CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 682

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

A beautiful day – Drammatico. Regia di Lynne Ramsay, con Joaquin Phoenix e Judith Roberts. Un uomo nella cui mente trovano posto ricordi dolorosi, un passato di guerra, una infanzia di abusi, un figlio che si prende cura della madre anziana. Anche un sicario che entra nella vicenda sporca e infelice della figlioletta di un senatore, portata via per essere fatta sprofondare nel buio della prostituzione minorile. Con il viso dolente e con la robusta interpretazione di Phoenix premiato a Cannes quale migliore attore. Il film s’è anche aggiudicato il Palmarès per la migliore sceneggiatura. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

Abracadabra – Commedia. Regia di Pablo Berger, con Maribel Verdù, Antonio De La Torre e José Mota. Carmen vive alla periferia di Madrid con suo marito Carlos. È una casalinga devota alla famiglia, mentre lui è un operaio edile e tifoso di calcio, che vive per il Real Madrid. Un giorno, a un matrimonio, il cugino di Carmen, ipnotizzatore amatoriale, dà una dimostrazione. A Carlos. La mattina dopo l’uomo comincia a comportarsi in modo strano, qualcosa è andato storto e adesso è posseduto da uno spirito. Mentre i due cugini cercano di riportarlo alla normalità, Carmen si sente attratta dal suo “nuovo” marito. Durata 96 minuti. (Centrale V.O., Classico)

 

Arrivano i prof – Commedia. Regia di Ivan Silvestrini, con Claudio Bisio, Maurizio Nichetti e Lino Guanciale. Il liceo si può gloriare di essere il peggiore liceo della nazione: ecco che allora il preside accetta la proposta del provveditore e assume i peggiori insegnanti, nella sfida che dove i migliori hanno fallito, siano i peggiori a ottenere dei risultati. Arrivano sette insegnanti, uno peggio dell’altro, con i loro metodi precisi ma sgangherati, con il loro modo di insegnare bel oltre le righe. Ma per i ragazzi cambierà qualcosa. Durata 100 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Avengers: Infinity War – Fantasy. Regia di Anthony e Joe Russo, con Chris Evans, Robert Downing jr, Zoe Saldana e Chris Pratt. Contro gli eroi (buoni) di Marvel nell’ultimo episodio della saga c’è Thanos (cattivissimo), che grazie al potere delle Gemme dell’Infinito vuole impadronirsi e distruggere circa la metà di questa nostra povera terra. Ecco che allora gli Avangers sentono la necessità di riunirsi e di chiedere pure l’aiuto dei Guardiani della Galassia, insomma tutti insieme appassionatamente per far fuori il fellone. Per la gioia di grandi e bambini ci sono proprio tutti nell’affollato pentolone, Capitan America e Spiderman, la Vedova Nera e Thor, Iron Man e Black Panter. Durata 149 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2,   Reposi, The Space, Uci)

 

Benvenuto in Germania – Commedia. Regia di Simon Verhoeven, con Senta Berger, Heiner Lauterbach e Florian David Fitz. Un’insegnante di tedesco da poco andata in pensione, due figli ormai adulti, un marito chirurgo ortopedico, un gatto. Un giorno decide di ospitare un rifugiato in cerca di una nuova patria e di un po’ di fortuna: nemmeno a dirlo, il nuovo arrivo metterà a dura prova la vita all’interno della casa, la coabitazione, le giornate, il matrimonio dei due padroni di casa. Durata 116 minuti. (F.lli Marx sala Harpo)

 

La casa sul mare – Drammatico. Regia di Robert Guédiguian, con Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darrousin, Anaïs Demoustier e Jacques Boudet. Una casa affacciata sul mare, poco fuori Marsiglia, due fratelli con la sorella vi si ritrovano all’indomani dell’ictus che ha colpito il padre anziano. Uno è un ex sindacalista, aspirante scrittore, con una fidanzata al seguito che ha la metà dei suoi anni, l’altro è rimasto ad abitare nella casa per far andare avanti la trattoria di famiglia, lei è un attrice, trasferita a Parigi per inseguire la sua carriera e lasciarsi alle spalle la perdita della figlia. Altre persone circolano attorno a loro, tutti a fare i conti, un bilancio tra ideali ed emozioni, tra aspirazioni e nostalgie, con un passato più o meno recente, a guardare il piccolo paese che ormai si è svuotato, lasciando le vecchie case agli speculatori, a parlare di politica, tra Macron e Le Pen, a guardare ai figli, anch’essi confusi. Un piccolo gruppo di giovanissimi profughi, senza genitori, obbligherà con il loro arrivo quelle scelte che tutti quanti gli abitanti della “villa” (questo il titolo originale del film), dovranno affrontare. Un film che per buona parte segue un filo di ricordi e di eventuali costruzioni, che comincia inspiegabilmente a sfilacciarsi con un doppio suicidio, che nel finale s’inventa il ritrovamento dei ragazzini venuti dal mare per cogliere senza necessità un racconto dell’oggi che viviamo. Senz’altro ci si aspettava di più. Durata 107 minuti. (Nazionale 2)

 

Cosa dirà la gente – Drammatico. Regia di Iram Haq, con Maria Mozhdah. La sedicenne Nisha vive una doppia vita. A casa, in famiglia, è la perfetta figlia pachistana, ma quando esce con gli amici è una normale adolescente norvegese. Quando però il padre sorprende Nisha in intimità con il suo ragazzo, i due mondi della ragazza entrano violentemente in collisione: i suoi stessi genitori la rapiscono per portarla in casa di alcuni parenti in Pachistan. Lì, in un paese in cui non è mai stata prima, Nisha è costretta ad adattarsi alla cultura di suo padre e di sua madre. Durata 106 minuti. (Romano sala 3)

 

Deadpool 2 – Fantasy. Regia di David Leitch, con Ryan Reynolds e Josh Brolin. Ancora i campioni della Marvel, eroismi divertimento e ritmo arrivati al secondo capitolo e successo assicurato. L’ex mercenario Wade si batte contro il cattivo che ha il viso di Brolin, prendendo le difese di Russell, giovane mutante, ribelle alle autorità. Lotte, cattura, prigionia e nuova libertà in un percorso obbligato che dà il via ad un finale da fuochi d’artificio e con una nuova storia già in preparazione. Durata 111 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche V.O.)

