CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 682

Supernova in concerto

Bella serata di musica al GV Pane&Caffè di via Tiepolo 8/d.Il concerto di venerdì 4 è tra gli appuntamenti più attesi nel calendario di gennaio Protagonista la formazione Supernova, una tra le cover band più apprezzate in Italia degli Oasis, il gruppo dei fratelli Gallagher che ha dominato con i suoi dischi le classifiche discografiche in tutto il mondo per un paio di decenni. In scaletta i brani più famosi del complesso di Manchester, da tutti considerata la formazione di maggior impatto degli Anni Novanta. E proprio gli Oasis hanno definito i Supernova una delle loro migliori “imitazioni” musicali.

venerdì 4 gennaio – ore 22: SUPERNOVA (cover Oasis)

I Supernova nascono a Torino nel 1997 per merito di Luca Saccone (Lucky), desideroso di realizzare un progetto ben preciso: far sì che anche Torino avesse una sua band tributo agli Oasis. La formazione attuale è composta da: Fabio (voce), Lucky (voce, cori e chitarra solista), Whiteface (chitarre ritmiche), Alex (basso) e Nick (batteria). La band si avvale dal gennaio del 2006 della collaborazione di Nico alle tastiere. I Supernova hanno il proprio punto di forza nella capacità di riprodurre alla perfezione il sound tipico degli Oasis e nel garantire un grande e coinvolgente spettacolo sul palco. Nell’estate del 2006 Gem Archer, secondo chitarrista degli Oasis, ha postato personalmente i Supernova di Torino sul loro “MySpace” definendoli “…better than any English tribute I’ve seen…”

Concerto preceduto da una ricca cena a buffet con ingresso a 15 euro. Per informazioni il numero telefonico da contattare è 011/659.86.88. Direzione artistica Chiara De Carlo.

A Quaglieni il premio Ansaldo

Docente e saggista di storia contemporanea, e ‘ stato anche il fondatore del centro Pannunzio di Torino insieme ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati

Al prof. Pier Franco Quaglieni per ”i suoi cinquant’anni di iscrizione all’Ordine dei Giornalisti e per i suoi ultimi due libri in cui scrive la storia di molti autorevoli giornalisti” e’ stato assegnato il Premio di giornalismo e cultura di Napoli intitolato a Giovanni Ansaldo , il celebre giornalista genovese del “Secolo XIX” e del “Mattino”, autore di molti libri di successo. Nella motivazione si evidenzia “l’impegno di Quaglieni nel trovare una sintesi tra cultura e giornalismo nella sua carriera giornalistica che continua con una rara e coraggiosa coerenza a difesa dei valori democratici e liberali contro ogni forma di populismo “. Quaglieni, docente e saggista di storia contemporanea, e ‘ stato anche il fondatore del centro Pannunzio di Torino insieme ad Arrigo Olivetti e Mario Soldati. E’ insignito dalla medaglia d’oro di benemerito della cultura e nel 1999, vent’anni fa, venne nominato dal Presidente della Repubblica Scalfaro cavaliere di gran croce al merito della Repubblica .E’ anche grande ufficiale Mauriziano.

 

La rassegna dei libri del mese

I libri più letti e commentati dal gruppo fb Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Un anno si conclude e anche la nostra rassegna letteraria tira le sue somme: tra i libri più discussi, che hanno animato la nostra pagina FB, ricordiamo i tre che si sono guadagnati più spesso la parte alta della pagina: L’amica geniale (Edizioni e/o), di Elena Ferrante, Resto qui (Einaudi) , di Marco Balzano, La scomparsa di Stephanie Mailer, di Joel Dicker(La nave di Teseo). Abbiamo portato la vostra attenzione sulla narrativa Giapponese, con Io sono un gatto, di Soseki (Beat), su quella americana dedicandoci all’approfondimento di autori come Philip Roth (Lamento di Portnoy) (Einaudi) e a quella russa del secolo XX con Vita e Destino,di Vassilj Grossman (Adelphi). Abbiamo parlato di sport con Il maledetto United, di David Peace (Saggiatore), di diritti civili con Gridalo forte, di James Baldwin (Amos), di letteratura disegnata con L’approdo, di Shaun Tan (Tunuè) e ogni mese abbiamo cercato di farvi conoscere titoli noti e meno noti, invitandovi a proseguire il dialogo con noi sia dalla pagina del gruppo che dal nostro sito. Speriamo di continuare a farlo anche nel 2019; intanto, mente le pagine di questo 2018 si chiudono, la redazione di Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri vi augura un buon anno nuovo, pieno di ottime letture!

