CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 687

La corrente del Selvaspessa

Il Selvaspessa nasce dal Mottarone. Lì, dalla “montagna dei milanesi“, da rigagnolo si fa torrente mano a mano che scende a valle. Per un bel po’ della sua strada è un lungo, stretto e tortuoso filo d’acqua corrente che prende forza per caduta fino a spegnersi nel lago a Baveno, tra il Lido e il parco della Villa Fedora . Questa villa fu acquistata nel 1904 da Umberto Giordano, autore dell’Andrea Chènier, della Cena delle Beffe e – appunto – di Fedora. E’ lì che per vent’anni, fino al 1924, il compositore visse e lavorò nella pace di questa villa che s’affaccia sul lago Maggiore. Ma a quella villa non sono legati solo ricordi gioiosi. Resta anche l’ombra dei “portatori di morte” dell’Obersturmführer delle SS Herbert Schnelle . A villa Fedora, nel settembre del 1943, era alloggiata la famiglia israelita dei Serman. Era il 17 settembre quando le SS fecero irruzione nella villa , uccidendo quattro dei componenti della famiglia (solo Sofia, assente, si salvò, scampando al massacro). Prima di allontanarsi, le SS fecero razzia di ogni oggetto di valore. I Serman furono tra le prime vittime dell’odio razziale nazista che, dopo aver colpito all’albergo Sempione di Arona ( ad opera del “cacciatore di teste” nazista Krüger , “il biondo capitano dagli occhi azzurri e gelidi” ), continuò nei giorni successivi a Baveno e sul lago Maggiore fino alla strage degli ebrei dell’Hotel Meina.Difficile scordarsi i racconti di chi visse in quei luoghi a quel tempo, riannodando i ricordi dei mesi che seguirono le stragi, quando affiorarono dall’acqua del lago i cadaveri con i piedi e le mani legati con il filo spinato.

Tornando al Selvaspessa, a far da cornice al corso d’acqua, da una parte e dall’altra del torrente,scendono dalla vetta del Mottarone fitti boschi cedui di latifoglie. Castagno, faggio, betulla, rovere, cerro, frassino, acero, ontano, sorbo, robinia si alternano nei boschi misti che arrivavano a lambire le ultime case della Tranquilla, a Oltrefiume. della via Fraccaroli, dietro al cimitero, e ai margini del Bertarello. Al tempo in cui si era ragazzini era quello il nostro campo di gioco e di battaglia. Pietre scagliate nelle pozze, per schizzarci l’acqua addosso; arrampicate sui sassi , spesso verdi di scivolosissima “lita”, attorno ai quali la corrente disegnava dei piccoli gorghi; scorribande d’inverno quando l’acqua era assente e larghe e più o meno spesse lastre di ghiaccio livellavano gli anfratti, collegando i sassi uno con l’altro. Anche la pesca sul fiume era ben diversa da quella di lago. Qui si trattava di misurarsi con le trote di fiume che, a parità di prestazioni, sono più scaltre e smaliziate delle loro consorelle lacustri. Si nascondono sotto i sassi, sospettose. Scovarle è un bell’impegno.

