CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 811

"Sulla scena del crimine", l'approccio scientifico alla fotografia

crimine fotoTre mostre ospitate tra cui una personale di Antonio Ottomanelli e scatti di Lise Sarfati

“Sulla scena del crimine.  La prova dell’immagine dalla  Sindone ai droni” è il titolo dell’esposizione che inaugura il denso cartellone di novità delle attività di Camera per il 2016, dopo la sua apertura, lo scorso autunno, con la personale di Boris Mikhailov.La mostra, curata da Diana Dufour, analizza la storia della fotografia forense e presenta un corpus di opere che coprono più di un secolo,  dalle prime immagini entrate nelle aule di un tribunale alle fotografie satellitari utilizzate dalle organizzazioni per i diritti umani per denunciare l’uccisione di civili, come nel caso dell’attacco da parte dei droni.

Camera ha selezionato undici casi-studio per illustrare l’approccio scientifico alla fotografia, in grado di renderla un indispensabile strumento giudiziario. Le immagini forti e a tratti violente dell’esposizione,  ospitata fino al 1 maggio prossimo presso il Centro Italiano per la fotografia, in via delle Rosine 18, sono il frutto di tre anni di indagini e studio presso gli archivi della polizia. La mostra invita a indagare le eventuali diversità presenti tra la fotografia artistica e quella forense. Se a entrambe è richiesto di fermare l’attimo rendendolo immortale, nel caso di quella forense la fotografia dovrebbe anche divenire un occhio infallibile per documentare la realtà. Di notevole interesse il video che ripropone immagini tratte dal film “Nazi Concentration camp”, sulla scoperta dei campi di concentramento da parte dei soldati alleati, riprese dai cameramen su ordine del generale Eisenhower,  seguendo un preciso set di istruzioni, in modo tale che potessero fornire un puntuale resoconto dello stato delle vittime e delle circostanze della loro morte. Tale documento fu mostrato al processo di Norimberga,  dove l’assetto classico dell’aula del tribunale fu rivoluzionato mettendo uno schermo in posizione centrale. I criminali furono così posti faccia a faccia con la loro infamia.

All’interno della Project Room è stata poi inaugurata la mostra intitolata “Oh Man” di Lise Sarfati, curata da Francesca Zanot,  e dedicata a questa fotografa francese formatasi a Parigi,  alla Sorbona, che ha realizzato una serie di scatti nella downtown di Los Angeles tra il 2012 e il 2013. Questa esposizione rimarrà aperta fino al 13 marzo, come quella dal titolo ” Kabul + Baghdad”, dedicata agli scatti del fotografo italiano Antonio Ottomanelli,  realizzati sul campo di scenari cruciali come Afganistan e Iraq.

A marzo seguirà una mostra di scatti dedicati all’architetto Carlo Mollino, che ha firmato il progetto del teatro Regio di Torino, e di cui per la prima volta saranno esposte fotografie scattate durante i suoi numerosi viaggi. Seguirà poi un’esposizione su Edward Weston e il minimalismo americano, vale a dire un’indagine sulle contaminazioni tra arte contemporanea e fotografia. In autunno è in programma una rassegna fotografica sugli archivi dell’Eni.

 

Mara Martellotta

Piero Portaluppi, il maestro dell’ architettura “elettrica”

 

Le sue centrali idroelettriche rappresentano un esempio di originalità assoluta e sono uniche nella loro architettura. Alla prima , quella di Verampio – nel comune di Crodo -, posta al punto di confluenza del fiume Toce e del torrente Devero, Portaluppi diede l’aspetto di un forte turrito a simboleggiare il feudo energetico dell’impresa Conti, che costruì la centrale

(Foto: Fondazione Piero Portaluppi  Milano – www.portaluppi.org)

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In Val d’Ossola, quasi a ridosso del confine con la Svizzera, nel primo quarto del secolo scorso, vennero realizzate delle imponenti infrastrutture per lo sfruttamento della principale fonte energetica naturale presente tra quei monti, cioè l’acqua. Tra queste spiccano dei veri e propri capolavori di architettura industriale  come l’impianto di Piedimulera – risalente al 1906 – tra le opere più interessanti dell’architetto milanese Gaetano Moretti o la centrale di Pallanzeno, costruita vent’anni dopo – nel 1926 – che s’impone all’attenzione per l’articolazione del suo ampio prospetto che richiama il modello ottocentesco dei palazzi aristocratici. Poco più a nord, oltrepassata Domodossola, s’incontra la centrale di Crevola d’Ossola, realizzata da Piero Portaluppi nel 1925. In valle Divedro è ubicata la centrale di Varzo, realizzata nel 1910 in muratura di pietra locale su progetto di Ugo Monneret de Villard. Nel territorio comunale di Crodo, in valle Antigorio, si trova la prima delle centrali realizzate da Piero Portaluppi per Ettore Conti.

