CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 72

Un mito antico attraverso le strade di Torino

The Opera – Arie per un’eclissi”, registi Davide Livermore e Paolo Gep Cucco

PIANETA CINEMA a cura di Elio Rabbione

Ama l’opera lirica, ama il teatro, adesso il cinema lo pensa – con ricchezza di idee, di mezzi e di compagni di strada – e lo fa. Caso certamente unico – il raro è davvero del tutto inesistente -, a lui la Scala ha in epoca recente affidato l’inaugurazione della propria stagione per quattro anni consecutivi, con passione e per passione cura le sorti da sempre del Baretti torinese, per due anni ha assunto la direzione del Palau de les Arts Reina Sofia a Valencia per andarsene di brutto quando l’amministrazione comunale gli ha negato un sostegno, si è ribaltato su Genova del cui Teatro Nazionale è direttore dal 2020.

Cinema, che passione! allora e Davide Livermore, con la immaginifica collaborazione di Paolo Gep Cucco (ideatore e regista di manifestazioni, ha curato progetti video per Tiziano Ferro, è stato responsabile dei tour di Cremonini e Mengoni, per il mai troppo lodato “A riveder le stelle”, spettacolo televisivo che ha sostituito complice la pandemia la prima della Scala anno 2020, ha raggiunto il 14% di share che contato sulle dita sta ad arrivare a 2 milioni e 600.00 spettatori soltanto in Italia), afferra le “Metamorfosi” di Ovidio, innaffia il mito di Orfeo ed Euridice (le voci e i volti sono quelli di Valentino Buzza e Mariam Battistelli, tenore e soprano d’eccezione) con un Monteverdi e un Gluck d’annata, allarga il suo sguardo di raffinato melomane tutt’intorno e con validi quanto sonorissimi esempi musicali dà vita a “The Opera – Arie per un’eclissi”, ovvero viaggio agli inferi – presto hotel Hades a cinque stelle raccomandato dal tristo proprietario Pluto, il basso Erwin Schrott – e ritorno per la bella ninfa che nella allegria di un gioco venne morsa da una serpe e mandata laggiù salvo che poi il suo inguaribile innamorato non tentasse con ogni forza di riportarla in terra. Così il mito caro agli antichi, considerato qui con lo sguardo e la quotidianità di vita e di morte rivisti con gli occhi di oggi, quello sguardo verso un mondo infetto dove uno sparo improvviso, dove la pallottola di una P38 colpisce il cuore di Euridice, in un supermercato, il carrello e la spesa rovesciati a terra. In una piazza di sapore e di ampiezze dechirichiane, dove trovano richiami a Nervi e Mollino, già attende Caronte con le sembianze di un Vincent Cassel disincantato che guida vecchi autobus e taxi sulle acque dell’Acheronte, che sbarca lo sposo infelice tra le grinfie di Proserpina (una flautata Fanny Ardant posata nel buio di quel luogo dal cielo immenso della Tour Eiffel) e di una concierge (Caterina Murino, bravissima), più guardia carceraria che dedita all’accoglienza. Come pure l’almodovariana Rossy De Palma, tra un cruciverba e una stirata in tintoria a sostenere confronti tra Vivaldi e Händel, e la visione da parte di Orfeo dei suoi genitori, una madre (Angela Finocchiaro) su un letto d’ospedale e un padre in canottiera che in una cucina anni Sessanta confessa quel rapporto padre e figlio che non c’è mai stato. Tra i corridoi del Regio torinese e i ruderi di una Parigi semisommersa, in mezzo a teatri da futuribile scavo archeologico, nello spazio della hall dove viaggiano valige e camerieri ballerini a cui Daniel Ezralow ha dato la sua benedizione, s’avventura la vicenda e il suo immancabile e funesto ritorno: mentre tutt’intorno s’inseguono arie, sotto la direzione di Plàcido Domingo e Fabio Biondi, con tantissimo Puccini e un po’ di Verdi (brindisi lieto e la donna ch’è mobile), Ravel e Bizet e Bellini con i numi citati sopra e ancora e ancora molti sino a lambire i Frankie Goes to Hollywood, dove alle altezze di quelle note serpeggiano molteplici quanto modernissimi sound design elettronici.

La consacrazione della “storia di tutte le storie”, la storia dei due infelici amanti e del fato crudele, un giardino fiorito che scenograficamente e fotograficamente accompagna il viaggio al di là della morte con l’espressione completa di ogni perfezione. Non più un’opera per palati legati con nastri forti alla tradizione, ma l’esperimento condotto in punta di cervello, una girandola di invenzioni e di suggestioni, una prova raccomandabile di opera-musical (un vero peccato che la visione sugli schermi abbia avuto tempi estremamente ridotti), una strada avvincente “dove la parola, l’opera, il pop, la moda e le arti visive si fondono”: una visione contemporanea a cui hanno contribuito gli apporti di Dolce&Gabbana e l’alta tecnologia del virtual set allestito presso i Prodea Led Studios di Torino. “Questo film porta il carattere dell’opera a un nuovo livello, straordinariamente moderno e al tempo stesso assolutamente antico”: capace di incrociare come due vasi comunicanti, senza tentennamenti, gli appassionati della settima arte e quanti si stringono al cuore un’arte più antica, calate entrambe in una narrazione senza slabbrature, in un tempo-non tempo sospeso e coinvolgente, all’interno di una classicità e di un oggi che viaggia per le strade di Torino, dove si può parlare comodamente di “ibrido” senza che quel termine, in troppi momenti delle nostre giornate, cominci a far rizzare i capelli sulle nostre teste.

Il Museo del Cinema omaggia la storia della Mostra di Venezia

 

 

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino rende omaggio alla storia straordinaria della Mostra Internazionale di Arte cinematografica della Biennale di Venezia con i Leoni di Venezia, ripercorrendo i film vincitori delle edizioni del festival più antico del mondo.

Con la collaborazione dell’archivio Storico della Biennale, il Cinema Massimo 3 proiettori due film che hanno ricevuto il Leone d’Oro. Il primo appuntamento è per lunedì 3 febbraio 2025, alle ore 20.30, al Cinema Massimo, con Rashomon di Akira Kurosawa, premiato nel 1951. A presentare la rassegnare e introdurre il film ci saranno Carlo Chatrian e Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra del Cinema di Venezia.