La lenza, senza galleggianti e bilanciata con il giusto peso dei piombi, va fatta scorrere nella corrente, mettendo in bella mostra l’esca: un grasso lombrico, infilato sull’amo a regola d’arte. I lombrichi li trovavamo scavando nella fossa del letame che stava pochi passi dietro la grande cascina dove il Guerra teneva le vacche e qualche animale da cortile. Ai vermi s’associavano anche le camole del miele, fornite dal vecchio Brambilla, un milanese che – dopo la guerra – aveva scelto di vivere sul lago dopo esservi arrivato per sfuggire ai bombardamenti alleati. Aveva due dozzine di arnie e produceva un miele dolcissimo e denso. Nel far sparire quelle larve dai bozzoli biancastri e robusti gli facevamo un piacere perché la “galleria mellonella“, la tarma maggiore della cera, più comunemente chiamata camola del miele, è un lepidottero infestante degli alveari. E al Brambilla davano un sacco di noie. Così, riempiti i barattoli di lombrichi o di camole, pescavamo a striscio nelle pozze, seguendo il filo della corrente, fino a quando uno strappo secco ci comunicava la soddisfazione della cattura della preda. Sgusciavano tra la mani, vivaci e ribelli, le “fario” grigio-olivastre sul dorso, argenteo-giallastre sui fianchi e più bianche  sul ventre. Le macchioline nere e rosso-aranciate  che punteggiavano la parte superiore del corpo le distinguevano da quelle di lago, dove le macchie erano nere e irregolari. Eravamo espertissimi in questo tipo di pesca dove la scelta del piombo era importante quanto la scelta dell’amo, perché lungo il torrente dove l’acqua corre veloce è fondamentale riuscire a far lavorare bene l’esca. Al Selvaspessa non si andava solo a “bagnare” la lenza ma anche a prendere il sole, srotolando gli asciugamani sui sassi più larghi e piani , allungandoci sopra come  lucertole al sole. Oppure, come facevo io d’estate, a leggere. Passavo lì le mie vacanze, da luglio a settembre. Il rumore dell’acqua corrente rappresentava il sottofondo ideale per estraniarsi dal mondo. Non disturbava affatto, aiutando la concentrazione, favorendo la riflessione, stimolando la fantasia. E’ lì che ho letto i racconti avventurosi di Emilio Salgari, immaginandomi a Mompracem , nel mar di Malesia,  attraversando il Riff, gli oceani o le praterie del West. Ho conosciuto nei romanzi di Cesare Pavese le langhe,  Santo Stefano Belbo, il mare di Varigotti e il rigore livido dei viali di Torino. Con l’immaginazione ho viaggiato nell’ America di John Steinbeck grazie alle pagine di Furore, Uomini e Topi, la Valle dell’Eden o tra il Vicolo Cannery e Pian della Tortilla . Ho incontrato i moschettieri di Dumas, attraversato le foreste al confine con il Canada insieme all’ultimo dei Mohicani, frequentato pirati e bucanieri all’isola della Tortuga e sognato con Giulio Verne di scendere nel ventre della terra, fuggire con Michele Strogoff, viaggiare verso la luna e navigare ventimila leghe sotto i mari insieme al capitano Nemo. Il fiume – perché definirlo torrente ci pareva riduttivo –  mi faceva dimenticare la predilezione che avevo per gli alberi. Era sui rami bassi di un albero, infatti, che passavo ore e ore a leggere libri e fumetti quand’ero da mia nonna, lontano dall’acqua del Selvaspessa. Ora di quel mondo fantastico e misterioso resta solo un ricordo. La parte bassa del fiume è completamente stravolta e mai nessuno s’avvia in quella direzione con un asciugamano e un libro sottobraccio. E’ un peccato perché la parte a nord del Selvaspessa, merita ancora. Ma oggi, si sa, il divertimento è meno semplice e l’acqua che scorre non accompagna più la fantasia dei ragazzi.

Marco Travaglini

 

“Anche le statue muoiono” prosegue

Grande successo per la mostra nata dalla collaborazione di quattro istituzioni: Museo Egizio, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, i Musei Reali ed il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino, l’esposizione è un invito alla riflessione sull’importanza del patrimonio culturale

Il Museo Egizio annuncia la proroga della mostra “Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo” fino al 6 gennaio 2019.

 

Inaugurata lo scorso 8 marzo 2018, la mostra, è stata visitata da oltre 150.000 persone.La distruzione consapevole del patrimonio culturale è un tema di stringente attualità che, attraverso l’interpretazione di artisti provenienti da paesi in conflitto, ha sensibilizzato il pubblico evidenziando l’interesse dei visitatori a una riflessione più attenta e approfondita.

Il Museo Egizio con “Anche le Statue muoiono” si apre per la prima volta all’arte contemporanea ospitando il dialogo tra nove artisti contemporanei con le loro opere – installazioni, video, fotografie – e reperti millenari. Il percorso inizia con un suggestivo incontro tra sguardi: quelli dei nove volti fotografati da Mimmo Jodice e quelli spezzati dei governatori di Qau el-Kebir (1900 – 1850 a.C). Un importante momento di riflessione sul ruolo dei musei è affidato a opere quali quelle di Ali Cherri, Liz Glynn e Kader Attia. Una sala dell’esposizione è dedicata alle fotografie prodotte dal CRAST a Ninive: il Centro di Ricerche torinesi ha documentato per l’ultima volta – prima che fosse completamente raso al suolo – la bellezza del ‘Palazzo senza Eguali’ di Sennacherib.

 

“Anche le statue muoiono” si fonda sulla convinzione della capacità dell’arte di generare nuovi discorsi, ponendosi un duplice obiettivo: informare e mostrare al pubblico il risultato delle recenti e violente distruzioni che hanno travolto il patrimonio artistico e culturale di molti paesi; ma anche sensibilizzare perché è solo attraverso la conoscenza dei beni culturali che si può giungere a un’attenta tutela del patrimonio, eredità e memoria da tramandare e proteggere.

Il valore aggiunto della mostra, la terza temporanea dell’Egizio, è dato dalla collaborazione con tre importanti istituzioni, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, i Musei Reali ed il Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino. Il Museo Egizio crede fortemente nel valore della sinergia tra centri culturali, conscio che il fare rete sia ormai un requisito indispensabile per evolversi e valorizzare il patrimonio artistico e culturale nazionale.

