CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 835

28 artisti per il Mozambico

Giovedì 25 maggio 2017, ore 18.00

 MUSEO ETTORE FICO

Via Francesco Cigna, 114 Torino

 

28 importanti artisti, tra i più rappresentativi del panorama artistico italiano ed internazionale, mettono le loro opere all’asta per sostenere un importante progetto di solidarietà in Mozambico promosso dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia).

Arte e solidarietà tornano ad abbracciarsi giovedì 25 maggio, in occasione della quinta edizione di SolidArte, asta d’arte di beneficenza che si svolgerà alle ore 18.00 presso il Museo Ettore Fico di Torino (Via F. Cigna, 114).

 

Questi gli artisti che hanno aderito all’iniziativa promossa da OAF-I Ong-Onlus:

 

Airò Mario, Andreotta Calò Giorgio, Barocco Francesco, Basta Marco,

Benassi Elisabetta, Benetti Mauro, Ceccobelli Bruno, Cerutti Manuele,

Cresci Mario, Cuoghi Roberto, Cuoghi&Corsello, Dessì Gianni,

Fioroni Giosetta, Frapiccini Eva, Isgrò Emilio, Jodice Francesco,

Romano Andrea,  Samorì Nicola, Sciaraffa Alessandro, Spalletti Ettore,

Tibaldi Eugenio, Tosatti Gian Maria, Varisco Grazia, Vascellari Nico,  Vedovamazzei,  Verteramo Roberta, Vetrugno Maurizio, Vitone Luca

 

Le opere saranno visionabili presso il Museo Ettore Fico dalle ore 16.00 di giovedì 25 maggio, mentre l’asta si aprirà alle ore 18.00: dopo la presentazione di Maurizio Irrera (Presidente OAF-I). Le opere saranno presentate da Angelo Mistrangelo, critico d’arte e giornalista di La Stampa e Torino Sette, e battute da Vanessa Carioggia della Casa d’Aste Sant’Agostino.

La vendita dei lavori proseguirà nelle due settimane successive.Il linguaggio dell’arte si fa, dunque, universale e diventa eccellente veicolo sociale, parlando di solidarietà attraverso la bellezza, la verità, la forma, la spoliazione della forma, il colore, i segni. SolidArte è un evento organizzato dall’associazione OAF-I (Organizzazione di Aiuto Fraterno – Italia), curato da Michela Frittola, realizzato in collaborazione con la Casa d’Aste Sant’Agostino e il Museo Ettore Fico, con il Patrocinio del Consiglio regionale del Piemonte e della Città di Torino. Solidarte è giunta alla quinta edizione ed ancora una volta siamo orgogliosi di poter contare sull’adesione di artisti prestigiosi che hanno donato una loro opera per aiutarci alla realizzazione di un progetto educativo in Mozambico – dichiara Maurizio Irrera, Presidente di OAF-I – possiamo dire che Solidarte in questi anni ha saputo essere una vetrina delle eccellenze dell’arte contemporanea italiana: affermati ed apprezzati artisti, protagonisti di diverse esperienze artistiche, riconosciuti Maestri e giovani già apprezzati e quotati, che hanno contribuito con opere significative certamente apprezzate non solo dai collezionisti e dagli appassionati ma da chiunque voglia provare l’emozione di avere nella propria casa un vero e proprio capolavoro.” Le opere donate dai 28 artisti che hanno aderito a SolidArte 2017 saranno allestite negli spazi del Museo Ettore Fico, che attualmente ospita la grande antologica di Bruno Munari: circondate dalle sculture aree e dalle macchine inutili di Munari, le opere di SolidArte diventeranno così una sorta di mostra dentro ad una mostra. Si potranno ammirare giganti dell’Arte contemporanea come Ettore Spalletti, Giosetta Fioroni ed Emilio Isgrò; giovani artisti ora protagonisti alla Biennale di Venezia come Roberto Cuoghi e Giorgio Andreotta Calò o che hanno preso parte alle edizioni precedenti come Nicola Samorì; artisti che utilizzano il medium fotografico come Mario Cresci e Francesco Jodice ai quali recentemente Camera ha dedicato importanti rassegne; artisti presenti nelle collezioni dei più importanti musei pubblici e privati come Mario Airò, Elisabetta Benassi e Bruno Ceccobelli; Eugenio Tibaldi che proprio al Museo Ettore Fico ha realizzato una suggestiva e complessa installazione dal titolo “Seconda Chance”, e poi alcuni dei protagonisti della scena artistica torinese come il duo Vedovamazzei, Francesco Barocco, Mauro Benetti, Manuele Cerutti, Eva Frapiccini, Alessandro Sciaraffa, Roberta Verteramo, Maurizio Vetrugno.

 

 

IL PROGETTO IN MOZAMBICO

 

Tutto il ricavato di SolidArte sarà destinato al sostegno delle attività della Scuola Secondaria Sant’Ignazio di Loyola di Msaladzi, nell’Altopiano di Angonia, zona un tempo considerata il granaio del Mozambico e i cui abitanti ora sono invece costretti a convivere con lunghi periodi di carestie e frequenti inondazioni. Queste, insieme a cattivi investimenti infrastrutturali, hanno fatto sì che non si sia riuscito fino ad oggi a trarre frutto dal pur elevato potenziale di questa terra. I lavori per la sua costruzione che sono stati in gran parte realizzati verranno completati nel 2017.

Per questo OAF-I vuole dare il suo contributo alla promozione e al sostegno di uno sviluppo rurale delle comunità che abitano i villaggi sparsi nella zona della provincia di Tete, coinvolta dal progetto (distretti di Angonia e Tsangano). Il sostegno alla scuola, vuole infatti dare l’opportunità a 300 giovani di frequentare i corsi di agropecuaria (basi di agricoltura e zootecnia), sperimentare attivamente quanto appreso e di trasmetterlo poi nei loro villaggi; essi diventeranno così i protagonisti di tale sviluppo del Mozambico.