“Come Museo Nazionale del Cinema ci sembrava giusto omaggiare il festival più antico del mondo e il ruolo fondamentale che ha avuto e ha nel promuovere la settima arte – sottolinea Enzo Ghigo, Presidente del Museo Nazionale del Cinema – l’idea di presentare i film vincitori nasce dalla convinzione che, in quanto testimoni esemplari del loro tempo, raccontano l’evoluzione del cinema e del festival che l’ha ospitati. Siamo molto grati alla Biennale di Venezia per aver accettato il nostro invito a condividere la sua storia, preziosi in quanto capaci di intercettare per tempo le tendenze del futuro e che hanno lasciato tracce nel presente”.

“Siamo felici di accogliere la proposta del Museo Nazionale del Cinema di celebrare la straordinaria avventura dei Leoni d’Oro della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, molti dei quali sono pietre miliari della storia del cinema mondiale, quindi del nostro immaginario – dichiara Pietrangelo Buttafuoco, Presidente della Biennale di Venezia – Siamo certi che anche grazie alla collaborazione del nostro Archivio Storico il Museo Nazionale del Cinema appronterà una bellissima rassegna che offrirà, con una rilettura unica, una nuova occasione di riflettere sui classici riconosciuti e di gettare la giusta luce sui capolavori meno noti”.

Il Leone d’Oro della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia è considerato uno dei riconoscimenti più prestigiosi al mondo, e ha premiato film che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del cinema, grazie alla lungimiranza delle giurie dei direttori artistici che si sono avvicendati negli anni, e al fatto che la mostra faccia parte della Biennale. Nella sua storia quasi centenaria, il Leone d’Oro è diventato qualcosa di più di un premio, ma un vero e proprio simbolo della stagione e, di volta in volta, è andato a film che hanno anticipato i tempi e certificato mode, che sono diventati pietre miliari della storia del cinema. Innovazione, coraggio e qualità artistica sono tratto distintivi della programmazione della mostra, che spesso ha contribuito alla nascita dei grandi autori, dando all’universo cinematografico ogni volta un nuovo stimolo e nuovi elementi di riflessione.

Il secondo appuntamento del mese sarà il 17 febbraio 2025, alle 20.30, presso il Cinema Massimo 3, con la proiezione di Ordet- La Parola, del 1954, di Carl Theodor Dreyer, premiato nel 1955.

 

Mara Martellotta

 

