Siete pronti a farvi condurre dove tutto è possibile? Lasciatevi andare: ad accompagnarvi ci sarà Luca Bono, il giovane talento della magia internazionale che vi porterà nel fantastico mondo di WOW! Dal 26 dicembre all’8 gennaio, presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, sarà infatti possibile assistere a WOW! Tra Magia e Varietà, uno spettacolo eccezionale, sospeso tra nouveau cirque e illusionismo contemporaneo, prodotto da Muvix Europa in collaborazione con il Circolo Amici della Magia di Torino. Fin dal suo titolo, WOW! si propone come meraviglia e stupore. Uno spettacolo che emozionerà gli adulti e che allo stesso tempo coinvolgerà e divertirà i più piccoli, che potranno così lasciarsi trasportare in un mondo onirico, quello che solo la magia ha il potere di ricreare nella veglia. Novanta minuti di pura illusione.Protagonista dello show sarà Luca Bono: considerato l’enfant prodige dell’illusionismo, oggi Luca è uno dei più apprezzati artisti della nuova magia, dinamica e divertente, capace di incantare i bambini, coinvolgere i ragazzi e affascinare gli adulti.Insieme a lui sul palcoscenico ci saranno gli straordinari artisti del Circolo Amici della Magia di Torino, la casa magica più vivace d’Italia, fucina di grandi nomi (come Brachetti, Berry, Alexander) e di nuovi campioni dell’illusionismo: Marco Aimone, artista poliedrico, prestigiatore, mimo e presidente del Circolo Amici della Magia; Sabrina Iannece, affascinante partner e punto di riferimento per Luca Bono; Diego Allegri, il principe delle ombre; Natalino Contini divertente e coinvolgente per i più piccoli e non solo; Lara D’Amelia performer con il cerchio aereo, armoniosa e spettacolare; Magic Willy che accoglierà il pubblico in un pre-spettacolo esilarante e coinvolgente.
E’ il 18 dicembre del 1922. Il fascismo ha da pochissimo tempo effettuato la Marcia su Roma (che probabilmente avrebbe potuto venire spazzata via dalle truppe regie se il re Vittorio Emanuele III avesse firmato lo stato di assedio) e Benito Mussolini è il capo del governo ma non ancora il padrone delle sorti italiche. In una Torino non ancora fascistizzata, un tramviere, militante comunista, ha uno scontro con un gruppo di squadristi. L’uomo, Francesco Prato, è originario di Valmacca ma vive a Torino, in Barriera di Nizza apre il fuoco e uccide 2 fascisti. Poi riuscirà, nei giorni successivi, a lasciare la città e l’Italia riparando nella Russia dei Soviet. Ma quel giorno e nei successivi 19 e 20 dicembre si scatena la rappresaglia, e perdono la vita 11 persone, mentre una trentina di altri riportato ferite. E in un’intervista apparsa su “La
Stampa”, il console della Milizia, Piero Brandimarte, afferma: “Abbiamo voluto dare un esempio, perché i comunisti comprendano che non impunemente si attenta alla vita dei fascisti”. La vicenda viene ripercorsa nel libro di Giancarlo Carcano “Strage a Torino – Una storia italiana dal 1922 al 1971” (che è l’anno della morte di Brandimarte considerato il maggiore ispiratore di quei fatti) edito per i tipi de La Pietra di Milano nel 1973. Di quei fatti, di cui se n’è progressivamente persa memoria, si parla martedì 20 dicembre, dalle ore 18 alle 20, al circolo La Poderosa , via Salerno 15/A in “Memoria della strage del 18 dicembre 192221. Intervengono Maria Chiara Acciarini ed un esponente del sindacato Usb.