 

Sarà possibile continuare a visitare la mostra anche il venerdì sera, grazie alla proroga della promozione #SpecialeEstate: il 7 e il 14 settembre, il Museo Egizio e la mostra sono aperti fino alle 22:30 e, dalle 18:30, ingresso a tariffa unica € 5,00.

 

(Foto: il Torinese)

Settembre in giallo

 

“Il sottile confine fra finzione e realtà” è il tema dell’evento, in Banca d’Alba, venerdì 21 settembre alle ore 18, organizzato da Solstizio d’Estate, ideatrice del concorso Il Bosco Stregato. Relatori: Giusto Truglia, Roberto Ponzio, Graziella Naurath, Bruno Vallepiano e Tommaso Lo Russo

Mai come in questa epoca la nostra società vive un momento particolarmente complesso in cui non si riesce a distinguere il discrimine fra quello che è, quello che appare oppure ci viene fatto credere. Con <<Giustizia Spettacolo: quando la televisione si sostituisce ai Tribunali>>, l’avvocato penalista Roberto Ponzio,con una sorta di arringa, cercherà di proporre una soluzione che riconfiguri la separazione fra giustizia e Spettacolo e condanni l’uso della gogna mediatica e del processo in TV che si sostituisce a quello nei tribunali.

Il direttore di gazzetta d’Alba, Giusto Truglia dirà la sua verità su L’informazione al tempo delle Fake news e delle post verità. Se la disinformazione c’è sempre stata, ma mai come ora, al tempo, del villaggio globale della rete, tutti ne hanno una propria versione e l”odio contro tutto e tutti si esercita nei modi più disparati, dalla manipolazione della notizia, reinterpretandola, creandone una falsa, ma facendo attenzione che non si capisca che è falsa, in altre parole una Fake news. Tanto la rete perdona tutto e l’impunità è assicurata.

Graziella Naurath, scrittrice, autrice del giallo “Dimentica” fornirà uno spaccato con <<Sfumature di Giallo>> di come la separazione fra reale e finzione sia sottile “Una costosa cravatta e la scritta “DIMENTICA” su un pezzo di carta accanto al corpo delle vittime, sono gli unici indizi utili al commissario Clerici e alla sua squadra per scoprire il killer che uccide giovani ragazze brune. 

Bruno Vallepiano, scrittore e giallista con <<Il Noir tra realtà e fiction: in nome della verità>> proverà a fornire indizi per separarle. Tommaso Lo Russo, coordinatore de “Il Bosco Stregato” tratterà <<Realtà e mistero>>. Vale a dire il confine fra reale e irreale nell’altra dimensione.

Il giallo, il thriller, il noir sono tre declinazioni dello stesso genere? Non è così, le differenze sono notevoli. Nel giallo, la differenza fra il buono e il cattivo è marcata, nel noir molto meno e il chiaroscuro è l’elemento fondante, fino ad arrivare alla suspense e al terrore del thriller. Se il mondo del crimine diventa una chiave di lettura per rappresentare, in forma narrativa, il nostro presente, le nostre angosce e le nostre ossessioni, la finzione talvolta supera la realtà.

Angelo Malinverni: i fiori, la Grande Guerra, gli Alpini

Verrà inaugurata sabato 15 settembre, alle 17, presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, in piazza Carlo Alberto 3, la mostra «Angelo Malinverni – I fiori, la Grande Guerra, gli Alpini», curata da Angelo Mistrangelo e realizzata con la collaborazione della galleria Berman e il patrocinio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

 

Nel centenario della fine della Grande Guerra, la Biblioteca Nazionale celebra questo artista, scrittore, medico e alpino con una rassegna di oltre un centinaio di opere, in cui Malinverni registra le emozioni del fluire dei mesi, delle luci, dei colori di una natura ritrovata, rivisitata, reinterpretata, in rappresentazioni che trovano riscontri all’interno della tradizione pittorica di scuola piemontese di fine Ottocento e dei primi anni del Novecento. Di volta in volta, Malinverni traduce la visione del vero in una raffigurazione dalle cadenze delicate, interiorizzate. Ogni colore, ogni linea, ogni impressione diviene testimonianza di una ricerca che lo ha accompagnato per tutta la vita. L’ampio salone della Biblioteca accoglie l’autore di numerose tavolette rese con un segno che fissa un «Altipiano» e delle betulle, un «Lago montano» e «Il pittore Cavalleri», del 1919, che dipinge davanti allo scenario spettacolare della natura, delle montagne e della luce che illumina alberi e arbusti. Dai «camminamenti» e trincee della prima guerra mondiale a un mazzo di «Rose bianche», si dispiegano le immagini di Malinverni, i ricordi che affiorano alle prime luci dell’alba, gli interni raccolti e arricchiti dalle nature morte o dai mazzi di fiori in un vaso. La retrospettiva permette di entrare in sintonia con una serie di quadri che rivelano la delicatezza delle «Rose avvizzite e mele» o del ritratto di «Maria Rosa» del 1940, in un susseguirsi di paesaggi montani, marine, nature morte, fiori.

