CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 79

La rassegna dei libri più commentati del mese

I libri più amati dalla community de Il Passaparola dei Libri nel mese di settembre 2024: impossibile non discutere di Alma, il romanzo di Federica Manzon (Feltrinelli, 2024) recente vincitrice del Premio Campiello.

Altro testo discusso Non Si Uccide Il Primo Che Passa, di Christian Frascella, che conferma come l’interesse intorno al “giallo italiano” sia sempre alto.

Infine si dimostra sempre in grado di appassionare Paolo di Paolo con il suo Romanzo Senza Umani (Feltrinelli, 2024) un viaggio nel tempo della memoria personale e nel tempo storico di grande impatto emotivo.

 

Incontri con gli autori

 

Questo mese abbiamo incontrato Elena Magnani autrice di Mare Avvelenato (Giunti, 2024) una saga familiare ambientata a Messina all’inizio del secolo scorso.

Edorado Orlandi e Eugenio Nocciolini ripropongono in versione romanzata la triste epopea del Mostro di Firenze nel loro libro Nessuno (Giunti). Li abbiamo intervistati.

Abbiamo incontrato Valentina Santini, l’autrice di Mosche (Voland, 2024), la storia di un antieroe dei nostri giorni.

 

 

 

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che se volete partecipare ai nostri confronti, potete venire a trovarci su FB e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

 

In libreria “Gengis Khan – Un’apoteosi drammatica” di Marco Isidori

L’autore è capocomico della nota compagnia teatrale torinese Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa

 

Marco Isidori, capocomico della compagnia teatrale Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa, è uscito in libreria con il suo nuovo lavoro poetico-teatrale dal titolo “Gengis Khan – Un’apoteosi drammatica”, edito da Algra Editore. Si tratta di un testo che evidenzia intensamente la cifra stilistica dei Marcido, un mondo in cui il teatro viene messo al servizio della poesia, o viceversa. L’arte che i Marcido rappresentano, attraverso la primaria funzione della voce e della musicalità ritmata nel suo utilizzo, entra in armonia con l’estro delle drammaturgie di Marco Isidori, anche quando riprese e riadattate da testi classici. Il suono e le vocalità portate in scena dalla compagnia rimandano agli aspetti originari della poesia, sulla cui onda è possibile incontrare il mistero (sempre rivolto al lettore e allo spettatore attento) del concetto universale.

Il Gengis Khan di Isidori non dismette questa dinamica Marcido, semmai la rafforza. Leggendo il testo emerge proprio il mistero di un personaggio storico famosissimo, quel sovrano e condottiero Mongolo che con ferocia si definiva “la punizione di Dio. Il castigatore di ogni peccato”, ma considerato parimenti uno statista saggio e illuminato, che favorì la tolleranza religiosa, unificò tribù e decretò l’adozione della scrittura uigura come sistema di scrittura dell’Impero, tanto che i Mongoli attuali lo considerano il padre fondatore della Mongolia. Un’interpretazione che sento di poter conferire al testo è puramente sociale: GengisKhan è una figura che ben rappresenta, nei suoi aspetti deteriori, violenti, invasivi, culturali, giocosamente inquietanti e poetici, il mondo che stiamo vivendo. Da una parte il violento condottiero castigatore, dall’altra quella forza unificante che oggi è un’utopia, ma l’intensità artistica e l’evocazione poetica servono proprio a “creare mondo”, a generare ciò che ancora non trova spazio nella realtà. Attraverso il canto, come ci racconta Bruce Chatwin ne “Le Vie dei Canti”, gli aborigeni australiani diedero forma al loro mondo. Tutti i personaggi del Gengis Khan di Marco Isidori si muovono come all’interno di un gioco, in una sorta di apoteosi da saltimbanchi  in cui la poesia, la visione teatrale e il teatro stesso prendono forma. Marco Isidori, come riportato nella sua biografia, vive quello scontro, mai risolto, mai evitato, tra la parola poetica e la voce cantante.

 

Gian Giacomo Della Porta

Una mostra “da favola” al torinese “MIIT, ultimi giorni

Museo Internazionale Italia Arte”: nuovo appuntamento con la Collettiva “Fabbricatori di Favole”

Fino a domenica 6 ottobre

Ne sono pienamente convinto. Non c’è artista (più o meno esperto del mestiere, più o meno portato a trasgredire le “voci” del reale) che non sia anche, consciamente o inconsciamente, “fabbricatore di favole”. Dietro l’immagine, c’è sempre un “narrato”, un’“autoconfessione”, un “sogno”, un realmente “vissuto” o … una “favola”. E, come me, mi pare la pensi anche Elio Rabbione, curatore del secondo atto (dopo quello tenutosi fra  aprile e maggio scorsi) della Collettiva “Fabbricatori di Favole” ospitata negli spazi del “MIIT” di corso Cairoli, a Torino, e che raccoglie, fino a domenica 6 ottobre, una buona sessantina di opere a firma di ventisei artisti (24 pittori e due scultori) appartenenti alla carmagnolese “Associazione Palazzo Lomellini”, artisti oggi in temporaneo “esilio” a seguito dei doverosi lavori di restauro in corso sulla storica struttura (da tempo museale), di Carmagnola. Scrive infatti Rabbione in catalogo: “Ogni opera ha in sé un’idea che nasce in quanto favola che s’impone ai sensi, costruzione, colore e forma, ampia trasmissione a chi saprà guardare con attenzione”. Cosa non facile, perché la “favola” sfugge spesso di mano o, addirittura, passa inosservata per far posto all’interpretazione e al giudizio preminente su forme e colori.

Non è cosa semplice produrre o intercettare “favole”, che sono, come sosteneva il grande Rodari (uno che dell’argomento ben se ne intendeva) “come dare la mano al cieco, cantare per il sordo/liberare gli schiavi/che si credono liberi”. Ora, al Museo di corso Cairoli, diretto da Guido Folco, ne troviamo esposta un’ampia e davvero interessante campionatura. Fitta la schiera degli artisti “affabulatori” coinvolti, è di certo impossibile fare di tutti doverosa menzione. Un posto di riguardo lo merita sicuramente quella lignea “Offerta di pace” di Pippo Leocata in cui un’appesantita (dalle “brutture” umane) figura femminile, allarga le braccia a un mondo in cui l’artista riflette forme di remota memoria, offrendo quanto oggi, sempre più, appare impossibile: la “Pace”. Un sogno, un’utopica speranza … una “favola”, appunto. Così come riflesso di “impossibili” congetture è quella sua riproduzione in “specchio” della “Nike di Samotracia” racchiusa nel ligneo “Tempio di Minerva”, affinché non possa spiccare il volo come “Vittoria sui mali del mondo”. Poiché “vittoria” presuppone “guerra”. L’ineluttabile, come oggi racconta la Storia. A fianco le robuste, in legno di faggio, “favole nere” di Similar (Ilario Simonetta) e gli oli inquietanti di Christian Sorrentino, accompagnati da quel sorreggersi di “antiche” mani dalla forza michelangiolesca di “Vita”, opera mirabile di Franco Fasano.