Massimo Iaretti
Un ritorno a casa, dopo dodici anni il ritorno a casa del trentenne Louis, uomo di teatro già con una qualche fama alle spalle, omosessuale, dopo una fuga dalla provincia verso Parigi per cancellare una famiglia, un paese che gli sta stretto, il rammarico, i ricordi, il disprezzo e la violenza, il sussurrato e il non detto, le piccole infelicità di ogni giorno. Un ritorno a casa per dire della propria malattia, per annunciare, per far partecipi tutti, nella speranza di colmare il tempo passato e alla ricerca di quell’aiuto di cui ognuno ha bisogno. Sgomento, silenzioso, interrogativo, annientato. Arrivare e rincontrare il chiuso di una casa, una madre persa dietro i suoi fantasmi, dietro l’abito e il trucco, una sorella sboccata e chiacchierona che quasi non conosce, un fratello che nuota nella violenza verbale e fisica, che ha sempre saputo, che non sa costruire o che disprezza un dialogo, una cognata timida, appartata, chiusa in brevi dialoghi raggrumati, in sguardi persi dentro un passato come un presente che non le è facile decifrare. Le nevrosi di ognuno che vengono a galla, il ripetersi di domande, di perché cui non c’è risposta, delle cose che si sono lasciate e che si ritrovano, intatte. Perché rimanere se tutto ritorna come prima? Perché tentare di respirare se i piccoli uccellini, in quella casa, soffocano? Perché ogni cosa ritornerà cecovianamente come prima, i giorni somiglieranno ancora ai giorni. Un’altra fuga, quindi, per andare a morire chissà dove.
Questo il tracciato di “É solo la fine del mondo” che il francese Jean-Luc Lagarce – nel proprio paese l’autore contemporaneo messo maggiormente in scena, accolto alla Comédie-Française – scrisse poco più che trentenne (era nato nel 1957, morì colpito dall’Aids nel ’95), con una buona dose di autobiografia. Da noi il testo fu rappresentato circa sette fa dal Piccolo milanese per la regia di Luca Ronconi, con un gruppo d’attori eccellenti, con vivo interesse. Nel portarlo oggi sullo schermo, il franco-canadese Xavier Dolan (da “J’ai tua ma mere” a “Tom à la ferme” a “Mommy”), gran geniaccio contemporaneo, aspro, irriverente, avverte appieno la vicinanza con il proprio mondo, con il personale modo di sentire, tra poesia e miserrima realtà, lo stesso sguardo nei confronti della famiglia o della figura materna, ne cattura in maniera claustrofobica le sensazioni, i dialoghi, le pieghe più anaffettive e vuote di ogni personaggio (ma scriveva pure, “impersonano delle solitudini, solitudini ricche di una fortissima tensione emotiva e affettiva verso gli altri”), giocando con la macchina da presa vicinissima, incollata, quasi soffocante, sui corpi e sui visi, sui tanti primi piani, sui corpi che si toccano ma che rimangono lontanissimi, sugli silenziosi abbracci prolungati, sulla veemenza che interrompe un attimo di serenità tentata e ricercata. C’è uno straordinario lavoro di regia (non a caso a Cannes Dolan ha ricevuto il Gran Premio della Giuria), c’è il ricordo non soltanto di Cechov ma pure Strindberg e Albee, c’è il lavoro sugli attori, che rispondono a meraviglia. Innanzitutto Vincent Cassel che pare non essere mai stato così (violentemente) efficace, c’è la sottomessa Marion Cotillard, Léa Seydoux e Nathalie Baye, stralunata madre che continua a inseguire la vita e il figlio. C’è Gaspard Ulliel che è Louis, attonito, ma che necessariamente, perduto nel vuoto che lo circonda, gioca più d’ogni altro di sguardi e di parole non pronunciate, dinanzi a quegli squinternati brandelli familiari. Film che va assolutamente contro ogni legge natalizia, ma importante, assolutamente da vedere.
Elio Rabbione
Montesano mattatore nella Roma papalina
Nel febbraio del 1982 Mario Monicelli, uno dei principi della commedia italiana, presentava al festival di Berlino il suo “Marchese del Grillo”, con un Alberto Sordi alle prese con una delle sue prove cinematografiche migliori, e ne tornava a casa con il premio per la miglior regia, ben poggiata sulla sceneggiatura firmata da Benvenuti, De Bernardi, il torinese Pinelli e Bernardino Zapponi. Più di trent’anni dopo, Enrico Montesano nelle vesti di interprete e di autore con l’aiuto di Gianni Clementi e Massimo Romeo Piparo quale regista, ripropone il personaggio del nobiluomo romano, Guardia nobile di papa Pio VII, scanzonato e gran confezionatore di burle.
