“Il sole è un lampo giallo al parabrise” canta Paolo Conte in Genova per noi. E proprio i parabrise – parabrezza di automobili e di Vespa, soprattutto – diventano lo spazio pittorico su cui prende vita l’arte di Guido Palmero. Una tecnica molto raffinata e un supporto decisamente originale sono gli ingredienti della rassegna Art al parabrise, allestita alla Mirafiori Galerie da giovedì 26 gennaio a domenica 26 febbraio 2017. Le opere sono originalissimi ritratti retrodipinti con colori acrilici su parabrezza, lunotti posteriori o finestrini laterali di auto: una tecnica personale che Guido Palmero da anni ha ideato, sviluppato e progressivamente arricchito e affinato tanto che alcune sue opere sono esposte in modo permanente presso la Galerie Ferrero a Nizza (Francia) alla galleria Colossi Arte Contemporanea di Brescia. Espressione di un’invenzione artistica sicuramente evocativa, le figure ritratte sono raffigurate all’interno dello spazio chiuso e circoscritto di un’automobile, o in sella alle Vespa, e spaziano dal nostro quotidiano (come i ritratti familiari), alla storia dell’arte (sorprendente la Simonetta Vespucci – Venere di Botticelli – seduta accanto a un ritratto di Raffaello), dal mondo dello sport (straordinari i
cinque numeri 10 della Juventus da Omar Sivori a Paul Pogba), a quello del fumetto e dei supereroi, a personaggi simbolo dei nostri tempi, come Papa Francesco ripreso di schiena. La scelta accurata dei soggetti, unita alla grande capacità tecnico-pittorica, crea un mix raffinato e accattivante, tra pop art e sapienza artigianale, che non ha eguali nel panorama artistico contemporaneo.“Il pennello è il mio obiettivo” afferma Guido Palmero e il risultato del suo lavoro ha davvero più di un punto di contatto con la realtà della fotografia, come quando, guardando certi scatti, ci si sente osservati a nostra volta in un gioco di sguardi e di prospettive che coinvolge ed emoziona.
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Mirafiori Galerie – Mirafiori Motor Village
Piazza Riccardo Cattaneo, Torino
Lunedì-venerdì 9-20 | sabato 9–19.30 | domenica 9.30-13 — 15-19.30
https://www.facebook.com/MirafioriMV/
Biografia dell’artista
Guido Palmero è nato a Saluzzo (Cuneo) nel 1952 dove vive e lavora. Docente di Arte e Immagine, da sempre è interessato all’arte in tutte le sue declinazioni – arti figurative, design, architettura d’interni e restauro pittorico – ma decide di specializzarsi nelle pratiche pittoriche. Negli ultimi dieci anni, la sua ricerca espressiva, con il linguaggio visivo, lo porta a sviluppare uno stile artistico nuovo e originale, dipingendo su vetro e plexiglass. Si tratta di parabrezza di automobili e di Vespa, che Palmero recupera alla vigilia della loro demolizione e dipinge poi sul retro.
egli anni recenti ha partecipato a mostre personali e collettive in Italia, Francia, Macedonia, Marocco e Portogallo. Nel 2014 su richiesta della famiglia reale ha eseguito il ritratto del Principe di Giordania, della Principessa sua moglie e dei loro figli. Sue opere sono presenti in collezioni private in Italia, Corea, Francia, Grecia, India, Inghilterra, Libano, USA e Svizzera. Le sue opere sono in mostra permanente presso la Galerie Ferrero in Francia, a Nizza (4, rue de Congrès) e presso la galleria Colossi Arte Contemporanea di Brescia (Corsia del Gambero, 13).

Di Pier Franco Quaglieni *
stesso socialismo democratico. L’esilio, i contatti con il socialismo austriaco avevano insegnato al torinese Saragat un’esperienza storica che ,per altri versi, trovava dei riferimenti anche nella Torino socialista dell’’800,quella dei maestri elementari e dei medici filantropi che rivolgevano le loro attenzioni ai poveri e ai diseredati.Era la Torino di De Amicis ,così attento,ad esempio,come Pascoli, al dramma dell’emigrazione italiana all’estero. Saragat era un uomo colto e non ebbe mai l’atteggiamento del demagogo: la sua oratoria era sobria,quasi monotona:spesso leggeva i discorsi, ma essi erano frutto della riflessione e non dell’impeto tribunizio che caratterizzò Nenni. Saragat era lucido,a volte persino glaciale,ma le sue posizioni inducevano alla riflessione e alla serietà.