In geometrici essenziali giochi di astrazione si muovono “La leggenda del mare viola” di Gianna Dalla Pia Casa e le fiabesche “Metropoli” di Paolo Pirrone, così come le tecniche miste su juta di Valeria Tomasi ispirate ai versi sul “sentire” di Alda Merini o alle tavole “intrigo tra realtà e sogno” di Angelica Bottari, mentre il materano Giuseppe Manolio racconta di una curiosa “Penelope” racchiusa in una sorta di informal-futurista puzzle dai colori vividi e accesi sgomitanti l’un con l’altro, quasi a farsi consono spazio.

In visionarie atmosfere surreali che paiono ripercorrere, nel decorativo, suggestivi sentieri rinascimentali vivono invece i “Personaggi improbabili” del biellese Fabio Cappelli, attori così lontani dai “volti” che sono invece realtà perduta e ritrovata  in un “onirico” che magnificamente attrae Maria Teresa Spinnler, la quale confessa di sognare, per l’appunto, “la vita racchiusa in tante favole”. Folto il gruppo dei “figurativi”, nelle cui opere leggiamo voci di dolci o amare memorie: da Graziella Alessiato a Maria Rosa Gaude, a Teresio Pirra e ad Eleonora Tranfo, fino a “L’abbraccio” di Anna Maria Palumbo,  ai “Fiori rossi” di Danilo Baruffaldi e alla “favola pura” delle deliziose “Marionette” di Giorgio Cestari,  o ai lirici scorci paesistici di Dario Cornero e alle visionarie “Staticità notturne” di Cristina De Maria accompagnate ai “siparietti” grafici in cui la magia del fantastico travolge il reale, opere della pittrice-illustratrice Silvia Finetti, di Alessandro Fioraso e di Teresa Noto. Alquanto complessi, infine, i concettuali “Universi esistenziali” e le “Costellazioni di Orione”, così come la “Libertà di pensiero”, opere rispettivamente di Giorgia Madonno, di Marina Monzeglio e di Valentina Rossi. Una mostra … “da favola”. Lo confermo!

Gianni Milani

“Fabbricatori di Favole due

“MIIT-Museo Internazionale Italia Arte”, corso Cairoli 4, Torino; tel. 011/8129776 o www.museomiit.it

Fino al 6 ottobre

Orari: mart. – ven. 15,30/19,30; sab. 10/12,30 e 15,30/19,30; dom. 10/12,30

Nelle foto: Pippo Leocata “Offerta di pace” (legni pallet, argilla e acrilici, 2024) e “La vittoria sui mali del mondo” (legni pallet, acrilici e specchio, 2024); Franco Fasano “Vita”, olio su tela, 2021; Fabio Cappelli “Personaggio improbabile – 1”, tempera su carta; Maria Teresa Spinnler “Sogno la vita racchiusa in tante favole”, tecnica mista, 2024

TRIP – La mostra collettiva che unisce arte contemporanea, design e musica

È curata da Lucrezia Nardi, si svolgerà a Torino il 12 e il 13 di ottobre e ospiterà 23 artisti in 13 location della città

La mostra collettiva TRIP è concepita come un evento sincronico e multidisciplinare che fonde arte contemporanea, design, musica, esperienze didattiche e visite in location uniche, aperte eccezionalmente al pubblico di Barriera Design District (BDD), e che ospiteranno una serie di iniziative curate da Lucrezia Nardi, docente presso lo IAAD di Torino e curatrice indipendente molto stimata. L’idea è quella di un viaggio, sia in termini di location che costituiscono la mappatura del distretto, sia in termini di pratiche, storie, narrazioni e fenomeni che si contaminano e si attivano con la fruizione del pubblico. Talk, mostre, studi aperti, workshop, mostre personali di artisti cittadini ospiti presso le realtà di BDD, performance, videoproiezioni e una suggestiva sound experience finale costituiranno la cornice per inaugurare la prima stagione culturale di BDD. Realtà che, come una costellazione, si illuminano aprendo le loro porte per presentarci le loro attività e ospitando eventi curati per rappresentare l’idea che ci costituisce: un luogo di incontri, dialogo e cooperazione tra persone e discipline. Frammenti che compongono un’opera complessiva, così come le diverse realtà che costituiscono BDD.

Il percorso è quello di una vera e propria scoperta, uscendo ed entrando da location che accolgono, dialogano e si modulano con gli interventi artistici che ospitano. Tre macro aree di interesse costituiscono TRIP: via Cervino, con quattro location, gli spazi di Edit, suddivisi in tre piani esperienziali, e parte dei Docks Dora. L’Enoteca Prunotto, in corso Vercelli 70, ospiterà una mostra fotografica di Alberto Chimenti, oltre che essere un punto di ristoro convenzionato con l’evento.

 

Iniziando il tour visitando le installazioni presso Concreto, location unica che ospita uno spazio di coworking, la suggestiva Casa Armonia e Velvet Studio, si potrà non solo visitare gli spazi modulari, chiari, onesti e brutali disegnati dal fondatore Gianluca Bocchetta, ma anche accreditarsi e ritirare la tessera necessaria per visitare tutte le altre location. Velvet Studio è luogo di approcci esperienziali, ergonomici, di raffinato design – e le installazioni che racchiude seguono un filo logico simile, di contatto e allo stesso tempo di contrasto. Entrando nelle scale del building un’opera sonora di Francesca Bruna crea un primo impatto emotivo e sintetico, metallico, che fa eco al brutalismodell’architettura che la contiene. Entrando nello spazio di Velvet si potrà visitare lo studio di architettura, interior e product design, per poi salire nella cucina ed accedere al terrazzo, in cui le sculture di Alina Kleytman si fondono con le piante e le strutture del rooftop. Sabato sera, dalle 18.00 alle 21.00 una performance firmata Bruna & Sabina Kaufman (vestita con abiti disegnati da Davide Racca, che espone ai Docks) creerà un ulteriore layer: sonorizzazioni techno, industriali e ambientali di manipolazioni acustiche e vocali inserite tra i tetti del distretto e tra le sculture della Kleytman.

