CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 79

Federico Bisio dirige l’orchestra Polledro nel concerto “Un solo respiro”

Mercoledì 5 giugno alle 20.30 al teatro Vittoria 

 

L’orchestra Polledro inizia la stagione con un primo concerto mercoledì 5 giugno alle 20.30, al teatro Vittoria, dal titolo “Un solo respiro” con sul podio il maestro Federico Bisio e solista alla viola Giuseppe Russo Rossi, viola presso il Teatro alla Scala di Milano.

Il programma è molto ricco e prevede la Sinfonia per orchestra d’archi in do minore n. 8 di William Herschel; di Alessandro Rolla il Concertino per viola e orchestra in Mi bemolle maggiore BI328/546, con viola solista Giuseppe Russo, e di Felix Mendelssohn Bartholdy la Sinfonia per Orchestra d’Archi n. 9 in do minore/maggiore MWV N9.

William Herschel fu un astronomo tedesco naturalizzato britannico, insediatosi dal 1755 in Inghilterra, che si occupò di musica, non tralasciando mai i suoi studi di astronomia. Scoprì il pianeta Urano con il telescopio riflettore da lui stesso realizzato, studiò le nebulose e gli ammassi stellari, mostrò l’esistenza di doppie stelle, scoprì la radiazione infrarossa, individuò alcune lune di Giove e Urano e giunse a un primo modello del sistema solare costituente la via Lattea. Fu socio straniero dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nell’apertura della Sinfonia n. 8 in do minore è presente una frase eh sembra una delle canzoni pop delicatamente riorchestrate in celebri serie televisive moderne. I primi violini suonano un ritornello incalzante e sincopato mentre l’armonia si muove sotto di loro, scivolando verso una risoluzione prima di lanciarsi nel secondo grande soggetto. La Sinfonia fu co posta quando Herschel si trovava a Sunderland nella contea di Durh, il 20 aprile1761.

Il Concertino per viola e archi in mi bemolle maggiore venne scritto da Alessandro Rolla intorno al 1808, anno in cui ottenne l’incarico di docente al Conservatorio di Musica di Milano.

L’Allegro maestoso si apre con una solenne introduzione orchestrale che prepara con enfasi l’ingresso del solista. Il primo tema è un “motto” che utilizza le note dell’accordo di mi bemolle maggiore, il secondo tema è una delicata linea melodica ascendente, abbellita da gruppetti ornamentali. A unire i due momenti ci sono episodi brillanti nei quali il solista può dar sfoggio delle proprie qualità esecutive. Il breve epilogo orchestrale si interrompe bruscamente su un accordo di settima, preparando l’attacco del secondo movimento, Andante un poco sostenuto. Sopra un delicato tappeto ritmico armonico degli archi si leva una voce intensa della viola che ci conduce attraverso un lungo episodio in la bemolle maggiore, spezzato solo da una sezione centrale introdotta da veementi scale in ottava degli archi. Il terzo movimento è un Allegretto alla polonese. La struttura è in forma di rondò, con due episodi che si alternano al ritornello. Brillante e virtuosistica è la coda finale.

La Sinfonia n. 9 in do minore di Felix Mendelssohn Bartholdy fu terminata il 12 marzo 1823, quando il compositore aveva appena quattordici anni e rientra nelle sinfonie giovanili per archi. Viene definita “Svizzera” poiché il giovane autore la scrisse sotto l’influsso del viaggio in Svizzera compiuto con i genitori, avvenuto tra il luglio e l’ottobre del 1822. Il compositore poi donò la sinfonia all’amico violinista Eduard Rietz nel Natale 1823, aggiungendo indicazioni solistiche nella parte del primo violino appositamente per lui.

La Sinfonia, articolata in quattro movimenti, si apre con una vasta e meditativa introduzione lenta che sfocia in un brillante allegro in forma sonata, in cui appare evidente l’influenza dello stile sinfonico del tardo Haydn. Il movimento lento si articola in una forma ternaria e trova il suo lato più interessante nelle scelte di strumentazione. La prima sezione è affidata ai soli violini, divisi in quattro parti, la seconda sezione è un fugato a quattro parti intonato da viole, violoncellista e contrabbassista, mentre l’ultima sezione riunisce progressivamente tutto il gruppo strumentale. Lo scherzo esordisce con l’effervescenza propria di molti scherzi della maturità del compositore, e comprende un Trio su uno yodel svizzero, da cui deriva il titolo di “La Suisse”. Il finale è in forma di sonata, inizia inaspettatamente in do minore ed è caratterizzato da un solido contrappunto. Si sviluppa con una progressiva crescita di espressione e si conclude in maggiore.

