Via libera dalla Giunta comunale alle nuove linee guida per lo sviluppo e il sostegno alle arti perfomative nel triennio 2018-2020. Su proposta dell’assessora Francesca Leon l’esecutivo ha detto sì a “Torino Arti Performative”, un progetto volto a creare un rapporto di fiducia e ad attivare percorsi di collaborazione con i molti soggetti che compongono il mondo delle arti performative. Si tratta di un’iniziativa che si propone di rinnovare le modalità con cui la Città sostiene le attività teatrali e la danza. “Intendiamo lavorare ponendo attenzione alle realtà emergenti, sollecitando collaborazioni e contaminazioni tra professionisti diversi per vocazione e dimensione di impresa, in uno stretto rapporto con il territorio su cui insistono – sottolinea l’assessora alla CulturaFrancesca Leon -. Per renderlo possibile – continua Leon – è necessario disporre di un modello operativo con risorse economiche dedicate che permetta una maggiore inclusione, premi la capacità di elaborare idee di qualità e valorizzi l’impegno per realizzarle”. Il nuovo modello, elaborato dall’assessorato alla Cultura a seguito dei numerosi
incontri con le Fondazioni partecipate, agis, comitato emergenza cultura e compagnie teatrali e di danza, ha l’obiettivo di ridefinire e ampliare il precedente Sistema Teatro Torino, recependo anche i recenti cambiamenti della normativa che regolamenta il Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo). Torino Arti Performative prevede una Cabina di regia composta da Città di Torino Ufficio Arti Performative, dalle Fondazioni Teatro Stabile di Torino, Teatro Ragazzi e Giovani, Teatro Piemonte Europa e Piemonte dal Vivo(quale strumento della Regione Piemonte). Tale organismo avrà tra le sue finalità la condivisione delle linee guida per l’attribuzione delle risorse, azioni di supporto rivolte agli operatori del settore come, per esempio, fornire assistenza tecnica, organizzativa e produttiva e la definizione di strumenti di valutazione e monitoraggio delle attività i cui risultati saranno condivisi con i soggetti interessati. L’attuazione delle linee guida stabilite nella
Cabina di regia sarà a cura della Fondazione del Teatro Stabile di Torino che attiverà sinergie artistiche e operative attraverso azioni specifiche tramite bandi e convenzioni; la messa a disposizione di spazi, risorse tecniche e organizzative. Compito delle Fondazioni Teatro Ragazzi e Giovani e Teatro Piemonte Europa, sarà quello di contribuire attraverso risorse organizzative, tecniche e spazi, individuando in Piemonte dal Vivo un ruolo specifico nell’ambito della distribuzione e della formazione. Compito dell’ufficio Arti Performative sarà coordinare la Cabina di regia; promuovere e predisporre tavoli di lavoro con gli operatori del settore per consentire un confronto continuo sulle linee di indirizzo e sui risultati; verificare e monitorare in itinere le attività previste dalle convenzioni stipulate dal Teatro Stabile di Torino e con le Fondazioni partecipate. Queste, oltre a interagire con la rete territoriale, contribuiranno al sistema teatro-danza con attività di produzione, co-produzione, ospitalità, progetti di formazione e fornitura di servizi.
L’ultima opera di Verdi di ispirazione shakespeariana
Al Teatro Regio, mercoledì 15 novembre alle 20, va in scena lo spirito giovane del Verdi anziano con il Falstaff, che trae punto dalla commedia shakespeariana de “Le allegre comari di Windsor”. Ma alla sua origine ci sono anche lo straordinario amore del compositore per Shakespeare, che gli fece accarezzare il progetto di musicare anche il Re Lear, e il desiderio di comporre un’opera comica, dopo che, nel 1840, il suo “Un giorno di regno” riscosse un clamoroso insuccesso, tanto che Rossini affermò che egli non aveva talento comico. Tra i suoi 76 e 79 anni Verdi lavorò al Falstaff, dopo il successo ottenuto con l’Otello su libretto di Arrigo Boito, andato in scena alla Scala di Milano il 5 febbraio 1887. Il soggetto del Falstaff, già musicato da Salieri nel 1798 e da Otto Nicolai nel 1849, andò in scena davanti al pubblico scaligero il 9 febbraio 1893, alla presenza di eminenti personalità del mondo della cultura, quali Carducci, Matilde Serao, Leoncavallo, Puccini e Mascagni. L’opera otteneva uno straordinario successo, presentava un libretto screziato in filigrana di alcuni preziosismi linguistici, le romanze erano poche, le forme chiuse erano state abolite, il tutto era percorso da una sottile ironia. Per la maggior parte della critica il Falstaff risulta l’opera più perfetta tra quelle verdiane, quella che in sé assomma tutte le virtù, la punta più elevata di una ricerca proiettata su un nuovo secolo, capace di intessere relazioni con la tradizione europea, pur rimanendo salda alle sue radici italiane. In questa opera Verdi, con il contributo fondamentale della cultura cosmopolita di Boito come librettista, è riuscito a realizzare nella sua tarda età una visione del mondo traboccante di giovinezza e di spirito, se non addirittura giovanile. Falstaff rappresenta, infatti, una conquista sia umana sia artistica; incarna il punto di vista di chi, celebrando la superiorità intuitiva delle donne sulla forza raziocinante degli uomini, è perfettamente consapevole che il futuro appartiene alle Nanette e ai Fanton ma, al tempo stesso, è conscio che la vita, anche al suo declinare, rimane sempre il sogno di un’eterna giovinezza. Accanto all’ Orchestra e Coro del Teatro Regio, diretti dal maestro Donato Renzetti, interpreti dell’opera, di cui firma la regia Daniele Abbado, saranno i baritoni Corrado Alvarez nel ruolo di Sir John Falstaff e Tommy Hakala in quello di Ford, marito di Alice, il tenore Francesco Marsiglia nel ruolo di Fenton, e la soprano Erika Grimaldi in quello di Mrs Alice Ford.