Nella medesima via, poco più in là, nella giornata di sabato il BansOne Tattoo Studio (via Cervino 13) si convertirà in spazio per la fruizione di una collettiva composta da EricaGariboldi, artista milanese che ci porterà nel mondo oscuro della techno culture e dei rituali collettivi con una video installazione, accanto a Corn79, storico graffiti artist torinese con materiali corrosi e consumati dalle sue manipolazioni pittoriche, e Fabio Zanino, con una delle sue “Decostruzioni” che giocano con il senso di ipotesi dato dallo smembramento e dalla ricollocazione di materiali e simboli.
Nella giornata di domenica, invece, Magazzini Tessili, lì accanto, sarà protagonista di un live tra rito e meditazione sonora a cura di Carlotta Scotti e Michele Poli, in arte Slow Times. Magazzini Tessili è un laboratorio creativo di rifodero, tappezzeria, cuscini che propone corsi di cucito, uncinetto, tappezzeria e tendaggi: perfetto il match con le sonorizzazioni morbide e potenti del duo che, tra vocalizzi e sintetizzatori, porta in scena un rituale collettivo di viaggio emotivo e ricollocazione cosmologica del sé.
Poco più in là, la storica vineria Prunotto, in cui le fotografie graffianti e raffinate, di perfezione stilistica e ironia plastica di Alberto Chimenti fanno capolino tra le scaffalature dello spazio, in pieno stile di un business locale che non passerà mai di moda per la sua anima che è quella dei quartieri rionali italiani. Un inno alle bevute condivise e alle auto sportive che si incontrano in corso Vercelli 70.

Sempre in via Cervino, questa volta verso i Docks Dora, Laboratorio Ventre (via Cervino 60) apre le sue porte per uno studio visit dei due proprietari: Fabio Zanino e Diego Pomarico, che oltre a mostrarci il loro lavoro nell’intimità del luogo in cui nasce e si capillarizza, propongono un workshop (che non ha prezzo maggiorato rispetto alla tessera associativa, ma consente un massimo di sei partecipanti) che fonde le loro visioni artistiche. La pittura colorata e onirica, surreale e sognante di sovrapposizioni di Pomarico, che si fa interprete del processo di Decostruzione di Zanino: un’immagine viene disegnata per essere poi divisa in frammenti e ricomposta. Un talismano-amuleto che ci invita a pensare a come i messaggi in codice siano aperti a una infinità di letture. Così come i desideri, i ricordi e le modalità di comprensione del mondo.

Diego Pomarico sarà anche ospite nella prima location che incontreremo entrando nei Docks Dora, sulla sinistra, Due Linee Architettura. Uno spazio al primo piano, luminoso e caratteristico, che diventa incubatrice delle opere di Mauro Baio, in collaborazione con Noire Gallery. Il pittore torinese propone delle bucoliche e grafiche vedute di spazi sportivi a cui è stata sottratta la figurazione umana: candide, pastellate e seducenti.
Di fronte a Due Linee Architettura, lo studio dell’artista di Las Palmas Octavio Floreal ospiterà, alle ore 11.00 di sabato e domenica, una colazione d’artista con un talk in collaborazione con Lucrezia Nardi: una conversazione sulla sua pratica trentennale, oltre che sul senso della fenomenologia artistica nel contemporaneo. Un’occasione per vedere, nel suo atelier, una selezione di opere curate come mostra personale.
Sempre ai Docks Dora, lo studio del fotografo Diego Dominici e del pittore Angelo Barile apriranno le loro porte per condurci nel luogo della creazione artistica e nella magia del processo: dove le opere nascono, prendono forma e si affacciano sul mondo. Un’occasione unica per poter, come voyeur ed osservatori, percepire lo studio dell’artista e farne esperienza diretta.
Il Cerchio e le Gocce, spazio espositivo legato all’associazione culturale che promuove forme radicali underground, street art e graffiti-writing, è palcoscenico di una mostra personale di Edoardo Bansone, artista che fonde le pratiche del tatuaggio, della street art e della pittura in chiave astratta. La sua pratica artistica combina linee pulite e geometriche tipiche della grafica e del design avanguardistico con un’espressione post-graffiti di astrazione, in cui colori vivaci collaborano con linee nere audaci. Le immagini celano scritte, trasformandosi in forme di pattern astratti taglienti e sinuose allo stesso tempo, ricontestualizzando, in questa occasione, la sua pratica da una superficie bidimensionale a una tridimensionale.

Cingomma Factory, laboratorio di artigiani che utilizzano pneumatici e camere d’aria di biciclette per creare accessori di design e moda, ospita la bipersonale di Davide Racca e Lux Aeterna. I due artisti si muovono tra i bancali da lavoro e le scaffalature, tra le gomme e i processi di suturazione, proprio come le poetiche dei due artisti. Davide Racca, giovane designer, esplora il dialogo tra arte e design, concentrandosi sulla formazione identitaria e sull’impatto delle sovrastrutture sociali odierne. Lux Aeterna ci propone una pratica di ricollocazione, deformazione e sedimentazione: materiali corrosi, alchemicamentetrasformati e trasformativi.

Anche Elisabetta Riccio, fotografa torinese, apre il suo studio al fondo dello spazio Docks Dora con una mostra personale curata, aperta nelle due giornate. Una narrazione di storie personali, di luoghi, di resilienza, di memoria in un viaggio tra visioni e narrazioni, esperimenti di ferrotipia, manipolazioni polaroid e doppia esposizione. Immagini che sublimano l’essenza, come archeologie visive, messaggi nascosti e senso di familiarità con luoghi lontani.

