventi “Road to Terra Madre”.

Sarà un momento di scoperta di una terra meravigliosa e ricca, ma soprattutto di riflessione su un modello antico che si fa sempre più contemporaneo per la sua naturale capacità di inserirsi nelle questioni di attualità.

Una due giorni di talk, masterclass, concerti ed eventi con la Regione Basilicata tra identità rurale e contemporaneità – aspettando Terra Madre.

 

Domenica 15 settembre al Mercato centrale

ore 11:00 – in Spazio Fare
Talk ” Matera, dalla vergogna all’orgoglio. Una straordinaria storia di successo

 

con il benvenuto di Alberto Cirio (Presidente della Giunta Regionale Piemonte) e la partecipazione di Carmine Cicala (Assessore all’Agricoltura Regione Basilicata), Angelo Zizzamia (Gal Start 2020), Pietro Laureano (Architetto, Urbanista e consulente UNESCO per gli ecosistemi in pericolo), Salvatore Adduce (già Sindaco di Matera), Raffaello De Ruggieri (già Sindaco di Matera), Paolo Verri (Direttore della Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, già Direttore della Fondazione Matera Capitale)

Con la partecipazione straordinaria di Franco Arminio (poeta e paesologo)

Conduce Anna Prandoni (Direttore de Linkiesta Gastronomika)

 

 

Il Museo Ettore Fico festeggia i suoi dieci anni con “Sogni”

Dopo la chiusura per la pausa estiva , il Museo Ettore Fico riapre con una mostra collettiva dal titolo “Sogni”, aperta dal 12 settembre al 15 dicembre prossimi, e festeggia i suoi primi dieci anni di attività.

La mostra prende spunto dalla riflessione per cui tutti noi abbiamo dei ricordi e avvertiamo la necessità di conservare quelli dell’infanzia, in un luogo segreto e intimo. Spesso si tratta di un’infanzia vissuta, immaginata, desiderata e mai avuta. Gli artisti riflettono in modo psicoanalitico su questo delicato momento della vita che può rappresentare un passaggio vitale e crudele, o dolce e importante.

Dal ricordo scatenante della madeleine proustiana parte la riflessione sul mondo meraviglioso dei ricordi dell’infanzia e della fanciullezza, in una sorta di desiderio mai sopito di continuare in quello stato di grazia, desiderio che alberga negli artisti invitati che lo hanno idealizzato e ne hanno fatto il perno della loro ricerca.

Il curatore della mostra, nonché direttore del Mef, Andrea Busto, ha scelto per questa rassegna una serie di artisti internazionali giovani ma quotati, tra cui Odonchimeg Davaadorj e i francesi Edi Dubien e Julia Haumont.

Dubien, che è stato invitato alla Biennale di Lione, ha realizzato acquerelli e ceramiche legate alla storia della sua infanzia, negata da quel corpo femminile mai accettato e infine mutato in uno maschile con un’operazione di cambio di genere.

All’infanzia si rifanno i lavori di un’altra artista francese Julia Haumont, che desidera perpetuare una situazione di “fanciulla in fiore” in cui sta per sbocciare quella sensualità intrigante, perversa e incosciente da Lolita. Le sue sculture sono in ceramica, si accompagnano ad incisioni e a composizioni tessili astratte che utilizzano perline, paillettes e ricami amati quando era bambina.

L’ultima artista in mostra è Giusy Pirrotta, che ha realizzato installazioni simili a set cinematografici, con tessuti, carta da parati, ceramica, video, fotografie.

Giusy Pirrotta inserisce il suo mondo nelle radici personali e profonde della tradizione e anche delle pratiche ancestrali in cui la fantasia dei bambini può dare spazio ai sogni e ai desideri, anche quelli peggiori, sotto forma di incubi.

L’affresco globale che scaturisce da questa mostra è quello di un’infanzia interrotta in cui ognuno vorrebbe ritrovare silenzio e serenità, lontananza e alienazione da questo mondo che turba profondamente le coscienze.

 

Mara Martellotta

“Suoni d’Africa” con la fascinosa magia di antichi strumenti

Si chiude a “Casa Lajolo” la rassegna musicale “La notte, di luci e di note”

Venerdì 13 settembre, ore 20,30

Piossasco (Torino)

Prima protagonista la “kora”. Accompagnata dal ritmo composito delle “cas cas”. E, insieme, altri antichi (poco conosciuti o sconosciuti) strumenti che magicamente regalano suoni e melodie ripescate nel tempo e capaci di riproporre l’avvincente atmosfera delle antiche e profonde, spesso storicamente “calpestate”, terre d’Africa. Sarà il giardino illuminato di “Casa Lajolo” a Piossasco a fare da cornice, venerdì 13 settembre, alle 20,30, a “Suoni d’Africa”, appuntamento di chiusura della rassegna “La notte, di luci e di note” pensata per permettere di vivere, anche di sera, la settecentesca dimora storica gestita da “Fondazione Casa Lajolo” e il suo magnifico giardino a tre gradoni.