Mara Martellotta
“The broken key” arriva sugli schermi

DAL 16 NOVEMBRE TUTTI AL CINEMA CON THE BROKEN KEY
Giovedì 16 novembre esce nelle sale di tutta Italia (nel numero di ben 220 copie) l’ultimo film di Louis Nero ” The broken key”, prodotto da Louis Nero Film, TFP, la britannica Red Rock Entertainment, l’americana Fantastic Film International e realizzato con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte. Il film – realizzato in circa 10 settimane di riprese svoltesi tra novembre 2015 e giugno 2016 – si muove tra le atmosfere del thriller e della fantascienza, offrendoci l’immagine di una esoterica Torino del futuro. ” Il mio intento – ha spiegato il regista durante la conferenza stampa di presentazione alla Mole – è quello di far rivivere al pubblico, come al protagonista, un percorso di purificazione spirituale dai peccati. Un film concepito sulla linea orizzontale delle Sette Arti Liberali , la cui pratica ascetica – secondo l’interpretazione dantesca – può portare alla trasmutazione dei Sette Peccati capitali nelle corrispondenti Virtù Cardinali”. La storia è ambientata in un futuro non lontano, in un mondo controllato dalla ” Grande Z”: la Zimurgh Corporation, un mondo nel quale la carta è un bene raro e stampare è reato. Il protagonista, il ricercatore inglese Arthur J.Adams, si mette alla ricerca del frammento mancante di un antico papiro, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus, ma viene ostacolato da indecifrabili omicidi legati ai sette peccati capitali. Arthur dovrà addentrarsi nei meandri di un’impenetrabile metropoli del futuro , specchio della sua anima, per ritrovare il pezzo mancante e salvare così l’umanità intera. Paolo Damilano, Presidente di FCTP, riconosce a Louis Nero il grande merito di riuscire sempre ad arruolare nomi del calibro di Christopher Lambert, Rudger Hauer, Geraldine Chaplin, Michael Madsen, Franco Nero, William Baldwin , Maria De Madeiros, Kabir Bedi. Tra gli interpreti ” nostrani” anche Andrea Cocco ( ex GF) e Diana Dell’Erba. “The broken key è stato realizzato da due importanti realtà produttive torinesi , che mediante questo ambizioso progetto – ha sottolineato Paolo Tenna, AD di FIP Film Investimenti Piemonte – contribuiranno a diffondere in oltre 60 paesi un’immagine nuova e originale della nostra città. Louis Nero è la dimostrazione vivente che è possibile fare un cinema di qualità uscendo dalle tradizionali logiche commerciali”. Paolo Manera, Direttore di Film Commission Torino Piemonte, ha evidenziato l’ampio utilizzo delle location di prestigio – tra cui la Sacra di San Michele, l’Accademia delle Scienze, il Museo Nazionale del Cinema, il Museo Egizio, l’Archivio di Stato, la Reggia di Venaria, il Mauto – è stato reso
possibile grazie alla sinergia tra la produzione e FCTP e alla disponibilità degli enti coinvolti , che hanno compreso le potenzialità del film come veicolo promozionale”. Secondo Franco Nero, che da quindici anni collabora con Louis e che insieme a lui ha fatto diversi lavori, a cominciare dal film Hans ” Louis con The broken key ha fatto un film fuori dai suoi canoni, un film di genere, ma con l’intellettualità tipica di Louis. Ha fatto un gran lavoro con pochissimo budget. Per un film del genere negli USA avrebbero speso 20-30 milioni di euro”. Luigi Boggio, distributore e proprietario del Cinema Ideal, che ospiterà l’anteprima del film martedì 14 novembre,definisce questo film come”Industria” con la i maiuscola. Non ha niente da invidiare ai prodotti americani sia per il copione sia per la recitazione sia per la fotografia. Per non parlare delle musiche originali di Lamberto Curoni. Louis è un meticoloso: ha fatto anche 50 ciak per la stessa scena”.
Helen Alterio

Avere Torino protagonista di un film così importante è per noi motivo di orgoglio e significativo. Il cinema può aiutare la città a costruire una immagine di sé. E può portare lavoro concreto sul territorio Siamo grati alla produzione che ha lavorato sulla città e sul patrimonio culturale.
Louis Nero è uno dei ragazzi più intraprendenti del nostro cinema. Utilizza maestranze locali e valorizza luoghi e location del Piemonte, che è esattamente uno degli obiettivi di Film Commission. Inoltre Louis ha la grande capacità di riuscire a coinvolgere star importanti.
Possiamo definire Louis Nero con quattro qualità: capacità, intelligenza, tenacia, caparbietà. Lui è la dimostrazione vivente che è possibile fare un cinema di qualità uscendo dalle tradizionali logiche commerciali. E siamo orgogliosi di averlo sostenuto. Il film è stato girato al 100% a Torino e in Piemonte ma ha respiro internazionale, e contribuisce a alla creazione di una classe produttiva e dirigenziale che può dimostrare come il nostro territorio sia in grado di produrre e non solo di accogliere.
Da quindici anni collaboro con Louis. Abbiamo fatto tanti lavori insieme, fin dal film Hans.Louis con The Broken Key ha fatto un film fuori dai suoi canoni. Si tratta di un film di genere, ma con l’intellettualità tipica di Louis. Ha fatto un gran lavoro con pochissimo budget. Per un film del genere in USA avrebbero speso 20-30 milioni di euro.
