CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 682

Gran Paradiso Film Festival alla 21^ edizione

Nei giorni scorsi al Museo del Cinema, è stata presentata alla stampa la ventunesima edizione del Gran Paradiso Film Festival , che si svolgerà a Cogne dal 23 al 28 luglio e in altri sei Comuni di tre valli del Parco ( Rhemes- Notre Dame, Rhemes- Saint-Georges, Introd, Aymavilles, Valsavarenche, Villeneuve ) tra il 4 e il 23 agosto. Il Direttore Artistico del Gran Paradiso Film Festival Luisa Villermoz ha presentato una ricca programmazione articolata in 13 giornate, 22 eventi e 57 proiezioni tra film, documentari e cortometraggi selezionati tra 140 opere provenienti da 27 paesi e 5 continenti, a conferma della dimensione internazionale a cui il Festival intende aprirsi.

” CONFINI è il tema che questa edizione intende proporre – spiega Luisa Villermoz – Un tema molto attuale inteso come visione dinamica di soglia e non di limite. Creare un festival significa mettere insieme dei racconti che spaziano geograficamente , che utilizzano linguaggi disparati , un festival in cui la Natura in tutte le sue forme va in scena “. La cerimonia inaugurale del Festival si terrà lunedì 23 luglio alle ore 17 a Cogne, alla presenza delle autorità istituzionali e con il concerto di Naif Hérin, cantautrice e musicista polistrumentista valdostana. Il Festival comprende diverse sezioni : le competizioni cinematografiche ” Concorso internazionale” e ” Corto Natura ” , il ciclo di incontri ” De Rerum Natura ” , eventi alla scoperta del territorio del Parco ” Aria di Festival ” e

” GPFF in mostra “. Portavoce del messaggio del Festival e personaggio – simbolo della ventunesima edizione sarà Don Luigi Ciotti : ” In natura non esistono confini ma solo relazioni . Notte e giorno, cielo e terra, piante e animali…Non c’è forma di vita o espressione del creato che non richiami una relazione e da quella relazione sia nutrita”. Tra gli ospiti di questa edizione molti i personaggi di rilievo : da Giuliano Amato a Flavio Caroli e Fabio Fazio, da Marta Cartabia a Luciano Violante.

La Cerimonia di Premiazione si terrà nella serata di sabato 28 luglio, con l’attribuzione del ” Trofeo Stambecco d’Oro”, alla presenza di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017.

La Fondazione CRT contribuisce alla realizzazione di questa importante manifestazione attraverso il contributo alla Fondation Grand Paradis,”un sostegno per quattro anni consecutivi in linea con alcuni punti fermi della nostra attività filantropica – come afferma Annapaola Venezia, Vice Segretario Generale della Fondazione CRT – che vanno dalla promozione della cultura di qualità e del talento creativo al coinvolgimento dei bambini e dei ragazzi in iniziative capaci di incidere sulla loro formazione, dalla tutela del patrimonio paesaggistico alla sensibilizzazione al rispetto dell’ambiente”.

Helen Alterio

Piero Chiara, il “mago del lago”

