“Sono lieto di inviarvi i miei migliori auguri per il Nuovo Anno. Come sapete sono da poco il vostro nuovo Presidente, ma ho già avuto la possibilità di partecipare a diversi eventi quest’autunno a Torino. Sono contento di poter dire che le nostre iscrizioni stanno tornando a crescere, lentamente ma nella direzione giusta. È mia ambizione attirare nuovi soci nel 2018, anche tra i giovani, e vorrei allargare la rete di alleanze del Centro “Pannunzio” nel mondo culturale, sia a Torino, sia altrove. Credo che oggi, più che mai, il Centro debba essere una voce della ragione, un faro per la tolleranza e la libertà di espressione. Un’associazione che, come sempre, premia il pensiero liberale e la dignità dell’uomo. Auguri di buone feste a tutti voi ed alle vostre famiglie”.
Alan Friedman
Presidente del Centro “Pannunzio”
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EVENTI 2018 “FIGURE DELL’ITALIA CIVILE” nuova edizione – di Pier Franco QUAGLIENI
Mercoledì 17 gennaio alle ore 18 a Palazzo Ceriana Mayneri, Circolo della Stampa di Torino (Corso Stati Uniti, 27), sarà presentata in anteprima nazionale la nuova edizione di“FIGURE DELL’ITALIA CIVILE” di Pier Franco QUAGLIENI, edizioni Golem, con un prezioso inedito di Leo Valiani su Ernesto Rossi e sulla famiglia fascista di Giovanni Spadolini, un profilo di Enzo Bettiza e varie aggiunte su molti dei trentun personaggi tratteggiati. Il libro esce in nuova edizione dopo le molte ristampe nel 2017 andate esaurite e cinquanta presentazioni in tutta Italia che hanno consentito di parlare del Centro “Pannunzio”, protagonista di molte pagine dell’opera. Presenteranno il libro Valentino CASTELLANI, Dino COFRANCESCO e Tilde GIANI GALLINO. Coordinerà l’incontro Elena ALESSIATO. Letture di Ornella POZZI.
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Centro “Pannunzio” – via Maria Vittoria 35H, 10123 Torino
“Oggi si vede Michelagnolo essere il maggior pittore che mai ci sia stato… perché tutto quello che fa di pittura lo cava dagli studiatissimi modelli fatti di scultura, né so cognoscere chi più s’apprezzi oggi a te verità d’arte, che il virtuoso Bronzino”.
blu cobalto
PIANETA C
La professione di anatomopatologa obbliga anche Adriana (una Giovanna Mezzogiorno più sconcertata che convinta, lontana dal viaggio nel cuore e nella mente che era stato La finestra di fronte) a vivere con i morti, a immergersi in quel senso mentre attraversa con le sue solitudini i corridoi sotterranei dell’ospedale. È il rito antico e ambiguo della “figliata”, del “parto maschile” rappresentato attraverso un finissimo velo a iniziare la sua vicenda e l’incontro con uno sconosciuto con cui trascorrerà una notte ad alta componente erotica, come raramente s’è visto sullo schermo. Una storia che potrebbe continuare, un altro appuntamento stabilito ma il ragazzo, tra le sculture e gli affreschi carichi d’amplessi staccati dalle case di Pompei del Museo archeologico non si presenterà: Adriana lo ritroverà cadavere sul tavolo freddo del suo lavoro. Di qui non si dovrebbe raccontare più nulla di Napoli velata, lasciando a chi guarda il piacere di addentrarsi, accompagnato dai movimenti lenti e barocchi della macchina da presa, nella costruzione, non sempre perfetta (la sceneggiatura è firmata con il regista stesso da Gianni Romoli e Velia Santella) dei fantasmi – perché di fantasmi ci parla Ozpetek sopra ogni cosa – di Adriana, del dramma che l’ha segnata sin dall’infanzia, delle sue scoperte che potrebbero spingerci troppo malamente a definire un thriller il film, del doppio che è
un’altra cifra cardine della storia, delle sovrapposizioni (forse potremmo scomodare anche il grande Eduardo di Questi fantasmi) e degli sguardi e delle parole artefatti, del vedere e del sentire (uno dei momenti più belli è il riandare con la memoria della zia Anna Bonaiuto al perduto amore, con le voci che s’accavallano in un misto affascinante di passato e presente), della vita della protagonista rimaneggiata e rifatta a propria immagine, negativamente (il frigo pieno di roba messa lì a imputridire, da mettere nei sacchi di plastica per essere buttata via, quando in altre occasioni il cibo era messo al centro con l’allegria di questa o quella situazione).