Lo strano caso del Dottor Bruneri e del Signor Canella

C’erano una volta i matti

Le storie spesso iniziano là dove la Storia finisce
Non tutte le storie vengono raccontate, anche se così non dovrebbe essere. Ci sono vicende che fanno paura agli autori stessi, che sono talmente brutte da non distinguersi dagli incubi notturni, eppure sono storie che vanno narrate, perché i protagonisti meritano di essere ricordati. I personaggi che popolano queste strane vicende sono “matti”,” matti veri”, c’è chi ha paura della guerra nucleare, chi si crede un Dio elettrico, chi impazzisce dalla troppa tristezza e chi, invece, perde il senno per un improvviso amore. Sono marionette grottesche di cartapesta che recitano in un piccolo teatrino chiuso al mondo, vivono bizzarre avventure rinchiusi nei manicomi che impediscono loro di osservare come la vita intanto vada avanti, lasciandoli spaventosamente indietro. I matti sono le nostre paure terrene, i nostri peccati capitali, i nostri peggiori difetti, li incolpiamo delle nostre sciagure e ci rifugiamo nel loro eccessivo gridare a squarcia gola, per non sentirci in colpa, per non averli capiti e nemmeno ascoltati. (ac)
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3. Lo strano caso del Dottor Bruneri e il Signor Canella
È il 10 marzo 1926, siamo in un cimitero ebraico di Torino, un rumore di cocci e terriccio desta l’attenzione del guardiano, che sorprende un signore intento a rubare un vaso di rame da una tomba. Immediatamente avvisate le autorità, il ladro viene arrestato e portato in Questura. L’uomo non riesce a esprimersi bene, non conosce il suo nome, non sa da dove viene, né quale sia il suo mestiere, non ricorda assolutamente nulla. Le uniche parole che riesce a dire sono in piemontese: “Monsu, ch’am rovin-a nen. Ch’am fasa ‘l piasì ‘d lasseme andè”. Lo smemorato si trova in uno stato di grande agitazione, preso dall’ansia tenta un maldestro suicidio, ma tutto ciò che ottiene è essere rinchiuso nel manicomio di Collegno, dove la sua identità diventa il numero 44.170. In Questura viene foto-segnalato e gli vengono prese le impronte digitali, il cartellino segnaletico così compilato è inviato a Roma, al Servizio centrale d’identità, ma senza risultati. Intanto, lo smemorato si ambienta nella sua nuova casa, lega particolarmente con un detenuto poco raccomandabile, il milanese Riccardo Testa, cocainomane e rapinatore, soprannominato il “commediografo ladro”, con lui trascorre molto tempo, soprattutto giocando interminabili partite a scacchi. Il rapporto di amicizia diventa forte e stabile, Testa addirittura dedica all’amico senza identità un sonetto dal titolo “L’amico ignoto” (2 dicembre 1926):
.
“Io non so chi tu sia, mio grande amico
eppur l’anima tua m’appar sì bella
che a te m’affido come ad una stella
s’affidava il viator nel corso antico.
Tu credi e preghi ed ami e doni, e quella
luce serena degli occhi tuoi, l’intrico
dei miei pensieri scioglie ed affratella
contro l’oscuro e vigile nemico:
Il dubbio. Oh! Non lasciarmi più giammai
amico ignoto datomi da Dio!
Senza di te mi pare d’esser solo;
senza di te non riprendo il volo
oltre l’azzurre vette ed i nevai:
incontro al sol ed al Sovrano mio.”
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Lo smemorato continua la sua vita tranquilla all’interno del manicomio, gioca a scacchi, legge, produce addirittura alcuni saggi letterari e disegna discretamente alcune caricature di altri degenti, scusandosi quando questi ultimi si mostrano offesi; gli vengono, poi, attribuite alcune meditazioni filosofiche che egli esegue sotto i rami di uno specifico pino, chiamato “il pino di Canella”. Tutto pare tranquillo e statico, quando il 6 febbraio 1927 la sua fotografia viene pubblicata sul settimanale italiano più popolare, “La Domenica del Corriere”, accompagnata da mastodontiche parole: “Chi lo conosce?” È l’inizio di una vicenda bizzarra e misteriosa. 
A Verona una donna risponde inaspettatamente alla domanda, si tratta di Giulia Concetta Canella, che riconosce nell’uomo della fotografia suo marito Giulio Canella, letterato e docente, capitano della Brigata Ivrea inviata in Macedonia e dichiarato disperso il 25 novembre 1916, presso la località di Bitola. Svelata dunque l’identità dello smemorato, che si scopre quarantaseienne padovano, sposato con la cugina, figlia di un ricco possidente terriero che aveva grossi investimenti in Brasile.  La donna parte per Collegno per avere il riscontro definitivo: dopo dieci anni di lutto e dolore il suo sogno si era avverato, l’amatissimo marito era tornato da lei e dai loro due figli, Rita e Giuseppe. La scena dell’incontro viene immortalata da una copertina della “Domenica del Corriere”, la bislacca vicenda trova finalmente un lieto fine, il direttore del manicomio dimette lo smemorato che se ne va a Verona con la moglie tanto amata. Eppure la storia non finisce qui: il 3 marzo 1927 arriva alla Questura torinese una lettera anonima, firmata da una persona che si definisce “amico della verità e della giustizia”, in cui si segnala che l’ex ricoverato non è Giulio Canella ma Mario Bruneri, tipografo torinese con non pochi conti da regolare con la giustizia. La vicenda, dunque, ricomincia da capo. La Polizia recupera le impronte digitali di Bruneri e dall’analisi risulta che le linee papillari corrispondono a quelle dello smemorato. Tale riscontro non si era potuto effettuare precedentemente perché Bruneri non era schedato come criminale pericoloso e la polizia scientifica di Roma non disponeva, nel suo archivio, del suo cartellino segnaletico. Lo smemorato non è dunque il professor Canella, ma Mario Bruneri, sposato con Rosa Negro, padre di un figlio, Giuseppino, e amante di Camilla Ghidini, tutte persone che lo riconoscono e confermano questa seconda identità. La vicenda diventa un caso mediatico, la popolazione si divide in due fazioni, i bruneriani e i canelliani, moltissimi cittadini scrivono il proprio parere ai giornali e propongono prove fantasiose a sostegno della tesi che meglio piace. Inizia un vero e complesso processo, a colpi di prove scientifiche e testimonianze dirette, nessuna delle due donne si tira indietro, Giulia non si arrende nemmeno davanti alla prova inconfutabile delle impronte digitali, la proiezione del desiderio del ritorno del marito è talmente forte che le fa distorcere la realtà. Si effettua l’esame dei padiglioni auricolari, che in ben diciassette punti differisce da quello di Canella, ma nemmeno questa prova riesce a far cambiare idea alla Penelope veronese. A riprova che non si tratta di Canella c’è il fatto che l’uomo non conosce per nulla né il latino né il greco, non sa suonare il pianoforte, ha in generale una cultura molto approssimativa, ignora elementi teologici fondamentali, si dimostra l’esatto contrario di quello che doveva essere il professor Canella. Il neuropsichiatra Alfredo Coppola, perito del Tribunale, nella perizia sostiene che lo smemorato sia Bruneri e che egli abbia simulato, con grande capacità recitativa, un’amnesia cognitiva. Il caso dello smemorato di Collegno diviene tra i più conosciuti, non solo per l’insolita vicenda, ma anche perché si tratta della prima volta in cui sociologi e neuropsichiatri spiegano ai lettori semplici che cosa sia la memoria e che cosa significhi la rimozione dei ricordi in seguito a traumi. Giulia Canella non si smuove. È innamorata di suo marito, ora che lo ha ritrovato ancora di più, infatti rimane incinta altre quattro volte da quando i due si sono ricongiunti. Il caso Bruneri-Canella ha ulteriori sviluppi e con l’ordinanza del 23 dicembre 1927, il Tribunale dichiara che l’identificazione dello smemorato con Mario Bruneri non è stata raggiunta, non si possono quindi eseguire i tre mandati di cattura. Lo smemorato chiude i suoi rapporti con la giustizia, mentre la sua vera identità rimane ad ogni effetto, in bilico tra i due profili, quello del dotto Giulio Canella e quello del povero Mario Bruneri. Il 10 gennaio 1928 il Presidente del Tribunale autorizza la direzione del manicomio a dimettere lo smemorato, rinchiuso a Collegno il 12 marzo 1927, per affidarlo in custodia all’avvocato Gino Zanetti, che lo consegna definitivamente nelle mani di Giulia Canella. Il 5 novembre 1928 il Tribunale Civile di Torino ribalta l’ordinanza del Tribunale e identifica Mario Bruneri nello smemorato. I Canella ricorrono in appello. Il 7 agosto 1929 la Corte d’Appello di Torino conferma la sentenza di primo grado. I Canella ricorrono in Cassazione e l’11 marzo 1930 la Cassazione annulla la sentenza della Corte d’Appello di Torino per insufficiente motivazione, e rinvia gli atti alla Corte d’Appello di Firenze. Il 1 maggio la Corte d’Appello di Firenze conferma la sentenza di Torino, il 24 dicembre 1931 la Cassazione conferma la sentenza di Firenze. Per la giustizia italiana lo smemorato è definitivamente Mario Bruneri, il quale deve scontare le pene che gli sono state attribuite. Il 1 maggio 1932, grazie ad un’amnistia, lo smemorato viene rilasciato dal carcere di Pallanza e nel mese di ottobre parte per Rio de Janeiro, dove il probabile suocero gode di un’ottima reputazione e possiede vaste proprietà. In quelle terre viene accolto come Giulio Canella e lì muore il 12 dicembre 1941. Nell’ultimo periodo della sua vita si dedica allo studio della filosofia e scrive una serie di saggi. A distanza di trent’anni dalla morte dello smemorato il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Giovanni Benelli, precisa che la Chiesa riconosce nello smemorato il professor Giulio Canella e dunque Giulia Canella rimane la sua legittima consorte, come legittimi sono i figli nati dall’unione dei due. Nel 2014 viene effettuato l’esame del DNA sui diretti discendenti, i risultati riaprono l’indagine, dimostrando che, forse, lo smemorato era in realtà Mario Bruneri.
Alessia Cagnotto

A Dogliani torna il Festival della Tv

www.festivaldellatv.it

dal 23 al 25 maggio 2025

RITROVARSI
è il tema della quattordicesima edizione

Il borgo di Dogliani, nel cuore delle Langhe, torna a essere il palcoscenico privilegiato per uno degli eventi più attesi della primavera: il Festival della TV. Dal 23 al 25 maggio 2025, le piazze, il cinema-teatro e gli spazi del centro ospiteranno la quattordicesima edizione con tre giornate dedicate al mondo della televisione, del giornalismo e dei media in un programma ricco di incontri, dibattiti e spettacoli.

ll tema scelto per questa edizione, “Ritrovarsi”, nasce dall’urgenza di riscoprire il valore della connessione reale in un’epoca in cui le tecnologie digitali sembrano aver amplificato, anziché ridotto, il nostro isolamento. “Ritrovarsi” significa mettere al centro il dialogo autentico, la comunità fisica, e il bisogno di una narrazione più profonda e consapevole, capace di andare oltre la superficialità e la velocità che dominano il racconto contemporaneo.