Ho assistito alla vita qualche volta da seduto, qualche volta in piedi, partecipando al banchetto o rimanendo a bocca asciutta, ma sempre con grande piacere“.In questa nota autobiografica è racchiusa l’essenza dello spirito di Piero Chiara. Attento osservatore e straordinario narratore, lo scrittore luinese denuncia così la sua vera e grande passione: quella di raccontare i  “fatti”. Dai primi anni della sua scatenata infanzia narrati nelle “Avventure di Pierino” tra le bancarelle del mercato a rubare angurie, al porto a salvare un capretto destinato al pranzo di Pasqua o in pasticceria a combinare guai, questa passione venne trasferita nei tanti romanzi  e racconti che gli diedero fama e successo. I luoghi di Chiara sono quelli della “sponda magra” del Verbano, con i borghi stretti tra le acque del lago Maggiore e i boschi delle vallate del varesotto. E’ in quella terra che s’intrecciano le vicende personali dei protagonisti. Come scrive l’associazione degli Amici di Piero Chiara, frequentando quei luoghi sembra quasi che “dietro un’insenatura del lago, da un angolo di strada di paese, da una valle a specchio dell’acqua o da un battello che cuce l’uno all’altro i pontili delle opposte sponde, debba comparire uno dei suoi personaggi: una delle sorelle Tettamanzi, magari sottobraccio a Emerenziano Paronzini, oppure l’Orimbelli con la Tinca, o il pretore di Cuvio Augusto Vanghetta”.Piero Chiara a Luino c’era nato il 23 marzo del 1913. Suo padre Eugenio, siciliano, vi si era stabilito nel 1908, come impiegato delle Regie Dogane. La madre, Virginia Maffei, era nata a Comnago, sopra Lesa, sempre sul lago Maggiore ma sulla sponda piemontese. L’infanzia irrequieta e lo spirito ribelle gli fecero passare anni tormentati alle elementari di Luino e al  collegio Salesiano San Luigi di Intra. Nel 1925 venne ammesso nel Collegio De Filippi di Arona dove frequentò, senza infamia e senza lode, la prima e la seconda ginnasio. Nuovamente bocciato, costretto a fare il garzone da un fotografo, si iscrisse poi all’istituto Omar di Novara  dove conseguì il diploma di perito meccanico. Tornato a Luino si preparò da privatista gli esami per la licenza complementare, superandoli nel 1929. Tra tanti insuccessi scolastici, come ha scritto Giovanni Tesio in “Piero Chiara” (La Nuova Italia, 1983) “l’unico successo pieno…fu un tema su Luino,che gli valse un bel dieci e che sancisce a posteriori una vocazione e un legame”. Era evidente che, istruzione scolastica a parte, Piero Chiara coltivava già la passione per la letteratura. La sua vita è nota e ricca di avventure ma conta moltissimi il legame con la sua terra, con la provincia a nord-ovest della Lombardia dove Piero Chiara ambienta le sue storie, con il  “grande lago” che fa da palcoscenico ai racconti di vite di frontiera e di provincia, dei difetti dei personaggi quotidiani e della piccola borghesia. Narra le sue storie con stile colorito, venato di arguzia e ironia, senza tralasciare un sottile e malinconico umorismo di chi sa cogliere nel quotidiano l’essenza della vita. “Mago del lago”, lo ribattezzò Cesare Zavattini. Quel lago che amava e sul quale poteva affacciarsi ogni volta che si sedeva ai tavolini del Caffè Clerici, la sua “seconda casa” all’imbarcadero di Luino. Piero Chiara ci ha lasciato il 31 dicembre 1986, ma il suo è stato – come hanno sottolineato i suoi amici e le persone che l’hanno conosciuto direttamente o attraverso le sue opere – solo “un trapasso fisico” perché la sua creatività e l’enorme eredità letteraria ci accompagnano e ci allietano ogni giorno.

 