Contemporaneamente all’inaugurazione sarà disponibile la ristampa, a 80 anni dalla prima edizione, del libro O luna, O luna, tu me lo dicevi… di Angelo Malinverni, un capolavoro della memorialistica del primo conflitto mondiale. In questo appassionato diario di guerra in prima linea con gli alpini, l’autore racconta episodi della Grande Guerra filtrati da uno spirito poetico con un linguaggio personalissimo e disinvolto. Come asserisce il giornalista Marco Balbi, con questo libro Angelo Malinverni ci ha consegnato una delle testimonianze più sincere, originali e commoventi della letteratura di guerra alpina. Nel catalogo trilingue (italiano, francese e inglese) della mostra, edito come il libro O luna, O luna, tu me lo dicevi… dalla casa editrice torinese AdArte, sono inclusi testi del curatore, di Carla Bertone e di Gianni Oliva.

 

La mostra, con ingresso gratuito, è aperta al pubblico fino al 24 ottobre secondo gli orari della Biblioteca Nazionale: dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19 e il sabato dalle 8 alle 14.

Biografia di Angelo Malinverni: Angelo Malinverni nasce il 14 febbraio1877 a Torino. L’esperienza della prima guerra mondiale segna una tappa decisiva nella sua vita: si arruola come volontario nel 1915, rifiuta la possibilità di essere assegnato a un ospedale da campo e svolge la sua professione in trincea con gli alpini del Battaglione Ivrea del IV Reggimento. Ferito allo Sleme, durante la degenza realizza numerosi disegni e schizzi con i soldati, le trincee, i reticolati. Grazie alla sua abilità grafica gli viene assegnato il compito di rilevare le posizioni nemiche. Gli viene conferita la Medaglia d’Argento al valore militare per un’azione del dicembre del 1915 sul Mrzli. Rientrato nella vita civile, tralasciando la professione medica anche a causa dell’infermità contratta in guerra, si dedica completamente alla pittura. All’attività di pittore affianca anche quella di scrittore. Muore a Torino nel suo studio il 1°giugno del 1947.

 

 

Lezioni recitate, un laboratorio storico-teatrale

Al Polo del ‘900, in via del Carmine 14 a Torino, dal 4 al 29 settembre 2018 e nei castelli di Mango, Sanfrè, Grinzane Cavour e Barolo negli ultimi due sabati di ottobre e nei primi due di novembre 2018 andranno in scena quattro nuove “Lezioni recitate” e due ri-allestimenti di Lezioni recitate già nel repertorio della Compagnia Marco Gobetti

Dal 4 settembre presso il Polo del ‘900 di Torino e nei castelli di Langa prendono il via le “Lezioni recitate”, all’interno del progetto “RIPRENDO LA STORIA – Conflitto, lavoro e migrazione dalle Langhe al mondo”, a cura di Associazione Turismo in Langa, Istituto di studi storici Gaetano Salvemini,  Associazione culturale Compagnia Marco Gobetti, Compagnia La robe à l’envers, Comune di Rodello, Associazione Strada Romantica delle Langhe e del Roero, con il Patrocinio di LUHCIE – Laboratoire Universitaire Histoire Cultures Italie Europe. L’iniziativa è realizzata grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo, nell’ambito del “Bando Polo del ‘900”, destinato ad azioni che promuovono il dialogo tra ‘900 e contemporaneità usando la partecipazione culturale come leva di innovazione civica [#CSP_Innovazionecivica, cic.compagniadisanpaolo.it]. E con il sostegno della Fondazione CRT e del Consiglio Regionale del Piemonte e del Comitato della Regione Piemonte per l’affermazione dei valori della Resistenza e dei principi della Costituzione Repubblicana. Al Polo del ‘900, in via del Carmine 14 a Torino, dal 4 al 29 settembre 2018 e nei castelli di Mango, Sanfrè, Grinzane Cavour e Barolo negli ultimi due sabati di ottobre e nei primi due di novembre 2018 andranno in scena quattro nuove “Lezioni recitate” e due ri-allestimenti di Lezioni recitate già nel repertorio della Compagnia Marco Gobetti. Le “Lezioni recitate” sono il frutto di un laboratorio storico-teatrale per attori organizzate dalla Compagnia, insieme all’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini e all’Associazione Turismo in Langa. Ogni fase del lavoro degli attori è pubblica e frequentabile dalla cittadinanza, in forma libera e gratuita: dalla loro formazione storica, con interventi degli autori delle nuove Lezioni (Anna Delfina Arcostanzo, Valentina Cabiale, Leonardo Casalino, Franco Pezzini) e di altri ospiti (fra tutti, Claudio Vercelli, Maurizio Pagliassotti, Diego Guzzi, Marco Brunazzi, Pietro Polito, Diana Carminati) nei giorni 4, 5 e 6 settembre; alle prove teatrali vere e proprie (dal 10 al 21, nei giorni feriali); per continuare con le anteprime delle Lezioni, ancora al Polo del ‘900 (il 25, il 28 e il 29 settembre) e per concludere, con le quattro prime nazionali in quattro castelli delle Langhe (20 e 27 ottobre, 3 e 10 novembre, con possibilità di abbinare visite guidate ai castelli stessi e degustazione di prodotti eno-gastronomici locali).