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Nella centrale di Verampio, del 1910, Portaluppi rivelò pienamente la sua attenzione alle suggestioni neomedievali. Il modello di riferimento era la tipologia del palazzo-castello con torri, grandi bucature ogivali e bifore. Nelle successive centrali realizzate dal grande architetto milanese, localizzate più a monte nella valle (Crego, Valdo, Cadarese), si può notare invece un tratto già aperto alle influenze moderniste e liberty dell’architettura nordeuropea. A Formazza, infine, si trova l’imponente centrale di Ponte ( risalente al 1933). Ma chi era Piero Portaluppi, il maestro dell’ architettura “elettrica” della prima metà del Novecento.?  Nato a Milano il 19 marzo del 1888, nel 1905 si diplomò all’Istituto tecnico Carlo Cattaneo e si iscrisse al Politecnico. Negli anni dell’università si dilettò anche come caricaturista, collaborando con alcuni giornali satirici milanesi dell’epoca (“Il Babau”, “A quel paese”, il “Guerin Meschino”).

PORTALUPPI36A ventidue anni si laureò in architettura e venne premiato con la medaglia d’oro che il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano conferiva al migliore laureato del Politecnico. L’anno seguente – era il 1911 – ottenne la nomina ad “assistente straordinario di Architettura superiore“, aggregato al corso di Gaetano Moretti, iniziando così la carriera accademica. Contemporaneamente avviò la sua attività professionale e quasi subito cominciò la lunga collaborazione con Ettore Conti, figura di primo piano dell’imprenditoria elettrica italiana. Per le Imprese elettriche Conti, e per le società ad essa collegate, Portaluppi progettò tra il 1912 e il 1930, numerose centrali idroelettriche, localizzate soprattutto nelle valli ossolane. Tra queste le più famose, e già citate,  a Verampio, Crego , Crevoladossola e Cadarese. Le sue centrali idroelettriche rappresentano un esempio di originalità assoluta e sono uniche nella loro architettura. Alla prima , quella di Verampio – nel comune di Crodo -, posta al punto di confluenza del fiume Toce e del torrente Devero, Portaluppi diede l’aspetto di un forte turrito a simboleggiare il feudo energetico dell’impresa Conti, che costruì la centrale. Nella costruzione riecheggiano aspetti neomedioevali, così come nei dettagli architettonici e decorativi quasi come desiderio di trasmettere un’immagine di grandezza e orgoglio del committente. Richiami che si trovano anche nelle strutture per il personale e nella palazzina  del direttore. Nel 1917 fu la volta di quella di Crego, sempre nel territorio di Crodo, che presenta pietre sbozzate e levigate, legni a vista, dentellature, riseghe, con l’alternarsi di superfici scabre e lisce. La centrale è affacciata sul Toce a ridosso di una roccia ripida, costruita in  granito.

portaluppi4La centrale di Crevoladossola fu realizzata, invece,  nel 1925 e presenta tre volumi distinti: la sala macchine, la cabina di trasformazione, la torre per il raffreddamento. Caratterizzata da accenti orientali, richiama una pagoda e il bugnato ( i blocchi di pietra sovrapposti a file sfalsate) si compone in trame a losanghe mentre le  finestre sono a forma di rombi. Infine, l’ impianto più vasto, l’ultimo ideato da Portaluppi: la centrale di Cadarese, nel comune di Premia. E’ lì che, secondo le direttive del geniale architetto, viene dato un ruolo dichiaratamente innovativo alla pietra. Il dettaglio dell’edificio è molto curato: dalle saette in ferro agli angoli, ai finti balconi in legno per richiamare lo stile abitativo montanaro, alle cornici di serizzo sui portoni. La centrale fu dedicata a Carlo Feltrinelli, presidente dell’azienda elettrica Edison. Portaluppi non si limitò alle centrali ma legò il suo nome ad un’infinità di opere architettoniche, in Italia e all’estero. Ma non vi è dubbio che le sue opere nell’estremo nord del Piemonte,  tese a dare  alla staticità della roccia una continua allusione al moto guizzante dell’energia, sono ammirate e studiate ancora oggi.