 

Storie di oppressi e oppressori

INTERVISTA DI LAURA GORIA

Rapimenti, tortura, desaparecidos e voli della morte: sono le pagine infami della guerra sporca che ha attanagliato l’Argentina durante la dittatura militare di Videla, dal 1976 all’83. Storia vecchia? Niente affatto perché continua a parlarne la grande scrittrice argentina Elsa Osorio, che al Salone del libro di Torino è venuta a presentare il suo ultimo romanzo“Doppio fondo” (Guanda), in cui s’intrecciano due storie a distanza di 30 anni l’una dall’altra. Inizia tutto da una morte misteriosa che, grazie alle indagini della giornalista Muriel Le Bris, trova soluzione dopo che sono stati riallacciati i fili col passato . Anno 2004, in un tranquillo villaggio di pescatori bretoni viene ripescato il cadavere di Marie, riservatissima dottoressa di origine argentina. Le ossa sono frantumate dall’impatto con l’acqua e nelle vene è rilevata la presenza del Pentonaval: l’anestetico che soprattutto la marina (da cui il nome Pentotal unito al termine “naval”) usava per sedare i prigionieri, trasferirli sui voli senza ritorno e gettarli, vivi, in mare). Sarà un suicidio o dietro si nasconde ben altro? La giornalista inizia a indagare e riporta alla luce pagine buie della storia. Buenos Aires 1977, nel pieno della dittatura militare, la giovane militante dei Montoneros, Juana, è catturata insieme al figlio Matias di 3 anni. Per metterlo in salvo lo deve abbandonare; mentre per scampare ai “voli della morte” finge di pentirsi, diventa amante-ostaggio del suo aguzzino Rulo e dell’Esma, l’abisso della tortura di quegli anni. E finisce per essere spedita in Francia con l’incarico di scoprire le mosse degli esuli sovversivi.

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Il romanzo è sulla scia del precedente -strepitoso-“I 20 anni di Luz”, divenuto un classico in America latina (al pari di “Se questo è un uomo” di Primo Levi da noi), che denuncia il terribile fenomeno dei“desaparecidos con vida”. Il sistema aberrante con cui gli aguzzini rubavano alla nascita i bambini delle prigioniere per darli a famiglie delle alte sfere e dei militari. Mentre le madri venivano immancabilmente ammazzate, senza lasciare traccia.

La dittatura quanto ha sconvolto la sua vita?

« Ha spezzato in due l’esistenza della mia generazione e lo ha fatto nel periodo in cui iniziavamo ad avere figli e una vita lavorativa. Io ho vissuto un esilio interno, nascondendomi per un po’ in Argentina con il mio ex marito; poi in Francia ed infine siamo tornati. Ma non potevo lavorare perché vigeva la legge di sicurezza nazionale ed ero stata licenziata. Ci tengo a chiarire che non ho mai fatto parte di gruppi armati; semplicemente ho sempre pensato con la mia testa e avevo rapporti con il sindacato».

La letteratura cosa e quanto può fare?

«Scrivere significa dare parole a questi fatti ed è importante soprattutto per il recupero della memoria storica. Credo che i popoli debbano tornare al loro passato per poter vivere il presente».

Per lei quanto è difficile scriverne?

«Ci sono riuscita solo a distanza di 20 anni dal golpe: per molto tempo non sono stata in grado di farlo, non per cause esterne, ma per una sorta di mia evoluzione interiore. Scrivendo riesco anche a capire meglio quello che nella vita mi sfugge ed è molto diverso da me: mettendomi nei panni di personaggi ripugnanti come i torturatori, riesco a decifrare meglio anche il loro lato di esseri umani».

Il confine tra fatti storici realmente accaduti e finzione narrativa?

«Invento liberamente, sempre basandomi però su fatti reali. Prendo elementi e caratteristiche di una persona o di un’altra, li metto insieme e costruisco un personaggio di finzione che faccio interagire con personaggi che hanno una realtà storica. Per esempio, in “Doppio fondo” Rulo è inventato, ma sono realmente esistiti i suoi compagni torturatori che cito».

In “Doppio fondo” ci si chiede perché, visto che i militari disprezzavano i prigionieri, prendevano e crescevano i loro bambini; effettivamente sembra un controsenso.

«Penso che abbiano voluto fare una sorta di esperimento. Allevare i figli del nemico, convertirli alla loro ideologia, renderli ostili ai genitori naturali. Significa sterminare un’ideologia dalle radici».

Nella storia ci sono stati altri stermini ,dai lager nazisti al genocidio attuato dai Khmer rossi di Pol Pot in Cambogia: la repressione argentina in che cosa è stata unica ?

«Proprio nel furto dei bambini e nell’averli fatti crescere dagli oppressori. Poi..ed è un tema centrale di “Doppio fondo”…ad un certo punto la persecuzione ha smesso di essere ideologica ed è diventata di stampo mafioso. Venivano sequestrate persone con fortune immense, che erano costrette a firmare documenti con cui cedevano tutti i loro beni ai torturatori».

Madri e poi abuelas, le nonne di Plaza de Mayo, quanto hanno fatto la differenza?

«Sono state l’unica vera resistenza alla dittatura. Recentemente ero a Plaza de Mayo per festeggiare i 40 dalla prima volta che iniziarono a chiedere cosa fosse successo a figli e nipoti. All’epoca c’era uno stato di assedio ed erano proibiti gli assembramenti di qualsiasi tipo. E cosa fecero? Al centro della piazza c’è un albero e loro, a 2 a 2, gli girarono intorno, continuando a manifestare in questo modo ogni giovedì».

A che punto è la ricerca dei neonati desaparecidos con vida?

«Ancora oggi si scava in quel periodo e continuano ad essere rintracciati quei bambini. Ora sono uomini e donne di circa 40 anni che credevano di essere figli di una certa coppia, ma non è così».

E’ vero, come ha scritto, che qualcuno nella gerarchia della chiesa argentina suggerì che era più cristiano mettere i prigionieri su un aereo che non sarebbe mai arrivato a destinazione”?

«Non lo dico io, è un fatto storico. La chiesa ha avuto sicuramente una responsabilità molto forte, è stata complice. Il Nunzio Apostolico disse alle abuelas che non dovevano preoccuparsi: i nipoti sarebbero cresciuti meglio nelle famiglie abbienti a cui erano stati dati, più che con i genitori e i nonni biologici».

Nell’87 la legge “dell’obbedienza dovuta” ha significato la libertà per migliaia di aguzzini ritenuti non responsabili perché avevano solo eseguito degli ordini. Oggi in Argentina la storia potrebbe ripetersi?

«Ci sono alcuni sintomi inquietanti. Si ipotizzano gli arresti domiciliari per i responsabili del genocidio; quasi fossero dei poveri vecchietti, invece che i responsabili di crimini contro l’umanità.