L’ozio è il suo credo quotidiano, i riti familiari e i parenti tutti, bigotti e legatissimi alle antiche tradizioni e nel loro odio verso gli invasori francesi del piccolo Napoleone, sono accettati lì a palazzo ma soltanto per essere scansati, insolentiti, resi ridicoli, la frequentazione di bettole e osterie è un obbligo, per incrociare e coltivare qualche liaison con popolane in cerca di quattrini, di ricconi da pelare (ma qui troveranno pane per i loro denti), il pensiero fisso è quello di ordire scherzi che vadano a colpire tutti, nobili e plebei, senza grandi distinzioni. Sia il povero falegname ebreo che oltre a non venir pagato per il lavoro fatto, indifeso Shylock ottocentesco, con le conoscenze giuste debitamente oliate, viene trascinato in tribunale e in carcere, a dimostrazione davanti alla persona di Sua Santità, se mai ce ne fosse bisogno, che la giustizia non esiste: salvo poi, in privata sede, corrispondere al pover’uomo il triplo del compenso e anche l’aggiunta di un podere. Sia il povero ubriacone Gasperino, il carbonaio suo sosia perfetto, trovato tra le rovine del Foro e, ripulito e profumato, messo nel letto con tanto di baldacchino mentre i domestici gli danno l’incomprensibile “buongiorno, signor Marchese” e mentre i papalini ricercano l’autentico Onofrio del Grillo, reo di aver abbandonato la difesa del papa e di essere corso ad abbracciare le idee della rivoluzione. In tempi in cui il potere temporale cercava tutti i mezzi per non andare a rotoli e tenersi ben saldo su questa povera terra, la ghigliottina per lui sarebbe già pronta se il marchese non mettesse in campo per la prima volta le proprie responsabilità, “ho scherzato tutta la vita, ma non sono un pupazzo e non posso far condannare un innocente al posto mio”.
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Scherzi, popolino e popolaccio e nobili, gli angoli di Roma come in una stampa di Pinelli, gli ori e tutta la polvere, i calici e il vino di osteria, le madonne e le mignotte, la certezza che niente è cambiato e ieri è eguale a oggi, ogni società è identica all’altra, con ipocrisie e scandali e tutto il resto (per cui viene abbastanza facile che “altri abbiano un Napoleone che resta un grande Sole” mentre “a noi ci sono rimasti soltanto i Raggi”), tutto quanto rientra alla perfezione nelle scene di Teresa Caruso, costruita su di un girevole che apre e dischiude interni e squarci suggestivi. É davvero uno spettacolo degno del Sistina romano, tempio della commedia musicale di casa nostra, questo “Marchese del Grillo” che chiude già domani le sue recite torinesi. Veloce, con i tempi tutti giusti la regia di Piparo, orecchiabili le musiche di Emanuele Friello, le coreografie di Roberto Croce dispongono al meglio il perfetto corpo di ballo. In un panorama di osti e prelati, di ferree Marchese Madri e di sorelle dall’alito maleodorante, di castrati e di cuginette che a tempo debito ritroveranno gli ardori perduti, tutte quante efficaci figure di un presepe imbastito nell’imperativo del divertimento, Montesano spicca in gran forma, costruisce il suo duplice personaggio tra lo sberleffo e la dabbenaggine e sigla con grande sicurezza uno spettacolo che ha tutti i numeri per essere uno dei migliori dell’annata.
Elio Rabbione
Ecco l’Abbonamento Musei Extra che abbina l’offerta museale di Piemonte e Lombardia, con un paniere di 300 musei. La presentazione al Circolo dei Lettori di Torino da parte degli assessori alla Cultura di Torino, Piemonte e Lombardia, Francesca Leon, Antonella Parigi e Cristina Cappellini. Una iniziativa sorta dal successo dell’Abbonamento Torino Piemonte ideato 21 anni fa e oggi in tasca a 130.000 persone, e da quello Lombardia Milano che in un anno ha registrato 20.000 persone. Ha detto l’assessore Parigi che non è vero che “la carta musei faccia perdere soldi agli organizzatori delle grandi mostre: anzi, aumenta il pubblico”.