 

Marco Travaglini

 

Andare per monasteri

Viaggiando lungo la penisola, s’incontrano monasteri medievali, costruiti come fortezze, che hanno svolto molte funzioni: difeso civiltà, accolto pellegrini, celebrato la grandezza di dinastie aristocratiche
 

MONASTERI SCARAFFIA“Andare per monasteri” è il bel libro scritto da Lucetta Scaraffia per “Il Mulino”. L’autrice, già docente di  Storia contemporanea alla Sapienza,  editorialista per il Messaggero e L’Osservatore Romano, ofre al lettore un “cammino di Santiago” tutto italiano, alla ricerca dell’autenticità della vita spirituale dei monasteri. Un cammino sulle tracce dei luoghi dove la vita è scandita da un ritmo lento e secolare, dove vige l’esperienza del silenzio, della pace interiore e del contatto con la natura. Un itinerario che non è completo ma che consente di incontrare i monasteri italiani storicamente piu’ importanti, che richiamano quest’atmosfera di raccoglimento e preghiera. Viaggiando lungo la penisola, s’incontrano monasteri medievali, costruiti come fortezze, che hanno svolto molte funzioni: difeso civiltà, accolto pellegrini, celebrato la grandezza di dinastie aristocratiche. Ci sono costruzioni che risalgono al medioevo e monasteri rinascimentali e barocchi, così come  edifici nuovi che testimoniano della recente rinascita monastica. Luoghi che – come secoli fa – ci regalano l’esperienza del silenzio, che sanno trasmettere anche solo con la conformazione degli spazi, con la scansione della giornata che si svolge secondo ritmi millenari. Da Novalesa a Camaldoli, da La Verna a Subiaco e Praglia, da Rosano a Campello, a Grottaferrata: l’itinerario si snoda fra luoghi storici e luoghi recenti del monachesimo italiano, tutti animati da una vita spirituale autentica. Un bel richiamo, è dedicaro alla comunità monastica di Bose, sul confine tra biellese e canavese,  dove i monaci guidati dal priore Enzo Bianchi, sin dalla fondazione,  promuovono un intenso dialogo ecumenico fra le differenti chiese e denominazioni cristiane. “Andare per monasteri” può essere utilizzato come una guida ma è anche molto di più: esplora e analizza l’incredibile atmosfera che si respira tra queste mura, offrendo una promessa di elevazione interiore e  capaci, come a Bose, di attrarre anche persone che non si riconoscono nella fede.

Marco Travaglini

“Madonne in Piemonte”

fassino madonnaUna mostra fotografica all’Urp dell’Assemblea regionale
 

È dedicata alle raffigurazioni di Maria, “umile e alta più che creatura / termine fisso d’eterno consiglio”, la mostra fotografica “Madonne in Piemonte”, che s’inaugura lunedì 29 febbraio alle 17.30 all’Urp di via Arsenale 14/G, a Torino.L’allestimento, curato dalla Parrocchia torinese di Sant’Antonio Abate, propone una ventina di scatti di statue mariane provenienti da tutta la regione: dalla “Consolata” di Torino alla “Madonna del melograno” del Battistero del Duomo di Chieri (To); dalla “Madonna dello schiaffo” della Cattedrale di Sant’Eusebio, a Vercelli, alla “Madonna dei fiori” del Santuario diocesano di Bra (Cn).“Con questa iniziativa – sottolinea il parroco, don Felice Reburdo – ci piacerebbe non solo documentare una serie di testimonianze artistiche care alla devozione popolare ma anche offrire un’occasione per un percorso mirato a una maggiore valorizzazione della figura femminile alla luce di Colei di cui Dante scrisse ‘In te misericordia, in te pietate, / in te magnificenza, in te s’aduna /quantunque in creatura è di bontate’”.La mostra è visitabile fino a mercoledì 23 marzo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16.

www.cr.piemonte.it – foto: archivio

Piemonte Movie gLocal Film Festival edizione n. 15

ventavoliSono 56 i film proposti, anche anteprime assolute, come nel caso di  ‘Mio cugino è il sindaco di New York’

A Torino dal 9 al 13 marzo prossimi si tiene la 15a edizione del Piemonte Movie gLocal Film Festival, promosso dal Museo Nazionale del Cinema di Torino, dove è stato presentato. La rassegna è incentrata sulla creatività cinematografica piemontese con particolare riguardo al cinema indipendente italiano. Sono 56 i film proposti, anche anteprime assolute, come nel caso di  ‘Mio cugino è il sindaco di New York’ di Vincenzo Lerose, girato a Grassano (Matera), paese del sindaco di New York Bill de Blasio. In programma l’omaggio a due registi piemontesi, Claudio Caligari e Guido Chiesa e  la presentazione di ‘Venanzio Revolt. I miei primi 80 anni di cinema’, sulla vita di Lorenzo Ventavoli,  intervistato da Steve Della Casa con  voce narrante di Nanni Moretti.