 

Dogman – Drammatico. Regia di Matteo Garrone, con Marcello Fonte e Edoardo Pesce. Il regista dell”Imbalsamatore” riscrive a modo suo la vicenda del “canaro”, fatto e fattaccio di cronaca nella Roma degli anni Ottanta, reinventando la figura di Marcello, separato dalla moglie, con una bambina, vive le sue giornate con il suo mestiere di toelettatore e le angherie del bullo del quartiere. In concorso al festival di Cannes. Durata 102 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Rosso, Lux sala 1, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

Escobar – Il fascino del male – Drammatico. Regia di Fernando Leon de Aranoa, con Penelope Cruz e Javier Bardem. Tratto dal libro che Virginia Vallejo, volto un tempo noto della tivù colombiana

e oggi donna sotto protezione negli Stati Uniti, ha scritto intorno alla sua relazione con il gran capo della droga tra il 1981 e il 1987, è il resoconto di quegli anni, da un lato l’amante gentile e affascinante, dall’altro il mandante delle uccisioni di magistrati e poliziotti, di politici e di avversari, al fine di una scalata sempre più completa. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 2, The Space, Uci)

 

Il giovane Karl Marx – Drammatico. Regia di Raoul Peck, con August Diehl, Stephan Konarske e Vicky Krieps. Gli anni Quaranta del XIX secolo, l’esilio da Berlino e le fughe attraverso l’Europa, la povertà e gli stenti, la polizia sempre incalzante, le idee in crescita contro una classe dirigente e un capitalismo volti allo sfruttamento e alle ingiustizie, l’amicizia con Engels, figlio ribelle di un ricco industriale, la stesura del “Manifesto del partito comunista”. Durata 112 minuti. (Centrale)

 

Famiglia allargata – Commedia. Regia di Emmanuel Gillibert, con Louise Bourgoin e Arnaud Ducret. Due vite, due mondi lontanissimi tra loro, che un giorno s’incontrano. Da un lato Antoine, arrivato ormai ai quaranta, tuttora single, eterno ragazzo senza alcuna voglia di crescere e dall’altro Jeanne, i figli al culmine dei suoi pensieri, un’esistenza a crescerli tutta sola: ma lei ha ancora voglia di tanto amore. Durata 105 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Game Night: indovina chi muore stasera? – Commedia drammatica. Regia di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, con Rachel McAdams e Jason Bateman. Ogni settimana Annie e Max amano inventare giochi di vario genere per divertire se stessi e gli amici. Il fratello di Max inventa un inaspettato gioco con un rapito, che è il padrone di casa, chi dovrebbe trovarlo e liberarlo: è una finzione o non piuttosto una ingombrante realtà? Durata 100 minuti. (The Space, Uci)

 

Giù le mani dalle nostre figlie – Commedia. Regia di Kay Cannon, con Leslie Mann e John Cena. Le figlie crescono, progettano il ballo di fine anno e con questo l’avverarsi di quella “prima volta” che sognano chissà da quando. La più intraprendente, Julie, dà l’out out alle sue migliori amiche: mettendo in grandissima agitazione i rispettivi genitori che con qualche piccolo dramma di ingegnosità scoprono quelle decisioni attraverso il web, assai modernamente. La scommessa è dare un taglio netto a quelle decisioni. Ci riusciranno? Durata 102 minuti. (The Space, Uci)

 

L’isola dei cani – Animazione. Regia di Wes Anderson. In un Giappone di epoca futura, il sindaco di una città denominata Megasaki ha ordinato di rinchiudere in un isola deserta e adibita a discarica ogni cane esistente, causa un mistorioso virus che li colpirebbe tutti. Il motivo vero è poter fare affari alla faccia dei simpatici amici dell’uomo. Dovranno intervenire un bambino e la giovane giornalista in erba Tracy a svelare le reali mire del primo cittadino e di tutto quanto il governo. Orso d’argento a Berlino per la miglior regia. Durata 101 minuti. (Massimo sala 1 anche V.O., Reposi, Uci)

 

Loro 1 – Commedia. Regia di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Elena Sofia Ricci, Anna Bonaiuto, Riccardo Scamarcio, Fabrizio Bentivoglio e Kasia Smutniak. “Loro” sono quelli che in forma di gran baraccone con reminiscenze felliniane gravitano nell’universo berlusconiano, vero? tutto falso? opportunamente e malvagiamente esagerato?, uomini e donne in cerca di affermazione, non importa come, importa il quando, subito!, il ragazzo del sud (leggi Tarantini) che recluta ragazze e droga, gli affari poco puliti, gli amici e i nemici, il potere a ogni costo, la politica e i contratti con gli Italiani, le ville e le feste, la volgarità, il rapporto con Veronica: questo e molto altro nel primo capitolo di una vicenda che tutti abbiamo attraversato e che stiamo ancora attraversando. Comunque: primo, un film di cui non si sentiva assolutamente la necessità; secondo, piuttosto deludente, con quella prima parte dove impera il pur bravo Scamarcio, con le sue festicciole e le sue assatanate. Poi Servillo truccatissimo (ma si poteva fare di meglio), che ammaestra il nipotino e fa gli occhi dolci a Veronica, e allora il film ha qualche tocco d’ala. Ma sono davvero pochi. Durata 106 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico,   Greenwich sala 1, Ideal, Reposi, Uci)

 

Loro 2 – Commedia. Regia di Paolo Sorrentino. Il lato umano, a tratti godereccio, a tratti disperato, del ex premier, tutti i riferimenti agli inverni del nostro scontento e alle cronache quotidiane, il matrimonio andato a pezzi, le olgiattine e i festini, le biondine più che appetitose e disponibili, l’entourage in cerchia di soldi e di celebrità, le piscine, la gran folla. E poi l’ambiguità, il potere. Tutto con gli occhi dell’autore della “Grande bellezza”. Con la scusa che la seconda parte del film era in uscita in Italia, niente concorso a Cannes, così decretò Thierry Frémaux: ma visto che l’accoppiata – in numero uno e il numero due – ci guadagnerebbe, e Dio solo sa quanto!, non si sarebbe potuto sfrondare e farlo in qualche modo sulla Croisette? Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Eliseo Blu, F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 3, Reposi, Romano sala 1, The Space, Uci)

 

La mélodie – Drammatico. Regia di Rachid Hami, con Kad Merad, Jean-Luc Vincent e Samir Guesmi. Simon è un famoso musicista ormai disilluso, arriva in una scuola alle porte di Parigi per dare lezioni di violino. I suoi metodi d’insegnamento piuttosto rigidi non facilitano i rapporti con gli allievi problematici. Tra di loro c’è Arnold, un timido studente affascinato dal violino che scopre di avere una forte predisposizione per lo strumento. Grazie al talento di Arnold, Simon riscopre a poco a poco le gioie della musica. Riuscirà a ritrovare l’energia necessaria per superare gli ostacoli e mantenere la promessa di portare i bambini a suonare alla Filarmonica di Parigi?Durata 102 minuti. (Eliseo)