Due settimane fa c’è stato un tentativo da parte dei giudici della Corte Suprema di recuperare la legge del “2 per 1” con cui abbreviare le condanne dei responsabili del genocidio. La reazione popolare è stata enorme: più di mezzo milione di persone ha manifestato contro, c’ero anch’io e siamo riusciti a fermarla».

 

 

 

 

 

 

 

 

“Feel the Spirit” al Tempio valdese

L’associazione Incontrocanto ed il Tempio Valdese di Torino presentano il concerto Feel the Spirit per Coro, Mezzosoprano e Orchestra.

Il progetto nasce dalla collaborazione tra il Coro Incontrocanto di Torino, diretto dal Maestro Pietro Mussino, e l’Orchestra Orstäin (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) della Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese ed ha come cuore centrale la famosa raccolta di spiritual del compositore inglese John Rutter Feel the spirit, da cui il titolo del concerto, interpretato da coro, orchestra e dal mezzosoprano Valentina Nicolotti.

Il programma propone una vera e propria immersione nella musica corale e nel “sentire lo spirito”. Si parte da lontano, con una delle più famose melodie sacre, il corale Jesus bleibet meine Freude di J. S. Bach e l’altrettanto famoso “Ave Verum” di Wolfgang Amadeus Mozart, qui presentato in una trascrizione inedita per coro femminile e archi. Di passa poi ad alcuni compositori del ‘900: Sally K. Albrecht, Samuel Barber, Alexander L’Estrange, Will Todd, John Tavener e, appunto, John Rutter . Il luogo del concerto è particolarmente adatto alla musica dello spirito e al canto corale, ma non è la prima volta che il Coro Incontrocanto ed il Tempio Valdese si incontrano. Un anno fa, infatti, il Coro Incontrocanto e l’Orchestra Orstäin hanno eseguito al Tempio di Corso Vittorio Emanuele II in prima esecuzione nazionale leSacred Songs di Karl Jenkins per coro, soprano e orchestra. “L’Associazione promuove la produzione di progetti concertistici che, oltre all’organico stabile del coro, coinvolgono un sempre crescente numero di coristi locali e, ove applicabile, giovani promettenti musicisti emergenti sia solisti che strumentisti” commenta Marco Annoni, presidente dell’associazione Incontrocanto. “Voglio sottolineare il fatto che il ricavato del concerto contribuirà alla manutenzione straordinaria necessaria per il restauro e l’ampliamento dell’organo bachiano “Pinchi, installato all’interno del Tempio Valdese” Il biglietto d’ingresso, a posto unico, è di 10 euro (ridotti a 5 euro per gli under 26).

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Tempio Valdese – C.so Vittorio Emanuele II 23, Torino

Per maggiori informazionicontatti@incontrocanto.net

https://www.facebook.com/incontrocanto/?fref=ts

https://www.incontrocanto.net

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Il Maestro Pietro Mussino ha studiato Composizione, Direzione d’orchestra e Musica Elettronica presso il Conservatorio di Torino e Musica a Indirizzo Multimediale presso il Conservatorio di Bologna. Nel 1999 ha vinto il Premio di Composizione “Franco Alfano”. Dal 2000 dirige il Coro Incontrocanto di Torino, dal 2002 è Maestro del Coro dell’Accademia del Santo Spirito e dal 2010 direttore del Coro Femminile VocinCanto. È autore di composizioni originali e arrangiamenti commissionati da diversi ensemble vocali e strumentali italiani e stranieri. Collabora con l’Associazione Cantascuola di Torino, della quale è diventato Direttore Artistico nel 2012. Ha presso l’Accademia Corale “Stefano Tempia”, presso il Conservatorio di Torino e presso l’Università degli Studi di Torino. Come musicologo ha collaborato con MiTo Settembre Musica, con l’Unione Musicale, con la DeSono, con la Fondazione Micheli e con la rassegna Piemonte in Musica.

Valentina Nicolotti inizia a cantare alla sola età di 3 anni. Inizia i suoi studi musicali nel 2007 sotto la guida di Elisabetta Prodon e si laurea nel 2014 in Canto Jazz presso il Conservatorio Statale “Antonio Vivaldi” di Alessandria e successivamente frequenta il Corso di Alta Formazione in Vocologia Artistica presso l’Università di Bologna. Nel 2016 è assegnataria della borsa di perfezionamento ‘Talenti Musicali, Fondazione CRT – Conservatorio Statale di Musica “Giuseppe Verdi” – Torino ’. Ha studiato con insegnanti di fama internazionale come Sheila Jordan, Roberta Gambarini, Diana Torto, Tiziana Ghiglioni, Cinzia Spata, Gegè Telesforo. Collabora come cantante in diverse formazioni e si è esibita al Moncalieri Jazz Festival, Jazz around the Clock di Lanzo, Piossasco Jazz Festival e in diverse serate locali al Jazz Club Torino. Dal 2013 è vicedirettrice del coro giovanile SiFaSoul Singers, è corista nel coro gospel All Sisters diretto da E. Prodon. Insegna canto a Torino presso diverse scuole musicali.

Il Coro Incontrocanto ha tenuto numerosi concerti e partecipato a iniziative, tra cui l’allestimento, nel 1996, del “Requiem” di Mozart con l’Orchestra Filarmonica di Torino, nel 1998 a “LuciCanti” per l’Ostensione della Sindone e la collaborazione alla prima italiana dell’oratorio “Mal’hakim” di Riccardo Piacentini. Ha tenuto numerosi concerti in Italia, Francia, Ungheria. Nel 2010, in occasione dell’Ostensione della Sindone, ha promosso la rassegna di meditazioni musicali Passionis Mysterium. Nel 2013 ha celebrato il proprio Ventennale con diversi eventi corali aperti a coristi, appassionati e curiosi. Con organico allargato e collaborazioni varie ha messa in scena produzioni significative tra cui: la “Missa Katharina” dell’olandese Jacob de Haan, a Torino e a Schladming (A), diretta dallo stesso autore. Ha partecipato a “MiTo Settembre Musica / MiTo per la Città 2015” con il concerto “Ave Verum” per Soprano, Organo e Coro. A maggio 2016 in prima nazionale, ha eseguito “Sacred Songs” di Karl Jenkins, per coro, soprano e orchestra al Tempio Valdese di Torino.