Elena Russo e Carla Azzaro le giovani musiciste protagoniste della serata. Torinese, la prima si esibirà alla “kora” (arpa tradizionale africana, suonata dai “griot” – bardi o cantastorie – dell’etnia Mandinka diffusa in Senegal, Gambia, Guinea e Mali), mentre la ragusana Azzaro sarà impegnata alle percussioni africane studiate con due grandi delle “nere” sonorità, Masserigne Fall e Lorenzo Gasperoni.

La promessa degli organizzatori é quella di una serata intensa e carica di emozioni, in cui lasciarsi rapire da note insolite, singolari, cifre poetiche di universi lontani dove perdersi e smarrire i confini di spazio e tempo.

“Suoni d’Africa” condurrà, infatti, “in un’esplorazione – si sottolinea – della musica tradizionale africana, un mondo dove le zucche si trasformano in tamburi e dove  ritmi e melodie si intrecciano e svelano i misteri delle ‘cas cas’ e dei ‘caxixi’, della ‘calebasse’ e della ‘kora’”: antichi strumenti ancora assai diffusi in tutta l’Africa occidentale, costruiti a mano o con semplici utensili, usando materiali messi a disposizione dalla natura. “Ne nascono composizioni ed esecuzioni spontanee che costituiscono il richiamo, la cornice e spesso anche l’essenza di feste e celebrazioni e che si prestano naturalmente a fare da sfondo e alternativamente a essere protagoniste di una serata”.

Importante è ancora sottolineare che tutti i concerti organizzati nell’ambito della rassegna “La notte, di luci e di note” nascono  in occasione dell’inaugurazione del nuovo “sistema di illuminotecnica”, realizzato grazie al bando “PNRR-Parchi” indirizzato a giardini storici e finanziato dai “Fondi Next Generation EU”, grazie ai quali è stata resa possibile la valorizzazione dei  punti più suggestivi del Giardino di “Casa Lajolo”, organizzato “a stanze” e ricco di scenari sempre nuovi.

Le luci richiamano l’attenzione sugli alberi secolari, come il cedro e il pino, giocano con muretti e aiuole, invitando a muoversi tra il piazzale in ghiaia con la collezione di agrumi in vasi, il giardino all’italiana delineato da cordonature e sculture in bosso e affiancato da un boschetto all’inglese delimitato da sette “Taxus baccata”, e poi più in giù, a guardare verso ulivi e alberi da frutto, aprendosi all’ orto-giardino e al frutteto.

Nel biglietto (20 euro, under 25 pagano 15 euro), dopo un calice di vino di benvenuto della “Cantina L’Autin” di Pinerolo, la possibilità di visitare e passeggiare nel giardino illuminato. Acquistando due biglietti (nella stessa data) il terzo è al 50 per cento. Informazioni e prenotazioni dei concerti: info@casalajolo.it.

Per ulteriori info: “Casa Lajolo”, via San Vito 23, Piossasco (Torino); tel. 333/3270586 o www.casalajolo.it

g.m.

Nelle foto: “Casa Lajolo” in notturna, Elena Russo e Carla Azzaro

La cultura dietro l’angolo: feste di fine estate

Riprendono dopo la pausa estiva gli appuntamenti de La cultura dietro l’angolo, che dallo scorso maggio porta la cultura in tutta la città. Obiettivo della manifestazione, giunta alla sua terza edizione, è la costruzione di relazioni di comunità e per questo, più che ai grandi numeri, mira alla cura e alla valorizzazione di ogni persona coinvolta. Il primo appuntamento di settembre saranno le feste di fine estate, giovedì 12 e venerdì 13 settembre, tra concerti, spettacoli teatrali, performance artistiche, giochi e molto altro nei dieci presidi territoriali.

LE FESTE DI FINE ESTATE

Ognuna delle dieci feste nasce dalla co-progettazione di un ente culturale e di un presidio territoriale e sarà un’occasione per promuovere e far scoprire alla cittadinanza tutti gli eventi e le opportunità del ricco programma dell’edizione 2024 , che conta oltre 240 attività culturali diffuse in tutto il territorio cittadino.