A tratti anche il film resta velato, colpevole di un egoismo che t’impedisce di squadernarlo in ogni sua piega, rimanendo nascosto, ondivago, ben lontano dalla volontà che ogni cosa alla fine si chiarisca. Un ultimo sobbalzo di irrealtà, Adriana scompare dietro l’angolo, in modo definitivo, mentre la macchina da presa si blocca sul nulla. Ma nei film di Ozpetek ti piace anche perderti e forse anche questo è bello. Come ti apri in questa Napoli primattrice a certi squarci indimenticabili, dalla casa del principe Caracciolo già set per Viaggio in Italia e L’oro di Napoli, alla farmacia degli Incurabili con le proprie nascoste simbologie alla cappella Sansevero con il Cristo velato, alla grande terrazza dove un gruppo di travestiti in là con gli anni sta giocando a tombola, dinanzi a un panorama indimenticabile. Sono anche i fantasmi di Ozpetek, le sue tematiche qui disordinatamente dilatate, perse in una solare irrazionalità ma pur tuttavia prova – ancora una volta – di un carico di sentimenti che non indietreggia mai dalla più assoluta coerenza.



immagini di grande raffinatezza linguistica, la cosiddetta “Battaglia degli Infarinati”, tradizionale festa popolare antica di due secoli che ogni anno si tiene a Ibi in Spagna, nella provincia di Alicante. L’occupazione di Sirte, espugnata dopo sette mesi di combattimenti, e con un altissimo tributo di vite umane, fra l’esercito libico e i militanti dell’Isis è invece al centro del progetto in quattro foto del toscano Alessio Romenzi (terzo premio nella categoria Notizie Generali), mentre il friulano Francesco Comello (terzo premio nella categoria Vita Quotidiana) inneggia con “immagini poetiche, dolci e musicali” alla sua personalissima “Isola della salvezza”, dalle “atmosfere indefinite e indefinibili e dai silenzi sublimi e solenni”.
Questa volta Torino non festeggerà il Capodanno in piazza San Carlo (la foto si riferisce allo scorso anno) . Il Comune ha comunque predisposto due eventi alternativi
Assassinio sull’Oriente Express – Giallo. Regia di Kenneth Branagh, con Judi Dench, Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Penelope Cruz e Branagh nelle vesti di Hercule Poirot. Altra rivisitazione cinematografica del romanzo della Christie dopo l’edizione firmata da Sidney Lumet nel ’74, un grande Albert Finney come investigatore dalle fiammeggiati cellule grigie. Un titolo troppo grande per non conoscerlo: ma – crediamo, non foss’altro per il nuovo elenco di all star – resta intatto il piacere di rivederlo. Per districarci ancora una volta tra gli ospiti dell’elegante treno, tutti possibili assassini, una partenza da Istanbul, una vittima straodiata, una grande nevicata che obbliga ad una fermata fuori programma e Poirot a ragionare e a dedurre, sino a raggiungere un amaro finale, quello in cui la giustizia per una volta non vorrà seguire il proprio corso. Durata 114 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Eliseo Blu, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)
dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (Classico)
Coco – Animazione. Regia di Lee Unkrich e Adrian Molina. Fa parte di una famiglia che certo non stravede per la musica il piccolo Miguel e lui non ha altro sogno che diventare chitarrista. Questo il preambolo; e a dire quanto la Pixar guardi allo stesso tempo ad un pubblico di bambini (ma, per carità, senza nessun incubo) e di adulti, ecco che Miguel si ritrova catapultato nel Regno dei Morti a rendere omaggio ai tanti parenti che non sono più attorno a lui. Durata 125 minuti. ((Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)
Ferdinand – Animazione. Regia di Carlos Saldahna. Non ha mai avuto vita facile il libro dell’americano Munro Leaf da cui oggi nasce questo cartoon di Saldahna (già premiato autore di “Rio” e dell’”Era glaciale”), libro del ’36 su cui franchisti prima e nazisti poi non poco s’accanirono (era, inevitabilmente, nell’animo di Gandhi). La vicenda del toro decisamente pacifista diverte oggi bambini e anche adulti dal cuore pronto a rilassarsi, pronti a simpatizzare con un animale che è destinato a combattere nell’arena ma che al contrario preferisce circondarsi di fiori, fugge da chi gli impone quelle regole, stringe amicizia con una piccola animalista. Lieto fine che s’impone, al fianco del “pericolosissimo” toro altri simpatici personaggi, tra cui da non lasciarsi sfuggire la capra Lupe. Durata106 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