Sei gli attori coinvolti: Andrea Caimmi e Giuliano Comin (vincitori del “Premio Lezioni recitate”), Diego Coscia e Marta Zotti (vincitori del “Premio speciale CMG”); oltre a Marco Gobetti e Anna Delfina Arcostanzo, della Compagnia Gobetti. Il libro che contiene le quattro nuove lezioni recitate – “Enea profugo” (letteratura), “Meridione, lavoro, migrazione, guerre ed esilio: Salvemini e i conflitti del ‘900” (storia) di Leonardo Casalino, “Conflict Archaeology: quel che resta della Grande guerra” (archeologia) di Valentina Cabiale, “Armare il confine – Chiudere frontiere per aprirsi al conflitto: retorica e propaganda dalle trincee ai tempi di Frontex” (antropologia) – intitolato “Conflitti, lavoro e migrazioni”, esce per i tipi di SEB27 nel settembre 2018, ad azione in corso. Si sfrutta così al meglio l’onda lunga di un esperimento di produzione culturale (le “Lezioni recitate” – www.lezionirecitate.wordpress.com ) che ha avuto un significativo riscontro nel corso di questi ultimi anni e se ne fa volano e perno di una delle azioni del progetto “RIPRENDO LA STORIA – Conflitto, lavoro e migrazione dalle Langhe al mondo” (www.riprendolastoria.it ). Tutto ciò avviene nello spirito di una poetica tesa a rendere spettacolare ogni segmento del meccanismo produttivo teatrale, per perseguirne una ricaduta ampia e immediata in termini di produzione culturale; e per recuperare, tramite disordini intelligenti, la dimensione avventurosa di un teatro che sia “civile” già nella forma e per i modi con cui avviene. Significativa, pure in questo senso, è la collaborazione fra un istituto storico, una compagnia teatrale e un’associazione che da anni si spende per tramandare il patrimonio culturale immateriale langarolo.

 

Longobardi a Moransengo

Si sale dalla statale 590 “della Valcerrina” scendendo in direzione di Cavagnolo (o viceversa percorrendola da Torino in direzione di Murisengo – Casale Monferrato) oppure, sempre in territorio del Comune di Cavagnolo, dopo aver lasciato alle proprie spalle l’abbazia di Santa Fede, e si giunge, dopo alcuni chilometri, all’abitato del Comune di Moransengo.

E’ un centro della Valcerrina astigiana, al confine con la Città Metropolitana di Torino e appartenente alla Diocesi di Sant’Evasio (di Casale Monferrato). La fonia del nome rivela la sua origine longobarda e nei secoli passati il suo territorio è stato fortemente legato alle vicende storiche del Marchesato del Monferrato. Successivamente venne infeeudato ad alcune famiglie dominanti il territorio di Montiglio. Ne costituiscono un elemento fondante la presenza di una antichissima via di comunicazione che da Casalborgone giungeva sino a Moransengo, nonché la sua presenza al Comune di Brozolo che in passato era un centro di certo rilievo. Il paese ha una ripartizione territoriale, che trova riscontro nei documenti storici e vede il capoluogo, oggi centro storico, la “Valle dei Nervi”, oggi diventata Valle Nervi, la regione di Gerbole e la regione di Cerretto. Il territorio è intensamente coltivato a vigneto. Il centro storico si adagia su una lunga dorsale collinare che domina la valle. Al suo ingresso si trova la parrocchiale intitolata ai Santi Agata e Vitale di fattura settecentesca, con la facciata nel caldo colore del cotto. Fuori dall’abitato, su un colle alto sorge il Castello, acquistato nel 1680 dal mercante Andrea Galiziano che poi assunse il titolo di conte. Nel 1704, in seguito all’assedio delle truppe francesi (erano i tempi della Guerra di Successione al trono di Spagna, in cui i Savoia erano impegnati al fianco delle potenze europee dell’epoca contro i franco – spagnoli e nel 1713 e nel 1714, con la pace di Utrecht e di Rastatt, portarono a casa la corona regia) i paese venne saccheggiato ed il castello incendiato. Dopo il sacco il nucleo abitativo si spostò verso l’attuale parrocchiale ed il castello subì radicali trasformazioni che lo portarono ad assumere l’attuale aspetto di residenza signorile. Il maniero, costituito da due corpi uniti ad angolo, di altezza diversa, presenta la parte più interessante nella facciata principale, preceduta da un doppio scalone. Attualmente è proprietà privata. Nel parco la chiesa di San Grato presenta un’abside la cui conformazione la fa risalire al periodo romanico anche se risulta difficile una datazione. Una interessante pubblicazione per conoscere a fondo la storia, anzi le storie collegate alla comunità del comune collinare della Valcerrina astigiana, è “Moransengo – Tra storia e memorie del tempo”, realizzato a cura di Susanna Chiesa e Piero Perdomo con il contributo del Comune, nel 2007. Un ringraziamento particolare per questa “tappa” di Valcerrina Sconosciuta va a Massimo Ghigo e Piera Sesia, rispettivamente sindaco e vice sindaco di Moransengo.

