Mirò da oggi, 4 ottobre,è protagonista a Torino con la mostra di Palazzo Chiablese “ Mirò! Sogno e colore” e domani, 5 ottobre, alla Galleria Salomon con le sue litografie originali. La Galleria di via Torquato Tasso porta all’attenzione del pubblico un’altra produzione artistica del maestro catalano, proponendo, fino al 24 dicembre, una selezione di sue litografie originali : una quarantina circa, tutte realizzate nel periodo compreso tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Ottanta, gli anni di Maiorca, gli stessi rappresentati nella mostra di Palazzo Chiablese attraverso le sue tele e sculture. Vi si
ritrova infatti lo stesso linguaggio espressivo, vivace, colorato, surreale, visionario. I soggetti delle litografie sono soli, lune, stelle, occhi, figure femminili, uccelli. Figure stilizzate che però nascondono, come spiegano alla Galleria, “ dietro un’apparente semplicità e leggerezza, un’essenza più complessa, espressione di riflessioni profonde e costantemente in ricerca della dimensione surreale”. A questo proposito ci sovviene la frase di André Breton : “ Mirò è “ il più surreale di noi tutti”. E il rapporto con i suoi contemporanei è testimoniato ad esempio
dall’influenza che esercitò su di lui Gaudì. Ma non solo l’arte contemporanea lo affascinò : basti pensare alla passione per la grandiosità delle manifestazioni artistiche delle culture preistoriche; per la pittura rupestre; per l’arte pre-colombiana; per gli affreschi romanici della Catalogna… I decenni conclusivi della sua attività rivelano collegamenti con la pittura astratta americana e il potere su di lui esercitato dall’estetica e dalla filosofia orientale ( nel 1966 è in Giappone, a Tokyo e a Kyoto) . Gli ultimi anni ( 1956-1981) sono gli anni della revisione e del rinnovamento, in cui intensifica il grado di espressività, approdando a nuove forme di scrittura , attraverso
l’utilizzo della ceramica, del disegno, della realizzazione di arazzi, dell’illustrazione di libri. E’ in questa fase – quella rappresentata nella sezione della mostra di Palazzo Chiablese intitolata “ Metamorfosi plastica” che si rivela un Mirò ribelle e anticonformista, un Mirò sperimentatore e innovatore al di là degli schemi. I visitatori della mostra potranno anche addentrarsi nel suo atelier, ricostruito scenograficamente con gli oggetti originali in una parte degli spazi di Palazzo Chiablese, introdotti dallo stesso artista, che rivive in un pannello sagomato. Proprio quell’atelier che rappresentò uno spazio tutto suo, dove lavorare protetto dal silenzio e dalla pace che solo la natura poteva offrirgli nel periodo dei suoi ultimi anni trascorsi nella sua amata Maiorca.
Mauro Reverberi
(foto di Elena Patria, in alto con la direttrice del Polo Museale del Piemonte, Dalia Radeglia)
Sono già diverse centinaia di persone che si sono immerse nell’incredibile progetto di GPL alla Cavallerizza Reale di Torino. Sui tre spazi di questo stupendo palazzo del regno sabaudo è stato srotolato un lungo nastro in foglio di alluminio
argentato ne raccoglie diciotto presenze, selezionate ognuna attraverso un piccolo manufatto rappresentativo. Una spilla, un orsetto, un fiore di plastica sono alcuni degli oggetti che in forma archeologica ritornano presenze in questo luogo antico.
Progetti Leggeri) che Anna Ippolito e Marzio Zorio hanno attivato in collaborazione con la sezione delle Arti Visive della Cavallerizza Irreale. Il progetto è il primo di una rassegna che si svilupperà nei prossimi mesi con iniziative uniche ed irripetibili. Un incredibile progetto dell’artista Domenico Olivero sui tre piani di questo maestoso palazzo. 300 metri di nastro in alluminio, che passano nelle decine di stanze, creando un percorso circolare. Le relazioni fra lo spazio e il progetto crea un’atmosfera diafana che sensibilizza le nostre memorie.
Ben 130 opere, quasi tutti olii di grande formato, prestate dalla Fundaciò Pilar i Joan Mirò di Maiorca per illustrare l’attività del maestro catalano in un lungo periodo che corre tra gli anni 1956 e 1983, l’anno della sua morte, novantenne. 
“Radici”, “Principali influenze artistiche di Mirò”, “Maiorca, gli ambienti in cui creava”, “La metamorfosi plastica (1956 – 1981)”, “Vocabolario di forme”. Partendo quindi da un legame spirituale che l’artista instaura con la natura, intravedendo l’importanza delle culture primitive e della pittura rupestre, la purezza di linee che affonda nei dipinti preistorici, la visione delle costruzioni dell’isola di Pasqua e le opere dell’arte precolombiana, il vasto campo degli affreschi romanici della sua Catalogna. Non ultima l’importanza della figura di Antonio Gaudì nel proprio universo artistico. E ancora lo spazio che la poesia viene ad occupare nell’intera produzione, il predominio delle parole, delle iscrizioni e dei segni utili a stabilire la magia che sfocia in complessi significati e in sorprendenti catene d’associazioni; o ancora quello occupato dalla pittura astratta americana, l’uso del colore inteso come esplosione è uno dei tanti legami.
Il tutto ricreato nell’ampio spazio – in mostra in parte rappresentato – affidato all’amico architetto Josep Lluis Sert o nella grande casa settecentesca, Son Poter, in cui possono anche trovar posto via via la ceramica, come l’incisione e la litografia, la scultura monumentale e le opere più grandi, o la sperimentazione che abbraccia graffiti, statuette di arte popolare, cartoline, ritagli di giornale, sassi, conchiglie e altro ancora. Un angolo di espressione e di tranquillità in cui ancora Mirò può dedicarsi a rivedere le proprie opere degli anni Quaranta e Cinquanta e a ricavarne nuove suggestioni, può confrontarsi con l’arte orientale, può sperimentare quel nuovo gesto innalzato e acuito nella propria espressività: per abbandonarsi, al termine di una vita, a cieli stellati, a nude linee femminili, a personaggi ibridi in opere costellate da teste, occhi e uccelli, ineguagliabili espressioni di libertà.
Le poesie di Alessia Savoini
Martedì 10 ottobre, alle ore 19, il Regio inaugura la Stagione 2017-2018 con Tristano e Isotta di Richard Wagner. Gianandrea Noseda, sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio, interpreta per la prima volta la partitura simbolo di tutta la produzione wagneriana.
Bayerische Staatsoper. Isotta sarà Rachel Nicholls, soprano inglese con all’attivo collaborazioni con Valery Gergiev, John Eliot Gardiner e Colin Davis. Scene e costumi di questo allestimento sono di Christian Schmidt e le luci di Jürgen Hoffmann. Assistente di Claus Guth è Arturo Gama. Il Coro del Teatro Regio è istruito da Claudio Fenoglio. 
a volte ci costringono a credere i programmi scolastici, bauli pieni di polvere e di messaggi ormai troppo slabbrati, ma al contrario possano riportare all’oggi la concretezza di certi sviluppi drammaturgici, il divertimento che ne nasce, l’attualità che concetti e avventure, sentimenti e ritrovamenti, personaggi appartenuti a classi sociali diverse si portano appresso, non esclusa una serpeggiante carica erotica che rientra appieno nel nostro quotidiano. 