SPIRITELLI, AMORINI, GENIETTI E CHERUBINI

accorsi mostraAllegorie e decorazione di putti dal Barocco al Neoclassico al Museo di Arti Decorative Accorsi – Ometto

La Fondazione Accorsi – Ometto dedica alla fortuna del tema iconografico dei putti una mostra che, affidata alla cura di Vittorio Natale, sarà allestita nelle sale espositive del museo dal 19 febbraio al 5 giugno 2016; l’argomento  –  pur avendo attirato in passato l’attenzione di eminenti studiosi –  non è mai stato oggetto di una iniziativa espositiva monografica in Europa.

Sotto le variate spoglie di spiritelli, amorini, genietti o di cherubini – come recita il titolo della mostra – i  putti, ispirati all’arte antica romana, hanno trovato ampia diffusione soprattutto a partire dal Rinascimento, dilagando durante il Sei e il Settecento con funzioni decorative, ma anche allegoriche, e caratterizzando in vario modo sia l’arte profana che quella sacra.

La mostra raccoglie sessantatrè selezionatissimi oggetti provenienti da collezioni pubbliche italiane e private (italiane e straniere) ed è articolata in sei sezioni tematiche che sviluppano il tema dal punto di vista privilegiato delle committenze sabaude e piemontesi.

Nel percorso, che si articola  partendo dall’ origine e diffusione del tema  e passando poi per le sezioni dedicate a Nelle vesti di Amore, Allegorie profane, Angioletti e cherubini, Giochi di putti, Putti e arti decorative, sono esposti dipinti, sculture in terracotta, in marmo, in legno policromo, mobili, stampe, bronzi e argenti.

Accanto ad opere anche di Guido Reni, Isidoro Bianchi, Bartolomeo Guidobono, Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, Francesco Cairo, Francesco Ladatte,  Vittorio Amedeo Rapous, Ignazio e Filippo Collino, lo sguardo viene allargato in alcune sezioni al contesto internazionale, con opere anche di Charles Amédée Philippe  Van Loo, Camillo Rusconi e di Paul Heermann.

L’organizzazione della mostra è stata occasione per alcuni significativi recuperi di opere, individuate nei depositi di collezioni pubbliche e restituite alla pubblica fruizione, anche futura, grazie a specifici restauri.

È  il caso dei dipinto ricondotto alla committenza del Cardinal Maurizio di Savoia con tre putti allegorici, finora conservato nei depositi del castello di Racconigi, il cui intervento di restauro è stato realizzato grazie a un finanziamento della Associazione Amici di Racconigi; ma è anche il caso di altre opere, che sono state restaurate con il contributo della Fondazione Accorsi-Ometto: il dipinto di Claudio Francesco Beaumont, ritenuto un bozzetto per l’Allegoria della  Concordia che orna la volta della Galleria delle Battaglie di Palazzo Reale, proveniente dai depositi di Racconigi, o la Vanitas con  Amore dormiente di Bartolomeo Guidobono, appartenente al Museo del Territorio di Biella, o, ancora, una serie di quattro piccole tele conservate nei depositi di Palazzo Madama, le quali raffigurano putti che reggono attributi, accompagnati da cartigli con iscrizioni, riferite a un pittore emiliano attivo nel secondo quarto del secolo XVII, forse identificabile in Francesco Gessi.

Informazioni per il pubblico: 011 837 688 int. 3.

info@fondazioneaccorsi-ometto.it

Piemonte da leggere in biblioteca

Durante il primo incontro che si svolgerà mercoledì 2 marzo alle ore 17.00, verranno presentati i libri:  “Un’indagine coi baffi” di Graziella Ardizzone e “I Pelagra” di Giuseppe Furlano (entrambi editi da Baima Ronchetti)

libriRiprendono presso la Biblioteca della Regione in via Confienza 14 a Torino, gli appuntamenti legati al progetto “Piemonte da leggere”, dedicato alla presentazione di volumi di diversi autori ed editori, accomunati da un unico filo conduttore.Durante il primo incontro che si svolgerà mercoledì 2 marzo alle ore 17.00, verranno presentati i libri:  “Un’indagine coi baffi” di Graziella Ardizzone e “I Pelagra” di Giuseppe Furlano (entrambi editi da Baima Ronchetti).