Marco Travaglini

Dovettero rinunciare ai Beach Boys…

Ada Reed! Chi era costei? Incipit “manzoniano” a parte, è necessario ricordarla, dal momento che in quest’area (“Indian Territory”) dell’Oklahoma di stanziamento dei Chickasaw (allontanati da Alabama, Mississippi e Tennessee) fu proprio dalla figlia del colono bianco Jeff Reed che prese il nome l’agglomerato di case che dal 1891 in poi si sarebbe chiamato “Ada”; negli anni Settanta del Novecento la cittadina sarebbe diventata quartier generale della Chickasaw NationAd Ada i cugini Jerry e Gary Sims fondarono “The Dimensions” nel 1964, band che costituiva il nucleo originario dei futuri “The Monuments”, che dal 1965 avrebbero reso frenzied le feste e le serate dell’area tra Ada, Shawnee, McAlester, Muskogee e Tulsa. I componenti furono (con varianti) Jerry (b) e Gary Sims [poi Tom Wilds] (chit), Howard Collings (V), Burl Moore (org) [poi il rientrante Gary Sims], Terry Bell (batt) [la formazione che incise il 45 giri nel 1966 comprendeva Wilds e Moore]; le influenze musicali comuni erano varie, dai Kingsmen a Paul Revere & The Raiders, dagli Hollies agli Animals a Lonnie Mack. Monte Bell, padre del batterista Terry, era il manager della band e programmava personalmente la promozione del gruppo e gli svariati gigs in Oklahoma. Si spaziava dai balli di fine anno alle feste per eventi sportivi, dai frat parties agli eventi in licei e college, anche nell’area ovest a Stillwater, Edmond e attorno Oklahoma City; luoghi di riferimento erano frequentemente “The Attic” a McAlester e “The Vendome” a Sulphur, ma The Monuments si spinsero fino a Denison in Texas e in Colorado. La band partecipò (vittoriosa nella propria settimana di esibizione) alla Battle of the bands (sponsorizzata da Pepsi e Guitar House) tenutasi a Tulsa nel 1966, con fase finale presso “The Cimarron Ballrrom”. L’esito positivo fece da trampolino di lancio per alcune apparizioni televisive a Tulsa, Ada ed Oklahoma City e per entrare in sala di registrazione ed incidere il primo (ed unico) 45 giri nel febbraio 1966: “I Need You” [H. Collings] (Alvera 677A-5216 (M-65); side B: “African Diamonds” [H. Collings], 1966), etichetta Alvera Publ. Co., inciso a Tulsa negli studi della KVOO (Radio) [The Voice Of Oklahoma]. In particolare “African Diamonds” ebbe buon successo a livello radiofonico locale, sostando stabilmente nella Top 10 di KAKC (la popolare “The Big 97”) di Tulsa e nelle radio KADA di Ada e KKAJ di Ardmore. Oltre al 45 giri, restarono sotto forma di acetati e di demo altri brani originali scritti da Collings, tra cui “Where Bad Boys Go”, “Don’t Blame Me”, “You Always Hurt The Ones You Love”, “Cold Winds Of March”. Una clamorosa opportunità sfiorò The Monuments probabilmente nel periodo luglio-agosto 1966, allorquando The Beach Boys erano in fase di spostamento dal New Jersey al Colorado durante il proprio tour; alla band fu offerta la possibilità di fare da support band ai Beach Boys in apertura ai loro concerti autunnali successivi. Purtroppo impegni di studio improrogabili e impedimenti di vario tipo costrinsero The Monuments a rinunciare a malincuore e a fare ritorno sommessamente ad Ada. Tale rinuncia inevitabilmente segnò anche l’inizio del declino; Tom Wilds lasciò il gruppo, che continuò in formazione di 4 elementi. Dopo un breve lasso di tempo tuttavia anche il batterista Terry Bell e il main songwriter Howard Collings (arruolati per il Vietnam) abbandonarono la band, che finì per sciogliersi subito dopo, presumibilmente tra fine 1966 ed inizio 1967. Anche in questo, come in numerosi altri casi di “bands meteora”, nessuno può ipotizzare cosa sarebbe successo se… l’attimo fosse stato colto.

 

 

Gian Marchisio

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Ballantini al Parco Dora Live

Grande musica e cabaret sul palco della rassegna estiva gratuita più grande del Piemonte

Proseguono gli appuntamenti di rilievo a Torino (nell’area eventi tra Via Livorno e Via Treviso) del cartellone di eventi del ‘#Parco Dora Live’, la kermesse estiva di spettacoli gratuiti di musica, teatro e cabaret più grande del Piemonte. Per il gran finale di un calendario di azzeccatissimi shows tutti ‘sold-out’ settimana (8 weekend in tutto, per un totale di ben 24 shows), venerdì 20 luglio è la volta del divertentissimo spettacolo ‘Cab 41 Show’, affidato alle punte di diamante dell’umorismo e delle risate d’autore torinesi. Sabato 21 Luglio, invece, arriva il bravo e simpaticissimo Antonello Costa. Domenica 22 Luglio, invece, introdotto e presentato dal conduttore radiotelevisivo Wlady, grande protagonista per la musica con cui si chiude alla grande la rassegna è il poliedrico Dario Ballantini, con l’attesissimo spettacolo: ‘Da Balla a Dalla: Storia di un’emozione vissuta’, un omaggio che l’artista rende all’amico e grande cantautore bolognese, reinterpretando una parte scelta della sua straordinaria produzione artistica. E’ uno spettacolo intenso e ricco di emozioni che ricorda l’indimenticato Lucio Dalla attraverso il racconto di vita vera che lo stesso Dario Ballantini, da fan imitatore giovanissimo e pittore in erba, aveva scelto il cantautore emiliano come soggetto di mille ritratti e altrettante rappresentazioni da imitatore fino all’incontro di vent’anni dopo in cui i ruoli si sono, come in un sogno, ribaltati facendo sì che Lucio diventasse un sostenitore del successo di Dario, come pittore e trasformista. Tutti gli spettacoli sono gratuiti, e iniziano alle 20.30. Informazioni sul sito www.parcocommercialedora.it, e sulla relativa pagina Facebook. La prestigiosa rassegna culturale sostiene il Comitato Locale di Moncalieri della ‘Croce Rossa Italiana’.