Giovedì 12 settembre 2024

Dalle 16:30 la Biblioteca civica Don Milani ospiterà Spiriti della Luna, una lettura teatrale di Lucilla Giagnoni a cura di TPE – Teatro Piemonte Europa; dalle 17 Più Spazioquattro ospiterà Gold Show, uno spettacolo teatrale di e con Giorgia Goldini, a cura di Fondazione TRG; dalle 17 la Casa del Quartiere di San Salvario ospiterà un laboratorio tra scatti di polaroid e le suggestioni del concerto di Shuai Kanno, a cura di Gallerie d’Italia; dalle 17 il Centro Interculturale ospiterà il laboratorio Di foglia in foglia, ispirato al tema del paesaggio e ai lavori dell’artista Stefano Arienti, a cura di GAM – Galleria d’Arte Moderna; dalle 17 la Biblioteca civica Calvino ospiterà Tubology – La scienza del tubo, uno spettacolo bizzarro e sorprendente, a cura di CentroScienza Onlus.

Venerdì 13 settembre 2024

Dalle 17 Beeozanam ospiterà il laboratorio Storie egizie a colori, a cura del Museo Egizio; dalle 17 Fabbrica delle E / Binaria ospiterà lo spettacolo Tubology – La scienza del tubo, a cura di CentroScienza Onlus; dalle 17 i Bagni pubblici di Via Agliè ospiteranno Dante Giullare, incontro spettacolare di e con Matthias Martelli, a cura del Teatro Stabile di Torino; dalle 17:30 la Casa nel Parco ospiterà il concerto di Kosobate Quartet a cura di Unione Musicale; dalle 18:30 Officine Caos – Casa del Quartiere Vallette ospiterà la lettura teatrale Se ci sei batti un colpo con Irene Ivaldi, a cura di TPE – Teatro Piemonte Europa.

LA CONNESSIONE CON MITO PER LA CITTÀ

Con la terza edizione, La cultura dietro l’angolo rafforza la sinergia con MITO per la Città – la rassegna che affianca la programmazione principale di MITO SettembreMusica con l’aspirazione di coinvolgere anche chi, per varie ragioni o impedimenti, non potrebbe partecipare al festival -, portando piccoli concerti e interventi musicali secondo il seguente calendario.

Giovedì 12 settembre h 17, Biblioteca civica Don Milani: Three Bones, trio di tromboni

Giovedì 12 settembre h 18, Casa del Quartiere di San Salvario: Shuai Kanno, pianoforte

Venerdì 13 settembre h 18, Beeozanam: Psyché, quartetto di flauti

Sabato 14 settembre h 18, Bagni Pubblici via Aglié: Psyché, quartetto di flauti

Martedì 17 settembre h 17, Casa del Quartiere Vallette: TrentaDuo, duo di contrabbassi

Mercoledì 18 settembre h 17, Biblioteca civica Calvino: Psyché, quartetto di flauti

Giovedì 19 settembre h 17, Centro Interculturale: Shuai Kanno, pianoforte

PROSEGUE IL PROGRAMMA DELLA TERZA EDIZIONE

Riprende da settembre il programma principale degli appuntamenti de La cultura dietro l’angolo, che proseguirà fino a dicembre con un ricco calendario di appuntamenti gratuiti di musica, teatro, scienza, arte, storia e fotografia, consultabile sul sito www.laculturadietrolangolo.it.

La card

Per partecipare alle attività de La cultura dietro l’angolo basterà recarsi in uno dei dieci presidi territoriali, dove verrà rilasciata una tessera, che permette anche di accedere gratuitamente o a prezzi scontati a preziose proposte e occasioni culturali. La card consente infatti di visitare gratuitamente le collezioni permanenti del Museo Egizio, della GAM e delle Gallerie d’Italia fino alla fine dell’anno e di usufruire di riduzioni sul prezzo dei biglietti per concerti, spettacoli e incontri delle stagioni di Unione Musicale, TPE, Fondazione TRG, Teatro Stabile di Torino e Associazione CentroScienza Onlus. I biglietti, in numero limitato per ciascuno spettacolo, sono acquistabili esclusivamente recandosi nei diversi presidi territoriali muniti di card.