Si prosegue tutti i mercoledì con ingresso gratuito sino a esaurimento posti.La Biblioteca della Regione vanta, inoltre, un patrimonio di circa 53mila libri, con caratterizzazione giuridico-amministrativa, e mette a disposizione degli utenti volumi, periodici, banche dati e opere di consultazione dedicate al diritto, all’economia, alle scienze sociali e in particolare alle questioni regionali e delle autonomie locali. Tra le novità l’attivazione di MediaLibraryOnline (Mlol), la prima rete in Italia dedicata al prestito digitale gratuito, consultabile all’indirizzo Internet

 
http://crp.medialibrary.it/home/home.aspx.
http://www.consiglioregionale.piemonte.it/web/comunicati-stampa/comunicati-stampa-2016/411-febbraio-2016/4945-piemonte-da-leggere-2

LA SFERA DI   CRISTALLO

Al Gobetti una commedia tragico-esoterica di Giancarlo Guerreri
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E’ una commedia che induce lo spettatore a riflettere sul concetto di Tempo, applicando alla vicenda narrata tutti i possibili paradossi e i nuovi aspetti scientifici legati a tale nozione. Sogni lucidi legati ad esperienze di vite passate, paradossi spazio-temporali e vicende umane di natura grottesca, condite con una buona dose di umorismo, sono l’essenza del Lavoro di Giancarlo Guerreri, messo in scena dalla regista Anna Cuculo e dal suo gruppo teatrale, l’”Anna Cuculo Group”.Un primo Lavoro dell’Autore torinese che esordisce al Teatro Gobetti di Torino Venerdì 26 Febbraio 2016.

Una donna, una Strega, ha il potere di agire sul tempo, comportandosi da “deus ex machina”, di tutta la vicenda. La Strega modifica la cronologia degli eventi creando evidenti disagi ai personaggi. Un grande orologio domina la zona occupata dalla Strega. Le dimensioni del Tempo e del sogno si intrecciano per creare una trama dinamica e articolata.A casa di Ermengarda, Maria, sua carissima amica, racconta di un sogno che riguarda Arturo, un loro comune conoscente.

Compare Arturo che a sua volta racconta un sogno molto realistico che sembra essere il ricordo di una vita passata, vissuta da entrambi nel ‘600.Il giorno seguente Maria torna a casa di Ermengarda e le racconta una nuova esperienza onirica che sembra essere in relazione con quella di Arturo: Ermengarda sembra molto infastidita da queste rivelazioni.

Il giorno seguente è proprio Ermengarda a fare un sogno particolare, si tratta di una rivelazione simbolica durante la quale viene divorata da una leonessa e partorita dalla stessa creatura.

Maria invita Anacleto, un suo amico che lavora nel settore funebre, esperto di sogni, affinché possa proporre un’interpretazione all’esperienza di Ermengarda.In seguito Ermengarda riceve una lettera da parte di Giulio, un giovane conosciuto in Egitto dodici anni prima, con il quale ebbe una relazione. La lettera di Giulio riporta una data di spedizione che indica che è stata spedita dodici anni prima.Ermengarda decide di realizzare una sorta di gioco rispondendo come se la loro relazione non si fosse mai interrotta e come se non esistesse quell’evidente squilibrio temporale. Giulio risponde dopo breve ma le date sulle lettere non sono compatibili con la realtà. Dopo varie vicissitudini epistolari Ermengarda, che non comprende bene se si tratti di un scherzo o di uno gioco del destino, scrive una lettera in cui dice di voler chiudere la storia con Giulio.

Giulio risponde con una mail disperata dicendole che non si rassegna e che verrà a cercarla.

Ermengarda sembra riconsiderare la cosa e si apre verso l’amore.La strega appare sconfitta, non riesce più ad agire sul tempo e cade a terra esanime. Suonano alla porta, Ermengarda si alza lentamente per vedere chi ha suonato, la strega sembra rianimarsi, tocca le lancette ma un attimo dopo muore. Ermengarda apre la porta…

 

PERSONAGGI

           

Strega: La signora del tempo che modifica gli eventi a suo piacimento         Anna Cuculo

                                     

Ermengarda: La protagonista che vive una trasformazione iniziatica         Rossana Bena

 

Maria: Amica di Ermengarda                                                           Claudia Vianino

 

Arturo: Amico di Ermengarda, ex amante di Maria                              Albino Marino

 

Anacleto: Il saggio che porta la Conoscenza                                        Roberto Briatta

 

Giulio: Interlocutore virtuale ex amante di Ermengarda (voce fuori campo)         Albino Marino

Giovanni Polli e i primi esperimenti di cremazione

CREMAZIONE36“Tutto ha origine e tutto ritorna nel fuoco”

