CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 736

Il Jazz italiano per Amatrice

musica90Maratona Jazz con il mondo della musica torinese che partecipa all’iniziativa ‘Il Jazz italiano per Amatrice’  il 4 settembre al Piccolo Regio. Protagonisti sei artisti jazz dell’area piemontese coordinati da Ugo Viola, ideatore del Moncalieri Jazz Festival e già collaboratore di ‘Il Jazz Italiano per l’Aquila’. Il concerto ha il patrocinio della Città di Torino e  il supporto della Fondazione per la Cultura Torino, ed è inserito ella programmazione di MiTo SettembreMusica. Ugo Viola ha radunato su un unico palco musicisti che si sarebbero dovuti esibire all’Aquila  ne ‘Il Jazz Italiano per l’Aquila’. Progetto che quest’anno si è trasformato in ‘Il Jazz Italiano per Amatrice’ , spalmato anche a Roma e in altre città italiane per volere dei promotori Micbat, Associazione I-Jazz, Midj Musicisti italiani di Jazz e Casa del Jazz.

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Quale futuro per Stupinigi? La Regione al lavoro

stupinigi maiorano album“La Regione si sta occupando ormai da mesi del futuro della Palazzina di caccia di Stupinigi ponendo il tema al centro di un percorso che ha proprio l’obiettivo di scongiurare prospettive incerte per la Residenza”: l’assessora alla Cultura e al Turismo, Antonella Parigi, risponde così alle preoccupazioni espresse dai sindaci di Nichelino, Beinasco e Orbassano su una paventata chiusura del complesso da parte della Fondazione Ordine Mauriziano. “La Fondazione – rivela Parigi – è da tempo coinvolta nel tavolo di lavoro aperto dal Consorzio La Venaria Reale e presieduto dal suo direttore Mario Turetta, dove si sta affrontando innanzitutto il tema del passaggio in forma indiretta della gestione ordinaria della Palazzina al Consorzio stesso, nonché diverse altre possibili soluzioni nel quadro del progetto complessivo di riqualificazione e promozione delle Residenze sabaude”. “Si tratta pertanto – conclude l’assessora – di una strada che stiamo seguendo proprio per dare continuità alla fruibilità di quello che consideriamo uno dei nostri ‘beni faro’ sotto il profilo culturale e turistico, nei confronti del quale è opportuno che tutti gli attori coinvolti si muovano in un’ottica di interesse pubblico e di sviluppo territoriale condiviso”.

 

GG – www.regione.piemonte.it

(foto: Vincenzo Maiorano)

L’arte emergente di “The Others” cambia casa

the_othersThe Others,  la prima fiera italiana dedicata all’arte emergente internazionale, giunta quest’anno alla sesta edizione,  lascia lo spazio dell’ex Carcere Le Nuove per spostarsi all’ex Ospedale Regina Maria Adelaide. Lo spostamento  segna un cambiamento nel carattere della fiera, che diventa così un evento itinerante, nomadico, che occuperà di volta in volta spazi anticonvenzionali, spesso in disuso, contribuendo alla riattivazione degli stessi. 

The Others ospita realtà profit e no profit che lavorano continuativamente su programmi dedicati a giovani artisti: gallerie emergenti, centri no profit, spazi espositivi, fondazioni, collettivi di artisti o curatori e artist-run spaces focalizzati sulla promozione e sullo sviluppo del panorama artistico emergente.Inoltre, collaborazioni con progetti editoriali, premi d’arte, residenze per artisti, accademie d’arte e spazi di design autoprodotto, rendono The Others una fiera con un punto di vista sull’arte a 360 gradi.

Negli anni affluenza e visibilità sono aumentate permettendo a The Others di aprirsi sempre più verso il panorama artistico internazionale. La fiera è diventata una piattaforma espositiva unica nel suo genere, nata per valorizzazione nuove energie creative. 

others3L’edizione 2016 è caratterizzata da una serie di novità mirate a rafforzare l’unicità della fiera, rendendola un evento culturale unico nel suo genere, un generatore di nuovi dialoghi, un osservatorio privilegiato sulla creatività emergente internazionale.

The Others viene dunque ospitata in Lungo Dora Firenze 87, al piano terra dell’ex Ospedale Regina Maria Adelaide, nel quartiere più trendy di Torino, a 5 minuti a piedi da Piazza Castello. L’edificio, inaugurato nel 1887, è costituito da tre corpi riuniti tra loro da passaggi coperti e comunicanti in un ampio giardino interno. Intitolato nel 1885 alla Regina Maria Adelaide, è stato centro traumatologico di eccellenza e negli anni Sessanta fu tra i primi a introdurre i servizio di rieducazione e riabilitazione. Chiuso ad Aprile del 2016, è stato concesso per la realizzazione di The Others grazie alla disponibilità e sensibilità della Città della Salute e della Scienza di Torino.

La rassegna  si muove verso un’identità aperta e multiforme. Un modello pionieristico in grado di interpretare un cambiamento culturale in pieno sviluppo, che vede gli individui cavalcare i profondi mutamenti tecnologici e comunicativi in atto. Concetti quali stabilità e sedentarietà risultano oggi sempre più obsoleti e al tempo stesso sostituiti con nuovi parametri culturali: mobilità, flessibilità, spirito di adattamento, dinamismo, eterogeneità, cosmopolitismo, contaminazione culturale, autonomia. The Others vuole fare del Nomadismo Culturale il proprio credo. Attraverso la mutabilità degli scenari sceglie di interagire con le comunità locali, dando luogo ad un flusso continuo di saperi, conoscenze e apporti creativi. 

Un programma di Performance, Video, Musica e la novità di un’unica giornata dedicata ad un Roundtable – che quest’anno toccherà proprio la tematica del Nomadismo Culturale – rendono la fiera un evento dinamico, ricco di momenti di confronto e scambio di esperienze, idee e progetti, confronti che sono attivatori di sinergie virtuose fondamentali per la crescita dell’intero sistema artistico contemporaneo.  Corpo vivo della settimana dell’arte torinese, The Others è un’occasione imperdibile per chi voglia indagare l’arte emergente contemporanea.