L’ultima location è Edit, aperto sabato e domenica dalle 17.00. Qui, distribuite su tre piani, saranno ospitate tre installazioni di videoarte, alcune fotografie e sculture. Chiara Vivalda e John Bringwolves al piano terreno, Tommaso Montaldo al primo piano e Matteo Melotto al loft.
Il progetto audio-video a tre canali ospitato nella Brewery di Edit è una suggestiva sinergia tra Vivalda e Bringwolves: immagini che scorrono, si sovrappongono e si intrecciano, immerse in un tessuto sonoro e testuale. Il bianco e nero asciutto e malinconico di Chiara Vivalda trova espressione nei suoni poetici di John Bringwolves. Un frame dopo l’altro, un’immagine statica seguita da una in movimento: tutto in S0M3WH3R3 B3TW33N TH3 P4551NG 0F T1M3pulsa con la vitalità del fluire dell’esistenza, riflettendosi perfettamente nel video a tre canali.
Al piano superiore, Tommaso Montaldo proietta Dance Confession. Uno spazio buio, in cui le immagini appaiono, calde e vibranti, una alla volta. Così come le persone che le popolano. Voyeuristico, il nostro sguardo vaga tra una stanza e l’altra, comprendendo che è sempre la stessa – così come la musica: sia quella che percepiamo noi spettatori che quella che Tommaso Montaldo ha fatto ascoltare a tutti i partecipanti all’esperimento. Chiedere alle persone di comportarsi liberamente in relazione allo spazio e alla musica, ipoteticamente soli se non per l’occhio della telecamera che li stava immortalando. La scelta è quella di vivere, simultaneamente, un’esperienza simile: dentro un ristorante, entrare in una sala privata e fruire dei sette minuti della proiezione video in loop, psichedelici, sognanti, ritualistici e sciamanici.
Infine, lo spettacolare Edit Loft 12 ospiterà una digressione sul sogno firmata Matteo Melotto: gli schermi delle stanze da letto e quello del salotto open-space saranno colonizzati e infettati dalle immagini del suo nuovo progetto TANTALUS, una performance-for-camera girata presso Associazione Barriera a Torino. L’installazione, ossessiva e nevralgica, è sincronica ma differenziata per una lieve scadenza temporale diversa su ogni schermo: a metà tra grottesco e onirico, è una riflessione che nasce dal confronto tra due pratiche lontane nel tempo ma legate dal concetto di rilassamento e benessere fisico – la coppettazione egiziana e l’asmr.

Le due serate si concluderanno con un DJ set a cura di ToRadio, sabato ore 21.00-23.00, e con il live del duo milanese The Robinson, domenica ore 19.00-22.00, presso il Rooftop di Concreto. Durante le serate sarà possibile degustare le birre di Edit, in collaborazione con BDD.

BARRIERA DESIGN DISTRICT
Barriera è una periferia mentale”. Partendo da questa considerazione l’associazione Barriera Design District APS nasce per dare nuova luce al quartiere torinese, puntando su Design, Arte e Cultura, lavorando sul territorio al fianco di imprese, pubbliche amministrazioni e comunità, per ridefinire il posizionamento dei luoghi a partire dalle idee di chi li abita e di chi li abiterà.

 

Per partecipare a TRIP e a tutti gli eventi del 2024, è necessario associarsi a Barriera Design District APS. Con un contributo di 10 euro ricevi la tessera “member of BDD”.

Registrazione e ritiro della tessera associativa dal 12 al 13 ottobre, dalle ore 10.30 alle 19.00. C/O CONCRETO, Via Cervino 24.

Gian Giacomo Della Porta

La Maschera di Ferro tra storia e leggenda

Torna, a Pinerolo, la rievocazione di un mistero storico (o leggendario?) ancora oggi irrisolto e, anche quest’anno, non mancherà il classico gioco del “Chi è?”

Sabato 5 e domenica 6 ottobre

Sarà ancora un weekend di storica “suspense”a Pinerolo per la XXI edizione de “La Maschera di Ferro”, rievocazione in programma sabato 5 e domenica 6 ottobre, sotto l’organizzazione dell’Associazione Storico-Culturale “La Maschera di Ferro Aps” e con il patrocinio e il contributo degli “Enti Locali”. La rievocazione di uno dei più celebri enigmi storici, ancora oggi avvolti nel più fitto mistero, ha cadenza biennale e ruota attorno al famoso “prigioniero senza volto”che, durante il regno di Luigi XIV di Francia, “Le Roi Soleil”, fu portato in catene in Italia (dall’isola di Santa Margherita, di fronte a Cannes, sotto la custodia di un ex moschettiere, Benigne de Saint-Mars) per essere incarcerato al Forte di Exilles, in Valle Susa, e poi nella cittadella di Pinerolo (24 agosto 1669) dove rimase fino all’ottobre del 1681. Nel 1698, quando Saint-Mars fu nominato Governatore della “Bastiglia”, si racconta del suo ritorno in Francia attraverso le memorie di un ufficiale della celebre prigione parigina che affermava di aver visto arrivare il suo nuovo superiore accompagnato da un detenuto “che il governatore tiene sempre mascherato e il cui nome non pronuncia”. Chi era dunque questo misterioso prigioniero, passato alla storia come “La maschera di ferro?”. Leggenda narra che fosse così importante che Luigi XIV non ebbe il coraggio di farlo decapitare, ma reo di una colpa così grave da costringerlo a nascondere il suo volto, per l’appunto, in una “maschera di ferro”. Dopo varie peripezie, solo la sua morte, avvenuta alla “Bastiglia” il 19 novembre del 1703, mise a tacere per allora voci e congetture. Se non che, alcuni anni dopo il decesso, si scatenò nuovamente una vera caccia all’identità dell’uomo. Che coinvolse anche importanti studiosi e letterati. “Sarà il gemello del re”, avanzò Alexandre Dumas ne “Il visconte di Bragelonne”, opera cui si sono ispirati in seguito anche numerosi film. “Un mistero vivente, ombra, enigma” affermò Victor Hugo. Per Voltaire invece fu “un prigioniero sconosciuto, dalla taglia al di sopra dell’ordinario, giovane e dalla figura la più bella e la più nobile. Portava una maschera con delle strisce d’acciaio. I carcerieri avevano l’ordine di ucciderlo se l’avesse tolta”.

Orbene, nel prossimo weekend, in quel di Pinerolo, torneremo a rivivere, anche con curiosità e un pizzico di fantasia, questo super misterioso “cold case” lasciatoci in eredità dalla Storia di oltre tre secoli fa. E lo si farà affiancando alla “rievocazione” anche un “gioco” che è ormai peculiarità di ogni edizione, laddove si è ben pensato di far indossare a un “personaggio celebre” i panni del prigioniero. A voi scoprirlo, attraverso tre indizi dati dagli organizzatori. Primo: “Si tratta di un personaggio conosciuto a livello europeo”. Secondo: “La città di Pinerolo lo trova sovente ‘appassionato promotore’”. Terzo: “La sua passione è la bicicletta”. Attraverso queste tracce chiunque può partecipare al gioco online “Indovina chi?”. Basta iscriversi e indicare il nome di chi si pensa possa essere il personaggio misterioso.

Nel 2022 la “Maschera di Ferro” fu interpretata da Arturo Brachetti, che così aggiunse un nuovo personaggio alla sua collezione, nel 2018 dal campione di ciclismo del passato Francesco Moser, nel 2016 dall’attore Ettore Bassi e nel 2014 da Fabio Troiano. L’albo è disponibile online su https://mascheradiferro.net/albo-doro/ . La personalità celata dietro alla maschera anche quest’anno verrà svelata solo dopo la conclusione della rappresentazione.