 

Parigi a piedi nudi – Commedia. Diretto e interpretato da Fiona Gordon e Dominique Abel, con Emmanuelle Riva. Attori e autori pressoché sconosciuti da noi, lei canadese e lui belga, descrivono per lo scherma l’avventura di lei, bibliotecaria in un piccolo e sperduto paesino del suo grande e a tratti “inospitale” paese, “scesa giù” a Parigi alla ricerca della vecchia zia Marta. Che non si trova, è scomparsa!, con tutto quel che ne può derivare ad una sprovvedutissima straniera nella tentacolare ville lumière. Quando non cade nella Senna, incontra Dom, un fior fiore di clochard, gentile e ammodo, che è anche capace di innamorarsi di lei e di inseguirla per i boulevards e per le piccole stradine. Divertimento e gag a volontà. Durata 84 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Show Dogs – Avventura. Regia di Raja Gosnell. C’è un umano, Frank, e c’è un rottweiler, Max (cui dà voce Giampaolo Morelli), agenti Fbi, entrambi decisi a far luce sul rapimento di un cucciolo panda. Una squadra di doppiatori all’opera, da Barbara D’Urso a Cristiano MalGioglio, da Lino Guanciale a Nino Frassica, da Marco Bocci a Francesca Neri ad Ale e Franz. Durata 92 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Si muore tutti democristiani – Commedia. Regia di Marco Ripoldi, Davide Rossi, Andrea Mazzarella, Davide Bonacina e Andrea Fadenti, con Massimiliano Loizzi. Stefano con Fabrizio ed Enrico, stessi ideali e stessi sogni. Insieme gestiscono una piccola casa di produzione nella speranza di realizzare documentari a tema sociale. Forse un progetto ci sarebbe, con un considerevole guadagno economico: ma c’è un “ma”. E allora meglio fare cose pulite con i soldi sporchi o cose sporche con soldi puliti? Una riflessione ironica e impietosa sul compromesso. Durata 89 minuti. (Greenwich sala 3, Uci)

 

Tonno spiaggiato – Commedia. Regia di Matteo Martinez, con Frank Matano. Opera prima. La storia di Francesco, vorrebbe fare il comico ma alle sue esibizioni non ride mai nessuno. Fino a quando non infila una battuta dietro l’altra sulla sua ragazza grassa: il pubblico ride, lei lo lascia. Per riconquistarla, dal momento che al funerale della nonna di lei, s’è guadagnato un bell’abbraccio, provvederà a far fuori qualche altro parente e così gli affetti saranno ristabiliti. Ma le cose non si mettono al meglio, come Francesco spererebbe. Durata 91 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

Ecco i finalisti del Premio Calvino

Cerimonia di Premiazione martedì 22 maggio 2018 ore 17.30 al Circolo dei lettori, via Bogino 9, Torino

Il Comitato di Lettura del Premio Italo Calvino ha scelto, tra i 720 manoscritti partecipanti al bando, le opere finaliste da sottoporre al giudizio della Giuria della XXXI edizione, composta da Teresa Ciabatti, Luca Doninelli, Maria Teresa Giaveri, Vanni Santoni e Mariapia Veladiano.  I nove testi inediti e di autori esordienti tra i quali i Giurati decreteranno il vincitore e le menzioni speciali sono: Elena di Sparta di Loreta Minutilli; Il faraone di Riccardo Luraschi; Il grande vuoto di Adil Bellafqih; L’inverno di Giona di Filippo Tapparelli; Omeocrazia di Maurizio Bonino e Valentina Drago; La sartoria di via Chiatamone di Marinella Savino; Sinfonia delle nuvole di Giulio Nardo; Talib, ovvero la curiosità di Bruno Tosatti; Trovami un modo semplice per uscirne di Nicola Nucci. A partire da questa edizione, verrà inoltre assegnata una “speciale menzione Treccani” all’opera che si distingua per originalità linguistica e creatività espressiva. Il Premio Italo Calvino e l’Istituto Treccani hanno infatti stipulato una convenzione triennale che, oltre al conferimento della menzione, prevede l’organizzazione di un incontro – che si terrà nel mese di settembre, a Roma, nella sede di Treccani – intorno ai temi emergenti della narrativa italiana contemporanea nel suo rapporto con la lingua.La cerimonia di premiazione si svolgerà, alla presenza dei Giurati e di Massimo Bray, Direttore generale dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, martedì 22 maggio al Circolo dei lettori di Torino, a partire dalle ore 17.30.

 

 

I testi finalisti e i loro autori

 

Per individuare i finalisti si è deciso di puntare a una scelta che fosse insieme rigorosa e rappresentativa di tendenze in atto, pur cercando di ampliare al massimo il ventaglio delle proposte.

 

«Tutte le opere finaliste – commenta il presidente del Premio – sono caratterizzate da una forte tendenza degli autori a cercare vie oblique per narrare ed esprimersi, ed esprimere la loro visione del mondo. Passano attraverso i generi, soprattutto il distopico, che permette di radicalizzare lo sguardo senza apparire forzati, oppure attingono al fantastico, filone che in Italia ha un padre nobile proprio in Calvino. O, ancora, riprendono l’inesauribile mito greco per parlare dell’oggi, o creano paesaggi mentali allucinati con la medesima funzione. Oppure, ancora, operano attraverso un uso spiazzante del linguaggio con un effetto di straniamento, o, infine, introducendo un granello di irrealtà in un oliato congegno realistico. La descrizione dei meccanismi sociali con i suoi personaggi indagati psicologicamente, tipica del grande romanzo borghese otto-novecentesco, appare, in questi romanzi, fuori tempo massimo ed affrontabile, in alcuni casi, solo con i mezzi della docufiction. Ultimo tratto che colpisce delle opere finaliste è, infine, la produzione di testi tramite altri testi, che siano letterari, filmici, serial televisivi, manga o graphic novel.»Anche quest’anno i dati sociologici non fanno che confermare il carattere nazionale del Premio, la sua capacità attrattiva diffusa sul territorio e tra le varie generazioni.