PROGETTI SPECIALI

The Others Exhibit: la seconda edizione di Exhibit viene riproposta quest’anno all’interno degli spazi della Fiera, nella Palestra principale del Maria Adelaide. L’esposizione vuole evocare quella che dovrebbe sempre essere la dimensione e la condizione dell’arte: senza confini. Sculture, installazioni e interventi multimediali senza limiti di formato potranno dialogare con la dimensione di ampio respiro del contenitore, forzando il limite abituale dello spazio espositivo.
The Others Performance: un programma giornaliero di performance proposte dagli espositori della Fiera e selezionate dal Comitato Curatoriale.
others2The Others Screen: all’interno di tre piccole stanze di proiezione, adiacenti una all’altra, ogni giorno si alterneranno i video presentati dagli espositori e selezionati dal Comitato Curatoriale.
The Others Roundtable: The Others inviterà alcuni importanti attori del sistema dell’arte emergente a discutere sul tema del Nomadismo Culturale, il tutto durante un’unica giornata. 

COME PARTECIPARE

L’ammissione è riservata a realtà profit e non profit che lavorano continuativamente su programmi dedicati a giovani artisti: gallerie emergenti, centri non profit, spazi espositivi, fondazioni, associazioni, collettivi di artisti o curatori e artist-run spaces focalizzati sulla promozione e sullo sviluppo del panorama artistico emergente.
Gli espositori devono presentare un progetto curatoriale che può comprendere al massimo la presenza di tre artisti, con un titolo e un testo relativo. Sulla base di questa proposta avverrà la selezione alla partecipazione dal parte del Comitato Curatoriale.
L’application sarà on-line all’indirizzo www.theothersfair.com/#come-partecipare a partire dal 1 settembre 2016. 

Gli espositori potranno presentare, senza alcun costo aggiuntivo, una proposta curatoriale per i progetti speciali: Performace, Screen ed Exhibit. I primi due sono dedicati alla performance e al video mentre il terzo è dedicato alla nuova edizione di Exhibit, riproposta all’interno della Fiera, nel grande spazio della Palestra principale. Una mostra realizzata con opere senza limiti di formato selezionate dal Comitato Curatoriale fra quelle proposte dagli espositori: sculture, installazioni e interventi multimediali che potranno dialogare con la dimensione di ampio respiro offerte dal contenitore. La proposta potrà comprendere opere installative di qualsiasi forma, linguaggio e materiale, che non prevedano l’uso di pareti e non richiedano illuminazione puntuale.

(foto: il Torinese)

Da Morbelli a Colonna la grande arte si ripresenta e si rinnova

colonnaLa dimora di Angelo Morbelli, accogliendo la mostra di Gianni Colonna, accosta idealmente due artisti diversi per epoca e stile ma entrambi con possesso permanente dell’arte del passato.

Se Morbelli ritrovava in Tiziano e Rembrandt intuizione sulla teoria dei puntini, come attesta una sua lettera a Pellizza, così Colonna, innestando ridipinture su opere preesistenti, ripropone la grande arte di cui si appropria in modo innovativo. Poiché l’evento artistico è misterioso e paradossale, i dipinti, pur scaturiti da sedimentata memoria iconografica di amate risonanze, esprimono unicità, frammenti della propria vita e sensibilità del proprio tempo. Come non trovare accenni alla Body Art nei cartoni in cui su corpi nudi femminili vengono dipinti il giorno e la notte di Michelangelo; come non cogliere partecipazione all’attuale problema del femminicidio nella trasformazione del Cristo della flagellazione di Piero della Francesca in figura di donna. Nel panorama dell’arte contemporanea, spesso omologazione che banalizza le geniali provocazioni delle avanguardie novecentesche, Colonna rappresenta una delle poche eccezioni. Nessuna concessione all’effimero e alla volgarità anzi, vocazione alla Bellezza come Stile che dà senso all’esistenza attraverso l’oggettivazione dell’idea. Si attua una sorta di ritorno all’ordine, una moderna classicità che recupera miti e simboli, l’alchimia dei contrari giorno-notte, luce- ombra, sole- luna che si avvicendano nella storia dell’umanità come in un processo Vichiano. Con l’appropriarsi della forma che, come diceva Casorati suo maestro “se annullata impoverirebbe la conoscenza del mondo”, si assiste ad un ribaltamento di interpretazione dei generi per cui paradossalmente il figurativo diventa novità contrapponendosi al dilagare dell’Accademia delle avanguardie.

Giuliana Romano Bussola

Colma di Rosignano (AL), Casa Museo di Angelo Morbelli. Organizzata dall’associazione Amis d’la Curma la mostra di Gianni Colonna sarà inaugurata il 3 settembre alle ore 18 e proseguirà il 4 settembre.

Trovare Bistolfi a Trento

bistolfi1Leonardo Bistolfi, il grande scultore liberty (fu anche pittore divisionista anche se in misura minore e per diletto), nacque a Casale Monferrato ma sviluppò la sua carriera artistica soprattutto a Torino. Molteplici sono le sue opere e non è infrequente trovarle a mostre che si rifacciano al periodo a cavallo tra fine Ottocento ed inizio Novecento. Non ne è un’eccezione neanche “Tempi della storia, tempi dell’arte – Cesare Battisti tra Vienna e Roma” che si svolge sino al 6 novembre prossimo (è stata inaugurata il 12 luglio scorso) al Castello del Buon Consiglio di Trento dove l’irredentista venne processato, condannato a morte ed impiccato dagli austriaci nel 1916. Documenti, fotografie, opere d’arte avvicinano e fanno meglio conoscere la figura di colui che fu uno dei fautori dell’italianità del Trentino all’interno della duplice monarchia austro – ungarica prima (fu anche deputato al Parlamento di Vienna prima dello scoppio della Grande Guerra) e protagonista del conflitto mondiale, sino al moment in cui venne giustiziato nell’antica dimora dei vescovo trentini. Tra le opere esposte, dunque, i visitatori potranno ammirare un pregevole “Monumento a Segantini”, bozzetto in marmo realizzato da Leonardo Bistolfi a ricordo del pittore divisionista Giovanni Segantini.