 

Villa “Solitudine”, immersa in un vasto parco, si trova nel tratto di litoranea che passa da Oggebbio, località  sulla sponda piemontese dell’alto lago Maggiore, a quindici chilometri dal confine con la Svizzera. E’ lì che viveva il personaggio più famoso del comune rivierasco, il  professor Giovanni Polli che nel 1876 effettuò la prima cremazione umana in Europa al cimitero monumentale di Milano. Nato ad Oggebbio il 1° ottobre 1812, Polli si laureò in medicina e chirurgia a Pavia. Fu professore di chimica all’Istituto Tecnico Superiore di Milano e membro anziano del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Nella sua carriera di medico e ricercatore effettuò studi approfonditi sul sangue e fu il propugnatore della purificazione dei cadaveri col fuoco tanto che,  nella  sua “Villa Solitudine”, realizzò i primi esperimenti  crematori. L’illustre studioso , nel corso dell’Ottocento ( morì nel 1880) , CREMAZIONE3fu un vero pioniere della scienza medica che si distinse anche per le sue sperimentazioni con la cannabis, risultando  in assoluto uno dei primi a studiarne gli effetti e le potenzialità. Ma è stato il suo ruolo nella lotta a favore della cremazione dei cadaveri, conclusasi con l’incinerazione della salma di Alberto Keller effettuata a Milano il 22 gennaio 1876, di fatto la prima cremazione ufficiale in Italia, a consegnarlo alla storia. Quando il 23 gennaio del 1874 morì il cavalier Alberto Keller, ricco industriale di Milano, noto per le sue opere filantropiche, si apprese che nel testamento aveva disposto che la sua salma venisse data alle fiamme. A tal fine nominava esecutore testamentario proprio il  professore piemontese ,destinando  una somma notevole per gli studi sperimentali sulla cremazione. Pur non esistendo in Italia una legge che ammettesse la cremazione, il Polli, che aveva già fatto numerosi esperimenti , d’intesa  con l’ingegner Clericetti, fece costruire un tempio crematorio, (opera dell’architetto Carlo Maciachini) reso possibile dalla generosità finanziaria della famiglia Keller e dalla cessione gratuita del terreno nel Cimitero monumentale da parte del Comune di Milano. Fu quello il primo tempio crematorio costruito in Italia e nel mondo, funzionante a gas illuminante. Venne inaugurato il 22 gennaio 1876 (“ un gelido giorno di fango e neve”, secondo le cronache del tempo)  per cremare la salma imbalsamata di Keller, deceduto due anni prima. Le modalità furono in seguito descritte con precisione: dall’iniezione nel corpo (arti superiori ed inferiori, cavità toracica e cavità addominale) del liquido antisettico composto da fenolo, alcool e canfora fino alla bendatura finale con fasce inumidite. La salma , adagiata all’interno della cassa mortuaria, collocata sopra una griglia di ferro e coperta da un funereo velo, venne  sospinta nell’urna  dove 280 fiammelle a gas determinarono rapidamente la combustione. Si poté leggere nella relazione come  i primi secondi garantirono l’evaporazione dell’acqua contenuta nei tessuti del corpo e successivamente la combustione del carbone formatosi lasciando del signor Keller circa tre chilogrammi di cenere, polvere e minuscoli frammenti ossei. In quello stesso anno nacque la Società milanese di cremazione. Successivamente sorsero le prime Società di cremazione (SO.CREM.) un po’ ovunque che, nel tempo, tra mille difficoltà, ostacoli e anche divieti hanno consentito lo sviluppo della cremazione in Italia. Ad essere precisi, la prima cremazione in Italia risaliva al 1822 allorché venne cremata la salma del poeta inglese Percy Bysshe Shelley, annegato nel golfo di La Spezia. Il suo corpo fu bruciato nella spiaggia di Viareggio sopra una pira sparsa di balsami per volontà dell’amicoCREMAZIONE1 e poeta Lord Byron. Ma si trattava più di una sorta di rito che di una vero e proprio esperimento crematorio.  Alla morte di Giovanni Polli, Il Corriere del Verbano, nella sua edizione di mercoledì 23 giugno 1880,  scriveva : “ Oggebbio ha perduto, lunedì 14 corrente alle 3 pomeridiane, il suo più distinto cittadino, il chiarissimo professore commendatore Giovanni Polli…Nato il 1 ottobre 1812 da Giuseppe Polli e da Angiola De Filippi nativa di Cannobio, fin dai primi anni dimostrò grande amore agli studi ed ingegno svegliatissimo. Ancor giovane ottenne nell`Università di Pavia la Laurea in medicina e chirurgia; subito in Milano ebbe una clientela estesissima e fra le migliori famiglie patrizie, perché alla scienza univa modi affabilissimi, inspirava agli ammalati grande fiducia.…Fece studi profondi sul sangue, e ne pubblicò opere importantissime. Introdusse pel primo l`uso dei solfiti nelle malattie da fermento morbifico e con grande vantaggio. Fu promotore della Cremazione dei cadaveri. Nella sua carriera medica ebbe dal Governo e dal municipio di Milano continui ed importanti incombenti. Godeva fama di medico valentissimo in Italia e fuori. Fu fregiato di più ordini cavallereschi nostrali ed esteri”. Il rimpianto per la scomparsa emergeva potente dal testo: “…Già da molti anni in Milano ogni giovedì l`aveva destinato alle visite gratuite dei poveri, e chi scrive ebbe molte volte a vedere la via Amedei piena di ammalati, che correvano da lui per farsi visitare.  Come potrà dunque Oggebbio dimenticare il suo Polli? Ah! no, o caro Giovanni, la tua memoria sarà indelebile in quei cuori riconoscenti”. E le stesse esequie, solennemente celebrate nella cattedrale di Milano, videro “ la società di Cremazione inaugurare mestamente il suo stendardo accompagnando all`ultima dimora la salma del compianto prof. Polli.  Lo stendardo è semplicissimo , nero, ricamato in bianco e sormontato da urna cineraria d`argento, di bella fattura, che tien posto della lancia”. Ovviamente anche la salma del Polli venne cremata, così che “dell`uomo illustre non rimanevano che poche bianchissime ceneri”. Per l’esattezza la sua cremazione era la 68° eseguita in Milano dal gennaio 1876 “… tempo in cui Giovanni Polli purificava per la prima volta colle fiamme del suo crematoio la salma di Alberto Keller”.