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Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

 

Testi : valentina.leoni@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Grafica e Impaginazione : claudio.cantini@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

2018 “da incorniciare” per Fondazione Torino Musei

Oltre 500mila visitatori per Palazzo Madama, GAM e MAO

Chiusura d’anno con il botto per la Fondazione Torino Musei che mette a bilancio del 2018, appena alle spalle, ben 507.362 visitatori, con un incremento del 8,5% rispetto al 2017, allorché se ne contarono, a registri chiusi, 467.353 sui tre Musei, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica e MAO - Museo d’Arte Orientale: Musei diventati sempre di più, nel corso dell’anno da poco terminato, luoghi di incontro e punto di riferimento della vita culturale cittadina per il ricco programma di mostre, conferenze, convegni, workshop, corsi di storia dell’arte, progetti didattici, eventi privati, visite speciali e attività di volta in volta programmate con sapiente lungimiranza e particolare attenzione alle esigenze e alle più svariate curiosità culturali del pubblico. Torinese e non. Da ricordare anche, sottolineano i responsabili, ” che nel 2018 la Fondazione, nel percorso di valorizzazione e diffusione del proprio patrimonio artistico e delle proprie competenze tecnico-scientifiche, ha esteso le attività di scambio in ambito internazionale, nazionale e anche con varie istituzioni del Piemonte, iniziando il confronto con le realtà culturali del territorio e ponendo le basi per progetti condivisi”. Il traguardo più importante dell’anno in ambito internazionale– sempre secondo la Fondazione – si è raggiunto con l’esportazione della mostra “Le figure dei sogni. Marionette, burattini, ombre nel teatro orientale”, promossa e realizzata nel 2016 dal MAO e ancora oggi in corso a Sharjah, Emirati Arabi Uniti, presso il Museum of Arab Heritage, lo spazio espositivo del Sharjah Institute for Heritage.

Le cifre nello specifico:

Nel 2018, Palazzo Madama è stato visitato da 211.177 persone, proponendo, tra le altre, le mostre “Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: Gioielli e Ornamenti“; “Perfumum. I profumi della storia”; “Carlo Magno va alla guerra. Cavalieri e amor cortese nei castelli tra Italia e Francia”; “Una ritrovata Madonna della Fabbrica di San Pietro. Dalla chiesa di San Giacomo Scossacavalli alla basilica vaticana”; ”La Sindone e la sua immagine. Storia, arte e devozione” (ancora in corso fino al 21 gennaio) e ”Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino. Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours (1619 – 1724)”, visitabile fino al 6 maggio.

 

La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, che chiude il 2018 con 187.736 visitatori (nonostante la parziale apertura per alcuni mesi delle collezioni dell’800) ha presentato tra le altre le mostre “Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68; ”Suggestioni d’Italia, dal Neorealismo al Duemila. Lo sguardo di 14 fotografi”; ”Laura Grisi. Le opere filmiche, 1968-1972″; ”Apollinaire e l’invenzione ‘Surréaliste’. Il poeta e i suoi amici nella Parigi delle Avanguardie”, ancora in corso fino al 24 gennaio, e ”I MACCHIAIOLI. Arte italiana verso la modernità”, aperta fino al 24 marzo.

All’interno del progetto della Fondazione Torino Musei di sviluppo sul territorio piemontese la GAM ha inoltre organizzato a Cuneo, dal 24 ottobre nella ex chiesa di San Francesco, la mostra “Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte. Arte Informale dalle collezioni della GAM Torino” che ha totalizzato fino al 31 dicembre 4.432 visitatori.

 

Il MAO – Museo d’Arte Orientale conclude il 2018 con 108.449 visitatori e ha organizzato le mostre: “Nomadi dell’Asia. Storie di donne e uomini tra steppe e altopiani; ”Orienti: 7000 anni di arte asiatica dal Museo delle Civiltà di Roma”;”Tattoo. L’Arte sulla pelle” (fino al 3 marzo); “I tesori del Duca” in collaborazione con il Castello di Agliè; “Màn Vietnam Street Heroines. Fotografie di Ottavia Castellina” e ”Sfumature di terra. Ceramiche cinesi dal X al XV secolo” (aperta fino al 10 febbraio).

Infine, precisano dalla Fondazione Torino Musei, sono oltre un milione e mezzo i visitatori sui siti web della stessa Fondazione.

g.m.