L’orchestra ORSTÄIN (Orchestra Stabile Allievi Insegnanti) nasce da un progetto di “Accademia Musicale” promossa dalla Fondazione BiblioPan di San Maurizio Canavese (To). L’iniziativa, nata nel 2015 con l’obiettivo di costruire uno spazio ove fosse possibile praticare un’esperienza di formazione altamente qualificata e connotata dal punto di vista formativo e artistico, riunisce musicisti di diverse provenienze e studenti con ottima preparazione musicale.

L’attività dell’Accademia si sviluppa nel periodo luglio-dicembre e coinvolge tutti i partecipanti ammessi al progetto mediante bando di selezione. Da questa esperienza si forma poi l’Orchestra Stabile composta dai musicisti e dagli studenti che si sono distinti per capacità ed impegno nel periodo accademico. L’orchestra ORSTÄIN sviluppa una propria programmazione annuale, con produzioni e concerti, varie collaborazioni artistiche ed elaborazione di progetti cameristici.

L’Organo PINCHI OPUS 412 installato sotto l’ultima arcata tra la navata centrale e quella laterale nel Tempio Valdese è stato costruito nel 1996 ed è attualmente oggetto di manutenzione straordinaria. Si tratta di uno strumento costruito dalla ditta Pinchi di Foligno (unico esemplare in città) ispirato agli organi barocchi tedeschi con trasmissione integralmente meccanica  (meccanica sospesa per le tastiere e meccanica per il pedale e i registri). Ha due tastiere di 54 note ciascuna e pedaliera dritta di 30 note, 16 registri, 19 file, 954 canne. Lo strumento, ha temperamento non equabile (Werkmeister III) con La a 415 Hz, ma tre registri hanno temperamento equabile con La a 440 Hz. L’intervento di manutenzione prevede anche un ampliamento dello strumento con l’aggiunta di una nuova ancia al pedale e la trasformazione dei tre registri da temperamento 440 a temperamento 415. In questo modo lo strumento sarà finalmente corrispondente all’idea del progetto iniziale.

La Contrada animata dei Guardinfanti

Spettacolo itinerante alle ore 14.30, 16.30 e 18.30

Nell’ambito del Salone Off la Contrada dei Guardinfanti, situata tra via XX Settembre, via Mercanti e via Barbaroux, ospiterà il 25 maggio un nuovo appuntamento: uno spettacolo culturale itinerante a cura della Compagnia lilithteatronirico. Cortili, balconi e balconcini della Contrada diventeranno quinte teatrali e scenari di uno spettacolo che ne racconterà vite, segreti e pettegolezzi. Nel corso del pomeriggio la performance, attraverso le strette vie ciottolate del cuore di Torino, offrirà un tuffo nella storia attraverso i racconti dei personaggi più noti o degli abitanti più curiosi, ma anche la cultura del cibo, del buon mestiere, della tradizionale accoglienza delle botteghe.

L’appuntamento rappresenta una nuova tappa del programma promosso dall’Associazione Passages per scoprire e riscoprire, attraverso dimensioni narrative nuove e coinvolgenti, gli straordinari patrimoni conservati negli archivi e nelle biblioteche, mettendoli in dialogo con le memorie e le storie personali perché confluiscano in un racconto condiviso e in una riappropriazione della memoria. COMMONS. La Contrada si racconta è infatti un progetto articolato: iniziato con la raccolta di testimonianze legate alla Contrada dei Guardinfanti, prosegue ora incrociandole con i documenti d’archivio e il patrimonio culturale. Lo spettacolo del 25 maggio è la prima tappa di questo percorso cui seguiranno tour narrati e una mostra autunnale.

L’Associazione Passages promuove e coordina il più ampio progetto “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” – realizzato con il contributo della Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando OPEN_Progetti innovativi di audience engagement – in collaborazione con le Biblioteche Civiche Torinesi, l’Archivio Storico della Città di Torino, il Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino e il Polo del ‘900.

“Lo spettacolo itinerante vuole essere un modo per coinvolgere il pubblico più ampio in un percorso di conoscenza dei patrimoni torinesi. Questo particolare angolo della città, così ricco di storie e di valenze culturali, tuttora poco note, merita di essere valorizzato. Può infatti dimostrare, anche in maniera sorprendente, di contribuire ancora oggi al nostro senso di identità e di appartenenza al territorio. L’Associazione Passages intende pertanto promuoverlo nell’ambito del progetto partecipato “COMMONS. Patrimoni in comune, storie condivise” che ha l’obiettivo di far emergere e trasmettere, attraverso differenti linguaggi (dal digital storytelling alla rappresentazione teatrale all’allestimento espositivo), le relazioni che ci legano a Torino, tanto ai suoi patrimoni pubblici quanto a quelli personali o “d’affezione”.

Anna Maria Pecci, coordinatrice del progetto, presidente dell’Associazione Passages

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Spettacolo culturale itinerante

“COMMONS. La Contrada si racconta. La Contrada animata dei Guardinfanti”

Performance a cura di lilithteatronirico. Drammaturgia e regia di Sonia Camerlo e Noemi Binda. Con le attrici e gli attori della Compagnia lilithteatronirico.

Col Patrocinio della Circoscrizione 1, in collaborazione con la Compagnia lilithteatronirico e l’Associazione di Via La Contrada dei Guardinfanti.

 

Giovedì 25 maggio 2017 Orario di partenza degli spettacoli itineranti: 14.30, 16.30 e 18.30

Punto di ritrovo partecipanti e inizio degli spettacoli negli orari indicati: Via San Tommaso angolo Via Garibaldi. Possibilità di aggregarsi nel corso dello spettacolo. Ogni spettacolo dura 45 minuti. Non occorre prenotare. Partecipazione gratuita.

 

Centro Pannunzio, mezzo secolo di libertà

Mezzo secolo di libertà, la libertà di tutti. Nasceva 50 anni fa il “Centro Pannunzio”, molto più di un circolo culturale. Un sodalizio controcorrente rispetto ai tanti conformismi – sempre diversi ma sempre uguali – che si sono succeduti in questi ultimi decenni durante i quali i pensieri dominanti del momento hanno tentato, spesso riuscendoci, di portare i cervelli all’ammasso. Tante  le battaglie condotte con  impegno. Intellettuale,  civile e liberale .