cantiere con l’incarico di una ristrutturazione e un meccanico di religione cristiana. Quando costui, Toni, rifiuta di riparare una vecchia grondaia che ha bagnato la testa di Yasser, questi lo insulta, e gli insulti si accompagnano alle percosse, per cui l’incidente finirà in tribunale: situazione aggravata dal fatto che la moglie di Toni ha per lo spavento dato alla luce prematuramente una bambina che lotta tra la vita e la morte. Un caso particolare che adombra un conflitto molto più allargato e mai cessato: come ancora dimostra il processo, dove un padre e una figlia, difensori dell’una e dell’altra parte, esprimono due diverse generazioni e un giudizio diametralmente opposto. Durata 110 minuti. (Nazionale sala 1)
bilico tra magia e superstizione, tra follia e razionalità, Adriana, ogni giorno a contatto con il mondo dei non-vivi per la sua professione di anatomopatologa, conosce un uomo, Andrea, con cui trascorre una notte di profonda passione. Si sente finalmente viva ed è felice nel pensare ad un prossimo appuntamento. A cui tuttavia Andrea non verrà: è l’inizio di un’indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre della città e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso. Durata 110 minuti. (Eliseo Grande, Ideal, Massimo sala 1, Reposi, Romano sala 2, The Space, Uci)
Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Uci)
che s’incrociano tra grandi sogni, molta noia, paure e piccole speranze senza sbocco. Ginny è una ex attrice che oggi serve ai tavoli, emotivamente instabile, madre di un ragazzino malato di piromania, frequentatore di assurde psicologhe; Humpty è il rozzo marito, giostraio e pescatore con un gruppo di amici, che ha bevuto e che ancora beve troppo, Carolina è la figlia di lui, rampolla di prime nozze, un rapporto interrotto da cinque anni, dopo la fuga di lei con un piccolo ma quantomai sbrigativo gangster che adesso ha mandato due scagnozzi a cercarla per farla stare zitta, ogni mezzo è buono. Rapporto interrotto ma la casa di papà è sempre quella più sicura. E poi c’è il giovane sognatore, Mickey, che arrotonda facendo il bagnino e segue un corso di drammaturgia, mentre stravede per O’Neill e Tennessee Williams, artefice di ogni situazione, pronto a distribuire le carte, facendo innamorare l’ultima Bovary di provincia e poi posando gli occhi sulla ragazza. Forse Allen costruisce ancora una volta e aggroviglia a piacere una storia che è il riverbero di ogni mélo degli autori anche a lui cari, impone una recitazione tutta sopra le righe, enfatizza e finge, pecca come troppe volte nel suo mestiere di regista, non incanta lo spettatore. La (sua) vittima maggiore, che più risente del debole successo è la Winslet di “Titanic”, che pur nella sua nevrotica bravura non riesce (o non può, obbediente alla strada tracciata dall’autore) a calarsi appieno nel personaggio, come in anni recenti aveva fatto la Blanchett in “Blue Jasmine”. Durata 101 minuti. (Ambrosio sala 2, Centrale V.O., Due Giardini sala Nirvana, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 1, Uci)
Smetto quando voglio – Ad honorem – Commedia. Regia di Sydney Sibilia, con Edoardo Leo, Libero De Rienzo, Pietro Sermonti, Neri Marcorè e Luigi Lo Cascio. Terzo e ultimo capitolo della fortunata saga sulla banda di ricercatori, vittime della crisi e di un precariato che va sempre più stretto a chi può mettere in campo lauree con ottimi voti, che abbiamo conosciuto come inventori di una droga sintetica legale e in seguito come collaboratori in incognito della polizia: oggi sono in procinto di evadere tutti quanti insieme di prigione per ritrovarsi dove tutto è cominciato, alla Sapienza di Roma, per contrastare l’ultimo nemico, il crudele e pericolosissimo Mercurio. Durata 96 minuti. (Greenwich sala 3)
The greatest showman – Biografico/musicale. Regia di Michael Gracey, con Hugh Jackman, Michelle Williams, Zac Efron, Zendaya. La vita di Phineas Taylor Barnum, l’uomo che inventò il grande circo, figlio di un povero sarto, da sempre innamorato di Charity che diverrà sua moglie (pur non disdegnando un occhio ad altre relazioni) e che fu il sostegno della sua attività imprenditoriale, l’uomo che con fatica e lungimiranza seppe far fonte ad un destino che allineava frettolosamente successi e batoste, l’uomo che raccolse con dignità sotto il suo tendone uomini altissimi e nani e donne barbute. Come sotto vicenda, accanto a lui, il ricco Phillip (Efron) capace di fuggire dalla sua condizione agiata per rifugiarsi nel mondo circense che gli farà conoscere l’amore di una trapezista. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 3, Massaua, Eliseo Rosso, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
febbraio
Il pezzo più antico e, anche per questo, più prezioso arriva dai tesori della locale Parrocchia di San Biagio, ricostruita a inizio Seicento sulle fondamenta dell’antico Oratorio e al cui interno è custodita una pregevole “Madonna con Bambino e Santi” (datata fra il 1611 e il 1615), attribuita a Guglielmo Caccia detto “Il Moncalvo”.