Viviamo tempi contradditori. Mai come prima siamo interconnessi, possiamo comunicare tra noi ad una velocità impensabile solo pochi anni fa, condividere momenti, luoghi, emozioni. Abbiamo costruito strumenti eccezionali per stare sempre insieme, inventato piattaforme che, nel nome stesso, hanno la dimensione della socialità come presupposto e ci permettono di partecipare alla vita altrui e rendere partecipi gli altri della nostra. Tutto straordinario in apparenza, la cura definitiva alla solitudine. Eppure. Sembra che, di questi meravigliosi giocattoli, quasi nessuno di noi conosca davvero le istruzioni d’uso. Queste praterie infinite di socialità apparente, troppo spesso, sembrano avere paradossalmente acuito il nostro individualismo, il nostro isolamento, contribuendo a costruire degli avatar di noi stessi, o di come vorremmo apparire, ad uso e consumo di una platea virtuale di altri avatar. È tempo di recuperare il senso della realtà. Ribaltare la scala dei valori, rimettendo al centro la comunità reale rispetto a quella virtuale. Vivere queste opportunità tecnologiche come strumenti per incidere ancora meglio sulla realtà, e non ridursi, noi, a strumenti di una tecnologia che prenda il sopravvento sulle nostre vite. C’è bisogno di vita vera, di contatto fisico, di contradditorio. C’è bisogno di ritrovare una profondità che si sta perdendo nel racconto e nell’informazione, oggi il più delle volte sopraffatta dalla superficialità e dalla velocità, che ne è spesso la premessa. Abbiamo l’opportunità di vivere tempi tecnologicamente straordinari e destinati ad evolvere, in maniera ancora più dirompente, verso scenari che richiederanno una consapevolezza sempre più forte, proviamo a non sprecare questa opportunità. 

Il Festival della TV, organizzato da IL Idee al Lavoro con la direzione artistica di Federica Mariani, la direzione organizzativa di Simona Arpellino e quella tecnica di Mauro Tunis, si conferma come un punto di riferimento per comprendere le evoluzioni e i cambiamenti di un settore in continua trasformazione. Non solo una celebrazione dei protagonisti e dei successi della televisione, ma anche l’occasione di riflettere sulle sue sfide attuali, sull’impatto sociale e culturale che genera e sul ruolo fondamentale che continua a rivestire nell’era digitale.

Per l’edizione 2025 la manifestazione si rinnova con una proposta ancora più ampia e articolata. Sul palco saliranno i volti più amati del piccolo schermo, insieme a giornalisti, autori, registi e nuove voci che stanno plasmando il futuro della narrazione mediatica. Al centro del Festival temi attualissimi: dalla televisione come strumento di informazione e intrattenimento al rapporto con i social media, fino alle sfide legate alla pluralità e alla qualità dei contenuti.

Dogliani, con il suo fascino unico, si trasformerà ancora una volta in un laboratorio a cielo aperto dove il dialogo tra protagonisti e pubblico sarà motore di un appuntamento fatto di incontri straordinari, dialoghi sorprendenti e occasioni speciali. Tra le strade del borgo si intrecceranno storie, esperienze e visioni in un’atmosfera di condivisione e scoperta. La magia del Festival non si limiterà solo agli incontri ufficiali: da sempre la tre giorni di Dogliani è un’occasione per vivere appieno la bellezza delle Langhe tra cultura, enogastronomia e un’accoglienza calorosa, un’esperienza in cui il racconto della televisione si intreccia con le storie dei suoi protagonisti e quelle di un pubblico sempre più consapevole e curioso.

A ottant’anni dalla liberazione di Aushwitz, “Giro di posta. Primo Levi – le Germanie, l’Europa”

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Venerdì 24 gennaio, a Torino, nella corte medievale di Palazzo Madama, si apre la mostra “Giro di posta-Primo Levi, Le Germanie, l’Europa”, promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e curata da Domenico Scarpa. “Giro di posta” è realizzata da documenti per gran parte inediti e offre una vasta rete di carteggi privati che soltanto oggi diventano pubblici, e che raccontano l’Europa e la Germania divise in due. A tessere la trama sono gli interlocutori tedeschi e germanofoni di Levi, ma non soltanto loro. Le corrispondenze esposte, messaggi scarabocchiati a matita su fogli di fortuna o impeccabili lettere battute a macchina su carta intestata, attraversano quasi mezzo secolo di storia europea.

Auschwitz, esperienza di cui Levi non smise mai di indagare segreti e significati, rappresenta il fulcro geometrico della vicenda. “Se questo è un uomo” suonava, fin dal titolo, con una domanda rivolta al lettore, ma i fatti del libro erano avvenuti in tedesco e per mano dei tedeschi, e quindi quella domanda doveva arrivare necessariamente a loro. Nel 1959 fu avviata finalmente la traduzione del libro in tedesco, che uscì nel 1961, lo stesso anno in cui fu costruito il muro di Berlino. Da quel momento in poi una “intricata rete epistolare” mise Primo Levi in contatto con un gran numero di interlocutori di spessore, lettrici e lettori comuni, lettori che erano anche scrittori, ex compagni di lager e qualcuno che in Auschwitz stava dall’altra parte. Conoscendo Levi, non c’è da meravigliarsi che tra i suoi corrispondenti lo attraessero i più lontani per mentalità e geografia. Negli 80 anni della liberazione di Aushwitz (27 gennaio 1945-27 gennaio 2025) il giro di posta del titolo si presenta come una ampia discussione sulla Shoah e sul suo posto in Europa da ricostruire dopo la guerra, ma ben presto divisa in due blocchi contrapposti. Si presenta come una rete per molte ragioni: perché ci sono circuiti di posta dove una stessa lettera viene spedita a più destinatari, per sollecitarli a dire la loro; perché copre come un reticolato aree della Germania Est e Ovest, sconfinando in ulteriori Paesi; perché vi si intrecciano quattro lingue, l’italiano, il francese, l’inglese, il tedesco adoperate da Levi. La mostra, promossa dal Centro Internazionale Studi Primo Levi, medaglia del Presidente della Repubblica, è curata da Domenico Scarpa e sarà aperta fino al 5 maggio 2025. Con ingresso incluso nel biglietto del museo, è stata realizzata con il progetto LeviNeT, coordinato presso l’Università di Ferrara da Martina Mengoni, curatrice del volume “Primo Levi – il carteggio con Heinz Riedt”, edito da Einaudi. Il progetto, finanziato dalla European Research Concil prevede, da qui al 2027, la pubblicazione progressiva in open access delle corrispondenze tedesche di Levi. Il progetto di allestimento è a cura di Gianfranco Cavaglià e Anna Rita Bertorello, Ars Media per il progetto grafico di comunicazione visiva.