Nelle foto

– “Madonna di Scossacavalli” (Palazzo Madama)
– “La Vergine, il Beato Amedeo di Savoia e San Giovanni Battista sorreggono la Sindone” (Palazzo Madama)
– Cristiano Banti: “In via per la chiesa” (GAM – “I Macchiaioli)
– Ceramiche cinesi (MAO) 

 

2018 "da incorniciare" per Fondazione Torino Musei

Oltre 500mila visitatori per Palazzo Madama, GAM e MAO

Chiusura d’anno con il botto per la Fondazione Torino Musei che mette a bilancio del 2018, appena alle spalle, ben 507.362 visitatori, con un incremento del 8,5% rispetto al 2017, allorché se ne contarono, a registri chiusi, 467.353 sui tre Musei, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica e MAO - Museo d’Arte Orientale: Musei diventati sempre di più, nel corso dell’anno da poco terminato, luoghi di incontro e punto di riferimento della vita culturale cittadina per il ricco programma di mostre, conferenze, convegni, workshop, corsi di storia dell’arte, progetti didattici, eventi privati, visite speciali e attività di volta in volta programmate con sapiente lungimiranza e particolare attenzione alle esigenze e alle più svariate curiosità culturali del pubblico. Torinese e non. Da ricordare anche, sottolineano i responsabili, ” che nel 2018 la Fondazione, nel percorso di valorizzazione e diffusione del proprio patrimonio artistico e delle proprie competenze tecnico-scientifiche, ha esteso le attività di scambio in ambito internazionale, nazionale e anche con varie istituzioni del Piemonte, iniziando il confronto con le realtà culturali del territorio e ponendo le basi per progetti condivisi”. Il traguardo più importante dell’anno in ambito internazionale– sempre secondo la Fondazione – si è raggiunto con l’esportazione della mostra “Le figure dei sogni. Marionette, burattini, ombre nel teatro orientale”, promossa e realizzata nel 2016 dal MAO e ancora oggi in corso a Sharjah, Emirati Arabi Uniti, presso il Museum of Arab Heritage, lo spazio espositivo del Sharjah Institute for Heritage.
Le cifre nello specifico:
Nel 2018, Palazzo Madama è stato visitato da 211.177 persone, proponendo, tra le altre, le mostre “Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: Gioielli e Ornamenti“; “Perfumum. I profumi della storia”; “Carlo Magno va alla guerra. Cavalieri e amor cortese nei castelli tra Italia e Francia”; “Una ritrovata Madonna della Fabbrica di San Pietro. Dalla chiesa di San Giacomo Scossacavalli alla basilica vaticana”; ”La Sindone e la sua immagine. Storia, arte e devozione” (ancora in corso fino al 21 gennaio) e ”Madame Reali: cultura e potere da Parigi a Torino. Cristina di Francia e Giovanna Battista di Savoia Nemours (1619 – 1724)”, visitabile fino al 6 maggio.
 
La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, che chiude il 2018 con 187.736 visitatori (nonostante la parziale apertura per alcuni mesi delle collezioni dell’800) ha presentato tra le altre le mostre “Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ’68; ”Suggestioni d’Italia, dal Neorealismo al Duemila. Lo sguardo di 14 fotografi”; ”Laura Grisi. Le opere filmiche, 1968-1972″; ”Apollinaire e l’invenzione ‘Surréaliste’. Il poeta e i suoi amici nella Parigi delle Avanguardie”, ancora in corso fino al 24 gennaio, e ”I MACCHIAIOLI. Arte italiana verso la modernità”, aperta fino al 24 marzo.
All’interno del progetto della Fondazione Torino Musei di sviluppo sul territorio piemontese la GAM ha inoltre organizzato a Cuneo, dal 24 ottobre nella ex chiesa di San Francesco, la mostra “Noi continuiamo l’evoluzione dell’arte. Arte Informale dalle collezioni della GAM Torino” che ha totalizzato fino al 31 dicembre 4.432 visitatori.
 
Il MAO – Museo d’Arte Orientale conclude il 2018 con 108.449 visitatori e ha organizzato le mostre: “Nomadi dell’Asia. Storie di donne e uomini tra steppe e altopiani; ”Orienti: 7000 anni di arte asiatica dal Museo delle Civiltà di Roma”;”Tattoo. L’Arte sulla pelle” (fino al 3 marzo); “I tesori del Duca” in collaborazione con il Castello di Agliè; “Màn Vietnam Street Heroines. Fotografie di Ottavia Castellina” e ”Sfumature di terra. Ceramiche cinesi dal X al XV secolo” (aperta fino al 10 febbraio).
Infine, precisano dalla Fondazione Torino Musei, sono oltre un milione e mezzo i visitatori sui siti web della stessa Fondazione.

g.m.