Seguirono Saragat molti parlamentari e parteciparono a quella scelta di democrazia e di libertà senza equivoci politici come Piero Calamandrei,Paolo Treves,Ludovico d’Aragona,Angelica Balabanoff, Giuseppe Emanuele Modigliani,Ezio Vigorelli.Il giovane Lucio Libertini,destinato ad essere leader dello Psiup,poi confluito nel Pci , fu al fianco di Saragat a palazzo Barberini.
quasi sempre incapaci,a volte disonesti. Le ironie di “Fortebraccio” su Tanassi, Cariglia ed altri ,molto spesso ,non erano nè impietose nè esagerate,ma rispondevano alla verità,al di là del gusto per la battuta. Il Piemonte non fu diverso rispetto a tante realtà italiane. Successivamente aderì alla socialdemocrazia Giuseppe Romita ,leader storico socialista e i principali capi piemontesi furono Domenico Chiaramello,Corrado Bonfantini,mitico comandante delle brigate Matteotti nella Resistenza e direttore del quotidiano torinese “Sempre Avanti!”,Guido Secreto eterno vicesindaco di Torino,divenuto Sindaco in una delle tante crisi politiche che consegnarono nel 1975 la città al Pci. Ho conosciuto e anche frequentato tutti e tre,ma oggettivamente nessuno di loro aveva la statura del leader. Chiaramello era una persona limpida,cordiale,onesta,ma riuscì ad essere parlamentare e sottosegretario,senza andare oltre. Bonfantini si coprì di debiti, contratti per sostenere il suo giornale,debiti che ancora pagava negli anni 70 con la sua pensione di deputato:se vogliamo, un esempio davvero eccezionale.
Soprattutto negli anni ’60 la socialdemocrazia torinese, proprio nel momento in cui si incominciò a parlare di riunificazione socialista,rivelò un volto del tutto inadeguato. Fu padrone incontrastato del Psdi torinese il senatore Terenzio Magliano che apparve subito come un uomo spregiudicato,quasi machiavellico,ma incapace di primeggiare in ambito anche solo regionale, dove Franco Nicolazzi a Vercelli e Novara e Pierluigi Romita nel collegio Cuneo , Asti ,Alessandria ( che aveva ereditato dal padre)avevano il controllo totale del partito,cercando di invadere anche il regno torinese di Magliano. Non si possono citare esponenti piemontesi di rango perché l’unica strada percorribile in quel partito era la raccolta delle preferenze attraverso lo scambio di favori.
MARP,un antesegnano della Lega, che superò ,sia pure di poco, lo stesso Magliano nelle preferenze al Comune. Benzi ,che fu presidente del Consiglio Regionale del Piemonte, mi invitò una volta a tenere una conferenza di storia del socialismo in un circolo di cui era presidente. Alla fine della mia relazione, disse testualmente :” Abbiamo sentito la teoria,ma adesso bisogna pensare ai voti e tirò fuori dei volantini per un candidato da lui sostenuto:rimasi allibito ed indignato.Mai avrei pensato ad un finale del genere specie nel contesto di quel grande e nobile circolo storico che ebbe Cavour tra i suoi soci fondatori.
rilievo.Anzi,come, per altri versi ,accadde anche in altri partiti come la stessa Dc, si possono solo rilevare cordate di immigrati meridionali molto ben organizzate dai loro capi che venivano eletti dai loro numerosi fans. Giuseppe Lodi che ebbe l’avventura di essere eletto nel Psdi, scappò via velocemente e si ricollocò nel Pri dove l’aria che si respirava era ben diversa. Gli unici intellettuali torinesi che transitarono nel Psdi furono il grecista Antonio Maddalena e lo storico Emilio R.Papa.Ci fu anche il repubblicano Emilio Bachi,un grande avvocato civilista torinese, che si ritirò molto deluso e amareggiato. Le cariche del sottogoverno costituivano il vero dibattito “politico” in quel partito e Saragat, da quanto mi disse una volta che lo incontrai in Valle d’Aosta, ne era ben consapevole. Si giunse persino a cambiare le chiavi di ingresso della federazione torinese del Psdi,quando cambiò la maggioranza interna e l’ex senatore comunista Domenico Marchisio ,incredibilmente diventato socialdemocratico dopo decenni nel Pci,inorridì vedendo la situazione. Arrivò a stampare a sue spese un giornalino in cui attaccò ferocemente i nuovi compagni di partito.