La mostra comprende 5 sezioni: 1- Primo Levi. Un precoce pensiero europeo; 2- Hermann Langbein. Un uomo formidabile; 3-Heinz Riedt. Un tedesco anomalo; 4- Giro di posta. Che dà il titolo all’intero allestimento; 5- Le lettrici e i lettori. L’allestimento prevede un percorso di accessibilità per il pubblico con disabilità visiva: saranno presenti mappe e qr code tattili tramite i quali sarà possibile accedere dal proprio dispositivo mobile a contenuti audio per ciascuna sezione.

In occasione dell’inaugurazione della mostra, il Centro Internazionale di Studi Primo Levi, in collaborazione con Poste Italiane, ha realizzato un annullo filatelico dedicato: per il giorno d’inaugurazione e il successivo giorno di apertura al pubblico, presso Palazzo Madama, due ufficiali di Poste Italiane saranno lieti di apporre il timbro sulle cartoline filateliche, anch’esse realizzate per l’occasione con francobollo selezionato a tema.

Info: Palazzo Madama-Museo Civico d’arte antica, Piazza Castello, Torino – 24 gennaio/5 maggio 2025. Telefono 011 4433501. Sito www.palazzomadamatorino.it

Lunedì e da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18. Martedì chiuso.

 

Mara Martellotta

 

 

Il Piccolo Teatro Comico presenta il monologo di Stefano Gorno “Live show 2.0”

Venerdì 24 gennaio, alle ore 21, il Piccolo Teatro Comico porta in scena Stefano Gorno in “Live show 2.0”. Lo spettacolo avrà luogo in via Mombarcaro 99/b a Torino, in zona Santa Rita, e rappresenta il decimo appuntamento della stagione di un teatro il cui tema, quest’anno, è “Punti di vista – incontro”. Il “Live show 2.0″ rappresenta una stand up comedy e traccia il contesto di un uomo con i cinquant’anni in arrivo, la fine del mondo dietro l’angolo, il pericolo della famiglia tradizionale, i falsi idoli, la nuova vita in un nuovo appartamento, la solitudine, l’intelligenza artificiale. Sembra non ci sia niente da ridere, ma non è così.

 

Mara Martellotta

L’isola del libro

RUBRICA SETTIMANALE A CURA DI LAURA GORIA

 

Colum McCann con Diane Foley “Una madre” – Feltrinelli- euro 18,00

Questo libro doloroso è dedicato a James Foley, il giornalista free lance decapitato dall’Isis il 19 agosto 2014, dopo il rapimento e 2 anni di prigionia e torture in Siria. La sua fine drammatica in un video straziante che ha fatto il giro del mondo. La distesa del deserto, Jim in tuta arancione e rasato a zero; di fianco un uomo totalmente paludato di nero, in mano il coltello con cui sgozzerà la vittima.

Lo scrittore irlandese Colun McCann ha cercato la madre di James e, 10 anni dopo l’assassinio, ha scritto con lei questo testo che parla di perdono, ma gronda anche rabbia verso gli Stati Uniti che non hanno salvato il giovane.

Il dolore della madre di un ostaggio di fronte al suo governo (all’epoca presieduto da Obama) che -per questioni etiche, politiche e strategiche- si rifiutò categoricamente di trattare con i rapitori di Jim, è proibì a chiunque di negoziare e pagare il riscatto. Atteggiamento ben diverso da quello di altri stati che salvarono i loro concittadini.

Il testo si apre con la madre del reporter, Diane Foley, che visita in carcere Alexanda Kotey, militante dello Stato Islamico condannato all’ergastolo nel 2022 per aver partecipato alla barbara uccisione di suo figlio e di altri ostaggi americani.

Una delle sue domande più strazianti è stata dove era sepolto il corpo del giovane. Non c’è stata risposta.

Ma questa donna di 75 anni, minuta, eppure gigantesca quanto a forza, ha continuato l’incontro convinta che il figlio così avrebbe voluto. Ed emerge l’incrollabile fede di Diane, la commozione nell’apprendere che l’aguzzino del figlio non avrebbe mai più rivisto le sue tre bambine di cui le mostra la foto.

Il libro racconta chi era James, i suoi ideali e il significato di cui aveva ammantato la sua vita, la passione per il suo lavoro di reporter sui fronti più caldi della terra. Con tutto l’amore di una madre che tiene in vita la memoria di suo figlio che non c’è più.

 

 

Gabrielle Zevin “Elsewhwere” -NORD- euro 16,50

Elsewhere significa Altrove ed è proprio lì che finisce la protagonista del romanzo, Elizabeth, Liz. E’ appena morta, a soli 15 anni, stritolata da un taxi. Ora si ritrova frastornata sul traghetto Nilo. Con fatica apprende di essere morta e in viaggio verso “Altrove”, insieme a quelli deceduti il suo stesso giorno.

All’approdo l’attende la nonna Betty che non ha mai conosciuto perché era morta di tumore prima della sua nascita. Personaggio che non dimostra gli anni che dovrebbe avere: stravagante, coraggiosa, perfettamente integrata nella nuova dimensione ultraterrena.

Vari step e incontri con molteplici consulenti chiariscono a Liz che si trova nell’aldilà; luogo in cui l’esistenza si riavvolge su se stessa. Lì non si invecchia, anzi, si diventa sempre più giovani fino a tornare neonati ed essere rispediti sulla terra. E’ un luogo transitorio e non esiste alcuna eternità.