(foto: il Torinese)
Domenica 18 dicembre 2016, alle ore 11.00, è programmato, al Teatro Carignano di Torino, l’ultimo appuntamento di LEZIONI DI STORIA, iniziativa realizzata grazie alla collaborazione tra Editori Laterza, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, il Circolo dei lettori e La Stampa.
All’incontro, dal titolo AUGUSTO E IL CALIFFO, parteciperanno lo storico Andrea Giardina e il Direttore de La Stampa Maurizio Molinari.
Rigore scientifico e capacità di comunicare, appassionare, incuriosire: i migliori storici salgono sul palcoscenico per parlare al grande pubblico. Questa la formula che ha decretato il successo delle Lezioni di Storia. Per la prima volta, migliaia di persone hanno fatto la fila per assistere a un appuntamento diventato immancabile.
Incantato da un linguaggio chiaro e avvincente, in luoghi sempre speciali, il pubblico ha avuto la possibilità di conoscere in presa diretta le vicende delle nostre città, i grandi avvenimenti contemporanei dell’Italia e del mondo, gli eventi che hanno impresso svolte radicali, i personaggi che sono stati protagonisti della grande storia. Dall’Impero romano ai nostri anni, portati per mano attraverso i secoli, in tanti hanno scoperto perché un episodio anche lontano nel tempo possa spiegare il nostro presente e dia risposte al bisogno di memoria. Le Lezioni di Storia sono partite da Roma per approdare a Milano, Torino, Genova, Firenze, Trento, Rovereto, Trieste e anche Londra e Dublino.
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Teatro Carignano
domenica 18 dicembre 2016 – ore 11.00
AUGUSTO E IL CALIFFO
Andrea Giardina, Maurizio Molinari
La storia antica può fornirci indicazioni preziose per capire il nostro mondo, percorso da conflitti al tempo stesso politici, economici e religiosi. Oriente e Occidente, Nord e Sud, rappresentazioni culturali prima ancora che geografiche nel dialogo tra uno storico dell’antica Roma e il direttore de “La Stampa”.
18 DIC 2016 – Ore 11.00
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INFO E BIGLIETTERIA
Il Circolo dei lettori, via Bogino 9, Torino
info@circololettori.it – 011.4326827
Ingresso: Intero € 7,00 – Ridotto € 5,00 (Abbonati Teatro Stabile Torino, La Stampa, Carta Plus Circolo dei lettori)
Il convegno conclusivo degli Stati generali della cultura in Piemonte svoltosi ieri al teatro Carignano di Torino per iniziativa della Regione Piemonte e su proposta del Comitato “Emergenza Cultura”è stato un evento molto positivo. Gli Stati generali possono rappresentare davvero una svolta significativa perché hanno radiografato da vicino la multiforme realtà culturale subalpina al disopra di ogni prevedibile aspettativa.Dal saluto iniziale del presidente Sergio Chiamparino che ha ricordato come la gestione della politica culturale piemontese abbia avuto diverse gestioni politiche,citando quella di Gian Piero Leo,al saluto dell’assessore Antonella Parigi che ha affermato con vigore che “la cultura deve far soprattutto cultura”, al di là delle pur opportune ricadute turistiche, si possono infatti registrare prese di posizione interessanti.
Chi opera nel campo della cultura, come chi scrive ,da molti decenni ed ha conosciuto tutti gli assessori alla cultura dal 1975 in poi non può non prendere atto con favore che l’evento segna una svolta rispetto ai periodi duri in cui la lesina è sembrata essere -doverosamente- la linea su cui attestarsi,in tempi di crisi. Siamo sempre stati d’accordo con Chiamparino quando ,come sindaco di Torino, diceva che tra un asilo e la cultura ,avrebbe scelto l’asilo,ma sicuramente non si può fare cultura con i fichi secchi,anche se molte realtà culturali si sono abituate a non dipendere dall’erogazione dei finanziamenti pubblici,cercando di reggersi sulle proprie gambe.