Nelle foto

– “Madonna di Scossacavalli” (Palazzo Madama)
– “La Vergine, il Beato Amedeo di Savoia e San Giovanni Battista sorreggono la Sindone” (Palazzo Madama)
– Cristiano Banti: “In via per la chiesa” (GAM – “I Macchiaioli)
– Ceramiche cinesi (MAO) 

 

“A spasso con i fantasmi. Un viaggio nella Torino dell’Ottocento”

Al Museo Nazionale del Risorgimento il film diretto da Enrico Verra

 

Prodotto dalla Fondazione Vittorio Bersezio – Ente amministrato da Compagnia di San Paolo – diretto da Enrico Verra e scritto e interpretato da Giuseppe Culicchia, approda al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, dopo il buon successo ottenuto alla sua prima presentazione, il film “A spasso con i fantasmi. Un viaggio nella Torino dell’Ottocento”. L’appuntamento è per giovedì 3 gennaio, alle 15,30, presso la “Sala Cinema” del Museo di via Accademia delle Scienze 5, a Torino (tel. 011/5621147). Già impegnata nella realizzazione di supporti multimediali per la diffusione della cultura risorgimentale e la valorizzazione del patrimonio storico subalpino, con la produzione di questo mediometraggio,  la Fondazione presieduta dall’avvocato Mario Napoli ( e il cui obiettivo principe è quello di mantenere viva la memoria dello scrittore piemontese – che fu anche vivace giornalista e deputato del Regno d’Italia – noto soprattutto per la commedia piccolo borghese “Le miserie ‘d Monsù Travèt”, andata in scena per la prima volta all’ “Alfieri” di Torino nel 1863) amplia i propri progetti nel campo audiovisivo. Il film è rivolto al largo pubblico e si ispira a “I miei tempi” di Vittorio Bersezio, libro di memorie personali che in realtà ha come vera protagonista la città sabauda avviata a diventare prima capitale del Regno d’Italia. Realizzato con il patrocinio della Città di Torino e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, “A spasso con i fantasmi” ha attinto a un vasto patrimonio di testi e immagini d’epoca attraverso le maggiori istituzioni di riferimento che hanno sede sotto la Mole: dal Museo Nazionale del Risorgimento Italiano all’Archivio storico della Città di Torino, così come alla Fondazione Torino Musei (Fondo Gabinio) e al Centro Studi Piemontesi – Ca dë Studi Piemontèis. Girato nello scorso inverno, in concomitanza con l’evento annuale di “Luci d’artista”, il film si ambienta in un’unica notte. Dal calar del buio alle prime luci dell’alba, Giuseppe Culicchia “conduce lo spettatore alla scoperta di una Torino apparentemente scomparsa, ma che, a ben guardare, salta fuori ad ogni angolo, offrendo lo spunto a ricostruzioni storiche, notazioni curiose, osservazioni ironiche, parallelismi insospettabili tra ieri e oggi”. In un curioso girovagare sotto le stelle per vie, piazze e portici di una Torino d’antan, da “Fiorio” e “Il Cambio” alla “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, da “Palazzo Madama” a Porta Palazzo, dal “Regio” al “Rondò della Forca”, “s’intersecano in continui giochi d’ombre Cavour e le lavandaie sul Po, Carlo Alberto e le prostitute sotto i portici, i nobili a teatro e gli operai in Vanchiglia”. Continuo è il dialogo e il raffronto fra la Torino d’oggi e quella d’allora; fra luoghi rimasti incredibilmente uguali a se’ stessi dal periodo risorgimentale a oggi e altri ormai irriconoscibili, “mentre la narrazione incisiva di Giuseppe Culicchia sottolinea analogie e differenze, coinvolgendo e trascinando lo spettatore nel racconto, rendendo vivo e presente ciò che sembrerebbe appartenere irrimediabilmente al passato”. La visione del film è compresa nel costo del biglietto di ingresso del Museo

g.m.

Nelle immagini: Giuseppe Culicchia e il Museo nazionale del Risorgimento

 

"A spasso con i fantasmi. Un viaggio nella Torino dell’Ottocento"