Non sarà però questo l’unico gioco legato alla rievocazione. Infatti anche quest’anno si proporrà “Scatta La maschera – Secondo Trofeo Iose Busa” (nona edizione) che darà la possibilità a fotografi dilettanti di cimentarsi nel ritrarre personaggi e simboli durante le giornate della manifestazione. Regolamento e modulo iscrizione sul sito www.mascheradiferro.net.

Il programma in breve: il via sabato 5 ottobre,alle 16, con il “Bando” e i “Tamburini di Pignerol” per le strade e le spianate del centro storico.  Alle 16,30, esibizioni sportive, con Musici e “Sbandieratori Borgo Tanaro” del “Palio d’Asti”. Dalle 21 alle 23,30: “La misteriosa notte del ‘600”. Fra i momenti clou, i moschettieri che scortano il misterioso prigioniero e lo rinchiudono in carcere (previsto anche il cambio della guardia), in una serata davvero vivace con tutto il centro storico animato tra esibizioni, danze, gruppi storici, figuranti e la rievocazione del “Bordello” del ‘600.

Domenica 6 ottobre, la messa in cattedrale e poi, dalle 15, partenza dei cortei che coinvolgono centinaia di figuranti. L’arrivo di tutti i gruppi sarà in piazza Vittorio: qui arriva anche la “Maschera di Ferro” e alle 18,30verrà svelata l’identità.
A corredo non mancheranno taverne e punti ristoro in via Trento (per l’occasione rinominata “Rue Crème Chantilly”).

Per info e il programma dettagliato: www.mascheradiferro.net

g.m.

Nelle foto: immagini di repertorio e Arturo Brachetti per un anno “Maschera di Ferro”

“L’Artista come saltimbanco”. Nespolo alla galleria Malinpensa by La Telaccia

La  mostra personale  dal 3 ottobre 

Inaugura giovedi 3 ottobre, alle 18.30, presso la galleria d’arte Malinpensa by La Telaccia, alla presenza dell’artista, la personale dal titolo “L’artista come saltimbanco”, che la direttrice artistica Monia Malinpensa dedica al celebre Ugo Nespolo, artista di fama internazionale, dall’originale elaborazione e dall’intenso studio compositivo cromatico. Si esprime in una ricerca altamente ricca di simbolismo e profondità d’animo dove il desiderio di comunicare è per lui di primaria importanza. Egli realizza con rigoroso equilibrio opere che rappresentano il nostro tempo, il nostro immaginario e il nostro sentimento, facendolo sempre con una compiuta maturità artistica e una chiara sintesi figurale. “L’arte – per Ugo Nespolo – è vita e la vita per lui è arte”. È questo quello che si respira e si vive osservando le sue creazioni ed è anche la prerogativa essenziale e fondamentale del suo iter artistico.

La personale tecnica degli acrilici su legno, in cui lo stile è evidente, trasmette un linguaggio unico ed un’inventiva inarrestabile che porta l’artista a dei risultati immediati sia di lettura che di emozioni. La sua personalità forte e dirompente, e soprattutto inimitabile, da cui ne scaturisce ogni opera, ci regala effetti scenici, icone e metafore sorprendenti per una visione altamente espressiva ricca di sensibilità ed autonomia interpretativa. Nespolo conferisce al suo percorso i veri valori dal fare Arte: capacità di osservazione, studio impegnato nella ricerca e nella creazione, ricchezza di sintesi ed intensità emotiva. Attraverso un suggestivo istinto coloristico, una maestria esecutiva ed una spiccata originalità, i suoi “Puzzle ”, opere simboliche di intensa liricità, si inseriscono brillantemente in una molteplicità di sensazioni piacevoli; ed ecco allora che l’opera diventa un’allegoria vitale per lo spirito. Varie forme di legno sagomate, dipinte e poi incastrate una nell’altra si relazionano in un gioco cromatico divertente e sapientemente dosato.

 

L’intersecarsi di scene che si muovono all’interno dell’opera stessa, in tutte le loro meravigliose sfaccettature, ci raccontano una pittura che vive tra realtà ed irrealtà con un energia non comune e con un modulo interpretativo inconfondibile. Sono opere che, in un preciso impianto formale, si dedicano ad immagini intrise di ironia, di informazione, di protesta, di sogni e di vissuto, conducendo lo spettatore in una dimensione di assoluta estasi che è impossibile fermare, una dimensione in cui tutti possiamo riconoscerci. L’opera di Nespolo è dialogo continuo, è comunicazione, ma ancor prima rappresenta uno stato d’animo. La mostra rimarrà aperta fino al 26 ottobre prossimo.

Ugo Nespolo nasce a Mosso (BI), si diploma all’Accademia Albertina di Belle Arti a Torino e si Laurea in Lettere Moderne. Nei tardi Anni Sessanta fa parte della Galleria Schwarz di Milano che conta tra i suoi artisti Duchamp, Picabia, Schwitters, Arman. La sua prima mostra milanese, presentata da Pierre Restany, dal titolo “Macchine e Oggetti Condizionali” – in qualche modo – rappresenta il clima e le innovazioni del gruppo che Germano Celant chiamerà “Arte Povera”. Negli Anni Sessanta si trasferisce a New York dove si lascia travolgere dalla vita cosmopolita della metropoli e subisce il fascino della nascente Pop Art, mentre negli Anni Settanta milita negli ambienti concettuali e poveristi.

Nel 1967 è pioniere del Cinema Sperimentale Italiano a seguito dell’incontro con Jonas Mekas, P. Adams Sitney, Andy Warhol, Yōko Ono, sulla scia del New American Cinema. Assieme a Mario Schifano, Nespolo si dedica al Cinema d’Avanguardia e, tra il 1967 e 1968, realizza numerosi film che hanno come protagonisti gli amici e colleghi Enrico Baj, Michelangelo Pistoletto e Lucio Fontana. A Parigi Man Ray gli dona un testo per un film che Nespolo realizzerà col titolo “Revolving Doors”. I suoi film sono stati proiettati e discussi in importanti musei tra i quali il Centre Pompidou a Parigi, la Tate Modern a Londra e la Biennale di Venezia.

Assieme a Enrico Baj Nespolo fonda L’Istituto Patafisico Ticinese ed è, ad oggi, riconosciuto come una delle più alte autorità nel campo. Nei tardi Anni Sessanta con Ben Vautier dà il via ad una serie di Concerti Fluxus, tra questi il primo concerto italiano dal titolo “Les Mots et les Choses”. Nonostante le contaminazioni americane non dimentica gli insegnamenti delle Avanguardie europee; è infatti molto marcata l’influenza di Fortunato Depero dal quale Nespolo trae il concetto di un’arte ludica che pervade ogni aspetto della vita quotidiana. Il concetto di “arte e vita” (che è anche il titolo di un libro pubblicato dall’artista nel 1998) sta alla base dell’espressività di Nespolo ed è eredità del Movimento Futurista: “Manifesto per la Ricostruzione Futurista dell’Universo” (1915).