Pippo Leocata. I luoghi della memoria

 

FINO AL 29 LUGLIO Rapallo (Genova)

“La memoria di ogni uomo è la sua letteratura privata”, annotava lo scrittore britannico Aldous Huxley. E, in tal senso, la memoria va scrupolosamente curata e protetta. E custodita, se esibita in pubblico, in uno “scrigno” che ha da essere prezioso. Prezioso – e prestigioso – qual è sicuramente l’antico Castello sul mare di Rapallo che la storia ci racconta essere stato edificato nella seconda metà del Cinquecento e dove   Pippo Leocata ha voluto avvedutamente portare le suggestioni e l’infinita poesia dei suoi personalissimi “luoghi della memoria”. Evento che si ripete. Non è infatti questo il primo Castello che vede esposte le mirabolanti architetture e creature – improbabili e vere quanto il più concreto dei sogni – dell’eclettico artista di origini siciliane ma torinesissimo d’adozione, che già anni fa aveva esposto i suoi cavalli e cavalieri, le sue rocche, il suo vulcano dal ventre gonfio capace di lanciare al cielo e regalare alla terra il magma infuocato di lontanissime e misteriose vite sotterranee, cosi come bianche e rigonfie lune o soli accecanti, gialli o rosso fuoco o neri da paura, nelle sale del Castello Normanno di Adrano, sua terra natia alle falde dell’Etna, fatto erigere nel Mille dal Conte Ruggero I di Sicilia.

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Ma lì, il nostro Pippo, giocava in casa. Nella sua antica Adranon, dove nel 344 a. C., come raccontano Plutarco e Diodoro Siculo, i guerrieri di Timoleonte da Taormina sconfissero quelli di Iceta da Lentini, liberando gli Adraniti dalla dominazione siracusana. E dunque eccoli ancora quei mitici guerrieri e i cavalli alati e non, le lance, gli scudi e le coriacee armature proporsi nuovamente (a tanto mare di distanza) negli spazi del Castello del Tigullio dichiarato monumento nazionale dal Ministero dei Beni Culturali. “Il mito rivive”, dunque, come recita il titolo di uno dei più recenti oli dell’artista. Colori forti, come sempre. I tratti rigorosi e irrequieti. In tutto sono una cinquantina i pezzi esposti sui due piani della Fortezza, in cui passa tutto il lungo estroso bizzarro e multiforme percorso artistico di Leocata. Sul piano dei contenuti figurali, per un verso, e su quello delle molteplici tecniche, per l’altro. A partire dalla rappresentazione dei “miti”, radicati nella notte dei tempi e spesso legati a quell’indagine archeologica, pane quotidiano di gioventù, oggi riproposta in più opere (dall’omerico “Helios” che “tutti vede e tutto ascolta” al possente “Augusto” fino ai magnifici “Cavalli di Fidia”) riprodotte coniugando il senso del tempo con i crismi di cifre stilistiche pienamente attuali. Ecco allora scorrere al primo piano una buona ventina di opere che raccontano proprio “Il tempo della memoria” (è il titolo di un olio del 2014), ma anche quel felice incontro fra versi e segno e colore che genera la serie dei dipinti arrivati dalla poesia. O la poesia che si fa opera d’arte. Attraverso i testi, “cristallizzati” nell’immagine, dei poeti da sempre corteggiati e per Leocata fonte stupenda di ispirazione: da Cesare Pavese di “Canzone” (schizzi di folla anonima fra le vie di una città dalle architetture barocche sorvegliate da un grande astro nero e “smosse” da nuvole “legate alla terra ed al vento” che “fin che ci saranno…sopra Torino sarà bella la vita”) al “Positivo” spiraglio di luce di Eugenio Montale, fino all’amatissimo (conterraneo e superbo cantore di una terra di Sicilia che per entrambi è “terra impareggiabile” e fuoco di vita e d’arte) Salvatore Quasimodo, profetico in quel suo attuale e drammatico Canto “Ai Dioscuri” (…o Castore e Polluce…a voi è facile salvare i naviganti da pietosa morte…girando luminosi nell’avversa notte intorno alle gomene, portate luce alla nave nera”).