Il maestro Federico Bisio, laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino, parallelamente al percorso universitario ha frequentato i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra da Camera Giovanni Battista Polledro.

 

Mara Martellotta

Le vostre foto. Toulouse-Lautrec al Mastio della Cittadella

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L’esposizione celebra l’opera di uno degli artisti più iconici della fine del XIX secolo, Henri de Toulouse-Lautrec. Conosciuto per le sue affascinanti rappresentazioni della vita notturna parigina, dei cabaret e dei teatri, Toulouse-Lautrec – attraverso manifesti, litografie e disegni- ha catturato con uno stile innovativo l’essenza della Belle Époque.
(Foto Alessandra Macario)

Gli acquerelli di Ines Daniela Bertolino, un omaggio al mondo felino

Negli spazi della Pinacoteca “Francesco Tabusso” di Rubiana, sino al 16 maggio

Francesco Tabusso scomparve sul finire di gennaio del 2012, a ottantadue anni, e nell’estate di quattro anni dopo venne intitolata a lui la Pinacoteca comunale in quel paese di Rubiana, sulle prime alture della Valsusa, dove l’artista aveva casa (una elegante villa dei primi del secolo scorso, immersa nel verde, facilmente riconoscibile in quel colore rosso che all’esterno la contraddistingue), dove aveva trascorso gli anni della giovinezza e della maturità, dove lavorava ai suoi paesaggi e alle sue eterne immagini femminili, dove ogni estate si ritemprava.

Nella pinacoteca, sulla piazza dove sfocia la via principale, con i suoi angoli, i piccoli negozi, il vecchio albergo ormai dismesso, le giravolte dove troppe sono le costruzioni impoverite e imbruttite – chi scrive queste note le ricorda ben diversamente, negli anni dell’infanzia -, l’asse portante che ha visto le ospitalità per molti anni di personaggi quali Dino Campana ed Emilio Salgari, in quella pinacoteca sono raccolti i nomi maggiori dei pittori e degli scultori, piemontesi principalmente, che abbiano agito dalla seconda metà del Novecento sino ad arrivare a oggi, opere donate dagli amici di una vita intera e dai suoi più o meno assidui frequentatori, lasciti che si sono ulteriormente arricchiti in questi ultimi anni, trovando ognuno una propria esatta collocazione grazie agli interventi dell’architetto Massimo Venegoni e del curatore Marco Marzi: un work in progress che ancora nei primi mesi di quest’anno ha beneficiato di un importante restyling particolarmente attento all’abbattimento delle barriere fisiche e cognitive, con l’obiettivo di rendere sempre più fruibile e immersiva la visione delle opere ad ogni visitatore. Per ammirare quindi tra gli altri, in un significativo percorso, Felice e Francesco Casorati, Gigi Chessa, Sergio Albano e Colombotto Rosso, Piero Ruggeri e Antonio Carena, Tino Aime e Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino, Guido Bertello e Angela Giuffrey e Francesco Preverino, Annamaria Palumbo e Lia Laterza, Riccardo Cordero e Sandro Lobalzo e Luciano Spessot.

Negli spazi della pinacoteca dedicati alle estemporanee, s’è inaugurata sabato scorso (proseguirà sino al 16 giugno, con aperture sabato e domenica dalle 10 alle 12 e dalle 15,30 alle 18,30; per ulteriori informazioni info@arsrubiana.net / info@pinacotecatabusso.it) la mostra di Ines Daniela Bertolino dal titolo “Felis Silvestris Catus, sospeso tra la terra e il cielo”, differenti immagini in acquerello dell’abituale felino di casa nostra, create dalla pittrice con la sensibilità che le è propria, con la innata padronanza che le conosciamo dei tanti panorami cromatici. Personalissimi, padroni degli spazi che si sono creati, irrefrenabili e curiosi, dispettosi e imperturbabili, arroccati e sensibili, forti della loro libertà e per nulla servizievoli, i gatti offrono alla Bertolino una gamma inesauribile di sguardi, di posture, di occhi indagatori e sornioni, di attacchi improvvisi e di attese interessate, immersi principalmente in quegli azzurri e in quei blu caricati, sparsi sulla carta con sempre maggior maestria (“con il passare degli anni, certo, la tecnica s’affina sempre di più”, confessa l’artista alla presentazione della mostra accanto a Marco Marzi, che coglie l’occasione per snocciolare interessati proposte future della pinacoteca), dove gioca innanzitutto la raffinatezza del tratto, la capacità sempre più esplicita di afferrare l’attimo, la spericolatezza del momento e della situazione. Mai nulla di lezioso, di attimi accattivanti “freddamente” l’attenzione di chi guarda (e ammira): c’è un’anima, c’è la compostezza, c’è l’invenzione continua di una creatura e del suo modo di vivere. C’è anche una leggera aria di mistero, che spinge lo spettatore a indagare, a cercare di comprendere, sperando il troppo a immedesimarsi, anche per un solo attimo.