Foto Daniele Solavaggione

Laico ed apartitico il Centro venne fondato nel 1968 da Arrigo Olivetti, Mario Soldati, Pier Franco Quaglieni, con un preciso richiamo alla tradizione culturale de “Il mondo” di Mario PannunzioIl Centro venne insignito nel 1979,  dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini  della Medaglia d’Oro ai benemeriti della scuola della cultura e dell’arte.

“Siamo orgogliosi del nostro passato – dice il fondatore e direttore Pier Franco Quaglieni – e siamo consapevoli dei nostri limiti e dei nostri errori. Il mondo è cambiato, anche noi siamo cambiati, ma lo spirito libero a cui ci siamo richiamati è rimasto lo stesso. In difesa della libertà di pensare, di discutere con calma, nel rispetto di tutte le opinioni. E’ importante un luogo in cui confrontarsi senza urlare, in cui chiarirci le idee a vicenda. Questo luogo, dopo mezzo secolo, resta il Centro Pannunzio . Guardando con speranza al futuro”.

Foto Daniele Solavaggione

Oggi , alla presenza delle autorità comunali, regionali e accademiche, nell’aula magna dell’Università di Torino hanno avuto inizio le celebrazioni del cinquantenario. Nel cortile d’onore del Rettorato l’omaggio alla statua di Francesco Ruffini, già Rettore dell’Ateneo. Poi il concerto per pianoforte di Fabrizio Sandretto che, dopo l’Inno Nazionale, ha eseguito brani di Bach, Beethoven, Chopin, Kaciaturian, Daquin, Schubert, Brahms, Grieg, Granados, Albeniz e Casella e la «Leggenda del Piave» di E.A.Mario. I brani sono stati illustrati da Loris Maria Marchetti e dall’attrice Carlotta Torrero. Nell’intervallo Pier Franco Quaglieni ha ricordato  nel centenario della nascita, la socia fondatrice del Centro Frida Malan.  Ha condotto la serata il giornalista Orlando Perera.

Foto Daniele Solavaggione

 

“La storia del Centro è tutta nella sua attività, nello spirito di libertà che lo ha sempre animato e nella figura del prof. Pier Franco Quaglieni, che io conobbi studente all’Università. Posso attestare, come suo vecchio insegnante, che fin d’allora egli aveva sentito il fascino del “Mondo”, e del suo direttore Mario Pannunzio. A questo spirito Quaglieni è rimasto fedele, trasfondendolo operosamente nel Centro. Sono contento della strada percorsa fino ad oggi dal mio allievo. Da quella sua giovanile ispirazione il Centro è nato. Non è stata un’impresa di poco conto”

Alessandro Galante Garrone

Il maggio dei libri

Anche quest’anno la Biblioteca della Regione Piemonte “Umberto Eco” aderisce alla campagna nazionale Il maggio dei libri, sostenuta dal Ministero per i Beni e le attività culturali per sottolineare il valore sociale della lettura nella crescita personale, culturale e civile.

L’iniziativa, inserita nella programmazione di Salone off, cioè il Salone del libro diffuso, che consiste nel portare libri e autori fuori dai padiglioni fieristici del Lingotto anche dopo la chiusura del Salone del libro, ha preso il via lunedì 22 maggio da piazza Castello, a Torino.

A bordo di un tram storico, che ha attraversato i luoghi più suggestivi del centro cittadino, i passeggeri hanno potuto assistere alla lettura di brani di due volumi editi da piccoli editori piemontesi – “Funky Monkey” di Stefano Garzaro (Pietro Pintore editore) e “Per tutte le stagioni” di Caterina Vitagliani (Associazione Crearte) – letti dall’attrice Patrizia Papandrea.

Il maggio dei libri, che propone una corsa giornaliera della durata di un’ora, si conclude venerdì 26 maggio. La partenza e l’arrivo del tram sono previsti da piazza Castello lato Teatro Regio. Si parte alle 16.30 con ritorno alle 17.30. La partecipazione all’iniziativa è gratuita fino ad esaurimento dei posti disponibili sul tram.

ct- www.cr.piemonte.it

Quaglieni: da Appendino a Sgarbi “Vi racconto il mio Salone”

Di Pier Franco Quaglieni, direttore del Centro “Pannunzio”, di cui oggi viene celebrato il 50° anniversario presso l’Università di Torino, volentieri pubblichiamo questo intervento sul Salone del Libro

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Tra ieri e oggi al Salone ho vissuto due giornate intense ed appassionate. Sicuramente il XXX Salone del libro è stato un grande successo che ha dimostrato come le velleità milanesi fossero poco fondate. L’evento sotto la Mole ha dimostrato che le sinergie torinesi sono in grado di produrre effetti davvero speciali. Il Salone di quest’anno si è rivelato un evento degno del trentennale, quando l’avventura di Angelo Pezzana e di pochi intrepidi poteva sembrare un azzardo. I tantissimi eventi che hanno arricchito le offerte del Salone hanno attratto un pubblico eccezionale. La sfida milanese si è rivelata alla fine anche  positiva perché ha costretto Torino a superare le difficoltà e ad proiettarsi in modo concorde su un obiettivo che è stato sicuramente  raggiunto. Il merito va equamente suddiviso tra quanti hanno dato un contributo importante al suo raggiungimento. Io che fui fortemente critico con la gestione Accornero, ritengo che anche la svolta di quest’anno sia stata molto produttiva.Il mio Salone è stato punteggiato da quattro  avvenimenti importanti. La partecipazione alla presentazione al salone off dell’ ultimo  libro di Alan   Freidman sull’America  che ha registrato anche al Salone  una partecipazione eccezionale. Friedman la delineato la sua America,quella della libertà e della democrazia liberale che oggi appare minacciata ,ma Friedman non ha fatto sconti a nessuno ed ha parlato anche criticamente della storia americana e della inadeguatezza della candidata  democratica Clinton che ha involontariamente favorito Trump. Il suo “Sogno americano” non si è mai pienamente realizzato perché l’America ha sempre avuto dei buchi neri:dal razzismo alla violenza. Il discorso di Friedman  non si può leggere come una crociata contro Trump che lui vede come una grave minaccia ma che è anche la conseguenza di una certa America preesistente a cui il nuovo presidente ha  dato voce. 