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Va infatti detto che c’è stata una stagione in cui certo parassitismo, poi neanche molto qualificato culturalmente ,è stato premiato in modo discutibile.Non c’è neppure bisogno di evocare un fortunato premio letterario,per rendersene conto.La relazione introduttiva di Paola Casagrande,direttore della cultura,turismo e sport della Regione è stata ricca di elementi molto concreti,primo tra i quali l’illustrazione del sito facciamoculturismo.it che mette tra l’altro in rete i bandi ,anche europei, e un indirizzario comune tra le istituzioni culturali che avranno l’opportunità di rapportarsi tra di loro. Il direttore ha evidenziato il supporto che la Regione può offrire alle istituzioni culturali piemontesi,un supporto che, in passato, è spesso mancato.Luca Dal Pozzolo,direttore dell’Osservatorio Culturale del Piemonte ,nella sua relazione ha offerto motivi di informazione e di riflessione molto importanti.Dal Pozzolo ha posto in evidenza un fatto quasi sottaciuto,ma assai rilevante : la difficoltà di dialogo tra istituzioni culturali e mondo scolastico.E’ una specie di incomunicabilità che,salvo le eccezioni come il liceo d’Azeglio di Torino e poche altre realtà scolastiche piemontesi,dura da molti anni. Questo fosso va colmato al più presto soprattutto nell’interesse dei giovani. Il Centro “Pannunzio” ebbe per decine di anni un rapporto talmente privilegiato con il mondo della scuola che nel suo statuto venne affermata, a partire dagli Anni 80 ,la particolare attenzione verso le istituzioni scolastiche del territorio oltre, com’è naturale,al rapporto storico con l’Università .
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Da parecchio tempo quel fluire di giovani per i quali venivano organizzati convegni,seminari,cicli di lezioni è molto diminuito. C’è da domandarsi il perché. Infatti solo eventi in orario di lezione riescono a attrarre, nel modo più sbagliato, l’attenzione dei giovani. Occorre invece riuscire a riprendere il dialogo al di fuori dell’orario di lezione,dimostrando che internet e la musica non comprendono tutto o quasi il possibile orizzonte giovanile.Le istituzioni culturali sono un elemento fondamentale di mediazione tra scuola e territorio,come affermava tanti anni fa il sociologo Filippo Barbano. Dal Pozzolo ha inoltre evidenziato la necessità di certezze nei tempi della erogazione di eventuali contributi ad eventi importanti. Senza queste certezze le realtà più fragili economicamente sono gravemente penalizzate e le iniziative in cantiere costrette a snaturarsi rispetto ai progetti iniziali. A questo proposito potremmo citare esempi relativi al 2015 che lasciano perplessi, come un convegno su Valdo Fusi a cui venne negato un contributo regionale,dopo lo svolgimento dell’evento in ottobre, con una mail spedita nel pomeriggio del 31 dicembre. Inoltre,riprendendo il discorso dell’assessore Parigi, è stato evidenziato come non si possa pensare alla cultura solo in funzione del turismo. E’ una scelta che va oltre certe posizioni emerse,ad esempio, durante la Giunta Cota, malgrado l’apertura a tutto campo dell’assessore Coppola. Forse andrebbe anche evidenziato come le istituzioni culturali non debbano essere necessariamente delle imprese che perseguono il profitto perché l’ associazionismo fondato sul volontariato che non persegue per statuto fini di lucro, merita il rispetto che gli deriva dalla nobiltà-la parola è grossa,ma non è fuori posto – di un impegno in nome di ideali, in tempi in cui essi sembrano essersi appannati.
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Va altresì detto che scelte come il Polo del ‘900 vadano allargate e non possano rimanere una riserva indiana limitata a realtà con la quasi identica matrice politico-culturale. A tutt’oggi, l’associazione Venezia Giulia- Dalmazia,inserita all’ultima ora nel Polo, non vi ha trovato effettiva ospitalità.Una nota poco gradevole è il fatto che tra i consiglieri regionali presenti fin dal mattino si siano notati solo il vicepresidente Nino Boeti, attento da sempre ai temi culturali e il presidente della Commissione Cultura del Consiglio Regionale Daniele Valle che ha chiuso il convegno insieme all’assessore Parigi. Forse altri consiglieri hanno preferito mischiarsi al folto pubblico che ha riempito il teatro. Il convegno ha registrato relazioni e interventi dei maggiori e più autorevoli esponenti interessati alla cultura piemontese ,ma non sempre, com’era naturale che accadesse ,c’è stata una visione d’insieme dei reali problemi del settore.Il fatto però che si sia aperto un confronto a tutto campo rappresenta invece un punto di arrivo inaspettato,ma soprattutto un punto di partenza. Da ieri ,forse, è lecita una rinata speranza. I lavori degli Stati Generali sono una risposta molto seria e concreta all’inconcludenza del Movimento 5 stelle torinese che riesce ad esprimersi solo con dei no, rivelandosi incapace di ogni proposta positiva nel campo della cultura e, più in generale, dell’amministrazione. La “decrescita felice” anche in campo culturale ? Ghigliottinando esperienze e persone non si produce altro che la paralisi e l’arretramento.