I partner

La cultura dietro l’angolo è un progetto della Fondazione Compagnia di San Paolo e della Città di Torino, in collaborazione con la Fondazione per la Cultura Torino. L’iniziativa è sviluppata con la Fondazione Ufficio Pio, Arci Torino, la Rete Case del Quartiere, la Rete di Torino Solidale. La realizzazione del programma 2024 è resa possibile grazie alla sinergia, all’impegno collettivo e allo scambio di competenze tra queste realtà e tutti i soggetti coinvolti nella co-programmazione e nella co-progettazione, che per quest’anno sono: Associazione CentroScienza Onlus, Museo Egizio, Unione Musicale, Fondazione TRG, TPE – Teatro Piemonte Europa, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, Gallerie d’Italia – Torino di Intesa Sanpaolo, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, coordinati dall’Associazione Abbonamento Musei, in collaborazione con dieci presidi civici territoriali: Casa nel Parco nella Circoscrizione 2; Fabbrica delle E/Binaria nella Circoscrizione 3; Più SpazioQuattro nella Circoscrizione 4; Officine CAOS – Casa del Quartiere Vallette e Beeozanam nella Circoscrizione 5; Bagni Pubblici di via Agliè, Biblioteca civica “Don Lorenzo Milani” e Centro Interculturale della Città di Torino nella Circoscrizione 6; Biblioteca civica “Italo Calvino” nella Circoscrizione 7; Casa del Quartiere di San Salvario nella Circoscrizione 8. Il programma si avvale, inoltre, del prezioso contributo di altri presidi della Rete Torino Solidale, come Cascina Roccafranca, Gruppo Abele e la Consulta per le Persone in Difficoltà.

(foto archivio)

La Festa della Nascita alla Reggia di Venaria

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Dopo il notevole successo delle tre precedenti edizioni con oltre 2500 partecipanti, domenica 15 settembre prossimo, nello scenario dei Giardini della Reggia di Venaria, torna la “Festa della nascita”, un gioioso evento di benvenuto alla vita, organizzato per celebrare ed accogliere in comunità l’arrivo dei nuovi nati e delle nuove nate nel 2023 e 2024.

Un’intera giornata dalle 10 alle 19 all’insegna del relax e della bellezza che quest’anno presenta molte novità.  Il numero dei Comuni che promuove la festa sale  a 31, nuovi partner, un’ampia mobilitazione del mondo della salute e un’area dedicata al rapporto con la natura.

La Festa è  rivolta aTutte le famiglie con bambini e bambine nati nel 2023 e 2024, percorrere l’opportunità di far conoscere le offerte da parte dei servizi locali, del mondo della cultura, della Sanità e dell’educazione.

Nei giardini saranno allestite isole dedicate a vari temi e scopo della festa è  quello di far conoscere le opportunità legate ai servizi locali, al mondo della cultura, della Sanità  e dell’educazione. Si svolgeranno laboratori, attività ludico ricreative e  formative e i genitori avranno l’occasione di vivere momenti emozionanti, scattare immagini indimenticabili e incontrare esperti, confrontarsi con loro sulla genitorialità, sul “ben-essere” dei bambini e delle bambine e su quello della famiglia.

Anche quest’anno il programma prevede una tappa musicale di MiTo per la Città,  estensione del cartellone principale di Mito Settembre Musica all’intero tessuto urbano, che spesso era fuori dai confini cittadini, diffondendo il ben-essere attraverso l’ascolto di buona musica.

Le esperienze culturali e nella natura vissute dalle famiglie sono riconosciute da un corpus crescente di ricerche scientifiche come risorse determinanti per lo sviluppo sociale e biologico già dai primi mille giorni, il periodo che prende avvio dal concepimento è tra i più importanti sotto il profilo della crescita del patrimonio neurale e rimane una risorsa per tutta l’esistenza.

All’iniziativa partecipano i Comuni di Alpignano, Avigliana, Beinasco, Borgaro Torinese, Brandizzo, Bruino, Carmagnola, Chieri, Chivasso, Cirié,  Collegno,  Cuorgnè,  Druento, Foglizzo, Grugliasco  La Cassa, La Loggia, Leinì,  Moncalieri, Piacenza, Pinerolo, Rivoli, Rosta, San Gillio, San Maurizio Canavese e San Mauro Torinese, Settimo Torinese, Torino, Venaria Reale, Volpiano. Queste città hanno adottato,  come segno di attenzione verso la prima infanzia, il “passaporto culturale #nati con la cultura”, ideato dalla Fondazione Medicina a misura di donna, che consente il libero accesso alle famiglie in oltre 45 musei FAMILY AND KIDS FRIENDLY dell’abbonamento Musei nel primo anno di vita dei bambini e delle bambine. Il Passaporto è consegnato alla nascita dalle strutture sanitarie o inviato dalle amministrazioni cittadine aderenti ed è scaricabile per tutti i nati anche dal sito web naticonlacultura.it

L’appuntamento è curato dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude con CCW Cultural Welfare Center ETS e la Rete delle Donne.