Al Museo Nazionale del Risorgimento il film diretto da Enrico Verra
 
Prodotto dalla Fondazione Vittorio Bersezio – Ente amministrato da Compagnia di San Paolo – diretto da Enrico Verra e scritto e interpretato da Giuseppe Culicchia, approda al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano, dopo il buon successo ottenuto alla sua prima presentazione, il film “A spasso con i fantasmi. Un viaggio nella Torino dell’Ottocento”. L’appuntamento è per giovedì 3 gennaio, alle 15,30, presso la “Sala Cinema” del Museo di via Accademia delle Scienze 5, a Torino (tel. 011/5621147). Già impegnata nella realizzazione di supporti multimediali per la diffusione della cultura risorgimentale e la valorizzazione del patrimonio storico subalpino, con la produzione di questo mediometraggio,  la Fondazione presieduta dall’avvocato Mario Napoli ( e il cui obiettivo principe è quello di mantenere viva la memoria dello scrittore piemontese – che fu anche vivace giornalista e deputato del Regno d’Italia – noto soprattutto per la commedia piccolo borghese “Le miserie ‘d Monsù Travèt”, andata in scena per la prima volta all’ “Alfieri” di Torino nel 1863) amplia i propri progetti nel campo audiovisivo. Il film è rivolto al largo pubblico e si ispira a “I miei tempi” di Vittorio Bersezio, libro di memorie personali che in realtà ha come vera protagonista la città sabauda avviata a diventare prima capitale del Regno d’Italia. Realizzato con il patrocinio della Città di Torino e con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte, “A spasso con i fantasmi” ha attinto a un vasto patrimonio di testi e immagini d’epoca attraverso le maggiori istituzioni di riferimento che hanno sede sotto la Mole: dal Museo Nazionale del Risorgimento Italiano all’Archivio storico della Città di Torino, così come alla Fondazione Torino Musei (Fondo Gabinio) e al Centro Studi Piemontesi – Ca dë Studi Piemontèis. Girato nello scorso inverno, in concomitanza con l’evento annuale di “Luci d’artista”, il film si ambienta in un’unica notte. Dal calar del buio alle prime luci dell’alba, Giuseppe Culicchia “conduce lo spettatore alla scoperta di una Torino apparentemente scomparsa, ma che, a ben guardare, salta fuori ad ogni angolo, offrendo lo spunto a ricostruzioni storiche, notazioni curiose, osservazioni ironiche, parallelismi insospettabili tra ieri e oggi”. In un curioso girovagare sotto le stelle per vie, piazze e portici di una Torino d’antan, da “Fiorio” e “Il Cambio” alla “Piccola Casa della Divina Provvidenza”, da “Palazzo Madama” a Porta Palazzo, dal “Regio” al “Rondò della Forca”, “s’intersecano in continui giochi d’ombre Cavour e le lavandaie sul Po, Carlo Alberto e le prostitute sotto i portici, i nobili a teatro e gli operai in Vanchiglia”. Continuo è il dialogo e il raffronto fra la Torino d’oggi e quella d’allora; fra luoghi rimasti incredibilmente uguali a se’ stessi dal periodo risorgimentale a oggi e altri ormai irriconoscibili, “mentre la narrazione incisiva di Giuseppe Culicchia sottolinea analogie e differenze, coinvolgendo e trascinando lo spettatore nel racconto, rendendo vivo e presente ciò che sembrerebbe appartenere irrimediabilmente al passato”. La visione del film è compresa nel costo del biglietto di ingresso del Museo

g.m.