Mara Martellotta

Galleria Malinpensa by La Telaccia, corso Inghilterra 51, Torino

Contatti: 011 5628220

Il duo Fischer-Lisiecki, Yefim Bronfman e Nikolaj Szeps-Znaider, le “stelle” di ottobre

Note di Classica

Debutto al teatro Regio della stagione d’Opera con “Manon Lescaut” di Giacomo Puccini. Dramma lirico in 4 atti. Dal primo al 26 ottobre. L’Orchestra del Teatro Regio sarà diretta da Renato Palumbo. Primo concerto della nuova stagione dell’Unione Musicale il 16 alle 20.30 al Conservatorio con il Quartetto Belcea e Tabea Zimmermann alla viola, con un programma tutto dedicato a Mozart. Riparte anche la nuova stagione dell’Orchestra Rai. Giovedì 17 alle 20.30 e venerdì alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra diretta da Andrès Orozco- Estrada e con Nikolaj Szeps-Znaider al violino, eseguirà un programma tutto dedicato a Beethoven. Venerdì 18 alle 20.30 all’Auditorium Agnelli debutta la nuova stagione di Lingottomusica con la NDR Elbphilharmonie Orchester diretta da Alan Gilbert e con al pianoforte Yefim Bronfman , con musiche di Rachmaninov e Cajkovskij. Sabato 19 alle 18 al teatro Vittoria, David Irimescu al pianoforte eseguirà musiche di Schumann, Nagai, Okumura e Chopin. Lunedì 21 alle 20 al teatro Vittoria,  Arianna Savall soprano e arpe e Petter Udland Johansen tenore, cetra e violini, eseguiranno musiche di Santiago de Murcia, Monteverdi, Ruiz de Ribayaz e Kapsberger. Mercoledì 23 alle 20.30 al Conservatorio per l’Unione Musicale, Rudolf Buchbinder al pianoforte eseguirà musiche di Mozart , Beethoven, Schubert. Giovedì 24 alle 20.30 e venerdì 25 alle 20 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Daniele Rustioni e con Francesco Piemontesi al pianoforte, eseguirà musiche di Mario Castelnuovo-Tedesco, Liszt, Bèla Bartòk. Sabato 26 alle 18 al teatro Vittoria, Ruben Galloro e Janine Bratu violini, Luca Infante viola,  Jacopo Sommariva violoncello, Alessandro Vaccarino pianoforte con Antonio Valentino, eseguiranno musiche di Dvorak.

Domenica 27 alle 16.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, i Solisti , Coro e Orchestra dell’Accademia Maghini diretti da Luca Guglielmi con Elena Camoletto maestro del coro e con Raphael Hohn tenore e Mauro Borgioni basso, eseguiranno la “Johannes-Passion” di Bach. Mercoledì 30 alle 20 e giovedì 31 alle 20.30 all’auditorium Toscanini, l’Orchestra Rai diretta da Ottavio Dantone e con Luca Milani al clarinetto, eseguirà musiche di Prokofev, Mozart e Haydn. Mercoledì 30 alle 20.30 al conservatorio per l’Unione Musicale, Julia Fischer violino e Jan Lisiecki pianoforte, eseguiranno musiche di Mozart, Beethoven e Schumann.

Pier Luigi Fuggetta

“Portraits. 10 volti e storie di crescita”. In mostra a spazio “Open” di “Fondazione Time2”

La rassegna fotografica di Daniela Foresto, fra i più interessanti “ritrattisti” torinesi

Dal 3 al 24 ottobre

Molti la conoscono come la “fotografa dei vip”. Nella sua Galleria torinese alla “Gran Madre” sono passati infatti personaggi celebri del calibro di Ennio Morricone, Giorgetto Giugiaro, Arturo Brachetti, Massimo Boldi, Gaia De Laurentis e tanti ancora che di fama ne macinano o ne hanno sicuramente macinato in larga misura. Ma in quello studio è passata anche tanta gente comune, uomini e donne della porta accanto, coppie di sposi e famiglie intere con figli e (perché no?) animali domestici a seguito. Per tutti, un ritratto. Sempre in bianco e nero, per cogliere “l’essenza, quella verità che un fotografo deve saper cogliere, se vuole leggere una vita e raccontarla in uno scatto”. Ritratti che raccontano di corpi, volti e anime. Daniela Foresto si colloca, senz’ombra di dubbio, fra i più apprezzati fotografi ritrattisti torinesi. Mestiere che la impegna, con una passione che si tocca con occhi e con cuore in ogni suo scatto, da una decina d’anni, raccontati in un suo libro intitolato proprio “Dieci”“dove – scrive Daniela – narro di quanta vita, quanta umanità e quante storie ho immortalato attraverso il mio obiettivo”. Ebbene di Daniela Foresto sarà possibile visitare una mini (10 Ritratti) ma estremamente significativa – per i soggetti e per la location ospitante – rassegna presso “Open” lo “spazio aperto di diversità” di “Fondazione Time2”, nata a Torino, in corso Stati Uniti 62/B, su iniziativa di Antonella Manuela Lavazza, come luogo “che riconosca il valore delle diversità e la centralità di ogni persona con o senza disabilità”. La mostra (accompagnata da audio descrizioni ed un video sottotitolato, con disponibilità di cuffie per l’ascolto) si inaugurerà giovedì 3 ottobre (ore 19) per protrarsi fino a giovedì 24 ottobre. Tema centrale: la “crescita verso l’età adulta”. Di qui il titolo “Portraits. 10 volti e storie di crescita”.

Dicono gli organizzatori: “La mostra vuole esplorare le diverse forme che il percorso di crescita può assumere all’interno della comunità di ‘Fondazione Time2’, che ogni giorno si impegna per il cambiamento verso una società più aperta, che riconosca il valore della diversità e garantisca il diritto di ogni persona, con e senza disabilità, a vivere una vita piena e indipendente”. Un iter su cui Daniela Foresto ha davvero messo tanto di suo, della sua straordinaria empatia verso quanti si pongono davanti al suo obiettivo aprendosi ad una totale disponibilità nel raccontarsi, nello srotolare vite fatte di mille sfide e poche, forse, ma, piovute come manna dal cielo, opportunità.