Se fossi un giornalista scriverei: “questo film è Industria con la i maiuscola. Non ha niente da invidiare ai prodotti americani. Sia per il copione, sia per la recitazione, sia per la fotografia.” Louis è un meticoloso: ha fatto anche 50 ciak per la stessa scena.

Dopo nove anni dalla chiusura domani, 11 novembre, riapre ufficialmente al pubblico l’intero percorso museale nel Castello di Moncalieri, con gli Appartamenti delle Principesse Maria Letizia e Maria Clotilde di Savoia, la Cappella Reale e l’Appartamento del Re Vittorio Emanuele II.
Tutte le informazioni:
Grande campione sui pedali e nella vita, a Gino Bartali è stato riconosciuto – quattro anni fa – il titolo di “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, il memoriale delle vittime ebree dell’olocausto fondato di Gerusalemme. Un titolo denso di valore e significato, assegnatogli alla memoria per la sua vicenda umana straordinaria. E’ documentato come il famoso “Ginettaccio” , nato nel 1914 a Ponte Ema, un sobborgo di Firenze, e scomparso nel 2000, durante il fascismo salvò centinaia di ebrei dalla deportazione. Il campione, che divise l’Italia nella sana rivalità con il piemontese Fausto Coppi non fu solo grande sui pedali, vincendo tre Giri d’Italia (1936, 1937 e 1946) e due Tour de France (1938 e 1948). Grazie alle ricerche negli archivi francesi e italiani, e all’ascolto di testimoni e familiari , è emerso l’impegno concreto e generoso con il quale contribuì, correndo grandi rischi, a salvare in silenzio centinaia di ebrei. Per lo Yad Vashem Gino Bartali “un cattolico devoto, nel corso dell’occupazione tedesca in Italia ha fatto parte di una rete di salvataggio i cui leader sono stati il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo della città cardinale Elia
Angelo Dalla Costa“. Il grande ciclista, si legge sul sito dell’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Israele di Gerusalemme , agì “come corriere della rete, nascondendo falsi documenti e carte nella sua bicicletta e trasportandoli attraverso le città, tutto con la scusa che si stava allenando. Pur a conoscenza dei rischi che la sua vita correva per aiutare gli ebrei, Bartali ha trasferito falsi documenti a vari contatti e tra questi il rabbino Cassuto“. ll periodo in cui lavorò più intensamente per mettere in salvo gli ebrei è tra il settembre 1943 e il giugno 1944. Bartali
divise il tifo sportivo di tutta una nazione nella storica rivalità con Fausto Coppi ed ha sempre avuto molti estimatori anche in Piemonte. Poco oltre il confine del Monginevro, a Briançon c’è una targa che ricorda le sue imprese più grandi, come quella del 15 luglio 1948 quando – partito da Cannes e dopo aver attraversato i colli d’Allos, di Vars e soprattutto dell’Izoard, Bartali entrò nella storia, recuperando i venti minuti di svantaggio che lo separavano dalla maglia gialla Louison Bobet e avviandosi a vincere il suo secondo e ultimo Tour de France. Notissimo oltre che per le imprese sui pedali anche per le memorabili e fulminanti battute, condite con l’immancabile «L’è tutto sbagliato l’è tutto da rifare» , rimarrà nei ricordi di tutti. Di questa straordinaria prova di altruismo non si vantò mai. E questo lo rende ancora più grande.
Marco Travaglini
Oggi al cinema
TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO
A cura di Elio Rabbione
Addio fottuti musi verdi – Commedia. Regia di Francesco Ebbasta, con Simone Ruzzo, Fabio Balsamo, Beatrice Arnera, Roberto Zibetti e Ciro Priello. Il gruppo di videomaker The Jackal arriva al cinema con il tema della disoccupazione: scomodando persino gli alieni. Napoletano in cerca di lavoro, Ciro, di professione grafico, quel lavoro proprio non lo trova. I culliculum li ha mandati in ogni parte ma niente. Perché, ultima spiaggia, non mandarne pure uno nello spazio? Là troverà una società aliena che ha i propri pilastri nella professionalità, nella estrema competenza e nella meritocrazia, cose che in terra manco sanno che sono. Durata 93 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)
Auguri per la tua morte – Horror. Regia di Christopher Landon, con Israel Broussard, Ruby Modine e Jessica Roth. Tree, giovane studentessa, si sveglia dopo una notte di bevute nella camera dell’altrettanto giovane Carter. La sera è vittima di un assassino: per risvegliarsi il giorno successivo nelle medesime modalità e per vedere continuamente ripetute vita e morte. Dovrà scoprire il proprio assassino se vorrà interrompere gli eventi. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci anche in V.O.)