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Poi ho avuto modo di conoscere per la prima volta la sindaca Chiara Appendino. Un incontro rapido, cordiale, magari anche un po’ imbarazzato da ambo le parti. L’impressione che ne ho tratto è positiva. Ero andato ad ascoltarla al cinema Centrale quando aveva illustrato il suo programma per la cultura. Visitare gli stand è stato un atto  istituzionale significativo. Non ricordo altri sindaci che lo abbiano fatto, forse solo Valentino Castellani ebbe la stessa umiltà di girare per il salone come un visitatore qualunque. Poi l’incontro con Vittorio Sgarbi alla presentazione del mio libro. Ho visto tanta gente nuova, interessata al libro che Sgarbi con grande maestria ha illustrato, cogliendo i suoi  aspetti più politicamente scorretti ,a partire dal manifesto di oltre 800 intellettuali italiani che armarono la mano degli assassini del commissario Calabresi.  Sofri io non lo descrivo come un eroe, ma come un condannato con sentenza definitiva per l’uccisione di Calabresi. Abbiamo ricordato che ci siamo conosciuti  esattamente 30 anni fa all’inaugurazione del primo  Salone del libro che avvenne al teatro Regio.

 Ero vicino a  Mario Soldati e a Massimo Mila. Nell’intervallo del concerto Soldati che era laureato in storia dell’arte, mi presentò Sgarbi, definendolo una sicura promessa della critica d’arte italiana. Allora aveva la notorietà derivatagli dall’essere andato da Costanzo ad augurare la morte del suo maestro. Ma Sgarbi era soprattutto uno studioso di razza e gli anni lo hanno dimostrato. La profezia di Soldati si è avverata, anche se Vittorio è anche un uomo di cultura a 360 ° che sa spendersi con generosità per tante cause, in primis la difesa del paesaggio. Durante l’intervallo il musicologo Mila si espresse negativamente sul concerto e finimmo per  scappare prima del tempo per trovarci a cena in un ristorante della vicina  via Verdi. Fu una sera sfavillante di battute e ricca di riflessioni serie. Soldati e Mila,  un mondo che non c’è più e che nessuno è in grado di far rivivere a Torino. I maestri non sono stati rimpiazzati ed i loro successori al massimo sono diventati professori, spesso un po’ grigi, senza gusto per l’ironia e la gioia di vivere, per dirla con Soldati.

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La miglior conclusione del mio salone l’ho avuta, presentando allo Stand di Radio Radicale “Una libertà felice” ,una straordinaria di biografia di Marco Pannella. Insieme al curatore Matteo Angioli ,a Bruno Mellano e a Sergio Rovasio abbiamo ricordato in diretta Pannella ad un anno e un giorno dalla sua morte. Pannella non fu mai un ospite gradito del Salone, almeno da quanto posso ricordare. E’ stato bello ricordarlo da Torino dove Marco aveva fatto il servizio militare come soldato semplice. Non a caso  i suoi 80 vennero festeggiati a Torino per iniziativa del centro Pannunzio e del presidente del Circolo della Stampa Gianni Romeo.E’ stato ricordato cosa Pannella in termini liberali  abbia rappresentato per la storia italiana, un contributo di passione, di idee, di impegno senza risparmio di sé che Marco ci ha lasciato e che riguarda tutti, non certo soltanto i radicali. Pannella, detto in sintesi, simbolo dell’Italia civile che molti amiamo ed a cui guardiamo come modello alto di politica da opporre ai populismi odierni.Poi il Salone è stato tanto, tanto altro, un mix capace di aprirsi a tutte le voci. Girando per gli stand ci si rendeva conto di cosa est abbia offerto ai lettori. Gli editori presenti erano davvero rappresentativi di un’editoria italiana che certo non naviga in buone acque, ma rappresenta davvero tutte le sfumature di idee. Dall’editoria di estrema destra a quella di estrema sinistra, senza eccezioni.  Unico elemento criticabile del Salone è la musica a tutto volume che costringeva a parlare a voce altissima per sovrastare il rumore che circondava alcuni spazi di dibattito.  Sgarbi giustamente si è lamentato. E molti si sono trovati nelle  sue stesse difficoltà. C’è da augurarsi che il prossimo anno gli spazi degli incontri e delle presentazioni consentano a relatori e spettatori di poter parlare ed ascoltare senza il disturbo di una musica assordante che ci allontana dal senso della cultura come pensiero, cultura, confronto pacato di opinioni. La mancanza di appoggi o di leggii  crea problemi a chi deve leggere da un libro per citarlo. L’abitudine delle poltroncine invece dei tavoli sta imperversando non solo al Salone. Chi pensa di sostituire i tavoli tradizionali con le poltroncine non ha esperienza di cosa significhi parlare in pubblico  e non solo cinguettare in un salotto. Ma è cosa che a cui si potrà provvedere con calma.L’importante è che il salone sia salvo e che non siano riusciti a scippare a Torino  l’ultima eccellenza che gli rimane.  Oggi si aprono, nel clima dell’ultimo giorno del Salone,  le manifestazioni per i 50 anni del Centro “Pannunzio” a cui tanta gente in tutta Italia sta guardando con interesse.

Pier Franco Quaglieni

Della vita e della morte, l’ironia di Miriam Toews

Intervista di Laura Goria

E’ di una dolcezza infinita Miriam Toews. Bella senza un filo di trucco, esprime semplicità e una forza titanica. La famosa scrittrice canadese, nei frenetici giorni del Salone del libro di Torino, ha incontrato i suoi lettori alla libreria Borgopò; in un avvolgente giardino, cornice perfetta per il senso di serenità che lei emana.

Cerco sempre di intervistare scrittori che amo; ma raramente affascinano e colpiscono come lei. Disponibile, profonda e intelligente… da baciare e abbracciare. E’ una vita segnata in partenza quella di Miriam Toews, nata in una rigida comunità mennonita ai margini del mondo, dalla quale è fuggita a 18 anni. Poi le difficoltà dell’esilio e 2 grandi tragedie: il suicidio del padre (nel 1998) e dell’unica sorella (nel 2010). Da queste stigmate è nata una delle scrittrici più interessanti e coinvolgenti del panorama letterario internazionale, vincitrice di prestigiosi premi, tradotta in 15 lingue e, in Italia, autrice di punta dell’editore Marcos y Marcos. Nata nel 1964 a Steinbach in Manitoba, un villaggio nella zona centrale delle praterie canadesi, figlia di un discendente diretto dei primi coloni in fuga dall’Ucraina a fine 800, cresce stretta nelle maglie della rigida disciplina dei mennoniti.