Ma sarà un nuovo inizio a partire da zero; non ricorderanno chi erano, il loro passato, neppure l’Altrove, e se dovessero incontrare persone appartenenti alla loro esistenza terrena precedente non le riconoscerebbero.

Un romanzo fantasioso, difficile da definire, per niente greve, che mette in luce cosa si prova quando il tempo e le occasioni sono perdute, e lo fa attraverso lo sconcerto di Liz.

 

 

Giulia Caminito “Il male che non c’è” -Bompiani- euro 18,00

Il protagonista Loris è uno che, fondamentalmente, ha il male di vita e del vivere. Lo percepisce con continui sintomi: dall’emicrania a dolori di pancia o a qualsiasi parte del corpo. Quello che sembra un ipocondriaco malato immaginario è di fatto un giovane sottopagato e precario che somatizza le difficoltà disseminate sul suo cammino.

Ha 30 anni, alle spalle un’infanzia spensierata col nonno Tempesta; ora lavora nell’editoria, traghettato in una dimensione precaria, complessa e poco gratificante. La casa editrice stenta a stare a galla, sempre in bolletta e in ritardo con gli stipendi.

Loris si trova così soverchiato dal peso del lavoro, degli affetti e della vita che scatenano crampi e frequenti corse al pronto soccorso. Per un po’ la sua vita sembrava funzionare. Ma era ai tempi dell’Università, quando ancora cullava grandi sogni di futuro, accompagnato dall’amore di sempre, con la quale era cresciuto, Jo, che con lui aveva condiviso parecchio.

Poi qualcosa si è inceppato. E mentre Jo andava avanti, con il suo lavoro, la palestra e gli amici; Loris era rimasto inchiodato e come paralizzato da paure, ansie, insicurezze, angosce alla prospettiva di diventare adulto.

Il suo è il pellegrinaggio tra visite mediche, richieste di esami anche invasivi; le diagnosi non riscontrano mai patologie. Il dolore è tutto solo nella sua testa. Un romanzo da leggere anche come spaccato delle precarietà dei 30enni di oggi.

 

 

Charlotte Link “Acqua scura” -Corbaccio- euro 22,00

Non smentisce la sua bravura la scrittrice tedesca che in questo thriller tiene alta l’attenzione dei lettori fin dalle prime pagine. Nella costa occidentale della Scozia due famiglie che non si conoscono campeggiano in una baia isolata dove troveranno la morte per mano di uomini mascherati. Alla strage è scampata solo la giovane Iris, primogenita di una delle coppie massacrate.

15 anni dopo, Iris inizia a ricevere minacce da sconosciuti, poi è assillata da uno stolker e la faccenda si fa ancora più oscura quando la sua migliore amica Tanya improvvisamente scompare.

A indagare ritroviamo l’investigatrice Kate Linville, poco malleabile e decisamente scontrosa, ma dotata di un fiuto infallibile. Lavora alle indagini affiancata dall’ex ispettore Caleb Hale. E il thriller è un colpo di scena dopo l’altro.

Appuntamenti culturali a Nichelino

Appuntamenti e iniziative a Nichelino

Dal 23 gennaio 2025

Presentazione del romanzo “La trappola amorosa” di Giovanni Arpino

Giovedì 23 gennaio 2025 alle 18.00, Biblioteca G. Arpino, via Azzolina 4

La Biblioteca G. Arpino (via Azzolina, 4) di Nichelino ospiterà, seconda location in Italia dopo l’anteprima di Bra, la presentazione della nuova edizione “Il Capricorno” del libro “La trappola amorosa”, romanzo di Giovanni Arpino pubblicato postumo nel 1988.

Pubblicato postumo nel 1988 e riproposto a partire dal 17 gennaio 2025 nella nuova edizione “Il Capricorno”, La trappola amorosa è un intenso romanzo ambientato in una Torino malinconica. Tra passioni, fragilità e inganni, esplora con finezza le contraddizioni dell’amore e delle relazioni umane, rivelando la complessità dell’animo.

Interverranno:

Giampiero Tolardo, Sindaco di Nichelino

Tommaso Arpino, figlio dello scrittore

Darwin Pastorin, giornalista e scrittore

Roberto Marro, editor di Capricorno edizioni

Modera Michele Pansini

 

27 gennaio Giorno della Memoria

UN GIARDINO CHE CRESCE…PER NON DIMENTICARE

Lunedì 27 gennaio dalle 10.00, per la ricorrenza della Giornata della Memoria, presso “il Giardino dei Giusti” di Nichelino in via del Pascolo si terrà la cerimonia di piantumazione di dieci nuovi alberi, che verranno dedicati ad altrettanti Giusti e Giuste. Durante l’evento, alcune classi delle scuole nichelinesi leggeranno le biografie di queste figure.

DALLA GUERNICA ALLA PACE

Lunedì 27 gennaio dalle 13.30 alle 16.30, per la ricorrenza della Giornata della Memoria, Flash Mob nei luoghi simbolo di Nichelino a cura della Ludoteca comunale La Bottega dei sogni e dello Spazio bambine e bambini aranciolimonemandarino, organizzato insieme alla classe III B della scuola primaria Don Milani:

13.30 Murale di Primo Levi in piazza Dalla Chiesa;

14.30 Giardino dei Giusti in via del Pascolo;

15.30 Palazzo comunale in piazza Di Vittorio;

16.30 Scuola primaria Don Milani in via Kennedy 30.

Per informazioni: 011 6819620 / 636 – ludoteca@comune.nichelino.to.it

PRESENTAZIONE DEL LIBRO “LEONI SENZA CONFINI” DI ALESSANDRO MELLA

Lunedì 27 gennaio alle 18.00 per la rassegna “A lume di libro” a cura di Uni3 Nichelino, la Biblioteca G. Arpino (via Azzolina 4) ospita la presentazione del libro Leoni senza confini di Alessandro Mella, Marvia edizioni. Lettura di alcuni estratti del libro a cura di Maria Ezechiele

 

“L’autore, storiografo e divulgatore canavesano, racconta un periodo difficile e lungo della storia italiana, quello che va dal 1885 al 1914, dagli anni di Crispi e Giolitti fino alla vigilia della Grande Guerra. Una fase caratterizzata dall’infelice esperienza dell’espansione in Africa, dalla guerra italo-turca, dalla spedizione italiana in Cina e dalla rivolta dei Boxer”.

 

Ingresso libero.