Borg McEnroe – Drammatico/biografico. Regia di Janus Metz Pedersen, con Shia LaBeouf, Sverrir Gudnason e Stellan Skarsgård. Due campioni, due storie e due personalità diversissime, gli stili che catturano opposte folle di fan, i movimenti freddi e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e impetuosi dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (Centrale V.O., Massaua, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)
Geostorm – Azione. Regia di Dean Devlin, con Gerard Butler, Jim Sturgess, Abbie Cornish, Andy Garcia e Ed Harris. Due fratelli impegnati a salvare il mondo da un’imminente catastrofe. Mentre i capi di stato delle maggiori potenze mondiali si riuniscono per definire la realizzazione di una complessa rete di satelliti in grado di controllare le condizioni meteorologiche e garantire la sicurezza dei cittadini, ecco che per un malfunzionamento tecnico il sistema che dovrebbe porre tutti in salvo è la causa della imminente distruzione della Terra: tempeste, tsunami, frane, uragani e terremoti. In una corsa contro il tempo i due uomini dovranno tentare di salvare ogni essere umano. Durata 109 minuti. (Ideal, The Space, Uci)
Gifted – Il dono del talento – Regia di Marc Webb, con Chris Evans, Mckenna Grace e Octavia Spencer. Al centro Mary, una ragazzina di sette anni, che come la madre ha una passione incondizionata per la matematica; accanto a lei lo zio Franck che vorrebbe offrire alla nipotina una vita normale e la nonna materna per cui quella passione va di giorno in giorno accresciuta. Durata 101 minuti. (Greenwich sala 1, Uci)
Good Time – Azione. Regia di Benny e Joshua Safdie, con Robert Pattinson, Jennifer Jason Leigh e Benny Safdie. Connie e Nick, due fratelli, una rapina in banca per sottrarre alla cassa 65mila dollari. L’uno è l’asse portante della coppia, il motore che fa girare la vita dell’altro e le differenti storie tutte intorno, Nick è il ragazzo più debole, che si fida ciecamente del fratello, quello fuori di testa che va sorretto ad ogni istante. La rapina non è proprio un successo e Nick ci casca, carcere e ospedale, anche con il tentativo di Connie di rapirlo e strapparlo alla struttura, con il risultato di portarsi l’uomo sbagliato. Intorno la notte, la New York dei Queens, gli altri sbandati incontrati per strade: con la critica unanime a ripetere che Pattinson, nella gran voglia di scuotersi di dosso il personaggio di “Twilight”, sta sulla scena con la verità di un consumatissimo e maturo attore. Durata 100 minuti. (Classico anche in V.O.)
IT – Horror. Regia di Andrés Muschietti, con Bill Skarsgård, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor e Jaeden Lieberher. Tratto dal romanzo del “maestro” Stephen King, perla rara nel genere ai recenti botteghini Usa. Durante un temporale, il giovanissimo George guarda la sua barchetta di carta scendere giù per i rivoli d’acqua e scomparire nella fogna di Derry, piccola città del Maine che sembra il ricettacolo di ogni male. Là è nascosto IT, che si nasconde sotto gli abiti e il viso colorati di Pennywise, vero orco per le giovani vittima che scoverà in città. Sette ragazzini pieni di paure, molestati, dalla debole salute, grassi e spaventati, con grosse lenti poggiate sul naso, neri ed ebrei. Tutti pronti a unirsi pur di distruggere il Male. Salvo rimandare la conclusione delle gesta ad un prossimo capitolo, buttato al di là di una trentina d’anni, in un’età più che matura. Durata 135 minuti. (Massaua, Lux sala 3, The Space, Uci)
Malarazza – Drammatico. Regia di Giovanni Virgilio, con Stella Egitto, Paolo Briguglia e David Coco. Degrado e bellezza a Catania, al centro della storia una famiglia mafiosa, una moglie maltrattata e un figlio che attorno a sé non vede altro che male, la speranza di un riscatto sociale, un nuovo boss emergente, lo spaccio della droga. Durata 94 minuti. (Uci)
Il mio Godard – Biografico. Regia Michel Hazanavicius, con Louis Garrel, Bérénice Bejo e Stacy Martin. Con una buona dose di ironia nei confronti di quella critica francese che dagli anni Sessanta ha guardato alla figura di Godard in un misto di rispetto ed esaltazione, Hazanavicius – sopravvalutassimo autore oscarizzato con il muto “The Artist”, (ri)caduto con “The search” – tenta di descrivere il Sessantotto, il maoismo, le proteste contro la guerra in Vietnam, gli scritti e le arringhe, la politica nella vita e dietro la macchina da presa, l’amore per Anne Wiazemsky, la gelosia e il possesso dell’autore della “Cinese”. Durata 107 minuti. (Romano sala 3)
Mistero a Crooked House – Drammatico. Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Christina Hendricks, Max Irons, Julian Sands e Gillian Anderson. Basato sul romanzo di Agata Christie pubblicato in Italia con il titolo “È un problema”, il film è un giallo corale, quelli che tanto piacevano all’autrice: un confronto incrociato tra i componenti di una ricca famiglia inglese. Per ottenere finalmente la mano della ricca Sophia, il giovane investigatore privato Charles Hayword deve risolvere il mistero che avvolge la morte del nonno della ragazza. Mentre tutti puntano il dito contro la giovane seconda morte dello scomparso, spetterà a Charles scoprire nuovi moventi e indizi e la verità. Per chi già non conosce il romanzo di partenza, una inaspettata risoluzione finale, magari anche troppo fuori da quella umanità corrotta su cui la Christie ha per anni indagato. Un buon prodotto, con le carte in regola, di sceneggiatura e interpretative soprattutto, con il piacere da parte dello spettatore di inseguire sviluppi e finali. Durata 105 minuti. (Eliseo Grande, Nazionale sala 1, Uci)