Massimo Iaretti

Torna Todays Festival, musica nella periferia industriale torinese

todays festivalIl Todays festival torna nell’ultimo week-end di agosto, dal primo pomeriggio a notte inoltrata, e Torino passa dall’essere corpo al dare corpo a un crocevia di suoni che si propagano lungo le spine architettoniche e l’archeologia industriale riqualificata della periferia urbana che li contiene, li custodisce, li rimescola, li riverbera e lascia che si diffondano.

È proprio la valorizzazione delle periferie la principale peculiarità di un festival che non si limita all’esplorazione della geografia fisica di quartieri della città, ma punta al coinvolgimento di realtà, associazioni e artisti del territorio, che hanno saputo e sappiano interpretare i cambiamenti – urbani, culturali, sociali – e raccontare il presente nella musica, nell’arte, nella creatività. Due i palchi principali dove trovare romantiche memorie e contemporanee suggestioni in concerti di assoluta eccellenza internazionale: il grande prato verde di sPAZIO211, palcoscenico a cielo aperto ideale per raccogliere, accudire e dare ossigeno alla quintessenza della produzione musicale indipendente di prima classe su scala mondiale e, a pochi passi, la piazza semicoperta,

fulcro evocativo dell’ex Industria Nazionale Cavi Elettrici Torino INCET sorta alla fine del XIX secolo e abbandonata nel 1968, protagonista di un ampio intervento di recupero urbano che salvaguarda il valore testimoniale dell’edilizia industriale di inizio Novecento.

I locali interni, tra le mura della fabbrica, sono il luogo della notte e ospiteranno, in collaborazione con Varvara Festival, installazioni e clubbing in un puzzle di suoni e immagini che sfida gli stili più prevedibili e i luoghi comuni più inflazionati, alla ricerca di un Adiacente all’area Incet, il nuovo luogo del giorno di TODAYS è la Galleria d’Arte Gagliardi e Domke, affascinante spazio dove sorgevano vecchie acciaierie e ora luogo d’eccellenza dell’arte contemporanea in città: la sezione TOLAB per tre giorni accoglie opinion maker, giovani artisti, sperimentatori, produttori di talenti, giornalisti, nuovi designer del terzo millennio e visionari dell’oggi per percorrere strade innovative, muovendosi trasversalmente fra i differenti linguaggi in campo musicale, artistico, culturale e sociale, per raccontare storie e scambiarsi esperienze in momenti di formazione, discutere sui temi legati all’industria della musica, della tecnologia e delle professionalità a essa legate.

Al Museo Ettore Fico, lo spazio espositivo che rappresenta il modello della trasformazione di Barriera di Milano, la musica si fonde con l’arte in progetti esclusivi e site specific capaci di attraversare i confini fra le diverse discipline, divenendo cassa di risonanza dei linguaggi della musica e delle sue diverse contaminazioni con le altre forme dell’arte. TODAYS crede nella sostenibilità e nel rispetto dell’ambiente capace di coniugare architettura e verde, memoria storica e innovazione: il parco urbano verde Aurelio Peccei, realizzato e riconosciuto come il primo parco d’Italia totalmente ecosostenibile, delimitato dall’adiacente complesso Docks Dora, ospita la domenica un eccezionale appuntamento in esclusiva nazionale.

TODAYS è un progetto della Città di Torino, realizzato da Fondazione per la Cultura Torino grazie alla rinnovata fiducia di Compagnia di San Paolo e Fondazione Crt, che hanno accompagnato la crescita del festival e confermato una preziosa attenzione verso le giovani generazioni. Il Main Partner dell’edizione 2016 è Suzuki, storica azienda giapponese che ha sposato l’innovazione e la contemporaneità del festival con la vocazione del suo brand, un marchio che con i suoi prodotti supera i luoghi comuni dell’auto grazie a una storia unica e a un’identità forte e indipendente.

todays fest

PROGRAMMA:

VENERDÌ 26 AGOSTO

Inaugurerà TODAYS a sPAZIO211 il sound epico di M83, nominato ai Grammy del 2013 con la hit globale Midnight City da oltre 80 milioni di ascolti, headliner nei più importanti festival del mondo.

Sarà l’unica occasione italiana dell’anno per ascoltare dal vivo un artista in pieno stato di grazia in un concerto coinvolgente che spazierà dallo shoegaze all’ambient, fino al synth pop e alt-rock del nuovo acclamato album Junk. La cerimonia d’apertura è affidata al made in Italy su cui costruire il futuro di una nuova radiosa musica italiana: dalle sonorità dal sapore teutonico mescolate alle calde melodie del PUGILE, fino all’Hyperocean, il pianeta immaginario del duo torinese NIAGARA, per approdare poi nel mondo fantasioso di IOSONOUNCANE dove il rito pagano dell’elettronica si farà spazio con libertà e ortodossia in mezzo alla folla.

Alle ore 23 il MUSEO ETTORE FICO sarà la cornice d’eccezione di uno spettacolo gratuito altrettanto esclusivo in anteprima italiana: il fenomeno irresistibile CALCUTTAporterà a TODAYS uno speciale concerto in cui vestirà di nero le sue canzoni accompagnato sul palco da un coro gospel. Le struggenti melodie della chitarra di PAOLO SPACCAMONTI risuoneranno tra le mura della ex fabbrica INCET fino allo scoccare della mezzanotte quando assisteremo all’esordio dal vivo del maestro JOHN CARPENTER. Esplicito, discordante, destabilizzante, poco incline ai compromessi e cresciuto nella cultura rock, il “punk dei sintetizzatori” suonerà dal vivo Lost Themes e un’affilata e accurata selezione delle sue colonne sonore più famose, accompagnate dalle immagini dei suoi film.