 

CENTO CENERENTOLE – SPETTACOLO TEATRALE INTERATTIVO

Mercoledì 29 gennaio alle 20.45 – Teatro Superga, piazzetta Macario, 1 Nichelino

𝘗𝘳𝘪𝘮𝘢 𝘥𝘪 𝘧𝘪𝘯𝘪𝘳𝘦 𝘪𝘯 𝘶𝘯 𝘭𝘪𝘣𝘳𝘰, 𝘭𝘦 𝘧𝘪𝘢𝘣𝘦 𝘦𝘳𝘢𝘯𝘰 𝘰𝘷𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦. 𝘕𝘰𝘯 𝘶𝘯𝘢 𝘮𝘢 𝘤𝘦𝘯𝘵𝘰, 𝘮𝘪𝘭𝘭𝘦 𝘊𝘦𝘯𝘦𝘳𝘦𝘯𝘵𝘰𝘭𝘦, 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘵𝘦 𝘦𝘳𝘢𝘯𝘰 𝘭𝘦 𝘷𝘦𝘳𝘴𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘳𝘢𝘤𝘤𝘰𝘯𝘵𝘢𝘵𝘦 𝘥𝘢 𝘗𝘦𝘳𝘳𝘢𝘶𝘭𝘵 𝘦 𝘥𝘢 𝘉𝘢𝘴𝘪𝘭𝘦, 𝘥𝘢𝘪 𝘧𝘳𝘢𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪 𝘎𝘳𝘪𝘮𝘮 𝘦 𝘥𝘢 𝘮𝘪𝘨𝘭𝘪𝘢𝘪𝘢 𝘥𝘪 𝘯𝘰𝘯𝘯𝘦, 𝘭𝘪𝘣𝘳𝘪, 𝘤𝘢𝘯𝘻𝘰𝘯𝘪, 𝘣𝘢𝘮𝘣𝘪𝘯𝘪 𝘦 𝘣𝘢𝘮𝘣𝘪𝘯𝘦.

𝘚𝘪 𝘤𝘩𝘪𝘢𝘮𝘢𝘷𝘢𝘯𝘰 𝘊𝘦𝘯𝘤𝘪𝘰𝘴𝘦𝘭𝘭𝘢, 𝘔𝘢𝘳𝘨𝘰𝘭𝘧𝘢, 𝘗𝘪𝘭𝘶𝘴𝘦𝘥𝘥𝘢, 𝘔𝘰𝘤𝘤𝘪𝘤𝘰𝘯𝘢… 𝘖𝘨𝘯𝘶𝘯𝘢 𝘥𝘪 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘤𝘦𝘳𝘤𝘢𝘷𝘢 𝘪𝘭 𝘴𝘶𝘰 𝘭𝘪𝘦𝘵𝘰 𝘧𝘪𝘯𝘦.

 

A metà strada tra lo spettacolo e il laboratorio di narrazione, una versione aperta e plurale in cui le varianti antiche convivono mentre alcuni pezzi mancano. Sarà il pubblico a scegliere come la storia andrà avanti! La narratrice sarà una performer d’eccezione: l’artista Drag e regista Monella Rai.

 

Ingresso gratuito previa registrazione al link https://forms.gle/4pjj75SgbA7eU1bp9

 

 

 

 

Città di Nichelino online:

Web www.comune.nichelino.to.it

Facebook https://www.facebook.com/Cittanichelino

Rock Jazz e dintorni a Torino: Dena Derose e i Meganoidi

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Martedì. Al Magazzino di Gilgamesh suona Max Altieri & Friends.

Mercoledì. All’Osteria Rabezzana è di scena il trio Paolo Porta 3. Al Blah Blah si esibiscono i Traitrs+ Secret Folder.

Giovedì. Alla Divina Commedia sono di scena i DAG. All’Hiroshima Mon Amour suonano i Selton. All’Off Topic si esibiscono i Viito. Al Blah Blah suonano gli Electric Wires. Al Cafè Neruda si esibisce il trio di Alberto Marsico.

Venerdì. Al Folk Club è di scena Dena Derose. Al Blah Blah suonano i Meganoidi. Al Magazzino di Gilgamesh è di scena Giulia Impache. Alla Divina Commedia suonano i Noi Duri 2.0. All’Hiroshima Mon Amour si esibisce Whitemary. Al Circolo Sud suona Skulla.

Sabato. Al Blah Blah sono di scena Let Them Fall & No More Extasy. Alla Divina Commedia si esibiscono i Dogma. Al Circolo Sud  suona Roncea.

Domenica. Al Blah Blah è di scena la The Andy Mcfarlane Two Man Orchestra.

Pier Luigi Fuggetta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

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SOMMARIO: Il Piemonte contro la violenza – Solidarietà ad una docente perseguitata – Il Latino è un’altra cosa – Lettere