Mr. Ove – Commedia. Regia di Hannes Holm, con Rolf Lassgård, Ida Engvoll e Bahar Pars. Il signor Ove è un pensionato isolato e sempre di malumore, che trascorre le proprie giornate a far rispettare le regole dell’associazione dei condomini – che un giorno presiedeva – e andando a far visita alla tomba della moglie, un uomo che pare aver rinunciato del tutto alla vita. Finché un giorno ecco comparire i nuovi vicini di casa: con essi il signor Ove pare stringere una nuova amicizia. Durata 116 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Romano sala 3)
Non c’è campo – Commedia. Regia di Federico Moccia, con Gianmarco Tognazzi e Vanessa Incontrada. Tempi duri per le gite scolastiche. Due insegnanti sono alle prese con una di queste, chiaramente con tanto di discepoli al seguito, verso un grazioso paesello dove un artista con i piedi ben piantati nella sperimentazione più attuale li attende per una settimana di studi ed esercitazioni. Ovvero la creatività al potere. Ma tutto sembra ridursi ad un buco del mondo: soprattutto per il fatto che, come sintetizza il titolo, i telefonini in quel tetro angolo non prendono. Come faranno i nostri, adulti e no, a sopravvivere? Durata 90 minuti. (Uci)
Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)
La ragazza nella nebbia – Thriller. Regia di Donato Carrisi, con Toni Servillo, Alessio Boni, Galatea Renzi, Michela Cescon e Jean Reno. Lo scrittore Carrisi passa dietro la macchina da presa, adattando per lo schermo un suo romanzo di successo. Narrando del detective Vogel inviato in un piccolo paese di montagna, vittima sotto choc di un incidente, incolume ma con gli abiti sporchi di sangue, un mite e paziente psichiatra che tenta di fargli raccontare quanto è accaduto. Vogel è lì per occuparsi della sparizione di una ragazzina di soli sedici anni, avvenuta alcuni mesi prima: un groviglio di segreti che arriva dal passato, un piccolo paese dove nulla è ciò che sembra e nessuno dice tutta la verità. Impianto ferreo ma pure con qualche scricchiolio nella parter finale; soprattutto un gioco di scatole cinesi che suona come uno snocciolarsi di colpi di scena ma che è anche un aggrovigliarsi che sbanda e fuoriesce dal campo della chiarezza. Servillo è ormai Servillo, quasi monumento a se stesso, Boni produce qualche bella emozione in più, la Cescon piuttosto inverosimile, gli altri a far parte di un piccolo presepe di montagna ormai cristallizzato. Comunque se dovessimo buttar giù una classifica con “L’uomo di neve” l’Italia batterebbe la fredda Norvegia per molti punti a zero: da noi c’è parecchia più vita, pur tra rapimenti e morti. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)
Saw: Legacy – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Tobin Bell e Laura Vandervoort. Se il seriakiller di un tempo è morto, eccone un altro fresco fresco con la stessa volontà, a voler far fuori quanti si sono prodotti in crimini e colpe per i quali dovranno pagare. E se fosse Kramer tornato a continuare la proprie personali vendette? E se al contrario qualcuno ne volesse emulare le gesta (e gli effettacci)? Durata 91 minuti. (Ideal, The Space, Uci)
Terapia di coppia per amanti – Commedia. Regia di Alessio Maria Federici, con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti e Sergio Rubini. Tratto da un romanzo di Diego De Silva, narra di Viviana e Modesto, un tempo vivaci amanti ormai in definitivo tempo di crisi. Un aiutino per salvare la loro situazione, se possibile, e con essa quella delle rispettive famiglie: ed ecco allora che non si può far altro che rivolgersi ad un terapeuta che ha la faccia di Rubini. Pure lui non privo di qualche piccolo problema da risolvere in campo sentimentale. Durata 97 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)
The Place – Drammatico. Regia di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini, Silvio Muccini, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi. Un film corale, un’ambientazione unica, una bella carrellata di attori italiani per altrettanti personaggi che Paolo Genovese – l’autore di quel piccolo capolavoro che è “Perfetti sconosciuti” – ha basato su una serie americana, ripensata e adattata, “The Booth at the Edge”, creta dall’autore e produttore Christopher Kubasik nel 2010. Un uomo misterioso, giorno e notte ospite abituale di un bar, con il suo tavolo sul fondo del locale, e personaggi e storie che a lui convogliano, di uomini e donne, lui pronto a esaudire desideri e a risolvere problemi in cambio di alcuni “compiti” da svolgere. Tutti saranno pronti ad accettare quelle richieste? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
The Square – Drammatico. Regia di Ruben Östlund, con Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary e Linda Anborg. Palma d’oro all’ultimo Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di Stoccolma, divorziato e amorevole padre di due bambine, sempre all’inseguimento delle buone cause. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione, “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione: ma quando gli viene rubato il cellulare per strada, Christian reagisce in modo scomposto. Nel frattempo, l’agenzia che cura le pubbliche relazioni del museo crea un’inaspettata campagna pubblicitaria a promuovere l’installazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico che manda in crisi sia Christian che il museo stesso. Durata 142 minuti. (Massimo sala 1anche in V.O., Nazionale sala 2, Uci)
Thor: Ragnarok – Fantasy. Regia di Taika Waititi, com Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Cate Blanchett e Tom Hiddleston. Il verde Hulk a dare una mano al dio del tuono, questa volta privato del suo fantastico martello e in lotta con Hela, la dea della morte, che vorrebbe prendersi il trono di Asgard, e ancora prigioniero in una terra lontana dove è costretto a combattere per il piacere di un tiranno amante del rischio e pronto a manipolare le deboli vite altrui. Durata 130 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)