Pier Franco Quaglieni
direttore del Centro “Pannunzio“
Squali di carta e altre meraviglie
LE MERAVIGLIE DEL MONDO
Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia Torino, Musei Reali Galleria Sabauda e Biblioteca Reale 16 dicembre 2016 – 2 aprile 2017
Squali di carta lunghi tre metri, oltre 800 dipinti, 14.000 volumi conservati in armadi, ognuno dei quali dedicato a un aspetto del sapere, busti romani, gioielli, armature, arazzi, carte geografiche: sono tutte le meraviglie del mondo raccolte dall’ambizioso e carismatico duca di Savoia Carlo Emanuele I nella seconda metà del Cinquecento. Oggi parte di questa straordinaria collezione rivive ai Musei Reali di Torino nella mostra Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia, presentata in Galleria Sabauda e alla Biblioteca Reale dal 16 dicembre al 2 aprile 2017. La mostra è organizzata dai Musei Reali di Torino, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino; media partner Rai TGR. Le meraviglie del mondo presenta al pubblico uno straordinario momento del collezionismo sabaudo: quando, tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, con il duca Carlo Emanuele I si forma il primo ricchissimo nucleo delle raccolte di pittura, scultura e oggetti preziosi che da subito godettero di grande fama internazionale. In mostra sono esposte 250 opere alle quali si aggiungono 80 album di acquerelli e numerosi prestiti internazionali: per la prima volta la magnifica collezione di Carlo Emanuele I viene riunita in un’unica esposizione, come forse non accadeva dai tempi del duca. Il 30 agosto 1580 moriva il duca Emanuele Filiberto e saliva al trono il figlio Carlo Emanuele I (detto Il Grande), appena diciottenne, che regnerà per ben cinquant’anni, dal 1580 al 1630.
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Protagonista della vita di corte, attraverso la sua straordinaria collezione di meraviglie il duca afferma l’importanza dello Stato sabaudo, mettendolo al pari delle grandi potenze dell’epoca. Ambizioso, colto, amante delle lettere, delle arti e delle scienze, il giovane duca – in continuità con le scelte del padre che nel 1563 aveva trasferito la capitale sabauda da Chambéry a Torino – si prodiga per un importante rinnovamento culturale e artistico della città. Eredita da Emanuele Filiberto la visione strategica e l’attitudine militare; dalla madre, Margherita di Valois, figlia di Francesco I re di Francia, l’attenzione per la cultura e il gusto del bello. La moglie, Caterina Michela d’Asburgo, Infanta di Spagna, contribuisce ad ampliare i suoi orizzonti portando a corte la cultura spagnola. La mostra si apre con la storia del duca, ritratto in varie opere dalla sua fanciullezza all’età adulta. Sin da piccolo immerso nell’arte (Raffaello, Mantegna, codici miniati di grande bellezza) grazie alle raccolte del padre Emanuele Filiberto, il giovane duca esprime fin da subito il suo più profondo desiderio: creare un compendio di tutte le cose straordinarie del mondo. Ed ecco che nascono così le raccolte di oggetti antichi, le preziose collezioni librarie, il compendio delle meraviglie naturali, la raccolta di armi ed armature, la straordinaria quadreria, l’arredo scultoreo moderno, i ritratti. La passione per l’arte classica è uno dei cardini della politica culturale di Carlo Emanuele I, che non risparmia energie per accaparrarsi importanti opere di antichità. Nel 1583 acquista a Roma la collezione di Girolamo Garimberti, antiquario di fiducia di Cesare Gonzaga, consulente di Alessandro Farnese, di Rodolfo Pio da Carpi e del duca di Baviera Alberto V. Arrivano così a Torino circa duecento opere: teste di marmo e statue di varie dimensioni, oltre a tavole e colonne di marmi policromi. Nel 1610 è la volta di un’altra celebre raccolta romana: quella del banchiere Bindo Altoviti. Una parte delle sculture è destinata alla Galleria, ma le statue di grandi dimensioni vanno a decorare le fontane e i giardini del nuovo Palazzo Ducale e contribuiscono a trasformare il Casino di caccia del Viboccone, ora scomparso, in un raffinato luogo di svago, con un cortile ellittico popolato di sculture antiche.