propri “Presepi d’autore” a firma di ventotto artisti contemporanei che, attraverso le più svariate tecniche e modi interpretativi dai più tradizionali ai più improbabili e bizzarri, hanno inteso cimentarsi con un tema che affonda le radici nella notte dei tempi e che ha stimolato e affascinato i nomi più illustri della nostra (e non solo nostra) Storia dell’Arte. Un’attenzione particolare merita la “Natività” del ‘95 di Adriano Sicbaldi (Bottrighe-Rovigo, 1911 – 2007), insegnante all’Accademia
Albertina di Torino e fondatore nel ’41 (con Michele Guerrisi, Ermanno Politi e lo scultore Renato Moscarelli) del cosiddetto “Gruppo di Cherasco”: racconto “popolare” il suo, dove gesto e colore narrano sottovoce e in forma sfumata la grandezza di un evento che è “grande” proprio nella sua immensa “umiltà”. Dai toni più marcati ma essenziali e rigorosamente composita è invece l’opera lignea di Giorgio Ramella, torinese, fra i nomi di punta dell’arte italiana del secondo dopoguerra nonché allievo di Paulucci e Calandri e Maestro del Palio 2017. Pochi elementi, un perfetto contrasto di colori su cui domina il “blu” intenso, Ramella sente con particolare empatia il tema della “Natività”; basti pensare al noto “Presepe degli artisti”, da lui realizzato nel ’76, insieme a
Tabusso, Aimone, Argeles, Casorati, Cordero, Grassi e Soffiantino e donato due anni dopo dal collezionista Ettore Gian Ferrari alla Chiesa di San Francesco al Fopponino di Milano, costruita da Gio Ponti. Ed è sempre il “blu” a dominare il paesaggio e le sagome in legno (legno su legno) del “Presepe 2000” firmato dal vulcanico e imprevedibile Pippo Leocata, mentre Rosa Bosco attraverso il suo “Libro d’artista” coniuga interventi pittorici astratti e collages che trovano il loro elemento di maggiore solennità nell’inserimento, all’interno dell’opera, della “Natività” del Beato Angelico. Bizzarria. Fantasia. Mestiere. C’è tutto. Anche nella giocosa “Notte Santa” dell’astigiano Michele Acquani, mentre la moglie (origini austriache) Sonja Perlinger ci parla con la poetica delicatezza del suo “Angelo Lettore” in ceramica Raku e Brenno Pesci da Castellamonte porta in mostra due mirabili presepi in terracotta in cui spiccano curiosi elementi marini. “Angeli cantori” di solida impostazione figurativa sono ancora quelli della giavenese Silvana Alasia, accompagnati alle ceramiche di Sandra Baruzzi e del valdostano Guglielmo Marthyn (docente all’Istituto d’Arte di Castellamonte) che presenta un Trittico di grande interesse con la “Natività”, l’ “Adorazione dei Magi” e la “Fuga in Egitto”. E se di “gioco” e “fantasia” da vendere vogliamo parlare, è d’uopo
soffermarsi di fronte al “bosco incantato” con due grandi gnomi ricavati da cortecce a guardia della “Natività” realizzato da Renato Milano, così come davanti al minimalista presepe fatto solo di tagli su carta bianca del conte Nicolò Calvi di Bergolo o al piccolo collage racchiuso in scatola del funambolico canellese Gian Carlo Ferraris. Da non perdere anche la “Maternità” in terracotta dell’astigiano d’adozione (prematuramente scomparso nel 2002) Paolo Spinoglio e la “Natività” in bronzo del grande Sergio Unia. A completare la rassegna ( che ospita anche i lavori della Scuola dell’Infanzia di Mombercelli, insieme a quelli della Primaria “Monticone” e al suggestivo “Presepe Mandala” della Media Zandrino), i seguenti artisti: Giose Giolito Balestrino, Fiorenzo Bracco, Renato Luparia, Olga Maggiora, Piero Oldano, Nadia Presotto, Monica Raiteri, Carla Santeni, Adelaide Scavino (che ne “L’accoglienza” aggiunge un secondo Bambino alla classica “Natività” dipinta su una tavola del Settecento), Jutta Schaefer, Mario Surbone, Rossana Turri e Adriana Virando.
“Presepi e altro”


PIANETA CINEMA di Elio Rabbione