 

Marco Travaglini

 

"LOVEfEVER sex@love", sesso e amore diventano arte

sesso mostrasesso mostra 3sesso mostra2La chiave di lettura è l’ironia; a partire dall’immagine della locandina in cui campeggia un divertente Pippo che pare insidiare la virtù di Clarabella nella Pippo dance. In mostra a Internocortile

 

Sesso e amore diventano arte nella mostra collettiva “LOVEfEVER sex@love”, allestita a Internocortile a Torino, dal 9 febbraio all’11 marzo. Nello spazio creativo ideato da Silvia Tardy (aperto alle nuove tendenze artistiche e di design) l’amore è di gruppo, con 6 giovani e affermati artisti che affidano a sculture, fotografie, pittura e installazioni, il loro racconto di momenti reali o fantastici legati alla sessualità e al sentimento che la infiamma. La chiave di lettura è comunque l’ironia; a partire dall’immagine della locandina in cui campeggia un divertente Pippo che pare insidiare la virtù di Clarabella nella Pippo dance.

 

Alfredo Cabrini, (ideatore del progetto milanese “Terrariumart”) ha creato per”LOVEfEVER sex@love” una decina di vasi di vetro, in cui, tra muschio e felci, ambienta tante scene in miniatura che parlano di vita amorosa ed ironici incontri sessuali. In “Social sexual” una coppia nuda fa sesso en plein air, su un letto nel bel mezzo di un parco, con una variegata schiera di spettatori ad ammirare tanta passionalità. Poi “Cupido lottery”, in cui la magica freccia potrebbe colpire anche una vecchietta in trepida attesa. E non manca il più che mai attuale amore gay in “AILOVEIU”: terrario in cui la classica dichiarazione  in ginocchio, con tanto di fiori in mano, la fa un uomo, ma ad un altro uomo. E se il sesso in miniatura decidete di portarvelo a casa, la buona notizia è che la manutenzione sarà ben più facile di quella del reale rapporto di coppia. Istruzioni per l’uso: ogni tanto arieggiate togliendo il coperchio e una sola volta al mese spruzzate pochissima acqua piovana o demineralizzata. Poi divertitevi anche ad immaginare come potrebbe commentare l’evoluzione hard del suo Terrarium (piccole felci e muschio che vivono e crescono in una bottiglia di vetro chiusa) il fisico inglese Ward che lo inventò nell’800. 

 

Bixio Braghieri, milanese, ha al suo attivo numerose personali e collettive, sia in Italia che all’estero (fra cui la mostra indiana itinerante “Dadaumpop”, da New Delhi a Mumbay e Calcutta).