Sarà il Museo Nazionale del Cinema di Torino a omaggiare il regista John Carpenter sul grande schermo del Cinema Massimo, nei giorni precedenti e successivi, passando in rassegna tutte le opere che hanno contribuito a farne l’autore dei più intensi, geniali, influenti e fortunati film della storia del cinema. Il rito “radicale” di accompagnarci nella notte fonda sarà affidato a REGIS VERONICA VASICKA, il re e la regina di un regno underground che balla a ritmo della techno più oscura, minimal wave cruda e industrial elettronica fusa con una house mutante.

SABATO 27 AGOSTO

Il palco di sPAZIO211 restituirà al rock’n’roll un sentimento di esaltazione mettendo in scena l’unica data italiana delle leggende viventi THE JESUS AND MARY CHAIN, la band dei fratelli Reid che ha rivoluzionato la scena musicale di un’intera generazione, riunitasi per celebrare dal vivo i 30 anni dell’acclamatissimo album d’esordio Psychocandy, in vista del loro nuovo lavoro in registrazione dopo 18 anni.

L’arte come provocazione attraverserà il suono rivoluzionario tuonante e viscerale, talmente denso da non aver bisogno di parole, del trio STEARICA, passando per l’energia pura di GIUDA, ambasciatori italiani nel mondo di come il punk del terzo millennio dovrebbe essere, fino all’urgenza virale di dichiarare “la fine dei vent’anni” nello straordinario miglior debutto solista dell’anno MOTTA. Dalle ore 23 i muri bianchi del MUSEO FICO diventeranno la scenografia teutonica delle avveniristiche geometrie di DOUBLE VISION, in cui ricerca sonora, tecnologia laser e videoarte interagiscono trasversalmente, dando vita a uno spettacolo multimediale che evolve e rinnova gli standard odierni della performance audiovisiva, frutto dell’incontro tra uno dei più avventurosi protagonisti mondiali della sperimentazione elettronica moderna, Uwe Schmidt alias ATOM™, e il media artist australiano ROBIN FOX.

Sul palco della INCET la quintessenza dei suoni disco, rock, pop, electro, punk, techno fusi in un tutt’uno celebreranno il ritorno in scena dei SOULWAX in un vero live con batteria, chitarra, basso, sinth e voce, confine futurista del rock alternativo che scorre lungo la loro parabola di un ventennio di musica, caso unico nel mondo musicale. Calcheranno lo stesso palco con uno spettacolo rinnovato, nella forma e nella scaletta, i nostrani I CANI, la band-non-band capitanata da Niccolò Contessa, uno degli autori più incisivi della sua generazione, capace di guardare al di là dei generi e delle mode.

Il cambiamento, l’evoluzione continua, è uno degli elementi fondanti della musica de I Cani, così come dei Soulwax: tutto credibile, tutto caoticamente coerente, e tutto estremamente divertente. La notte proseguirà elettrificata da VARVARA con due top dj internazionali tra i più prolifici esponenti al mondo della scena electro:IVAN SMAGGHE, fondatore della Kill The Dj e presenza fissa nei più importanti club europei come il Panorama Bar a Berlino e il Fabric a Londra, e THE HACKER, pioniere della avantgarde techno che omaggia la potenza dei sintetizzatori con un carico di electroclash arricchito da uno spirito new wave.

DOMENICA 28 AGOSTO

In pieno pomeriggio nel parco urbano PECCEI, ELIO GERMANO, uno degli attori italiani più premiati della sua generazione e TEHO TEARDO, compositore, musicista e sound designer tra i più stimati al mondo, porteranno in scena Viaggio al termine della notte liberamente tratto dal capolavoro di Louis Ferdinand Céline, in una versione assolutamente nuova e inedita, in anteprima nazionale a Torino. Uno spettacolo che ha del monolitico, con più di trenta percussionisti che suoneranno contemporaneamente diversi piatti di bronzo, e ci ritroveremo di fronte a una brillantezza paralizzante con il clangore del metallo percosso in una nube sonora in cui non si vedrà più nulla.

Una di quelle cose che capitano una volta nella vita. Le ultime note di TODAYS 2016 suoneranno a sPAZIO211, a partire dalle ore 18, in un viaggio sonoro tra il massimo della modernità e le radici tradizionali, con alcuni degli artisti internazionali che più hanno contribuito a livello mondiale ad abbattere steccati stilistici, tra indie ed elettronica, tra folk e sperimentazione.

Dagli inafferrabili e misteriosi GOAT, celati dietro maschere e vestiti folkloristici, la cui missione è quella di sdoganare negli anni Dieci un’incendiaria commistione fatta di nuove infinite colorazioni tra psichedelia, world music e afro-beat, ai prolifici THE BRIAN JONESTOWN MASSACRE, la formazione californiana che fa capo al geniale anti-eroe polistrumentista Anton Newcombe, dalla dance dei CRYSTAL FIGHTERS che unisce folk, elettronica e indie rock al fresco folk dei californiani LOCAL NATIVES che hanno scelto TODAYS per il loro ritorno sulle scene con il nuovo album, così come il nostrano VICTOR KWALITY con il suo primo progetto solista Koan.

 

www.todaysfestival.com

I vincitori della 33a edizione del Premio Cesare Pavese

Cristina Comencini, Gustavo Zagrebelsky, Franco Ferrarotti e Mario Baudino. A Gianni Turchetta il Premio Letterario Lions dedicato alle prefazioni e postfazioni. Ancora aperto il bando per partecipare  alla sezione Premio Scultura (scadenza: 11 settembre)

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www.centropavesiano-cepam.it

 

La scrittrice e regista Cristina Comencini con Essere vivi (Einaudi, 2016), il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky con Senza adulti (Einaudi, 2016), il sociologo Franco Ferrarotti con Al santuario con Pavese. Storia di un’amicizia (Dehoniane, 2016) e il giornalista e scrittore Mario Baudino con Lo sguardo della farfalla (Bompiani, 2016) sono i vincitori della trentatreesima edizione del Premio Cesare Pavese (sezione opere edite). Il riconoscimento, suddiviso nella sezione Narrativa, Saggistica e Poesia, è nato a Santo Stefano Belbo per rendere omaggio all’autore del romanzo La luna e i falò e viene assegnato ogni anno a scrittori, giornalisti, intellettuali o personaggi del mondo culturale.