Nelle immagini: Giuseppe Culicchia e il Museo nazionale del Risorgimento
 

Carlo Levi e la Basilicata: dal confino a Italia ‘61

Fino al 28 febbraio 2019

Ad accogliere il visitatore negli ampi spazi espositivi della “Fondazione Giorgio Amendola – Associazione Lucana in Piemonte Carlo Levi” di Torino, c’è un vigoroso “Autoritratto” – uno dei tanti realizzati dal pittore in una carriera artistica durata poco meno di cinquant’anni, dal ’26 al ’75 in cui Carlo Levi (Torino, 1902– Roma, 1975) fissa la propria immagine, con tanto di pennello e tavolozza fra le dita, improvvisando ampie e vigorose giravolte di colore, tese a fermare nell’essenzialità del gesto“quella faccia fulva di leone sazio dopo il pasto”, come amava simpaticamente descriverlo l’amico Sion Segre Amar, scrittore torinese, anche lui di origini ebraiche, scampato all’Olocausto come rifugiato, fino al termine del secondo conflitto mondiale, in Israele. L’opera è un olio su tavola del 27 ottobre 1935, realizzata da Levi in Basilicata – Lucania, in “lingua” fascista – nei primi mesi (saranno complessivamente nove, interrotti nell’aprile del ’36 con la grazia ottenuta per la conquista etiopica) di condanna al confino per sospetta attività antiregime, prima a Grassano, la sua “piccola Gerusalemme” e poi ad Aliano, modesto centro in provincia di Matera, teatro per questo indomito “torinese del Sud”, di un’ esperienza fortemente toccante sul piano umano, da cui nascerà, a metà degli anni ’40, il suo“Cristo si è fermato a Eboli”, appassionato racconto e affascinante diario intimo in cui “Aliano” diventa “Gagliano”, imitando la pronuncia locale. E in cui troviamo tutto quel mondo “serrato nel dolore e negli usi – scriveva lo stesso Levi – negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente”, che si fa soggetto tragico, arcaico e magico in quelle trentanove opere (in maggior parte oli su tela, ma anche disegni e bozzetti preparatori) assemblate, fino al 28 febbraio del prossimo anno, nei locali della torinese “Fondazione” di via Tollegno, d’intesa con la “Fondazione Carlo Levi” di Roma e il “Polo Museale della Basilicata”. Il periodo preso in considerazione è l’arco di un ventennio compreso fra i mesi vissuti da confinato politico ad Aliano (alle spalle gli anni torinesi di Gobetti e la scuola di Casorati, l’Ecole Parisienne e i Fauves e Modigliani, così come il fervore europeista dei “Sei”) e i frequenti successivi ritorni, dal dopoguerra in poi, in quella terra del Sud, in quei luoghi – e accanto a quella gente dai volti tanto più dignitosi quanto più imbarbariti dalla miseria – che il pittore aveva così profondamente scolpito nel cuore e nella memoria (anche come politico eletto per due volte negli Anni Sessanta al Senato della Repubblica) tanto da desiderare di farne il luogo della sua sepoltura. E, ancora oggi, nel cimitero di Aliano “la tomba di Carlo Levi – scrive Giuseppe Lupo è un pavimento di mattoni rossi, nuda nella sua disadorna verità”, protetta da un muretto di cinta, che s’affaccia su quella “Fossa del Bersagliere”, strapiombo giallo e calcareo, oltre cui degrada la valle dell’Agri, e di cui abbiamo in mostra un olio del marzo ’36 a documentare la durezza di un paesaggio fatto di sparsi carrubi e geometrici calanchi, di verdi, di blu, di gialli e grigi, che paiono, con forza sempre più espressionista, cercare rifugio nello spazio minimo dell’azzurro del cielo. Paesaggi, quello di “Aliano e la luna” su tutti, e poi i volti. Tanti. Indimenticabili. Pensosi. Rassegnati. Ma vivi. Come nel delizioso sguardo nero di “Tonino” o in quelli di “Antonio, Peppino e il cane Barone” entrambi del ’35. Negli occhi, l’idea di un possibile futuro riscatto. Pur con gli scialli neri, i capelli scarmigliati de “La figlia della Strega” del ’36 e il dolore fatto carne viva per il funebre “Lamento per Rocco Scotellaro”(1953 –’54), il sindaco poeta di Tricarico, dai capelli rossi e “dal viso lentigginoso” – morto giovanissimo a trent’anni nel ’53 – cantore de “L’uva puttanella” (oltreché autore di poesie di intenso vigore), con cui Levi si legò di fraterna amicizia (dedicandogli vari ritratti) e che volle protagonista “ideale” del suo epico telero “Lucania ‘61”, cinque enormi pannelli in cui c’è tutto “il dolore antico” e il “coraggio di esistere” del suo Sud e che il pittore dipinse su invito di Mario Soldati, per rappresentare la Basilicata alla grande mostra organizzata a Torino per il primo Centenario dell’Unità d’Italia; opera oggi custodita in Palazzo Lanfranchi a Matera e di cui la “Fondazione Amendola” possiede una ragguardevole riproduzione fotografica. Che , fatta eccezione per un possente “Ritratto di Giorgio Amendola” del ’66 – posto accanto alla scultura in bronzo realizzata da Gianni Busso per i cent’anni dalla nascita dello statista – rappresenta il punto d’arrivo di una mostra che ancora una volta rilegge a fondo lo stretto legame dell’artista torinese con la terra lucana. “Un legame di dare e avere – scrive bene Marta Ragozzino, direttrice del Polo Museale della Basilicata – che ha contribuito, da un lato, ad innescare la miccia delle trasformazioni che hanno portato alla Basilicata moderna (ndr: Matera, Patrimonio dell’Unesco 1993 e Capitale Europea della Cultura 2019) e, dall’altro, ai cambiamenti personali di uno dei più grandi intellettuali del secolo breve”.

Gianni Milani

“Carlo Levi e la Basilicata: dal confino a Italia ‘61”

Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino; tel. 011/2482970

Fino al 28 febbraio 2019 – Orari: lun. – ven. 10-12,30/ 15,30-19; sab. 10-12,30

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 Nelle foto

– “Autoritratto”, olio su tela, 1935
– “Aliano e la luna”, olio su tela, 1935
– “Tonino o ragazzo lucano”, olio su tela, 1935
– “Antonio, Peppino e il cane Barone”, olio su tela, 1935
– “Lamento per Rocco Scotellaro”, olio su tela, 1953-’54
– “Ritratto di Rocco Scotellaro”, olio su tela, 1952

Con la Magna Charta Libertatum sulle orme di Guala Bicchieri

Nel 2019 ricorreranno gli ottocento anni della possa della prima pietra della bellissima Abbazia di Sant’Andrea a Vercelli (che risale appunto al 12 febbraio 1219), uno dei primissimi esempi di arte gotica in Italia