 

La storia del Premio

 

Il Premio è stato fondato a Torino nel 1985, poco dopo la morte di Italo Calvino, per iniziativa di un gruppo di estimatori e di amici dello scrittore, tra cui Norberto Bobbio, Cesare Cases, Anna Chiarloni, Natalia Ginzburg, Massimo Mila, Lalla Romano, Cesare Segre. Ideatrice del Premio e sua animatrice e Presidente fino al 2010 è stata Delia Frigessi, studiosa della cultura italiana tra Ottocento e Novecento.Calvino, com’è noto, ha svolto un intenso e significativo lavoro editoriale per l’Einaudi; l’intenzione è stata, quindi, quella di riprenderne e raccoglierne il ruolo di talent scout di nuovi autori: di qui, l’idea di rivolgersi agli scrittori esordienti e inediti, per i quali non è facile trovare il contatto con il pubblico e con le case editrici. Il Premio ha impostato la propria attività seguendo gli stessi criteri che hanno guidato Calvino: attenzione e equilibrio, gusto della scoperta e funzione critica. Attuale Presidente del Premio è Mario Marchetti.

 

 

Come funziona il Premio

 

Il Premio Italo Calvino segnala e premia opere prime inedite di narrativa. Il Premio non ha mai voluto – consapevolmente – definire una propria linea critica, né privilegiare stili, forme e contenuti. L’interesse è unicamente per la qualità della scrittura e per l’emergere di nuove tendenze.Ogni anno, alla scadenza del bando, i manoscritti pervenuti vengono ripartiti all’interno del Comitato di Lettura, composto da cinquanta persone, per metà uomini e per metà donne. I Lettori cominciano la lettura in solitaria, testo per testo, e redigono una scheda di lettura sulla base di criteri di valutazione oggettivi e condivisi.Al termine del primo giro di letture, si svolgono una serie di riunioni, durante le quali si procede alla discussione e allo scambio dei manoscritti.Con il procedere delle riunioni e delle letture si arriva a emettere un giudizio unanime su ogni testo e a individuare una decina di opere finaliste che sono così pronte per essere inviate alla Giuria, composta da cinque personalità del mondo letterario (scrittori, critici, letterati). È questa Giuria a definire il vincitore e a segnalare eventualmente altre opere degne di interesse.Nelle settimane successive alla premiazione, infine, il Premio invia un giudizio dell’opera presentata a tutti gli autori che hanno partecipato. In questo modo, l’accesso al Premio assume un carattere non soltanto di competizione ma anche di valutazione, grazie alle indicazioni tecniche e stilistiche fornite dalla scheda di lettura.

 

I vincitori e le Giurie delle passate edizioni

 

Le Giurie del Premio, ogni anno diverse, sono sempre state costituite da critici letterari, storici della letteratura, scrittori e operatori culturali tra i più rappresentativi della scena culturale italiana dagli anni ‘70 ad oggi: Natalia Ginzburg, Cesare Segre, Ginevra Bompiani, Vincenzo Consolo, Edoardo Sanguineti, Ernesto Ferrero, Gianluigi Beccaria,   Dacia Maraini, Angelo Guglielmi, Marino Sinibaldi, Michele Mari, Tiziano Scarpa, Nicola Lagioia, Carlo Lucarelli, Antonio Scurati, Valeria Parrella, Michela Murgia, Fabio Geda, Mario Desiati, Marco Missiroli, solo per citarne alcuni.

 

Il Premio Calvino può ormai contare un notevole numero di autori affermati, che hanno iniziato il loro percorso editoriale proprio partendo dalla partecipazione al concorso. Tra gli altri: Marcello Fois (Picta, Marcos y Marcos), Francesco Piccolo (Diario di uno scrittore senza talento), Paola Mastrocola (La gallina volante, Guanda), Fulvio Ervas (La lotteria, Marcos y Marcos, con Luisa Carnielli), Flavio Soriga (Diavoli di Nuraiò, Il Maestrale), Peppe Fiore (L’attesa di un figlio nella vita di un giovane padre, oggi, Coniglio), Errico Buonanno (Piccola serenata notturna, Marsilio), Paolo Di Paolo (Nuovi cieli, nuove carte, Empirìa), Rossella Milone (Prendetevi cura delle bambine, Avagliano), Giusi Marchetta (Dai un bacio a chi vuoi tu, Terre di Mezzo), Mariapia Veladiano (La vita accanto, Einaudi Stile Libero) Letizia Pezzali (L’età lirica, Baldini Castoldi Dalai), Simona Baldelli (Evelina e le fate, Giunti), Francesco Maino (Cartongesso, Einaudi), Domenico Dara (Breve trattato sulle coincidenze, Nutrimenti).

 

Tra gli ultimi vincitori pubblicati: Cesare Sinatti (La Splendente, Feltrinelli), Emanuela Canepa (L’animale femmina, Einaudi Stile Libero).

 

Le case editrici

 

Le case editrici che hanno pubblicato le opere vincitrici o segnalate vanno dai grandi marchi storici alle tante e pionieristiche case editrici che caratterizzano ormai da tempo il panorama culturale italiano. Ogni anno, alla cerimonia di premiazione si incontrano i più importanti editor, talent scout e responsabili delle collane di narrativa italiana.

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www.premiocalvino.it

Cerimonia di premiazione: martedì 22 maggio 2018, ore 17.30

il Circolo dei lettori, Via Bogino, 9 – Torino

 

 

 

 