Il critico letterario Gianni Turchetta riceverà il Premio Letterario Lions dedicato alle prefazioni e postfazioni per la sua prefazione e curatela a L’Opera Completa di Vincenzo Consolo (Mondadori).

Gli autori vincitori del Premio Pavese ricevono il riconoscimento domenica 28 agosto 2016 alle ore 10 a Santo Stefano Belbo (Cn) presso la Casa Natale dello scrittore, dove ha sede il Cepam-Centro Pavesiano Museo Casa Natale che organizza il riconoscimento. Sarà un’occasione per conoscere da vicino gli autori, le loro opere vincitrici e il loro rapporto con Pavese, in un incontro coordinato dal professore Luigi Gatti, presidente del Premio, e dalla professoressa Giovanna Romanelli, presidente della Giuria (ingresso libero). Letture dei testi vincitori a cura dell’attrice Chiara Buratti.

La sera precedente, sabato 27 agosto 2016 alle ore 21, il Premio organizza l’incontro Dalla nostalgia del passato ai primi fermenti di una rinascita, verso “un nuovo modo di stare al mondo”, che prende spunto dai temi sviluppati nei libri vincitori. Al dibattito, coordinato dal professor Andrea Raffaele Rondini dell’Università di Macerata, partecipano i vincitori Cristina Comencini, Gustavo Zagrebelsky, Franco Ferrarotti e Mario Baudino (ingresso libero). «A partire da alcune affermazioni – spiega Giovanna Romanelli, presidente della Giuria del Premio – contenute nel testo di Comencini e in quello di Zagrebelsky, che affermano che non c’è vita senza morte e che non c’è rigenerazione senza degenerazione, si coglie l’occasione per riflettere sulle nostre vite, sul superamento di una sorta di ripiegamento su se stessi per considerare il passato definitivamente perduto e per trarre da esso fermenti positivi per un nuovo modo di “stare al mondo”, un nuovo modo di rapportarci alla Terra e alle sue non infinite risorse».

Il Premio è organizzato e promosso dal Cepam-Centro Pavesiano Museo Casa Natale, con il contributo della Regione Piemonte, del Comune di Santo Stefano Belbo, della Fondazione Crc e della Fondazione Crt, con la collaborazione della Provincia di Cuneo e della Fondazione Cesare Pavese e con il patrocinio della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Sostengono l’iniziativa le realtà enogastronomiche del territorio: agriturismi, vinerie, panifici, ristoranti, trattorie, osterie e produttori di Santo Stefano Belbo e paesi limitrofi.

Quest’anno il Premio Cesare Pavese si è arricchito della collaborazione con i Lions Club del territorio Unesco (aree vitivinicole del sud Piemonte), che organizzano il Premio Letterario Lions sulle prefazioni e postfazioni, dedicato nel 2016 proprio a Pavese per la sezione rivolta agli studenti del territorio, cui è stato chiesto di scrivere una prefazione o postfazione di un’opera dell’autore. La consegna del Premio Lions sarà sabato 27 agosto.

 

 

I vincitori Premio Pavese e i loro libri

 

Cristina Comencini riceve il Premio di Narrativa per Essere vivi (Einaudi, 2016), in cui «con garbo e personalissimo stile, l’Io narrante esplora gli oscuri abissi della coscienza nel tentativo di ritrovare la propria identità e un’appartenenza». Un romanzo che pone al centro la nascita e la rinascita, la capacità di riaffermare il proprio sé e di recuperare la forza dell’infanzia, nella consapevolezza che per sentirsi vivi non ci sia bisogno di riempirsi continuamente di cose e persone, ma che conta quell’energia interiore che si sposa con quella della natura.

A Gustavo Zagrebelsky va il Premio di Saggistica per Senza adulti (Einaudi, 2016), un richiamo alle persone mature di ogni età e generazione a prendere in mano la propria vita e a pensarla in comunione di intenti con gli altri, in un’epoca che sta vivendo la scomparsa dell’età adulta. «Saggio intenso nei contenuti e breve nella forma, illustra la complessità del tempo presente con le sue contraddizioni, i contrasti generazionali e le diverse etiche e fa emergere l’attuale pericolosa tendenza a contrarre nella giovinezza le diverse età della vita».

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Anche Franco Ferrarotti ritira il Premio di Saggistica per Al santuario con Pavese. Storia di un’amicizia (Edizioni Dehoniane), commossa rievocazione dell’amico scrittore Pavese, che, tra varie testimonianze, narra anche la passeggiata compiuta dai due amici verso il Santuario di Crea nel Monferrato nel primo Dopoguerra. «Saggio agile e prezioso, ripercorre le tappe salienti di un’amicizia resa speciale dalle comuni origini, dalla “comune matrice campagnola, fatta di odori, sguardi, gesti e lunghi silenzi”, e dalla frequentazione della redazione Einaudi, dove sia Pavese che Ferrarotti condividevano l’interesse per la traduzione di testi “ostici, ma importanti”».

Mario Baudino ottiene il Premio Speciale della Giuria per Lo sguardo della farfalla (Bompiani, 2016), un’investigazione condotta da tre librai, Demi, Duccio e Matteo, che si trovano a indagare sui misteri attorno alla biblioteca della defunta contessa Rita della Ruspa. «Nonostante la critica tenti di ascrivere il romanzo a un preciso genere letterario – è definito giallo ma anche thriller – in verità sfugge a ogni riduttiva limitazione di campo e, come un vero romanzo postmoderno, ingloba e mescola, con controllato distacco e sicuro possesso dei mezzi linguistici, i diversi generi e le loro diverse caratteristiche».