Per questa importante ricorrenza la giunta comunale ha deliberato un evento di richiamo mondiale: l’esposizione, dalla seconda metà di marzo della Magna Charta Libertatum dal prossimo mese di marzo, e sarà ospitata all’Arca. Si tratta della sua prima esposizione italiana di un documento che ha lasciato il suolo britannico pochissime volte nel corso dei secoli. E c’è anche un legame attraverso il cardinale Guala Bicchieri legato pontifici presso la corte inglese e figura tra le più eminenti nella storia vercellese. Grazie alla sua abilità e all’acume diplomatico, il cardinale Guala Bicchieri contribuì a salvare la monarchia inglese e a modificare le sorti della storia europea. Ai primi di novembre 1216 fu convocato un consiglio dei sostenitori del re e, pochi giorni dopo, Henry III concesse una nuova edizione della Magna Carta, fortemente voluta da Guala Bicchieri perché era l’unico strumento in grado di porre fine alla guerra civile. Il documento, seppur con qualche piccola modifica, venne ratificato da Guala Bicchieri anche l’anno successivo. Nel novembre 1217, Henry III, in cambio del sostegno ricevuto, donò al cardinale l’abbazia di Saint Andrew di Chesterton, a nord di Cambridge. Di ritorno a Vercelli, sul finire del 1218, Guala impiegò le rendite per finanziare l’edificazione dell’abbazia di Sant’Andrea,  uno dei primi esempi di costruzione gotica in Italia .  La nomina a primo abate del filosofo e teologo francese Tommaso Gallo, fece in modo che intorno alla chiesa si sviluppasse un fertile clima culturale in grado di attirare in città numerosi intellettuali e di favorire la fondazione di uno studium scholarium, prima università italiana a introdurre la cattedra di teologia. Per questo evento si è costituito un comitato tecnico di cui fanno partela Fondazione Istituto di Belle Arti e Museo Leone, la Fondazione Museo del Tesoro del Duomo e Archivio Capitolare, la Fondazione Museo Francesco Borgogna, l’Arcidiocesi di Vercelli e i Missionari Oblati di Maria Immacolata, la Società Storica Vercellese, l’Università del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro con il Comune di Vercelli e l’Arcidiocesi eusebiana a fare da capofila. L’iniziativa ha inoltre il patrocinio e la collaborazione operativa dell’Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Novara e Vercelli e della Soprintendenza bibliografica e archivistica del Piemonte e Valle d’Aosta.” Il Sindaco Maura Forte afferma che “Questo progetto, costituisce un importantissimo momento di valorizzazione del Sant’Andrea, ma anche e soprattutto della Città di Vercelli, con l’intenzione di portare all’attenzione della popolazione e dei media locali e nazionali l’importanza dell’evento che verrà celebrato nel migliore dei modi possibili. Oggi, con grande orgoglio, posso annunciare che avremo a Vercelli la Magna Charta, il documento che è l’icona della democrazia. E’ la prima volta che viene esposta in Italia e ne siamo veramente orgogliosi. Un ringraziamento particolare va alla professoressa Gianna Baucero che ha reso possibili i contatti per avviare questa bella avventura”.

 

Massimo Iaretti

 

 

L’isola del libro

Panoramica settimanale sulle novità librarie

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Raffaello Mastrolonardo “Gente del Sud. Storia di una famiglia” –Tre60- euro 22,00

Sullo sfondo la Storia e al centro le vicende della famiglia Parlante: quella del giovane autore pugliese che si è immerso nei documenti di casa sua, risalenti addirittura al Regno delle Due Sicilie. Una grande saga familiare che è anche affresco storico e umano appassionante. Mastrolonardo ha lavorato per anni sulle carte, mescolando amori e passioni, lotte politiche e imprese, ambizioni, guerre e ostinazione del suo ramo materno e di quello paterno, dosando abilmente fantasia e realtà. Il libro è corposo –più di 700 pagine- che però ci stanno tutte per dipanare i destini dei vari personaggi, a partire dall’agosto 1895 in cui a Napoli il colera è tornato a mietere vittime. Il giovane dottore Romualdo Parlante, che corre da un malato all’altro, ha ben chiaro il senso del pericolo ed impone alla moglie, incinta del loro 4° figlio, di allontanarsi dai miasmi velenosi. La rispedisce nel loro paese di origine in Puglia, dai genitori di lui, Bastiano e Checchina. Ed ecco accendersi i riflettori sulla famiglia Parlante, epicentro del romanzo fluviale in cui si avvicendano personaggi memorabili. A partire dalla coraggiosa intraprendenza del patriarca Bastiano, poi via via le vite di uomini e donne della famiglia. C’è l’affresco degli albori del 900, l’avventura coloniale e la prima guerra mondiale. Una tragedia che trascinerà nelle trincee non solo i giovani della famiglia “…partiti ragazzi e tornati uomini….qualcosa di cambiato nei loro sguardi che non sapevano più di gioventù ma d’esperienza, consapevoli ormai della vita e della morte”, ma segnerà anche la dolorosa attesa di mogli, madri e sorelle. Altre pagine di storia con il fascismo, la seconda guerra mondiale, per arrivare al boom economico del dopoguerra. Allontanamenti e ritorni nella dura ma magica terra del sud.