Il libro sulle mongolfiere

Nella penombra della soffitta, accanto ad un grande armadio tarlato, un vecchio e impolverato baule da viaggio era colmo di vecchie riviste del Touring, cartoline illustrate e libri che parlavano di viaggi, esplorazioni, avventure. Tra i tanti documenti facevano bella mostra di sé alcune annate della “Domenica del Corriere”, con le copertine di Walter Molino e Achille Beltrame. Il permesso di frequentare questo luogo misterioso l’avevo ottenuto dal proprietario della soffitta,l’avvocato Attilio Rosini. Da giovane, quello che nel tempo era diventato uno dei principi del foro di Varese per poi ritirarsi in pensione sul lago Maggiore, aveva collaborato con il Touring Club Italiano. In quegli anni spensierati, prima di darsi all’avvocatura, aveva viaggiato molto, accumulando materiali e documenti. Seduto sulla sua vecchia poltrona, rovistando tra le carte, mi è capitato tra le mani un vecchio libro rilegato: “La storia dei primi voli in mongolfiera“. Presi a sfogliarne le pagine, incuriosito. Volare era stato il sogno degli uomini dalla notte dei tempi. La leggenda di Icaro e la sua triste fine dimostravano che l’ambizione di librarsi nell’aria come uccelli era pressoché irresistibile, nonostante la paura. Già Leonardo da Vinci, con il suo straordinario estro, aveva compiuto studi  sulle leggi dell’aerodinamica, tracciando disegni e modelli di macchine volanti. Ma solo da poco più di due secoli la sfida, perfezionandosi di volta in volta, era entrata nel vivo. “I primi esperimenti di volo in mongolfiera furono fatti il 19 settembre 1783 dai fratelli Mongolfier usando come passeggeri una pecora, un gallo e un’anitra. Riuscirono a volare dentro ad un canestro legato ad un pallone ad aria calda per circa tre chilometri“. I due fratelli, Joseph Michel  e Jacques Étienne nati da  una famiglia di ricchi fabbricanti di carta ad Annonay, un paese  della Francia a sud di Lione,  erano convinti che accendendo un fuoco sotto la bocca del pallone si sarebbe prodotto un gas molto speciale, più leggero dell’aria, che loro ribattezzarono il ”gas dei Mongolfier”. Il loro gas – che Joseph, il più anziano dei due, credeva dotato di una specifica proprietà che definì “lievità” – salendo verso l’alto,  gonfiava l’aerostato e così il rudimentale pallone  s’ alzava in volo tra stupori e incredulità. In realtà, “questo gas non aveva nessuna proprietà magica, ma era solamente aria che al calor del fuoco diminuiva il suo peso specifico e saliva all’interno dell’involucro portando con sé in alto il pallone aerostatico“. Il 4 giugno del 1783 la loro invenzione venne fatta volare nella prima dimostrazione pubblica ad Annonay, di fronte a un gruppo di notabili degli “etats particulars“. Il volo coprì la distanza di un paio di chilometri, durò una decina di minuti e raggiunse un’altitudine stimata poco al di sotto di duemila metri.” E così“, riflettevo sfogliando le pagine del vecchio libro, “si era avviata la conquista del cielo“. Anche se, a dire il vero, pure gli italiani ci misero lo zampino. Pare infatti che un toscano di Lucca, Vincenzo Lunari nello stesso periodo delle imprese dei due fratelli francesi,  compì un’ascensione in Inghilterra su un pallone gonfio di idrogeno.

 

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Per il primo vero viaggio in aerostato della storia fu necessario pazientare altri cinque mesi e mezzo, quando a Parigi  – il 21 novembre 1783 – Jean-Francois Pilature de Rozier ed il Marchese d’Arlandes, si cimentarono nell’impresa. Il primo manovrava il velivolo mentre al secondo era toccato il delicatissimo compito di alimentare il fuoco e tenere a bada con una spugna imbevuta d’acqua i carboni ardenti che minacciavano di incendiare la tela dell’involucro. Quando il pallone transitò nel cielo sopra la capitale la folla era in delirio. La palla volante del diametro di circa quattro metri, salì fino a 900 metri di quota e andò dolcemente ad atterrare a venti chilometri di distanza, più o meno là dove oggi sorge l’aeroporto Charles de Gaulle. Un mese dopo, nel dicembre di quell’anno straordinario, toccò all’inglese Cavendish provare il volo con il pallone a gas. Coprì la distanza di 43 chilometri e nell’occasione raggiunse la ragguardevole altezza di 2700 metri, dimostrando così che l’atmosfera si estendeva fino a grandi altezze. Dopo la Francia, l’Italia fu sicuramente il paese che dette il maggior impulso all’aerostatica, e un passeggero romano, salito in volo per la prima volta, disse che“Roma sembrava un campo seminato di pezze bianche come calcinaccio e il Tevere un filo sottilissimo”. Ben presto, l’eco e la tecnologia dilagarono in tutta Europa, “al punto che l’interesse nei meccanismi cinetici dell’atmosfera per la prima volta in quei tempi raggiunse le masse fino a trasformarsi in fattore di moda. La mongolfiera non era soltanto un insolito modo di spostarsi, ma anche un simbolo dei tempi, magari da indossare sotto forma di cappellino o da sfoggiare all’ora del tè stampato su porcellana”. Incredibile. Questo libro mi stava solleticando una certa idea che avrei senz’altro sottoposto al mio amico Roland Duprè, un ingegnere nautico svizzero. Giravo le pagine voluttuosamente, come se in ogni riga si nascondessero fantastiche scoperte. Non avrei mai pensato che uno come me, dotato di buona fantasia ma al tempo stesso abituato a esser realista, subisse con tanta forza il fascino del volo. “Nell’800 l’aerostatica ebbe il suo punto di svolta consolidandosi in poco tempo si diffuse in tutto il mondo. Scienziati e studiosi si misero al lavoro, compiendo ascensioni per migliorare i propri progetti e verificare le loro teorie . Il volo che in assoluto fece più scalpore fu quello di Charles Green che nel Novembre 1836 volò per 18 ore coprendo una distanza di 768 chilometri da Londra a Weilburg, nel ducato di Nassau. Questo aerostato fu costruito utilizzando 1800 metri di seta bianca e rossa e l’involucro conteneva 1981 metri cubi di gas illuminante“. Riposi il libro nel baule e mi allungai sulla vecchia poltrona di cuoio, chiudendo gli occhi. Sì, dovevo proprio parlarne con Roland. Forse lui avrebbe saputo dare una risposta alle mie fantasie.   1° puntata (continua)

Marco Travaglini

L’eredità culturale e civile di Pannunzio

All’Auditorium “Vivaldi” della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino (p. Carlo Alberto 5A)

 

Il Centro “Pannunzio” organizza una tavola rotonda su: “MARIO PANNUNZIO, IL SIGNIFICATO DELLE SUE SCELTE LIBERALI, LA SUA EREDITA’ CULTURALE E CIVILE” a cui parteciperanno Dino Cofrancesco (Università di Genova),Gerardo Nicolosi (Università di Siena), Mirella Serri (Università di Roma). La tavola rotonda, moderata da Anna Ricotti, verrà conclusa dal Direttore del Centro Pier Franco Quaglieni che illustrerà il significato della Mostra “Dal ‘Mondo’ di Pannunzio al Centro ‘Pannunzio'” che viene inaugurata subito dopo alla Biblioteca Nazionale dal Presidente del Consiglio regionale Nino Boeti e dal Presidente del Centro “Pannunzio” Alan Friedman, insieme ai Sindaci presenti. La Mostra, curata dagli architetti Maria Grazia Imarisio e Diego Surace, ripercorre con immagini, documenti e testimonianze il lungo cammino, dal 1968 ad oggi, e la storia del Centro “Pannunzio” e del

Torino 22-05-2017 Foto Daniele Solavaggione CONCERTO DEL PIANISTA SANDRETTO PER I 50 ANNI DEL CENTRO PANNUNZIO NELL’AULA MAGNA DEL RETTORATO

giornalista a cui esso è intitolato. Verrà anche presentata la piastrella del Cinquantenario realizzata dall’artista ligure Anais Tiozzo. Agli intervenuti verrà data in omaggio la spilla del Cinquantenario del Centro. Il “Pannunzio”, in collaborazione con Poste Italiane, ha realizzato uno speciale annullo filatelico per il Cinquantenario che sarà possibile ottenere durante l’evento su una cartolina di Ugo Nespolo con il francobollo di Mario Pannunzio uscito nel 2010 per il centenario della nascita. 