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Millenni di storia, tragicamente riproposti e vivi ancor oggi in questa che è storia di mille Lampeduse, di mille cimiteri d’acqua su cui piangono i Santi del Cielo e, lacrime amare, i Laici buoni della Terra. E l’artista con loro. Che, al secondo piano dell’antico Castello a mare, prosegue il suo dire di sempre, attraverso il supporto del “legno”: tagliato e lavorato e colorato in un certosino sovrapporre “legno a legno”, nell’aggiungere più che nel sottrarre ritagli e profili e scarti riutilizzati “come fossero– racconta lo stesso Leocata – pennellate su tela o segni di matita su carta”. Anche qui trovano rifugio e protezione le sue “memorie”, fatta salva qualche piacevole digressione come gli “Amanti”, in omaggio all’“Olympia” di Manet, e l’intrigante “Fine del ‘68”, omaggio a Montale, con quella grande luna bianca schizzata bizzarra dalla pancia del Vulcano per abbracciare i versi del poeta di “Satura”: “Ho contemplato dalla luna, o quasi, il modesto pianeta…Dentro c’è anche l’uomo, ed io tra questi…Se uno muore non importa a nessuno purché sia sconosciuto e lontano”. Amarezza. Disinganno. Velata malinconia. Anche questo. Tutto questo è Pippo Leocata.

Gianni Milani

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“Pippo Leocata. I luoghi della memoria”

Antico Castello sul mare, Lungomare Vittorio Veneto, Rapallo (Ge); tel. 0185/230346 – www.comune.rapallo.ge.it

Fino al 29 luglio – Orari: dal merc. alla dom. 21/23

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Nelle foto

– “Il mito rivive”, olio su tela, 2018
– “Augusto, grande reperto archeologico”, olio su masonite, 2010
– “Portate luce alla nave nera – Messaggio da Lampedusa”, olio su tela, 2014
– ” Canzone – Omaggio a Cesare Pavese”, olio su masonite, 2012
– “Amanti (da Olympia di Manet)”, legni e acrilici, 2016
– “Fine del ’68”, legni e tecnica mista, 2016

Tra libri e vecchi muri di una libreria ho incontrato Mario Rigoni Stern

 

Cosa c’è di meglio del frequentare una storica libreria in un tardo e afoso pomeriggio d’estate? Perdersi fra gli scaffali di legno gonfi di libri, assaporare la moltitudine di storie pronte ad uscire da quelle pagine, sostare al fresco di quegli antichi muri è un piacere e ancor di più lo è se si fanno incontri importanti e inaspettati. Nel caso di specie con una copia del libro e del  film, ancora in formato Vhs, “ Ritratti. Mario Rigoni Stern”. Girato nel 1999 da Carlo Mazzacurati, il regista morto prematuramente a 57 anni nel 2014, questo stupendo documentario di 55 minuti si svolge nell’arco di tre giornate, durante le quali il grande “vecchio” della letteratura montana narra a Marco Paolini, l’attore celebre per le sue “orazioni civili” in teatro, la sua vita. La prima giornata, dopo una breve introduzione che ci racconta la formazione sentimentale di un bambino cresciuto tra le montagne, è totalmente dedicata al racconto della giovinezza, tra il ’38 e il ’45, come soldato nella seconda guerra mondiale. La seconda giornata è dedicata al tempo del ritorno e al difficile reinserimento nella vita normale. Si parla anche dell’altopiano di Asiago come luogo emblematico del quale  Rigoni Stern è stato voce e coscienza. Nella terza giornata, rispondendo alle domande di Paolini, Mario Rigoni Stern riflette sul presente reale di vent’anni fa, parlando di natura, memoria,  responsabilità,del senso del limite. Ad un certo punto Mario risponde così ad una domanda di Paolini: “.. io considero che si dovrebbero fare le cose bene, perché non c’è maggiore soddisfazione di un lavoro ben fatto…Io coltivo l’orto, e qualche volta, quando vedo le aiuole ben tirate con il letame ben sotto, con la terra ben spianata, provo soddisfazione uguale a quella che faccio quando ho finito un buon racconto. Una catasta di legno ben fatta, ben allineata, ben in squadra, che non cade, è bella; un lavoro manuale, quando non è ripetitivo, ricordo ‘Tempi moderni’ di Charlot, è sempre un lavoro che va bene, perché è anche creativo…e oggi dico sempre quando mi incontro con i ragazzi: voi magari aspirate ad avere un impiego in banca, ma ricordatevi che fare il contadino per bene è più intellettuale che non fare il cassiere di banca. Perché un contadino deve sapere di genetica, di meteorologia, di chimica, di astronomia persino. E allora tutti questi lavori che noi consideriamo magari lavori così, magari con un certo disprezzo, sono lavori invece intellettuali”.