Massimo Iaretti

 

Preferisco di no

L’uomo è ciò che compie ma anche ciò che decide di non fare. “Preferisco di no” è il tema della rassegna 2018 di Torino Spiritualità

“Preferisco di no”. Si tratta di un’obiezione irriducibile, gentile ed al tempo stesso sintetica per esprimere il proprio dissenso nei confronti di tempi bui e di crisi come quelli attuali. A questo rifiuto che non si nutre, tuttavia, di individualismo, di ostilità o di paura, è dedicata l’edizione 2018 di Torino Spiritualità, la quattordicesima da quando è nata la manifestazione, che è un progetto del Circolo dei Lettori e si avvale del sostegno della Regione Piemonte, Città di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT e Teatro Stabile di Torino. La scelta in negativo che contraddistingue il titolo di Torino Spiritualità 2018, in programma dal 26 al 30 settembre prossimi, si svilupperà attraverso lezioni, letture, dialoghi e spettacoli capaci di affermare che l’essere umano non è solo rappresentato dalle sue azioni, ma anche da ciò che sceglie di non fare, di non legittimare ed accettare. Numerosi gli ospiti attesi a Torino, tra cui Asha Phillips, autrice di un long-seller dal titolo “I no che aiutano a crescere”, ed il parroco di Aleppo, Ibrahim Alsabagh, testimone della resistenza contro la violenza della guerra. Il fisico ed esperto di taoismo Shantena Sabbadini parlerà dei margini della libertà, come il filosofo francese Francois Jullien e Fredrik Sjoberg, scrittore e biologo svedese. L’attore Massimo Popolizio porterà in scena “Post Office” di Charles Bukowski, uno degli esponenti ribelli della letteratura del Novecento; Francesco Guccini parlerà, invece, del potenziale sovversivo della musica. Di coerenza nelle scelte tratterà il ciclo a cura di Marco Belpoliti con Giovanni Lindo Ferretti e Mariangela Gualtieri. Erling Kagge racconterà la sua esperienza di primo uomo a raggiungere il Polo Sud in solitaria. Significative saranno poi le testimonianze di due donne eremita, la prima Antonella Lumini, che vive in un ritiro cittadino, la seconda Paola Biacino, diventata suora dopo l’annullamento del matrimonio, ora residente in una baita a mille metri di altezza. Per chi sia desideroso di scoprire l’avventura nascosta in ogni passo ci sono le camminate spirituali, otto percorsi tra boschi, valli e montagne nei due weekend che precedono l’inaugurazione della rassegna.

Mara Martellotta

 

Torino Spiritualità. Circolo dei Lettori. Via Bogino 9

La rassegna dei libri di agosto

L’estate sta finendo ma la voglia di lettura non va in vacanza: ecco una piccola rassegna dei libri più commentati nel gruppo FB Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri.