Un persiano olandese al Salone del Libro

La Sala Blu ha ospitato la presentazione del libro dell’autore iraniano di lingua olandese Kader Abdollah 

 

È arduo credere che sotto gli occhialoni e i folti baffoni a spazzola, un viso un po’ da Groucho Marx, il carattere istrionico, il vocione che scandisce un inglese dove si mescolano accenti levantini e olandesi, si celi una storia difficile di esilio, fuga dall’Iran khomeinista, la morte dei fratelli a causa della repressione politica, la lontananza dall’anziana madre cui manda via Whatsapp le foto di tutti i posti in cui va come conferenziere, ma questo è il riassunto dell’esistenza dello scrittore Khader Abdollah, uno degli invitati al Salone del Libro 2018, di sicuro tra i più appropriati ad affrontare i temi e le famose “cinque domande” che hanno fatto da fil rouge all’edizione. Ora, giochiamo subito a carte scoperte: chi scrive non aveva la minima idea di chi costui fosse, tutto ciò che sa lo ha intuito dal candore e l’intensità con cui il personaggio ha parlato di sé alla conferenza e da una rapida scorribanda su Wikipedia, né aveva mai letto alcunché, come persevera a fare pur facendosi la blanda ed accidiosa promessa di colmare quella che all’improvviso gli è sembrata una, se non imperdonabile, certamente fastidiosa lacuna. Quello che si offre ai lettura è quindi semplicemente il resoconto di un’oretta di dialogo tra lo scrittore e i suoi intervistatori, seguito comodamente sprofondato in una delle poltrone della Sala Blu, tra i sonni tentatori del dopopranzo. Tutto è figlio del caso, o quasi: la scelta era tra questo intervento e quello sulla Transiberiana allo stand “Romania” e solo all’ultimo l’orientalismo giovanile di chi scrive ha preferito il più caldo e vicino Medio Oriente alle visioni dell’estremo est d’oltre Urali; ad ogni modo, non può dirsi pentito della decisione.

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L’incontro presenta l’ultima fatica di uno scrittore molto celebre nei Paesi Bassi: esule da una trentina d’anni in Olanda, ha ormai da tempo deciso di scrivere in neerlandese “ Per ringraziare il paese che mi ha ospitato, perché ormai in persiano potrei scrivere un libro di settecento pagine, ma senza metterci l’anima come faccio con l’olandese. A parte il mio diario, che mi ostino a redigere nella mia lingua madre, l’unica cosa che forse i miei parenti potranno mai leggere”. E la sua anima si è così impastata della cultura olandese, anzi, come sottolinea Abdollah, europea, da aver ottenuto nella sua nuova patria diversi premi e il riconoscimento di aver scritto uno dei più bei libri di sempre nella lingua di Rembrandt, nonché il Premio Grinzane Cavour 2009. La sua ultima fatica si intitola “Uno scià alla corte d’Europa” (Iperborea, 488 pp. 19.50 euro) e narra in forma romanzata il viaggio dello scià di Persia alla fine dell’800 in Europa, un’Europa, nelle parole dell’autore, che era in via di formazione e stava cercando di darsi un’identità, quella della Belle Epoque, che ha dominato e influenzato il mondo, ci fa capire Abdollah, praticamente fino ad oggi, un oggi in cui l’Europa si trova nuovamente nella necessità di capire dove andare e che cosa fare. È un libro che nasce dall’invidia, l’invidia dell’autore – i cui antenati hanno incrociato davvero l’esistenza del sovrano – nei confronti di un uomo che non amava essere re, che ha lasciato un pessimo ricordo in patria ma affascinato dalla cultura europea dell’epoca, ribollente di invenzioni, scrittori e pensatori, che poté attraversare il continente in treno in lungo e in largo, incontrando i maggiorenti dell’epoca, la Regina Vittoria, Bismarck, la Russia, dove lo scià, appassionato lettore di Tolstoj, passa a dieci chilometri dalla dacia dell’autore di “Guerra e Pace” senza saperlo e tirando dritto fino a Mosca.

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Una disavventura, osserva l’autore, che dimostra come il sovrano, nonostante la sua buona volontà e il fascino di cui risentiva verso la nostra Europa, spesso guardasse senza vedere, senza capire fino in fondo, lasciandoci sfuggire le occasioni uniche: Abdollah pone rimedio alla vicenda immaginando che Tolstoj venga effettivamente chiamato ad incontrare il Re dei Re e, sfruttando il personaggio della principessa Banu, si infila nelle corti e nelle vicende dell’Europa dell’epoca con più libertà di quelle che l’aderenza alla storia ufficiale gli permettono.Un atto questo, scherza l’autore, che diventa catartico: “ora mi sento più potente del re, ora la mia invidia è sopita, perché lo scrittore può inventare il modo in cui i fatti sono andati”. Ma il romanzo non si inerpica soltanto per i mille sentieri della fantasia letteraria, o sulla libertà di fingere ed ingannare: torna, e altrettanto fanno intervistato ed intervistatori, all’attualità, all’incontro scontro tra oriente e occidente, all’integrazione di culture e di uomini.Il confronto tra la nobile e antica cultura persiana e l’occidente è una vicenda antica, il regno degli scià era già una metafora del relativismo e degli orizzonti diversi di genti lontane nei lavori di Montesquieu e di altri illuministi, e Kader Abdollah lo sfrutta sapientemente per parlare di culture che si mescolano, non solo nella dimensione “alta” dello scambio intellettuale, ma anche in quella quotidiano dei flussi migratori.