Ad accompagnare i “10 volti”, saranno le “interviste ai protagonisti” realizzate da Max Judica Cordiglia  – esperto di visual storytelling, che da oltre trent’anni lavora nel campo della narrazione visiva, traducendo idee e concetti in immagini in movimento – che arricchiscono il progetto, dando voce alle storie delle persone ritratte e completando così il percorso espositivo.

La mostra e tutte le iniziative complementari (ma non secondarie, per importanza) messe in campo dalla “Fondazione” (all’inaugurazione sarà presente anche il segretario generale Samuele Pigoni) faranno da “riflettori” puntati su “spazi teatrali” come “spazi di vita vera” che, al centro, vedranno persone che fanno volontariato e, con loro, i ragazzi che partecipano alle attività sperimentando quel lavoro sul campo teso a creare “opportunità là dove il pregiudizio crea invece limiti e discriminazioni”. Storie. Squarci nel fitto bosco della “vita reale”. E Daniela Foresto ne è magnifica regina nel racconto e nell’immagine. Storie come quella di Isabella a cui il “volontariato” ha dato emozioni indescrivibili o di Joy che non è ancora a suo agio nel parlare in italiano sul lavoro, ma ha un collega, Jacopo,  che l’aiuta “con le parole”.

E ancora, la storia di Keivan che racconta come ha imparato ad “essere responsabile” e a superare le sue paure o, infine, quella di Laura che denuncia come in Italia, purtroppo, si parli ancora pochissimo degli “inserimenti lavorativi” delle persone con disabilità. Storie vere. Su cui riflettere. Che ci raccontano del loro essere parte di una quotidianità ben viva e presente, che ci portiamo accanto e, spesso, ignoriamo. Pagine da portarci addosso. E per cui metterci anche noi del nostro. Nessuno ci obbliga, ma quanto bene ne trarremmo!

Gianni Milani

“Portraits. 10 volti e storie di crescita”

“Fondazione Time2”, corso Stati Uniti 62/B, Torino; tel.011/786545 o www.fondazionetime2.it

Dal 3 al 24 ottobre

Orari: lun. e mart. 9/18; dal merc. al ven. 9/20

 

Nelle foto:

–       Daniela Foresto

–       Daniela Foresto: “Portraits. Time2”

–       Max Judica Cordiglia (ph. Daniela Foresto)

–       “Portraits. Time2 – Gianni Vascellari”

Torino, la città più magica

 

Malinconica e borghese, Torino è una cartolina daltri tempi che non accetta di piegarsi allestetica della contemporaneità.
Il grattacielo San Paolo e quello sede della Regione sbirciano dallo skyline, eppure la loro altitudine viene zittita dalla moltitudine degli edifici barocchi e liberty che continuano a testimoniare la vera essenza della città, la metropolitana viaggia sommessa e non vista, mentre larancione dei tram storici continua a brillare ancorata ai cavi elettrici, mentre le abitudini dei cittadini, segnate dalla nostalgia di un passato non così lontano, non si conformano allirruente modernità.
Torino persiste nel suo essere retrò, si preserva dalla frenesia delle metropoli e si conferma un capoluogo a misura duomo, con tutti i pro e i controche tale scelta comporta.
Il tempo trascorre ma lantica città dei Savoia si conferma unica nel suo genere, con le sue particolarità e contraddizioni, con i suoi caffè storici e le catene commerciali dei brand internazionali, con il traffico della tangenziale che la sfiora ed i pullman brulicanti di passeggeri sudaticcima ben vestiti.
Numerosi sono gli aspetti che si possono approfondire della nostra bella Torino, molti vengono trattati spesso, altri invece rimangono argomenti meno noti, in questa serie di articoli ho deciso di soffermarmi sui primati che la città ha conquistato nel tempo, alcuni sono stati messi in dubbio, altri riconfermati ed altri ancora superati, eppure tutti hanno contribuito e lo fanno ancora- a rendere la remota Augusta Taurinorum così pregevole e singolare.

1. Torino capitale… anche del cinema!

2.La Mole e la sua altezza: quando Torino sfiorava il cielo

3.Torinesi golosi: le prelibatezze da gustare sotto i portici

4. Torino e le sue mummie: il Museo egizio

5.Torino sotto terra: come muoversi anche senza il conducente

6. Chi ce lha la piazza più grande dEuropa? Piazza Vittorio sotto accusa

7. Torino policulturale: Portapalazzo

8.Torino, la città più magica

9. Il Turet: quando i simboli dissetano

10. Liberty torinese: quando leleganza si fa ferro

 

8.Torino, la città più magica

Torino è magica. Nel vero senso del termine.
Lo testimonia anche il celebre medicoe astrologo Michel de Nostredame: Nostradamus ha alloggiato qui, dove c’è il Paradiso, lInferno e il Purgatorio. Io mi chiamo la Vittoria, chi mi onora avrà la gloria, chi mi disprezza avrà la rovina intera.
Sembra infatti che il popolare uomo la cui fama lo precede tuttora, dal nome italianizzato in Michele di Nostradama, meglio noto con lo pseudonimo di Nostradamus, abbia soggiornato intorno al 1556 a Torino, presso Cascina Morozzo conosciuta anche come villa Vittoria, poiché proprietà della principessa Vittoria, della casata Savoia-.
Tali parole erano state incise su una lapide custodita presso lo stabile in cui l’uomo aveva pernotatto, quando la Villa viene demolita anche quest’unica testimonianza tangibile del passaggio di Nostradamus a Torino scompare nel nulla, fino al 1967, quando viene ritrovata e donata a Renuccio Boscolo, uno dei maggiori interpreti degli scritti del chiaroveggente, per essere custodita in sicurezza.
Secondo alcuni studiosi la “Vittoria” indicata dall’importante ospite sarebbe la principessa Savoia, anche se le interpretazioni rimangono aperte a differenti ipotesi.
Quello che non cambia è l’alone di mistero che avvolge l’affermazione, impressione che si ripresenta in realtà di fronte a tutte le sentenze espresse dal “sapeinte” francesce.

Daltronde il capoluogo pedemontano è così: insolito e curioso, a tratti misterioso.
La città dai diversi primati, ne colleziona ancora uno, dopo essere stata la prima capitale italiana, in seguito al riconoscimento ottenuto grazie allaltura della Mole Antonelliana, oltre allinvenzione del primo cioccolatino, ecco lulteriore record tutto nostrano da aggiungere allelenco: Torino è considerata una tra le metropoli più magiche del mondo, nel bene e nel male perdonatemi il gioco di parole.-
Secondo gli esperti in materia infatti confluiscono sul territorio cittadino i vertici di due triangoli esoterici, quello di magia bianca (insieme a Praga ed a Lione) e quello di magia nera (insieme a San Francisco e Londra), fatto che tramuta la località in una sorta di mappa energetica costellata di zone buonee altre dove non parrebbe consigliabile trascorrere troppo tempo.
Per non sbagliarci vediamo di scendere più nel dettaglio.