In occasione della Festa della nascita viene lanciato dalla Regione Piemonte il progetto sperimentale “Nati con la natura”, sviluppato dal tavolo “Primi 1000 giorni nell’ambito del piano regionale di prevenzione”.

Il format Festa della Nascita è patrocinato da CSB- Centro per la Salute del Bambino, Fondazione Medicina a Misura di Donna UNICEF.

Il progetto rientra nell’azione del sistema ”Milleculle: nutrirsi di cultura”, sostenuto dalla Fondazione Compagnia di San Paolo con il bando Cultura per crescere,  che pone in rete i principali progetticulturali dedicati alla prima infanzia in cooperazione con i mondi della sanità e dell’educazione , “Nati per leggere” ( biblioteche), “Nati con la cultura” (musei) “Nati per la musica” che abbracciano il mondo sanitario, sociale, educativo a favore delle famiglie.

 

Mara Martellotta

“Nella vecchia fattoria ia ia o”

Music Tales, la rubrica musicale 

“Tra le casse e ferri rotti ia ia o

dove i topi son grassotti ia ia o

c’è un bel gatto gatto ga ga gatto

l’asinello nello ne ne nello

c’è la capra capra ca ca capra.

Nella vecchia fattoria ia ia o”

Nella vecchia fattoria  è una celebre filastrocca per bambini che tutti, ma proprio tutti, conosciamo.

La prima versione conosciuta del brano secondo il Traditional Ballad Index è quella riportata nel libro “Tommy’s Tunes” del 1917, una raccolta di canzoni della prima guerra mondiale a cura di F. T. Nettleingham.

In questo libro la filastrocca è riportata con il titolo “Ohio”, e ha un testo molto simile anche se con un ritornello leggermente differente.

Old MacDonald Had a Farm.

Old Macdougal had a farm in Ohio-i-o,

And on that farm he had some dogs in Ohio-i-o,

With a bow-wow here, and a bow-wow there,

Here a bow, there a wow, everywhere a bow-wow.

La prima incisione ufficiale del brano con il titolo e il testo attuale è del Sam Patterson Trio, pubblicata dall’etichetta discografica Edison nel 1925. A questa fecero seguito la versione di Gid Tanner & His Skillet Lickers, (Columbia Records, 1927) e “McDonald’s Farm” dei Warren Caplinger’s Cumberland Mountain Entertainers (Brunswick Records, 1928). Il nuovo testo del brano, che da qui in poi diventerà quello standard è quello canonico con l’inserimento del nome dell’animale ad ogni strofa.

Poco da dire però tanto da ammirare nella genialità di un brano semplice ma coverizzato decine e decine di volte.

Oggi siamo leggeri e vorrei mettere al vostro ascolto la versione di Nikki Yanofsky.

Nata a Montréal, ha esordito appena dodicenne nel 2006 esibendosi al Montreal International Jazz Festival. Nel 2007 ha preso parte alle registrazioni di We All Love Ella: Celebrating the First Lady of Song, album tributo a Ella Fitzgerald.

Nel settembre 2008 ha pubblicato il suo primo album. Nell’ambito dei Juno Awards 2009, ha ottenuto due candidature. Nel 2009 ha vinto il premio “Artista o gruppo jazz” ai Canadian Independent Music Awards.

Nel 2010 ha cantato il brano I Believe come sigla della CTV per le olimpiadi invernali. A Vancouver, in occasione della cerimonia di apertura dei XXI Giochi olimpici invernali, ha cantato l’inno nazionale canadese. Ha preso parte anche alla cerimonia di chiusura dei giochi olimpici e alla cerimonia di apertura dei giochi paralimpici.

Nel maggio 2010 ha anche pubblicato l’album Nikki, registrato con Phil Ramone, che contiene brani scritti da Jesse Harris, Ron Sexsmith e Feist.

Nel maggio 2014 pubblica il terzo disco.

Nel settembre 2016 pubblica un EP dal titolo Solid Gold EP prodotto da Wyclef Jean.

Nel luglio 2020 pubblica il suo quarto album in studio intitolato Turn Down the Sound. Questo disco, anticipato dai singoli Forget e Nerve, vede la partecipazione, come autore di due brani, di Rod Temperton.

Una versione, questa, molto accattivante a parer mio.

Spero vi piaccia, un buon ascolto

https://www.youtube.com/watch?v=NHb5sLLYV_U&list=RDNHb5sLLYV_U&start_radio=1

CHIARA DE CARLO

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