che non aveva i requisiti per ricoprire la carica che dovette lasciare a malincuore, per l’iniziativa legale di Emilio Bachi a tutela del presidente defenestrato Vitelli. Un uomo straordinario intellettualmente come Tito Gavazzi,stretto collaboratore di Adriano Olivetti ad Ivrea, fu per pochi mesi segretario della federazione socialdemocratica di Torino dopo la nuova scissione del luglio 1969 e non venne eletto in consigli comunale perché raccolse ben poche preferenze. Da Olivetti aveva imparato cosa dovesse essere la politica,non cosa dovesse essere la gestione del sottogoverno e delle tessere. A Gavazzi venne data la presidenza dell’EPT che tenne con dignità per alcuni anni fino al suo scioglimento. Anche Vincenzo Ramella ,zio di Luigi Firpo e imprenditore, non venne eletto,anche se fu premiato con la presidenza del Mediocredito piemontese.Uscì nel 1970 un volantino in cui si annunciava la candidatura di Firpo al consiglio provinciale,ma si rivelò una bufala. Ricordo che quando venne a Torino il presidente della Repubblica Cossiga, un assessore socialdemocratico si presentò alla colazione in suo onore a Palazzo Barolo in smoking, suscitando l’imbarazzo del sindaco Zanone e dei suoi ospiti.Mi toccò di pranzare al suo tavolo…
La socialdemocrazia torinese nel 1975 imbarcò l’ex liberale e l’ex repubblicano Silvano Alessio che ebbe anche una qualche velleità intellettuale,creando un giornale. Eletto in Comune,dopo la vittoria della sinistra, scippò al gruppo del Psdi tutti i consiglieri,traghettandoli nel Psi:Magliano rimase solo ed ebbe il merito-che gli va riconosciuto – di essersi opposto alla chiusura della società per la Metropolitana che era pronta ad iniziare i lavori di scavo che vennero rinviati ai primi del 2000,facendo perdere a Torino la grande occasione di avere una Metro come tutte le altre città.Quello fu uno dei più microscopi errori delle giunte rosse a cui vanno addebitati i ritardi paurosi di cui è stata vittima la città per un decennio. Romita e Nicolazzi divennero segretari del partito e ministri in vari governi, ma risulta difficile citare qualcosa di loro che meriti di essere ricordato. Anche nelle altre città italiane la situazione non era molto migliore e il Psdi si liquefece come neve al sole ben prima di Tangentopoli: l’ipotesi riformista di Craxi lo travolse.
Sabato 28 gennaio alle ore 21, al Polski Kot di via Massena n.19 a Torino, verrà presentato il libro“Sarajevo rewind”
dell’esclusione sia politica che economica, dal resto dell’Europa. Belgrado era una grande capitale in espansione; da Sarajevo si andava in giornata in ogni parte dell’Impero”, racconta Eric Gobetti. “
società contemporanea. Da anni tiene lezioni e conferenze sulla storia jugoslava, da Gavrilo Princip ai giorni nostri. Ha pubblicato diversi libri tra i quali: “Dittatore per caso. Un piccolo duce protetto dall’Italia fascista” (L’ancora del Mediterraneo 2001), sul movimento croato Ustascia negli anni Trenta; “L’occupazione allegra. Italiani in Jugoslavia 1941-1943” (Carocci 2007); “Alleati del nemico. L’occupazione italiana in Jugoslavia” (Laterza 2013). Nel frattempo esplora i Balcani e organizza viaggi di turismo storico nei paesi della ex Jugoslavia. Molte delle sue avventure le ha raccontate nel diario-reportage “Nema problema! Jugoslavie, 10 anni di viaggi” (Miraggi 2011). Recentemente si è dato al cinema, collaborando con RaiStoria e realizzando diversi prodotti video tra cui “Bruce Lee Tvoj Mostar” e “Around Mostar, The Bridge and Bruce Lee”. Nel 2016 è uscito il suo primo documentario storico: “Partizani. La Resistenza italiana in Montenegro”.
razie a un finanziamento complessivo di più di 25 milioni di euro da parte della Compagnia di San Paolo


“amici e maestri” che l’autore ha conosciuto e frequentato: Jemolo, Bobbio, Galante Garrone,



iniziativa ideata 9 anni fa dal Teatro Baretti. Si tratta di una no stop di 50 ore, gratuita, con 100 appuntamenti con solisti, ensemble, orchestre e proiezioni cinematografiche, in tutto 280 artisti e una diretta streaming sul sito web del Teatro Baretti coordinata da Corrado Rollin e Giorgio Griva. Molti gli enti, i teatri e le associazioni coinvolte.