Una donna fantastica – Drammatico. Regia di Sebastiàn Leilo, con Daniela Vega. Marina è una donna giovane e attraente, innamorata di un uomo di vent’anni maggiore di lei. All’improvviso l’uomo muore: è in quel momento che la sua natura transgender la metterà di fronte ai pregiudizi della società in cui vive. Ma lei è una donna forte e coraggiosa, pronta a battersi contro tutto e contro tutti per difendere la propria identità e i propri sentimenti. Durata 104 minuti. (Nazionale sala 2)
Una questione privata – Drammatico. Regia di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Dal romanzo di Beppe Fenoglio. “Over the rainbow” è il disco più amato da tre ragazzi nell’estate del ’43. Si incontrano nella villa estiva di Fulvia, che gioca con i sentimenti di entrambi: con quelli di Milton, pensoso e riservato, con quelli di Giorgio, bello ed estroverso. Un anno dopo Milton, partigiano, si ritrova davanti alla villa di Fulvia ormai chiusa, il custode lo riconosce e insinua un dubbio, che Fulvia, forse, abbia avuto una storia con Giorgio. Ogni cosa pare fermarsi per il ragazzo, la vita, le amicizie, la lotta partigiana, è ossessionato dalla gelosia e vuole scoprire la verità. Deve ritrovare Giorgio ma l’amico di un tempo è stato fatto prigioniero dai fascisti. Durata 84 minuti. (Romano sala 2)
Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Blu, Reposi, Uci)
Il declino dei cumuli di polvere

Chicca Morone, un mondo di idee
Scrittrice, librettista e poetessa, aderente alla corrente letteraria Mitomodernismo, è fondatrice dell’associazione “Il Mondo delle Idee”, promotrice del premio “Rodolfo Valentino-Sogni a occhi aperti”
Scrittrice, librettista e poetessa, milanese di nascita ma torinese di adozione, Chicca Morone colpisce il suo interlocutore per la sua inconfondibile dolcezza e per la passione che pone nel suo lavoro letterario. Ha al suo attivo numerosi romanzi e raccolte di poesie, ha realizzato mostre e fatto rappresentare le sue opere in teatro. Chicca Morone sarà presente venerdì 10 novembre prossimo, alle 18.30, nella Sala Piemonte del Centro Congressi dell’Unione Industriale, in occasione della presentazione, con Lina Callari, della raccolta di racconti “Spiritual Network”, un significativo cammino nel mondo delle emozioni condotto da Francesca Vitale, scrittrice e giornalista siciliana, con lettura dei brani affidata all’attore Sergio Troiano. “Nel 1984, quasi per coincidenza – spiega Chicca Morone – si concretizzarono due eventi: la presentazione a Firenze della corrente Mitmodernismo e, a Torino, la fondazione dell’associazione del ”Il Mondo delle idee “, di cui sono presidente fondatrice. Il Mitomodernismo, che ha tra i suoi più autorevoli rappresentanti il poeta e critico letterario ungherese Tomaso Kémeny, nasce ufficialmente il 1 ottobre 1994 a Firenze sul sagrato della chiesa di Santa Croce, preceduto il 5 agosto 1994, dalla pubblicazione, sulle pagine de “Il Giornale”, da una lunga conversazione tra il poeta e romanziere Giuseppe Conte e il filosofo Stefano Zecchi sulla cultura contemporanea e la missione della poesia. Contestualmente venivano presentate le nove tesi del Manifesto del Mitomodernismo, tra cui: Facciamo dell’arte azione. La sua forma visibile sia la sua bellezza; La bellezza è profonda moralità, il brutto è immorale; Opponiamoci all’avanzare della decadenza, che è là dove l’arte rinuncia all’estetica. Nel manifesto si sottolineava, inoltre, “l’importanza del mito, strumento capace di riportare tra noi anima, natura, eroe e destino, e quella dell’eroismo, sintesi di luce e forza spirituale”. Il Mitomodernismo si oppone all’ironia nichilista e utopica di coloro che evocano la fine della civiltà e considera il mito non solo la forma del pensiero primitivo e selvaggio, ma un elemento capace di racchiudere una conoscenza che si
colloca al di là della distinzione tra razionale e irrazionale. Il mito contiene un sapere che si interroga sulle origini e favorisce l’irruzione del sacro nella vita dell’uomo. C’è un romanzo di Chicca Morone, composto nel ’93, che lo scrittore Giuseppe Conte ha definito come “antesignano del Movimento mitomodernista”: è quello intitolato “Sette madri”, edito da Bompiani, un libro in cui il lettore rimane sospeso tra un mondo atemporale e uno storico e attuale, di cui sono protagoniste figure femminili connesse con Atlantide, che vivono sia nel passato sia nella contemporaneità. “L’associazione “Il Mondo delle Idee” – spiega la scrittrice Chicca Morone – ha promosso in questi ventiquattro anni numerosi progetti, di cui uno in particolare è il Premio letterario “Rodolfo Valentino- Sogni a occhi aperti”, un premio per la poesia di carattere internazionale, aperto anche agli italiani residenti all’estero. Si articola in varie sezione, di libri editi, inediti, racconti brevi e landays. Questi sono componimenti di due distici di autrici femminili, che si richiamano alla tradizione di quelli composti dalle donne afghane pashtun, che utilizzano in segreto questa breve forma poetica per denunciare violenze e soprusi cui sono sottoposte. Il premio viene conferito ogni due anni nella ricorrenza di San Valentino; il prossimo è previsto nel febbraio 2019″. Nei romanzi di Chicca Morone una presenza costante è quella del femminile, che assume a tratti il volto materno, spesso quello della luna, simbolo del femminile per eccellenza, come nel romanzo intitolato “Il soffio della luna”, una raccolta di racconti articolati in tre parti, “Lo splendore della luna”, “La voce della luna” e “Luna d’ amore”, in cui il rapporto tra uomo e donna viene descritto oltre le intermittenze del cuore e il limite fisico della vita, mettendo in luce l’aspetto più profondo del legame tra il femminile e il maschile.