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Una delle ragioni principali per cui si è messo a scrivere il romanzo, racconta, è stata la terribile immagine del piccolo Aylan morto sulla battigia, ma a questo si mescola un punto di vista sicuramente originale, e molto intelligente, sulle questioni all’ordine del giorno sui nostri giornali. Tra il serio e il faceto, ricorda come l’anno scorso, durante una sommossa degli abitanti di un paesino olandese che non volevano sentirne di ospitare alcuni rifugiati, lui si sia recato per capire le ragioni di tanto odio, per ispirarsi a scrivere e prendere il polso della realtà: dopo aver sentito i cori, le ingiurie, i lanci di pietre, anche lui, a un certo punto, si è sentito trascinato nella folla, e ha provato il piacere indescrivibile di poter gridare anche lui con gli altri “ Refugees go home”, sentendosi “un vero maschio olandese bianco”; è questo quello che vogliamo, è questo quello che noi stiamo difendendo, il nostro privilegio di essere occidentali? “Siete liberi di amare e odiare gli altri, capisco le vostre paure, anche se non giustificate, ma fatelo a viso aperto, non lasciate che il vostro odio covi in silenzio” conclude “ perché dovete sempre ricordarvi che questo è il vostro tempo, tra venti o trent’anni chissà dove sarete, probabilmente sostituiti da una generazione che avrà idee completamente diverse dalle vostre. Anzi, fate la prova, invitate un immigrato, un rifugiato, un profugo siriano a casa vostra, offritegli pane e formaggio e sussurrategli sette volte nell’orecchio ‘ ti odio, ti odio, ti odio!’. È probabile che il giorno dopo vi sveglierete pensando ‘ehi, questi migranti non sono poi così male!’”.

 

Andrea Rubiola

 

Sfumature di giallo

Se l’acqua è fonte di vita, di morte e di forti emozioni, il Po è anche il fiume sui cui si ambientano gialli, noir e thriller, perché è fonte di ispirazione così come Torino e la sua magia. Il sequel della “Saga di Lola” di Massimo Tallone e Biagio Fabrizio Carillo (Edizioni il Capricorno) è nuovamente ambientato a Torino, per le vie della città con un dettaglio da “Via Michelin”. Leggere le avventure di Lola può essere d’aiuto per conoscere meglio la città, le sue bellezze e le vie più nascoste della capitale subalpina di cui quasi nessuno ha sentito parlare prima, come, ad esempio “La curva delle cento lire”. Biagio Fabrizio Carillo torna per la seconda volta alle tavole rotonde organizzate da Solstizio d’Estate, (creatrice del Concorso Il Bosco Stregato). Stavolta, al Lingotto, l’occasione è stata “Sfumature di Giallo” che l’Associazione, nella Sala Argento, ha dedicato al noir e al thriller. Riportiamo un breve stralcio dell’intervista a Carillo sul romanzo che uscirà a fine giugno. “Siamo di fronte ad una serie di omicidi seriali di cui l’omicida non lascia tracce. L’unico indizio è che l’assassino compie i delitti protetto da una maschera che si usa per la raccolta del miele”. Con Solstizio d’Estate al Salone del libro c’erano anche lo psicologo forense Alessandro Meluzzi e la figlia Maria Araceli Meluzzi, coautrice con il padre del libro “Dei delitti e delle pene 2.0“. Una rivisitazione del celebre illuminista Cesare Beccaria che lo scrisse assieme a Pietro Gioberti nel lontano 1764 e reinterpretato in chiave moderna. Una sintesi, un compromesso tra la certezza della pena per il reato commesso e la sua equità anche citando Beccaria: ” Volete prevenire i delitti? Fate che le leggi siano chiare, semplici e che tutta la forza della nazione sia condensata a difenderle e nessuna parte di essa sia impiegata a distruggerle”. A distanza di secoli quanto la civiltà e la giustizia sono progredite?La risposta è amara… Durante le proiezioni delle incisioni de Il Bosco Stregato c’è stato anche un intervento estemporaneo di Meluzzi che ha dato una chiave di lettura di un ex libris di Josef Werner con un calice con le corna una versione (quasi) esoterica e simbolica di cui nessuno si era accorto. Se il Mosè di Michelangelo ha le corna che stigmatizzano raggi di luce anche l’incisione dell’artista tedesco sopra il calice di vino le ha messe in un messaggio altrettanto simbolico.Chiudiamo con Alessandro Meluzzi che ha raccontato un fatto realmente accaduto e, come in un giallo di Ellery Queen, ha lasciato ai lettori il compito di scoprire il finale. Agli studenti del Liceo di Bra GB Gandino, presenti in sala, il compito di crearne la soluzione più logica. Aspettiamo la consegna dei compiti.

Tommaso Lo Russo

Donne e maestre d’Italia

Il 24 maggio, alle ore 21, si terrà la presentazione del  libro di Bruna Bertolo

Bruna Bertolo si avvicina alle “maestre d’Italia” con lo sguardo di chi vuole capire, di chi vuole entrare, quasi in punta di piedi, nella realtà individuale di ognuna di loro, permettendoci di cogliere aspetti poco conosciuti del mondo delle “maestrine”. Nel libro ce ne sono tante, simbolo di un impegno che si è riversato non soltanto nel mondo della scuola. Maestre d’Italia, dunque, capaci di cambiare profondamente le abitudini di un popolo che, nel 1861, appare ancora schiacciato dall’ignoranza e dall’analfabetismo. Maestre d’Italia, non soltanto di calligrafia e dei primi rudimenti di calcolo, ma anche conduttrici di lotte lungo il cammino dell’acquisizione dei diritti delle donne, dopo l’oscurantismo dei secoli precedenti. Donne, capaci di soffrire e di trovare nella loro sofferenza i semi di un riscatto che ha attraversato e accompagnato la storia delle donne nella nostra Società: da Italia Donati alla “maestrina dalla penna rossa”, dalle “maestre di Senigallia” a Rita Majerotti, dalle maestre scrittrici a quelle che diedero la vita durante la Resistenza; sui banchi di scuola, ma con il pensiero e il cuore rivolti al sogno di una società migliore.

Associazione Amici della Scuola Leumann

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Il tempo del perdono di Fernando Aramburu

Domenica 13 maggio, poche ore prima di essere insignito del prestigioso Premio Strega Europeo per il suo romanzo “Patria”, uscito in Spagna nel 2016, Fernando Aramburu ha presentato i suoi libri in un incontro partecipato, tenutosi presso il Salone Internazionale del Libro di Torino

Aramburu, nato a San Sebastian nel 1959, ha affrontato con coraggio la questione dell’Eta (Euskadi ta Askatasuna), organizzazione armata terroristica il cui scopo era l’indipendenza del popolo basco, dandone una visione unica che tiene conto di tutti i punti di vista della società.In “Patria” e in “Anni lenti”, in fondo due pezzi della stessa storia, le vicende e i drammi umani di vittime e carnefici si intrecciano e si annodano, regalandoci l’immagine di un mondo in cui i semplici rapporti tra vicini di casa che si stimano, che si apprezzano e si ammirano, che si frequentano, in un attimo, vengono lacerati dal terrorismo che li costringe quasi a scegliere da che parte stare, attraendo molti con false dottrine e false lotte.Nel 2012 l’ETA depone le armi e al tempo della violenza dovrebbe seguire quello della pacificazione e del perdono, tuttavia il tempo del perdono di presenta disagevole, difficile, complesso, dilatato e sembra non chiudersi mai perché nessuno crede in un perdono pubblico, davanti alle telecamere. La riconciliazione deve avvenire in modo più intimo, il cambiamento deve partire dall’anima di coloro che hanno vissuto questa storia, una storia che si è intrecciata alle singole vite.