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Un favoloso patrimonio parzialmente giunto fino a noi e ora custodito in gran parte tra i tesori dei Musei Reali di Torino, oggetti che trovano un profondo significato nella unitarietà generale della raccolta del duca. La collezione, per la prima volta, verrà in parte ricomposta al primo piano della Galleria Sabauda e nei caveaux della Biblioteca Reale, grazie a importanti prestiti di Musei e Istituti non soltanto torinesi, ma anche nazionali e stranieri. A un anno esatto dall’autonomia gestionale introdotta dalla riforma dei Musei statali, Le meraviglie del mondo è la prima importante esposizione completamente curata dai Musei Reali. Una grande sfida volta a conferire un’espressione identitaria, come sottolinea Enrica Pagella, Direttrice dei Musei Reali: “L’idea di questa mostra si fonda su una tradizione di studi e il nostro obiettivo è stato quello di mettere in contatto un più vasto pubblico con questa stagione straordinaria e poco nota della città di Torino. Una stagione che ruota intorno alla figura di un principe dalla curiosità insaziabile e dall’attivismo frenetico, tanto in politica come in guerra, così come sul progetto di dotare la sua capitale di un patrimonio artistico di grande valenza simbolica, degno delle più importanti corti europee. Fondamentale per la riuscita è stata la collaborazione dell’Archivio di Stato di Torino, della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino e di Palazzo Madama, oltre al determinante sostegno della Compagnia di San Paolo e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, che vivamente ringrazio”.
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Francesco Profumo, Presidente della Compagnia di San Paolo commenta “La Compagnia di San Paolo sostiene la mostra che siamo qui ad inaugurare, ritendendo che la figura di Carlo Emanuele I e il suo tempo siano fondamentali per comprendere ancora oggi molti aspetti urbanistici, architettonici e culturali della nostra città. La mostra, rappresenta inoltre il momento di avvio di una collaborazione tra la Compagnia stessa e i Musei Reali con l’obiettivo di creare un dialogo forte tra le istituzioni museali e il contesto culturale di riferimento. E’ infatti prevista la realizzazione di un nuovo percorso di visita che, attraverso un rimando tra una selezione delle opere in mostra e di quelle conservate nelle principali chiese di Via Garibaldi (Santi Martiri, Cappella dei Mercanti, SS. Trinità e Misericordia), consentirà al visitatore di scoprire un patrimonio di arte e architettura ancora poco noto ma fondamentale per comprendere la storia comune a tutta la città. Il progetto è la naturale prosecuzione del programma di valorizzazione delle architetture religiose del centro storico avviato dalla Compagnia in occasione dell’Ostensione della Sindone”. Adriana Acutis, Presidente della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, sottolinea che “La capacità dei Musei Reali di collaborare superando l’ostacolo dell’individualismo ne fa una realtà rilevante a livello internazionale. La capacità di imprese ed enti di collaborare attraverso Consulta per il bene della città fa di Consulta una realtà in grado di incidere sul rinnovamento del territorio e, con la progettualità collegata alla mostra “Le meraviglie del mondo. Le collezioni di Carlo Emanuele I di Savoia”, di essere parte attiva nell’affermazione dell’identità dei Musei Reali. “La forza vitale dell’arte e della cultura è un bene comune sul quale da quasi 30 anni le imprese e gli enti soci di Consulta investono con senso di responsabilità e spirito di aggregazione, in stretta collaborazione fra pubblico e privato. La costanza di questo intervento ha permesso a Consulta di essere parte attiva nell’aggregazione dei Musei Reali e ora nella loro affermazione come realtà museale di rilevanza internazionale.” La mostra è a cura di Annamaria Bava ed Enrica Pagella con la collaborazione di Gabriella Pantò e Giovanni Saccani. Il percorso nella Biblioteca Reale è curato da Pietro Passerin d’Entrèves e Franca Varallo.