Mara Martellotta
Il libro conquista Nizza Monferrato
Il piacere della lettura diventa occasione d’incontro che abbraccia letteratura, arte, musica, danza e territorio. Si svolge al Foro Boario di Nizza Monferrato, sabato 11 e domenica 12 novembre, la 6/a edizione di ‘Libri In Nizza’
INCONTRI CULTURALI CON SCRITTORI, AUTORI, GIORNALISTI
La rassegna di incontri culturali quest’anno è dedicata a narrare ‘meraviglie di parole, suoni, colori, gesti’. Una formula rinnovata rispetto alle tradizionali rassegne di libri, per capire e far capire quante cose contiene un libro e quanto ne fa immaginare e creare. Due giornate di dialoghi e riflessioni sulla letteratura e sull’arte contemporanea, alternate da musica, danza e immagini, che hanno come palcoscenico il centro storico della città di Nizza Monferrato, immersa della core zone Unesco per i paesaggi vitivinicoli. Autori e autrici di romanzi, filosofi e critici, giornalisti, casi letterari e web writers raccontano al pubblico storie, suggestioni e sentimenti che si trasformano in romanzo, teatro, disegni, musica, balletto. Diciotto sono gli scrittori, giornalisti, artisti chiamati a riflettere, attraverso le loro opere, l’evoluzione della cultura e dell’arte nella contemporaneità. Nella città del Nizza docg arriveranno, tra gli altri, Nicola Lagioia, Matteo Strukul, Veronica Pivetti, Maurizio Molinari, Stefano Zecchi, Luigi Piccatto, Laura Calosso e giovani scrittori nati dal web e amati dai teenagers come Antonio Dikele Distefano e Francesco Sole. ‘Libri In Nizza’ inizia sabato 11 novembre, alle ore 9.30 con il saluto degli amministratori e con l’Evento Arte, coordinato da Laura Botto Chiarlo. Il presidente dell’associazione Architettura Paesaggio Piemonte, Ferruccio Capitani e il critico e curatore artistico Fortunato D’Amico parlano di ‘culture e visioni tra cielo e terra nell’arte e nel paesaggio’. Il filosofo Stefano Zecchi, già docente di Estetica all’Università degli Studi di Milano, intervistato dalla giornalista di Panorama Stefania Berbenni, illustra l’eterno desiderio di piacere e voluttà contenuto nel suo ultimo libro “Il lusso” (Mondadori). Il presidente e Ceo di Aurora Penne, Cesare Verona, partendo dal marchio più classico e raffinato delle penne stilografiche, esalta l’arte antica della scrittura. Il responsabile editoriale di Giorgio Mondadori-Cairo Publishing Carlo Motta presenta il catalogo e la mostra ‘Il ciclo dei Chakra’ di Federica Oddone, in arte Feofeo nella sala del Foro Boario. Il fotografo e autore di libri di viaggi Sergio Ardissone, che con la sua Nikon ha fotografato gente di tutto il mondo, è presente con la mostra ‘Burma: la luce del Buddha’. Il giovane illustratore Gabriele Sanzo, autore della fantasiosa immagine del programma di questa edizione, propone 27 opere in legno dal titolo enigmatico ‘Prosopagnosia’ ed Elio Garis, designer, ceramista e pittore descriverà le sue sculture esposte a Palazzo Crova nell’ambito di ‘Art’900 – Collezione Davide Lajolo’. Come tutti gli anni, l’Accademia di Cultura nicese l’Erca espone preziosi documenti e testi storici e, novità di quest’anno, anche il costume settecentesco della baronessina Crova, protagonista di uno spettacolo teatrale rappresentato quest’estate nei giardini di Palazzo Crova. Alle ore 15:00 la scuola di danza di Arianna Rota debutta con la coreografia ‘Sherazade’ e le tavole disegnate da Cinzia Ghigliano, che ha illustrato l’ultima edizione della fiaba ‘Le mille e una notte’ (Donzelli). Il romanzo del giovane scrittore Antonio Dikele Distefano “Chi sta male non lo dice” (Mondadori) offre uno spaccato interessante e coinvolgente del mondo giovanile, con la partecipazione degli studenti delle scuole superiori di Nizza che hanno fatto un laboratorio di lettura sul suo romanzo. I fumetti diventano protagonisti con l’ultimo lavoro di Luigi Piccatto, presentato dal direttore di Sergio Bonelli Editore Michele Masiero,“Dylan Dog, la quinta stagione”. Un’altra novità di quest’anno è la lettura di un racconto inedito “Mirabilia”, che la scrittrice Laura Calosso, autrice de “La stoffa delle donne” (Sem), ha scritto appositamente per la manifestazione, avvalendosi delle immagini di Franco Rabino, con musiche di Andrea Passarino. Sarà presente anche l’attrice Veronica Pivetti, nota al grande pubblico, che ha scritto “Mai all’altezza” (Mondadori), un libro ironico e autoironico sul senso dell’esistenza. Il direttore del quotidiano La Stampa, Maurizio Molinari con “Il ritorno delle tribù” (Rizzoli) offre chiavi di lettura delle crisi a livello mondiale di estrema attualità.