Iniziamo dai luoghi da evitare.
Il punto energeticamente più ostile della città è di sicuro Piazza Statuto: qui, secondo la tradizione esoterica, si trova la porta degli Inferi, un vero e proprio passaggio tra i due mondi, quello dei vivi e quello dei morti; il punto preciso è situato in corrispondenza dellantica porta Decumana, uno degli ingressi delloriginario accampamento romano e luogo ahimè– dedicato alla sepoltura dei cadaveri. Latmosfera inquieta della piazza è resa ancora più sinistra dalla presenza di due monumenti assai particolari: quello eretto per commemorare gli operai deceduti durante la costruzione del Traforo del Frejus e lObelisco Geodetico. Il primo rappresenta unimmensa piramide di massi, da essi spuntano alcuni corpi di titani abbattuti dallo stesso genio alato che svetta sulla sommità della piramide, egli ha sul capo una stella a cinque punte a cui sono attribuite diverse simbologie magico-rituali; invece, la seconda costruzione, nota anche come Guglia Beccaria, è sormontata da un astrolabio e si erge esattamente a 5.000 km dal Polo Nord ed altrettanti dallEquatore. Non stupisce che sempre nei dintorni della piazza si trovi lappena citata Domus Morozzo, decisamente ledificio più appropriato per accogliere un altrettanto losco figuro.
Altro sito da evitare è Palazzo Trucchi di Levaldigi, oggi sede della Banca Nazionale del Lavoro, stupendo edificio dalle finiture seicentesche che ospita su una delle sue facciate il cosiddetto Portone del Diavolo, il cui batacchio rappresenta niente meno che il volto di Lucifero.
Nel 1675 Giovanni Battista Trucchi di Levaldigi, conte e generale delle Finanze di Carlo Emanuele II, richiede ad una manifattura di Parigi di realizzare un portale in legno e il risultato del lavoro è più che sbalorditivo: la soglia è riccamente intagliata e adorna di fiori, frutta, animali e amorini, ma ciò che stupisce gli spettatori è il batacchio centrale, un volto mostruoso che scruta minaccioso i visitatori che bussano alla porta. Ultimo dettaglio, la parte che viene presa in mano per battere è composta da due serpenti che si uniscono con la testa. Da questi dettagli derivano le storie spaventose ambientate in questo posto. Prima leggenda fra tutte è quella del mago insistente: si narra di uno stregone eccessivamente ostinato che provò ad invocare Satana, forse con troppa enfasi, difatti il povero Lucifero non propriamente noto per la dote della pazienza- infastidito dalla nenia incalzante, costruì un portone nel suddetto edificio, mise allinterno lincauto mago e lì lo imprigionò .
Altre vicende però contribuiscono a rendere questo stabile un luogo davvero misterioso. Si narra ad essempio di Melchiorre Du Perril, un soldato francese in possesso di documenti segreti che entrò allinterno dello stabile e non si ripresentò più al suo cocchiere; c’è poi la storia della ballerina che, invitata ad una delle tante feste volute da Marianna Carolina di Savoia, venne aggredita e assassinata allinterno di una delle sale della lussuosa palazzina.
Inoltre, ancor prima di tutte queste vicissitudini, nel 1600, ledificio viene scelto come sede di una fabbrica di tarocchi, e anche in questo caso le coincidenze non hanno fine: allepoca il numero civico del fabbricato era il 15, il medesimo numero dellarcano corrispondente alla carta del Diavolo.


E se proprio dovete raggiungere questa banca, indovinate il numero del tram da prendere?
Cari lettori, ma proprio qui dovete venire a prelevare?
Lasciamoci alle spalle i fantasmi che ovviamente si aggirano nei dintorni dellimmobile infernale e avviamoci in unaltra zona perturbante, ossia via Lascaris (angolo Via San Francesco dAssisi), a pochi passi da Piazza Solferino, dove ci si può imbattere nellennesimo dettaglio folklorìstico. Proprio ai piedi di un casamento – oggi sede di una banca, ma in passato dimora di una Loggia Massonica- si dischiudono a terra delle strane fessure a forma di occhi. Qualcuno ci osserva, ma per la serie mai una gioiaa tenerci sotto controllo non è un bellangelo alla Der Himmel über Berlin, bensì niente meno che il Principe delle Tenebre, da qui la dicitura di questi spiragli: gli occhi del Diavolo.
Bene, ora che abbiamo capito dove non fermarci per i prossimi pic-nic autunnali, vediamo insieme quali sono i luoghi in cui possiamo indugiare per una pausa rigenerativa.
Uno dei siti a più alta concentrazione di energia positiva della città è il luogo di confluenza tra il Po e la Dora Baltea, i due fiumi torinesi che rispettivamente simboleggiano il Sole e la Luna, lenergia maschile e quella femminile, il principio vitale e quello del sonno eterno.
Un altro posto consigliato è la Chiesa della Gran Madre, le cui statue erette allingresso della grande scalinata raffigurano la Fede e la Religione, due emblemi rassicuranti e potenti; le due personificazioni sono poste anche a guardia del Sacro Graal, una delle reliquie cristiane più ricercate di tutti i tempi e guarda caso- celata nei meandri dellenigmatica Torino, città dai mille volti.
Anche Piazza Castello è una località benevola, è opportuno passeggiarci soprattutto se si rasenta la cancellata di Palazzo Reale e ci si sofferma sotto le statue equestri dei Dioscuri, guardiani ufficiali posti al confine tra la zona di magia bianca e quella nera.
Se poi ci si sentisse particolarmente stanchi, è consigliabile dirigersi verso la Mole Antonelliana, Museo del Cinema per alcuni, per altri una grande antenna che irradia nel mondo energia positiva.
Gli intellettuali e i radical chic si appropinquino invece verso Piazza Solferino, nei pressi della Fontana Angelica, monumento pregno di simbologie nascoste: le statue della Primavera e dellEstate si contrappongono a quelle dellAutunno e dellInverno, mentre lacqua che scorre rappresenta il Sapere e la Conoscenza.
Che dire ancora? Alla fine è sempre la stessa storia, è leterna sfida tra il Bene e il male, che si tratti di Sith e di Jedi, di Merlino, di Morgana e della magia del fareo dellimpresa per sconfiggere Sauron la questione è resta la medesima: la scelta.
Cari lettori, e voi da che parte state?

ALESSIA CAGNOTTO