Il metodo Catalanotti, di Andrea Cammilleri è senza dubbio il titolo più amato dell’estate, seguito da un intramontabile classico del gruppo: L’ombra del vento, di Carlos Ruiz Zafòn, presente nelle nostre discussioni fin dall’esordio del gruppo, con pareri quasi sempre positivi. Terzo posto per un altro titolo inossidabile: I pilastri della Terra, romanzo storico di Ken Follett che continua a piacere ai lettori anche dopo tanti anni. Sveva Casati Modignani è l’autrice più citata nei nostri post estivi: moltissimi lettori la apprezzano e consigliano i suoi libri, tra cui Disperatamente Giulia, il suo titolo più celebre, ma anche Il Corsaro e la rosa e La vigna di Angelica, uno dei suoi successi più recenti. Quella del 2018 è stata l’estate dei Mondiali di calcio: se amate leggere di sport, oltre che seguirlo, ecco tre letture a tema: Il maledetto United di David Peace, che racconta l’epopea del Leeds United di Brian Clough, ormai un classico del genere dal quale è stato tratto anche un film; la raccolta di racconti L’angelo di Coppi, nella quale Ugo Riccarelli ricostruisce episodi della vita di celebri sportivi; lo scoppiettante Il mio anno preferito, con racconti di Nick Hornby e altri, sulla vita dei tifosi e delle squadre che amano. Ai lettori più impavidi, questo mese proponiamo tre titoli che hanno incuriosito i nostri utenti: l’impegnativa riflessione su arte e vita del celebre Le perizie, di William Gaddis, il singolare ritratto di un terrorista amante dei piaceri della vita offerto da Il ciclista, di Vicken Berberian e la bizzarra rivisitazione della storia americana fatta da Allan Gurganus con L’ultima vedova sudista vuota il sacco. Se volete partecipare alle nostre discussioni e proporre le vostre letture preferite, venite a trovarci su FB: Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, il gruppo che sta dalla parte del lettore!

Podio del mese

Il metodo Catalonotti, di A. Camilleri (Sellerio) – L’ombra del vento, C. Ruiz Zafòn (Mondadori) – I pilastri della Terra, di K. Follett (Mondadori)

Focus on: Sveva Casati ModignaniDispertamente Giulia – Il corsaro e la rosa – La vigna di Angelica (tutti editi da Sperling & Kupfer)

Leggere per sportIl maledetto united, di D. Peace (Il Saggiatore) – L’angelo di Coppi, di U. Riccarelli (Mondadori) – Il mio anno preferito, a cura di N. Hornby (Guanda).

Consigli per lettori impavidiLe perizie, di W. Gaddis (Mondadori) – Il ciclista, di V. Berberian (Minimum Fax) – L’ultima vedova sudista vuota il sacco, di A. Gurganus (Leonardo)

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Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Il Regio apre il Septembre Musical di Montreux-Vevey

Montreux, Auditorium Stravinskij, venerdì 31 agosto 2018 ore 20

Iniziano oggi in Teatro le prove dell’Orchestra e del Coro del Regio con il maestro Gianandrea Noseda, il Teatro della Città è ufficialmente aperto, dopo la pausa estiva, e pronto per il primo appuntamento ufficiale. I complessi del Regio sono stati invitati a inaugurare la 73esima edizione del Festival Septembre Musical Montreux-Vevey 2018, che venerdì 31 agosto li vedrà impegnati in un concerto straordinario e attesissimo diretto da Gianandrea Noseda; il Coro del Regio è magistralmente istruito da Andrea Secchi.  Il concerto sarà trasmesso in diretta da Radio Suisse Espace 2. In programma i Quattro pezzi sacri per coro e orchestra di Verdi e la Sinfonia n.9 in mi minore op. 95 (Dal nuovo mondo) di Dvořák. Ancora una volta il Regio, eccellenza italiana di fama internazionale, è chiamato a rappresentare la bellezza e il patrimonio musicale del nostro Paese, nel nome di due grandissimi compositori, che hanno scritto la storia della musica. Ulteriori informazioni suwww.teatroregio.torino.it. Seguite il Teatro Regio sui nostri social media