Sarà premiato anche lo studente Edoardo Cagnan (Milano) per la tesi Parola a malincuore. Studio di forme e sensi della reticenza nel «Diavolo sulle colline» di Cesare Pavese, (Mémoire de Master I, Université de Paris-Sorbonne, U.F.R. d’Études Italiennes, anno 2014/15). «Studio originale e accurato, che si propone di rileggere “Il diavolo sulle colline” di Cesare Pavese attraverso la figura retorica della reticenza, arrivando a osservare che il testo pavesiano “malgrado la verbosità dei personaggi, mantiene una certa opacità”, legata forse all’esigenza di Pavese di preservare un proprio intimo silenzio, facendo di esso “una vera e propria potenzialità poetica”».

La sezione è promossa dall’Azienda Agricola Giacinto Gallina di Santo Stefano Belbo.

 

 

Menzioni di merito per opere edite a:

– Gabriella Greison per Dove nasce la fisica. Einstein, Hawking e gli altri alla corte di Solvay (Hoepli, 2016), autrice che «rivela in questo suo prezioso lavoro una vivacità intellettuale e un approccio alla fisica che riesce a dialogare con la letteratura».

– Rivista Submarino (Scritturapura, Asti; direttore responsabile Carlo Cerrato), testata luso-italiana di Studi Comparati, che si propone di promuovere le letterature di lingua portoghese in Italia: ha dedicato il suo primo numero al Passeggero Cesare Pavese al fine di «lanciare lo scandaglio nel fondale marino portoghese e verificare la ricezione dello scrittore piemontese in Portogallo».

Osvaldo Di Domenico per I dodici occhi (Lisciani, 2016), suo esordio letterario, che ha il pregio di essere una sorta di scatola cinese leggibile a più livelli, coinvolgimento di sette giovani in un intrigo internazionale.

– Pietro Reverdito per Il mio tempo (Reverdito, 2015), libro autobiografico sull’autore, nato a Mombaldone, che sedicenne aderisce alla Resistenza.

 

Le altre sezioni letterarie Premio Pavese

 

I vincitori delle altre sezioni del Premio Pavese e del Premio Lions saranno premiati sabato 27 agosto alle ore 17, sempre alla Casa Natale di Pavese.

Per le Opere inedite i vincitori sono: Domenico Pisano di Mercogliano (Avellino) per Chicco di caffè (Narrativa); Giuseppina Giacomazzi di Roma per Pavese redattore Einaudi (Saggistica); Maria Concetta Trovato di Ragusa per La dialettica corpo-ombra nei «Dialoghi con Leucò» di Cesare Pavese (Saggistica); Egle Migliardi di Acqui Terme (Alessandria) per Il lupo voleva il mio cuore; Hiwot Maria Malerba di Meina (Novara) per Se mi vuoi bene scappiamo (Pavese giovani); Michele Fassino di Villastellone (Torino) per Na poesìa da quat sòld (Narrativa piemontese); Attilio Rossi di Carmagnola (Torino) per Le Canson Ëd La Tèra (Poesia piemontese).

Per la sezione Medici scrittori, i vincitori sono: Sergio Rustichelli con Un’ingannevole guerra privata (Fondazione Gabriele Accomazzo per il Teatro, 2016) per la Narrativa edita; Vittorio Casali con La Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (Gangemi, 2016) per la Saggistica edita; Roberto De Rosa con Pebble beach ed Ezio del Ponte con Piemonte 1945 per la Narrativa inedita; Franco Villa di Torino con Ultimo quarto per la Poesia inedita.

Per la sezione Medici scrittori in lingua francese i vincitori sono: Jean-François Lopez per Desarmés (Marrativa) e Dominique Berthelot per Brume (Poesia).

Inoltre saranno premiati i vincitori del Premio Letterario Lions sulle prefazioni e postfazioni. Per la sezione opere edite: Gianni Turchetta. Per la sezione dedicata agli studenti che hanno scritto recensioni a un’opera pavesiana, i finalisti sono: Giorgia Garri, Federico Trento, Rachele Baldi, Cristina Miceli e Sara Mastroianni del Liceo Vercelli di Asti; Nicolò Petronio del Liceo Govone di Alba; Martina Baltuzzi, Marta Papini dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie di Nizza Monferrato; Giulia Saccato, Maurizia Povero dell’Istituto Einaudi di Alba; Abbate Federica, Ylenia Sileo dell’Istituto Pellati di Canelli; Francesca Parodi, Linda Marisol Perina del Liceo Parodi di Acqui Terme.

 

 

 

La Giuria Premio Pavese

 

La Giuria del Premio Cesare Pavese è presieduta da Giovanna Romanelli (già docente alla Sorbona) ed è composta da Adriano Icardi (professore; è stato Senatore, Assessore alla Cultura della Provincia di Alessandria e Sindaco di Acqui Terme), Luigi Gatti (Presidente del Cepam), Andrea Rondini (docente Università di Macerata), Patrizia Valpiani (presidente Amsi-Associazione Medici Scrittori Italiani), Franck Senninger (membro dell’Union Mondial Médecins Ecrivains), Giuseppe Rosso (professore e medico), Luciana Bussetti Calzato (professoressa e scrittrice di racconti).

Sezione Arti Visive

 

Il Premio Cesare Pavese è aperto anche a opere delle arti visive che sappiano esprimere al meglio il tema Luoghi, personaggi e miti pavesiani:

  • Premio di Pittura (26a edizione), rivolto a lavori realizzati con qualsiasi tecnica, che saranno esposti alla sede del Cepam dal 7 agosto al 25 settembre 2016, giorno della premiazione;
  • Premio di Scultura (19a edizione), rivolto a opere realizzate con qualsiasi tecnica, materiale e dimensione, che dovranno essere inviate entro l’11 settembre 2015 e che rimarranno esposte presso la casa dello scrittore dal 25 settembre al 30 ottobre 2016, giorno della premiazione.