Il Piemonte contro la violenza
L’iniziativa-incontro  del presidente del Consiglio regionale del Piemonte  Davide Nicco di martedì 21 gennaio dedicata alla  necessità di ribadire in  modo inequivocabile ed assoluto che il confronto politico non deve mai degenerare in violenza, è molto importante perché segna  uno spartiacque tra chi strizza l’occhio agli estremisti che devastano le nostre città e ricorrono alla violenza contro le forze dell’ordine e chi condanna senza ambiguità l’’uso della violenza.
E’ bene ribadirlo anche rivolti al passato, partendo da Marx che riteneva la violenza il forcipe della storia, per giungere a Marinetti che inneggiava alla violenza, sia pure in focosi discorsi che rimanevano tali. Come “reduce”   in Spe di scelte e battaglie  democratiche e liberali contro il ‘68 e le violenze che degenerarono  nel terrorismo armato, esprimo una profonda adesione all’iniziativa del Presidente Nicco. Vedo in lui lo spirito che fu  di un mio grande amico, il presidente Aldo Viglione, capace di rappresentare l’intero Piemonte, come forse nessun altro presidente del Consiglio Regionale.
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Solidarietà ad una docente perseguitata
La docente della scuola elementare “Sinigaglia” di Torino Laura Prunotto è stata assolta dal tribunale di Torino  in cui era stata trascinata dalle accuse veementi, piene di odio,  lanciate contro di lei  da alcuni genitori di suoi alunni. E’ storia che si è trascinata per 10 anni. La docente venne sospesa dall’insegnamento in base ad accuse (maltrattamenti aggravati) che oggi si rivelano una vera e propria diffamazione in quanto il Tribunale ha stabilito che “il fatto non sussiste”. Sono i risultati di una scuola nella quale l’autorità del docente è stata calpestata per dare spazio solo a discenti e genitori che pretendono di condizionare anche le autorità scolastiche.
Il direttore scolastico regionale in carica è stato invece molto  chiaro e ha detto che chi è assolto ha il diritto di tornare ad insegnare. I genitori che si erano accaniti contro la docente fanno indebita pressione sulla Procura perché  si appelli contro la sentenza. E’ una storia vergognosa di persecuzione di cui su questa rubrica mi ero già occupato fin dagli inizi di questa vicenda,  che segna la fine della Scuola di Stato divenuta una scuola privata al servizio dei genitori. I casi di docenti e di capi di istituto fatti oggetto di vere campagne  diffamatorie sono numerosi e sono una delle cause per cui nella scuola l’insegnamento  è condizionato dall’indice di popolarità da raggiungere, a prescindere dalle competenze didattiche  degli insegnanti. La caccia ai docenti all’apparenza  più fragili è stata condotta anche da alcuni presidi che colpiscono un docente per “educarne”  cento e far vedere il loro potere. La scuola galleggia in queste acque putride da troppi decenni. La dignità dei docenti non viene difesa neppure dai sindacati confederali della scuola. Essere sottoposti ad un processo (da cui la docente in questione è uscita a testa alta) per il fatto di incappare in alunni e genitori che vorrebbero una scuola a misura dei propri comodi, appare davvero una cosa incredibile che va denunciata con fermezza. Il bullismo ha le sue radici lontane in questi soprusi contro i docenti  fin dalla scuola elementare. Chi indennizzerà la docente Prunotto del danno, delle sofferenze, delle umiliazioni subite ? E chi le ha rubato dieci anni della sua vita pagherà qualcosa per la cattiveria dimostrata?
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Il Latino è un’altra cosa
Che rientrino nella scuola media il Latino, la storia e la geografia e anche lo studio della civiltà occidentale e della Bibbia non deve creare scandalo, anzi può anche allietare uomini di solida cultura come il maestro Massimo Coco. Il problema è più complesso. Come rientrano? Mi riferisco  in particolare al Latino. Un po’ di Latinetto opzionale non serve a nulla Con Luciano Perelli constatammo  che nella media non era  più insegnato da docenti all’altezza. Gli studi classici sono cosa seria e richiedono tempo e impegno.
Andrebbero ripristinati anche al liceo classico dove sono scaduti. Nei licei scientifici si studiano pochissimo o vengono aboliti senza problemi. Non entro nel merito delle altre materie che ci porterebbero troppo lontani. Obietto con Gianni Oliva che studiare la Bibbia in una scuola laica può suscitare delle  perplessità anche perché i docenti non si improvvisano. La scuola avrebbe necessità di una riforma vera, ma la destra delle tre I ha solo pasticciato con le sue ministre, come sta facendo l’attuale. Sono  improvvisatori senza competenze specifiche. Prima madamine, adesso un giurista.  La sinistra anch’essa ha pasticciato nella scuola, pur offrendo persone più qualificate. Bisogna definire un asse culturale che non si riesce a fissare. Piccoli ritocchi servono a poco. Una  spruzzata di latinetto opzionale rischia di diventare il “latinorum” di don Abbondio. Non basta. Ci sono laureati in lettere che non hanno studiato il latino: sono ragionieri, geometri, periti. Codignola fece il disastro di aprire gli accessi universitari. I valori della cultura classica snobbati, anzi cancellati, sono molto importanti, ma vanno trattati con cura. Un ministro  salviniano non può farlo, al di là della sua volontà. Con Gentile, si è visto, hanno qualche difficoltà a rapportarsi e quindi è meglio lasciar perdere.
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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Craxi 25 anni dopo
A 25 anni dalla morte di Craxi escono altri libri che non danno contributi significativi alla lettura di un vero statista che ha saputo governare il Paese con competenza ed efficacia . Le accuse contro di lui legate a Tangentopoli non dovrebbero oscurare i suoi meriti.  Dante Giulio
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Craxi  va considerato in termini storici andando oltre il “codardo” oltraggio, seguito al “servo encomio” dei cortigiani. Lo dissi ad un anno dalla morte quando lo ricordai a Torino con Stefania Craxi, Giorgio Cavallo, Maria Magnani Noya, andando contro il clima da caccia alle streghe instaurato da Borrelli e Di Pietro. Craxi ha rappresentato una linea di continuità con il socialismo di Turati, di Matteotti, di Saragat e dell’ultimo Nenni. Un socialismo non succubo del Pci che sembrava essere scomparso negli anni di piombo, del compromesso storico, del brigatismo. Mario  Soldati era un ammiratore sincero e disinteressato di Craxi. Mi portò a conoscerlo e debbo dire che rimasi colpito dalla sua forte personalità.
Bobbio lo detestava, ma io finii di condividere la scelta di Soldati. Quando Craxi venne eletto, alcuni socialisti filo comunisti dissero con sarcasmo che era nata la socialdemocraxia. Seppi poi con certezza che questi personaggini erano dei comunisti infiltrati nei ranghi del PSI con lo scopo di  sabotare il partito socialista. E tanti sbandamenti del PSI e dello stesso Nenni si possono comprendere solo vedendo il ruolo che ebbero le quinte colonne. Una di esse mi disse di odiare Craxi più dei fascisti. A riprova finì per militare in Rifondazione comunista. Craxi fu capace di guidare il partito socialista verso l’autonomia dal PCI e dal marxismo. Dietro di lui ci furono due martiri come Matteotti e Rosselli. E’ un qualcosa che non va dimenticato. Craxi aveva dei grandi ideali per cui ha combattuto. Semmai, furono molti i socialisti inadeguati e anche disonesti attratti dal potere. Questa è la discriminante storica che va fatta. Craxi fu un politico che aveva letto Machiavelli ma aveva anche letto Tocqueville. Queste letture fanno la differenza rispetto a certa sinistra odierna che continua ad essere geneticamente anticraxiana.
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Mussolini
Egregio professore, più’ volte Lei ha espresso le Sue riserve ai libri di Scurati su Mussolini, definendoli non storici. Adesso vedo con piacere che dopo i film anche Cazzullo e Travaglio criticano Scurati.   Renzo Struzzi
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Le critiche sono di tipo diverso e mi preoccuperebbe essere sulla loro linea. Ma e’ fuor di dubbio che manca la storicità. Lo dice molto bene Giordano Bruno Guerri. Scurati è un piccolo scrittore che ha tratto notorietà, successo, soldi e premio Strega da Mussolini. Dovrebbe essergli grato…