La più numerosa delle chiese anabattiste, che vive come nel 500: rifiutando elettricità, auto e mondo esterno, nell’ottica che la vita si riduca al lavoro e a prendersi cura della famiglia. Come scrive la Toews in “Un complicato atto d’amore” , “… la sottosetta più sfigata a cui si possa appartenere a 16 anni” sorta perché “500 anni fa, in Europa, un tizio di nome Menno Simmons si è messo di buzzo buono per inventarsi una religione tutta sua..”.

In casi come questi la vita offre due sponde: restare e uniformarsi…o fuggire. Ed è quello che fatto l’autrice. Nella sua vita ci sono 2 lauree (in Lettere e Cinema, e in Giornalismo) e l’intermezzo da attrice protagonista nel film “Luz Silenciosa”, voluta a tutti i costi dal regista Carlo Reygadas; esperienza che le ha ispirato il romanzo “Mi chiamo Irma Voth”.

Ma la sua grandezza è nei romanzi fortemente autobiografici in cui l’humor è la cifra con cui maneggia pagine di vita difficili, come il suicidio della sorella e sullo sfondo anche quello del padre in “I miei piccoli dispiaceri”; la fuga e rapporti familiari difficili in “Un complicato atto d’amore”.

Nascere in una comunità mennonita cosa ha significato e cosa proprio non sopportava?

«Non mi sentivo libera. Appena finita la scuola, anche se ancora non ero sicura di voler diventare un’artista, sapevo già che avrei fatto qualunque cosa pur di vivere in un ambiente libero soprattutto dal punto di vista mentale. Da un lato quello era l’unico mondo che conoscevo e sentivo il senso di appartenenza, dall’altro avvertivo di dover scappare. Ero anche molto impaurita ed è stato difficile. Sono andata a Montreal, la città canadese più liberale, l’opposto del mio paese conservatore, e percepivo continuamente questo contrasto».

Si può dire che la scrittura per lei sia catartica e l’aiuta a metabolizzare la vita?

«Si proprio perché mi permette di dare un senso alle mie emozioni e soprattutto alle mie esperienze; in un certo senso mi consente di riordinarle. Attraverso i romanzi riesco a fare un po’ di ordine nella mia caotica vita».

Se una persona che amiamo non vuole più vivere, amarla vuol dire trattenerla o lasciarla andare?

«La mia famiglia ed io abbiamo tentato in ogni modo di dissuadere mia sorella, ma lei voleva proprio morire e ha fatto di tutto per riuscirci. Ho cercato di convivere con il dolore per il suo suicidio, di capirlo e di rispettare la sua scelta. So che in realtà l’unica via per dare sollievo al suo dolore era farla finita».

Come dirimere il conflitto tra l’idea che abbiamo il diritto di decidere della nostra morte e le responsabilità nei confronti delle persone che ci vogliono bene e che ne soffriranno?

«Ovviamente mio padre ed io abbiamo affrontato questo conflitto e fatto di tutto per evitare la morte. Voglio sottolineare che la scelta spetta alla persona che soffre, ma questo non vuol dire che chi si suicida non ami i suoi cari. Solo che quando proprio non ce la fa più deve lasciarsi andare completamente. Sono convinta che bisognerebbe legalizzare la morte assistita, cosa che è avvenuta in Canada mentre scrivevo il libro».

Nel suo paese cosa prevede la legislazione in materia?

«Ora il suicidio è legale, con l’assistenza di un dottore, tutte le firme necessarie e per persone che non possono avere più alcuna cura. Invece per le malattie psichiatriche non è così. Se non è provato che la malattia sia incurabile, e per i medici è complicato stabilirlo, la situazione è ancora parecchio difficile».

Cosa si può obiettare a chi definisce il suicidio una scelta egoistica?

«Dal mio punto di vista non lo è, proprio perché ci sono vari tipi di suicidio e comunque sono persone che soffrono e continuerebbero a soffrire. Una sorta di dolore psichico davvero insopportabile. Non qualcosa di egoistico; ma accettare la propria sofferenza e poi lasciarla andare».

Cos’ha capito dei suicidi nella sua famiglia? Qual è il male di vivere?

«Io non soffro di depressione e disturbo bipolare come mio padre, ma ho tratto una lezione: continuare ad essere felice e gioiosa. Lui e mia sorella avrebbero voluto questo per me, anche se loro ne erano incapaci».

Suo padre e sua sorella si sono suicidati entrambi e nello stesso modo: si è geneticamente condannati, esiste il suicidio nel Dna di una persona?

«Ci ho pensato e ripensato e ci sono studi che provano l’esistenza di qualche collegamento. Il suicidio è sempre esistito e continuerà ad esserci. Forse con il progresso medico si riuscirà a prevenirlo».

Sofferenza fisica e psicologica hanno pari diritto alla morte?

«Non credo ci sia una grande differenza, anzi per me non c’è. Ho letto statistiche di altri paesi che dimostrano come il dolore psichico possa essere tale da giustificare la morte assistita e che molte persone vi ricorrano per farla finita».

Nel romanzo“I miei piccoli dispiaceri” si contempla l’idea del suicidio assistito e la voce narrante promette alla sorella disperata che la porterà in Svizzera per una dolce morte. Ma sarebbe stata in grado di farlo se ne avesse avuto il tempo e come lo considera?

«Mia sorella me lo chiese e la mia prima risposta è stata ”no”. Le dicevo che magari la situazione sarebbe migliorata e le cose sarebbero cambiate. Lei però continuava ad implorarmi ed era più che determinata a morire. La tragedia che poi sia morta da sola poteva essere evitata e questo rimane un mio rimorso».

L’humor come istruzioni d’uso alla vita…lei come ci riesce?

«Il mio è un “dark humor” un modo di trattare l’assurdità della realtà. A volte è ridicola e va di pari passo con la sofferenza. E’ proprio l’oscurità che accompagna la luce del mondo».

Com’è stata la sua esperienza di attrice e perché non ha continuato?

«E’ stata una cosa anomala ed estemporanea. Il regista mi ha chiamata proprio perché non voleva un’attrice. Semplicemente ero una ragazza mennonita nei panni di un’attrice casuale. Un’esperienza interessante ma non quello che volevo davvero fare, che è scrivere»

A quando il suo prossimo romanzo e su cosa?