Poi un omaggio, da parte della pittrice, ancora con i suoi acquerelli personalissimi, inconfondibili, al piccolo comune che in questi giorni la ospita: e sono vedute che magari acquistano sapori nuovi, una scalinata, un angolo verso la chiesa, il cancello che immette alla casa di Tabusso, quasi seminascosto da foglie e rami, da una macchia che si confonde tra il verde e il blu ormai predominante, la porticina di ingresso che pare immettere in un mondo di favola, antico, magari lasciando riascoltare le voci di casa, il muro di cinta oltre il quale s’intravedono porte e finestre chiuse. O ancora la Sacra, a pochi passi da Rubiana, forte e alta in tutta la sua millenaria costruzione, stagliata contro le montagne e contro quelle nevi che ancora in questi giorni le imbiancano.

Elio Rabbione

Alcune delle opere esposte in mostra; la pittrice Ines Daniela Bertolini, alla presentazione della mostra, con il curatore Marco Marzi (la foto è di Giancarlo Giorgio Passerana)

Nuova stagione Teatro Stabile, i prezzi delle formule di abbonamento

 

 

Il cartellone del teatro Stabile, che sarà presentato domani alla stampa, affiancherà i grandi titoli del repertorio classico alla nuova drammaturgia e da ottobre 2024 a giugno 2025 porterà sui nostri palcoscenici oltre 60 spettacoli.

I prezzi degli abbonamenti e dei biglietti della stagione 2024/25 sono rimasti invariati rispetto all’anno precedente, mentre sono diminuite le commissioni online.

Dal 4 giugno saranno in vendita gli abbonamenti Premium, che garantiscono la possibilità di scegliere il proprio posto in anticipo, mentre tutte l3 altre formule di abbonamento saranno in vendita a partire dal 13 giugno, seguite poi il 3 luglio dagli abbonamenti riservati agli studenti universitari.

Premium in vendita dal 4 giugno 2024

Premium big, 10 spettacoli a scelta, di cui almeno 3 al Gobetti e 2 alle Fonderie.

In biglietteria 258 euro, online 240 euro

Premium Carignano 8 spettacoli a scelta al Carignano.

In biglietteria 120 euro, online 108 euro

Premium Gobetti 6 spettacoli a scelta al Gobetti.

In biglietteria 120 euro, online 108 euro

Premium Small 4 spettacoli a scelta

Riservato a chi già possiede un abbonamento Premium o a Posto Fisso. In vendita solo in biglietteria a 84 euro.

Posto fisso

L’abbonamento è connesso alla programmazione del Teatro Carignano e consente di assistere agli spettacoli dallo stesso posto e nello stesso giorno della settimana.

Dal 12 al 18 giugno 2024 coloro che erano abbonati a posto fisso nella stagione 2023/2024 potranno confermare la propria poltrona. Chi invece intende abbonarsi per la prima volta potrà venire in biglietteria a partire dal 19 giugno 2024.

Aperture straordinarie della biglietteria mercoledì 12 giugno 8.30-19, lunedì 17 giugno dalle 13 alle 19 e mercoledì 19 giugno dalle 8.30 alle 19.

Posto fisso a 8 spettacoli 216 euro.

Posto fisso a 6 spettacoli 171 euro.

Standard a scelta

Questi abbonamenti saranno in vendita dal 13 giugno 2024 senza assegnazione del posto.

Dal 26 giugno sarà possibile scegliere quali spettacoli inserire in abbonamento attraverso la nostra biglietteria online o prenotando telefonicamente il proprio turno allo sportello attraverso il call centro (800915576 dalle 8 alle 18), che sarà attivato giovedì 13 e venerdì 14 giugno 2024.

Apertura straordinaria della biglietteria mercoledì 26 giugno dalle 8.30 alle 19.

12 spettacoli a scelta ( di cui 1 produzione del Teatro Stabile)

In biglietteria 220 euro, online 200

Ridotto giovani ( nati dal 1999 in poi)

In biglietteria 150 euro, online 132 euro

7 spettacoli a scelta ( di cui una produzione del Teatro Stabile)

In biglietteria 160 euro, online 145 euro.

