Il 24 maggio, alle ore 21, si terrà la presentazione del libro di Bruna Bertolo
Bruna Bertolo si avvicina alle “maestre d’Italia” con lo sguardo di chi vuole capire, di chi vuole entrare, quasi in punta di piedi, nella realtà individuale di ognuna di loro, permettendoci di cogliere aspetti poco conosciuti del mondo delle “maestrine”. Nel libro ce ne sono tante, simbolo di un impegno che si è riversato non soltanto nel mondo della scuola. Maestre d’Italia, dunque, capaci di cambiare profondamente le abitudini di un popolo che, nel 1861, appare ancora schiacciato dall’ignoranza e dall’analfabetismo. Maestre d’Italia, non soltanto di calligrafia e dei primi rudimenti di calcolo, ma anche conduttrici di lotte lungo il cammino dell’acquisizione dei diritti delle donne, dopo l’oscurantismo dei secoli precedenti. Donne, capaci di soffrire e di trovare nella loro sofferenza i semi di un riscatto che ha attraversato e accompagnato la storia delle donne nella nostra Società: da Italia Donati alla “maestrina dalla penna rossa”, dalle “maestre di Senigallia” a Rita Majerotti, dalle maestre scrittrici a quelle che diedero la vita durante la Resistenza; sui banchi di scuola, ma con il pensiero e il cuore rivolti al sogno di una società migliore.
Associazione Amici della Scuola Leumann
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Lo scrittore basco ha confessato di non aver aderito all’Eta perché, pur non essendo credente, l’educazione cristiana, ricevuta dalla famiglia, l’aveva formato a criteri morali che gli impedivano di credere che si potesse costruire una società migliore togliendo la vita a qualcuno. Inoltre, vivere in una grande città, anziché in un piccolo paese, come quello che ospita i personaggi di “Patria”, gli ha consentito una maggiore libertà di scelta.Fernando Aramburu ha confessato di non sapere perché il suo romanzo abbia avuto tanto successo e ha ammesso che forse, semplicemente, era necessaria una storia così. In un capitolo del libro la vedova Bittori dice: “Perché credi che sono ancora viva? Ho bisogno di quel perdono. Lo voglio e lo pretendo, e fino a quando non lo avrò non penso di morire.” “Non è orgoglio. Non appena metterete la lapide sulla tomba e sarò col Txato, gli dirò: quell’idiota si è scusato, adesso possiamo riposare in pace.” Occorre costruire una memoria, fare i conti con il passato e tentare di andare avanti, è neccessario farlo per i superstiti e per le generazioni che verranno.







ha lavorato a numerose sceneggiature, tra le quali “L’eternità e un giorno” (Palma d’oro a Cannes nel 1998). Nel 1995 Markaris ha pubblicato il suo primo libro giallo, creando la figura del commissario Kostas Charitos, figura metodica, tranquilla, abitudinaria, e della sua famiglia, la moglie Adriana, intransigente e testarda, la figlia Caterina, avvocato idealista, e delineando, romanzo dopo romanzo, la situazione della società greca alle prese con i diversi problemi e con una crisi – ha spiegato lo scrittore – che è stata oscurata da false verità da parte della politica.
ricercatori non possono essere assunti perché la cattedra è congelata. Si tratta di una situazione assurda, ma alla quale nessuno pone rimedio. Markaris ha spiegato che i suoi libri nascono innanzitutto dai temi che lo indignano, che lo fanno letteralmente “impazzire” e contro i quali decide di prendere posizione e ha criticato il pressapochismo di una società dove esprimere un’opinione è diventato troppo facile e possibile a tutti, grazie ai social network che consentono a chiunque di dire qualsiasi cosa. Sferzante, persino duro, sempre lucido, Petros Markaris ha annunciato il titolo del suo prossimo romanzo “L’età dell’ipocrisia”, tema quanto mai attuale e non soltanto in Grecia.
trascurata di Robert e amante sempre in attesa di Jean, che da qualche tempo non si fa vedere troppo dalle sue parti. Nervosa, annoiata, del tutto sconsolata, cerca rifugio nelle chiacchierate con l’amica del cuore e soprattutto nei sonniferi, che una notte le fanno un brutto scherzo se non s’accorge che in quattro e quattr’otto uno sconosciuto le piomba in casa, e la macchina in panne può sempre essere un motivo più che valido, fa un paio di telefonate, manda giù quel che resta di quel beveraggio soporifero e s’accomoda senza esitazioni nel suo letto. L’arrivo di Robert dovrebbe far precipitare la situazione, se l’ospite Monsieur Masure non sapesse rigirarla a proprio vantaggio, stringendo amicizia con il cornuto di turno e sbandierando una nuova passione per la bionda padrona di casa. Ma non è il caso di andare oltre e lasciare la conclusione a chi vorrà (dovrà? un consiglio, sì, se cercate una serata all’insegna della risata) vedere lo spettacolo. Una scrittura essenziale, dialoghi spudoratamente congegnati, battute e piccoli colpi di scena a raffica, entrate e
uscite perfettamente calibrate, intromissioni ad effetto, caratteri delineati come si deve, una regia – di Giorgio Caprile, che si ritaglia anche quel marito troppo preso dai propri affari e non soltanto – che dà libero sfogo ai tanti suggerimenti dell’autore e condisce di suo. A guidare la cordata un Alessandro Marrapodi da fuochi d’artificio, con un certo fascino da spendere ma seduttore inaspettatamente sedotto, latin lover fino a un certo punto ma dai ritmi teatrali davvero ineccepibili sempre. Al centro dei sogni proibiti di entrambi la Jacqueline di Miriam Mesturino, brava nel giocarsi il ruolo buttato su differenti binari, credibile nelle battaglie come nelle rappacificazioni, disinvoltamente pronta a far breccia dall’una come dall’altra parte.

9 /
fredda, ai bordi della strada persiste la neve, guido piano perché ho paura di scivolare sulla strada a tratti ghiacciata.È un viaggio lungo quello di oggi, perché sono sola e l’assenza di compagnia aumenta le distanze e abbassa ulteriormente le temperature già fredde.
riesce a penetrare attraverso le nuvole che ricoprono il cielo per intero, sono talmente tante che potrebbero avvolgere il Mondo, il terreno è un’enorme coperta, vecchia, usurata, strappata dagli alberi che spuntano slanciandosi con violenza verso l’alto. Con l’illuminazione di quel giorno i toni dei colori si abbassano, il marrone dei tronchi è quasi pece, il verde dell’edera che serpeggia tra gli alberi è smorto e propende verso la gamma dei grigi. I rami crescono selvaggi uno sull’altro, allungano i rami esili e nodosi verso l’alto, sembrano volersi impossessare del cielo.
adorazione, i rami sembrano protendere verso di lei, quasi in segno di supplica.