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Un ritratto straordinario, una lezione di umanità che racchiude la storia di un incontro tra due uomini di età diverse sui valori, gli eventi, il senso della vita. Nel finale della conversazione con Paolini lo scrittore, con quei suoi occhi pieni di malinconia ma capaci di sprigionare l’urlo di una forza primordiale che ti cattura e ti toglie il fiato, dice: “Io domando tante volte alla gente: avete mai assistito ad un’alba sulle montagne? Salire la montagna quando è ancora buio e aspettare il sorgere del sole. E’ uno spettacolo che nessun altro mezzo creato dall’uomo vi può dare. A un certo momento, prima che il sole esca dall’orizzonte, c’è un fremito. Non è l’aria che si è mossa, è un qualche cosa che fa fremere l’erba, che fa fremere le fronde se ci sono alberi intorno, ed è un brivido che percorre anche la tua pelle. E per conto mio è proprio il brivido della creazione che il sole ci porta ogni mattina”. Mario Rigoni Stern è morto ad Asiago dieci anni fa, il 16 giugno del 2008. Aveva ottantasei anni. Così disse a Paolo Rumiz quando andò a trovarlo l’ultima volta nella sua casa al limitare del bosco, sull’altopiano dei Sette Comuni: “Son tornato vivo da una guerra. Ho avuto una buona moglie e bravi figli. Ho scritto libri. Ho fatto legna. Me basta e vanza. Desso posso morir in pase”. Ho avuto il piacere di conoscerlo e di essergli amico. Gli scrivevo e lui rispondeva con lettere vergate a mano o  sul retro di cartoline, riempiendo ogni spazio disponibile. Grazie ai suoi libri non ci siamo mai davvero lasciati o persi di vista ma incontrarci ancora tra i vecchi volumi di una libreria in quest’estate torinese mi ha fatto un grande piacere.

Marco Travaglini

Apolide Festival, come un’oasi

Apolide Festival è un’evasione dalla frenesia della quotidianità, una piccola oasi di verde nella splendida Area Naturalistica Pianezze di Vialfrè, a meno di 30 minuti da Torino, cornice ideale per vivere un’esperienza unica ricca di musica, concerti, djset, spettacoli, performance, workshop, incontri, sport, relax e area market. Da giovedì 19 a domenica 22 luglio sul palco I Ministri, Alice Mertone, Témé Tan, Bruno Bellissimo, Andrea Poggio, Popilous, Joan Thiele e molti altre star internazionali. Per le famigli e i bambini giochi, attività, servizi e camping dedicati.

Serata regale in visita ai musei

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Sabato 21 luglio l’apertura straordinaria serale dei Musei Reali di Torino dalle ore 19,30 alle 22,30 a tariffa speciale di  3 euro

Il biglietto comprende l’ingresso a Palazzo Reale, all’Armeria e alla Galleria Sabauda, compresa la mostra recentemente inaugurata presso le Sale Palatine Il silenzio sulla tela. Natura morta spagnola da Sánchez Cotán a Goya. Alle ore 20,30 e 21,30 Sofia Villano, curatore delle collezioni della Galleria Sabauda, guiderà il pubblico lungo il percorso di visita. In occasione dell’apertura serale sarà visitabile la Collezione Gualino, ospitata al terzo piano della Galleria Sabauda. Alle 21 la direttrice della Galleria Sabauda Annamaria Bava accompagnerà i visitatori alla scoperta della collezione, con l’approfondimento sui restauri di alcune opere a cura di Alessandra Curti, restauratrice dei Musei Reali.La stessa sera, nell’ambito di Cinema a Palazzo Reale, verrà proiettato il film Senso di Luchino Visconti, con Alida Valli, Farley Granger, Massimo Girotti, Rina Morelli, che fu prodotto dalla Lux Vide, la società di Riccardo Gualino, il quale oltre che collezionista, fu anche produttore e distributore cinematografico. Ultimo ingresso ai Musei Reali: ore 21,30, per le visite non è necessaria prenotazione.L’apertura serale si svolge nell’ambito del calendario speciale Reale + Rendez-Vous, dodici occasioni speciali per festeggiare l’estate nella cornice unica dei Musei Reali

 

Ecco il calendario delle prossime aperture straordinarie:

Domenica 12 agosto (9-13; 15-19)

Apertura straordinaria della Biblioteca Reale per il ponte di Ferragosto.