Ridotto ( Cral, Associazioni convenzionate, disabili / over 65/ insegnanti)

In biglietteria 143 euro, online 130 euro

Ridotto giovani ( nati dal 1999 in poi)

In biglietteria 102 euro, online 95 euro

Under 35 (8 spettacoli più una produzione del teatro Stabile)

In biglietteria 136 euro, online 126 euro

 

Mara Martellotta

Roberto Saviano: intervista all’autore di “Noi due ci apparteniamo”

A quasi vent’anni dalla pubblicazione di “Gomorra“, il libro che ha cambiato per sempre il corso della sua vita e ha consacrato la sua figura di autore internazionale, Roberto Saviano torna in libreria con “Noi due ci apparteniamo” edito da Fuori scena. Potente e affascinante, Saviano racconta nuovamente la realtà mafiosa con un reportage narrativo innervato di storie inedite e resoconti giudiziari. L’autore mette al centro della narrazione l’amore, il sesso e la passione e l’influenza che le stesse hanno sull’andamento e sui delicati equilibri delle organizzazioni criminali. Quella condotta da Saviano è un’analisi profondissima, delicata e del tutto inedita perché arricchita da episodi privati e, talvolta spiazzanti, della vita dei personaggi che animano queste pagine. Il testo studia anche il nuovo ruolo rivestito dalle donne e di come stiano sovvertendo le regole istituzionalmente costituite. Quello che colpisce è però l’umana e profondissima domanda che si pone l’autore riprendendo una questione che già il Macchiavelli aveva indagato ne “Il principe”: è meglio essere amati piuttosto che temuti, o se è meglio esser temuti piuttosto che amati.

Ne abbiamo parlato direttamente con l’ autore Roberto Saviano.

Riprendendo questa filosofica questione, già sondata dal Machiavelli, qual è risposta?

Come diceva l’autore, nell’animo umano vi è la spinta ad essere l’una e l’altra cosa, ma è difficile mettere insieme il timore e l’amore. Machiavelli arriva alla conclusione che tra le due risulta molto “più sicuri esser temuti piuttosto che amati”. Infatti timore desta la conseguente paura di essere puniti ed è persistente nel tempo. L’amore è in continua evoluzione ed è soggetto a mutamenti, quindi, un giorno potrebbe anche venire meno. Questo concetto è ben chiaro alle organizzazioni criminali ed è per questo Raffaele Cutolo diceva che “non si può ragionare con il cuore ma solo con la testa”.

Dal suo racconto sembra che non vi sia posto per un sentimento d’amore vero nelle organizzazioni criminali. Questo perché inevitabilmente amore e tragedia vanno di pari passo?

Non solo nel mondo criminale, ma nella vita in generale sono due concetti che viaggiano in parallelo. Nelle organizzazioni l’amore viene percepito come quel qualcosa che conferisce una certa libertà che, però, i clan non possono concederti. Inevitabilmente se ti innamori “sei fuori controllo”, sei soggetto al giudizio e anche al divieto dal fare o non fare determinate cose: se ami non puoi stare alle regole dettate da loro. Per tale ragione l’amore è l’atto più pericoloso, perché è il più incontrollato. Quando in queste situazioni si ama, probabilmente, ci si sta già condannando a morte.

Anche loro però “cercano dei momenti di pace” dove far ristorare la loro anima. Dalle sue indagini, dov’è emersa più chiaramente questa ricerca?

L’ho percepito anche vedendo il modo in cui scappano e cercano delle compagne che non c’entrano nulla con l’organizzazione. Lo fanno anche solo per parlare di tematiche che si differenzino da quelli a cui sono abituati a discutere a casa loro: è un’evasione dall’ orrore che vivono.

Quindi nella vita più ritirata, come descrive nel libro, cercano la pace e forse l’amore.

In quel momento trovano un conforto e abbassano le difese. Spesso proprio allora vengono arrestati: è l’unico attimo in cui non si segue una procedura o una gestione specifica, ma si vivono dei momenti spontanei. Anche loro hanno il desiderio di vedere la persona che amano ed escono dal controllo delle regole. Se una persona ti manca o vuoi a tutti i costi vederla è difficile che si possa assecondare la prudenza. Anzi l’imprudenza che porta alla persona amata diventa la cosa più importante e decidono di esporsi.

Discostandoci dalle tematiche del libro, nel corso della conferenza ha parlato anche di libertà di espressione e ha detto che “il corpo è il più importante grimaldello che abbiamo per la nostra libertà“. Secondo Lei è così nella società odierna?

Purtroppo no, perchè viviamo ancora in una società molto bigotta.

 Valeria Rombolà

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Melissa Panarello “Storia dei miei soldi” -Bompiani- euro 18,00

E’ stata una delle candidate al Premio Strega, Melissa Panariello, che aveva esordito a soli 17 anni con “Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire”, diventato subito un caso letterario e trasposto in un film di Luca Guadagnino nel 2005.