 

Jonathan Coe “Middle England” – Feltrinelli- euro 19,00

Dell’autore inglese abbiamo amato molti libri, a partire da”La famiglia Winshaw” (1995). Ora, in questo romanzo ambientato nell’Inghilterra dell’ultimo decennio, ritroviamo alcuni personaggi de “La banda dei brocchi” (2002) e “Circolo chiuso” “(2005). Coe, con abilità, incrocia vita pubblica e privata in Gran Bretagna dal 2010 al 2018 e racconta -con verve a tratti anche comica- lo stato della nazione e personaggi messi all’angolo da Brexit e insicurezze varie Della storia pubblica narra gli anni di transizione che vanno dal primo governo di coalizione del paese fino al terremoto del Referendum per rimanere o meno nell’Unione Europea, passando per le rivolte, le Olimpiadi… arrivando all’oggi …che mica si sa ancora bene cosa comporti e dove condurrà la Brexit. Come tutti questi avvenimenti pubblici incidano sul privato ce lo racconta seguendo le vite dei Trotter, tipica famiglia delle Midlands inglesi. Ed ecco reazioni, sentimenti, desideri, ambizioni e frustrazioni dei personaggi attraverso i quali racconta il ”sentire del tempo”. Torniamo ad appassionarci alle vicende di Benjamin e Lois Trotter, dei loro amici e dei parenti più giovani. Spicca soprattutto Sophie (figlia di Lois Trotter), storica dell’arte, progressista, alle prese con la sospensione dall’insegnamento per un “misunderstanding” con un’allieva e il difficile . matrimonio con Ian, belloccio appassionato di golf. Alla base della loro separazione anche la divergenza di opinioni sulla Brexit. A nulla varranno gli incontri con la terapeuta che conferma come anche altre coppie siano saltate sulla spinosa questione. A Sophie proprio non va giù che Ian abbia votato per l’uscita; mentre per lui, lei avrebbe voluto restare, ma più che altro per ingenuità e un atteggiamento di superiorità morale. A voi gustarvi le vicende degli altri personaggi.

 

Golnaz Hashemzadeh Bonde “Un popolo di roccia e vento” –Feltrinelli- euro 16,00

Titolo bellissimo per raccontare una storia drammatica. Quella della protagonista Nahid, sullo sfondo dei tormenti dell’Iran. E’un caso editoriale questo secondo romanzo della 35enne scrittrice iraniana fuggita in Svezia con i genitori quando era ancora bambina; un libro che vi afferra, vi fa conoscere una realtà durissima e non vi molla più. Voce narrante è quella di Nahid che, al capolinea della vita, con pochi mesi concessi da un cancro, rivive le drammatiche tappe della sua esistenza. L’incontro a 18 anni, nel 1978 a Teheran -quando la rivoluzione sta infiammando gli animi- con il coetaneo Masood. Lei è l’unica tra7 sorelle che pensa di studiare ed è appena stata ammessa alla facoltà di Medicina; lui a quella di agraria. S’innamorano, ma per loro nulla sarà facile. Sono giovani, passionari, inneggiano a libertà democrazia, parlano di rovesciare lo Scià. Rischiano di essere ammazzati nelle rivolte in cui la polizia spara sulla folla, giustizia i dissidenti ed imprigiona Nahid. Terrorizzata nel corso dell’interrogatorio, per salvarsi la vita, firma di giurare fedeltà alla rivoluzione islamica…e la lasciano andare. Ma non è solo la politica a rovinarle la vita; c’è anche la dannazione di essere donna in Iran. Una realtà durissima: sua madre è andata in sposa a solo 9 anni al padre 27enne, e a 12 partoriva la prima figlia. Lei che sembra camminare verso l’emancipazione finisce per essere ripetutamente picchiata in modo selvaggio da Masood che, divorato da una rabbia senza fondo, arriva quasi a strangolarla davanti alla figlia di pochi anni. Una vita d’inferno in cui solo sua piccola Aram le dà la forza per sopportare tutto. Una vita da esule perché dovranno scappare dall’Iran e, dopo lo squallore di un campo profughi, arriveranno in Svezia. Rifugiati politici in fondo alla scala sociale, anche se finalmente in un paese di pace, democrazia e libertà. Ma è solo un nuovo indirizzo dell’inferno. Per Nahid, le angherie familiari e le botte continueranno nei tristi casermoni destinati a chi è in fuga ….come sabbia trasportata dal vento.