….E qui la sua editrice la blinda…annunciando solo che è già stato scritto. Quando sarà in libreria non è dato saperlo….certo è che lo stiamo aspettando e non vediamo l’ora di leggerlo.

 

 

“Colti”, il patto delle librerie torinesi indipendenti per fronteggiare i colossi del libro

Un’agguerrita falange in azione al XXX° Salone del libro. 25 anime diverse che hanno lavorato insieme; ognuna portando un pezzo di sé e le sue proposte scandite in più aree tematiche

 

L’unione fa la forza. E la “Piazza dei lettori” nel padiglione 3 del Salone del libro ne è la prova. Per la prima volta la kermesse coinvolge le librerie indipendenti del capoluogo subalpino, che si alleano, gestiscono un loro spazio e sono un’interessantissima new entry. 25 librai in schieramento compatto su 850 metri quadrati, intorno a una suggestiva torre di libri altamente simbolica. Anche grazie a questa sinergia è nato da pochissimo “Colti”, il Consorzio delle librerie torinesi indipendenti: primo nel panorama italiano, che sul versante della lettura non brilla certo per grandi   numeri.Dunque un pool di librai che uniscono le forze, serrano i ranghi e scendono in campo per fronteggiare la concorrenza delle librerie online, come Amazon, e dei grandi colossi editoriali con le loro mega catene di punti vendita, tessere e sconti vari.

 

Un’agguerrita falange in azione al XXX° Salone del libro. 25 anime diverse che hanno lavorato insieme; ognuna portando un pezzo di sé e le sue proposte scandite in più aree tematiche. Così, girando intorno alla torre, scoprirete le sezioni “Immagini” con imperdibili libri fotografici; “Parole” dedicata alla narrativa; “Azione” e “Orientamento” che dispiegano testi di saggistica. E all’interno di ogni settore, migliaia di testi da non perdere; anche quelli meno recenti che, se vi erano sfuggiti, ora vale davvero la pena di avere e leggere.Non è un caso che questa iniziativa sia venuta alla luce proprio a Torino che, con il Salone, per 5 giorni all’anno si trasforma nella più grande libreria italiana del mondo. A maggior ragione in questa travagliata edizione con tanto di sfida milanese. Davvero un’ottima mossa quella di avere fortemente voluto la presenza dei librai indipendenti.

 

Un’area enorme fatta di piccole realtà, di librai che hanno saputo mantenere un rapporto strettissimo con i lettori. Quelli che durante tutto l’anno li accolgono in botteghe che sono piccole chicche di cultura e bellezza, li consigliano aprendogli nuovi mondi, e con loro intrattengono spesso rapporti di fedele amicizia, galeotta la passione della lettura. Perché in una libreria a misura d’uomo il lettore non si sente mai un’acquirente qualunque, ma “persona” coccolata e guidata. La Piazza dei lettori del Salone è l’emblema di tutto questo.

 

Laura Goria

Allo storico Melloni il premio letterario “Della Resistenza”

Il premio letterario “Della Resistenza” Città di Omegna, giunto alla sua trentacinquesima edizione, verrà assegnato sabato 27 maggio ( ore 18,00 – Auditorium del Forum Omegna). La scelta della giuria, presieduta dallo scrittore e giornalista Oreste Pivetta, è caduta quest’anno sullo storico Alberto Melloni per la Direzione di “Tutte le opere” di don Lorenzo Milani, una straordinaria impresa culturale-editoriale, appena pubblicata nella prestigiosa collana dei “Meridiani Mondadori”, a cinquant’anni dalla morte del priore di Barbiana, l’autore della famosa “Lettera a una professoressa”.  “Il riconoscimento va a una impresa collettiva di grande valore (l’opera è stata curata da Melloni in collaborazione con Federico Ruozzi, Anna Canfora, Sergio Tanzarella e Valentina Oldano; ndr),che consente di tornare con la forza dei documenti (talvolta inediti) a vicende tanto importanti nella storia politica e sociale del nostro Paese. Così l’assessore alla cultura di Omegna, Alessandro Buzio, che ha inteso sottolineare come, da quasi sessant’anni, il Premio rappresenti “ un appuntamento alto della cultura italiana e internazionale, tanto da contare nel corso del tempo sulla collaborazione di prestigiosi nomi della cultura italiana da  Mario Soldati a Gianni Rodari, da Rossana Rossanda a  Italo Calvino”. Alberto Melloni  è ordinario di Storia del cristianesimo nell’Università di Modena-Reggio Emilia, titolare della Cattedra Unesco sul pluralismo religioso e la pace dell’Università di Bologna e dirige la Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII di Bologna. Tra i suoi libri più recenti ricordiamo “Il giubileo. Una storia”, “Tutto e niente. I cristiani d’Italia alla prova della storia”, “Quel che resta di Dio. Un discorso storico sulle forme della vita cristiana”, “Giuseppe Dossetti. Un itinerario spirituale”, “Chiesa madre, chiesa matrigna” e “L’inizio di Papa Ratzinger”. La vincitrice della sezione Premio Omegna Giovani, è stata Simona Vinci, con “La prima verità”, edito da Einaudi. Il premio le è stato assegnato da una giuria di ragazze e ragazzi degli Istituti  di Istruzione Superiore di Omegna.Il libro parla   di una   giovane donna la quale va alla ricerca del misterioso passato dei reclusi di un enorme lager in un’isola greca dove il regime dei colonnelli confinò insieme folli, poeti e oppositori politici. I ragazzi hanno scelto di premiare Simona Vinci perché – come ricorda l’assessore Buzio – “il concetto di resistenza si è ampliato: resistere oggi significa anche affrontare verità scomode, faticose d’accettare e difficili da raccontare che rischiano di essere dimenticate”. L’esordio letterario della Vinci – scrittrice e traduttrice –  risale al 1997, con il romanzo “Dei bambini non si sa niente”, edito da Einaudi nella collana Stile libero. Dal 1959 il Premio“Della Resistenza” -Città di Omegna ha visto tra i  vincitori molti nomi illustri, come Jean-Paul Sartre, Camilla Cederna, Alexandros Panagulis, Beppe Fenoglio,Tahar Ben Jelloun, Vincenzo Cerami e Roberto Benigni, Ryszard Kapuscinski,  Nuto Revelli, Susan Sontag,, Roberto Saviano, Marco Paolini, Massimo Zamboni e Massimo Cirri.

M.Tr.