Ora è in lizza con questo nuovo romanzo che racconta come sia possibile definire una persona anche dal modo in cui gestisce il suo denaro.

Molto più che un semplice calcolo economico, perché a ben guardare dall’estratto conto si possono capire un’infinità di cose. Il modo in cui i soldi li guadagniamo, li gestiamo, sperperiamo o risparmiamo, cosa e come compriamo, sono tutti indicatori di come siamo fatti. Insomma: dimmi come spendi e ti dirò chi sei.

In queste pagine la Panarello racconta l’incontro di due donne i cui destini si erano in un certo senso incrociati anni prima, poi avevano preso direzioni divergenti.

Una è la scrittrice di successo Melissa, che si è costruita una carriera e una famiglia dopo l’esordio strepitoso all’epoca in cui era appena 17enne.

L’altra è l’attrice Clara, che aveva interpretato la protagonista nella trasposizione cinematografica del romanzo della prima.

Melissa (voce narrante) dopo anni incontra per caso e per la prima volta l’ex attrice Clara che, dopo l’inaspettato trionfo, la fama e il denaro, ora è precipitata nell’indigenza più nera.

Il romanzo parla di successo, autodistruzione, rapporto tra donne e denaro. E mette a confronto due personaggi che hanno toccato la vetta quando erano giovanissime e poi, laddove una ha saputo costruirsi una vita gratificante, l’altra, invece, ha finito per fidarsi di persone sbagliate, perdere tutto e precipitare nella miseria.

L’incontro del tutto casuale tra Melissa e Clara darà l’avvio a un insieme di sviluppi che animano il romanzo.

 

 

Elizabeth Day “Confessioni di un’amica” -Neri Pozza- euro 19,00

 

Quanto è salvifica e di cosa è fatta l’amicizia tra donne?

A sondare l’argomento ci prova la giornalista, scrittrice e guru inglese Elizabeth Day con questo libro il cui titolo originale in inglese è “Friendaholic”, che rende meglio l’idea di una vera e propria dipendenza dall’amicizia.

Tra riflessione e memoir l’autrice si chiede se la relazione tra amiche possa accostarsi a quelle romantiche, e se si, in che modo e quando. Indaga intervistando più donne diverse tra loro per età, formazione, esperienze, emozioni e modo di intendere ed affrontare la vita.

Tra le voci del libro, quella di un’artista 25enne che, alla morte della madre, quando lei aveva appena 15 anni, si è aggrappata alle amiche, diventate nucleo protettivo nei complessi anni della crescita e di fatto la sua famiglia.

Ma ci sono anche: una matura 68enne, una 35enne legata soprattutto a due migliori amiche, una studentessa di 10 anni e la sua intesa innanzitutto con il fratello e la sorella più un pool di amici e amiche.

Di testimonianza in testimonianza, le pagine ci riconfermano che l’amicizia, se costruita in un certo modo, spesso è un potente antidoto alla solitudine.

 

 

Carmen Mola “La sposa gitana” -Salani- euro 18,00

Carmen Mola è lo pseudonimo adottato dai tre scrittori e sceneggiatori che hanno scritto a 6 mani il precedente thriller di successo “La bestia” (ambientato a Madrid, oltre un milione di copie vendute e 600 mila euro vinti con il Premio Pianeta).

Sono il 54enne Antonio Mercero, il 61enne Jorge Díaz Cortéz e il 48enne Augustín Martínez. Sceneggiatori di serie tv di successo che un bel giorno hanno deciso di cimentarsi applicando lo stesso metodo di lavoro a un romanzo. Il nome di donna è stato scelto per focalizzare l’attenzione dei lettori sulla trama e non sul pool di autori.

Ora il collettivo mette in scena il ritrovamento del cadavere di una ragazza in abito da sposa, abbandonato come un manichino disarticolato in un parco periferico di Madrid. Il punto è che questo brutale omicidio è la fotocopia di uno analogo avvenuto 7 anni prima.

C’è di più, le due vittime erano sorelle, e sono state uccise allo stesso modo, alla vigilia del loro matrimonio.

Ora il colpevole del primo assassinio è in carcere da anni, allora chi lo sta emulando?

A indagare è l’ispettrice Elena Blanco, detective trasgressiva che fa parte della Bac, ovvero la Brigada de Analisis de Casos, squadra madrilena sguinzagliata per risolvere i casi più difficili ed intricati.

 

 

Jordan Harper “Tutti sanno” -Neri Pozza- euro 20,00

E’ un romanzo del tipo vecchia scuola “Hard boiled” con l’aggiunta di una lingua spedita e incisiva, derivante dall’esperienza di Harper come sceneggiatore e produttore televisivo che vive a Los Angeles.