 

Martedì 14 agosto (20–23)

Apertura serale straordinaria dei Musei Reali per il ponte di Ferragosto.

 

Mercoledì 15 agosto (21-24)

Apertura serale straordinaria dei Musei Reali per Ferragosto.

 

Domenica 9 settembre (9-13; 15-19)

Apertura straordinaria della mostra La Cucina di Buon Gusto in Biblioteca Reale.

 

Venerdì 21 settembre (20-23)

Apertura serale straordinaria dei Musei Reali per il Salone del Gusto/Terra Madre.

 

La biglietteria chiude un’ora prima.

Trovi tutte le informazioni su www.museireali.beniculturali.it.

De Gregori al GruVillage 105 Music Festival

Anche Francesco De Gregori approda al GruVillage 105 Music Festival e lo fa in una bella serata di metà luglio col cielo limpido e un bello spicchio di luna nuova, quasi un taglio secco di lama nel buio della notte, posizionata dritta dritta proprio di fronte al palco

Sul palco di Grugliasco, addobbato in maniera semplice e minimalista, il cantautore romano ha presentato una bella selezione del suo repertorio accompagnato come sempre da un pubblico molto numeroso. Con lui il ritmo cadenzato del contrabbasso di Guido Guglielminetti e della chitarra di Paolo Giovenchi, oltre all’acustica di Alessandro Valle e della sua pedal steel guitar e le calde sonorità del pianoforte di Carlo Gaudiello, una formazione ampiamente collaudata che già in autunno aveva solcato i palchi di mezza Europa e degli Stati Uniti in un tour internazionale di grande successo. In scaletta ampio spazio ai suoi grandi classici, da Generale a Titanic passando per la Donna Cannone e Raggio di Sole fino a Buonanotte Fiorellino, successi talvolta musicalmente un po’ “rivisitati”, ma anche piccoli gioielli nascosti, magari meno famosi, canzoni che lui ama definire “mai passate alla radio”, oltre a qualche brano di autori internazionali come Bob Dylan. Una serata di intense sonorità acustiche e di grande musica, con l’omaggio al grande amico Lucio con la sua 4 marzo 1943, terminata con la classicissima e amatissima Rimmel… tante emozioni per il suo sempre caloroso pubblico che, tornando anche un po’ indietro nello tempo, ha sicuramente apprezzato con passione.

 

Claudio Benedetto www.fotoegrafico.net

Dialogo Sensibile

Sabato 21 luglio 2018, alle 17.30, verrà  inaugurata la mostra “Dialogo Sensibile” presso la Casa degli Archi “Martino Poletti” a Bureglio di Vignone (Vb). Due gli artisti a confronto:Mauro Ramoni e Rocco Zappalà.L’esposizione si sviluppa su tre piani dell’antica struttura ed è composta da cinquanta opere nelle quali si colgono, come le descrive il critico Mauro Chiodoni “alcune affinità declinate con la differente personalità e concezione dell’arte. In comune troviamo un essere essenziali, concisi per esprimere una poetica strutturale autentica mai illustrativa”. Un’arte che comunica serenità nelle opere di Ramoni, dove si riconosce un senso della misura che diventa una inconfondibile cifra stilistica.Rocco Zappalà, viceversa ha come riferimento l’essenzialità e la sperimentazione.Un’essenzialità che si basa,secondo Chiodoni, sui colori rosso, bianco e soprattutto nero e uno spiccato “senso della composizione che muove su ripartizioni ritmiche orizzontali e verticali”. La mostra sarà visitabile sino al 5 agosto a ingresso libero, dalle 16 alle 19 ( da giovedì a sabato) e anche dalle 10 alle 12 del mattino la domenica. La sede dell’esposizione è raggiungibile a piedi attraverso il caratteristico borgo nell’entroterra collinale verbanese partendo dalla biblioteca di Vignone o in macchina seguendo la statale per Premeno e posteggiando appena dopo il ristorante con piscina “La Curva”.
Marco Travaglini