Suggestioni d’Italia

DAL NEOREALISMO AL DUEMILA. LO SGUARDO DI 14 FOTOGRAFI. FINO AL 23 SETTEMBRE

Cinquant’anni di Bel Paese. Quelli che abbracciano il secondo dopoguerra di un’Italia in cui riesci a ritrovarti a memoria o per esperienza e vissuto personale così come sul filo di cose dette e raccontate, ma anche di un’altra Italia fermata per caso – in un attimo di buona sorte o circuita e a lungo corteggiata e annusata – per fartela arrivare lungo vie traverse dell’anima (chiamiamole ispirazione o intuito o bizzarria sperimentativa) che ti fanno veleggiare fra immagini inaspettate eppur così vere e reali da lasciarti senza fiato e metterti i brividi in corpo e fiaccarti di emozioni: tutto questo troviamo nelle oltre cento fotografie focalizzate sul Paesaggio Italia e sulle “Suggestioni d’Italia” realizzate da 14 fra i più grandi Maestri italiani dell’ottava arte e raccolte in una grandiosa mostra ospitata alla GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino. Dal Neorealismo ai primi vagiti del Duemila. Pagina dopo pagina, la rassegna vuole essere un viaggio lento che vieta la fretta, fra campagne e città, periferie e centri urbani mai univoci mai scontati, feste sull’erba, arrotini, spazzini e ombrellai, baci alla luce del sole, lotte sociali, noi immigrati e valigie di cartone, il volto che racconta fatica dei contadini e i gesti larghi e chiassosi di un’esuberante donna del sud. Scatti in bianco e nero che arrestano con forza il trascorrere del tempo e altri che esplodono di colore, attratti dalle sirene pittoriche delle avanguardie astratte dell’epoca. Sono immagini che cavalcano la penisola, raccontandone anima e corpo, testa e pancia, dall’estremo Nord al più basso Sud. Paesaggi, luoghi e “non-luoghi”, per una mostra che nasce in casa con fotografie provenienti dagli archivi della stessa Gam, raccolte soprattutto durante la direzione Castagnoli (albori del Duemila) per essere intelligentemente ripescate oggi da Riccardo Passoni, neo-direttore della Galleria e curatore della mostra che racconta: “Ci è parso giusto tornare a focalizzare la nostra attenzione sul tema della fotografia, tralasciato dalla programmazione da circa dieci anni. E questo anche perché a cavallo del Duemila, la Gam prima e la Fondazione CRT per l’Arte Contemporanea poi, avevano costituito una ragguardevole collezione di fotografia dal secondo dopoguerra in avanti. Quasi tutti i grandi nomi di questo linguaggio sono entrati a far parte delle nostre collezioni”. Nino Migliori, bolognese del ’26, è il primo artista che si incontra in rassegna con la sua “Gente dell’Emilia” del ’57 di cui fa parte lo stupendo, divertito e divertente, siparietto neorealista dei cinque uomini con bambino fuori dal negozio di “Renato: parrucchiera per signora”, con la signora che sbuca a destra dalla tenda e il bambino, a sinistra, assai poco interessato alle chiacchiere di quella curiosa combriccola. Bellissimo é anche il bacio della “Venezia” del ’59 di Gianni Berengo Gardin (“Quando ero giovane in Italia – ricorda il grande fotografo genovese – era proibito baciarsi in pubblico. Così, quando sono arrivato a Parigi, dove tutti si baciavano continuamente, sono diventato un guardone, avido di rubare queste fotografie di baci”); esemplari, a seguire, gli scatti milanesi di Uliano Lucas che raccontano almeno quarant’anni di storia del capoluogo lombardo ( fra lotte sociali, disagi sofferenze e i risvolti luccicanti della “Milano da bere”), così come la Napoli – ma non solo- ad alta intensità emotiva di Mimmo Jodice e le “dure” campagne di Mario Giacomelli. E il viaggio continua fra gli “scuri” di Ugo Mulas e i “chiari” di Luigi Ghirri – con i suoi paesaggi “vuoti”, quasi non sfiorati dalla presenza umana – accanto alle metafisiche astrazioni dai colori accesi del modenese Franco Fontana. Territorio e memoria – le “cave” – sono anche i punti cardine di Mario Cresci che in mostra presenta opere risultato del passaggio dalle tecniche analogiche (stampe ai sali d’argento) alle tecniche digitali, mentre la dimensione urbana e industriale regolata da geometrie ricercate e perfette domina gli scatti in bianco e nero di Gabriele Basilico. Sempre in bianco e nero é anche la Sicilia di Ferdinando Scianna (sapientemente giocata su contrasti di sole-luce/buio) e quella ricca di mistero e “apparizioni sorprendenti” di Enzo Obiso. Unica donna del gruppo è Bruna Biamino, torinese classe ’54. Bellissimo il suo “Lago di Avigliana” del ’98, esempio significativo di una narrazione sempre allusiva ad una sorta di “sogno lattiginoso” e spaesante. Condotto dalla Biamino e da Obiso, con il GAM Photo Project, è anche in programma nel mese di luglio un workshop teso a coinvolgere la popolazione social attraverso Instagram (per info: tel. 011/4436999 – 011/4429544). A chiudere infine la rassegna espositiva, il toscano di Pistoia Aurelio Amendola che ci regala imperdibili e rigorosi scatti dell’Abbazia cistercense di San Galgano nel senese. Il linguaggio è di semplice e intima religiosità.

Gianni Milani

“Suggestioni d’Italia – Dal neorealismo al Duemila. Lo sguardo di 14 fotografi”

GAM- Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, via Magenta 31, Torino; tel. 011/4429518 – www.gamtorino.it Fino al 23 settembre

Orari: da. mart. a dom. 10/18, lunedì chiuso

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Foto

– Nino Migliori: Da “Gente dell’Emilia”, stampa ai sali d’argento, 1957
– Gianni Berengo Gardin: “Venezia”, stampa ai sali d’argento, 1959
– Uliano Lucas: “Piazza Accursio, Milano”, stampa ai sali d’argento, 1971
– Franco Fontana: “Landscape, Sicily”, stampa cromogenica, 1988
– Ferdinando Scianna: ” Italia, Pantelleria”, stampa ai sali d’argento, 1962
– Bruna Biamino: “Lago di Avigliana”, stampa da negativo colore, 1998