Protagonista è Mae Pruett che di mestiere fa la protettrice dei vip losangelini carichi di soldi, perversioni e capacità sovrana di infilarsi dritti dentro ai guai. Scenario del libro è il famoso hotel Chateau Marmont, strettamente legato alla storia dei divi di Hollywood.

Val la pena ricordare che in quelle stanze hanno trovato la morte John Belushi stroncato da un overdose e Jim Morrison precipitato da un balcone. E sempre nel mitico hotel avevano soggiornato Polanski e la moglie Sharon Tate prima che la furia del satanico Charles Manson la straziasse, lei e il bimbo che portava in grembo.

Il lavoro di Mae non è di quelli facilissimi; deve tenere i vip al riparo dai media, ripulirne la reputazione, farli uscire indenni da situazioni off limits. A complicare la vita della ragazza c’è anche l’omicidio del suo capo, Dan Henningan, trovato morto nel famoso Sunset Boulevard.

Sullo sfondo campeggia una Los Angeles spietata, intrisa di corruzione, strapotere di personaggi potentissimi e dall’anima nera che fanno parte di una rete occulta. Come si destreggerà la protagonista tra bene e male?

Being Orlando in Iran

Nella cornice del public program della mostra Tradu/izioni d’Eurasia Reloaded, il MAO è orgoglioso di ospitare martedì 4 giugno 2024 alle ore 18 una lecture/performance degli artisti Shadi Harouni e Mohammad Salemy.

“Orlando” di Sally Potter, liberamente ispirato al romanzo di Virginia Woolf, racconta la storia di un aspirante poeta di origini nobili che, convocato dalla regina Elisabetta I sul suo letto di morte, riceve dalla sovrana l’ordine di non “svanire, appassire o invecchiare”. Orlando si ritrova – immortale – in viaggio dall’Inghilterra a Costantinopoli e agli Stati Uniti per cercare l’amore, fare arte e occupare un posto nel mondo. A un certo punto, si risveglia in un corpo di sesso opposto, rischiando così di perdere i diritti di proprietà, mentre assiste a molteplici eventi storici da posizioni molto diverse.
Orlando è un testimone che interagisce con il mondo, scrivendosi dentro e fuori la storia.
Questa oscillazione assomiglia all’esperienza che molti iraniani vivono, nel loro Paese o all’estero, spiazzati da grandi lacerazioni e trasformazioni regionali. I membri della diaspora, in continua crescita, sono testimoni dei principali eventi storici, che osservano da lontano e attraverso le narrazioni storiche del passato.

In questa lecture/performance, Shadi Harouni e Mohammad Salemyabbracceranno la posizione di testimoni della trasformazione storica delle strutture sociali iraniane. Combinando le narrazioni storiche con le conoscenze vernacolari e la mitopoiesi, intrecceranno storie alternative del loro Paese attraverso molteplici prospettive epistemiche.

Utilizzando la loro ricerca e la loro pratica artistica come linea del tempo, Harouni e Salemy evocheranno e contempleranno le storie emotive, formali, personali e collettive della speranza e della disperazione, così come si sviluppano all’interno di movimenti politici di massa, colpi di stato, guerre, rivoluzioni e altre rotture storiche.

La scultura di Shadi Harouni, MOSADEGH*, per la quale Mohammad Salemy ha scritto un testo pubblicato nel libretto della mostra Trad u/i zioni d’Eurasia, funge da punto di partenza per questa conversazione visiva tra i due.

*MOSADEGH
Reza Nik era un calzolaio di Hamedan. Pochi giorni dopo la Rivoluzione, cambiò il nome del suo piccolo negozio in Mosadeqh, il nome del primo ministro eletto dell’Iran, deposto da un colpo di Stato della CIA. Installò un’insegna al neon con il nome, quattro lettere collegate che in farsi si leggevano MSDQ. Dopo circa un mese, le nuove autorità gli ordinarono di cambiare il nome del negozio. Reza Nik fece togliere la prima lettera e ora il negozio si chiamava Sedqh, che significa verità. Dopo qualche anno, anche la luce della S si spense. Il suo nuovo nome era Deqh, che significa morte per crepacuore. Così è rimasto.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Incontro in lingua inglese.

 

 

 

Shadi Harouni (Hamedan, Iran, 1985) è un’artista visiva con sede a New York.  Il lavoro di Harouni è incentrato su storie di cancellazione e resistenza negate, soprattutto nelle tradizionali terre d’origine curde, e collega silenziosi atti personali di dissenso a movimenti di massa globali. La pratica di Harouni intreccia modalità e media – film e fotografia, scultura e interventi site-specific con testi e folklore.