Nella folla di personaggi che animano le vicende di “Patria” emergono prepotentemente le figure di due donne, di due madri, di due mogli. Da un lato Miren, la madre di un ragazzo che si è unito all’Eta e che è diventato un terrorista, pronta a giustificare e a difendere sempre e a qualunque costo il figlio, quasi accecata da una sorta di fanatismo, e dall’altra Bittori che parla con il marito, Txato, che non c’è più, un imprenditore vittima di un attentato. Bittori, dopo tanti anni, vuole provare ad abitare il tempo del perdono e lo fa tornando nei luoghi in cui è vissuta con il marito, riaprendo la casa, facendosi rivedere per le strade alla ricerca di una riconciliazione necessaria a lei, ma anche a tutti coloro che sono stati protagonisti di quei fatti. Aramburu ha spiegato che uno scrittore deve sforzarsi di entrare nella testa dei suoi personaggi e deve raccontarne la storia senza giustificare, ma nemmeno giudicare perché questo non gli compete. Spesso si arriva a giustificare tutto in nome di un’idea e ci si lascia indottrinare senza rendersene conto. La propaganda, in quegli anni, era molto forte e il fascino eroico dei detenuti dell’Eta che, nelle fotografie, apparivano sempre giovani e belli affascinava e attraeva. Purtroppo è accaduto spesso, nel corso della storia, che tutto venga giustificato e accettato in nome di un’idea. L’identità che ci lega alla nostra terra, alla lingua, alle usanze, che ci riporta alla mente ricordi dell’infanzia e del passato può essere deformata dall’indottrinamento che finisce per imporre una visione deviata ed estremista delle cose, creando i nazionalismi che possono sfociare in azioni violente. Lo scrittore basco ha confessato di non aver aderito all’Eta perché, pur non essendo credente, l’educazione cristiana, ricevuta dalla famiglia, l’aveva formato a criteri morali che gli impedivano di credere che si potesse costruire una società migliore togliendo la vita a qualcuno. Inoltre, vivere in una grande città, anziché in un piccolo paese, come quello che ospita i personaggi di “Patria”, gli ha consentito una maggiore libertà di scelta.Fernando Aramburu ha confessato di non sapere perché il suo romanzo abbia avuto tanto successo e ha ammesso che forse, semplicemente, era necessaria una storia così. In un capitolo del libro la vedova Bittori dice: “Perché credi che sono ancora viva? Ho bisogno di quel perdono. Lo voglio e lo pretendo, e fino a quando non lo avrò non penso di morire.” “Non è orgoglio. Non appena metterete la lapide sulla tomba e sarò col Txato, gli dirò: quell’idiota si è scusato, adesso possiamo riposare in pace.” Occorre costruire una memoria, fare i conti con il passato e tentare di andare avanti, è neccessario farlo per i superstiti e per le generazioni che verranno.

 

Barbara Castellaro

 

 

 

Il successo del Salone tra problemi di logistica e tardivi digitali

Il primo giorno accedere al Salone del Libro di Torino è stato uno strazio così come trovarne la porta per uscire. Questione di logistica e di informazioni che non circolavano fra gli addetti, ma anche di personale insufficiente per gestirne il flusso

A parte questo, il Salone è stato un successo (meritato) e prevedibile, ma anche superiore alle aspettative e questo ha creato la ressa. Se non si finisce mai di imparare, vuol dire che si resta sempre giovani. Per dirla con altre parole, un novello Peter Pan e per me la sindrome di Peter non è un dispregiativo, ma un desiderio di voler essere parte del mondo, avere tanti interessi e mettersi in gioco continuamente. Chi al Salone ci è andato con questo spirito ha certamente avuto ragione delle aspettative. Per me che non sono un nativo digitale, ma un “tardivo”, data l’età, il Salone (questo più che mai) è sempre stata un’occasione per imparare…ancora. Forse, per questo, mi ha incuriosito, particolarmente, la presentazione, nello stand Hoepli, della Netlife di Francesca Anzalone, PR Manager e Digital PR per le nuove figure professionali nell’era della trasformazione digitale. L’Anzalone, fra le tantissime attività che cura (in modo eccellente), c’è pure quella dei mediatori di segni. La PR, nel web dal 1997, ha fatto del “villaggio globale” la sua casa e con questo straordinario mezzo di comunicazione che permette formazione permanente, condivisione della conoscenza e diffusione delle informazioni in tempo reale ha stretto con la Community un patto indissolubile. Non basta: alla fine degli anni Novanta ha creato “Ciberino”, un robottino che attraverso le fiabe racconta il digitale ai piccoli. Chissà perché, per assonanza, mi viene in mente il concorso il Bosco Stregato, le sue fiabe e gli ex libris. Saranno affinità elettive o più semplicemente voglia di rimanere sempre giovani?

 

International Book Forum, un successo

Oltre 500 iscrizioni già prima dell’inizio del Salone e almeno altri 100 operatori che si sono aggiunti a lavori iniziati. Seimila richieste di appuntamento che hanno generato 3 mila incontri one to one, attraverso la piattaforma di matching appositamente messa a punto dalla società torinese Risolviamo

Sono questi i numeri del successo dell’edizione 2018 di Ibf – International Book Forum, l’area business del Salone in cui il mondo dell’editoria internazionale, del cinema e della televisione ha avuto l’opportunità di incontrare tutti gli editori italiani e i loro libri per trattarne e acquistarne i diritti di traduzione, di adattamento, di serializzazione.

In tutto, sono stati 36 i paesi rappresentati a questa diciassettesima edizione: Albania, Argentina, Austria, Bangladesh, Canada, Cina, Danimarca, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Federazione Russa, Francia, Georgia, Germania, Grecia, India, Irlanda, Islanda, Israele, Italia, Lussemburgo, Macedonia, Messico, Monaco, Norvegia, Paesi Bassi, Palestina, Polonia, Regno Unito, San Marino, Siria, Slovenia, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia.

L’intero progetto Ibf è realizzato grazie al sostegno della Regione Piemonte e di Ita–Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. La Fellowship per l’editoria è sostenuta da Ita-Ice, quella per i media è sostenuta dal Mibact e patrocinata dal prestigioso programma Eurimages (il fondo del Consiglio d’Europa per la co-produzione, la distribuzione, l’esposizione e la digitalizzazione delle opere cinematografiche europee).