Domenica 12 novembre, alle ore 15 viene replicato il balletto ‘Sherazade’, al quale segue il giovane poeta del web Francesco Sole con il suo libro “Ti voglio bene” (Mondadori) in un reading-concerto accompagnato dal pianista Massimo D’Alessio. Lo scrittore Matteo Strukul, Premio Bancarella 2017 per il caso editoriale della quadrilogia “I Medici” (Newton Compton) presenta l’ultimo volume della saga “La decadenza di una dinastia”. In collaborazione con la Biblioteca di Asti, Roberta Bellesini introduce con letture di Silvia Chiarle il libro di Giorgio Faletti, “L’ultimo giorno di sole” (Baldini e Castoldi), che è anche uno spettacolo teatrale interpretato da Chiara Buratti. Conclude la manifestazione lo scrittore, Premio Strega 2015, Nicola Lagioia con “La Ferocia”, ora direttore dell’ultima edizione del Salone del Libro di Torino, con il vicepresidente del Salone Internazionale del Libro Mario Montalcini, intervistati dal giornalista Gabriele Ferraris. Nel corso dei due pomeriggi sono proiettati spezzoni del videoracconto “Rajasthan: l’India dei Maharaja” del fotografo Sergio Ardissone. Come già nelle edizioni precedenti, a tutti gli autori viene fatto omaggio di un ritratto disegnato da Stefano Ferrero. Nella Sala delle Case editrici sono esposti i libri di Frilli, L’Araba Fenice, Grappolo di libri, Claudio Cerrato, Astigiani, Astilibri, Libridea. Inoltre c’e’ il laboratorio “Dimostrazioni di stampa” a cura del Museo Civico di Stampa di Mondovì (Cn) e la Libreria Bernini. Tornano i laboratori didattici per gli studenti, alcuni guidati da Luca Mesini sul disegno e la tecnologia, altri da Giovanni Del Ponte e Daniele Nicastro, sulla passione per la scrittura e le strategie per creare una storia. Fulvio Gatti e Gino Vercelli presentano il tema della differenza nel cinema e nei fumetti, mentre Nicastro affronta con “Grande” (Grappoli di Libri) i temi relativi alla legalità.
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Libri in Nizza è organizzata dal Comune di Nizza Monferrato con la Biblioteca civica ‘Umberto Eco’ su progetto di Laurana Lajolo, presidente dell’Associazione culturale Davide Lajolo, con il patrocinio di Regione Piemonte, Associazione Paesaggi vitivinicoli Langhe-Roero e Monferrato, Provincia di Asti e di ‘150 anni LA STAMPA’ e si avvale della collaborazione di Astesana, l’Associazione Pro loco di Nizza, Enoteca Regionale di Nizza, Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato. Sponsor le aziende Michele Chiarlo e Berta Distillerie.
Tutti i partecipanti possono usufruire di prezzi convenzionati nei ristoranti della città.
Gianmaria Testa – capostazione a Cuneo e cantautore in giro per l’Italia, ancor più, perché là osannato, in Francia, con appuntamenti nel mitico Olympia: e un inguaribile idealista – morì alla fine di marzo di un anno fa, ad Alba, senza avere il tempo di veder pubblicato da Einaudi Da questa parte del mare, poco più di un centinaio di pagine con la prefazione di Erri De Luca, “il libro con cui Gianmaria si è congedato in pace, dopo una vita onesta e dritta”, un percorso narrativo attraverso le migrazioni contemporanee, una “multibiografia” che guarda ad altri esseri umani con diverso linguaggio da quello dell’album che era stato Premio Tenco nel 2007. Da quel volumetto nasce oggi uno spettacolo teatrale, prodotto dallo Stabile torinese e da Fuorivia, con gli apporti di Marco Revelli e Alessandra Ballerini, sulla scena un monologante Giuseppe Cederna, narratore pronto a rivestirsi dei consumati abiti altrui, con la regia di Giorgio Gallione e il desiderio di entrambi di dare corpo e anima alle tante voci (repliche sino a domenica sul palcoscenico del Gobetti), uno sfoglio di libro che estrae alcuni dei vinti e dei naufraghi che hanno attraversato il mare. Una scena (di Lorenza Gioberti) pressoché spoglia, tre sedie più volte spostate e tre lampadine che scendono dall’alto a illuminare fievolmente i differenti angoli, un cumulo di pietre su cui sono scritti nomi e provenienze, identificati e no, un fuoco che immediatamente si spegne, un rivolo d’acqua e una barchetta di carta, la voce del cantautore e della sua musica, di tanto in tanto. Immagini a descrivere la spina del nostro tempo, la tragedia, le tragedie, le cifre sono lì a parlare. Invisibile ma presente, la porta a Lampedusa di Mimmo Paladino che guarda all’Europa, a riempire gli sguardi e l’accoglienza. Escono dal testo la ragazza, una prostituta, che infreddolita cammina verso la
stazione ed è umanamente accolta su di un’auto, c’è Tinochika detto Tino che in quel lungo tratto di mare attraversato s’è legato agli occhi di una donna che occupa il più ristretto spazio all’interno della traballante carretta, ci sono i giovani delle primavere arabe o quelli che fuggono dalle guerre africane, ci sono gli stupri e le violenze, i racconti delle carceri, delle percosse. Ci sono nello spettacolo i sentimenti e la passione, c’è l’assoluta certezza – senza vie di fuga che potrebbero suonare negative – della filosofia della “porta sempre aperta”, c’è la pietas degli antichi miti che da sempre hanno trovato spazio nel mare grande del Mediterraneo, c’è il vibrare accorato delle parole, c’è l’affetto incondizionato e la generale disponibilità, senza distinzione: e allora, al di là degli applausi che completano la serata, tutto sembra avere la faccia di un’occasione quasi doverosa, di un qualcosa che è necessario (e accomodante) dire nel contesto storico in cui viviamo; tutto nell’operato di un regista come Gallione che cerca di animare un po’ stancamente le azioni e nella voce di quel veritiero e sincero interprete che è Cederna (nessuno ne vuole discutere) finisce con rivelarsi come rivisitazione a binario unico e pura letteratura.
Elio Rabbione
Le foto sono di Marco Caselli Nirmal