Harouni è borsista Guggenheim 2024-25 per il settore Film-Video. È educatrice, docente e direttrice di Video e Fotografia presso il Dipartimento d’Arte Steinhardt della New York University.

Mohammad Salemy è un artista, critico e curatore indipendente canadese con sede a Berlino. Ha conseguito un BFA presso la Emily Carr University e un MA in Studi critici curatoriali presso la University of British Columbia. Ha esposto le sue opere in Home Works 7 di Ashkal Alwan (Beirut, 2015), Witte de With (Rotterdam, 2015) e Robot Love(Eindhoven, 2018). I suoi scritti sono stati pubblicati su e-flux, Flash Art, Third Rail, Brooklyn Rail, Ocula, Arts of the Working Class e Spike. L’esperimento curatoriale di Salemy For Machine Use Only è stato incluso nell’undicesima edizione della Biennale di Gwangju (2016). Insieme a un cast in continua evoluzione, forma il collettivo di artisti Alphabet Collection. Salemy è organizzatore presso il New Centre for Research & Practice. Dal 2014 è organizzatore e co-fondatore del New Centre e caporedattore del suo braccio editoriale, Triple Ampersand. È anche il curatore di For Machine Use Only: Contemplations on Algorithmic Epistemology (&&&, 2016) e Model is the Message: Incredible Machines Conference 2022 (&&&, 2023).

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Blonde Redhead e Gianluca Petrella

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. All’Hiroshima Mon Amour si inaugura la stagione del Sound Garden con il cantautore americano Micah P. Hinson.

Martedì. Allo Ziggy si esibiscono i Negative Approach. Al Milk suonano i Blonde Redhead.

Mercoledì. Al Blah Blah sono di scena i Total Chaos.

Giovedì. All’Off Topic si esibisce Ziùr. Cristina Donà insieme a Saverio Lanza presenta “Spiriti Guida” all’Hiroshima. Al Cafè Muller per il “TOM Fest” suonano i Metales del Terror. Al Blah Blah si esibiscono i Dirty Deep.

Venerdì. Al Planetario di Pino Torinese suona Gianluca Petrella. Alla Suoneria di Settimo tributo ai Suicide da parte di Lydia Lunch e Marc Hurtado. Al Blah Blah per “TOM Fest”si esibisce KillaBeatMaker e i Jukebox 74.

Sabato. Al Cafè Muller suonano gli Oratnitza. Al Margot di Carmagnola sono di scena i Call The Cops. Al Magazzino sul Po si esibisce Roberta Russo in arte Kyoto.

Domenica. Al Blah Blah Paolo Spaccamonti e Enrico Gabrielli accompagnano Antonio Rezza nel reading del suo romanzo “ il fattaccio”. Al Margot di Carmagnola suonano i Nebula.

Pier Luigi Fuggetta

I libri più commentati del mese

Ecco una piccola rassegna dei titoli più commentati dalla community de Un libro tira l’altro ovvero iL Passaparola Dei Libri nel mese di maggio:

I Giorni Di Vetro di Nicoletta Verna, molto dibattuto e apprezzato nel nostro gruppo, Redenta e Iris, due protagoniste che subito entrano nel cuore del lettore, le vediamo, si seggono a fianco a noi e non ci lasciano fino all’ultima frase; One Day, di David Nichols è tornato presente nelle discussioni grazie a una fortunata trasposizione televisiva e il suo autore è stato “riscoperto” e discusso anche nel nostro gruppo; Roberta Recchia è uno dei nomi più citati nelle nostre discussioni e Tutta La vita Che Resta un romanzo molto amato.

Incontri con gli autori

Questo mese abbiamo intervistato:

Marta Fanello è l’autrice di Modi Finiti  (Affiori, 2024) è il suo primo romanzo e racconta una storia di crescita, dagli inaspettati risvolti noir; Mirko Francesconi che torna con un romanzo autobiografico dal titolo  Quando Le Rondini Sfioravano La Strada (Tempo Al Libro, 2023)che  racconta una storia di crescita e rievoca l’Italia degli anni ’80 e ’90, tra ricordi e nostalgia; Vitaliano Fulciniti saggista che di recente si è cimentato con la narrativa, pubblicando Il Viaggio E La Mente (2024) una spy story dall’inconsueto taglio nostalgico.