L’Albo d’oro Premio Pavese

Tra gli autori insigniti del Premio Pavese nel corso delle passate 32 edizioni si ricordano: Roberto Vecchioni, Gian Luigi Beccaria, il poeta Aldo Nove e Giancarlo Giannini (2015); Massimo Cacciari, Alan Friedman, Elena Loewenthal e Paolo Mieli (2014); gli scrittori Claudio Magris e Sebastiano Vassalli, il giornalista Beppe Severgnini e il poeta Guido Zavanone (2013); il critico d’arte Vittorio Sgarbi, la scrittrice Margaret Mazzantini, l’autore Alessandro Baricco, il filologo Luciano Canfora, il romanziere Alessandro Iovinelli (2012); lo scrittore e semiologo Umberto Eco, il giornalista Aldo Cazzullo, il magistrato Armando Spataro, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già Ministro Andrea Riccardi (2011); il giornalista Gad Lerner, l’astrofisica Margherita Hack, la poetessa Maria Luisa Spaziani e il critico e filologo Carlo Ossola (2010); lo scrittore Andrea Camilleri, il priore della Comunità Monastica di Bose Enzo Bianchi e il procuratore capo presso il tribunale di Torino Giancarlo Caselli (2009); il Nobel ungherese Imre Kertész, gli scrittori Alberto Arbasino e Raffaele la Capria, il filosofo Emanuele Severino (2008); il poeta Gianni d’Elia, i giornalisti Gianni Mura e Maurizio Molinari (2007); lo scrittore iracheno Younis Tawfik, lo scrittore Lorenzo Mondo e il poeta Franco Marcoaldi (2006); lo scrittore Alberto Bevilacqua e i giornalisti Gian Antonio Stella e Magdi Allam (2005); lo scrittore e giornalista Franco Matteucci, il saggista algerino Khaled Fouad Allam (2004); il critico Guido Davico Bonino, lo scrittore basco Bernardo Atxaga (2003); lo scrittore Alain Elkann (2002); gli scrittori Antonio Debenedetti e Raffaele Nigro (2001); il giornalista Marcello Sorgi (2000).

Che meraviglia gli Zar alla Venaria

meraviglie_zar“Meraviglie degli Zar”, inaugurata venerdi’ 15 luglio alla Reggia di Venaria e che rimarrà aperta fino al 29 gennaio 2017, ripercorre lo splendore di uno dei complessi di palazzi e fontane più sontuosi d’Europa: grandi proiezioni, immagini e un centinaio di opere tra dipinti, abiti, porcellane, arazzi ed oggetti preziosi provenienti dalle sale auliche di Peterhof, rievocano una delle più importanti e prestigiose residenze dei Romanov, oggi meta principale del turismo culturale in Russia.

La mostra è stata curata da Elena Kalnitskaya in collaborazione con the Peterhof State Museum-Reserve di San Pietroburgo, la quale ha ringraziato tutti i collaboratori della Reggia di Venaria e, riferendosi all’atroce attentato di Nizza, ha ricordato che solo la cultura l’arte e la bellezza sono in grado di unire il mondo.

Il percorso di visita si apre con una presentazione di Peterhof e dei personaggi che lo abitarono, a cominciare dal grande arazzo di Pietro il Grande. Una selezione poi di opere ed oggetti, acquistati dai Romanov durante i loro viaggi in Europa negli spettacolari Gran Tour e di quelli invece commissionati dagli Zar agli artisti e artigiani russi, ricostruiscono in mostra lo sfarzo della corte russa ed i rapporti intercorsi nell’arco dei secoli tra i Romanov ed i Savoia. Sito in un grande parco sulle rive del Mar Baltico vicino a San Pietroburgo, il primo palazzo di Peterhof fu costruito da Pietro il Grande (da cui ha origine il nome), al quale si aggiunsero nel corso degli anni altri splendidi edifici e giardini voluti dai successivi sovrani russi, da Caterina la Grande fino a Nicola II. Peterhof è testimonianza del gusto dei sovrani che l’hanno abitata e riassume oggi i tratti più caratteristici della cultura russa: 430 ettari di parco, più di 150 fontane, 96 metri di canali, 135 costruzioni idriche, 33 musei ospitati ed oltre 4 milioni di visitatori l’anno. Sono questi alcuni numeri impressionanti di Peterhof, una delle più sfarzose residenze imperiali d’Europa e delle più note dimore estive dei Romanov, che racconterà fino al prossimo anno, il suo splendore alla Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale sabaudo alle porte di Torino, proclamato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e considerato uno dei simboli della magnificenza dell’architettura barocca europea molto ammirato in questi giorni da tutti i curatori della mostra giunti dalla Russia. L’ultimo incontro ufficiale tra i Romanov e i Savoia avvenne in Piemonte, nel Castello Reale di Racconigi nel luglio del 1909. La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 chiuderanno definitivamente un’intera epoca storica.

 

Donatella Actis – www.regione.piemonte.it

Informazioni su www.lavenaria.it

“Per l’onore di Irlanda”

IRLANDASono passati cento anni dai tragici eventi di quella che è passata alla storia come la Rivolta di Pasqua. Nel 1916, gli irlandesi – piccola e antica nazione europea, cristianizzata da Palladio e San Patrizio – presero le armi per liberarsi dal giogo plurisecolare dell’Inghilterra, l’insurrezione venne soffocata nel sangue dell’esercito britannico. Sull’argomento, nell’anno della cosiddetta “Brexit”, ovvero l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, si è parlato e scritto poco. Eppure l’Isola di Smeraldo non è un teatro secondario nella storia della civiltà europea ed occidentale. A colmare questo vuoto c’è “Per l’onore dell’Irlanda – L’insurrezione irlandese del 1916”, un agevole testo di Paolo Gulisano edito per i tipi de “Il Cerchio”. Con uno stile conciso, essenziale, ma assolutamente chiaro anche per chi fosse un neofita di storia irlandese, l’autore – medico, saggista ed autore di moltissime pubblicazioni sull’Irlanda e su Tolkien, di cui è senza tema di smentita il massimo conoscitore italiano – descrive le complesse vicende che coinvolsero l’Irlanda nella guerra di indipendenza del 1916, spiegandone con particolare cura gli antefatti, sino a giungere alla firma del Trattato del 1921 che diede vita allo Stato Libero di Irlanda, che portò poi il Paese ad una guerra civile. Pur essendo “tifoso” della causa isolana, tuttavia, Gulisano riesce a creare una tensione ideale che porta il lettore a seguire le vicende della sfortunata isola, oggi destinato, dopo il voto inglese, ad essere l’unico rappresentante delle Isole Britanniche a Strarburgo e Bruxelles.