E’ decisamente esplicito e provocatorio nel raccontare le molteplici sfumature della sessualità.

Su una parete nera di Internocortile saltano subito all’occhio i suoi “Hot water color”. Acquerelli molto piccoli (9X12) e più grandi (50X50) con tutte le declinazioni possibili (e oltre) di sesso orale, contorsionismo e varianti assortite di ginniche posizioni erotiche. I colori sono tenui, le tonalità per lo più calde; ma mai quanto i contenuti…decisamente bollenti. Se per caso alla mostra ci andate con  piccola prole al seguito -e non siete ancora pronti a rispondere a ingenue curiosità- incominciate pure ad ingegnarvi per indirizzare la loro attenzione altrove.

 

Francesco De Molfetta, giovane con curriculum di tutto rispetto, affida a tecnica mista e massicce dosi d’ironia la sua idea di sesso e amore. Spiazza ogni luogo comune e affila l’ingegno per sottolineare la precarietà dell’impeto amoroso, a volte anche in modo estremo. Come nell’installazione “Lam’ore” in cui due teste infilzate su un’enorme forbice cercano di baciarsi, ma pericolosamente in bilico su lame taglienti. O in “Jack lo squartatore”, opera in cui la carta del fante di cuori -il principe per eccellenza- domina dall’alto un parterre di carte al femminile -regina di cuori compresa- strappate, fatte a pezzi e insanguinate. La critica è più sottesa, ma ugualmente spietata in “BI-CI VEDIAMO” dove incornicia un paio di occhiali con un uomo e una donna in bicicletta che pedalano per incontrarsi; non ci riusciranno mai dal momento che sono come imprigionati ognuno dentro una lente… beffardamente …rosa. E non meno interessante è “Il pazzo” che sbuca dalla cerniera di un jeans.

 

Decisamente più soft Giorgio Maggiorelli che da bambino dipingeva ascoltando musica con i genitori, immerso in personalissimo caleidoscopio di sogni. E si vede. Da come attinge soprattutto dal mondo dell’infanzia e, negli oli su tela, mescola atmosfere, luoghi e colori che parlano di intimità domestica e senso di protezione degli affetti. Ma non c’è solo il rassicurante azzurro carta da zucchero nelle sue opere. Anche lui individua ed esprime l’inevitabile contrasto tra ideale e realtà, e racconta quei lati oscuri dell’amore, fatti di ambiguità e pericolo. Un esempio? Il Mickey Mouse per metà sorridente e con un pacco dono in mano; nell’altra metà, invece, agghiacciante ghigno da serial killer e un coltello stretto nel pugno.

 

Anna Turina mette a fuoco la doppia valenza del concetto di “casa”: luogo per eccellenza della relazione con se stessi e con gli altri, denso di certezze, ma anche impregnato di limiti e compromessi. Le sue sculture in ferro e vernice nera raccontano come nella domus ci si può non solo adagiare; ma anche restare sospesi tra dentro e fuori, in bilico tra condivisione e voglia di privacy. Le sue “case abitate” lo sono solo a metà e le gambe che escono penzolanti sembrano quasi anticipare un possibile scatto di fuga. In mostra però porta anche altre 2 serie di casette, molto più serene e accomodanti. Sono quelle corporee, piccole e meno cupe, da cui spuntano faccine di bimbi che sorridono nel sonno; o quelle accoglienti che porgono antichi vasi di farmacia con sostanze curative per l’amore.

 

Si intitola “Breadcrum” il progetto della fotografa e videoartist Chiara Paderi , che presenta una serie di stampe fotografiche su ceramica di piatti d’epoca. Le sue creazioni sono metafora delle tante fasi della complessa ed articolata vita amorosa. Così, varie sono le portate di cui a fine pasto, nelle stoviglie rimangono i resti di ciò che ha nutrito il sentimento. Dal sonno sognante che rappresenta la fase dell’innamoramento, al movimento di gambe che esprime il corteggiamento, alle briciole come  tracce di  vita amorosa, per finire ad un frammento di cuore di  cioccolato, simbolo del dono d’amore che, una volta assaggiato dal partner, giace rotto e tristemente spezzato sul fondo del piatto.

Laura Goria

 

How to: “LOVEfEVER sex@love”, mostra collettiva a Internocortile

Via Villa Glori 6 (zona P.zza Zara)

Torino

 

Dal 9 febbraio all’11 marzo 2016-02-07

Inaugurazione: martedì 9 febbraio, dalle ore 18

Orari mostra: da martedì a sabato 11-13 e 15,30-19.

In altri orari: su appuntamento.

Informazioni: www.internocortile.it