 

Per questo mese è tutto. Vi invitiamo a seguire Il Passaparola dei libri sui nostri canali sociali e a venirci a trovare sul nostro sito ufficiale per rimanere sempre aggiornati sul mondo dei libri e della lettura! unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

SOMMARIO: La frociaggine – Matteotti – Lettere

La frociaggine
L’espressione certo non raffinata ne ‘ rispettosa usata da Papa Francesco ha suscitato l’indignazione di molti tra cui quella del raffinato teologo fuori le righe Mancuso. Nel linguaggio popolare “froci” rappresenta il popolo gay da tempo immemorabile. Il punto non è il sostantivo, ma se sia inopportuno o meno che i  seminari già in crisi di vocazioni siano pieni zeppi di gay. Qual è l’insegnamento del magistero – dimenticato da tempo – e la realtà dei fatti ? Può essere un fatto marginale per un futuro sacerdote l’omosessualità? Bisognerebbe uscire dalle frasi di circostanza del politicamente corretto e vedere senza le deformazioni del politicamente corretto la realtà. Senza la rozzezza da caserma  del generale in cerca di voti, ma anche senza aver compreso davvero cosa sia un seminario per futuri sacerdoti cattolici  a cui è fatto obbligo il celibato, oggi considerato sempre più di  un ‘ipotesi di vita lontana dai nostri tempi libertini senza regole? La Chiesa ha conosciuto secoli bui da cui Concili e riforme hanno cercato di riscattare la navicella di Pietro governata dallo Spirito Santo. Oggi ridurre la fede all’ essenziale, guardando alla pace e alla guerra e all’ odiata ricchezza  è  sufficiente? Il sesso come elemento indifferente e  marginale e ‘ cosa non facile da accettare. Tutto è permesso a tutti porta lontano dalla Chiesa e dalla sua storia .
Invece di Mancuso vorrei sentire cosa ne pensava un pastore di vocazioni come don Bosco . La chiesa divorata da questo nuovo modernismo di costumi più che di idee,  lascia perplessi . Vorrei sapere cosa ne penserebbe il grande prete spretato don Ernesto Buonaiuti. Con il pifferaio  Mancuso siamo finiti nella “palude” protestante con che le chiese sempre più deserte. Essere laici cioè tolleranti è tutt’altra cosa. Una fede senza certezze è  un non senso.
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Matteotti
L’anniversario del rapimento di Giacomo Matteotti ha fatto compiere il miracolo: la presidente del Consiglio ha parlato di squadracce fasciste, anche se in effetti i sicari di Matteotti erano qualcosa di più di semplici squadristi; adesso la Meloni ha compiuto il gran passo, esprimendosi su un episodio- simbolo della storia del fascismo che proprio con l’ omicidio Matteotti diventò regime. Ha sgomberato il campo in una sede istituzionale come la Camera dove il discorso di Matteotti costò la vita al deputato socialista rapito il 10 giugno 1924. E dovrà coerentemente trarne le conseguenze in tutte le sedi storiche, condannando il fascismo, senza salvarne una parte buona rispetto a quella cattiva. Meloni non si è spinta a dichiarare il fascismo come “male assoluto” al pari di Fini  anche perché gli assoluti nella storia non esistono.  Rimarrà una nostalgia di fondo  da sfoderare solo in casa? Gli anniversari del regime cadranno a ripetizione nei prossimi decenni. Forse sarebbe ora che anche un più ampio riconoscimento di cosa fu il comunismo, anche quello italiano, sarebbe sarebbe opportuno che fosse evidenziato da chi continua ad esaltarlo. Anzi, forse basterebbe da parte di  tutti del pieno riconoscimento della democrazia sancita dalla Costituzione che seppe guardare non al passato che divide, ma al futuro che dovrebbe unire. Ma il cammino della storia dei popoli è un cammino spesso tormentato ed imperscrutabile e non bisogna mai dare nulla per scontato. La pianticella della libertà è sempre fragile e le tempeste economiche e le guerre possono farla  appassire e crollare in modo non prevedibile. E’ per questo che bisogna sempre vigilare contro i  nuovi pericoli in agguato. La storia non si ripete, ma può manifestarsi in nuove forme sempre più insidiose di malattia.
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LETTERE  scrivere a quaglieni@gmail.com
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Movida elettorale
Nei bar e nei locali del centro e della periferia sono esposte  in grande evidenza locandine di un candidato progressista di “Stati Uniti d’Europa “che propone di rilanciare la movida a Torino. Cosa ne pensa?     Giusy Ambro  San Salvario
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La fantasia dei candidati è smisurata. C’è’ da stupirsi che la candidata presidente Pentenero si faccia sostenere da candidati che vedono nella movida il futuro del Piemonte. Pentenero fino a pochi giorni fa era assessore alla Polizia urbana che stenta a controllare un fenomeno che non porta migliorie, ma chiasso e rumori fastidiosi fino alle ore piccole, creando disturbi al sonno e alla quiete dei cittadini.