Teatro Regio, lunedì 19 dicembre 2016 ore 20.30
«Tutti quanti voglion fare il jazz perché resister non si può al ritmo del jazz!», così attacca la celebre canzone contenuta nel film d’animazione Disney Gli Aristogatti. Chi non ricorda Romeo, Scat e la sua band trascinare Duchessa e i suoi micini nel ritmo così speciale e coinvolgente che solo il jazz possiede? Questo e molto altro, potete scommetterci, accadrà al Teatro Regio lunedì 19 dicembre alle ore 20.30 con il concerto Tutti quanti voglion fare il jazz… anche a Natale! Gli ingredienti ci sono tutti: un trio jazz, il Luigi Martinale Trio composto da Luigi Martinale al pianoforte, Mauro Battisti al contrabbasso e Paolo Franciscone alla batteria; il Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio “G. Verdi” e il pubblico, che sarà invitato a partecipare cantando. A mescolare sapientemente tutti gli ingredienti
sarà il direttore Claudio Fenoglio, cui si deve anche l’idea del concerto e che, insieme a Luigi Martinale, ha curato tutti gli arrangiamenti. In programma canzoni tradizionali natalizie e celebri composizioni jazz. Il concerto si inserisce nel cartellone de Al Regio in famiglia, iniziativa che propone spettacoli, opere e concerti particolarmente adatti ai nuclei familiari e a condizioni di biglietteria eccezionalmente favorevoli: biglietto intero € 15 e under 16 € 10, in vendita alla Biglietteria del Teatro Regio (tel. 011.8815.241/242, aperta da martedì a venerdì ore 10.30-18, il sabato ore 10.30-16), un’ora prima dello spettacolo e telefonicamente al n. 011.8815.270 (ore 9-12, da lunedì a venerdì). Info – Tel. 011.8815.557. Lunedì 19 dicembre alle ore 10.30 è prevista una recita dedicate alle scuole; sabato 7 gennaio il concerto sarà replicato al Palazzo delle Feste di Bardonecchia. Le attività rivolte alle scuole sono realizzate in collaborazione con la Fondazione Cosso, gli Amici del Regio e la Fondazione Banca Popolare di Novara. Per informazioni, contattare l’Ufficio Attività Scuola al numero 011.8815.209 e consultare il sito www.teatroregio.torino.it. Per ulteriori informazioni e approfondimenti è attivo il blog La Scuola all’Opera.
(foto: il Torinese)
Sono 12 i primi aderenti, dall'”Economia” di Trento alla “Mente” di Sarzana
Il XXX Salone Internazionale del Libro di Torino sarà la vetrina dei festival culturali italiani. Un Superfestival in cui le esperienze più interessanti e creative da tutta la Penisola si incontreranno portando ciascuno il meglio dei propri autori e la peculiarità della propria formula. L’idea è nata da Marco Cassini, l’editore di Sur, e da Gianmario Pilo, libraio de La galleria del libro di Ivrea: insieme ideatori e organizzatori de La Grande Invasione, il festival della lettura che si tiene a inizio giugno nella città olivettiana. Il progetto è sviluppato assieme al Salone e sotto gli auspici del Centro per il Libro e la Lettura, che già aveva dato vita alla rete delle Città del libro di cui il Superfestival rappresenta una nuova tappa. I primi 12 festival che hanno aderito sono: Festival dell’Economia (Trento, Economia), I Boreali(Milano, Cultura nordica), Porte Aperte Festival (Cremona, Letteratura), Home Festival (Treviso, Musica rock), La Grande Invasione (Ivrea, Letteratura), Festival della Mente (Sarzana, Scienze), Bilbolbul (Bologna, Fumetto), Urbino Città del Libro (Urbino, Letteratura), Gita al faro (Ventotene, Letteratura), Un’altra galassia (Napoli, Letteratura), I Dialoghi di Trani (Trani, Bisceglie, Corato, Scienze umane), Marina Cafè Noir (Cagliari, Letteratura). E altri sono in arrivo.