Massimo Iaretti

La formica rossa

MAZZI3“…poi s’aggiustó la barbonica sulle ginocchia, regoló, le cinghie e partí, sparato con La formica rossa, trascinando tutti nel canto all’infuori del Gianí che, per il casót, non ricordava piú, chi avesse fatto in prima mano cinque e uno sei e uno sette…”. Uno dei più fortunati romanzi di Benito Mazzi, giornalista e scrittore di talento, s’intitola proprio “La formica rossa”, dal titolo della canzone che rappresentava un vero e proprio cavallo di battaglia per chi suonava nelle osterie e nelle feste popolari di Vigezzo negli anni dell’immediato dopoguerra ( “E la furmìa rusa la rampia sù pal mùr, cun la camisa cùrta la mustra tùt ul cùl”). La valle Vigezzo, la “valle dei pittori”, con i suoi sette comuni che si distendono da Druogno a Re, è la “patria” di Benito Mazzi, il luogo dell’anima dove raccoglie gli spunti per le sue storie, dal “Piano delle streghe” a “La formica rossa“, da “La valle del miracolo” a “La ragazza che aveva paura del temporale“, solo per ricordare alcuni  titoli dei suoi innumerevoli lavori. Scrive bene, Mazzi. E inchioda il lettore, pagina dopo pagina, a queste storie di confine, su quest’altipiano  stretto tra le montagne sul crinale della frontiera con la Svizzera. Ma “La formica rossa” é molto più di un romanzo: è l’autobiografia dell’autore, la storia di una comunità, delle sue tradizioni e della cultura di una valle alpina, un atto d’amore per la sua gente e il suo dialetto espressivo e colorito. Quando nelle vallate alpine e nelle campagne imperava la miseria anche le volpi affamate si spingevano alle porteMAZZI4 dei paesi e “abbaiavano” come cani. Era il tempo, per dirla con Mazzi, in cui “ i più fortunati tra gli uomini avevano il posto in ferrovia, nella Vigezzina, o si seccavano i polmoni a oncia a oncia nei forni a Domodossola; agli altri non restava che dire sì ai mercanti di boschi e rompersi la schiena dietro le teleferiche e nei canaloni a inviar giù bore, con la socia della ranza sempre lì pronta a tirargli lo sgambetto”. L’incidente mortale, per i boscaioli, era sempre in agguato e bastava una piccola disattenzione per rimetterci la pelle. “Chi aveva ancora energie da spendere – scrive Mazzi – alla festa tagliava il fieno nei prati e di notte viaggiava di contrabbando coi canarini (la guardia di finanza, ndr) dietro a soffiargli sul collo. A vangare, seminare e regolare la magra campagna provvedevano le donne. E anche alle bestie. Le donne e i vecchi. Con la rela che girava c’era poco da sfogliar verze”.  Come dire che, con la fiacca che c’era, non era proprio il caso d’essere ottimisti e occorreva stringere oltre alla cinghia anche i denti. La penna di Mazzi anima una folla di personaggi che irrompono nelle vicende narrate, con il loro modo di parlare e di prendere la vita di tutti i giorni che affascina, coinvolge, fa pensare. In questo suo lessico famigliare s’incontrano la maestra Lina ,mamma dell’autore, l’Albért  – suo padre – e il fratello Lauro, insieme a quell’umanità varia del Cicia, l’Andre, il Luganiga, il Jepe, il Gianca, la Gianna, il Giampi, il Fede e tutti gli abitanti della vigezzina Re, il paese del Santuario della “Madonna del sangue”, dove la vicenda è ambientata. Benito Mazzi – giornalista, narratore e saggista –  ha pubblicato per le più importanti case editrici decine di libri ed è tradotto in diversi paesi europei e MAZZI2negli Usa. Il suo legame con la valle dove è nato e da sempre abita è stato il filo conduttore di gran parte delle sue storie, come nel caso di “Fam, Füm, Frecc. Il grande romanzo degli spazzacamini”, edito da Priuli & Verlucca. Tra l’altro è l’autore di alcuni libri sul ciclismo (“Palmer, borraccia e via”,” Morello, la fugascìna e la febbre del Giro”,” Coppi, Bartali & Malabrocca”, “Kubler,Koblet,croci torti e pianezzi”) molto belli e appassionanti. Il tempo dell’infanzia e dei ricordi, della “formica rossa” suonata nelle osterie e nelle balere, passa e lascia una punta d’amaro anche in Mazzi quando riflette che“..ne erano passati di anni, eppure sembrava ieri il tempo delle elementari. Com’era mutato il paese!. Da bocia mi vergognavo di chiamare mio padre in italiano, mi vergognavo del suo vestire in ordine, con cravatta e colletto inamidato; ora a vergognarsi era chi parlava in dialetto, chi indossava le braghe alla sbof di MAZZI 1fustagno… La Svizzera coi suoi franchi aveva profondamente modificato uomini e cose… La gente, invece di godere assennatamente del nuovo benessere, non ne aveva mai a basta,s’affannava dietro qualcosa di indefinito, di irraggiungibile, era inquieta, fredda come le case, non avvertiva più il piacere, la necessità di stare unita come quando abbaiava la volpe…”. E allora, non potendo rovesciare la clessidra e tornare indietro nel tempo, leggendo e rileggendo “La formica rossa” si può almeno immaginare quel mondo, apprezzandone i valori che saranno stati anche semplici ma certamente sani e genuini.

 

Marco Travaglini